Prot. N. 1280/02/L
NOTIFICAZIONE
1. Alla luce della sua recente esperienza, la Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, fermo restando quanto esposto nell’Institutio Generalis de Liturgia Horarum, nell’Istruzione Calendaria particularia del 1970,[1] nella Declaratio della S. Congregazione per la Dottrina della Fede del 1972,[2] nella Notificazione su alcuni Aspetti dei Calendari e dei Testi liturgici propri del 1997[3] e nell’Istruzione Liturgiam authenticam del 2001,[4] ritiene opportuno offrire qualche ulteriore considerazione riguardo alla questione delle letture patristiche della Liturgia Horarum del Rito Romano, che si applicheranno poi, mutatis mutandis, agli altri Riti della Chiesa Latina legittimamente approvati.
I 2. Nei secoli dell’epoca moderna i Sommi Pontefici hanno avuto ripetutamente occasione di ribadire la venerazione e la stima che la Chiesa nutre per le esimie figure comunemente definite i « Padri della Chiesa », coloro, il « cui insegnamento riveriamo e seguiamo ».[5] A questo proposito il Papa Giovanni Paolo II ha voluto affermare che: « Padri della Chiesa sono giustamente chiamati quei Santi che, con la forza di fede, la profondità e la ricchezza dei loro insegnamenti, nel corso dei primi secoli l’hanno rigenerata e grandemente incrementata.[6] Padri [...] sono stati, e padri restano per sempre: essi stessi, infatti, sono una struttura stabile della Chiesa, e per la Chiesa di tutti i secoli adempiono a una funzione perenne. Cosicché ogni annuncio e magistero successivo, se vuole essere autentico, deve confrontarsi con il loro annuncio e il loro magistero; ogni carisma e ogni ministero deve attingere alla sorgente vitale della loro paternità; e ogni pietra nuova, aggiunta all’edificio santo che ogni giorno cresce e si amplifica,[7] deve collocarsi nelle strutture già da loro poste, e con esse saldarsi e connettersi. Guidata da queste certezze, la Chiesa non si stanca di ritornare ai loro scritti ‑‑ pieni di sapienza e incapaci di invecchiare [...] ».[8] Da parte sua il Papa Paolo VI aveva affermato che negli scritti dei Padri « ci sono delle costanti che sono alla base di ogni autentico rinnovamento nell’ordine spirituale e teologico: il legame irrinunciabile alla Fede, il desiderio ardente di scrutare il mistero di Cristo, il senso profondo della Tradizione, l’amore senza limiti per la Chiesa ».[9] Così i loro scritti sono in grado di assicurare l’arricchimento della preghiera ufficiale della Chiesa,[10] in particolare della celebrazione della Liturgia Horarum, sia sotto il profilo di una maggiore intelligenza della Parola di Dio sia nella linea di una autentica interpretazione delle varie celebrazioni ordinate lungo l’anno liturgico. 3. La presenza della lettura dei Padri o degli Scrittori ecclesiastici nella Liturgia Horarum ha una connotazione teologica ed ecclesiale. Scopo primario è la meditazione della Parola di Dio « così come è accolta dalla Chiesa nella sua tradizione. La Chiesa, infatti, ha sempre ritenuto necessario spiegare ai fedeli in maniera autentica la Parola di Dio, perché “la linea della interpretazione profetica e apostolica si svolgesse secondo la norma del senso ecclesiastico e cattolico” ».[11] Pertanto, va ricordato che « I Padri sono in primo luogo ed essenzialmente dei commentatori della Sacra Scrittura: “divinorum librorum tractatores”.