CONGREGAZIONE PER GLI ISTITUTI DI VITA CONSACRATA E LE SOCIETÀ DI VITA APOSTOLICA
RELIGIOSI E PROMOZIONE UMANA
PRESENTAZIONE
La Chiesa, che sotto l'impulso dello Spirito continuamente si rinnova, è il contesto vivo e dinamico dentro il quale anche la VITA religiosa scopre stimoli e indicazioni per il proprio rinnovamento spirituale e apostolico. L'incontro tra la missione della Chiesa e la storia dell'uomo nel mondo contemporaneo è divenuto sempre più esplicito e intenso, tracciando cammini nuovi di testimonianza, di evangelizzazione e promozione umana: - dalla costituzione pastorale sulla Chiesa nel mondo contemporaneo (GS) al Sinodo dei Vescovi (1971) sulla giustizia nel mondo; - dalla « Populorum Progressio » (1967) alla « Octogesima Adveniens » (1971); - dalla "Evangelii Nuntiandi» (1975) alla prima enciclica dell'attuale Sommo Pontefice "Redemptor Hominis » (1979). Cristo appare sempre più come «centro del cosmo e della storia » (RH 1) e la missione della Chiesa come un impegno appassionato e infaticabile nel far incontrare ogni uomo con Cristo, l'Uomo nuovo (GS 22; RH 8, 13-14). E poiché religiosi e religiose, per loro stessa vocazione, sono « agli avamposti della missione » della Chiesa (EN 69), ad essi appare più urgente dare risposta al «bruciante interrogativo» dell'esortazione apostolica « Evangelica Testificatio », affinché il loro rinnovamento divenga, a sua volta, stimolo di rinnovamento per la Chiesa e per il mondo (ET 52). La riunione plenaria dei Padri della S. Congregazione per i religiosi e gli istituti secolari, nei giorni 25-28 aprile 1978, dedicava perciò la sua attenzione al tema «Religiosi e Promozione Umana », con riferimento anche alle espressioni sociopolitiche. Si volevano offrire, in tal modo, criteri di discernimento rispondenti alla natura e alla missione proprie della VITA religiosa e, insieme, ai principali problemi che le situazioni di fatto ponevano in maggiore evidenza. L'ampia inchiesta preliminare ne dimostrava l'opportunità e l'urgenza. Ma « la missione propria, che Cristo ha affidato alla sua Chiesa, non è di ordine politico, economico e sociale: il fine che le è prefisso, infatti, è di natura religiosa » (GS 42). E questo deve trovare un segno particolarmente incisivo in coloro che della dimensione «religiosa» fanno la qualifica caratterizzante delle proprie scelte e del loro stesso nome, nella Chiesa e nella società (cfr. LG 44; ET 7; EN 89). Una successiva riunione plenaria, il 4-7 marzo 1980, veniva perciò a dare pienezza di significati e di armonia alla missione dei religiosi e religiose nella Chiesa, tracciando i lineamenti di una « dimensione contemplativa » che specifica con particolari accenti e rende feconda ogni VITA religiosa. Le preoccupazioni emerse, anche questa volta dall'inchiesta preparatoria, si trovano riflesse negli orientamenti che i Padri della Plenaria hanno ritenuti come più attuali; confortati, in questo, dal messaggio che il S. Padre ha voluto inviare. In esso possiamo leggere una sintesi efficace dei valori e delle esigenze di una vita contemplativa che, per gli istituti di vita attiva, comporta soprattutto una ricerca di compenetrazione fra consacrazione e missione; e, per gli istituti specificamente contemplativi, la gioiosa convinzione di una scelta che ricorda costantemente alla comunità cristiana « la parte migliore » (cfr. Lc 10, 42). Due temi, dunque, che si presentano come due componenti sostanziali e indivisibili della vita e della missione dei religiosi nella Chiesa. Gli orientamenti che le Plenarie della S. Congregazione per i Religiosi e gli Istituti secolari ci offrono, e che per la loro complementarità sono presentati insieme, vengono a riaffermare e precisare il ruolo specifico della vita religiosa nella comunione ecclesiale, che i precedenti criteri direttivi di « Mutuae Relationes » (14 maggio 1978) avevano approfondito e descritto. Il Santo Padre ha preso visione dei documenti con vivo apprezzamento per il lavoro compiuto e ha dato il Suo assenso alla pubblicazione dei medesimi, auspicando che essa giovi a rendere sempre più generoso, coerente e perseverante l'impegno delle anime consacrate, affinché rispondano sempre meglio alla divina chiamata e ne vivano in letizia e fedeltà tutte le dimensioni.
RELIGIOSI E PROMOZIONE UMANA (Plenaria SCRIS 25-28 Aprile 1978)
INTRODUZIONE
Importanza e urgenza di una adeguata partecipazione dei religiosi alla promozione integrale dell'uomo. - Le scelte evangeliche della vita religiosa trovano stimoli di rinnovamento nei « segni dei tempi ». Fenomeni emergenti, che caratterizzano l'epoca moderna, costituiscono motivo d'attento confronto per la missione della Chiesa nel mondo contemporaneo. Essi delineano luoghi preferenziali di evangelizzazione e di promozione umana. - L'insegnamento della Chiesa, infatti, rileva con sempre maggior evidenza legami profondi tra le esigenze evangeliche della sua missione e l'impegno diffuso tra i popoli per la promozione delle persone e di una società degna dell'uomo. « Evangelizzare », per la Chiesa, è portare la Buona Novella in tutti gli strati dell'umanità e, col suo influsso, trasformare dal di dentro l'umanità stessa: i criteri di giudizio, i valori determinanti, le fonti ispiratrici, i modelli di vita aprendoli alla visione integrale dell'uomo (1). Il compimento di questa missione domanda alla Chiesa di scrutare i segni dei tempi, interpretarli alla luce del Vangelo, rispondendo così ai perenni interrogativi dell'uomo (2). - Di questa dimensione profetica i religiosi sono chiamati a rendere singolare testimonianza. La continua conversione del cuore e la libertà spirituale, che i consigli del Signore stimolano e favoriscono, li rendono presenti ai loro contemporanei in modo tale da ricordare a tutti che l'edificazione della città terrena non può che essere fondata sul Signore e a lui diretta (3). E poiché la professione dei consigli congiunge i religiosi in modo speciale alla Chiesa (4), ad essi è rivolta, con più viva insistenza e fiducia, l'esortazione ad un sapiente rinnovamento aperto alle necessità degli uomini, ai loro problemi, alle loro ricerche (5). - Al di là degli stessi drammi sociali e politici, infatti, la Chiesa è consapevole d'essere mandata soprattutto a dare decisiva risposta agli interrogativi profondi del cuore umano (6). Perciò i documenti più recenti del Magistero, intendono realizzare un'adeguata integrazione tra evangelizzazione e promozione umana, dichiarano quanto sia fecondo, per la comune missione della Chiesa, il rapporto fra evangelizzazione e vita religiosa (7); quanto abbia contribuito, in ogni tempo, l'opera dei religiosi a promuovere l'elevazione umana e spirituale dei popoli (8). - Ma una revisione profonda di mentalità e di atteggiamenti (9) s'impone quando si vuoi rivolgere l'impegno di evangelizzazione all'interno dei concreti e spesso assillanti problemi della promozione umana. Questo cammino di «conversione», coinvolgendo persone e scelte preferenziali nelle iniziative apostoliche e nelle opere, non poteva non riservare momenti d'incertezza e di difficoltà. Del resto, lo stesso ripensamento dottrinale che, in varie parti del mondo, accompagnava il lodevole sforzo di partecipazione alle complesse realtà della storia, mostrava insieme a intuizioni positive e stimolanti, anche visioni riduttive e ambigue. La riflessione del Sinodo su l'evangelizzazione nel mondo contemporaneo (1974) e, in seguito ad esso, l'esortazione apostolica « Evangelii Nuntiandi », davano un prezioso apporto di chiarificazione e di orientamento. - Particolari problemi e difficoltà incontravano le iniziative di religiosi e religiose quando cercavano di esprimersi con forme più pronunciate d'intervento nelle aree maggiormente colpite dalla ingiustizia e dall'oppressione. Valutazioni