CONFERENZA STAMPA DI PRESENTAZIONE Aula Giovanni Paolo II della Sala Stampa della Santa Sede
1. Come è stato notato all'inizio dell'Istruzione, che mi accingo a presentare, "con il Concilio Ecumenico Vaticano II si è intensificato tra i fedeli - laici e religiosi - un vivo interesse per lo studio della Teologia e di altre scienze sacre, per arricchire con esse la propria vita cristiana, essere capaci di dare ragione della propria fede (cf. 1 Pt 3, 15), esercitare fruttuosamente l'apostolato loro proprio e poter collaborare con i ministri sacri nella loro specifica missione (cf. can. 229 §§ 1-2). Nel periodo post-conciliare [quindi] [...] ha assunto una crescente importanza nella Chiesa la necessità di curare un'adeguata formazione dei fedeli laici, con modalità specifiche". "Tra le iniziative create per rispondere a tale esigenza, vanno annoverati gli Istituti Superiori di Scienze Religiose (ISSR)", previsti sia dal Codice di Diritto Canonico (cf. can. 821) che dal Codice dei Canoni delle Chiese Orientali (cf. can. 404 § 2). "La loro configurazione giuridico-accademica è stata delineata da due Documenti, emanati dalla Congregazione per l'Educazione Cattolica: la Nota illustrativa del 10 aprile 1986 e la Normativa per l'Istituto Superiore di Scienze Religiose del 12 maggio 1987" (Intr. 1). Gli ISSR sono stati introdotti nel sistema educativo della Chiesa, soprattutto, per preparare i futuri insegnanti di religione nelle scuole e, tramite la Facoltà Teologica "sponsorizzante", rilasciavano alla fine di un curricolo di studi della durata di quattro anni il Diploma di Magistero in Scienze Religiose, un titolo accademico diverso da quelli contemplati nella Cost. Ap. Sapientia christiana (15 aprile 1979), che concerne le Facoltà Ecclesiastiche. 2. Con l'avvio del "Processo di Bologna", in molti paesi sono state riviste le leggi relative al conseguimento dei titoli professionali per accedere all'insegnamento nei diversi gradi di scuola, provocando un riflesso anche sugli insegnanti di religione. Questi, infatti, in genere d'ora in poi potranno insegnare solo se avranno conseguito un titolo accademico rilasciato dopo almeno cinque anni di studio. Alcune Conferenze Episcopali, come in Spagna e in Italia, hanno quindi sottoposto all'approvazione della Congregazione i progetti di riordino degli ISSR, tenendo conto delle nuove esigenze normative, richieste dai diversi ordinamenti statali. Inoltre, da qualche tempo anche i Vescovi di alcuni paesi, che finora non hanno avuto tali Istituti, chiedono di poter erigerli. In questa situazione, la Congregazione per l'Educazione Cattolica ha progettato di rivedere la precedente Normativa, redigendo una nuova Istruzione sugli ISSR. Gli ISSR, come nel passato, saranno "collegati" alle Facoltà Ecclesiastiche di Teologia, che ne garantiranno il livello accademico (cf. art. 4). Non viene però più utilizzata la denominazione "sponsorizzazione" indicata nella precedente Normativa per esprimere il legame tra un ISSR e la Facoltà Teologica (cf. Normativa per l'Istituto Superiore di Scienze Religiose, I 4c). Tuttavia, "lo studio della Teologia e lo studio delle Scienze Religiose si articolano in due percorsi distinti, che si differenziano soprattutto per la natura degli insegnamenti e per i curricoli formativi che essi propongono" (Intr. 2). "Il percorso di studio che viene offerto dai Centri accademici ecclesiastici - quali le Facoltà di Teologia e gli Istituti ad esse incorporati, aggregati e affiliati - ha lo scopo di assicurare allo studente una conoscenza completa e organica di tutta la Teologia; ciò è richiesto in particolare a coloro che si preparano al sacerdozio. Inoltre, esso si propone di approfondire in modo esauriente le diverse aree di specializzazione della Teologia, di acquisire il necessario uso del metodo scientifico proprio di tale disciplina, nonché di elaborare un contributo scientifico originale" (Intr. 2). Gli ISSR, invece, hanno "lo scopo