[12] [...] Essi rimangono per noi maestri veri e si può dire superiori, sotto tanti aspetti, agli esegeti del medioevo e dell’età moderna per “una specie di soave intuizione delle cose celesti per un’ammirabile penetrazione di spirito, grazie alle quali vanno più nelle profondità della parola divina”. L’esempio dei Padri, può, infatti, insegnare agli esegeti moderni un approccio veramente religioso della Sacra Scrittura, come anche un’interpretazione che s’attiene costantemente al criterio di comunione con l’esperienza della Chiesa, la quale cammina attraverso la storia sotto la guida dello Spirito Santo. Quando questi due principi interpretativi, religioso e specificamente cattolico, vengono disattesi e dimenticati, gli studi esegetici moderni risultano spesso impoveriti e distorti ».[13] Ciò vale anche per molti altri settori della vita nella Chiesa, la cui riflessione teologica « è nata dall’attività esegetica dei Padri, “in medio Ecclesiae”, [...] a contatto con le necessità spirituali del Popolo di Dio »[14] e specialmente « nel cuore delle assemblee liturgiche riunite per professare la fede e per celebrare il culto del Signore risorto ».[15] 4. Nel contesto dell’approfondimento, sviluppo e integrazione della Parola di Dio da parte della Chiesa, attraverso i suoi testimoni più qualificati, « gli scritti dei santi Padri sono splendide testimonianze di quella meditazione della Parola di Dio, prolungatasi per secoli, con la quale la Sposa del Verbo incarnato, cioè la Chiesa, “che ha con sé il consiglio e lo spirito del suo Sposo e Dio” si sforza di giungere giorno per giorno a una più profonda intelligenza delle Sacre Scritture ».[16] 5. Perciò, « nel loro modo di esprimersi è spesso percepibile il saporoso accento dei mistici, che lascia traspirare una grande familiarità con Dio, un’esperienza vissuta del mistero del Cristo e della Chiesa [...] »,[17] non per ultimo nella celebrazione liturgica. I Padri, infatti, testimoni vivi di quei elementi costanti della liturgia della Chiesa che sono stati oggetto della traditio degli Apostoli,[18] e perfezionatori delle forme e delle strutture caratteristiche delle grandi famiglie rituali, ormai invariabilmente consolidati,[19] hanno avuto un ruolo essenziale nell’esplicitare il significato che la Chiesa vede nella Liturgia e in tutte le pratiche della vita cristiana che da essa derivano o dipendono oppure ad essa conducono.[20] Infatti, « molte forme di pietà privata (come la preghiera in famiglia, le preghiere quotidiane, la pratica dei digiuni) e comunitaria (per es. la celebrazione della domenica e delle principali feste liturgiche come partecipazione agli eventi salvifici, la venerazione della Ss.ma Vergine Maria, le veglie, le agapi, ecc.) risalgono all’epoca patristica e ricevono il loro preciso significato teologico-spirituale dagli insegnamenti dei Padri ».[21] Così lo studio e la meditazione degli scritti dei Padri della Chiesa portano « alla comprensione del linguaggio simbolico della liturgia che mediante i segni sensibili, le parole, i gesti, gli oggetti e le azioni significano le realtà divine e le attuano nei sacramenti ».[22] 6. In altri documenti della Santa Sede che in questi anni hanno rivolto lo sguardo ai Padri, leggiamo: « Nella nostra coscienza cristiana i Padri appaiono sempre legati alla Tradizione, essendone stati contemporaneamente protagonisti e testimoni. Essi sono più vicini alla freschezza delle origini: alcuni di loro sono stati testimoni della Tradizione apostolica, fonte da cui la Tradizione stessa trae origine; specialmente quelli dei primi secoli possono considerarsi autori ed esponenti di una tradizione “costitutiva”, della quale nei tempi posteriori si avrà la conservazione e la continua esplicazione. In ogni caso i Padri hanno trasmesso ciò che hanno ricevuto, “hanno insegnato alla Chiesa ciò che hanno imparato nella Chiesa”;[23] “ciò che hanno trovato nella Chiesa hanno tenuto; ciò che hanno imparato hanno insegnato; ciò che hanno ricevuto dai Padri hanno trasmesso ai figli” ».