ineguali all'interno delle comunità ecclesiali e degli Istituti stessi rendevano ancor più ardua la ricerca di soluzioni. Inoltre, i mutati contesti sociali e politici andavano creando situazioni nuove, spesso inaspettate. Le abituali espressioni della vita religiosa, nello stile di presenza e nelle scelte apostoliche, erano sottoposte a difficili confronti. L'esigenza di una più piena solidarietà con gli uomini del loro tempo, soprattutto con i più poveri ed emarginati, attirava religiosi e religiose verso una partecipazione più diretta, che talvolta raggiungeva il mondo del lavoro e le stesse realtà politiche. - L'importanza e l'urgenza di una adeguata partecipazione dei religiosi alla promozione integrale dell'uomo sollecitava perciò la Sacra Congregazione per i Religiosi e gli Istituti secolari a dedicare un'attenzione particolare al ruolo specifico che la vita religiosa riveste, in questa prospettiva, nella missione della Chiesa. Si pensava, così, d'incoraggiare la generosa ricerca di rinnovamento e offrire, partendo dalle situazioni e dalle esperienze, criteri di discernimento ispirati al magistero della Chiesa, alla natura e missione della vita religiosa, agli obiettivi di una evangelizzazione intimamente connessa con la promozione umana dentro le realtà della storia d'oggi. - La Congregazione plenaria del 25-28 aprile 1978 dedicava, dunque, il suo studio a una serie di quesiti emersi dall'ampia inchiesta internazionale, alla quale avevano collaborato le Conferenze Episcopali, i Rappresentanti Pontifici, numerosi Istituti maschili e femminili e le Conferenze dei Superiori e delle Superiore maggiori. - Quattro problemi, soprattutto, si presentavano alla riflessione della Plenaria: 1) La scelta per i poveri e per la giustizia, oggi. 2) Le attività e opere sociali dei religiosi. 3) L'inserimento nel mondo del lavoro. 4) L'impegno diretto nella «prassi politica». - Gli orientamenti che ne sono derivati, intendono contribuire specialmente al compito di informazione, di formazione e di coordinamento che spetta agli organismi responsabili della vita religiosa, nella Chiesa. Ad essi, infatti, compete una verifica di criteri e di scelte che, pur tenendo conto dei principi e orientamenti qui richiamati, rispondano alle diversità e complessità delle situazioni; così che, nelle varie nazioni, Conferenze Episcopali e Conferenze dei Religiosi possano valorizzare, nei modi che sembreranno più adeguati, il ruolo specifico della vita religiosa nel comune impegno di evangelizzazione e promozione umana. - Il magistero pastorale di Giovanni Paolo II, venuto frattanto ad illuminare e caratterizzare, con rinnovati motivi di riflessione e di stimolo, la presenza e partecipazione della Chiesa alla storia dell'uomo d'oggi, dà rilievo a questo contemporaneo rivolgersi ai problemi dell'uomo e all'insostituibile incontro col Cristo e col suo Vangelo. Siamo incoraggiati, dunque, a precisare le direzioni di un cammino di evangelizzazione e promozione umana che, per nuovo e speciale titolo di consacrazione a Dio e al suo progetto nella storia dell'uomo, spetta, nella Chiesa, ai religiosi.
I
QUATTRO PROBLEMI PRINCIPALI
1.- L'impulso a una partecipazione crescente e operosa, nel contesto delle attuali situazioni storiche dentro le quali si sviluppa la missione della Chiesa, appare dovunque una costante del rinnovamento al quale si sono dedicati i religiosi: - sia nei luoghi in cui essi sono chiamati a proseguire, attraverso le opere dell'Istituto o della Chiesa locale, una missione «sociale» che è, allo stesso tempo, profondamente « religiosa »; - come pure là, dove le circostanze sollecitano iniziative nuove che avvicinano ancor più alla vita e ai problemi della gente. In ogni situazione, tuttavia, un'attenta riflessione appare necessaria, allo scopo di individuare criteri e scelte comuni. Per questo che, partendo dai quattro problemi principali emersi attraverso l'inchiesta, di cui si è parlato, desideriamo trarre alcune importanti indicazioni di valutazione e di orientamento. Sarà più agevole, poi, evidenziare i principi generali di discernimento. 1· - La scelta per i poveri e per la giustizia oggi. 2. - La missione profetica di Cristo, « mandato per annunziare ai poveri il lieto messaggio » (Lc. 4, 18), trova viva risonanza nella Chiesa del nostro tempo. Lo testimoniano i numerosi interventi pontifici, i tratti precisi e illuminanti della costituzione pastorale GS che sollecitano rapporti di più intensa solidarietà fra la Chiesa e la storia dei popoli. Il Sinodo dei Vescovi del 1971, nel documento « giustizia nel mondo », ha proposto l'urgente presa di coscienza circa questa dimensione della missione evangelizzatrice della Chiesa. L'esortazione apostolica EN ha perfezionato tali richiami, convocando tutte le componenti del Popolo di Dio ad assumere le proprie responsabilità per raggiungere la vita e la storia dei « popoli impegnati con tutta la loro energia nello sforzo e nella lotta per superare tutto ciò che li condanna a restare ai margini della vita » (10). 3. - I temi di una « liberazione evangelica » fondata sul regno di Dio (11) devono, dunque, riuscire particolarmente familiari ai religiosi. E, di fatto, la testimonianza di religiosi e religiose che hanno preso coraggiosamente parte al sostegno degli umili e alla difesa dei diritti umani, si è fatta eco efficace del Vangelo e della voce della Chiesa. Abbiamo tuttavia già rilevato che non sempre le interpretazioni e le reazioni sopravvenute, all'interno sia delle Chiese locali sia delle comunità religiose o della stessa società civile, hanno dimostrato una identica sensibilità e preoccupazione. 4. - Alcuni principi-guida, perciò, è parso opportuno ricercare, affinché la scelta preferenziale per i poveri e la sollecitudine per la giustizia rispondano alle finalità e allo stile che sono propri della missione della Chiesa e, in essa, della vita religiosa. a) I religiosi si trovano spesso in condizione di vivere più da vicino i drammi che tormentano le popolazioni al cui servizio evangelico essi si sono consacrati. Lo stesso carattere profetico della vita religiosa domanda loro di « incarnare la Chiesa in quanto desiderosa di abbandonarsi al radicalismo delle Beatitudini » (12). Essi sono «spesso agli avamposti della missione e assumono i più grandi rischi per la loro salute e la loro stessa vita» (13). b) Questo sincero desiderio di servire il Vangelo e la promozione integrale dell'uomo richiede che si collochi al centro di ogni preoccupazione la comunione, da costruire con pazienza e perseveranza, ricercando la verità nella carità. c) Le Conferenze dei religiosi, rispettose del carisma dei singoli Istituti, possono svolgere, a questo riguardo, una preziosa funzione di stimolo e di equilibrio, in collegamento con le Conferenze Episcopali (14), e particolarmente con le commissioni Justitia et Pax e Cor Unum. Si favorirà, in tal modo, il superamento di posizioni ambigue, sia di una pretesa e fallace neutralità, come di settarismi univoci e totalizzanti. Inoltre, le diverse condizioni di cultura e di sensibilità, oltre che di contesti sociali e politici, troveranno qui la sede adeguata per un reciproco ascolto e per un consenso comunitario che dona garanzia e più sicura efficacia. d) Particolarmente attenta e attiva, questa presenza di difesa e promozione della giustizia, dovrebbe manifestarsi in quei settori tormentati delle « ingiustizie senza voce » a cui si richiamava il Sinodo del 1971 (15). Mentre, infatti, alcune categorie sociali sanno darsi strutture vigorose di protesta e di sostegno, assistiamo invece a una moltitudine di sofferenze e ingiustizie che trovano scarsa risonanza nel cuore di tanti nostri contemporanei: il dramma dei profughi, dei perseguitati a causa delle loro idee politiche o per la professione