CONGREGAZIONE PER IL CULTO DIVINO E LA DISCIPLINA DEI SACRAMENTI
RESPONSA AD DUBIA su alcune disposizioni della Lettera Apostolica in forma di «Motu Proprio» TRADITIONIS CUSTODES del Sommo Pontefice FRANCESCO AI PRESIDENTI DELLE CONFERENZE DEI VESCOVI Eminenza / Eccellenza Reverendissima, dopo la pubblicazione da parte di Papa Francesco della Lettera Apostolica in forma di «Motu Proprio» Traditionis custodes sull’uso dei libri liturgici anteriori alla riforma del Concilio Vaticano II, sono giunte alla Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti – che, esercita, per la materia di sua competenza, l’autorità della Santa Sede (cf. Traditionis custodes, n. 7) – diverse richieste di chiarimenti sulla sua corretta applicazione. Alcune questioni sono state sollevate da più parti e con maggior frequenza: pertanto, dopo averle attentamente valutate, dopo aver informato il Santo Padre e avendo ricevuto il suo assenso, vengono ora pubblicate le risposte alle domande più ricorrenti. Il testo del Motu Proprio e la Lettera a tutti i Vescovi che lo accompagna esprimono con chiarezza le motivazioni di quanto Papa Francesco ha disposto. La finalità prima è quella di proseguire “nella costante ricerca della comunione ecclesiale” (Traditionis custodes, Premessa) che si esprime riconoscendo nei libri liturgici promulgati dai santi Pontefici Paolo VI e Giovanni Paolo II, in conformità ai decreti del Concilio Vaticano II, l’unica espressione della lex orandi del Rito Romano (cf. Traditionis custodes, n. 1). È questa la direzione nella quale vogliamo camminare ed è questo il senso delle risposte che qui pubblichiamo: ogni norma prescritta ha sempre l’unico scopo di custodire il dono della comunione ecclesiale camminando insieme, con convinzione di mente e di cuore, nella linea indicata dal Santo Padre. È triste vedere come il vincolo più profondo di unità – la partecipazione all’unico Pane spezzato che è il Suo Corpo offerto perché tutti siano uno (cf. Gv 17,21) – diventi motivo di divisione: è compito dei Vescovi, cum Petro et sub Petro, custodire la comunione, condizione necessaria – l’Apostolo Paolo ce lo ricorda (cf. 1Cor 11,17-34) – per poter partecipare alla mensa eucaristica. Un fatto è innegabile: i Padri conciliari sentirono l’urgenza di una riforma perché la verità della fede celebrata apparisse sempre più in tutta la sua bellezza e il popolo di Dio crescesse in una piena, attiva, consapevole partecipazione alla celebrazione liturgica (cf. Sacrosanctum Concilium n. 14), momento attuale della storia della salvezza, memoriale della Pasqua del Signore, nostra unica speranza. Come Pastori non dobbiamo prestarci a polemiche sterili, capaci solo di creare divisione, nelle quali il fatto rituale viene spesso strumentalizzato da visioni ideologiche. Siamo, piuttosto, tutti chiamati a riscoprire il valore della riforma liturgica custodendo la verità e la bellezza del Rito che ci ha donato. Perché questo accada, siamo consapevoli che è necessaria una rinnovata e continua formazione liturgica sia per i presbiteri sia per i fedeli laici. Nella solenne chiusura della seconda sessione del Concilio (4 dicembre 1963) san Paolo VI così si esprimeva (n. 11): «Del resto, questa discussione appassionata e complessa non è stata affatto senza un frutto copioso: infatti quel tema che è stato prima di tutto affrontato, e che in un certo senso nella Chiesa è preminente, tanto per sua natura che per dignità – vogliamo dire la sacra Liturgia – è arrivato a felice conclusione, e viene oggi da Noi con solenne rito promulgato. Per questo motivo il Nostro animo esulta di sincera gioia. In questo fatto ravvisiamo infatti che è stato rispettato il giusto ordine dei valori e dei doveri: in questo modo abbiamo riconosciuto che il posto d’onore va riservato a Dio; che noi come primo dovere siamo tenuti ad innalzare preghiere a Dio; che la sacra Liturgia è la fonte primaria di quel divino scambio nel quale ci viene comunicata la vita di Dio, è la prima scuola del nostro animo, è il primo dono che da noi dev’essere fatto al popolo cristiano, unito