[24] 7. Oltre al suo scopo principale, quello della meditazione della Parola di Dio, la lettura dei Padri e degli Scrittori ecclesiastici nell’ambito della Liturgia Horarum, ha come sua specificità quella di aiutare « i cristiani a comprendere meglio il significato dei tempi e delle celebrazioni liturgiche. Apre loro l’accesso alle inestimabili ricchezze spirituali che formano il prezioso patrimonio della Chiesa e insieme presentano il fondamento della vita spirituale ed un ricchissimo nutrimento della pietà ».[25] 8. L’auspicio della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti è che nella compilazione e nella revisione dei Propri liturgici si applichino con maggiore attenzione alcuni criteri fondamentali che si espongono qui di seguito. 9. Da parte sua, il Dicastero intende, a salvaguardia del carattere autentico dei libri liturgici, applicare con aumentato rigore i criteri che seguono, anche nel caso delle future revisioni delle editiones typicae del Rito Romano. 10. Come principio di base conviene che si riservi un luogo privilegiato nei Lezionari ecclesiastici della Liturgia Horarum agli scritti autentici dei Padri della Chiesa, come spetta ai medesimi in ragione della venerazione e stima che la Chiesa nutre nei loro confronti e in ottemperanza alla tradizione. 11. Come corollario di tale criterio, si eviti di dare spazio, salvo nei casi particolari qui definiti, ad altri scritti ecclesiastici, anche dei Santi e di autori cristiani di particolare rilievo. L’inclusione di tali scritti nei Lezionari ecclesiastici deve considerarsi piuttosto eccezionale e determinato dalla presenza di circostanze particolari.
II 12. Ogni brano destinato a servire come Lectio altera deve essere scelto in vista dell’uso specificamente liturgico ed è necessario che sia munito dell’abituale titolo introduttivo, di un’adeguata indicazione bibliografica, di una frase tematica e di un responsorio proprio nella specifica forma. Inoltre, la scelta dei testi necessita di una ragionevole qualità e integrità letteraria, per cui sono da escludersi collages o centonizzazioni di frasi scelte, a favore di brani per quanto possibile continui. 13. Nel preparare la breve nota agiografica previa, si tenga presente la sua funzione, quella di riassumere brevemente i punti salienti della vita di un Santo o Beato, a scopo prettamente informativo e privato; la sua collocazione prima della lettura; la sua redazione, i cui criteri rimandano al modello e alla struttura di quelle presenti nell’Officium lectionum e ove sia possibile ci si adegui ormai alla formulazione del relativo elogium del Martyrologium Romanum.[26] 14. La lectio altera, sia che attinga ai Padri o agli Scrittori ecclesiastici sia che si configuri come composizione agiografica, è necessario che abbia una frase tematica che richiami il tema centrale del brano o che faccia da collegamento con la lettura biblica o con il tempo liturgico. Tale elemento, non destinato alla lettura, aiuta a tenere presente il contenuto del brano proposto. Ci si attenga anche per questo elemento al modello dell’editio typica corrente. 15. Per ciò che riguarda la composizione dei Responsori che seguono le letture patristiche o agiografiche, sebbene non siano strettamente congiunti con il testo della lettura,[27] si tengano presenti, come modello, quelli già approvati nell’Officium lectionum, ai quali si può attingere nel caso di difficoltà redazionali. Si salvaguardi, per quanto possibile, una certa corrispondenza tematica con la relativa lettura e si compongano in modo da poter essere anche cantati, almeno nelle lingue vernacole.