di: promuovere la formazione religiosa dei laici e delle persone consacrate, per una loro più cosciente e attiva partecipazione ai compiti di evangelizzazione nel mondo attuale, favorendo anche l'assunzione di impieghi professionali nella vita ecclesiale e nell'animazione cristiana della società; preparare i candidati ai vari ministeri laicali e servizi ecclesiali; qualificare i docenti di religione nelle scuole di ogni ordine e grado, eccettuate le Istituzioni di livello universitario" (Intr. 3). La durata degli studi degli ISSR è ora di cinque anni, strutturati in due cicli: un primo ciclo di tre anni, al termine del quale si consegue il Baccalaureato in Scienze Religiose e un secondo ciclo di due anni, al termine del quale si consegue la Licenza in Scienze Religiose (cf. art. 23). Nella vecchia Normativa, invece, era previsto un solo ciclo di studi della durata di quattro anni (cf. Nota illustrativa, II 4.1.1 .b). Il testo dell'Istruzione è stato preparato dalla Congregazione con la collaborazione di un gruppo di esperti. Gli Em.mi ed Ecc.mi Padri dell'Assemblea Plenaria della medesima Congregazione, che si è svolta nei giorni 21-23 gennaio scorso, non hanno sollevato obiezioni al testo, e lo hanno approvato. Successivamente, il testo è stato perfezionato dal punto di vista giuridico, attese le osservazioni del Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi. Il Sommo Pontefice BENEDETTO XVI, nel corso dell'Udienza concessa al sottoscritto Cardinale Prefetto in data 13 giugno 2008, ha approvato l'Istruzione e ne ha autorizzato la pubblicazione. 3. Le disposizioni normative, in essa contenute, "sono finalizzate ad uniformare i diversi ISSR presenti nella Chiesa universale, ad assicurarne un adeguato livello accademico-scientifico, in fedeltà al Magistero, e a rispondere alle richieste che le Chiese particolari manifestano di creare tali Istituti ex novo" (Intr. 6). L'Istruzione, che si articola in tre parti, delinea: - la fisionomia di questi Istituti (artt. 1-37) per quanto concerne la loro promozione, la materia di insegnamento e l'ordinamento degli studi, le diverse autorità accademiche, il loro ruolo e competenze, gli statuti dei singoli Istituti, i docenti, gli studenti, i gradi accademici e i sussidi didattici ed economici; - la procedura per l'erezione di un ISSR (artt.38-43), e - le norme finali (artt. 44-48) concernenti principalmente le eventuali inadempienze nell'osservanza dei requisiti da parte dei singoli Istituti, la modifica dei loro statuti e le norme transitorie circa il passaggio dal vecchio al nuovo ordinamento. Come si può facilmente intuire, le principali novità riguardano la parte prima. Alcune le ho già menzionate e riguardano i seguenti punti: il prolungamento degli studi e la loro divisione in due cicli; il cambio del termine "sponsorizzazione" in "collegamento"; l'estensione a questi Istituti della nomenclatura dei titoli accademici, utilizzati nelle Facoltà Ecclesiastiche (non più il "Magistero", ma il Baccalaureato e la Licenza). Fra le altre novità vorrei mettere in rilievo: il fatto che per la prima volta è stato stabilito il numero necessario dei docenti stabili in ogni Istituto (devono essere almeno cinque e, se l'Istituto avesse solo il primo ciclo, almeno quattro: art. 15 § 1); la necessità di un congruo numero di studenti ordinari in ogni Istituto (che ordinariamente non deve essere inferiore a 75: art. 17); l'estensione ai professori di tali Istituti della norma generale di non poter essere contemporaneamente stabili in altre Istituzioni accademiche (art. 14 § 3; circa la norma precedente cf. Nota illustrativa II, 4.1.2.a); la migliore precisazione delle competenze e dei compiti delle singole autorità accademiche: quelle comuni con la Facoltà teologica (Gran Cancelliere, il Preside o Decano, il Consiglio della Facoltà) e quelle proprie dell'Istituto (Moderatore, Direttore Consiglio dell'Istituto) (cf. artt. 6-12). 4. È da augurarsi che questi Istituti possano contribuire efficacemente ad aumentare la cultura religiosa dei fedeli, ma ciò non dipende tanto dal loro numero, bensì specialmente dalla loro qualità e dalla loro capacità di individuare adeguatamente quali sono i veri bisogni dei fedeli, ai quali detti Istituti sono chiamati a rispondere, per poter far crescere veramente, in spirito e verità, il Corpo Mistico di Cristo.
