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Messaggio del Santo Padre per la XXXV Giornata Mondiale della Gioventù 2020 (Domenica delle Palme, 5 aprile), 05.03.2020


Messaggio del Santo Padre

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Traduzione in lingua araba

Pubblichiamo di seguito il Messaggio del Santo Padre Francesco per la XXXV Giornata Mondiale della Gioventù 2020, che si celebra a livello diocesano in tutto il mondo il prossimo 5 aprile, Domenica delle Palme, sul tema: “Giovane, dico a te, alzati!” (cfr Lc 7,14).

 

Messaggio del Santo Padre

“Giovane, dico a te, alzati!” (cfr Lc 7,14)

Carissimi giovani,

nell’ottobre 2018, con il Sinodo dei Vescovi sul tema I giovani, la fede e il discernimento vocazionale, la Chiesa ha intrapreso un processo di riflessione sulla vostra condizione nel mondo di oggi, sulla vostra ricerca di un senso e un progetto nella vita, sul vostro rapporto con Dio. Nel gennaio 2019, ho incontrato centinaia di migliaia di vostri coetanei di tutto il mondo, radunati a Panamá per la Giornata Mondiale della Gioventù. Eventi di questo tipo – Sinodo e GMG – esprimono una dimensione essenziale della Chiesa: il “camminare insieme”.

In questo cammino, ogni volta che raggiungiamo una pietra miliare importante, siamo sfidati da Dio e dalla vita stessa a ripartire. Voi giovani siete esperti in questo! Amate viaggiare, confrontarvi con luoghi e volti mai visti prima, vivere esperienze nuove. Perciò ho scelto come meta del vostro prossimo pellegrinaggio intercontinentale, nel 2022, la città di Lisbona, capitale del Portogallo. Da lì, nei secoli XV e XVI, moltissimi giovani, tra cui tanti missionari, sono partiti verso terre sconosciute, anche per condividere la loro esperienza di Gesù con altri popoli e nazioni. Il tema della GMG di Lisbona sarà: «Maria si alzò e andò in fretta» (Lc 1,39). Nei due anni precedenti, ho pensato di riflettere insieme a voi su altri due testi biblici: “Giovane, dico a te, alzati!” (cfr Lc 7,14), nel 2020, e “Alzati! Ti costituisco testimone di quel che hai visto” (cfr At 26,16), nel 2021.

Come potete vedere, il verbo comune ai tre temi è alzarsi. Questa espressione assume anche il significato di risorgere, risvegliarsi alla vita. è un verbo ricorrente nell’Esortazione Christus vivit (Cristo vive!), che vi ho dedicato dopo il Sinodo del 2018 e che, insieme al Documento finale, la Chiesa vi offre come un faro per illuminare i sentieri della vostra esistenza. Spero con tutto il cuore che il cammino che ci porterà a Lisbona coincida nella Chiesa intera con un forte impegno per l’attuazione di questi due documenti, orientando la missione degli animatori della pastorale giovanile.

Passiamo adesso al nostro tema di quest’anno: Giovane, dico a te, alzati! (cfr Lc 7,14). Ho già citato questo versetto del Vangelo nella Christus vivit: «Se hai perso il vigore interiore, i sogni, l’entusiasmo, la speranza e la generosità, davanti a te si presenta Gesù come si presentò davanti al figlio morto della vedova, e con tutta la sua potenza di Risorto il Signore ti esorta: “Ragazzo, dico a te, alzati!”» (n. 20).

Questo brano ci racconta come Gesù, entrando nella cittadina di Nain, in Galilea, s’imbatte in un corteo funebre che accompagna alla sepoltura un giovane, figlio unico di una madre vedova. Gesù, colpito dal dolore straziante di questa donna, compie il miracolo di risuscitare suo figlio. Ma il miracolo giunge dopo una sequenza di atteggiamenti e di gesti: «Vedendola, il Signore fu preso da grande compassione per lei e le disse: “Non piangere!”.Si avvicinò e toccò la bara, mentre i portatori si fermarono» (Lc 7,13-14). Fermiamoci a meditare su alcuni di questi gesti e parole del Signore.

Vedere il dolore e la morte

Gesù pone su questa processione funebre uno sguardo attento e non distratto. In mezzo alla folla scorge il volto di una donna in estrema sofferenza. Il suo sguardo genera l’incontro, fonte di vita nuova. Non c’è bisogno di tante parole.

E il mio sguardo, com’è? Guardo con occhi attenti, oppure come quando sfoglio velocemente le migliaia di foto nel mio cellulare o i profili social? Quante volte oggi ci capita di essere testimoni oculari di tanti eventi, senza però mai viverli in presa diretta! A volte la nostra prima reazione è di riprendere la scena col telefonino, magari tralasciando di guardare negli occhi le persone coinvolte.

Intorno a noi, ma a volte anche dentro di noi, incontriamo realtà di morte: fisica, spirituale, emotiva, sociale. Ce ne accorgiamo o semplicemente ne subiamo le conseguenze? C’è qualcosa che possiamo fare per riportare vita?

Penso a tante situazioni negative vissute da vostri coetanei. C’è chi, per esempio, si gioca tutto nell’oggi, mettendo in pericolo la propria vita con esperienze estreme. Altri giovani invece sono “morti” perché hanno perso la speranza. Ho sentito da una ragazza: “Tra i miei amici vedo che si è persa la spinta a mettersi in gioco, il coraggio di alzarsi”. Purtroppo anche tra i giovani si diffonde la depressione, che in alcuni casi può portare persino alla tentazione di togliersi la vita. Quante situazioni in cui regna l’apatia, in cui ci si perde nell’abisso delle angosce e dei rimorsi! Quanti giovani piangono senza che nessuno ascolti il grido della loro anima! Intorno a loro tante volte sguardi distratti, indifferenti, di chi magari si gode le proprie happy hour tenendosi a distanza.

C’è chi vivacchia nella superficialità, credendosi vivo mentre dentro è morto (cfr Ap 3,1). Ci si può ritrovare a vent’anni a trascinare una vita verso il basso, non all’altezza della propria dignità. Tutto si riduce a un “lasciarsi vivere” cercando qualche gratificazione: un po’ di divertimento, qualche briciola di attenzione e di affetto da parte degli altri... C’è anche un diffuso narcisismo digitale, che influenza sia giovani che adulti. Tanti vivono così! Alcuni di loro forse hanno respirato intorno a sé il materialismo di chi pensa soltanto a fare soldi e sistemarsi, quasi fossero gli unici scopi della vita. A lungo andare comparirà inevitabilmente un sordo malessere, un’apatia, una noia di vivere, via via sempre più angosciante.

Gli atteggiamenti negativi possono essere provocati anche dai fallimenti personali, quando qualcosa che stava a cuore, per cui ci si era impegnati, non va più avanti o non raggiunge i risultati sperati. Può succedere in campo scolastico, o con le ambizioni sportive, artistiche... La fine di un “sogno” può far sentire morti. Ma i fallimenti fanno parte della vita di ogni essere umano, e a volte possono anche rivelarsi una grazia! Spesso qualcosa che pensavamo ci desse felicità si rivela un’illusione, un idolo. Gli idoli pretendono tutto da noi rendendoci schiavi, ma non danno niente in cambio. E alla fine franano, lasciando solo polvere e fumo. In questo senso i fallimenti, se fanno crollare gli idoli, sono un bene, anche se ci fanno soffrire.

Si potrebbe continuare con altre condizioni di morte fisica o morale in cui un giovane può trovarsi, come le dipendenze, il crimine, la miseria, una malattia grave… Ma lascio a voi di riflettere personalmente e prendere coscienza di ciò che ha causato “morte” in voi o in qualcuno a voi vicino, nel presente o nel passato. Nello stesso tempo, ricordate che quel ragazzo del Vangelo, che era morto per davvero, è tornato in vita perché è stato guardato da Qualcuno che voleva che vivesse. Questo può avvenire ancora oggi e ogni giorno.

Avere pietà

Le Sacre Scritture riportano spesso lo stato d’animo di chi si lascia toccare “fino alle viscere” dal dolore altrui. La commozione di Gesù lo rende partecipe della realtà dell’altro. Prende su di sé la miseria dell’altro. Il dolore di quella madre diventa il suo dolore. La morte di quel figlio diventa la sua morte.

In tante occasioni voi giovani dimostrate di saper con-patire. Basta vedere quanti di voi si donano con generosità quando le circostanze lo richiedono. Non c’è disastro, terremoto, alluvione che non veda schiere di giovani volontari rendersi disponibili a dare una mano. Anche la grande mobilitazione di giovani che vogliono difendere il creato dà testimonianza della vostra capacità di udire il grido della terra.

Cari giovani, non lasciatevi rubare questa sensibilità! Possiate sempre ascoltare il gemito di chi soffre; lasciarvi commuovere da coloro che piangono e muoiono nel mondo di oggi. «Certe realtà della vita si vedono soltanto con gli occhi puliti dalle lacrime» (Christus vivit, 76). Se saprete piangere con chi piange, sarete davvero felici. Tanti vostri coetanei mancano di opportunità, subiscono violenze, persecuzioni. Che le loro ferite diventino le vostre, e sarete portatori di speranza in questo mondo. Potrete dire al fratello, alla sorella: «Alzati, non sei solo», e far sperimentare che Dio Padre ci ama e Gesù è la sua mano tesa per risollevarci.

Avvicinarsi e “toccare”

Gesù ferma il corteo funebre. Si avvicina, si fa prossimo. La vicinanza si spinge oltre e si fa gesto coraggioso affinché l’altro viva. Gesto profetico. È il tocco di Gesù, il Vivente, che comunica la vita. Un tocco che infonde lo Spirito Santo nel corpo morto del ragazzo e riaccende le sue funzioni vitali.

Quel tocco penetra nella realtà di sconforto e disperazione. È il tocco del Divino, che passa anche attraverso l’autentico amore umano e apre spazi impensabili di libertà, dignità, speranza, vita nuova e piena. L’efficacia di questo gesto di Gesù è incalcolabile. Esso ci ricorda che anche un segno di vicinanza, semplice ma concreto, può suscitare forze di risurrezione.

Sì, anche voi giovani potete avvicinarvi alle realtà di dolore e di morte che incontrate, potete toccarle e generare vita come Gesù. Questo è possibile, grazie allo Spirito Santo, se voi per primi siete stati toccati dal suo amore, se il vostro cuore è intenerito per l’esperienza della sua bontà verso di voi. Allora, se sentite dentro la struggente tenerezza di Dio per ogni creatura vivente, specialmente per il fratello affamato, assetato, malato, nudo, carcerato, allora potrete avvicinarvi come Lui, toccare come Lui, e trasmettere la sua vita ai vostri amici che sono morti dentro, che soffrono o hanno perso la fede e la speranza.

“Giovane, dico a te, alzati!”

Il Vangelo non dice il nome di quel ragazzo risuscitato da Gesù a Nain. Questo è un invito al lettore a immedesimarsi in lui. Gesù parla a te, a me, a ognuno di noi, e dice: Alzati!. Sappiamo bene che anche noi cristiani cadiamo e ci dobbiamo sempre rialzare. Solo chi non cammina non cade, ma non va nemmeno avanti. Per questo bisogna accogliere l’intervento di Cristo e fare un atto di fede in Dio. Il primo passo è accettare di alzarsi. La nuova vita che Egli ci darà sarà buona e degna di essere vissuta, perché sarà sostenuta da Qualcuno che ci accompagnerà anche in futuro senza mai lasciarci, aiutandoci a spendere questa nostra esistenza in modo degno e fecondo.

È realmente una nuova creazione, una nuova nascita. Non è un condizionamento psicologico. Probabilmente, nei momenti di difficoltà, tanti di voi vi sarete sentiti ripetere le parole “magiche” che oggi vanno di moda e dovrebbero risolvere tutto: “Devi credere in te stesso”, “Devi trovare le risorse dentro di te”, “Devi prendere coscienza della tua energia positiva”... Ma tutte queste sono semplici parole e per chi è veramente “morto dentro” non funzionano. La parola di Cristo è di un altro spessore, è infinitamente superiore. È una parola divina e creatrice, che sola può riportare la vita dove questa si era spenta.

La nuova vita “da risorti”

Il giovane, dice il Vangelo, «cominciò a parlare» (Lc 7,15). La prima reazione di una persona che è stata toccata e restituita alla vita da Cristo è esprimersi, manifestare senza paura e senza complessi ciò che ha dentro, la sua personalità, i suoi desideri, i suoi bisogni, i suoi sogni. Forse prima non l’aveva mai fatto, era convinta che nessuno potesse capirla!

Parlare significa anche entrare in relazione con gli altri. Quando si è “morti” ci si chiude in sé stessi, i rapporti si interrompono, oppure diventano superficiali, falsi, ipocriti. Quando Gesù ci ridona la vita, ci “restituisce” agli altri (cfr v. 15).

Oggi spesso c’è “connessione” ma non comunicazione. L’uso dei dispositivi elettronici, se non è equilibrato, può farci restare sempre incollati a uno schermo. Con questo messaggio vorrei anche lanciare, insieme a voi giovani, la sfida di una svolta culturale, a partire da questo “Alzati!” di Gesù. In una cultura che vuole i giovani isolati e ripiegati su mondi virtuali, facciamo circolare questa parola di Gesù: “Alzati!”. È un invito ad aprirsi a una realtà che va ben oltre il virtuale. Ciò non significa disprezzare la tecnologia, ma utilizzarla come un mezzo e non come un fine. “Alzati” significa anche “sogna”, “rischia”, “impegnati per cambiare il mondo”, riaccendi i tuoi desideri, contempla il cielo, le stelle, il mondo intorno a te. “Alzati e diventa ciò che sei!”. Grazie a questo messaggio, tanti volti spenti di giovani intorno a noi si animeranno e diventeranno molto più belli di qualsiasi realtà virtuale.