III 16. Per le celebrazioni della Beata Vergine Maria, dei Santi e Beati, la provvisione di testi nei Propri liturgici delle diocesi, delle nazioni e delle famiglie religiose, seguirà, per quanto possibile, il modello dell’editio typica della Liturgia Horarum. In ciò che segue ci si riferisce non solo ai Santi ma anche ai Beati, salvo particolari indicazioni. 17. Solo in casi rari sarà opportuno presentare un brano in alternativa per la Lectio altera dell’Officium lectionum in occasione della celebrazione di un determinato Santo o gruppo di Santi e non conviene mai aggiungere più di un solo testo supplementare per una determinata celebrazione. Di certo non è lecito seguire una tale procedura in maniera sistematica. 18. Quanto alla celebrazione di un singolo Santo, ci si sforzerà di scegliere un brano tra gli scritti del medesimo che possa rispondere ai requisiti dell’Officium lectionum. 19. Se la celebrazione dovesse essere quella di un gruppo di Santi, si utilizzerà di preferenza un brano desunto dagli scritti dell’uno o dell’altro di essi. 20. Nel caso non fosse disponibile un brano degli scritti degli stessi Santi, si sceglierà preferibilmente un brano preso tra gli scritti di un Padre della Chiesa, tenendo presente l’unità tematica, la lunghezza media e la suddivisione in paragrafi. 21. Solo eccezionalmente, e unicamente di fronte ad un testo che tra l’altro dimostra una buona qualità letteraria, si potrà fare ricorso ad una compilazione agiografica, ferme restando la sua autenticità storica e la sua utilità spirituale.[28] Si eviti in ogni caso, per tale scopo, di desumere brani dagli atti del processo di canonizzazione, compreso i decreti ad essa legati. 22. Al fine di evitare inutili sforzi, quando si tratta di provvedere ai testi liturgici per la specifica celebrazione di un Santo, è necessario che essi vengano presentati alla Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti solo dopo che la celebrazione sia stata definitivamente inscritta nel calendario proprio, attraverso un decreto della Santa Sede.
IV 23. Rimane aperta la possibilità di cui all’art. 162 dell’Institutio Generalis de Liturgia Horarum, vale a dire, la preparazione da parte della Conferenza dei Vescovi di un Lezionario ecclesiastico proprio per le celebrazioni dell’Officium Lectionum. A questo riguardo, il Dicastero desidera precisare quanto segue: 24. In tal caso, sarebbe consigliabile prendere contatto con la Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti prima di iniziare il lavoro di preparazione, in modo da poter definire previamente i criteri da adoperare. 25. Un Lezionario del genere va considerato parte dei libri liturgici di Rito Romano ed è soggetto alla comune normativa per quanto riguarda la compilazione, l’approvazione, a norma di legge, da parte dei Vescovi e la concessione della recognitio da parte della Santa Sede. 26. Scopo del Lezionario è di fornire testi per la celebrazione della Liturgia Horarum. Perciò la raccolta non può assumere le caratteristiche di un’antologia mirante ad altro fine. Il modello di impostazione anche tipografica rimane rigorosamente quello dei libri liturgici approvati, con l’esclusione, quindi, di ogni elemento estraneo, come ad es. prefazioni, trattati scientifici introduttivi, note biografiche sui singoli autori, illustrazioni, indici tematici, glossari, ecc. 27. Sarebbe opportuno in un primo momento restringere un tale progetto al tempo « per annum », rimandando il lavoro di compilazione più delicato per quanto riguarda l’Avvento, il tempo natalizio, la Quaresima e il tempo pasquale ad un secondo momento. La possibilità di realizzare delle sezioni di un Lezionario per questi ultimi tempi liturgici, di particolare e adeguata qualità, dipende dalla disponibilità di reperire testi appropriati. 28. La questione dell’uso di un ciclo biennale di letture sia bibliche che patristiche per l’Officium lectionum necessita ancora di una approfondita riflessione, ma certamente non è di facile risoluzione per tutta una serie di motivi di ordine teologico-celebrativo, di disponibilità di risorse di persone esperte nel curare tra l’altro le traduzioni, nonché economico. Perciò, salvo qualche considerazione particolare e nel rispetto delle concessioni già fatte, sembra meglio per il momento, nel caso che si volesse preparare un cosiddetto «Lezionario bis» di testi ecclesiastici, concentrarsi sul progetto di un unico ciclo annuale. 29. La realizzazione di un tale progetto non è facile. In particolare un tale progetto non può restringere i temi trattati nei brani scelti tanto da disattendere l’esigenza di coprire un’adeguata varietà di soggetti e di rispettare sia il contesto della celebrazione liturgica sia la necessità di presentare nel corso del ciclo annuale l’intero mistero della salvezza. Uno schema di letture troppo circoscritto non sarebbe adeguato: ad es., uno che prenderebbe come unico tema dominante la preghiera personale, o il ruolo della Beata Maria Vergine e la devozione nei confronti di essa. 30. Si dovrebbe normalmente anche evitare di limitare la scelta dei brani alle opere di un numero troppo ristretto di autori, o che si rassomigliano troppo tra di loro nello stile. 31. Un « Lezionario bis » proprio dovrebbe però giustificarsi in qualche modo per il fatto che attenda più specificamente alle tradizioni particolari e sarebbe più naturale nel caso di quelle nazioni con una particolare tradizione patristica.