Le document qui vous est présenté ce matin s’inscrit dans le droit fil de l’une des grandes intuitions du concile de Vatican II, la valorisation du laïcat. Je ne dis pas revalorisation, comme on l’entend parfois, car en réalité le mouvement couvre plusieurs siècles, exactement depuis l’élaboration d’une spiritualité propre aux laïcs, dès la fin du Moyen Age, avec les grandes figures de la « devotio moderna », puis celle de S. François de Sales. Le concile rappelle que tous les baptisés sont appelés à la sainteté, et que cette vocation doit se déployer à l’intérieur de la mission propre confiée par l’Eglise à ses fidèles laïcs. Cette mission est double. La première est, d’une certaine manière, la plus traditionnelle: témoigner de l’Evangile au sein du monde. Ce témoignage couvre un spectre très étendue d’activités variées dans la vie familiale, la vie professionnelle, les rouages de l’économie, les milieux politiques, les causes humanitaires, la culture enfin. Toutefois, il se trouve aujourd’hui profondément remanié par les exigences d’une « nouvelle évangélisation ». A monde nouveau, évangélisation renouvelée. Si la plupart des sociétés modernes se trouvent aujourd’hui caractérisées par une sécularisation envahissante, il convient de repenser à frais nouveaux la mission du témoignage séculier des laïcs. La seconde mission est plus originale. Certes, il y eut toujours des laïcs au service de l’Eglise, mais ici encore, la palette des demandes s’est ouverte de manière extraordinaire. On veut des laïcs compétents pour faire la catéchèse et enseigner dans les écoles ou les universités catholiques. On recherche des laïcs généreux pour assister les curés de paroisses et animer les conseils pastoraux paroissiaux (cf. Exhortation apostolique Christifideles 27). On attend des laïcs qu’ils prennent de nouvelles responsabilités dans les aumôneries, les mouvements d’action catholique et jusqu’aux media d’inspiration chrétienne. On en vient à parler pour eux de ministères, d’offices et de charismes propres. Pour rendre ces services dans les meilleurs conditions possible, les laïcs doivent recevoir une formation adaptée. C’est un droit pour eux de solliciter une telle formation ; c’est un devoir pour l’Eglise de la leur proposer. Déjà en 1979, dans son Exhortation apostolique Catechesi tradendae, le pape Jean-Paul II écrivait : « Cette contribution des laïcs dont nous devons être reconnaissants au Seigneur, constitue en même temps un défi à notre responsabilité de pasteurs. Ces catéchistes laïcs, en effet, doivent être soigneusement formés à ce qui est, sinon un ministère formellement institué, tout au moins une fonction de très haut relief dans l’Eglise. Or, cette formation nous invite à organiser des centres et instituts adaptés, auxquels les évêques apporteront une attention assidue. C’est un domaine où une concertation diocésaine, interdiocésaine, voire nationale, se révèle féconde et fructueuse. C’est ici également que l’aide matérielle offerte par les Eglises plus aisées à leurs sœurs plus pauvres pourra manifester sa plus grande efficacité : qu’est-ce qu’une Eglise peut apporter de meilleur à l’autre, sinon de l’aider à croître par elle-même comme Eglise ? » ( ! 71). Ce qui est dit des catéchistes vaut pour l’ensemble des laïcs qui acceptent des responsabilités. La Congrégation pour l’Education Catholique s’est ainsi attachée à concevoir une formation idoine et à lui donner une forme concrète. Les Instituts Supérieurs de Sciences religieuses répondent à ce souci. Je proposerai deux expressions qui sont autant de clés de lecture pour entrer dans la compréhension du texte qui vous est présenté : une formation adaptée, une formation visant à l’excellence. 