Perché se tu doni la vita, qualcuno la accoglie. Una giovane ha detto: “Ti alzi dal divano se vedi qualcosa di bello e decidi di farlo anche tu”. Ciò che è bello suscita passione. E se un giovane si appassiona di qualcosa, o meglio, di Qualcuno, finalmente si alza e comincia a fare cose grandi; da morto che era, può diventare testimone di Cristo e dare la vita per Lui.

Cari giovani, quali sono le vostre passioni e i vostri sogni? Fateli emergere, e attraverso di essi proponete al mondo, alla Chiesa, ad altri giovani, qualcosa di bello nel campo spirituale, artistico, sociale. Vi ripeto nella mia lingua materna: hagan lìo! Fatevi sentire! Da un altro giovane ho sentito dire: “Se Gesù fosse stato uno che si fa gli affari suoi, il figlio della vedova non sarebbe risuscitato”.

La risurrezione del ragazzo lo ricongiunse a sua madre. In questa madre possiamo vedere Maria, nostra Madre, alla quale affidiamo tutti i giovani del mondo. In lei possiamo riconoscere pure la Chiesa, che vuole accogliere con tenerezza ogni giovane, nessuno escluso. Preghiamo dunque Maria per la Chiesa, affinché sia sempre madre dei suoi figli che sono nella morte, piangendo e invocando la loro rinascita. Per ogni suo figlio che muore, muore anche la Chiesa, e per ogni figlio che risorge, anch’essa risorge.

Benedico il vostro cammino. E voi, per favore, non dimenticatevi di pregare per me.

Roma, San Giovanni in Laterano, 11 febbraio 2020,

Memoria della Beata Vergine Maria di Lourdes

FRANCESCO

[00311-IT.01] [Testo originale: Italiano]

Traduzione in lingua francese

«Jeune homme, je te le dis, Lève-toi!» (Lc 7, 14)

Chers jeunes,

En octobre 2018, avec le Synode des Evêques sur le thème les Jeunes, la foi et le discernement vocationnel, l’Eglise a entrepris un processus de réflexion sur votre condition dans le monde d’aujourd’hui, sur votre recherche d’un sens et d’un projet dans la vie, sur votre relation avec Dieu. En janvier 2019 j’ai rencontré des centaines de milliers de jeunes de vos âges du monde entier, rassemblés à Panama pour les Journées Mondiales de la Jeunesse. Des événements de ce type - Synode et JMJ– expriment une dimension essentielle de l’Eglise: le fait de “marcher ensemble”.

Sur ce chemin, chaque fois que nous rejoignons une pierre milliaire importante, nous sommes mis au défi par Dieu et par la vie elle-même à repartir. En cela vous êtes des experts, vous les jeunes! Vous aimez voyager, vous confronter à des lieux et à des visages jamais vus avant, vivre des expériences nouvelles. C’est pourquoi j’ai choisi comme but de votre prochain pèlerinage intercontinental, en 2022, la ville de Lisbonne, capitale du Portugal. De là, au XVème et au XVIème siècles, beaucoup de jeunes, parmi lesquels beaucoup de missionnaires, sont partis vers des terres inconnues, aussi pour partager leur expérience de Jésus avec d’autres peuples et nations. Le thème des JMJ de Lisbonne sera: «Marie se leva, et s’en alla en hâte» (Lc 1, 39). Pendant les deux années précédentes, j’ai pensé réfléchir avec vous sur deux autres textes bibliques: «Jeune homme, je te le dis, lève-toi! » (cf. Lc 7, 14), en 2020, et «Lève-toi car je t’établis témoin des choses que tu as vues! » (cf. Ac 26, 16), en 2021.

Comme vous pouvez le constater, le verbe commun aux trois thèmes est se lever. Cette expression a aussi le sens de ressusciter, se réveiller à la vie. C’est un verbe fréquent dans l’Exhortation Christus vivit (Le Christ vit!) que je vous ai dédiée après le synode de 2018 et que, avec le Document final, l’Eglise vous offre comme un phare pour éclairer les sentiers de votre existence. J’espère de tout cœur que le chemin qui nous conduira à Lisbonne correspondra, dans toute l’Eglise, à un fort engagement pour la mise en œuvre de ces deux documents, en orientant la mission des animateurs de la pastorale des jeunes.

Passons maintenant à notre thème de cette année: Jeune homme, je te le dis, lève-toi! (cf. Lc 7, 14). J’ai déjà cité ce verset de l’Evangile dans Christus vivit: «Si tu as perdu la vigueur intérieure, les rêves, l’enthousiasme, l’espérance et la générosité, Jésus se présente à toi comme il l’a fait pour l’enfant mort de la veuve, et avec toute sa puissance de Ressuscité le Seigneur t’exhorte: “Jeune homme, je te le dis, lève-toi”» (n. 20).

Ce passage nous raconte comment Jésus, en entrant dans la petite ville de Naïm, en Galilée, rencontre un convoi funèbre qui accompagne à la sépulture un jeune, fils unique d’une mère veuve. Jésus, touché par la douleur déchirante de cette femme, accomplit le miracle de ressusciter son enfant. Mais le miracle a lieu après une suite d’attitudes et de gestes: «Voyant celle-ci, le Seigneur fut saisi de compassion pour elle et lui dit: “Ne pleure pas”. Il s’approcha et toucha le cercueil; les porteurs s’arrêtèrent » (Lc 7, 13-14). Arrêtons-nous pour méditer sur certains de ces gestes et paroles du Seigneur.

Voir la souffrance et la mort

Jésus pose sur ce convoi funèbre un regard attentif et non pas distrait. Au milieu de la foule il aperçoit le visage d’une femme en extrême souffrance. Son regard crée la rencontre, source de vie nouvelle. Il n’y a pas besoin de beaucoup de paroles.

Et mon regard, comment est-il? Est-ce que je regarde avec des yeux attentifs, ou bien à la manière dont je feuillette rapidement les milliers de photos de mon téléphone portable ou de profils sociaux? Combien de fois aujourd’hui il nous arrive d’être les témoins oculaires de beaucoup d’événements, sans pour autant jamais les vivre en prise directe! Parfois notre première réaction est de prendre la scène avec le téléphone, peut-être en négligeant de regarder les personnes concernées dans les yeux.

Autour de nous, mais aussi parfois en nous, nous rencontrons des réalités de mort: physique, spirituelle, émotive, sociale. Est-ce que nous nous en apercevons ou simplement en subissons-nous les conséquences? Y-a-t-il quelque chose que nous pouvons faire pour redonner la vie?

Je pense à tant de situations négatives vécues par vos congénères. Il y en a, par exemple, qui misent tout dans l’aujourd’hui, mettant en péril leur vie par des expériences extrêmes.

D’autres jeunes, au contraire, sont “morts” parce qu’ils ont perdu l’espérance. J’ai entendu d’une jeune fille: «Parmi mes amis j’en vois qui ont perdu l’impulsion de s’impliquer, le courage de se lever ». Malheureusement, parmi les jeunes également se répand la dépression qui, dans certains cas, peut conduire jusqu’à la tentation de s’ôter la vie. Combien de situations où règne l’apathie, où l’on se perd dans l’abîme des angoisses et des remords! Combien de jeunes pleurent sans que personne n’écoute le cri de leur âme! Autour d’eux, très souvent, des regards distraits, indifférents de la part de ceux qui, peut-être, profitent d’un happy hour en se tenant à distance.

Il y en a qui vivotent dans la superficialité, se croyant vivants alors qu’ils sont morts intérieurement (cf. Ap 3,1). On peut se retrouver à vingt ans à traîner une vie vers le bas, pas à la hauteur de sa dignité. Tout se réduit à un “ laisser vivre” en cherchant quelque gratification: un peu de divertissement, quelques miettes d’attention et d’affection de la part des autres… Il y a aussi un narcissisme numérique diffus qui influence tant les jeunes que les adultes. Beaucoup vivent ainsi! Certains d’entre eux ont peut-être respiré le matérialisme de ceux qui pensent seulement à gagner de l’argent et à s’installer, comme si c’était les seuls buts de la vie. A la longue, un sourd mal-être apparaît inévitablement, une apathie, un ennui de vivre, de plus en plus angoissant.

Les attitudes négatives peuvent être provoquées aussi par des échecs personnels, lorsque quelque chose qui tenait à cœur, pour laquelle on s’était engagé, ne va plus ou n’atteint pas les résultats espérés. Cela peut arriver dans le domaine scolaire, ou avec les ambitions sportives, artistiques… La fin d’un “rêve” peut faire sentir qu’on est mort. Mais les échecs font partie de la vie de tout être humain, mais peuvent aussi parfois se révéler être une grâce! Souvent, une chose que nous pensions être heureuse se révèle une illusion, une idole. Les idoles exigent tout de nous en nous rendant esclaves, mais elles ne donnent rien en échange. Et, à la fin, elles s’effondrent, laissant seulement poussière et fumée. En ce sens, les échecs, s’ils font crouler les idoles, sont un bien, même s’ils font souffrir.

On pourrait continuer avec d’autres situations de mort, physique ou morale, dans lesquelles un jeune peut se trouver, comme les dépendances, le crime, la misère, une maladie grave… Mais je vous laisse le soin de réfléchir personnellement et de prendre conscience de ce qui a causé de la “mort”, en vous ou chez l’un de vos proches, actuellement ou par le passé. En même temps, rappelez-vous que ce garçon de l’Evangile, qui était vraiment mort, est revenu à la vie parce qu’il a été regardé par Quelqu’un qui voulait qu’il vive. Cela peut arriver encore aujourd’hui, et tous les jours.

Avoir pitié

Les Saintes Ecritures rapportent souvent l’état d’âme de celui qui se laisse toucher “jusqu’aux entrailles” par la souffrance d’autrui. L’émotion de Jésus le fait participer à la réalité de l’autre. Il prend sur lui la misère de l’autre. La souffrance de cette mère devient sa souffrance. La mort de cet enfant devient sa mort.

En beaucoup d’occasions vous, les jeunes, vous montrez que vous savez com-patir. Il suffit de voir combien d’entre vous se donnent avec générosité lorsque les circonstances le demandent. Il n’y a pas d’accident, de tremblement de terre, d’inondation, qui ne voie pas une armée de jeunes volontaires se rendre disponibles pour aider. Egalement la grande mobilisation des jeunes qui veulent défendre la création témoigne de votre capacité à entendre le cri de la terre.

Chers jeunes, ne vous laissez pas voler cette sensibilité! Puissiez-vous toujours écouter la plainte de ceux qui souffrent; vous laisser émouvoir par ceux qui pleurent et meurent dans le monde d’aujourd’hui. «Certaines réalités de la vie se voient seulement avec des yeux lavés par les larmes » (Christus vivit, n. 76). Si vous savez pleurer avec ceux qui pleurent, vous serez vraiment heureux. Beaucoup de vos congénères n’ont pas de possibilités, subissent des violences, des persécutions. Que leurs blessures deviennent les vôtres, et vous serez porteurs d’espérance en ce monde. Vous pourrez dire au frère, à la sœur: « Lève-toi, tu n’es pas seul», et faire faire l’expérience que Dieu le Père nous aime et que Jésus est sa main tendue pour nous relever.

S’approcher et “toucher”

Jésus arrête le convoi funèbre. Il s’approche, il se fait proche. La proximité nous pousse en avant et devient un geste courageux pour que l’autre vive. Geste prophétique. C’est le contact de Jésus, le Vivant, qui communique la vie. Un contact qui infuse l’Esprit Saint dans le corps mort du garçon et ranime ses fonctions vitales.

Ce contact pénètre dans la réalité du découragement et du désespoir. C’est le contact du Divin qui passe aussi à travers l’authentique amour humain et ouvre des espaces impensables de liberté, de dignité, d’espérance, de vie nouvelle et pleine. L’efficacité de ce geste de Jésus est incalculable. Il nous rappelle que même un signe de proximité, simple mais concret, peut susciter des forces de résurrection.

Oui, vous aussi, les jeunes, vous pouvez vous approcher des réalités de souffrance et de mort que vous rencontrez, vous pouvez les toucher et engendrer la vie comme Jésus. Cela est possible grâce à l’Esprit Saint, si vous avez été en premier touchés par son amour, si votre cœur est attendri par l’expérience de sa bonté envers vous. Alors, si vous sentez en vous la bouleversante tendresse de Dieu pour toute créature vivante, spécialement pour le frère affamé, assoiffé, malade, nu, prisonnier, alors vous pourrez vous approcher comme lui, toucher comme lui, et transmettre sa vie à vos amis qui sont morts intérieurement, qui souffrent ou qui ont perdu la foi et l’espérance.

«Jeune homme, je te le dis, Lève-toi!»