V 32. Come già contemplato nella prassi degli anni postconciliari, la facoltà di cui all’art. 162 dell’Institutio Generalis de Liturgia Horarum (cf. sopra n. 23), può essere concessa in linea di principio anche alle famiglie religiose. 33. In questo preciso caso, si potrebbe prevedere qualche attenuazione del requisito di limitarsi per il Temporale a testi patristici, in particolare per le famiglie religiose più antiche o che si ricollegano alla forma di vita degli ordini monastici o mendicanti, o che hanno un’ampia tradizione letteraria e spirituale propria. 34. Le scelte dovrebbero comunque rispettare il carattere della domenica, primo giorno della settimana, ottavo giorno, « primordialis dies festus », e « dies Domini ».[29] 35. I casi sarebbero così diversi tra di loro che si potrebbero difficilmente formulare criteri generali oltre a quanto enunciato qui sopra nei nn. 24-31 e altrove nel presente documento. Però l’eventuale attenuazione di cui al n. 33 non può portare a scelte eclettiche, per cui si dovrebbe comunque badare ad assicurare una certa coesione interna nel Lezionario, in qualche modo analoga a quella di fatto risultante dalla scelta predominante di testi patristici nell’editio typica della Liturgia Horarum.
VI 36. Delle varie letture ecclesiastiche sia presentato per l’approvazione della Santa Sede sempre il testo in lingua originale, anche se non se ne prevede un diffuso uso liturgico. 37. Nel caso di testi che si esprimono in lingue oltre al latino, al castigliano, al francese, all’inglese, all’italiano, al portoghese, al tedesco, o al polacco, dovrebbe considerarsi procedura normale presentare anche una traduzione nell’una o nell’altra di queste lingue. Per evitare, però, un sovraccarico di lavoro a chi è incaricato della preparazione dei testi, la Congregazione è disponibile a dispensare da questa esigenza in casi particolari, specialmente per le lingue slave. 38. Ad eccezione di quanto stabilito al n. 36, si presentino delle traduzioni in lingue moderne, redatte a norma dell’Istruzione Liturgiam authenticam, solo dopo l’approvazione da parte della Congregazione per il Culto Divino del «textus typicus». Così si potrà procedere in maniera più efficiente a questa fase successiva, evitando lavoro inutile. 39. Talvolta emerge la questione dei brani destinati ad essere adoperati come letture, la cui versione originale si esprime in una lingua moderna che, però, ha conosciuto dopo la redazione del brano in questione degli sviluppi tali che alcuni vocaboli o espressioni si discostano tanto dalle usanze attuali fino a renderne difficile oggi l’esatta comprensione. Chiaramente non tutte le differenze linguistiche rispetto alle abitudini moderne presentano dei problemi. Quando, invece, emergono delle difficoltà, sono possibili una varietà di soluzioni. La più ovvia è quella di sostituire il brano in questione con un altro. Se le espressioni di difficile comprensione fossero numerose, quest’ultima soluzione normalmente si impone. Nel caso contrario si può tentare un delicato ritocco, sostituendo per l’originale un’espressione più facilmente comprensibile. Tali interventi, a motivo dei molteplici rischi che corrono, debbono essere dettagliatamente segnalati alla Congregazione al momento di presentare i testi per l’approvazione, e debbono considerarsi un rimedio eccezionale.