1. Une formation adaptée. On aurait pu penser que les facultés de théologie fourniraient le cadre en quelque sorte naturel, ou immédiat, de cette formation renouvelée offerte aux laïcs. Dès le début cependant, il est apparu que les laïcs avaient besoin d’une formation adaptée à leur mode de vie (beaucoup mènent une vie familiale et professionnelle incompatible avec les conditions de travail dans une faculté). Il fallait également imaginer une méthodologie plus conforme aux activités sociales et ecclésiales qui étaient les leurs. S’est donc imposé le principe suivant : les étudiants clercs suivent la formation dispensée dans les facultés ecclésiastiques; les étudiants laïcs sont invités à se diriger vers les Instituts Supérieurs de Sciences Religieuses. Ces « deux parcours distincts se différencient surtout par la nature des enseignements et le cursus de formation » (Introduction 2). On attend donc du second parcours qu’il fournisse une nouvelle occasion de participer à l’approfondissement de la vérité et qu’il réalise une synthèse entre la foi de l’Eglise, évidemment à portée universelle, et les cultures particulières des Eglises locales (Introduction 4). Une définition est proposée dans l’Introduction : les ISSR « offrent la connaissance des éléments principaux de la théologie et de ses présupposés nécessaires en philosophie et (…) en sciences humaines » (3 ; cf. art. 3). Il s’agit de promouvoir la formation religieuse des laïcs et des personnes consacrées, afin qu’elles participent plus efficacement à l’œuvre d’évangélisation et qu’elles soient préparées au mieux aux différents ministères laïcs et aux services ecclésiaux qui leur seront demandés. 2. Une formation visant à l’excellence Nous venons de dire : être préparées au mieux. Une objection, en effet, ne manquera pas de se présenter dans l’esprit de plusieurs : ce second parcours ne passant pas par une faculté, et ne présentant donc pas les garanties académiques habituelles, ne serait-il pas un parcours de deuxième catégorie, presque au rabais ? Il nous faut redire que cette formation mieux adaptée est aussi la meilleure possible pour les laïcs et les religieux non-clercs. Parmi les garanties offertes et dont vous trouverez la liste dans le document que nous vous présentons, je voudrais souligner les suivantes: - Un ISSR est toujours rattaché à une Faculté ecclésiastique de théologie qui en assume la responsabilité académique (art. 4) - Un ISST est toujours placé sous la responsabilité ecclésiale d’un évêque, d’un groupe d’évêques, d’une conférence épiscopale, d’une Faculté de théologie qui se porterait garante auprès de notre Congrégation (art. 5). Par ailleurs, le Modérateur de l’ISSR est de droit l’évêque du lieu (art. 10). - Un ISSR doit comporter au moins quatre enseignants stables, c’est-à-dire totalement engagés au service des étudiants et de la recherche, quand l’Institut ne comporte qu’un premier cycle, et cinq quand il possède les deux cycles : Ecriture Sainte, Théologie dogmatique, Théologie morale et Pastorale, Philosophie, Sciences humaines (art. 15). - Les conditions d’inscription sont les mêmes que pour une entrée en faculté : être en possession du titre qui sanctionne la fin des études secondaires, exactement comme pour une Université civile (art. 18 § 3). Cette garantie se trouve renforcée par le chiffre de 75 étudiants inscrits, en deçà duquel un ISSR ne peut pas habituellement s’ouvrir ou se maintenir (art. 17). - Le curriculum comprend deux cycles, le premier de trois années, le second de deux ans (art. 23). A chacun de ces cycles, correspond un diplôme spécifique : d’abord le baccalauréat, ensuite la licence (art. 28-29). Les grades sont conférés par la Faculté de théologie à laquelle l’Institut se trouve rattaché (art. 26). ***** On aura bien