L’Evangile ne dit pas le nom de ce garçon ressuscité par Jésus à Naïm. C’est une invitation au lecteur à s’identifier à lui. Jésus parle à toi, à moi, à chacun de nous, et il dit: «Lève-toi! ». Nous savons bien que nous aussi, les chrétiens, nous tombons et que nous devons toujours nous relever. C’est seulement celui qui ne marche pas qui ne tombe pas, mais il n’avance pas non plus. C’est pourquoi il faut accueillir l’action du Christ et faire un acte de foi en Dieu. Le premier pas est d’accepter de se relever. La vie nouvelle qu’il nous donnera sera bonne et digne d’être vécue, parce qu’elle sera soutenue par Quelqu’un qui nous accompagnera aussi à l’avenir sans jamais nous abandonner, en nous aidant à dépenser notre existence de manière digne et féconde.

C’est réellement une nouvelle création, une nouvelle naissance. Ce n’est pas un conditionnement psychologique. Probablement, dans les moments difficiles, beaucoup d’entre vous avez entendu répéter les paroles “magiques” qui sont à la mode aujourd’hui et qui devraient tout résoudre: “Tu dois croire en toi-même”, “Tu dois trouver les ressources en toi”, “Tu dois prendre conscience de ton énergie positive”… Mais ce sont toutes de simples mots et pour celui qui est vraiment “mort intérieurement” ça ne marche pas. La parole du Christ est d’une autre profondeur, elle est infiniment supérieure. Elle est une parole divine et créatrice, qui, seule, peut redonner la vie là où elle s’était éteinte.

La vie nouvelle “de ressuscité”

Le jeune, dit l’Evangile, «se mit à parler» (Lc 7, 15). La première réaction d’une personne qui a été touchée et rendue à la vie par le Christ est de s’exprimer, de manifester sans peur et sans complexes ce qui l’habite, sa personnalité, ses désirs, ses besoins, ses rêves. Peut-être ne l’avait-elle jamais fait auparavant, convaincue que personne ne pouvait la comprendre !

Parler signifie aussi entrer en relation avec les autres. Lorsqu’on est “mort” on se referme en soi, les relations s’interrompent ou deviennent superficielles, fausses, hypocrites. Lorsque Jésus nous redonne vie, il nous “rend” aux autres (cf. v. 15).

Souvent, aujourd’hui, il y a “connexion” mais pas de communication. L’utilisation des dispositifs électroniques, si elle n’est pas équilibrée, peut nous rendre toujours rivés à un écran. Avec ce message je voudrais aussi lancer, avec vous les jeunes, le défi d’un tournant culturel à partir de ce «Lève-toi! » de Jésus. Dans une culture qui veut des jeunes isolés et repliés sur des mondes virtuels, faisons circuler cette parole de Jésus: «Lève-toi! ». C’est une invitation à s’ouvrir à une réalité qui va bien au-delà du virtuel. Cela ne veut pas dire mépriser la technologie, mais l’utiliser comme un moyen et non comme une fin. «Lève-toi » signifie aussi “rêve”, “risque”, “engage-toi pour changer le monde”, ranime tes désirs, contemple le ciel, les étoiles, le monde autour de toi. «Lève-toi et deviens ce que tu es! ». Grâce à ce message, beaucoup de visages éteints de jeunes autour de nous s’animeront et deviendront beaucoup plus beaux que n’importe quelle réalité virtuelle.

Car si tu donnes ta vie, quelqu’un l’accueille. Une jeune a dit “Tu te lèves du divan si tu vois une belle chose et si tu décides de la faire toi aussi”. Ce qui est beau éveille de la passion. Et si un jeune se passionne pour quelque chose, ou mieux, pour Quelqu’un, il se lève enfin et commence à faire de grandes choses; de mort qu’il était, il peut devenir témoin du Christ et donner sa vie pour lui.

Chers jeunes, quelles sont vos passions et vos rêves? Fêtes les apparaître, et à travers eux proposez au monde, à l’Eglise, aux autres jeunes, quelque chose de beau dans le domaine spirituel, artistique social. Je vous le répète dans ma langue maternelle: hagan lìo! Faites-vous entendre. J’ai entendu un autre jeune dire: “Si Jésus avait été quelqu’un qui faisait ses affaires, le fils de la veuve ne serait pas ressuscité”.

La résurrection du garçon le rend à sa mère. En cette mère nous pouvons voir Marie, notre Mère à laquelle nous confions tous les jeunes du monde. En elle, nous pouvons reconnaître aussi l’Eglise qui veut accueillir avec tendresse chaque jeune, personne n’est exclu. Prions donc Marie pour l’Eglise, pour qu’elle soit toujours mère de ses enfants qui sont dans la mort, pleurant et invoquant leur renaissance. Pour chacun de ses enfants qui meurt, l’Eglise meurt aussi, et pour chaque enfant qui ressuscite, elle aussi ressuscite.

Je bénis votre route. Et vous, s’il vous plait, n’oubliez pas de prier pour moi.

Donné à Rome, près de Saint Jean du Latran, le 11 février 2020,

Mémoire de Notre Dame de Lourdes.

FRANÇOIS

[00311-FR.01] [Texte original: Italien]

Traduzione in lingua inglese

“Young man, I say to you, arise!” (Lk 7:14)

Dear Young People,

In October 2018, with the Synod of Bishops on Young People, the Faith and Vocational Discernment, the Church undertook a process of reflection on your place in today’s world, your search for meaning and purpose in life, and your relationship with God. In January 2019, I met with hundreds of thousands of your contemporaries from throughout the world assembled in Panama for World Youth Day. Events of this type – the Synod and World Youth Day – are an expression of a fundamental dimension of the Church: the fact that we “journey together”.

In this journey, every time we reach an important milestone, we are challenged by God and by life to make a new beginning. As young people, you are experts in this! You like to take trips, to discover new places and people, and to have new experiences. That is why I have chosen the city of Lisbon, the capital of Portugal, as the goal of our next intercontinental pilgrimage, to take place in 2022. From Lisbon, in the fifteenth and sixteenth centuries, great numbers of young people, including many missionaries, set out for unknown lands, to share their experience of Jesus with other peoples and nations. The theme of the Lisbon World Youth Day will be: “Mary arose and went with haste” (Lk 1:39). In these two intervening years, I want to reflect with you on two other biblical texts: for 2020, “Young man, I say to you, arise!” (Lk 7:14) and for 2021, “Stand up. I appoint you as a witness of what you have seen” (cf. Acts 26:16).

As you can see, the verb “arise” or “stand up” appears in all three themes. These words also speak of resurrection, of awakening to new life. They are words that constantly appear in the Exhortation Christus Vivit (Christ is Alive!) that I addressed to you following the 2018 Synod and that, together with the Final Document, the Church offers you as a lamp to shed light on your path in life. I sincerely hope that the journey bringing us to Lisbon will coincide with a great effort on the part of the entire Church to implement these two documents and to let them guide the mission of those engaged in the pastoral care of young people.

Let us now turn to this year’s theme: “Young man, I say to you, arise!” (cf. Lk 7:14). I mentioned this verse of the Gospel in Christus Vivit: “If you have lost your vitality, your dreams, your enthusiasm, your optimism and your generosity, Jesus stands before you as once he stood before the dead son of the widow, and with all the power of his resurrection he urges you: ‘Young man, I say to you, arise!’” (No. 20).

That passage from the Bible tells us how Jesus, upon entering the town of Nain in Galilee, came upon the funeral procession of a young person, the only son of a widowed mother. Jesus, struck by the woman’s heartrending grief, miraculously restored her son to life. The miracle took place after a sequence of words and gestures: “When the Lord saw her, he had compassion for her and said to her, ‘Do not weep’. Then he came forward and touched the bier, and the bearers stood still” (Lk 7:13-14). Let us take a moment to meditate on these words and gestures of the Lord.

The ability to see pain and death

Jesus looks carefully at this funeral procession. In the midst of the crowd, he makes out the face of a woman in great pain. His ability to see generates encounter, the source of new life. Few words are needed.

What about my own ability to see? When I look at things, do I look carefully, or is it more like when I quickly scroll through the thousands of photos or social profiles on my cell phone? How often do we end up being eyewitnesses of events without ever experiencing them in real time! Sometimes our first reaction is to take a picture with our cell phone, without even bothering to look into the eyes of the persons involved.

All around us, but at times also within us, we can see realities of death: physical, spiritual, emotional, social. Do we really notice them, or simply let them happen to us? Is there anything we can do in order to restore life?

I think too of all those negative situations that people of your age are experiencing. Some stake everything on the present moment and risk their own lives in extreme experiences. Others are “dead” because they feel hopeless. One young woman told me: “Among my friends I see less desire to get involved, less courage to get up”. Sadly, depression is spreading among young people too, and in some cases even leads to the temptation to take one’s own life. How many situations are there where apathy reigns, where people plunge into an abyss of anguish and remorse! How many young people cry out with no one to hear their plea! Instead, they meet with looks of distraction and indifference on the part of people who want to enjoy their own “happy hour”, without being bothered about anyone or anything else.

Others waste their lives with superficial things, thinking they are alive while in fact they are dead within (cf. Rev 3:1). At the age of twenty, they can already be dragging their lives down, instead of raising them up to the level of their true dignity. Everything is reduced to “living it up” and seeking a morsel of gratification: a minute of entertainment, a fleeting moment of attention and affection from others… And what about the widespread growing digital narcissism that affects young people and adults alike. All too many people are living this way! Some of them have perhaps bought into the materialism of those all around them who are concerned only with making money and taking it easy, as if these were the sole purpose of life. In the long run, this will inevitably lead to unhappiness, apathy and boredom with life, a growing sense of emptiness and frustration.

Negative situations can also be the result of personal failure, whenever something we care about, something we were committed to, no longer seems to be working or giving the desired results. This can happen with school or with our ambitions in sports and in the arts… The end of the “dream” can make us feel dead. But failures are part of the life of every human being; sometimes they can also end up being a grace! Not infrequently, something that we thought would bring us happiness proves to be an illusion, an idol. Idols demand everything from us; they enslave us yet they give us nothing in return. And in the end they collapse, leaving only a cloud of dust. Failure, if it makes our idols collapse, is a good thing, however much suffering it involves.

There are many other situations of physical or moral death that a young person may encounter. I think of addiction, crime, poverty or grave illness. I leave it to you to think about these things and to realize what has proved “deadly” for yourselves or for someone close to you, now or in the past. At the same time, I ask you to remember that the young man in the Gospel was truly dead, but he was able to come back to life because he was seen by Someone who wanted him to live. The same thing can also happen to us, today and every day.

To have compassion

The Scriptures often speak of the feelings experienced by those who let themselves be touched “viscerally” by the pain of others. Jesus’ own feelings make him share in other people’s lives. He makes their pain his own. That mother’s grief became his own. The death of that young son became his own.

As young people, you have shown over and over again that you are capable of com-passion. I think of all those of you who have generously offered help whenever situations demanded it. No disaster, earthquake or flood takes place without young volunteers stepping up to offer a helping hand. The great mobilization of young people concerned about defending the environment is also a witness to your ability to hear the cry of the earth.

Dear young people, do not let yourselves be robbed of this sensitivity! May you always be attentive to the plea of those who are suffering, and be moved by those who weep and die in today’s world. “Some realities of life are only seen with eyes cleansed by tears” (Christus Vivit, 76). If you can learn to weep with those who are weeping, you will find true happiness. So many of your contemporaries are disadvantaged and victims of violence and persecution. Let their wounds become your own, and you will be bearers of hope in this world. You will be able to say to your brother or sister: “Arise, you are not alone”, and you will help them realize that God the Father loves us, that Jesus is the hand he stretches out to us in order to raise us up.

To come forward and “touch”

Jesus stops the funeral procession. He draws near, he demonstrates his closeness. Closeness thus turns into a courageous act of restoring life to another. A prophetic gesture. The touch of Jesus, the living One, communicates life. It is a touch that pours the Holy Spirit into the dead body of that young man and brings him back to life.

That touch penetrates all hurt and despair. It is the touch of God himself, a touch also felt in authentic human love; it is a touch opening up unimaginable vistas of freedom and fullness of new life. The effectiveness of this gesture of Jesus is incalculable. It reminds us that even one sign of closeness, simple yet concrete, can awaken forces of resurrection.

You too, as young people, are able to draw near to the realities of pain and death that you encounter. You too can touch them and, like Jesus, bring new life, thanks to the Holy Spirit. But only if you are first touched by his love, if your heart is melted by the experience of his goodness towards you. If you can feel God’s immense love for every living creature – especially our brothers and sisters who experience hunger and thirst, or are sick or naked or imprisoned – then you will be able to draw near to them as he does. You will be able to touch them as he does, and to bring his life to those of your friends who are inwardly dead, who suffer or have lost faith and hope.

“Young man, I say to you, arise!”

The Gospel does not tell us the name of the young man whom Jesus restored to life in Nain. This invites each reader to identify with him. To you, to me, to each one of us, Jesus says: “Arise”. We are very aware that, as Christians, we constantly fall and have to get up again. People who are not on a journey never fall; then again, neither do they move forward. That is why we need to accept the help that Jesus gives us and put our faith in God. The first step is to let ourselves get up and to realize that the new life Jesus offers us is good and worth living. It is sustained by one who is ever at our side along our journey to the future. Jesus helps us to live this life in a dignified and meaningful way.

This life is really a new creation, a new birth, not just a form of psychological conditioning. Perhaps, in times of difficulty, many of you have heard people repeat those “magic” formulas so fashionable nowadays, formulas that are supposed to take care of everything: “You have to believe in yourself”, “You have to discover your inner resources”, “You have to become conscious of your positive energy”… But these are mere words; they do not work for someone who is truly “dead inside”. Jesus’ word has a deeper resonance; it goes infinitely deeper. It is a divine and creative word, which alone can bring the dead to life.