della fede (16) e violazioni del diritto alla vita nascente; le ingiustificate limitazioni alle libertà umane e religiose; le carenze sociali che accrescono le pene di anziani e di emarginati... La Chiesa vuole essere, soprattutto per loro, voce, coscienza, impegno (17) . e) Ma la testimonianza dei religiosi per la giustizia nel mondo comporta, per loro innanzitutto, una costante verifica nelle scelte di vita, nell'uso dei beni, nello stile dei rapporti. Poiché, chiunque ha il coraggio di parlare della giustizia agli uomini, deve, lui per primo, essere giusto ai loro stessi occhi (18). E qui appare lo stimolante rapporto fra evangelizzazione e promozione umana che deriva da quella «silenziosa testimonianza» che EN 69 ci presenta come prima e più efficace provocazione al mondo e alla Chiesa stessa. In questa prospettiva trova particolare forza di segno e di fecondità apostolica anche il « ruolo svolto nell'evangelizzazione da religiosi e religiose consacrati alla preghiera, al silenzio, alla penitenza, al sacrificio » (19). Infatti la dimensione contemplativa propria ad ogni forma di vita religiosa acquista in loro accenti particolarmente significativi, dimostrando che la vita religiosa, in ogni sua forma, non soltanto non rende estranei agli uomini o inutili nella città terrestre, ma anzi permette di tutto accogliere, in modo più profondo, nella carità stessa di Cristo (20). 2· - Le attività e le opere sociali dei religiosi 5. - Le pluriformi attività e opere che, nella varietà dei carismi, caratterizzano la missione dei religiosi, costituiscono una delle preminenti mediazioni per la missione di evangelizzazione e di promozione che la Chiesa svolge nel mondo (21). Di qui l'importanza che il rinnovamento dei religiosi riveste per il rinnovamento stesso della Chiesa e del mondo (22). Per questo EN.31 esorta a tener conto dei legami profondi che esistono tra evangelizzazione e promozione umana. Dimenticarli vorrebbe dire ignorare « la lezione che ci viene dal Vangelo sull'amore del prossimo sofferente e bisognoso ». 6. - Aperti ai segni dei tempi, i religiosi sapranno ricercare e coltivare una novità di presenza che risponde alla creatività dei loro Fondatori e alle finalità originarie del proprio Istituto (23). In tale prospettiva prendono rilievo alcune linee di rinnovamento: a) Le attività e opere « sociali », che hanno sempre accompagnato la missione dei religiosi, testimoniano il loro costante impegno per la promozione piena dell'uomo. Scuole, ospedali, centri di assistenza, iniziative rivolte al servizio dei poveri, allo sviluppo culturale e spirituale dei popoli, non soltanto conservano la loro attualità, ma debitamente aggiornati, si rivelano spesso come luoghi privilegiati di evangelizzazione, di testimonianza, di autentica promozione umana. Nell'evangelico servizio di tante e sempre urgenti opere di promozione umana e sociale, i religiosi traducono in « segno » convincente il dono di una vita totalmente disponibile a Dio, alla Chiesa, ai fratelli (24). b) Lo Spirito, che suscita forme e istituzioni sempre nuove di vita consacrata come risposta alle esigenze dei tempi, anima anche quelle già esistenti per una rinnovata capacità d. inserimento, secondo il mutare dei contesti ecclesiali e sociali. c) Nella Chiesa aperta ai ministeri, in una continua e ordinata crescita comunitaria (25), i religiosi possono scoprire nuove forme di partecipazione attiva, coinvolgendo ancor più la comunità cristiana nelle loro iniziative e opere. Essi avranno, così, l'opportunità di valorizzare lo specifico loro carisma come una singolare abilitazione per la promozione di «ministeri» che corrispondano alle finalità apostoliche e sociali dei propri Istituti. d) La partecipazione dei laici nelle attività e opere dei religiosi, con lo sviluppo della dimensione ecclesiale di corresponsabilità a una comune missione, acquista nuovi spazi. Anzi, con l'adeguata preparazione, essa potrebbe realizzarsi nella stessa gestione di opere finora affidate soltanto ai religiosi (26). e) Gli attuali contesti sociali, d'altronde sollecitano nuove forme di solidarietà e di partecipazione. Un processo di trasformazione civile tende, in vari luoghi, a sviluppare la responsabilità di tutte le componenti sociali, anche attraverso strutture e organismi di partecipazione. Tutti i cittadini sono, così, impegnati a prendere parte attiva nei problemi riguardanti la costruzione della convivenza sociale. Accanto all'apporto più diretto dei laici, la testimonianza e l'esperienza proprie dei religiosi possono, in questo campo, contribuire validamente nell'orientare verso soluzioni che rispondano ai criteri del Vangelo e alle direttive pastorali della Chiesa (27). 3· - L'inserimento nel mondo del lavoro 7. - L'attenzione pastorale della Chiesa per il mondo del lavoro si è manifestata in numerosi interventi, che l'enciclica « Mater et Magistra » riprende, inserendoli nelle prospettive aperte alle nuove realtà economiche e sociali. Di fronte a un così vasto settore di umanità, che interpella vivamente la missione di tutta la comunità cristiana, i religiosi sperimentano un'esigenza più profonda di solidarietà e di condivisione. Già per la loro scelta di povertà evangelica essi si sentono particolarmente impegnati a cogliere gli autentici valori della comune legge del lavoro (28). 8. - Il Magistero dei Pastori ha descritto con precisione, per quanto riguarda i presbiteri, le motivazioni, prospettive e condizioni che devono guidare tali scelte più impegnative di presenza nel mondo del lavoro (29). E' evidente che, quando si tratta di religiosi presbiteri, valgono pure per essi queste direttive. Ma, a causa della specifica natura della vita religiosa del suo particolare vincolo con la missione della Chiesa (30), esse si applicano analogamente anche a tutti gli altri religiosi e religiose. Le caratteristiche proprie alla vocazione e missione dei religiosi suggeriscono, inoltre, alcuni criteri che possono motivare e che guidano la loro eventuale presenza nel mondo del lavoro: a) la fedeltà dinamica alle intenzioni per le quali lo Spirito ha suscitato i loro istituti nella Chiesa (31); b) la ricerca di una testimonianza dei valori evangelici che restituiscono dignità al lavoro e ne attestano le vere finalità (32); c) l'impegno a consolidare le dimensioni « religiose » che qualificano la loro professione e dimostrano la forza d'attrazione del regno di Dio da essi accolto in tutta la sua radicalità (33); d) una condivisione fraterna, che la quotidiana esperienza comunitaria nella vita religiosa sostiene e sviluppa, manifestando la novità dell'amore di Cristo nel costruire la solidarietà fra gli uomini (34). 