noté que les ISSR ne naissent pas aujourd’hui. Leur statut juridique et académique avait été fixé dans deux textes : la Nota illustrativa du 10 avril 1986, et la Normativa per l’Instituto Superiore di Scienze Religiose du 12 mai 1987. La Déclaration conciliaire Gravissimum educationis rappelait avec quel soin particulier l’Eglise avait toujours entouré ses universités, ses facultés et ses écoles supérieures ( § 10). Ce soin ne s’est jamais démenti. C’est lui qui justifie la grande innovation des ISSR. Dans certains pays, l’éclosion des instituts s’est effectuée avec une rapidité qui montrait bien à quel besoin ils répondaient. Vingt années plus tard, il convenait de faire le point. Après avoir étudié chacun des instituts nés au cours des deux dernières décennies, et ramassé la somme énorme de leurs expériences, il a paru nécessaire à la Congrégation pour l’Education Catholique de franchir un pas supplémentaire, celui de l’harmonisation des textes et des pratiques, dans le respect des particularités locales. En vingt ans, bien des choses ont changé. De nouvelles requêtes d’ordre pastoral sont apparues. Les législations civiles concernant l’enseignement supérieur se sont faites à la fois plus précises et plus contraignantes. La Congrégation a tenu le plus grand compte de ces évolutions, en rappelant toutefois que l’objectif assigné reste le même : saisir le plus profondément possible « comment foi et raison s’unissent pour atteindre l’unique vérité » (Gravissimum educationis, 10).
1. Il decreto conciliare Gravissimum educationis ha raccomandato vivamente di sviluppare le Università e le Facoltà cattoliche non solo per gli ecclesiastici, ma anche per formare uomini veramente insigni nel sapere e preparati a svolgere compiti impegnativi nella società (cf. n. 10). Questi orientamenti sono stati ripresi e ulteriormente riformulati in successivi documenti che hanno dato una concreta traduzione normativa alle direttive del Concilio Vaticano II. Esse hanno avuto, anzitutto, un fondamentale riscontro nella Costituzione Apostolica Sapientia christiana, del 1979. Oltre a definire le norme per le Facoltà di Teologia, Filosofia e Diritto Canonico, la Costituzione Apostolica, all’art. 84, prevede che si possano erigere altre Facoltà o Istituti Superiori per rispondere alle emergenti necessità della Chiesa. Una sua prima configurazione giuridico-accademica è stata delineata dai due documenti emanati dalla Congregazione per l’Educazione Cattolica, e cioè: la Nota illustrativa del 1986 e la Normativa per l’Istituto Superiore di Scienze Religiose (ISSR) del 1987. A oltre quarant’anni dal decreto conciliare Gravissimum educationis, a trent’anni dalla Sapientia christiana e a vent’anni dalla Normativa per gli Istituti Superiori di Scienze Religiose, quali nuove esigenze formative sono maturate e come si presenta oggi il panorama di questa tipologia di istituzioni ecclesiastiche? 2. Nelle comunità cristiane si è registrata, in questo lasso di tempo, la graduale maturazione della necessità di qualificare sia il personale religioso che quello laico, per rispondere alle nuove esigenze emerse in seno alle stesse comunità, ma anche per far fronte all’evoluzione sociale e culturale che interpella soprattutto i laici. Basterebbe rileggere, a questo proposito, le Esortazioni apostoliche dei Sinodi continentali, svolti in preparazione al Giubileo dell’Anno 2000, per cogliere la presa di coscienza delle nuove sfide e la sollecitudine assunta dai Pastori ad investire di più nella formazione dei laici, per i diversi servizi che vengono loro richiesti. In esse, tra l’altro, si fa accenno alle prospettive della nuova evangelizzazione, ad un più convinto slancio missionario, alle sfide provocate dal pluralismo religioso e dai processi interculturali, alla necessaria riqualificazione della catechesi nelle parrocchie e dell’insegnamento della religione cattolica nelle scuole, alle esigenze legate all’espandersi dei