Living the new life as “risen ones”

The Gospel tells us that the young man “began to speak” (Lk 7:15). Those touched and restored to life by Jesus immediately speak up and express without hesitation or fear what has happened deep within them: their personality, desires, needs and dreams. Perhaps they were never able to do this before, for they thought no one would be able to understand.

To speak also means to enter into a relationship with others. When we are “dead”, we remain closed in on ourselves. Our relationships break up, or become superficial, false and hypocritical. When Jesus restores us to life, he “gives” us to others (cf. v 15).

Today, we are often “connected” but not communicating. The indiscriminate use of electronic devices can keep us constantly glued to the screen. With this Message, I would like to join you, young people, in calling for a cultural change, based on Jesus’ command to “arise”. In a culture that makes young people isolated and withdrawn into virtual worlds, let us spread Jesus’ invitation: “Arise!” He calls us to embrace a reality that is so much more than virtual. This does not involve rejecting technology, but rather using it as a means and not as an end. “Arise!” is also an invitation to “dream”, to “take a risk”, to be “committed to changing the world”, to rekindle your hopes and aspirations, and to contemplate the heavens, the stars and the world around you. “Arise and become what you are!” If this is our message, many young people will stop looking bored and weary, and let their faces come alive and be more beautiful than any virtual reality.

If you give life, someone will be there to receive it. As a young woman once said: “Get off your couch when you see something beautiful, and try and do something similar”. Beauty awakes passion. And if a young person is passionate about something, or even better, about someone, he or she will arise and start to do great things. Young people will rise from the dead, become witnesses to Jesus and devote their lives to him.

Dear young people, what are your passions and dreams? Give them free rein and, through them, offer the world, the Church and other young people something beautiful, whether in the realm of the spirit, the arts or society. I repeat what I once told you in my mother tongue: Hagan lío! Make your voices heard! I remember another young person who said: “If Jesus was someone who was only concerned about himself, the son of the widow would not have been raised”.

The resurrection of that young man restored him to his mother. In that woman, we can see an image of Mary, our Mother, to whom we entrust all the young people of our world. In her, we can also recognize the Church, who wants to welcome with tender love each young person, without exception. So let us implore Mary’s intercession for the Church, that she may always be a mother for her dead children, weeping for them and asking that they be restored to life. In every one of her children who dies, the Church also dies, and in every one of her children who arises, the Church also arises.

I bless your journey. And I ask you, please, not to forget to pray for me.

Rome, from Saint John Lateran, 11 February 2020,

Memorial of Our Lady of Lourdes

FRANCIS

[00311-EN.01] [Original text: Italian]

Traduzione in lingua tedesca

 

»Junger Mensch, ich sage dir: Steh auf!« (vgl. Lk 7,14)

Liebe junge Freunde,

im Oktober 2018 hat die Kirche mit der Bischofssynode zum Thema Die Jugendlichen, der Glaube und die Berufungsunterscheidung einen Prozess der Reflexion über eure Situation in der Welt von heute, über eure Suche nach Sinn und Richtung im Leben wie auch über eure Beziehung zu Gott eingeleitet. Im Januar 2019 traf ich Hunderttausende eurer Altersgenossen aus der ganzen Welt, die sich in Panama zum Weltjugendtag versammelt hatten. Veranstaltungen dieser Art – Synode und Weltjugendtag – bringen eine wesentliche Dimension der Kirche zum Ausdruck: das „gemeinsame Unterwegssein“.

Auf diesem Weg sind wir jedes Mal, wenn wir einen wichtigen Meilenstein erreichen, von Gott und dem Leben selbst herausgefordert, neu aufzubrechen. Ihr jungen Leute seid darin Experten! Ihr liebt es, zu reisen und mit Orten und Personen in Berührung zu kommen, die ihr noch nie zuvor gesehen habt. Ihr liebt es, neue Erfahrungen zu machen. Deshalb habe ich als Ziel eurer nächsten die Kontinente übergreifenden Pilgerreise im Jahr 2022 die Stadt Lissabon, die Hauptstadt Portugals, ausgewählt. Von dort aus brachen im 15. und 16. Jahrhundert viele junge Menschen, darunter viele Missionare, in unbekannte Länder auf, auch, um ihre Erfahrung mit Jesus anderen Völkern und Nationen weiterzugeben. Das Thema des Weltjugendtags in Lissabon wird lauten: »Maria machte sich eilends auf den Weg« (vgl. Lk 1,39). Für die beiden Jahre davor möchte ich mit euch zwei andere biblische Texte betrachten: »Junger Mensch, ich sage dir: Steh auf!“ (vgl. Lk 7,14) im Jahr 2020, und »Steh auf, ich erwähle dich zum Zeugen für das, was du gesehen hast« (vgl. Apg 26,16) im Jahr 2021.

Wie ihr sehen könnt, ist allen drei Themen das Verb aufstehen gemeinsam. Dieser Ausdruck hat manchmal auch die Bedeutung von auferstehen, zum Leben erwachen. Dieses Verb kommt auch im Schreiben Christus vivit (Christus lebt) wiederholt vor, das ich euch nach der Synode von 2018 gewidmet habe und das die Kirche euch zusammen mit dem Schlussdokument als Leuchtturm anbietet, der die Wege eures Lebens erhellen kann. Ich hoffe von ganzem Herzen, dass der Weg, der uns nach Lissabon führt, überall in der Kirche mit einem starken Engagement zur Umsetzung dieser beiden Dokumente einhergeht und den in der Jugendarbeit Tätigen Orientierung in ihrer Aufgabe gibt.

Wenden wir uns nun unserem diesjährigen Thema zu: Junger Mensch, ich sage dir: Steh auf! (vgl. Lk 7,14). Ich habe diesen Vers des Evangeliums bereits in Christus vivit zitiert: »Wenn du die innere Kraft, die Träume, den Enthusiasmus, die Hoffnung und die Großmut verloren hast, tritt Jesus vor dich, wie er vor dem toten Sohn der Witwe erschien, und fordert dich mit all seiner Auferstehungsmacht auf: Junger Mensch, „ich sage dir: Steh auf!“« (Nr. 20).

Dieser Abschnitt erzählt uns, wie Jesus bei seiner Ankunft in der Stadt Nain in Galiläa auf einen Trauerzug trifft, der einen jungen Mann, den einzigen Sohn einer verwitweten Mutter, zu seiner Beerdigung geleitet. Jesus, der vom quälenden Schmerz dieser Frau betroffen ist, vollbringt das Wunder der Auferweckung ihres Sohnes. Aber zum Wunder kommt es erst nach einer Reihe von Verhaltensweisen und Gesten: »Als der Herr die Frau sah, hatte er Mitleid mit ihr und sagte zu ihr: Weine nicht! Und er trat heran und berührte die Bahre. Die Träger blieben stehen« (Lk 7,13-14). Lasst uns innehalten und einige dieser Gesten und Worte des Herrn bedenken.

Leid und Tod sehen

Jesus blickt aufmerksam auf diesen Trauerzug und lässt sich nicht ablenken. In der Menge sieht er das Gesicht einer Frau, die extrem leidet. Sein Blick bewirkt die Begegnung, die zur Quelle neuen Lebens wird. Da braucht es nicht viele Worte.

Und wie steht es mit meinem Blick? Ist er aufmerksam oder eher so, wie wenn ich schnell durch die Tausenden von Fotos auf meinem Handy oder durch die Profile in den Social Media blättere? Wie oft passiert es uns heute, dass wir Augenzeugen vieler Ereignisse sind, ohne dass wir sie unmittelbar erleben! Manchmal ist unsere erste Reaktion, dass wir die Szene mit unserem Mobiltelefon filmen und dabei vielleicht vergessen, den Beteiligten in die Augen zu schauen.

Um uns herum, aber manchmal auch in uns selbst, begegnen wir der Wirklichkeit des Todes: physisch, spirituell, emotional, sozial. Sind wir uns dessen bewusst oder nehmen wir die Folgen einfach hin? Können wir etwas tun, um wieder Leben zu bringen?

Ich denke an viele negative Erlebnisse eurer Altersgenossen. Da gibt es etwa diejenigen, die für einen Moment alles aufs Spiel setzen und mit extremen Aktionen ihr Leben in Gefahr bringen. Andere junge Menschen hingegen sind „tot“, weil sie die Hoffnung verloren haben. Eine Jugendliche sagte mir einmal: »Bei meinen Freunden sehe ich, dass sie die Lust verloren haben, sich für irgendetwas einzusetzen, den Mut, aufzustehen.« Leider sind Depressionen auch unter jungen Menschen immer weiter verbreitet, was in einigen Fällen sogar zu Suizidversuchen führen kann. So viele Situationen, in denen Apathie herrscht, in denen man sich im Abgrund von Ängsten und Schuldgefühlen verliert! Wie viele junge Menschen weinen, ohne dass jemand den Schrei ihrer Seele hört! Und oft sind sie umgeben von den abgelenkten und gleichgültigen Blicken derer, die lieber die eigene happy hour genießen und auf Distanz bleiben.

Es gibt diejenigen, die an der Oberfläche leben und sich für lebendig halten, während sie im Inneren tot sind (vgl. Offb 3,1). Ein Leben kann sich mit zwanzig Jahren in einem Abwärtstrend befinden, der der eigenen Würde nicht entspricht. Alles reduziert sich auf ein „Vor-sich-hinleben“ bei der Suche nach ein wenig Befriedigung: ein bisschen Spaß, ein paar Krümel Aufmerksamkeit und Zuneigung von anderen... Es gibt auch einen weit verbreiteten digitalen Narzissmus, der sowohl junge Menschen als auch Erwachsene beeinflusst. Viele Menschen leben so! Einige von ihnen haben vielleicht den Materialismus derjenigen in ihrer Umgebung eingeatmet, die nur daran denken, Geld zu verdienen und sich irgendwie gut einzurichten, als wären diese Dinge die einzigen Ziele im Leben. Auf lange Sicht kommt es unweigerlich zu Abstumpfung, Apathie und einer immer beängstigenderen Unlust am Leben.

Solche negativen Grundeinstellungen können auch durch persönliches Versagen hervorgerufen werden, wenn etwas, das einem am Herzen lag und für das man sich eingesetzt hatte, nicht weitergeht oder nicht die gewünschten Ergebnisse bringt. Das kann in der Schule passieren oder bei sportlichen, künstlerischen Ambitionen... Das Ende eines „Traums“ kann dazu führen, dass man sich wie tot fühlt. Aber Misserfolge gehören zum Leben eines jeden Menschen, und manchmal können sie sich sogar als eine Gnade erweisen! Oft entpuppt sich etwas, von dem wir dachten, es würde uns Glück bringen, als eine Illusion, als ein Götze. Solche Götzen verlangen alles von uns und machen uns zu Sklaven, aber sie geben einem nichts dafür. Und am Ende zerfallen sie einfach und hinterlassen nichts als Staub und Rauch. In diesem Sinne sind Misserfolge, wenn sie Götzen zu Fall bringen, gut, auch wenn sie uns leiden lassen.

Man könnte weitere Situationen physischen oder moralischen Todes nennen, in denen sich ein junger Mensch befinden kann, wie z.B. Sucht, Kriminalität, Elend, eine schwere Krankheit... Aber ich überlasse es euch, persönlich darüber nachzudenken und euch bewusst zu machen, was den „Tod“ in euch oder in jemandem, der euch nahesteht, in der Gegenwart oder in der Vergangenheit verursacht hat. Denkt aber gleichzeitig auch daran, dass dieser junge Mann aus dem Evangelium, der wirklich gestorben war, wieder ins Leben zurückkehrte, weil er von jemandem angeschaut wurde, der wollte, dass er lebt. Dies kann auch heute jeden Tag geschehen.

Erbarmen haben

Die Heilige Schrift berichtet oft von der inneren Haltung dessen, dem der Schmerz anderer „an die Nieren“ geht. Jesu Ergriffenheit lässt ihn teilhaben am Leben seines Nächsten. Er nimmt das Elend der anderen auf sich. Der Schmerz dieser Mutter wird zu seinem Schmerz. Der Tod ihres Sohnes wird zu seinem Tod.

Bei vielen Gelegenheiten zeigt ihr jungen Leute, dass ihr mit-leiden könnt. Man sieht das schon daran, dass viele von euch sich großzügig und hingebungsvoll einsetzen, wenn die Umstände es erfordern. Es gibt keine Katastrophe, kein Erdbeben, keine Überschwemmung, bei der nicht viele junge Freiwillige bereit sind, mitzuhelfen. Auch die große Mobilisierung junger Menschen, die Willens sind für die Schöpfung einzutreten, zeugt von eurer Fähigkeit, den Schrei der Erde zu hören.