a noi nella fede e nell’assiduità alla preghiera; infine, il primo invito all’umanità a sciogliere la sua lingua muta in preghiere sante e sincere ed a sentire quell’ineffabile forza rigeneratrice dell’animo che è insita nel cantare con noi le lodi di Dio e nella speranza degli uomini, per Gesù Cristo e nello Spirito Santo». Quando Papa Francesco (Discorso ai partecipanti alla 68.ma Settimana Liturgica Nazionale, Roma, 24 agosto 2017) ci ricorda che “dopo questo magistero, dopo questo lungo cammino possiamo affermare con sicurezza e con autorità magisteriale che la riforma liturgica è irreversibile” vuole indicarci l’unica direzione nella quale siamo chiamati con gioia ad orientare il nostro impegno di Pastori. Affidiamo a Maria, Madre della Chiesa, il nostro servizio per “conservare l’unità dello spirito per mezzo del vincolo della pace” (Ef 4,3). Dalla Sede della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, il 4 dicembre 2021, 58° anniversario della promulgazione della Costituzione sulla Sacra Liturgia Sacrosanctum Concilium. ✠ Arthur Roche Prefetto
Il Sommo Pontefice Francesco, nel corso di un’Udienza concessa al Prefetto della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti in data 18 novembre 2021, è stato informato e ha dato il suo assenso alla pubblicazione dei presenti RESPONSA AD DUBIA
con annesse NOTE ESPLICATIVE
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Traditionis custodes
Art. 3. Episcopus, in dioecesibus ubi adhuc unus vel plures coetus celebrant secundum Missale antecedens instaurationem anni 1970:
[…]
§ 2. statuat unum vel plures locos ubi fideles, qui his coetibus adhaerent, convenire possint ad Eucharistiam celebrandam (nec autem in ecclesiis paroecialibus nec novas paroecias personales erigens);
Al quesito proposto: Laddove non vi sia la possibilità di individuare una chiesa od oratorio o cappella disponibile per accogliere i fedeli che celebrano con il Missale Romanum (editio typica 1962), il Vescovo diocesano può chiedere alla Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti la dispensa dalla disposizione del Motu Proprio Traditionis custodes (art. 3 § 2), e, quindi, permettere la celebrazione nella chiesa parrocchiale? Si risponde: Affermativamente. Nota esplicativa. Il Motu proprio Traditionis custodes all’art. 3 § 2 chiede che il Vescovo, nelle diocesi in cui finora vi è la presenza di uno o più gruppi che celebrano secondo il Messale antecedente alla riforma del 1970, “indichi, uno o più luoghi dove i fedeli aderenti a questi gruppi possano radunarsi per la celebrazione eucaristica (non però nelle chiese parrocchiali e senza erigere nuove parrocchie personali)”. L’esclusione della chiesa parrocchiale vuole affermare che la celebrazione eucaristica secondo il rito precedente, essendo una concessione limitata ai suddetti gruppi, non fa parte dell’ordinarietà della vita della comunità parrocchiale. Questa Congregazione, esercitando, per la materia di sua competenza, l’autorità della Santa Sede (cf. Traditionis custodes, n. 7), può concedere, su richiesta del Vescovo diocesano, che venga utilizzata la chiesa parrocchiale per la celebrazione secondo il Missale Romanum del 1962 solo nel caso in cui sia accertata l’impossibilità di utilizzare un’altra chiesa, od oratorio o cappella. La valutazione di tale impossibilità deve essere fatta con scrupolosa attenzione. Inoltre, tale celebrazione non è opportuno che venga inserita nell’orario delle Messe parrocchiali essendo partecipata solo dai fedeli aderenti al gruppo. Infine, si eviti che vi sia concomitanza con le attività pastorali della comunità parrocchiale. Resta inteso che nel momento in cui dovesse essere disponibile un altro luogo, tale licenza sarà ritirata. In queste disposizioni non vi è alcuna intenzione di emarginare i fedeli che sono radicati nella forma celebrativa precedente: esse hanno solo lo scopo di ricordare che si tratta di una concessione per provvedere al loro bene (in vista dell’uso comune dell’unica lex orandi del Rito Romano) e non di una opportunità per promuovere il rito precedente.