mass-media, all’urgenza di individuare adeguati percorsi formativi per nuove professioni sociali e assistenziali, ecc. Dall’impegno sollecito degli episcopati nel far fronte alle molteplici e inedite esigenze pastorali, sono sorti istituti di studi superiori, strutturati in modi diversi. Pertanto, mentre la Congregazione per l’Educazione Cattolica rende pubblica la nuova Istruzione, nelle realtà ecclesiali si registra l’esistenza di una ricca tipologia di studi ecclesiastici particolarmente adatti per i laici e i loro compiti nel mondo; si tratta di una varietà di proposte formative che esprime la capacità creativa della Chiesa di articolarsi differentemente nei vari contesti culturali e regionali, conservando allo stesso tempo la medesima identità e unità di finalità e di missione. Questa molteplicità di percorsi di studi, che ora potrà trovare nell’Istruzione le disposizioni utili per convergere verso una certa uniformità di impostazione, può essere raggruppata intorno a tre categorie fondamentali. E si può notare che quasi tutti i percorsi di studio attualmente esistenti sono finalizzati all’insegnamento della religione cattolica. Anzitutto, abbiamo un grande numero di ISSR, creati secondo la Normativa del 1987. Molti di questi Istituti hanno già introdotto in anticipo la gran parte delle disposizioni contenute nella nuova Istruzione: mi riferisco, in particolare, all’Italia e alla Spagna. In questo gruppo di Paesi esistono 114 ISSR, di cui 74 solo in Italia, 29 in Spagna e gli altri disseminati in piccole unità in Brasile, Cile, Croazia, Lettonia, Messico, Mozambico, Portogallo, Ucraina, Uruguay. In questi paesi, soprattutto in Italia e in Spagna, gli ISSR sono sorti in seguito ad accordi bilaterali e/o concordati con i rispettivi Stati, concernenti le norme per la formazione degli insegnanti di religione nelle scuole primarie e secondarie. Infatti, questo insegnamento, che in tanti paesi è impostato in termini catechetici e si svolge al di fuori dell’orario scolastico, in molti altri si svolge nelle scuole pubbliche e statali in orari scolastici, ed è affidato ad insegnanti che devono essere in possesso di titoli conseguiti presso istituzioni riconosciute anche a livello civile. Vi è, poi, una seconda tipologia di studi simili a quelli degli ISSR, che riguarda, soprattutto, la Germania e altri paesi del Centro-Nord Europa, inclusi alcuni paesi dell’Europa dell’Est. In questi paesi esistono le Facoltà di Teologia cattolica che, in parte sono integrate in Università statali e, in parte, sono regolate secondo il regime ecclesiastico. Faccio alcuni esempi. In Germania esistono 11 Facoltà di Teologia cattolica integrate nelle Università statali e 9 Facoltà a regime ecclesiastico. Esse, oltre allo studio di teologia in senso stretto, offrono uno o più percorsi per l’insegnamento di religione o per formare altre figure specifiche in campo religioso e sociale. Accanto a questa modalità, per rispondere alla forte richiesta di formazione degli insegnanti di religione, vi sono altri 36 "Istituti" integrati in Facoltà di Filosofia e di Pedagogia delle Università statali che, con un minimo di quattro cattedre, offrono studi di primo e secondo livello accademico. Inoltre, come sviluppo più recente, sono nate le cosiddette "Fachhochschulen" (cioè collegi tecnici, di indirizzo piuttosto professionale) che offrono percorsi accademici di primo e secondo livello, con qualifiche religiose e sociali. Istituti simili a quelli della Germania sono presenti anche in altri paesi. In Austria la maggioranza degli studenti delle 4 Facoltà Teologiche, presenti nelle Università statali, sono laici che si preparano all’insegnamento della religione. Ci sono, poi, altre 4 "Theologische Hochschulen". In Svizzera vi sono i Cantoni, sia cattolici che riformati, con le relative Università civili, le quali offrono studi teologici sia per i futuri sacerdoti sia per i laici, in vista dei diversi ministeri pastorali