Liebe Jugendliche, lasst euch dieses Gespür nicht nehmen! Ich hoffe, dass ihr immer auf die Schreie derer hört, die leiden; lasst euch anrühren vom Schicksal derer, die in unserer heutigen Welt weinen und sterben. »Gewisse Realitäten des Lebens sieht man nur mit Augen, die durch Tränen reingewaschen sind« (Christus vivit, 76). Wenn ihr wisst, wie man mit denen weint, die weinen, dann werdet ihr wirklich glücklich sein. Vielen eurer Altersgenossen mangelt es an Chancen, viele leiden unter Gewalt und Verfolgung. Mögen ihre Wunden zu euren werden, dann werdet ihr zu Hoffnungsträgern in dieser Welt. Ihr werdet zu eurem Bruder, zu eurer Schwester sagen können: »Steh auf, du bist nicht allein«, und ihr werdet sie erfahren lassen, dass Gott, der Vater, uns liebt und dass er in Jesus seine Hand ausstreckt, um uns aufzurichten.

Nähe und „Berührung“

Jesus hält den Trauerzug an. Er kommt näher, er macht sich zum Nächsten. Die Nähe geht weiter und wird zur mutigen Geste, damit der andere lebt. Es ist eine prophetische Geste. Es ist die Berührung durch Jesus, den Lebendigen, die das Leben vermittelt. Eine Berührung, die dem toten Körper des jungen Mannes den Heiligen Geist einhaucht und ihn neu belebt.

Diese Berührung durchbricht die Situation der Entmutigung und Verzweiflung. Es ist die Berührung durch das Göttliche, die auch durch echte menschliche Liebe vermittelt wird und unvorstellbare Räume der Freiheit, der Würde, der Hoffnung und eines neuen Lebens in Fülle eröffnet. Die Wirksamkeit dieser Geste Jesu ist unvorhersehbar. Sie erinnert uns daran, dass selbst ein einfaches aber konkretes Zeichen der Nähe Kräfte der Auferstehung wecken kann.

Ja, auch ihr jungen Menschen könnt euch den Gegebenheiten von Leid und Tod, denen ihr begegnet, nähern, ihr könnt an sie rühren und Leben wecken wie Jesus. Das ermöglicht der Heilige Geist, wenn ihr zuerst von seiner Liebe berührt und euer Herz durch eure eigene Erfahrung seiner Güte erweicht wurde. Wenn ihr dann in eurem Inneren die sehnsuchtsvolle Zärtlichkeit Gottes für jedes lebende Geschöpf spürt, besonders für eure hungrigen, durstigen, kranken, nackten und gefangenen Brüder und Schwestern, dann könnt ihr euch ihnen nähern und sie berühren, wie er es getan hat, und sein Leben an eure Freunde weitergeben, die im Inneren gestorben sind, die leiden oder den Glauben und die Hoffnung verloren haben.

»Junger Mensch, ich sage dir: Steh auf!«

Der Name des jungen Mannes, den Jesus in Nain von den Toten auferweckt hat, wird im Evangelium nicht genannt. Dies ist eine Einladung an den Leser, sich mit ihm zu identifizieren. Jesus spricht zu euch, zu mir, zu jedem von uns und sagt: »Steh auf!«. Wir wissen sehr gut, dass auch wir Christen immer wieder hinfallen und dann wieder aufstehen müssen. Nur wer sich nicht bewegt, fällt nicht, aber er kommt auch nicht voran. Deshalb müssen wir das Eingreifen Christi zulassen und einen Akt des Glaubens an Gott vollziehen. Der erste Schritt besteht darin, zu akzeptieren, dass man aufstehen muss. Das neue Leben, das er uns schenken wird, wird gut und lebenswert sein, weil es von jemandem gehalten wird, der uns auch in Zukunft begleiten wird, ohne uns jemals zu verlassen, und der uns hilft, dieses unser Leben auf eine würdige und fruchtbare Weise zu gestalten.

Hier geht es wirklich um eine neue Schöpfung, eine neue Geburt und nicht etwa um eine psychologische Konditionierung. Wahrscheinlich haben viele von euch in schwierigen Zeiten wiederholt die „magischen“ Worte gehört, die heute in Mode sind und die angeblich alle Probleme lösen: „Du musst an dich selbst glauben“, „Du musst deine dir innewohnenden Ressourcen finden“, „Du musst dir deiner positiven Energie bewusst werden“... Aber all dies sind nur Worte und für diejenigen, die wirklich „innerlich tot“ sind, funktionieren sie nicht. Das Wort Christi ist von anderer Qualität, es ist unendlich überlegen. Es ist ein göttliches und schöpferisches Wort, und nur dieses Wort kann wieder Leben bringen, wo es verloschen ist.

Das neue Leben der „Auferstandenen“

Der junge Mann, so sagt das Evangelium, »begann zu sprechen« (Lk 7,15). Die erste Reaktion eines Menschen, der von Christus berührt und ins Leben zurückgeholt wurde, besteht darin, dass er ohne Angst und Komplexe das, was in ihm ist, seine Persönlichkeit, seine Wünsche, seine Bedürfnisse und seine Träume zum Ausdruck bringt. Vielleicht hatte er das noch nie getan, vielleicht war er überzeugt davon, dass niemand ihn verstehen würde!

Reden bedeutet auch, mit anderen in Beziehung zu treten. Wenn man „tot“ ist, hat man keinen Kontakt mehr nach außen, Beziehungen brechen ab, oder sie werden oberflächlich, falsch, heuchlerisch. Wenn Jesus uns das Leben zurückgibt, gibt er uns den anderen zurück (vgl. V. 15).

Obwohl wir heute vielfach vernetzt sind, gibt es oft keine Kommunikation. Die Verwendung elektronischer Geräte kann, wenn sie nicht in rechtem Maße geschieht, dazu führen, dass wir ständig am Bildschirm kleben. Mit dieser Botschaft möchte ich ausgehend von diesem Jesus-Wort „Steh auf!“ gemeinsam mit euch jungen Menschen auch die Herausforderung eines kulturellen Wandels anregen. In einer Kultur, die junge Menschen will, die isoliert und auf virtuelle Welten bezogen sind, lasst uns dieses Wort Jesu verbreiten: „Steh auf!“ Dies ist eine Einladung, sich einer Realität zu öffnen, die weit über das Virtuelle hinausgeht. Das bedeutet nicht, die Technik zu verachten, sie jedoch als Mittel und nicht als Zweck zu benutzen. „Steh auf“ bedeutet auch „träume“, „riskiere etwas“, „strebe danach, die Welt zu verändern“, entfache neu deine Sehnsüchte, betrachte den Himmel, die Sterne, die Welt um dich herum. „Steh auf und werde, was du bist!“ Dank dieser Botschaft werden viele erloschene Gesichter junger Menschen um uns herum lebendig werden und viel schöner sein als jede virtuelle Realität.

Denn wenn du Leben schenkst, wird jemand dieses Geschenk annehmen. Eine junge Frau sagte einmal: „Du stehst von der Couch auf, wenn du etwas Schönes siehst, und du beschließt, das auch selbst zu tun“. Was schön ist, weckt die Leidenschaft. Und wenn ein junger Mensch sich für etwas, oder besser gesagt, für eine Person begeistert, steht er schließlich auf und beginnt, große Dinge zu tun; aus einem Toten, der er war, kann er zu einem Zeugen Christi werden und sein Leben ihm übereignen.

Liebe junge Freunde, was sind eure Leidenschaften und eure Träume? Bringt sie zur Geltung und bietet dadurch der Welt, der Kirche und anderen jungen Menschen etwas Schönes im spirituellen, künstlerischen und sozialen Bereich. Ich wiederhole es euch in meiner Muttersprache: hagan lìo! Macht euch bemerkbar! Ein anderer Jugendlicher sagte einmal: „Wäre Jesus jemand gewesen, der sich nur um seine eigenen Angelegenheiten kümmert, wäre der Sohn der Witwe nicht auferstanden“.

Die Auferstehung des jungen Mannes brachte ihn wieder mit seiner Mutter zusammen. In dieser Mutter dürfen wir Maria sehen, unsere Mutter, der wir die ganze Jugend der Welt anvertrauen. In ihr können wir auch die Kirche erkennen, die alle jungen Menschen ohne Ausnahme liebevoll annehmen will. Bitten wir Maria also für die Kirche, dass sie ihren Kindern, die im Schatten des Todes leben, immer Mutter sein möge. erbitten wir ihnen flehentlich neues Leben. Mit jedem ihrer Kinder, das stirbt, stirbt auch die Kirche, und mit jedem ihrer Kinder, das wieder ins Leben zurückkehrt, ersteht auch sie wieder auf.

Ich segne euren Weg. Und vergesst bitte nicht, für mich zu beten.

Rom, Sankt Johannes im Lateran, am 11. Februar 2020,

dem Gedenktag unserer Lieben Frau von Lourdes

FRANZISKUS

[00311-DE.01] [Originalsprache: Italienisch]

Traduzione in lingua spagnola

“¡Joven, a ti te digo, levántate!” (cf. Lc 7,14)

Queridos jóvenes:

En octubre de 2018, con el Sínodo de los Obispos sobre el tema: Los jóvenes, la fe y el discernimiento vocacional, la Iglesia comenzó un proceso de reflexión sobre vuestra condición en el mundo actual, sobre vuestra búsqueda de sentido y de un proyecto de vida, sobre vuestra relación con Dios. En enero de 2019, encontré a cientos de miles de coetáneos vuestros de todo el mundo, reunidos en Panamá para la Jornada Mundial de la Juventud. Eventos de este tipo —Sínodo y JMJ— expresan una dimensión esencial de la Iglesia: el “caminar juntos”.

En este camino, cada vez que alcanzamos un hito importante, Dios y la misma vida nos desafían a comenzar de nuevo. Vosotros los jóvenes sois expertos en esto. Os gusta viajar, confrontaros con lugares y rostros jamás vistos antes, vivir experiencias nuevas. Por eso, elegí como meta de vuestra próxima peregrinación intercontinental, en el 2022, la ciudad de Lisboa, capital de Portugal. Desde allí, en los siglos XV y XVI, numerosos jóvenes, muchos de ellos misioneros, partieron hacia tierras desconocidas, para compartir también su experiencia de Jesús con otros pueblos y naciones. El tema de la JMJ de Lisboa será: «María se levantó y partió sin demora» (Lc 1,39). En estos dos años precedentes, he pensado en que reflexionemos juntos sobre otros dos textos bíblicos: “¡Joven, a ti te digo, levántate!” (cf. Lc 7,14), en el 2020, y “¡Levántate! ¡Te hago testigo de las cosas que has visto!” (cf. Hch 26,16), en el 2021.

Como podéis comprobar, el verbo común en los tres temas es levantarse. Esta expresión asume también el significado de resurgir, despertarse a la vida. Es un verbo recurrente en la Exhortación Christus vivit (Vive Cristo), que os he dedicado después del Sínodo de 2018 y que, junto con el Documento final, la Iglesia os ofrece como un faro para iluminar los senderos de vuestra existencia. Espero de todo corazón que el camino que nos llevará a Lisboa concuerde en toda la Iglesia con un fuerte compromiso para aplicar estos dos documentos, orientando la misión de los animadores de la pastoral juvenil.

Pasemos ahora a nuestro tema para este año: ¡Joven, a ti te digo, levántate! (cf. Lc 7,14). Ya cité este versículo del Evangelio en la Christus vivit: «Si has perdido el vigor interior, los sueños, el entusiasmo, la esperanza y la generosidad, ante ti se presenta Jesús como se presentó ante el hijo muerto de la viuda, y con toda su potencia de Resucitado el Señor te exhorta: “Joven, a ti te digo, ¡levántate!” (cf. Lc 7,14)» (n. 20).

Este pasaje nos cuenta cómo Jesús, entrando en la ciudad de Naín, en Galilea, se encontró con un cortejo fúnebre que acompañaba a la sepultura a un joven, hijo único de una madre viuda. Jesús, impresionado por el dolor desgarrador de esa mujer, realizó el milagro de resucitar a su hijo. Pero el milagro llegó después de una secuencia de actitudes y gestos: «Al verla, el Señor se compadeció de ella y le dijo: “No llores”. Y acercándose al féretro, lo tocó (los que lo llevaban se pararon)» (Lc 7,13-14). Detengámonos a meditar sobre alguno de estos gestos y palabras del Señor.

Ver el dolor y la muerte

Jesús puso su mirada atenta, no distraída, en ese cortejo fúnebre. En medio de la multitud percibió el rostro de una mujer con un sufrimiento extremo. Su mirada provocó el encuentro, fuente de vida nueva. No hubo necesidad de muchas palabras.

Y mi mirada, ¿cómo es? ¿Miro con ojos atentos, o lo hago como cuando doy un vistazo rápido a las miles de fotos de mi celular o de los perfiles sociales? Cuántas veces hoy nos pasa que somos testigos oculares de muchos eventos, pero nunca los vivimos en directo. A veces, nuestra primera reacción es grabar la escena con el celular, quizás omitiendo mirar a los ojos a las personas involucradas.

A nuestro alrededor, pero a veces también en nuestro interior, encontramos realidades de muerte: física, espiritual, emotiva, social. ¿Nos damos cuenta o simplemente sufrimos las consecuencias de ello? ¿Hay algo que podamos hacer para volver a dar vida?

Pienso en tantas situaciones negativas vividas por vuestros coetáneos. Hay quien, por ejemplo, se juega todo en el hoy, poniendo en peligro su propia vida con experiencias extremas. Otros jóvenes, en cambio, están “muertos” porque han perdido la esperanza. Escuché decir a una joven: “Entre mis amigos veo que se ha perdido el empuje para arriesgar, el valor para levantarse”. Por desgracia, también entre los jóvenes se difunde la depresión, que en algunos casos puede llevar incluso a la tentación de quitarse la vida. Cuántas situaciones en las que reina la apatía, en las que caemos en el abismo de la angustia y del remordimiento. Cuántos jóvenes lloran sin que nadie escuche el grito de su alma. A su alrededor hay tantas veces miradas distraídas, indiferentes, de quien quizás disfruta su propia happy hour manteniéndose a distancia.