Traditionis custodes
Art. 1. Libri liturgici a sanctis Pontificibus Paulo VI et Ioanne Paulo II promulgati, iuxta decreta Concilii Vaticani II, unica expressio “legis orandi” Ritus Romani sunt.
Art. 8. Normae, dispositiones, concessiones et consuetudines antecedentes, quae conformes non sint cum harum Litterarum Apostolicarum Motu Proprio datarum praescriptis, abrogantur.
Al quesito proposto: È possibile, secondo quanto disposto dal Motu Proprio Traditionis custodes, celebrare i Sacramenti con il Rituale Romanum e con il Pontificale Romanum precedenti alla riforma liturgica del Concilio Vaticano II? Si risponde: Negativamente. Solo alle parrocchie personali canonicamente erette che, secondo quanto disposto dal Motu Proprio Traditionis custodes, celebrano con il Missale Romanum del 1962, il Vescovo diocesano è autorizzato a concedere la licenza di usare solo il Rituale Romanum (ultima editio typica 1952) e non il Pontificale Romanum precedente alla riforma liturgica del Concilio Vaticano II. Nota esplicativa. Il Motu proprio Traditionis custodes vuole ristabilire in tutta la Chiesa di Rito Romano una sola e identica preghiera che esprima la sua unità, secondo i libri liturgici promulgati dai santi Pontefici Paolo VI e Giovanni Paolo II, in conformità ai decreti del Concilio Vaticano II e in linea con la tradizione della Chiesa. Il Vescovo diocesano, quale moderatore, promotore e custode di tutta la vita liturgica, deve operare perché nella sua diocesi si torni a una forma celebrativa unitaria (cf. Papa Francesco, Lettera ai Vescovi di tutto il mondo per accompagnare il testo del Motu Proprio “Traditionis custodes”). Questa Congregazione, esercitando, per la materia di sua competenza, l’autorità della Santa Sede (cf. Traditionis custodes, n. 7), ritiene che, volendo progredire nella direzione indicata dal Motu proprio, non si debba concedere la licenza di usare il Rituale Romanum e il Pontificale Romanum precedenti alla riforma liturgica, libri liturgici che, come tutte le norme, le istruzioni, le concessioni e le consuetudini precedenti, sono stati abrogati (cf. Traditionis custodes, n. 8). Solo alle parrocchie personali canonicamente erette che, secondo quanto disposto dal Motu Proprio Traditionis custodes, celebrano con il Missale Romanum del 1962, il Vescovo diocesano è autorizzato a concedere la licenza di usare solo il Rituale Romanum (ultima editio typica 1952) e non il Pontificale Romanum precedente alla riforma liturgica del Concilio Vaticano II. Occorre ricordare che la formula per il Sacramento della Confermazione è stata cambiata per tutta la Chiesa latina da san Paolo VI con la Costituzione apostolica Divinæ consortium naturæ (15 agosto 1971). Tale disposizione intende sottolineare la necessità di affermare chiaramente la direzione indicata dal Motu Proprio che vede nei libri liturgici promulgati dai santi Pontefici Paolo VI e Giovanni Paolo II, in conformità ai decreti del Concilio Vaticano II, l’unica espressione della lex orandi del Rito Romano (cf. Traditionis custodes, n. 1). Nell’attuare quanto disposto si abbia cura di accompagnare quanti sono radicati nella forma celebrativa precedente verso una piena comprensione del valore della celebrazione nella forma rituale consegnataci dalla riforma del Concilio Vaticano II, attraverso una adeguata formazione che faccia scoprire come essa sia testimonianza di una fede immutata, espressione di una ecclesiologia rinnovata, fonte primaria di spiritualità per la vita cristiana.
