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MS. Vat. Lat. 2639 - Miniato da Nicola da Bologna (1370) Biblioteca Apostolica Vaticana TERZA STAZIONE Gesù è condannato dal Sinedrio V/. Adoramus te, Christe, et benedicimus tibi. R/. Quia per sanctam crucem tuam redemisti mundum. Dal Vangelo secondo Luca. 22, 66-71 Appena fu giorno, si riunì il consiglio degli anziani del popolo, con i sommi sacerdoti e gli scribi; lo condussero davanti al sinedrio e gli dissero: «Se tu sei il Cristo, diccelo». Gesù rispose: «Anche se ve lo dico, non mi crederete; se vi interrogo, non mi risponderete. Ma da questo momento starà il Figlio delluomo seduto alla destra della potenza di Dio». Allora tutti esclamarono: «Tu dunque sei il Figlio di Dio?». Ed egli disse loro: «Lo dite voi stessi: io lo sono». Risposero: «Che bisogno abbiamo ancora di testimonianza? Labbiamo udito noi stessi dalla sua bocca». MEDITAZIONE Il sole del venerdì santo si sta affacciando dietro il monte degli Ulivi, dopo aver rischiarato le valli del deserto di Giuda. I settantuno membri del Sinedrio, la massima istituzione ebraica, sono riuniti a semicerchio attorno a Gesù. Si sta per aprire ludienza che comprende la consueta procedura delle assisi giudiziarie: il controllo dellidentità, i capi di imputazione, le testimonianze. Il giudizio è di natura religiosa secondo le competenze di quel tribunale, come appare anche nelle due domande capitali: «Sei tu il Cristo?... Sei tu il Figlio di Dio?». La risposta di Gesù parte da una premessa quasi scoraggiata: «Anche se lo dico, non mi crederete; se vi interrogo, non mi risponderete». Egli sa, dunque, che in agguato cè lincomprensione, il sospetto, lequivoco. Egli sente attorno a sé una fredda cortina di diffidenza e di ostilità, ancor più opprimente perché essa è eretta contro di lui dalla sua stessa comunità religiosa e nazionale. Già il Salmista aveva provato questa delusione: «Se mi avesse insultato un nemico, lavrei sopportato; se fosse insorto contro di me un avversario, da lui mi sarei nascosto. Ma sei tu, mio compagno, mio amico e confidente; ci legava una dolce amicizia, verso la casa di Dio camminavamo in festa».(6) * * * Eppure, nonostante quellincomprensione, Gesù non esita a proclamare il mistero che è in lui e che da quel momento sta per essere svelato come in unepifania. Ricorrendo al linguaggio delle Scritture Sacre, egli si presenta come «il Figlio delluomo seduto alla destra della potenza di Dio». E' la gloria messianica, attesa da Israele, che ora si manifesta in questo condannato. Anzi, è il Figlio di Dio che paradossalmente si presenta rivestito ora delle spoglie di un imputato. La risposta di Gesù «Io lo sono» , a prima vista simile alla confessione di un condannato, diventa in realtà una professione solenne di divinità. Per la Bibbia, infatti, «Io sono» è il nome e lappellativo di Dio stesso.(7) Limputazione, che produrrà una sentenza di morte, diventa così una rivelazione e diviene anche la nostra professione di fede nel Cristo, Figlio di Dio. Quellimputato, umiliato dalla corte impettita, dallaula sontuosa, da un giudizio ormai siglato, ricorda a tutti il dovere della testimonianza alla verità. Una testimonianza da far risuonare anche quando forte è la tentazione di celarsi, di rassegnarsi, di lasciarsi condurre alla deriva dallopinione dominante. Come dichiarava una giovane donna ebrea destinata ad essere uccisa in un lager,(8)«a ogni nuovo orrore o crimine dobbiamo opporre un nuovo frammento di verità e di bontà che abbiamo conquistato in noi stessi. Possiamo soffrire, ma non dobbiamo soccombere ». Tutti: Pater noster, qui es in cælis: sanctificetur nomen tuum; adveniat regnum tuum; fiat voluntas tua, sicut in cælo, et in terra. Panem nostrum cotidianum da nobis hodie; et dimitte nobis debita nostra, sicut et nos dimittimus debitoribus nostris; et ne nos inducas in tentationem; sed libera nos a malo. O quam tristis et afflicta fuit illa benedicta mater Unigeniti! (6) Salmo 55 (54), 13-15. (7) Cf. Esodo 3, 14. (8) Etty Hillesum, Diario 1941-1943 (3 luglio 1943). © Copyright 2007 - Libreria Editrice Vaticana |