9. - Specifici criteri di scelta e di portamento sono poi richiesti dai modi stessi di partecipazione. Due forme di inserimento nel mondo del lavoro, infatti, si presentano con caratteristiche che meritano una distinta riflessione: I. - L'assunzione di una professione civile esercitata nelle condizioni sociali ed economiche degli altri cittadini (in scuole, ospedali...). In vari paesi sono le mutate condizioni politiche che l'impongono, come nel caso di nazionalizzazione e quindi di gestione statale delle opere. Talvolta sono i rinnovamenti legislativi o le necessità interne dell'Istituto religioso che inducono, per proseguire le proprie attività apostoliche, ad una presenza equiparata a quella dei laici. Anche la ricerca di modi nuovi di presenza ha suggerito esperienze di inserimento nelle comuni strutture sociali. In ogni caso, l'attenzione alle finalità generali della vita religiosa e a quelle specifiche del proprio Istituto domanda che queste nuove situazioni vengano confrontate con le esigenze comunitarie e con l'impegno di obbedienza e di povertà religiose. Infatti una professione civile impegna il religioso su un piano più direttamente individuale e lo fa dipendere maggiormente da organismi e strutture esterne al suo istituto, creando inoltre un rapporto nuovo fra lavoro e salario. Sono alcuni degli aspetti che i responsabili degli Istituti devono tener presenti nel valutare queste scelte. Esse esigono infatti una capacità di discernimento che salvaguardi e valorizzi la finalità religiosa per la quale vengono assunte. II. - L'inserimento nella « condizione operaia » insieme ai valori che intende realizzare, presenta caratteristici problemi. I religiosi-operai entrano, infatti, in un «mondo» con le sue leggi le sue tensioni e, oggi soprattutto, con i suoi forti condizionamenti dovuti a ideologie predominanti e a lotte sindacali spesso travagliate e ambigue. Può accadere, per questo, che, nel condividere la condizione operaia per esservi testimone della sollecitudine pastorale della Chiesa (35), il religioso si trovi coinvolto in una visione dell'uomo, della società, della storia, dello stesso mondo del lavoro, che non corrisponde ai criteri di giudizio e alle direttive d'azione che sono contenuti nell'insegnamento sociale del Magistero. Ne deriva che una simile missione domanda particolari attenzioni e garanzie (36). 10. - Ancor più, la partecipazione ad attività sindacali richiama l'esigenza di una conoscenza lucida delle prospettive pastorali, ma anche dei limiti e dei rischi di strumentalizzazione che possono derivarne per la vita e l'attività dei religiosi. Alcune precisazioni, quindi, devono guidare la riflessione al riguardo: a) In via di principio non appare una intrinseca incompatibilità tra vita religiosa e impegno sociale anche a livello sindacale. Talora la partecipazione alle attività sindacali può risultare, secondo le diverse legislazioni, necessariamente connessa con la presenza nel mondo del lavoro; d'altra parte tale partecipazione può essere suggerita dalla solidarietà nel legittimo sostegno dei giusti diritti (37). b) Interferenze politiche, tuttavia, pongono spesso non facili problemi. Occorrerà valutare queste situazioni secondo criteri appropriati alla « prassi politica » (cfr. art. seg.). Particolare attenzione sarebbe allora necessaria di fronte a ideologie promotrici della cosiddetta « lotta di classe ». L'insegnamento di OA (26-36) tornerebbe, in tale evenienza, quanto mai necessario. c) Da esperienze finora verificatesi si possono, inoltre, dedurre principi di comportamento che guidino le finalità e lo stile di simili scelte. Proprio all'interno di una componente tanto influente sulla vita sociale, qual'è il mondo operaio, i religiosi sono portatori di valori umani e cristiani che talvolta li obbligheranno al rifiuto di certi mezzi d'azione sindacale o di manovre politiche che non rispondono alle precise esigenze della giustizia, per le quali soltanto essi si sono impegnati. Anche all'interno delle proprie comunità, questi religiosi e religiose sapranno maturare i valori di comunione evitando polarizzazioni inaccettabili. Un tale atteggiamento aiuterà a far progredire le comunità verso scelte equilibrate e credibili. d) La consapevolezza che ai laici, per la loro propria vocazione e missione, spetta particolarmente l'impegno di promozione dei valori di solidarietà e giustizia all'interno delle strutture temporali (38), va considerata come un altro essenziale criterio che deve guidare la presenza dei religiosi. Il loro ruolo di complementarità, specialmente in questo campo, si esprimerà soprattutto con la testimonianza e con il contributo a una preparazione sempre più adeguata del laicato. 4· - L'impegno nella «prassi politica» 11. - I religiosi hanno dimostrato, in generale, d'essere consapevoli che la loro partecipazione nella promozione umana è un servizio del Vangelo e dell'uomo, non una scelta preferenziale di ideologie o di partiti politici. Anzi, in eventuali implicazioni del genere, essi vedono il rischio d'una perdita di identità propria alla vita religiosa e alla missione della Chiesa (39), insieme ad una pericolosa tendenza ad assolutizzare idee e metodi oggetto di facili e interessate strumentalizzazioni. 12. - Alcuni principi direttivi, rispondenti al Magistero, sembrano dunque necessari per illuminare una materia di per sé incandescente e talora fuorviante. a) La «politica» può essere intesa in un senso più ampio e generale, e cioè come organizzazione dinamica di tutta la vita sociale. Sotto questo profilo essa costituisce un dovere di partecipazione umana, responsabile e attiva, per tutti i cittadini. In questa prospettiva il ruolo dei religiosi, nelle attività e nelle opere, riveste significati profondi di stimolo e di impegno per quelle trasformazioni culturali e sociali che contribuiscono alla promozione umana. b) Ma se «politica» vuol significare partecipazione diretta a scelte di parte (ciò che si chiama «prassi politica»), allora bisogna far ricorso alle qualifiche che motivano la vocazione e missione dei religiosi nella Chiesa e nella società, per cogliere i giusti criteri di un eventuale impegno. 1) I religiosi, riconoscendo il valido contributo che deriva dalla forza della loro testimonianza evangelica e dalla varietà delle loro iniziative apostoliche, non devono lasciarsi attrarre dall'illusione di poter maggiormente influire sullo sviluppo delle persone e dei popoli, sostituendo ai loro specifici compiti un «impegno politico » in senso stretto (40). 2) Costruire il Regno di Dio nelle strutture stesse del mondo, in quanto animazione evangelica della storia dell'uomo, è certamente un tema di vivo interesse per tutta la comunità cristiana, e quindi anche per i religiosi. Ma non nel senso di lasciarsi essi stessi coinvolgere direttamente nella « prassi politica ». Con le istituzioni scolastiche, i mezzi di comunicazione, le molteplici iniziative religiose ed educative, essi possono invece attivamente contribuire alla preparazione soprattutto dei giovani rendendoli artefici della promozione umana e sociale, i cui riflessi non mancheranno di mostrarsi anche nel settore politico. E questo non per una strategia di conquista, ma per quel servizio all'uomo e alla società a cui l'intera comunità ecclesiale è stata da Cristo inviata (Le 22,25-27). 3) E' in questo profilo che vanno incoraggiate le iniziative intraprese dalle religiose per cooperare alla promozione della donna, così da favorirne l'adeguato inserimento in quei settori della vita pubblica, oltre che ecclesiale, che meglio corrispondono alla natura e alle qualità che le sono proprie (41). 4) In tal modo, con la testimonianza e con le opere, religiosi e religiose si rendono credibili « esperti del Vangelo », facendosi utili, come tali, al risanamento e alla costruzione della società, anche quando prendono le distanze da specifiche opzioni politiche, per presentarsi non come uomini e donne di parte, ma come strumenti di pacificazione e di solidarietà fraterna. Infatti, per il primato dell'amore di Dio che le loro scelte manifestano con forza (42), i religiosi si pongono come uomini dell'Assoluto nel dinamismo della Chiesa assetata dell'assoluto di Dio (43) . Di questa fondamentale opzione, che tutte le altre promuove e condiziona, essi sono chiamati a divenire segno e stimolo in mezzo al popolo di Dio. 5) Rimane, quindi, eccezione e un fatto di supplenza, da valutare secondo particolari criteri, una partecipazione politica attiva. Quando circostanze straordinarie la richiedessero, si potranno esaminare i singoli casi per trarne, con l'approvazione dei responsabili della Chiesa locale e degli Istituti religiosi, le conclusioni rispondenti al bene della comunità ecclesiale e civile. Deve essere tenuta sempre presente, infatti, la priorità della missione specifica che spetta alla Chiesa e alla vita religiosa, e nei modi che ad essa competono (44).