Traditionis custodes
Art. 3. Episcopus, in dioecesibus ubi adhuc unus vel plures coetus celebrant secundum Missale antecedens instaurationem anni 1970:
§ 1. certior fiat coetus illos auctoritatem ac legitimam naturam instaurationis liturgicae, normarum Concilii Vaticani II Magisteriique Summorum Pontificum non excludere;
Al quesito proposto: Nel caso in cui un presbitero al quale sia stato concesso l’uso del Missale Romanum del 1962 non riconosca la validità e la legittimità della concelebrazione – rifiutandosi di concelebrare, in particolare, nella Messa Crismale – può continuare ad usufruire di tale concessione? Si risponde: Negativamente. Tuttavia, prima di revocare la concessione di utilizzare il Missale Romanum del 1962, il Vescovo abbia cura di stabilire con il presbitero un confronto fraterno, di accertarsi che tale atteggiamento non escluda la validità e la legittimità della riforma liturgica, dei dettati del Concilio Vaticano II e del Magistero dei Sommi Pontefici e di accompagnarlo verso la comprensione del valore della concelebrazione, in particolare nella Messa Crismale. Nota esplicativa. L’Art. 3 § 1 del Motu Proprio Traditionis custodes chiede che il Vescovo diocesano accerti che i gruppi che chiedono di celebrare con il Missale Romanum del 1962 “non escludano la validità e la legittimità della riforma liturgica, dei dettati del Concilio Vaticano II e del Magistero dei Sommi Pontefici”. San Paolo richiama con forza la comunità di Corinto a vivere l’unità come condizione necessaria per poter partecipare alla mensa eucaristica (cf. 1Cor 11,17-34). Nella Lettera inviata ai Vescovi di tutto il mondo per accompagnare il testo del Motu Proprio Traditionis custodes il Santo Padre così si esprime: «Poiché “le celebrazioni liturgiche non sono azioni private, ma celebrazioni della Chiesa, che è sacramento di unità” (cf. Sacrosanctum Concilium n. 26), devono essere fatte in comunione con la Chiesa. Il Concilio Vaticano II, mentre ribadiva i vincoli esterni di incorporazione alla Chiesa – la professione della fede, dei sacramenti, della comunione –, affermava con sant’Agostino che è condizione per la salvezza rimanere nella Chiesa non solo “con il corpo”, ma anche “con il cuore” (cf. Lumen Gentium n. 14)». L’esplicita volontà di non partecipare alla concelebrazione, in particolare nella Messa Crismale, sembra esprimere una mancanza sia di accoglienza della riforma liturgica sia di comunione ecclesiale con il Vescovo, requisiti necessari per poter usufruire della concessione di celebrare con il Missale Romanum del 1962. Tuttavia, prima di revocare la concessione di utilizzare il Missale Romanum del 1962, il Vescovo offra al presbitero il tempo necessario per un sincero confronto sulle più profonde motivazioni che lo portano a non riconoscere il valore della concelebrazione, in particolare nella Messa presieduta dal Vescovo, invitandolo a vivere nel gesto eloquente della concelebrazione quella comunione ecclesiale che è condizione necessaria per poter partecipare alla mensa del sacrificio eucaristico.