Hay quien sobrevive en la superficialidad, creyéndose vivo mientras por dentro está muerto (cf. Ap 3,1). Uno se puede encontrar con veinte años arrastrando su vida por el suelo, sin estar a la altura de la propia dignidad. Todo se reduce a un “dejar pasar la vida” buscando alguna gratificación: un poco de diversión, algunas migajas de atención y de afecto por parte de los demás… Hay también un difuso narcisismo digital, que influye tanto en los jóvenes como en los adultos. Muchos viven así. Algunos de ellos puede que hayan respirado a su alrededor el materialismo de quien sólo piensa en hacer dinero y alcanzar una posición, casi como si fuesen las únicas metas de la vida. Con el tiempo aparecerá inevitablemente un sordo malestar, una apatía, un aburrimiento de la vida cada vez más angustioso.

Las actitudes negativas también pueden ser provocadas por los fracasos personales, cuando algo que nos importaba, para lo que nos habíamos comprometido, no progresa o no alcanza los resultados esperados. Puede suceder en el ámbito escolar, con las aspiraciones deportivas, artísticas… El final de un “sueño” puede hacernos sentir muertos. Pero los fracasos forman parte de la vida de todo ser humano, y en ocasiones pueden revelarse también como una gracia. Muchas veces, lo que pensábamos que nos haría felices resulta ser una ilusión, un ídolo. Los ídolos pretenden todo de nosotros haciéndonos esclavos, pero no dan nada a cambio. Y al final se derrumban, dejando sólo polvo y humo. En este sentido los fracasos, si derriban a los ídolos, son una bendición, aunque nos hagan sufrir.

Podríamos seguir con otras condiciones de muerte física o moral en las que un joven se puede encontrar, como las dependencias, el crimen, la miseria, una enfermedad grave… Pero dejo para vuestra reflexión personal tomar conciencia de lo que ha causado “muerte” en vosotros o en alguien cercano, en el presente o en el pasado. Al mismo tiempo, recordemos que aquel muchacho del Evangelio, que estaba verdaderamente muerto, volvió a la vida porque fue mirado por Alguien que quería que viviera. Esto puede suceder incluso hoy y cada día.

Tener compasión

Con frecuencia, las Sagradas Escrituras expresan el estado de ánimo de quien se deja tocar “hasta las entrañas” por el dolor ajeno. La conmoción de Jesús lo hace partícipe de la realidad del otro. Toma sobre sí la miseria del otro. El dolor de esa madre se convierte en su dolor. La muerte de ese hijo se convierte en su muerte.

En muchas ocasiones los jóvenes demostráis que sabéis con-padecer. Es suficiente ver cuántos de vosotros se entregan con generosidad cuando las circunstancias lo exigen. No hay desastre, terremoto, aluvión que no vea ejércitos de jóvenes voluntarios disponibles para echar una mano. También la gran movilización de jóvenes que quieren defender la creación testimonia vuestra capacidad para oír el grito de la tierra.

Queridos jóvenes: No os dejéis robar esa sensibilidad. Que siempre podáis escuchar el gemido de quien sufre; dejaos conmover por aquellos que lloran y mueren en el mundo actual. «Ciertas realidades de la vida solamente se ven con los ojos limpios por las lágrimas» (Christus vivit, 76). Si sabéis llorar con quien llora, seréis verdaderamente felices. Muchos de vuestros coetáneos carecen de oportunidades, sufren violencia, persecución. Que sus heridas se conviertan en las vuestras, y seréis portadores de esperanza para este mundo. Podréis decir al hermano, a la hermana: “Levántate, no estás solo”, y hacer experimentar que Dios Padre nos ama y que Jesús es su mano tendida para levantarnos.

Acercarse y “tocar”

Jesús detiene el cortejo fúnebre. Se acerca, se hace prójimo. La cercanía nos empuja más allá y se hace gesto valiente para que el otro viva. Gesto profético. Es el toque de Jesús, el Viviente, que comunica la vida. Un toque que infunde el Espíritu Santo en el cuerpo muerto del muchacho y reaviva de nuevo sus funciones vitales.

Ese toque penetra en la realidad del desánimo y de la desesperación. Es el toque de la divinidad, que pasa también a través del auténtico amor humano y abre espacios impensables de libertad, dignidad, esperanza, vida nueva y plena. La eficacia de este gesto de Jesús es incalculable. Esto nos recuerda que también un signo de cercanía, sencillo pero concreto, puede suscitar fuerzas de resurrección.

Sí, también vosotros jóvenes podéis acercaros a las realidades de dolor y de muerte que encontráis, podéis tocarlas y generar vida como Jesús. Esto es posible, gracias al Espíritu Santo, si vosotros antes habéis sido tocados por su amor, si vuestro corazón ha sido enternecido por la experiencia de su bondad hacia vosotros. Entonces, si sentís dentro la conmovedora ternura de Dios por cada criatura viviente, especialmente por el hermano hambriento, sediento, enfermo, desnudo, encarcelado, entonces podréis acercaros como Él, tocar como Él, y transmitir su vida a vuestros amigos que están muertos por dentro, que sufren o han perdido la fe y la esperanza.

“¡Joven, a ti te digo, levántate!”

El Evangelio no dice el nombre del muchacho que Jesús resucitó en Naín. Esto es una invitación al lector para que se identifique con él. Jesús te habla a ti, a mí, a cada uno de nosotros, y nos dice: «¡Levántate!». Sabemos bien que también nosotros cristianos caemos y nos debemos levantar continuamente. Sólo quien no camina no cae, pero tampoco avanza. Por eso es necesario acoger la ayuda de Cristo y hacer un acto de fe en Dios. El primer paso es aceptar levantarse. La nueva vida que Él nos dará será buena y digna de ser vivida, porque estará sostenida por Alguien que también nos acompañará en el futuro, sin dejarnos nunca, ayudándonos a gastar nuestra existencia de manera digna y fecunda.

Es realmente una nueva creación, un nuevo nacimiento. No es un condicionamiento psicológico. Probablemente, en los momentos de dificultad, muchos de vosotros habréis sentido repetir las palabras “mágicas” que hoy están de moda y deberían solucionarlo todo: “Debes creer en ti mismo”, “tienes que encontrar fuerza en tu interior”, “debes tomar conciencia de tu energía positiva”… Pero todas estas son simples palabras y para quien está verdaderamente “muerto por dentro” no funcionan. La palabra de Cristo es de otro espesor, es infinitamente superior. Es una palabra divina y creadora, que sola puede devolver la vida allí donde se había extinguido.

La nueva vida “de resucitados”

El joven, dice el Evangelio, «empezó a hablar» (Lc 7,15). La primera reacción de una persona que ha sido tocada y restituida a la vida por Cristo es expresarse, manifestar sin miedo y sin complejos lo que tiene dentro, su personalidad, sus deseos, sus necesidades, sus sueños. Tal vez nunca antes lo había hecho, convencida de que nadie iba a poder entenderla.

Hablar significa también entrar en relación con los demás. Cuando estamos “muertos” nos encerramos en nosotros mismos, las relaciones se interrumpen, o se convierten en superficiales, falsas, hipócritas. Cuando Jesús vuelve a darnos vida, nos “restituye” a los demás (cf. v. 15).

Hoy a menudo hay “conexión” pero no comunicación. El uso de los dispositivos electrónicos, si no es equilibrado, puede hacernos permanecer pegados a una pantalla. Con este mensaje quisiera lanzar, junto a vosotros, los jóvenes, el desafío de un giro cultural, a partir de este “levántate” de Jesús. En una cultura que quiere a los jóvenes aislados y replegados en mundos virtuales, hagamos circular esta palabra de Jesús: “Levántate”. Es una invitación a abrirse a una realidad que va mucho más allá de lo virtual. Esto no significa despreciar la tecnología, sino utilizarla como un medio y no como un fin. “Levántate” significa también “sueña”, “arriesga”, “comprométete para cambiar el mundo”, enciende de nuevo tus deseos, contempla el cielo, las estrellas, el mundo a tu alrededor. “Levántate y sé lo que eres”. Gracias a este mensaje, muchos rostros apagados de jóvenes que están a nuestro alrededor se animarán y serán más hermosos que cualquier realidad virtual.

Porque si tú das la vida, alguno la acoge. Una joven dijo: “Si ves algo bonito, te levantas del sofá y decides hacerlo tú también”. Lo que es hermoso suscita pasión. Y si un joven se apasiona por algo, o mejor, por Alguien, finalmente se levanta y comienza a hacer cosas grandes; de muerto que estaba, puede convertirse en testigo de Cristo y dar la vida por Él.

Queridos jóvenes: ¿Cuáles son vuestras pasiones y vuestros sueños? Hacedlos surgir y, a través de ellos, proponed al mundo, a la Iglesia, a los otros jóvenes, algo hermoso en el campo espiritual, artístico, social. Os lo repito en mi lengua materna: ¡hagan lío! Haced escuchar vuestra voz. De otro joven escuché: “Si Jesús hubiese sido uno que no se implica, que va sólo a lo suyo, el hijo de la viuda no habría resucitado”.

La resurrección del muchacho lo reúne con su madre. En esta madre podemos ver a María, nuestra Madre, a quien encomendamos a todos los jóvenes del mundo. En ella podemos reconocer también a la Iglesia, que quiere acoger con ternura a cada joven, sin excepción. Pidamos, pues, a María por la Iglesia, para que sea siempre madre de sus hijos que permanecen en la muerte, y que llora e invoca para que vuelvan a la vida. Por cada uno de sus hijos que muere, muere también la Iglesia, y por cada hijo que resurge, también ella resurge.

Bendigo vuestro camino. Y vosotros, por favor, no os olvidéis de rezar por mí.

Roma, San Juan de Letrán, 11 de febrero de 2020,

Memoria de la Bienaventurada Virgen María de Lourdes.

FRANCISCO

[00311-ES.01] [Texto original: Italiano]

Traduzione in lingua portoghese

«Jovem, Eu te digo, levanta-te! » (cf. Lc 7, 14)

Queridos jovens,

No mês de outubro de 2018, através do Sínodo dos Bispos dedicado ao tema Os jovens, a fé e o discernimento vocacional, a Igreja lançou um processo de reflexão sobre a vossa condição no mundo atual, a vossa busca de um sentido e um projeto na vida, a vossa relação com Deus. Depois, em janeiro de 2019, encontrei centenas de milhares de coetâneos vossos de todo o mundo, reunidos no Panamá para a Jornada Mundial da Juventude. Acontecimentos como estes – Sínodo e JMJ – manifestam uma dimensão essencial da Igreja: o «caminhar juntos».

Nesta caminhada, sempre que alcançamos um marco importante, somos desafiados por Deus e pela própria vida a pôr-nos novamente em marcha. Vós, jovens, sois especialistas nisto! Gostais de viajar, cruzar-vos com lugares e rostos nunca vistos antes, viver novas experiências. Por isso, como destino da vossa próxima peregrinação intercontinental em 2022, escolhi a cidade de Lisboa, capital de Portugal. De lá, nos séculos XV e XVI, inúmeros jovens, incluindo muitos missionários, partiram para terras desconhecidas a fim de partilhar a sua experiência de Jesus com outros povos e nações. O tema da JMJ de Lisboa será: «Maria levantou-Se e partiu apressadamente» (Lc 1, 39). Nos dois anos que precedem o Encontro, pensei em refletir juntamente convosco sobre outros dois textos bíblicos: «Jovem, Eu te digo, levanta-te! (cf. Lc 7, 14)», em 2020, e «Levanta-te! Eu te constituo testemunha do que viste! (cf. At 26, 16)», em 2021.

Como podeis ver, o verbo comum aos três temas é levantar-se. Esta palavra possui também o significado de ressuscitar, despertar para a vida. É um verbo frequente na Exortação Christus vivit (Cristo vive), que vos dediquei depois do Sínodo de 2018 e que, juntamente com o Documento Final, a Igreja vos oferece como um farol para iluminar as sendas da vossa existência. Espero de todo o coração que o caminho que nos levará a Lisboa coincida em toda a Igreja com um forte empenho na concretização destes dois documentos, orientando a missão dos animadores da pastoral juvenil.

Passemos agora ao nosso tema deste ano: Jovem, Eu te digo, levanta-te! (cf. Lc 7, 14). Já citei este versículo do Evangelho na Exortação Christus vivit: «Se perdeste o vigor interior, os sonhos, o entusiasmo, a esperança e a generosidade, diante de ti está Jesus, como parou diante do filho morto da viúva, e o Senhor, com todo o seu poder de Ressuscitado, exorta-te: “Jovem, Eu te ordeno: Levanta-te!”» (n. 20).

Neste texto, vemos que Jesus, ao entrar na cidade de Naim, na Galileia, se depara com um cortejo fúnebre acompanhando à sepultura um jovem, filho único duma mãe viúva. Tocado pelo sofrimento angustiado daquela mulher, Jesus faz o milagre de lhe ressuscitar o filho. Entretanto o milagre tem lugar depois duma série de atitudes e gestos: «Vendo-a, o Senhor compadeceu-Se dela e disse-lhe: “Não chores”. Aproximando-Se, tocou no caixão, e os que o transportavam pararam» (Lc 7, 13-14). Detenhamo-nos a meditar sobre alguns destes gestos e palavras do Senhor.