CRITERI GENERALI DEL DISCERNIMENTO
13. - Quattro grandi fedeltà motivano di preferenza e guidano il ruolo dei religiosi nella promozione umana, sulla traccia dei principi conciliari di rinnovamento (45) e tenuto conto dei problemi fin qui esaminati: - fedeltà all'uomo e al nostro tempo, - fedeltà a Cristo e al Vangelo, - fedeltà alla Chiesa e alla sua missione nel mondo, - fedeltà alla vita religiosa e al carisma del proprio Istituto. 1· - Presenti all'uomo e al nostro tempo 14. - Le trasformazioni culturali, sociali e politiche, che coinvolgono, non senza travaglio, popoli e continenti, sollecitano la Chiesa a una presenza evangelica che divenga risposta alle speranze e aspirazioni più diffuse dell'umanità (46). Questa viva preoccupazione pastorale, resa più acuta dalle riflessioni e prospettive del Vaticano II, è riemersa nei sinodi dei Vescovi e nelle esortazioni apostoliche, sollecitando con chiarezza ed insistenza la comunità ecclesiale a intraprendere scelte coraggiose di rinnovamento, per avvicinare l'uomo contemporaneo alla fonte di ogni autentica promozione umana e sociale, il Vangelo (47). 15. - La storia del mondo d'oggi che s'incarna nell'esistenza concreta di ogni uomo, diviene libro aperto alla meditazione appassionata della Chiesa e di tutti i cristiani (48). Essa si traduce, infatti, in una sfida che raggiunge tutte le vocazioni, nella Chiesa, provocandole a un'esigente revisione di vita e d'impegno. I religiosi, per la radicalità delle loro scelte evangeliche, si sentono più profondamente interpellati. Essi comprendono che, nella misura della loro « conversione » all'originario progetto di Dio sull'uomo, come si rivela nell'Uomo Nuovo, Gesù (49), contribuiranno ad accelerare anche negli altri quella "conversione" di mentalità e di atteggiamenti che rende vera e stabile la riforma delle strutture economiche, sociali e politiche, al servizio di una più giusta e pacifica convivenza (50). 16. - A questo scopo, nella tensione verso il rinnovamento della loro testimonianza e missione, tutti gli Istituti religiosi sono esortati a procurare ai loro membri «un'appropriata conoscenza sia delle condizioni dei tempi e degli uomini, sia delle necessità della Chiesa, in modo che essi, sapendo rettamente giudicare le circostanze attuali di questo mondo secondo i criteri della fede, e ardendo di zelo apostolico, siano in grado di giovare agli altri più efficacemente» (51). 2· - Con la forza trasformante di Cristo e del Vangelo 17. - I Vangeli rendono testimonianza a Cristo della fedeltà con cui ha adempiuto la missione per la quale lo Spirito l'aveva consacrato (52). Missione di evangelizzazione e redenzione umana che lo condusse a vivere col suo popolo, condividendone le vicende, che egli tuttavia illuminava e orientava, predicando e testimoniando il Vangelo di conversione al a regno di Dio » (53). La sua sconvolgente proposta delle a Beatitudini » introduceva un radicale rinnovamento di prospettiva nella valutazione delle realtà temporali e nei rapporti umani e sociali, che egli voleva centrati su una giustizia-santità animata dalla nuova legge dell'Amore (54). Le sue scelte di vita segnano e qualificano particolarmente i religiosi, che fanno propria la stessa forma di vita che il Figlio di Dio abbracciò quando venne nel mondo » (55). 18. - Fedeli a questa a regola suprema » (56) i religiosi sanno d'essere coinvolti in un quotidiano cammino di conversione verso il "regno di Dio", che li rende, nella Chiesa e di fronte al mondo, segno capace di attirare, provocando a profonde revisioni di vita e di valori (57). E' questo, senza dubbio, il più atteso e fecondo « impegno » al quale essi sono chiamati (58), anche nei campi in cui la comunità cristiana opera per la promozione umana e per lo sviluppo di rapporti sociali ispirati a principi di solidarietà e di comunione fraterna. In tal modo cooperano a "salvaguardare l'originalità della liberazione cristiana e le energie che è capace di sviluppare. Liberazione nel suo significato integrale, profondo, come lo ha annunziato e realizzato Gesù" (59). 19. - La forza di trasformazione che lo spirito delle beatitudini racchiude, penetrando dinamicamente la vita dei religiosi, ne caratterizza la vocazione e missione (60). Essi accolgono, come prima beatitudine e prima « liberazione», l'incontro con Cristo, povero tra i poveri, testimoniando di credere veramente nella preminenza del regno di Dio, sopra tutte le cose terrestri e nelle sue esigenze supreme (61). Dilatando, così, il senso cristiano e profondamente umano delle realtà e della storia, che si origina dal programma delle Beatitudini, divenute criterio quotidiano di vita, i religiosi dimostrano quanto stretto sia il rapporto fra Vangelo e promozione dell'uomo, nella convivenza sociale. Per questo, la Chiesa può presentare la testimonianza evangelica dei religiosi come un modo splendido e singolare di dimostrare che il cammino delle Beatitudini è il solo capace di "trasfigurare il mondo e offrirlo a Dio" (62). 3· Nella organica comunione ecclesiale 20. - La comune vocazione dei cristiani all'unione con Dio e fra gli uomini per la salvezza del mondo (63) è da considerare prima ancora della diversità dei doni e dei ministeri. Sulla comune vocazione si fondano i rapporti di comunione fra le componenti ecclesiali e, in particolare, con coloro che lo Spirito Santo ha posto come Vescovi a pascere la Chiesa di Dio (64). 21. - I religiosi, congiunti più intimamente alla Chiesa (65), partecipano in un modo loro proprio alla natura sacramentale del Popolo di Dio (66); e, nelle chiese locali, essi appartengono per una peculiare ragione alla Famiglia diocesana (67). Il decreto conciliare sull'ufficio pastorale dei Vescovi dedica la sua attenzione al ruolo dei religiosi, collocandoli fra i cooperatori del Vescovo in una duplice prospettiva: - l'aderenza alle esigenze pastorali, - la conformità alle caratteristiche finalità dei singoli Istituti (68). 22. - L'identità della vita religiosa e del suo specifico ruolo riceve nuova luce dalla pluriformità e complementarità delle vocazioni e dei ministeri nella Chiesa. E' necessario, perciò, conoscere e valorizzare i compiti che spettano ad ognuna delle componenti: il ministero gerarchico, la vita consacrata nelle sue varie forme, il laicato. Così l'esercizio della propria funzione avviene nella costante ricerca d'una convergenza fraterna e di un mutuo compimento, che è allo stesso tempo affermazione della propria identità e della comunione ecclesiale. 23. - E' un criterio generale di discernimento, meglio evidenziato quando si tengono ben presenti le competenze dei vari gruppi ecclesiali e se ne ricercano gli aspetti complementari. - E' proprio dei laici cercare il regno di Dio trattando le cose temporali e ordinandole secondo Dio (69). - La natura «secolare» di alcuni Istituti, tra le forme di vita consacrata, permette una presenza più diretta e un coinvolgimento più pieno nella realtà e strutture secolari. In questi Istituti, detti per questo "secolari", i loro membri esercitano individualmente, in qualunque settore conveniente, il loro specifico apostolato, valorizzando le stesse strutture del mondo (70). I religiosi, se con le scelte di vita che li caratterizzano, si pongono invece fuori delle strutture secolari, non divengono per questo estranei all'azione delle altre componenti della Chiesa nella costruzione della città terrestre come luogo capace di accogliere il regno di Dio (71). Essi, però, vi si trovano presenti in un modo loro proprio: cioè, non sostituendosi ai compiti e alle modalità che competono alle altre componenti ecclesiali, ma divenendo segno ancor più radicale di uno stile evangelico di vita e di partecipazione, per la testimonianza resa pubblica dalla loro professione e che si attua comunitariamente in tutte le sue espressioni. Se poi, come presbiteri, i religiosi partecipano del sacerdozio ministeriale, essi sono, a questo nuovo titolo, esortati a presiedere e servire le comunità ecclesiali, rendendo una testimonianza ancor più attenta di comunione (72). 