e dell’insegnamento. Dopo la caduta del sistema comunista, molti dei paesi dell’Europa dell’Est, tramite concordati o contratti accademici tra Santa Sede e singoli governi, hanno ricreato le Facoltà di Teologia cattolica presso le Università statali, là dove erano state soppresse nella seconda metà del XX secolo. In diversi casi – come per esempio in Romania – queste nuove Facoltà non corrispondono al modello vero e proprio di Facoltà ed i gradi accademici rilasciati sono da considerare piuttosto al livello degli ISSR. In Polonia non vi sono degli ISSR secondo l’impostazione della nuova normativa. I numerosi laici studiano sia presso le 13 Facoltà di Teologia esistenti, sia negli appositi Istituti teologici per laici, affiliati alle suddette Facoltà. In questi Istituti gli studi sono organizzati in un biennio filosofico-teologico e un triennio teologico. Abbiamo, infine, una terza tipologia di studi accademici per laici. Si tratta di modalità differenti tra di loro, più distanti dal profilo tratteggiato dalla nuova normativa. Mi limito a due esempi. Negli Stati Uniti, e in paesi con sistemi di studio simili (come l’India), la formazione accademica religiosa dei laici ha luogo presso le Istituzioni educative post-secondarie, cioè le Università e i Collegi ("Colleges") cattolici. Nei soli Stati Uniti ne esistono oltre 220. Solitamente tali istituzioni rilasciano gradi accademici di primo e secondo livello (in alcuni casi anche il dottorato) in "Studi teologici" o "Studi religiosi" e sono accreditati da agenzie regionali o nazionali. Finora, tuttavia, questo tipo di titoli non gode del riconoscimento ecclesiastico previsto dalla Costituzione Apostolica Sapientia christiana. In alcuni paesi dell’Africa (come in Etiopia, Uganda e Zambia), vi sono percorsi di studio che potrebbero essere analoghi agli ISSR i quali, in particolare, sono finalizzati a preparare educatori cattolici o assistenti all’infanzia. In altri paesi (quali la Nigeria, lo Zimbabwe e Zambia), si stanno avviando delle Università cattoliche, chiamate così con una certa enfasi, ma che sono molto più simili agli ISSR. 3. In conclusione, quali prospettive si attente la Congregazione per l’Educazione Cattolica dall’applicazione dell’Istruzione, tenendo conto di questo panorama variegato di Istituzioni attualmente esistenti? Non si può pretendere di ridurre forzatamente dentro un unico modello rigido di formazione per laici la pluralità e la diversità delle istituzioni formative oggi esistenti, molte delle quali già riconosciute dalla Santa Sede. Dobbiamo considerare, infatti, che esse sono sorte nei vari contesti culturali, come risposta ad esigenze diverse e quasi sempre tenendo conto delle legislazioni locali in materia di studi superiori. Ovviamente, l’impostazione che l’Istruzione offre con il nuovo profilo di ISSR è un orientamento preciso, un punto di riferimento normativo ed una risposta alle richieste pervenute da molteplici realtà locali. Si deve, poi, sottolineare che non tutti i percorsi di formazione per i laici devono necessariamente concludersi con il conferimento di un titolo accademico. Si potrebbero avere – come del resto già esistono – delle proposte formative ben strutturate e di elevato profilo qualitativo, costruite per differenti categorie di professionisti, che non rilasciano titolo accademici ma semplici diplomi o attestazioni. In ogni caso, occorre che, quando si creano Istituzioni accademiche finalizzate a rilasciare titoli ecclesiastici, riconosciuti anche a livello civile – come avviene in molti casi per gli ISSR – si rispettino i due criteri fondamentali indicati dal decreto conciliare Gravissimum educationis (n. 10), e ripresi dai documenti successivi del nostro Dicastero: a) distribuire le istituzioni di studi superiori in modo conveniente nelle diverse parti del mondo; b) garantire la loro qualità accademica e l’elevato impegno culturale.
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