Ver o sofrimento e a morte

Jesus pousa um olhar atento, não distraído, sobre aquele cortejo fúnebre. No meio da multidão, avista o rosto duma mulher marcado por extremo sofrimento. O seu olhar gera o encontro, fonte de vida nova. Não há necessidade de muitas palavras.

Como é o meu olhar? Vejo com olhos atentos ou como faço ao repassar rapidamente as milhares de fotografias no meu telemóvel ou os perfis sociais? Quantas vezes nos acontece, hoje, ser testemunhas oculares de inúmeros acontecimentos, sem nunca os vivermos ao vivo! Às vezes, a nossa primeira reação é filmar a cena com o telemóvel, talvez esquecendo-nos de fixar nos olhos as pessoas envolvidas.

Ao nosso redor e às vezes mesmo dentro de nós, deparamo-nos com realidades de morte: física, espiritual, emocional, social. Damo-nos conta disso ou limitamo-nos a sofrer as consequências? Haverá algo que possamos fazer para restabelecer a vida?

Penso em tantas situações negativas vividas pelos vossos coetâneos. Por exemplo, há quem arrisque tudo no momento presente com experiências extremas, colocando em perigo a própria vida. Mas há outros jovens que estão «mortos», porque perderam a esperança. Ouvi uma moça dizer: «Vejo que, entre os meus amigos, se perdeu o ímpeto para se comprometer, a coragem de se levantar». Infelizmente, entre os jovens, alastra também a depressão, que pode, em alguns casos, levar à tentação de destruir a própria vida. Há tantas situações onde reina a apatia e o indivíduo se perde num abismo de angústias e remorsos. Inúmeros jovens choram, sem que ninguém ouça o grito da sua alma. Muitas vezes, ao seu redor, o que há são olhares distraídos, indiferentes talvez mesmo de quem esteja a gozar os seus momentos felizes mantendo-se à larga.

Há quem deixe correr os dias na superficialidade, considerando-se vivo quando dentro, na realidade, está morto (cf. Ap 3, 1). É possível encontrar-se aos vinte anos a arrastar uma vida decadente, não à altura da própria dignidade. Tudo se reduz a um «deixar correr», contentando-se com qualquer gratificação: um pouco de diversão, algumas migalhas de atenção e carinho dos outros, etc. Há também um generalizado narcisismo digital, que influencia tanto jovens como adultos. Muitos vivem assim! Alguns deles talvez tenham respirado ao seu redor o materialismo de quem pensa apenas em ganhar dinheiro e estabelecer-se na vida, como se fossem os únicos objetivos da mesma. A longo prazo, irá inevitavelmente aparecer um surdo mal-estar, uma apatia, um tédio de viver, cada vez mais angustiante.

Os comportamentos negativos podem ser provocados também por fracassos pessoais, quando algo que tínhamos a peito e por que nos tínhamos esforçado deixa de progredir ou não produz os resultados esperados. Pode acontecer no campo escolar, ou com pretensões desportivas e artísticas, etc. O fim dum «sonho» pode levar a sentir-se morto. Mas os fracassos fazem parte da vida de todo o ser humano, podendo às vezes revelar-se até uma graça. Com frequência algo que pensávamos nos iria dar felicidade revela-se uma ilusão, um ídolo. Os ídolos pretendem tudo de nós, escravizando-nos; mas nada dão em troca. E no fim desabam, deixando apenas pó e fumo. Neste sentido os fracassos, se fizerem cair os ídolos, são bons, ainda que nos façam sofrer.

Poder-se-ia continuar com outras situações de morte física ou moral em que é possível encontrar-se um jovem, tais como os vícios, o crime, a miséria, uma doença grave, etc. Mas deixo-o para vós refletirdes pessoalmente e tomardes consciência do que causou «morte» em vós ou em alguém próximo de vós, no presente ou no passado. Ao mesmo tempo, lembrai-vos de que aquele jovem do Evangelho – estava realmente morto – voltou à vida, porque foi visto por Alguém que queria que ele vivesse. Isto pode acontecer ainda hoje e todos os dias.

Ter compaixão

Muitas vezes, a Sagrada Escritura refere o estado de ânimo de quem se deixa comover «até às entranhas» pela dor alheia. A comoção de Jesus torna-O participante da realidade do outro. Toma sobre Si a miséria do outro. A dor daquela mãe torna-se a sua dor. A morte daquele filho torna-se a sua morte.

Em muitas ocasiões, vós, jovens, demonstrais que vos sabeis com-padecer. Basta ver como tantos de vós se doam generosamente, quando as circunstâncias o exigem. Não há desastre, terremoto, inundação que não veja grupos de jovens voluntários mostrarem-se disponíveis para socorrer. Também a grande mobilização de jovens que querem defender a criação dá testemunho da vossa capacidade de ouvir o clamor da terra.

Queridos jovens, não deixeis que vos roubem esta sensibilidade. Oxalá ouçais sempre o gemido de quem sofre; oxalá vos deixeis comover por aqueles que choram e morrem no mundo atual. «Certas realidades da vida só se veem com os olhos limpos pelas lágrimas» (Christus vivit, 76). Se souberdes chorar com quem chora, sereis verdadeiramente felizes. Há tantos coetâneos vossos que se veem privados de oportunidades, sofrem violências, perseguições. Que as suas feridas se tornem as vossas, e sereis portadores de esperança neste mundo. Podereis dizer ao irmão, à irmã «levanta-te, não estás sozinho, não estás sozinha», fazendo-lhe experimentar que Deus Pai nos ama e Jesus é a sua mão estendida para nos erguer.

Aproximar-se e «tocar»

Jesus para o cortejo fúnebre. Avizinha-Se, faz-Se próximo. A proximidade impele a ir mais além, cumprindo um gesto corajoso para que o outro viva. Gesto profético é o toque de Jesus, o Vivente, que comunica a vida. Um toque que infunde o Espírito Santo no corpo morto do jovem e reacende as suas funções vitais.

Aquele toque penetra numa realidade de desolação e desespero. É o toque do Divino, que passa também através do amor humano autêntico e abre espaços inimagináveis de liberdade, dignidade, esperança, vida nova e plena. A eficácia deste gesto de Jesus é incalculável: lembra-nos que um sinal de proximidade, mesmo simples mas concreto, pode suscitar forças de ressurreição.

Sim! Também vós, jovens, podeis aproximar-vos das realidades de sofrimento e morte que encontrais, podeis tocá-las e gerar vida como Jesus. Isso é possível, graças ao Espírito Santo, se primeiro fordes tocados vós pelo seu amor, se o vosso coração se deixar enternecer pela experiência da sua bondade para convosco. Ora, se sentirdes dentro de vós esta ternura apaixonada de Deus por cada criatura viva, especialmente pelo irmão faminto, sedento, enfermo, nu, encarcerado, então podereis aproximar-vos como Ele, tocar como Ele e transmitir a sua vida aos vossos amigos que estão mortos por dentro, que sofrem ou perderam a fé e a esperança.

«Jovem, Eu te digo, levanta-te!»

O Evangelho não refere o nome daquele jovem ressuscitado por Jesus em Naim. Isto é um convite ao leitor, para se identificar com ele. Jesus fala a ti, a mim, a cada um de nós e diz: «Levanta-te!». Bem sabemos que também nós, cristãos, caímos e sempre nos devemos levantar. Só quem não caminha é que não cai; mas também não avança para diante. Por isso, é preciso acolher a intervenção de Cristo e fazer um ato de fé em Deus. O primeiro passo é aceitar levantar-se. A nova vida que Ele nos der, será boa e digna de ser vivida, porque será sustentada por Alguém que nos acompanhará também no futuro sem nunca nos deixar, ajudando-nos a gastar de forma digna e fecunda esta nossa existência

É verdadeiramente uma nova criação, um novo nascimento; e não mera persuasão psicológica. Provavelmente, nos momentos de dificuldade, muitos de vós ouviram repetir-lhe certas frases «mágicas» que estão de moda hoje e deveriam resolver tudo: «deves acreditar em ti próprio», «deves encontrar os recursos dentro de ti», «deves tomar consciência da tua energia positiva», etc. Mas todas elas não passam de meras palavras e, para quem estiver verdadeiramente morto dentro, não funcionam. A palavra de Cristo tem outra espessura: é infinitamente superior; é uma palavra divina e criadora, a única que pode restabelecer a vida onde esta se apagou.

A nova vida «de ressuscitados»

Diz o Evangelho que o jovem «começou a falar» (Lc 7, 15). A primeira reação duma pessoa que foi tocada e restituída à vida por Cristo é expressar-se, manifestar sem medo nem complexos o que tem dentro: a sua personalidade, os seus desejos, as suas necessidades, os seus sonhos. Talvez nunca o tivesse feito antes; estava convencida que ninguém a poderia compreender.

Falar significa também entrar em relação com os outros. Quando se está «morto», o indivíduo fecha-se em si mesmo: interrompem-se as relações ou tornam-se superficiais, falsas, hipócritas. Quando Jesus nos devolve a vida, «restitui-nos» aos outros (cf. Lc 7, 15).

Hoje muitas vezes há «conexão», mas não comunicação. Se o uso dos aparelhos eletrónicos não for equilibrado, pode levar-nos a ficar sempre colados a um visor. Com esta mensagem, queridos jovens, gostaria também de lançar juntamente convosco o desafio duma viragem cultural, a partir deste «levanta-te» de Jesus. Numa cultura que quer os jovens isolados e debruçados sobre mundos virtuais, façamos circular esta palavra de Jesus: «Levanta-te». É um convite a abrir-se para uma realidade que vai muito além do virtual. Isto não significa desprezar a tecnologia, mas usá-la como um meio e não como fim. «Levanta-te» significa também «sonha», «arrisca», «esforça-te por mudar o mundo», reacende os teus desejos, contempla o céu, as estrelas, o mundo ao teu redor. «Levanta-te e torna-te aquilo que és». Graças a esta mensagem, muitos rostos apagados de jovens ao nosso redor animar-se-ão tornando-se muito mais belos do que qualquer realidade virtual.

Porque se tu dás a vida, alguém a acolhe. Uma jovem disse: «Levantas-te do sofá, quando vês uma coisa estupenda e decides fazê-la também tu». O que é belo, apaixona. E se um jovem se apaixona por qualquer coisa, ou melhor, por Alguém, por fim levanta-se e começa a fazer grandes coisas; e, de morto que estava, pode tornar-se testemunha de Cristo e dar a vida por Ele.

Queridos jovens, quais são as vossas paixões e os vossos sonhos? Fazei-os sobressair e, através deles, proponde ao mundo, à Igreja, a outros jovens, algo de belo no campo espiritual, artístico e social. Deixai que vo-lo repita na minha língua materna: «hagan lìo – fazei-vos ouvir!» Ouvi dizer a outro jovem: «Se Jesus tivesse sido alguém preocupado apenas com as suas coisas, o filho da viúva não teria ressuscitado».

A ressurreição do jovem reuniu-o à sua mãe. Nesta mãe, podemos ver Maria, nossa Mãe, a Quem confiamos todos os jovens do mundo. Nela podemos reconhecer também a Igreja, que quer acolher com ternura os jovens todos, sem excluir nenhum. Assim rezemos a Maria pela Igreja, para que seja sempre mãe dos seus filhos que se encontram na morte, chorando e pedindo o seu renascimento. Por cada filho seu que morre, morre também a Igreja; e por cada filho que ressuscita, também ela ressuscita.

Abençoo a vossa caminhada. E, por favor, não vos esqueçais de rezar por mim.

Roma, na Basílica de São João de Laterão, 11 de fevereiro

Memória de Nossa Senhora de Lurdes – de 2020.

FRANCISCO

[00311-PO.01] [Texto original: Italiano]

Traduzione in lingua polacca

„Młodzieńcze, tobie mówię wstań” (por. Łk 7, 14)

Najdrożsi młodzi,

w październiku 2018 r., wraz z Synodem Biskupów na temat „Młodzi, wiara i rozeznawanie powołania”, Kościół podjął proces refleksji nad waszą sytuacją we współczesnym świecie, nad waszym poszukiwaniem sensu i projektu życia, waszą relacją z Bogiem. W styczniu 2019 roku spotkałem setki tysięcy waszych rówieśników z całego świata, zebranych w Panamie na Światowym Dniu Młodzieży. Wydarzenia tego typu – Synod i ŚDM – wyrażają zasadniczy wymiar Kościoła: „podążać razem”.

Na tej drodze, za każdym razem, gdy osiągamy ważny punkt, jesteśmy wezwani przez Boga i przez samo życie, by zacząć od nowa. Wy, ludzie młodzi, jesteście w tym biegli! Lubicie podróżować, stawać przed miejscami i twarzami, których nigdy wcześniej nie widzieliście, przeżyć nowe doświadczenia. Wybrałem więc jako miejsce docelowe waszej następnej pielgrzymki międzykontynentalnej, w 2022 roku Lizbonę, stolicę Portugalii. Stamtąd w piętnastym i szesnastym wieku liczni młodzi ludzie, w tym wielu misjonarzy, wyjechali do nieznanych krajów, aby podzielić się również swoim doświadczeniem Jezusa z innymi ludami i narodami. Temat ŚDM w Lizbonie będzie brzmiał: „Maryja wstała i poszła z pośpiechem” (Łk 1, 39). Pomyślałem, aby w ciągu dwóch lat poprzedzających to spotkanie, wraz z wami zastanowić się nad dwoma innymi tekstami biblijnymi: „Młodzieńcze, tobie mówię wstań” (por. Łk 7, 14), w 2020 r., i  „Wstań. Ustanawiam cię świadkiem tego, co zobaczyłeś” (por. Dz 26, 16), w 2021 roku.