VII 40. Conviene in questa sede segnalare alcuni punti che riguardano specificamente le procedure per l’approvazione dei Propri liturgici delle famiglie religiose.[30] A motivo della somma importanza ecclesiale della celebrazione liturgica, e della corrispondente necessità di assicurare la massima integrità dei testi liturgici, in tale ambito è opportuno ottemperare in maniera analoga a quanto stabilito dall’Istruzione Liturgiam authenticam (128, a), b)) per le traduzioni dei Propri delle famiglie religiose. In particolare spetta al Moderatore Supremo, con il voto del suo consiglio oppure del capitolo generale, di approvare ogni testo liturgico destinato ad essere adoperato nella celebrazione liturgica in qualsiasi casa della famiglia religiosa, a prescindere dalla lingua. Si ricorda a questo proposito che le Conferenze dei Vescovi sono tenute ad una procedura secondo la quale si richiede un voto favorevole dei due terzi dell’assemblea plenaria dei Vescovi.[31] Nel caso delle famiglie religiose, quindi, sarebbe conveniente osservare rigorosamente delle procedure in qualche maniera equivalenti.
VIII 41. Si fa presente, inoltre, che al momento di presentare i testi alla Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, è necessario fornirne tre esemplari dattiloscritti su carta bianca, formato A 4, non rilegati,[32] accompagnati allo stesso tempo da un dischetto informatico contenente un testo rigorosamente identico.
San Cirillo d’Alessandria,
Roma, 27 giugno 2002
( Jorge A. Card. Medina Estévez )
[1] S. Congregatio pro Cultu Divino,Instructio Calendaria particularia, del 24 giugno 1970: Acta Apostolicae Sedis 62 (1970) 651-663; Notitiae 6 (1970) 349-370. [2] S. Congregatio pro Doctrina Fidei,Declaratio del 9 luglio 1972 (prot. n. 640/72): cf. Notitiae 8 (1972) 249. [3] Congregatio de Cultu Divino et Disciplina Sacramentorum,Notificazione su alcuni Aspetti dei Calendari e dei Testi liturgici propri, del 20 settembre 1997: Notitiae 32 (1997) 284-297. [4] Congregatio de Cultu Divino et Disciplina Sacramentorum,Instructio Liturgiam authenticam, del 28 marzo 2001: Acta Apostolicae Sedis 93 (2001) 685-726; Notitiae 37 (2001) 120-174. [5] S. Leo Pp. I,Ep. 69, 2: PL 54, 891B. [6] Cf. Gal 4, 19; S. Vincentius Lirinensis, Commonitorium, I, 3: PL 50, 641. [7] Cf. Ef 2, 21. [8] Ioannes Paulus Pp. II, Epistula Apostolica Patres Ecclesiae ad Patriarchas, Archiepiscopos, Episcopos, Sacerdotes et Christifidelibus totius Ecclesiae Catholicae: XVI expleto saeculo ab obitu Sancti Basilii, Episcopi et Ecclesiae Doctoris (2 gennaio 1980), in AAS 72 (1980) 6. [9] Paulus Pp. VI,Epistula ad E.mum P. D. Michaelem S.R.E. Cardinalem Pellegrino, primo volvente saeculo ab obitu sacerdotis Iacobi Pauli Migne: Acta Apostolicae Sedis 67 (1975) 469-473, in part. p. 471; cf. Concil. Oecum. Vatic. II, Constitutio de sacra Liturgia, Sacrosanctum Concilium, n. 92 b). [10] Cf. Paulus Pp. VI,Epistula ad E.mum P. D. Michaelem S.R.E. Cardinalem Pellegrino: Acta Apostolicae Sedis 67 (1975) 469-473, in partic. p. 471. [11]Institutio