Traditionis custodes
Art. 3. Episcopus, in dioecesibus ubi adhuc unus vel plures coetus celebrant secundum Missale antecedens instaurationem anni 1970:
[…]
§ 3. constituat, in loco statuto, dies quibus celebrationes eucharisticae secundum Missale Romanum a sancto Ioanne XXIII anno 1962 promulgatum permittuntur. His in celebrationibus, lectiones proclamentur lingua vernacula, adhibitis Sacrae Scripturae translationibus ad usum liturgicum ab unaquaque Conferentia Episcoporum approbatis;
Al quesito proposto: Nella celebrazione eucaristica con l’uso del Missale Romanum del 1962 è possibile utilizzare per le letture il testo integrale della Bibbia scegliendo le pericopi indicate nello stesso Messale? Si risponde: Affermativamente. Nota esplicativa. L’Art. 3 § 3 del Motu Proprio Traditionis custodes stabilisce che le letture siano proclamate in lingua vernacola, usando le traduzioni della sacra Scrittura per l’uso liturgico, approvate dalle rispettive Conferenze Episcopali. Poiché i testi delle letture sono contenuti nel Messale stesso e non esistendo quindi il libro del Lezionario, per osservare quanto disposto dal Motu Proprio, si deve necessariamente ricorrere al libro della Sacra Scrittura nella traduzione approvata dalle singole Conferenze Episcopali per l’uso liturgico, scegliendo le pericopi indicate nel Missale Romanum del 1962. Non potrà essere autorizzata nessuna pubblicazione di Lezionari in lingua vernacola che riporti il ciclo di letture del rito precedente. Occorre ricordare che l’attuale Lezionario è uno dei frutti più preziosi della riforma liturgica del Concilio Vaticano II. La pubblicazione del Lezionario oltre a superare la forma “plenaria” del Missale Romanum del 1962 per ritornare all’antica tradizione dei singoli libri corrispondenti ai singoli ministeri, realizza quanto auspicato in Sacrosanctum Concilium al n. 51: «Affinché la mensa della parola di Dio sia preparata ai fedeli con maggiore abbondanza, vengano aperti più largamente i tesori della Bibbia in modo che, in un determinato numero di anni, si legga al popolo la maggior parte della sacra Scrittura».
Traditionis custodes
Art. 4. Presbyteri ordinati post has Litteras Apostolicas Motu Proprio datas promulgatas, celebrare volentes iuxta Missale Romanum anno 1962 editum, petitionem formalem Episcopo dioecesano mittere debent, qui, ante concessionem, a Sede Apostolica licentiam rogabit.
Al quesito proposto: Il Vescovo diocesano per poter concedere ai presbiteri ordinati dopo la pubblicazione del Motu Proprio Traditionis custodes di celebrare con il Missale Romanum del 1962 deve essere autorizzato dalla Sede Apostolica (cf. Traditionis custodes n. 4)? Si risponde: Affermativamente. Nota esplicativa. Il testo latino (testo ufficiale di riferimento) all’art. 4 così recita: «Presbyteri ordinati post has Litteras Apostolicas Motu Proprio datas promulgatas, celebrare volentes iuxta Missale Romanum anno 1962 editum, petitionem formalem Episcopo dioecesano mittere debent, qui, ante concessionem, a Sede Apostolica licentiam rogabit». Non si tratta di un semplice parere consultivo, ma di una necessaria autorizzazione data al Vescovo diocesano da parte della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, la quale esercita, per la materia di sua competenza, l’autorità della Santa Sede (cf. Traditionis custodes, n. 7). Solo avendo ricevuto tale licenza il Vescovo diocesano potrà autorizzare i presbiteri ordinati dopo la pubblicazione del Motu Proprio (16 luglio 2021) a celebrare con il Missale Romanum del 1962. Questa norma vuole offrire un aiuto al Vescovo diocesano nel valutare tale richiesta: il suo discernimento verrà tenuto in debita considerazione da parte della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti. Il Motu Proprio esprime con chiarezza la volontà che venga riconosciuta come unica espressione della lex orandi del Rito Romano quella contenuta nei libri liturgici promulgati dai santi Pontefici Paolo VI e Giovanni Paolo II, in conformità ai decreti del Concilio Vaticano II: è, dunque, assolutamente auspicabile che i presbiteri ordinati dopo la pubblicazione del Motu Proprio, condividano questo desiderio del Santo Padre. Volendo con sollecitudine camminare nella direzione indicata da Papa Francesco, si incoraggiano tutti i formatori dei Seminari ad accompagnare i futuri diaconi e presbiteri nella comprensione e nell’esperienza della ricchezza della riforma liturgica voluta dal Concilio Vaticano II: essa, ha saputo valorizzare ogni elemento del Rito Romano e ha favorito – come auspicato dai Padri conciliari – quella piena, consapevole e attiva partecipazione di tutto il Popolo di Dio alla liturgia (cf. Sacrosanctum Concilium n. 14), fonte primaria di autentica spiritualità cristiana.