24. - « Esperti di comunione », i religiosi sono quindi chiamati ad essere, nella Chiesa, comunità ecclesiale e, nel mondo, testimoni e artefici di quel « progetto di comunione » che sta al vertice della storia dell'uomo secondo Dio (73). Innanzitutto, con la professione dei consigli evangelici, che libera da ogni impedimento il fervore della carità, essi divengono comunitariamente segno profetico dell'intima comunione con Dio sommamente amato (74). Inoltre, per la quotidiana esperienza di una comunione di vita di preghiera e di apostolato, quale componente essenziale e distintiva della loro forma di vita consacrata (75), si fanno «segno di comunione fraterna». Testimoniano, infatti, in un mondo spesso così profondamente diviso, e di fronte a tutti i loro fratelli nella fede, la capacità della comunione dei beni, dell'affetto fraterno del progetto di vita e di attività, che loro proviene dall'aver accolto l'invito a seguire più liberamente e più da vicino Cristo Signore, inviato dal Padre affinché, primogenito tra molti fratelli, istituisse, nel dono del suo Spirito, una nuova comunione fraterna (76). 25. - Dal progetto comunitario di vita deriva loro quello stile di presenza e di partecipazione che li deve caratterizzare nella missione della Chiesa, e che ora sottolineiamo in vista delle scelte riguardanti la promozione umana. Come si è potuto rilevare dalla varietà dei doni e dei ministeri già accennata, a differenza dei laici e dei membri degli Istituti secolari (i quali possono assumere a titolo individuale responsabilità apostoliche, sociali e politiche, che rispondano agli scopi loro assegnati dallo Spirito), i religiosi hanno liberamente e consapevolmente scelto di « condividere » in tutto la loro missione di testimonianza, di presenza e di attività apostolica, nell'obbedienza al comune progetto ed ai superiori dell'Istituto. Condivisione che esprime fraternità e sostegno, particolarmente quando il mandato apostolico espone religiosi e religiose a maggiori e più esigenti responsabilità nell'ambito di difficili contesti sociali. 26. - L'urgenza del fondamentale criterio di comunione è resa più acuta da quella diversità di situazioni in cui, soprattutto nel campo socio-politico, vengono a trovarsi i cristiani nel mondo (77). Di qui l'esigenza che si tenga sempre presente l'indicazione di OA 4 (78), quando si tratta di scelte che, investendo il rapporto evangelizzazione-promozione umana, coinvolgono necessariamente, oltre alla propria comunità religiosa, anche quella ecclesiale. 27. -La profonda natura ecclesiale della vita religiosa si traduce, dunque, per la caratteristica di « comunione » che deve permeare le stesse strutture di convivenza e di attività, in un aspetto preminente della loro missione all'interno della Chiesa e della stessa società civile (79). Sotto questo profilo, accogliere il ministero dei Vescovi come centro d'unità nell'organica comunione ecclesiale e promuovere un'uguale accoglienza negli altri membri del Popolo di Dio, risponde a una specifica esigenza del ruolo proprio ai religiosi nella comunità cristiana. Né dal carattere « gerarchico » di tale comunione ecclesiale (80) i religiosi devono temere alcuna remora alla generosità e creatività delle loro iniziative (81), poiché ogni sacra potestà è data per promuovere armonicamente carismi e ministeri (82). E, anzi, alla « genialità dei progetti e delle iniziative » i religiosi sono incoraggiati (83) poiché tanto concorda con la natura carismatica e profetica della vita religiosa stessa. Per la loro missione, aperta alla Chiesa universale e attuata nell'ambito delle Chiese locali (84), i religiosi sono perciò nelle condizioni più adatte per valorizzare quelle forme di « opportuna coordinazione » che Mutuae Relationes presenta come cammino di una organica comunione ecclesiale (85). 4· - In fedeltà dinamica alla propria Consacrazione secondo il carisma del Fondatore 28. - Una rinnovata presenza dei religiosi nella missione della Chiesa per l'evangelizzazione e la promozione umana non risulterebbe pienamente autentica se dovesse rinunciare, anche solo in parte, alle caratteristiche della vita religiosa e all'indole propria di ciascun Istituto (86). Questa esigenza, che abbiamo visto costantemente emergere deve costituire senza dubbio un impegno assiduo delle comunità religiose. 29. - E' una fedeltà dinamica, aperta all'impulso dello Spirito, che passa attraverso gli eventi ecclesiali e i segni dei tempi di cui si fa portatrice la perseverante esortazione del Magistero. Rese più vigilanti da una migliore conoscenza delle necessità dell'uomo d'oggi, dei suoi problemi, delle sue ricerche e aspirazioni (87), le comunità religiose possono meglio discernere negli avvenimenti e nelle attese a cui prendono parte insieme alle altre componenti della Chiesa, quali siano i veri segni della presenza e del disegno di Dio. Il dialogo comunitario (88), guidato dalla fede, dalla reciproca accoglienza e valorizzazione delle persone, dall'obbedienza religiosa, diviene il luogo preferenziale di tale discernimento. E appunto perché sulla fede sono edificate, per loro natura le comunità religiose, custodiscono e irradiano questa luce che muove tutto il Popolo di Dio a individuare le intenzioni del Signore sulla vocazione integrale dell'uomo, per scoprire così le soluzioni pienamente umane di ogni problema (89). 30. - Il «bruciante interrogativo», che ET 52 pone al vertice dell'esortazione apostolica sul rinnovamento della vita religiosa, si presenta come un grido del cuore, con cui Paolo VI esprime la sua appassionata preoccupazione pastorale, il suo grande amore per l'uomo e il mondo d'oggi, la fiducia che ripone nei religiosi e nelle religiose. Le scelte concrete di rinnovamento ne sono illuminate. La loro urgenza richiama a una fedeltà capace di riportare all'oggi della vita e della missione di ciascun Istituto l'ardimento col quale i Fondatori si erano lasciati conquistare dalle intenzioni originarie dello Spirito (90). 31. - E' un costante riferimento alla «vita» nella sua dinamica profonda, come ci riconferma l'illuminante parola di Papa Giovanni Paolo II (91). « Alla vita, così come essa si presenta a noi oggi, portando con se la ricchezza delle tradizioni del passato, per offrire a noi la possibilità di usufruire oggi. Dobbiamo con tutta perspicacia, ci esorta, interrogarci su come la vocazione religiosa debba essere oggi aiutata a prendere coscienza di se stessa e a maturare; come debba funzionare la vita religiosa nell'insieme della vita della Chiesa contemporanea. A questa domanda stiamo sempre cercando, e giustamente, una risposta. La troviamo nell'insegnamento del Vaticano II, nell'esortazione «Evangelii Nuntiandi», nelle numerose enunciazioni dei Pontefici, dei Sinodi e delle Conferenze episcopali. Questa risposta è fondamentale e pluriforme». Il Papa riafferma la sua speranza in una vita religiosa fedele a questi principi che fanno di essa «un capitale immenso di generosità» senza il quale « la Chiesa non sarebbe pienamente se stessa ». « Nella fedeltà sempre rinnovata al carisma dei Fondatori, le Congregazioni devono sforzarsi di corrispondere alle attese della Chiesa, agli impegni che la Chiesa, con i suoi Pastori, considera i più urgenti oggi, per far fronte a una missione che ha tanto bisogno di operai qualificati » (92).