generalis de Liturgia Horarum, n. 163;S. Vincentius Lirinensis, Commonitorium, I, 2: PL 50, 640. [12] S. Augustinus Hipponensis,De libero arbitrio, III, 21, 59; De Trinitate, II, 1, 2: PL 32, 1300; 42, 845. [13] Congregatio de Institutione Catholica, Instructio Inspectis dierum, n. 26: Acta Apostolicae Sedis 81 (1990) 618. [14]Ibidem, n. 27: Acta Apostolicae Sedis 81 (1990) 619. [15]Ibidem, n. 20: Acta Apostolicae Sedis 81 (1990) 616. [16]Institutio generalis de Liturgia Horarum, n. 164. [17] Congregatio de Institutione Catholica, Instructio Inspectis dierum, n. 39: Acta Apostolicae Sedis 81 (1990) 625. [18] Congregatio de Cultu Divino et Disciplina Sacramentorum,Instructio Varietates legitimae, del 25 gennaio 1994, nn. 26-27: Acta Apostolicae Sedis 87 (1995) 298-299; Notitiae 30 (1994) 94-95; Missale Romanum, editio typica altera, Institutio Generalis, n. 397. [19] Congregatio de Cultu Divino et Disciplina Sacramentorum,Instructio Varietates legitimae, del 25 gennaio 1994, n. 36: Acta Apostolicae Sedis 87 (1995) 302; Notitiae 30 (1994) 99; Missale Romanum, editio typica altera, Institutio Generalis, n. 398; Congregatio de Cultu Divino et Disciplina Sacramentorum,Instructio Liturgiam authenticam, n. 5: Acta Apostolicae Sedis 93 (2001) 687; Notitiae 37 (2001) 122. [20] Cf. Concil. Oecum. Vatic. II, Constitutio de sacra Liturgia, Sacrosanctum Concilium, nn. 10, 14. [21] Congregatio de Institutione Catholica, Instructio Inspectis dierum, n. 44: Acta Apostolicae Sedis 81 (1990) 628. [22] S. Congregatio de Institutione Catholica, Instructio In ecclesiasticam. n. 11 cf. 20: Notitiae 15 (1979) 526-565, in partic. pp. 530, 555. [23] S. Augustinus Hipponensis,Opus imperfectum contra Iulianum, 1, 117: PL 45, 1125. [24] Congregatio de Institutione Catholica, Instructio Inspectis dierum, n. 19: Acta Apostolicae Sedis 81 (1990) 607-636, in partic. p. 615. [25]Institutio generalis de Liturgia Horarum, n. 165. [26] Cf. Ibidem, n. 168; Martyrologium Romanum, Praenotanda, n. 39. [27] Cf. Institutio generalis de Liturgia Horarum, n. 170. [28] Cf. Ibidem, n. 167. [29] Cf. 1 Cor 16, 2; Apoc 1, 10; S. Augustinus Hipponensis, Epist. 55, 17: CSEL 34, 188; Conc. Oecum. Vatic. II, Constitutio de sacra Liturgia, Sacrosanctum Concilium, nn. 41, 106; Ioannes Paulus Pp. II,Litt. Apost. Dies Domini, del 31 maggio 1998, in partic. nn. 8-18, 21-26, 34, 74-80: Acta Apostolicae Sedis 90 (1998) 713-766, in partic. pp. 717-723, 725-729, 733-734, 758-762; Notitiae 34 (1998) 353-418, in partic. pp. 358-366, 368-372, 378-379, 409-414. [30] S. Congregatio pro Cultu Divino,Instructio Calendaria particularia; Congregatio de Cultu Divino et Disciplina Sacramentorum,Instructio Liturgiam authenticam, nn. 128-130: Acta Apostolicae Sedis 93 (2001) 724-725. [31] Cf. S. Rituum Congregatio,Instructio Inter Oecumenici, nn. 23-31: Acta Apostolicae Sedis 56 (1964) 882-884. [32] Cf.S. Congregatio pro Cultu Divino,Instructio Calendaria particularia, n. 6: Acta Apostolicae Sedis 56 (1964) 653.
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