Traditionis custodes
Art. 5. Presbyteri, qui iam secundum Missale Romanum anno 1962 editum celebrant, ab Episcopo dioecesano licentiam rogabunt ad hanc facultatem servandam.
Al quesito proposto: La facoltà di celebrare con l’uso del Missale Romanum del 1962 può essere concessa ad tempus? Si risponde: Affermativamente. Nota esplicativa. La scelta di concedere l’uso del Missale Romanum del 1962 per un tempo definito – della durata che il Vescovo diocesano riterrà opportuna – non solo è possibile ma è anche raccomandata: il termine del periodo definito offre la possibilità di verificare che tutto sia in sintonia con l’orientamento stabilito dal Motu Proprio. L’esito di tale verifica potrà fornire le motivazioni per prolungare o per sospendere la concessione.
Al quesito proposto: La facoltà di celebrare con l’uso del Missale Romanum del 1962 concessa dal Vescovo diocesano vale solo per il territorio della sua diocesi? Si risponde: Affermativamente.
Al quesito proposto: In caso di assenza o di impossibilità del sacerdote autorizzato, anche chi lo sostituisce deve avere una formale autorizzazione? Si risponde: Affermativamente.
Al quesito proposto: I diaconi e i ministri istituiti che partecipano alla celebrazione con l’uso del Missale Romanum del 1962 devono essere autorizzati dal Vescovo diocesano? Si risponde: Affermativamente.
Al quesito proposto: Un presbitero autorizzato a celebrare con il Missale Romanum del 1962, che a motivo del suo ufficio (parroco, cappellano, …) celebra nei giorni feriali anche con il Missale Romanum della riforma del Concilio Vaticano II, può binare utilizzando il Missale Romanum del 1962? Si risponde: Negativamente. Nota esplicativa. Il parroco o il cappellano che – nel compimento del suo ufficio – celebra nei giorni feriali con l’attuale Missale Romanum, unica espressione della lex orandi del Rito Romano, non può binare celebrando con il Missale Romanum del 1962, né con un gruppo né privatamente. Non è possibile concedere la binazione a motivo del fatto che non si configura il caso della “giusta causa” o della “necessità pastorale” richieste dal can. 905 § 2: il diritto dei fedeli alla celebrazione eucaristica non viene in alcun modo negato essendo offerta la possibilità di partecipare all’Eucaristia nell’attuale forma rituale.
Al quesito proposto: Un presbitero autorizzato a celebrare con il Missale Romanum del 1962, può nello stesso giorno celebrare con lo stesso Messale per un altro gruppo di fedeli che ha ricevuto l’autorizzazione? Si risponde: Negativamente. Nota esplicativa. Non è possibile concedere la binazione a motivo del fatto che non si configura il caso della “giusta causa” o della “necessità pastorale” richieste dal can. 905 § 2: il diritto dei fedeli alla celebrazione eucaristica non viene in alcun modo negato essendo offerta la possibilità di partecipare all’Eucaristia nell’attuale forma rituale. |