III
ESIGENZE FORMATIVE
32. - I problemi che la vita religiosa deve affrontare per rinnovarsi, nel modo che viene richiesto dall'armonizzazione fra evangelizzazione e promozione umana, si riflettono sul piano formativo. Tutto ciò può domandare una revisione di programmi e metodi formativi, tanto nel primo periodo di iniziazione, come per le fasi successive e nella formazione permanente. (93) Una rilettura, in questa luce, dei criteri conciliari di rinnovamento dimostrerà che non si tratta di semplici adattamenti in certe forme esteriori. E' un'educazione profonda, di mentalità e di stile di vita, che renda capaci di rimanere se stessi anche in modi nuovi di presenza. Presenza sempre « da consacrati », che orientino, con la testimonianza e le opere, la trasformazione delle persone e della società nella direzione del Vangelo (94). 33. - Alcuni profili della formazione, al riguardo, appaiono maggiormente degni d'attenzione: a) Verificare la coscienza della natura profonda e delle caratteristiche della vita religiosa, in se stessa e nella sua dinamica partecipazione alla missione della comunità ecclesiale, nella società d'oggi. La riscoperta fedele e l'inserimento creativo della specifica identità dell'Istituto, per una ricerca di rinnovamento sul piano delle attività e delle opere, costituisce uno degli aspetti preminenti della formazione iniziale e di quella permanente. b) La professione dei consigli evangelici, nel confronto vita religiosa-Chiesa-mondo contemporaneo, può esigere atteggiamenti nuovi, attenti al valore di segno profetico, come forza di conversione e di trasformazione del mondo, delle sue concezioni, dei suoi rapporti (95). c) La vita comune, vista particolarmente in quanto esperienza e testimonianza di « comunione », sviluppa capacità di adattamento (96) per rispondere a forme diverse di attività. Esse non indeboliscono, anzi possono, in questo atteggiamento, rafforzare i vincoli fraterni e la solidale condivisione dello specifico servizio dell'Istituto nella Chiesa. Nuovi contesti di inserimento, quali venivano descritti nell'esame dei problemi che abbiamo ricordati, creano situazioni forse impreviste. Esse domandano che si venga introdotti nella vita religiosa con una preparazione, spirituale e umana, che aiuti a realizzare una presenza matura di consacrati in vista di rapporti rinnovati, sia all'interno che all'esterno delle proprie comunità. d) La partecipazione alla vita della Chiesa e alla sua missione, in atteggiamenti di corresponsabilità e complementarità, suggerisce una conoscenza aggiornata delle sue iniziative e degli scopi che essa si propone di raggiungere (97). Dalla dottrina del Vaticano II e dall'accento con cui vi sono ritornati i Sinodi dei Vescovi appare che non è possibile scindere la formazione all'impegno inderogabile del Vangelo dalla promozione dell'uomo secondo il disegno di Dio. Perciò non sarebbe adeguato e completo un programma formativo e di rinnovamento, negli Istituti religiosi, senza una precisa presa di coscienza del pensiero della Chiesa in tale materia (98). Questo appare ancor più necessario, se si vuole che i religiosi siano poi in grado, come è loro dovere apostolico, di « destare le coscienze » (99), di formare altri cristiani, i laici particolarmente, perché possano assumere con competenza ed equilibrio la loro parte in questa comune missione di evangelizzazione e promozione umana (100). E, poiché le dimensioni « missionarie » della Chiesa sono particolarmente confidate alla generosa disponibilità dei religiosi (101), la formazione di quanti sono inviati a questa eccellente forma di evangelizzazione e promozione umana, avrà bisogno di un appropriato adattamento che risponda alle culture, alle sensibilità e agli specifici problemi del luogo (102). 34. - Il ruolo dei Capitoli e delle Curie generali riveste una importanza considerevole quando si pensa alla programmazione e animazione di questo cammino di aggiornamento e rinnovamento, nella fedeltà allo Spirito e alla storia: - discernere le scelte più rispondenti, oggi, alle finalità originarie dell'Istituto; - orientare religiosi e comunità attraverso adeguate iniziative di informazione e formazione; - promuovere, nel dialogo attento e concreto, il ripensamento delle opere per stimolare eventuali posizioni poco aggiornate e per incoraggiare e guidare la ricerca di nuove e opportune espressioni. E tutto ciò per favorire anche una riscoperta più luminosa e attraente dei valori di consacrazione e di missione, che stanno alla base di una consapevole e lieta appartenenza al proprio Istituto. 35. - Le Conferenze dei religiosi, per la conoscenza più immediata dei contesti ecclesiali e sociali, sono in condizione di meglio individuare i problemi che si pongono nei diversi Paesi e Continenti. Attraverso lo scambio delle esperienze e incontri di riflessione, esse potranno, in collaborazione con le Conferenze Episcopali e nel rispetto dei vari carismi, individuare soluzioni e vie più consone alle attese di una integrale promozione dell'uomo, che si ispiri al Vangelo e al costante orientamento del Magistero della Chiesa.
EDOARDO CARD. PIRONIO, Pref.
+ AGOSTINO MAYER, O.S.B. Secr.
(1) EN 18-19. (2) GS 4 «Non è quindi per opportunismo e per desiderio di novità che la Chiesa, esperta in umanità, si erge a difesa dei diritti umani. E' per un autentico impegno evangelico il quale, come è stato per Cristo, riguarda coloro che sono in maggiore necessità » (Giovanni Paolo II, Puebla, disc. inaug. III, 3). (3) LG 46. (4) LG 44; Mut. Rel. 8; 10. (5) ET 52-53. (6) GS 10. (7) EN 69. (8) Pop. Progr. 12. (9) ET 17; GS 63; ET 52. (10). EN 30. (11). EN 55-54. Nel discorso inaugurale, a Puebla (III, 4), Giovanni Paolo II ricordava: « Cristo non rimase indifferente di fronte a questo ampio ed esigente imperativo della morale sociale. E neppure la Chiesa potrebbe rimanervi. Nello spirito della Chiesa, che è lo Spirito di Cristo, e appoggiati alla sua vasta e solida dottrina, mettiamoci al lavoro in questo campo ». (12). EN 69; LG 31; Mut Rel. 14, a. (13). EN 69. (14). EN 69. (15). AAS, 1971, pp. 928-932. (16). EN 39. (17). « Il Papa vuol essere la vostra voce, la voce di coloro che non possono parlare o di coloro che son fatti tacere, per essere coscienza delle coscienze invito all'azione, per recuperare il tempo perduto che spesso è tempo di sofferenze prolungate e di speranze non soddisfatte » (Giovanni Paolo II ai 'campesinos' dell'America Latina, 29 gennaio 1979). (18). Sinodo del 1971, ib. p. 933 (19). EN 69. (20). LG 46. (21). PC 1, LG 46. (22). ET 52. (23). Mut Rel. 19; 23, f; 41. (24). EN 69; doc. di Puebla, nn. 733-734: L'apertura pastorale delle opere e la scelta preferenziale per i poveri è la tendenza più notevole della vita religiosa latino-americana. Di fatto si trovano sempre più religiosi e religiose nelle zone emarginate e difficili... Questa scelta non presuppone l'esclusione di alcuno, ma, questo sì, una preferenza e un avvicinamento al povero. Questo ha portato alla revisione di opere tradizionali per rispondere meglio alle esigenze dell'evangelizzazione... (25). LG 9-12; 34-36; CD 33-35; EN 13; 58; AA 2, 6-10. (26). Cfr. doc. della Sacra Congregazione per l'Educazione Cattolica, sulla scuola cattolica (19 Marzo 1977), n. 60-61: partecipazione della comunità cristiana al progetto educativo della scuola cattolica. (27). CD 35; Muti Rel. 22-23. (28). PC 13; ET 20; cfr. GS 67-72 circa le componenti umane e cristiane del lavoro. (29). PO 8; OA 48. Il documento del Sinodo dei Vescovi che tratta del sacerdozio ministeriale (cfr. AAS, 1971, p.912-913), richiamando PO 8, precisa che il ministero sacerdotale va considerato come un'attività già di per se pienamente valida, anzi, alla luce della fede, più eccellente delle altre. Perciò ordinariamente ad esso va dedicato un tempo pieno. Se, in circostanze particolari si ritenesse di unire altre attività a questo ministero, il criterio di convenienza deve essere ricercato nel servizio che ne può derivare alla missione pastorale della Chiesa. E di ciò soprattutto giudice è il Vescovo col suo presbiterio ascoltata, quando occorra, la Conferenza Episcopale. (30). Mut. Rel. 10; LG 44. (31). Cfr. ET 20: « Le vostre attività non possono derogare alla vocazione dei vostri diversi Istituti, né comportare abitualmente lavori che siano tali da sostituirsi ai loro compiti specifici ». Cfr. anche doc. della Sacra Congregazione per l'Educazione Cattolica, sulla scuola n. 74-76. (32). ET 20. (33). LG 44; PC 1; ET 3. (34). PC 15; ET 21; 39. (35). OA 48. (36). OA 4 e 50. (37). Cfr. Doc. Puebla, nn. 1162, 1163 e 1244 (disc. di Giovanni Paolo II agli operai). (38). LG 31; 33 - AA 7; 13 - GS 67; 68; 72. (39). GS 42; 76; Sinodo 1971, AAS, p. 932, doc. Puebla, n. 558-559. (40). Cfr. disc. di Giovanni Paolo II all'Unione Superiori Generali 24 novembre 1978, nel quale esortava ad interpretare nella giusta luce evangelica l'opzione per i più poveri e per ogni vittima dell'egoismo umano, senza cedere a radicalizzazioni sociopolitiche... avvicinarsi alla gente e inserirsi in mezzo al popolo, senza mettere in questione la propria identità religiosa, né offuscare l'originalità specifica della propria vocazione. Cfr. anche doc. Puebla, n. 528. (41). Mut. Rel. 49-50. (42). ET 1; PC 6. (43). EN 69; doc. Puebla, nn. 527-529. (44). Cfr. Sinodo 1971, AAS, p. 912-913: il criterio dato per i presbiteri come già richiamato per altre forme di inserimento nelle strutture secolari (n. 8), guida anche il portamento dei religiosi, per la stretta connessione della vita religiosa con l'apostolato gerarchico (CD 34) e per lo speciale rapporto che la vincola alla responsabilità pastorale della Chiesa (LG 45-46). In Mut. Rel. (nn. 5-10-36) si espongono più ampiamente le ragioni teologiche e vengono indicate le conseguenze pratiche di obbedienza ecclesiale e di conveniente ordinamento. Cfr. anche Doc. Puebla, n. 769, dove si citano le parole del Papa: « Siete sacerdoti e religiosi; non siete dirigenti sociali, leaders politici o funzionari di un potere temporale. Perciò vi ripeto: non facciamoci l'illusione di servire il Vangelo se cerchiamo di diluire il nostro carisma attraverso un esagerato interesse verso l'ampio campo dei problemi temporali » (AAS, LXXI, p. 193). (45). Cfr. PC 2. (46). GS 9. (47). Cfr. particolarmente Sinodo del 1971 e 1974; l'esortazione apostolica "Evangelii Nuntiandi" che trova il suo complemento, per l'aspetto più direttamente sociale e politico, nella "Octogesima Adveniens". (48). Cfr. Red. Hom. 14: « La Chiesa non può abbandonare l'uomo... L'uomo nella piena verità della sua esistenza, del suo essere personale e insieme del suo essere comunitario e sociale. Quest'uomo è la prima strada che la Chiesa deve percorrere nel compimento della sua missione ». (49). GS 22; R.H. 8. (50). GS 63. (51). PC 2, d; Mut. Rel. 26-32. (52). Is. 42, 1-7; 61, 14; Lc 4, 17-19; cfr. doc. Puebla, n. 1130: « L'evangelizzazione dei poveri è stata per Gesù uno dei segni messianici, ed anche per noi sarà segno di autenticità evangelica ». (53). Mc 1, 15. (54). Mt 5, 3-12; 5, 20. 43-48. (55). LG 44; PC 1. (56). PC 2, a. (57). LG 44; EN 69. (58). Mut. Rel. 16; 26-28. (59). Giovanni Paolo II, Puebla, disc. inaug. III, 6; EN 9; 30-39; cfr. anche, nel medesimo disc. inaug. I, 2-5 il richiamo a una solida cristologia e all'unico Vangelo, senza riletture riduttive o deformanti come fondamento della nostra capacità di « servire l'uomo, i nostri popoli, di penetrare con il Vangelo la loro cultura, di trasformare i cuori, di umanizzare sistemi e strutture ». Cfr. R.H. 11. (60). LG 31. (61). LG 44. (62). LG 31. (63). Mut Rel. 4. (64). At. 20, 28; Mut. Rel. 5-9. (65). LG 44. (66). Mut Rel. 10. (67). CD 34; i principi teologici e i criteri di applicazione sono ampiamente descritti nel documento «Mutuae Relationes». (68). CD 33-35. (69). LG 31. (70). Motu Proprio "Primo Feliciter" AAS, 1948, p. 285; PC 11. (71). LG 46. (72). LG 28; GS 43; Mut. Rel. 36. (73). GS 19; 32 - cfr. doc. Puebla, nn. 211-219; 721: « La vita consacrata è in se stessa evangelizzatrice in ordine alla comunione e alla partecipazione ». (74). LG 44. (75). PC 15; cfr. doc. Puebla, nn. 730-732. (76). GS 32. (77). OA 3. (78). « Di fronte a situazioni tanto diverse, si legge in OA 4, ci è difficile pronunciare una parola unica e proporre una soluzione di valore universale. Spetta alle comunità cristiane analizzare obiettivamente la situazione del loro Paese, chiarirla alla luce delle parole immutabili del Vangelo, attingere principi di riflessione, criteri di giudizio e direttive d'azione nell'insegnamento sociale della Chiesa. Spetta alle comunità cristiane individuare, con l'assistenza dello Spirito Santo, in comunione coi Vescovi responsabili e in dialogo con gli altri fratelli cristiani e con tutti gli uomini di buona volontà, le scelte e gli impegni che conviene prendere per operare le trasformazioni sociali, politiche ed economiche che si palesano urgenti e necessarie in molti casi. In questa ricerca di cambiamenti da promuovere, i cristiani dovranno innanzitutto rinnovare la loro fiducia nella forza e nell'originalità delle esigenze evangeliche » - cfr. doc. Puebla, n. 473. (79). « I religiosi non solo accettino, ma mirino lealmente a una unione indissolubile di intenti e di azione con i Vescovi. Non può, non deve loro mancare la collaborazione, in pari tempo responsabile e attiva, ma anche docile e fidente, dei religiosi, il cui carisma ne fa dei ministri assai più atti al servizio del Vangelo » (Giovanni Paolo II, disc. inaug. Puebla, II). (80). Mut. Rel. 3. (81). ib. n. 19; 41. (82). LG 10-12; 27, PO 9, AA 2. (83). EN 69. (84). LG 45-46; CD 33-35; cfr.disc. di Giovanni Paolo II ai Superiori generali, 24 novembre 1978. (85). Mut. Rel. n. 52 ss. (86). LG c. 6·; PC 2; Mut. Rel. nn. 11-12. (87). GS 1-10; ET 25. (88). PC 14; ET 25. (89). GS 11. (90). Mut. Rel. 23, f. (91). Disc. ai sup. gen. 24 Novembre 1978. (92). Disc. all'UISG, 16 Novembre 1978. (93). PC 2; 18 - ES II, 15-19; 33-38. (94). PC 18. (95). ET 13-29 - cfr. doc. Puebla, n. 476: « La nostra condotta sociale è parte integrante della nostra sequela di Cristo ». (96). PC 3; 15. (97). PC 2, c. (98). « In relazione a tale insegnamento, la Chiesa ha una missione da compiere: deve predicare, educare le persone e le collettività, formare l'opinione pubblica, orientare i responsabili dei popoli. Attingete, dunque, a queste fonti autentiche. Parlate con il linguaggio dell'esperienza, del dolore, della speranza dell'umanità contemporanea ». (Giovanni Paolo II, Puebla, disc. inaug. Ill, 4). (99). ET 18. (100). Il doc. sulla Giustizia nel mondo (Sinodo, 1971, AAS pp. 935, 937), insieme a una sintesi dei principali interventi dottrinali della Chiesa, offre anche indicazioni sull'impegno d'una « educazione alla giustizia ». E ancora Giovanni Paolo II (ib. Puebla, III, 7) « Permettete dunque che raccomandi l'urgenza di sensibilizzare i fedeli su questa dottrina sociale della Chiesa. Occorre porre particolare attenzione nella formazione d'una coscienza sociale a tutti i livelli e in tutti i settori. Quando aumentano le ingiustizie e cresce dolorosamente la distanza tra poveri e ricchi, la dottrina sociale, in forma creativa e aperta ai vasti campi della presenza della Chiesa, deve essere prezioso strumento di formazione e di azione ». (101). EN 69. (102). AG 18; 25-27.
I N D I C E Presentazione RELIGIOSI E PROMOZIONE UMANA Introduzione. I - Quattro problemi principali 1) La scelta per i poveri e per la giustizia oggi. 2) Le attività e le opere sociali dei religiosi. 3) L' inserimento nel mondo del lavoro. 4) L'impegno nella " prassi politica ". II - Criteri generali di discernimento 1) Presenti all' uomo e al nostro tempo. 2) Con la forza trasformante di Cristo e del Vangelo. 3) Nella organica comunione ecclesiale. 4) in fedeltà dinamica alla propria Consacrazione secondo il carisma del Fondatore. III - Esigenze formative.
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