Jak widzicie wspólnym czasownikiem dla trzech tematów jest  „wstać”. Wyrażenie to nabiera także znaczenia odradzania się, przebudzenia do życia. To czasownik powtarzający się w adhortacji Christus vivit (Chrystus żyje!), którą wam poświęciłem po Synodzie w 2018 roku i którą, wraz z dokumentem końcowym, Kościół daje wam jako latarnię, by rzucić światło na drogi waszego życia. Ufam całym sercem, że droga, która będzie nas wiodła do Lizbony, zbiegnie się w całym Kościele z silnym zaangażowaniem we wdrażanie tych dwóch dokumentów, ukierunkowując misję animatorów duszpasterstwa młodzieżowego.

Przejdźmy teraz do naszego tegorocznego tematu: „Młodzieńcze, tobie mówię wstań” (por. Łk 7, 14). Cytowałem już ten werset z Ewangelii w Christus vivit: „Jeśli utraciłeś wewnętrzny wigor, marzenia, entuzjazm, nadzieję i wspaniałomyślność, Jezus ukazuje się tobie, tak jak stanął przed zmarłym synem wdowy, i z całą swoją mocą Zmartwychwstałego Pan zachęca cię: «Młodzieńcze, tobie mówię wstań!» (Łk 7, 14)” (n. 20).

Fragment ten opowiada nam, jak Jezus, wchodząc do miasta Nain w Galilei, spotkał kondukt pogrzebowy towarzyszący pogrzebowi młodego mężczyzny, jedynego syna owdowiałej matki. Jezus, poruszony rozdzierającym bólem tej kobiety dokonał cudu wskrzeszenia jej syna. Ale cud nastąpił po całym ciągu postaw i gestów: „Na jej widok Pan użalił się nad nią i rzekł do niej: «Nie płacz!»  Potem przystąpił, dotknął się mar - a ci, którzy je nieśli, stanęli” (Łk 7, 13-14). Zatrzymajmy się, by przemyśleć niektóre z tych gestów i słów Pana.

Zobaczyć cierpienie i śmierć

Jezus przygląda się temu konduktowi pogrzebowemu uważnie i w skupieniu. W tłumie widzi twarz kobiety, przeżywającej skrajne cierpienie. Jego spojrzenie rodzi spotkanie, będące źródłem nowego życia. Nie trzeba wielu słów.

A jakie jest moje spojrzenie? Czy patrzę czujnym okiem, czy też tak, jakbym szybko przeglądał tysiące zdjęć w mojej komórce czy na profilu społecznościowym? Ileż razy zdarza się, że jesteśmy dzisiaj naocznymi świadkami wielu wydarzeń, nigdy nie doświadczając ich na żywo! Czasami naszą pierwszą reakcją jest nakręcenie sceny za pomocą telefonu komórkowego, być może nie zwracając uwagi, aby spojrzeć w oczy ludziom biorącym w niej udział.

Dookoła nas, ale czasem także w nas samych, napotykamy realia śmierci: fizycznej, duchowej, emocjonalnej, społecznej. Czy to zauważamy, czy po prostu ponosimy konsekwencje? Czy coś możemy uczynić, by przywrócić życie?

Myślę o wielu sytuacjach negatywnych, jakie przeżywają wasi  rówieśnicy. Są na przykład tacy, którzy wszystko rozgrywają dzisiaj, narażając swoje życie w ekstremalnych doświadczeniach. Natomiast inni młodzi „umarli”, ponieważ zatracili nadzieję. Słyszałem od pewnej dziewczyny: „Wśród moich przyjaciół widzę osoby, które utraciły entuzjazm, żeby się zaangażować, odwagę, żeby się podnieść”. Niestety również wśród młodych rozprzestrzenia się depresja, która w niektórych przypadkach może nawet prowadzić do pokusy odebrania sobie życia. Ileż sytuacji, w których panuje apatia, w których gubimy się w otchłani udręki i wyrzutów sumienia! Iluż młodych ludzi płacze, a nikt nie słucha krzyku ich duszy! Wokół nich często roztargnione spojrzenia tych, którzy być może cieszą się swoją happy hour, zachowując dystans.

Są tacy, którzy wegetują powierzchownie, sądząc, że żyją, podczas gdy wewnątrz są martwi (por. Ap 3, 1). Można mieć dwadzieścia lat i wlec życie w dół, nie na miarę swej godności. Wszystko sprowadza się do tego, by „dać sobie żyć”, dążąc do odrobiny satysfakcji: trochę zabawy, trochę okruchów uprzejmości i uczucia od innych... Istnieje również rozpowszechniony narcyzm cyfrowy, który dotyka zarówno młodych, jak i dorosłych. Wielu tak żyje! Być może niektórzy z nich oddychali wokół siebie materializmem ludzi myślących tylko o zarabianiu pieniędzy i urządzeniu się, jak gdyby były to jedyne cele życia. Na dłuższą metę pojawi się nieuchronnie głuchy niepokój, apatia, nuda życia, coraz bardziej bolesna.

Postawy negatywne mogą być również wywoływane niepowodzeniami osobistymi, gdy coś, na czym nam zależało, w co byliśmy zaangażowani, nie posuwa się naprzód czy nie osiąga   pożądanych rezultatów. Może się to zdarzyć w dziedzinie edukacji lub z ambicjami sportowymi, czy artystycznymi... Kres „marzeń” może sprawić, że poczujesz się martwy. Ale niepowodzenia należą do życia każdego człowieka, a czasem mogą się nawet okazać łaską! Często coś, co naszym zdaniem dawało szczęście, okazuje się iluzją, idolem. Bożki żądają od nas wszystkiego, czyniąc nas niewolnikami, ale nic nie dają w zamian. I w końcu upadają, pozostawiając jedynie kurz i dym. W tym sensie niepowodzenia, jeśli powodują upadek bożków, są dobre, nawet jeśli sprawiają cierpienie.

Moglibyśmy kontynuować mówiąc o innych sytuacjach śmierci fizycznej lub moralnej, w których może się znaleźć młoda osoba, takie jak uzależnienia, przestępstwa, nędza, poważna choroba... Ale zostawiam wam do osobistego rozważenia i uświadomienia sobie tego, co spowodowało „śmierć” w was lub w kimś wam bliskim, obecnie, lub w przeszłości. Jednocześnie pamiętajcie, że ten młodzieniec z Ewangelii, który naprawdę umarł, powrócił do życia, ponieważ spojrzał na niego Ktoś, kto chciał, aby żył. To może się zdarzyć dzisiaj i każdego dnia.

Ulitować się

Pismo Święte często opisuje nastrój tych, którzy pozwalają się poruszyć „dogłębnie” cierpieniem innych. Wzruszenie Jezusa czyni Go uczestnikiem rzeczywistości drugiego człowieka. Przyjmuje na siebie nędzę drugiego. Cierpienie tej matki staje się Jego cierpieniem. Śmierć tego syna staje się Jego śmiercią.

Przy wielu okazjach wy, młodzi okazujecie, że umiecie cierpieć wraz z drugą osobą. Wystarczy zobaczyć jak wielu z was wielkodusznie poświęca się, gdy wymagają tego okoliczności. Nie ma katastrofy, trzęsienia ziemi, powodzi, które by nie powodowały, że grupy młodych wolontariuszy są gotowe do pomocy. Także wielka mobilizacja ludzi młodych, którzy chcą bronić świata stworzonego, świadczy również o waszej zdolności do usłyszenia krzyku ziemi.

Drodzy młodzi, nie pozwólcie ukraść sobie tej wrażliwości! Obyście zawsze słyszeli jęk tych, którzy cierpią; wzruszali się tymi, którzy płaczą i umierają w dzisiejszym świecie. „Pewne realia życia można zobaczyć jedynie oczami obmytymi przez łzy” (Christus vivit, 76). Jeśli będziecie umieli płakać z tymi, którzy płaczą, będziecie naprawdę szczęśliwi. Wielu z waszych rówieśników nie ma szans, doznają przemocy, prześladowań. Niech ich rany staną się waszymi, a będziecie nieśli nadzieję w ten świat. Będziecie mogli powiedzieć swojemu bratu, swojej siostrze: „Wstań, nie jesteś sam” i sprawić, by doświadczyli, że Bóg Ojciec nas kocha, a Jezus jest Jego ręką wyciągniętą ku nam.

Przystąpić i „dotknąć”

Jezus zatrzymuje kondukt pogrzebowy. Podchodzi, staje się bliźnim. Bliskość sięga dalej i staje się odważnym gestem, aby drugi żył. To gest proroczy. To dotyk Jezusa, Żyjącego, który przekazuje życie. Dotyk, który wszczepia Ducha Świętego w martwe ciało chłopca i przywraca jego funkcje życiowe.

Ten dotyk przenika rzeczywistość przygnębienia i rozpaczy. Jest to dotyk Boskości, który obejmuje także autentyczną ludzką miłość i otwiera niewyobrażalne przestrzenie wolności, godności, nadziei, nowego i pełnego życia. Skuteczność tego gestu Jezusa jest nieobliczalna. Przypomina nam, że także znak bliskości, prosty, ale konkretny, może rozbudzić siły zmartwychwstania.

Tak, również wy, ludzie młodzi, możecie zbliżyć się do sytuacji bólu i śmierci, jakie napotykacie, możecie ich dotknąć i zrodzić życie tak, jak Jezus. Jest to możliwe dzięki Duchowi Świętemu, jeśli wy sami jako pierwsi zostaliście dotknięci Jego miłością, jeśli wasze serca zostały poruszone doświadczeniem Jego dobroci względem was. Jeśli zatem odczuwacie w swoim wnętrzu żarliwą czułość Boga wobec każdego żywego stworzenia, szczególnie dla brata głodnego, spragnionego, chorego, nagiego, uwięzionego, to wówczas będziecie mogli zbliżyć się do niego tak, jak On, dotknąć jak On i przekazać życie swoim przyjaciołom, którzy umarli wewnętrznie, którzy cierpią lub utracili wiarę i nadzieję.

„Młodzieńcze, tobie mówię wstań!”

Ewangelia nie podaje imienia tego młodzieńca wskrzeszonego przez Jezusa w Nain. Jest to zaproszenie czytelnika, aby się z nim utożsamił. Jezus zwraca się do ciebie, do mnie, do każdego z nas i mówi: „Wstań!”. Dobrze wiemy, że także my, chrześcijanie, upadamy i zawsze musimy powstawać. Tylko ten, kto nie chodzi, nie upada, ale też nie idzie dalej. Dlatego trzeba przyjąć działanie Chrystusa i dokonać aktu wiary w Boga. Pierwszym krokiem jest zgodzić się, aby wstać. Nowe życie, które On nam da, będzie dobre i warte, by je przeżyć, ponieważ będzie wspierane przez Kogoś, kto będzie nam towarzyszył również w przyszłości, nigdy nas nie opuszczając, pomagając nam przeżyć nasze życie w sposób godny i owocny.

To naprawdę nowe stworzenie, nowe narodziny. To nie jest oddziaływanie psychologiczne. Zapewne w chwilach trudności wielu z was słyszało, jak powtarza się słowa „magiczne”, które są modne i powinny rozwiązać wszystko: „Musisz uwierzyć w siebie”, „Musisz znaleźć siłę w sobie”, „Musisz sobie uświadomić swoją energię pozytywną”... Ale są to wszystko zwykłe słowa, a w przypadku człowieka, który jest „wewnętrznie martwy”, nie działają. Słowo Chrystusa jest innego rodzaju, nieskończenie wznioślejsze. Jest to słowo Boskie i stwórcze, jedyne, które może przywrócić życie tam, gdzie ono obumarło.

Nowe życie jako „zmartwychwstałych”

Ewangelia powiada, że młodzieniec „zaczął mówić” (Łk 7, 15). Pierwszą reakcją osoby, która została dotknięta i przywrócona do życia przez Chrystusa, jest wyrażenie siebie, ukazanie bez lęku i bez kompleksów tego, co posiada w swym wnętrzu, swojej osobowości, pragnień, potrzeb i marzeń. Może nigdy wcześniej tego nie czyniła, była przekonana, że nikt nie może jej zrozumieć!

Mówić oznacza także nawiązywać relację z innymi. Kiedy jesteś „martwy”, zamykasz się w sobie, relacje zostają przerwane lub stają się powierzchowne, fałszywe, obłudne. Kiedy Jezus przywraca nam życie, „oddaje” nas innym (por. w. 15).

Dzisiaj często jest „łączność”, ale nie komunikacja. Korzystanie z urządzeń elektronicznych, jeśli nie jest wyważone, może sprawić, że zawsze będziemy przyklejeni do ekranu. Poprzez to orędzie chciałbym wraz z wami, młodymi, podjąć wyzwanie przemiany kulturowej, zaczynając od Jezusowego „Wstańcie!” W kulturze, która chce, aby ludzie młodzi byli odizolowani i zamknięci w świecie wirtualnym, rozpowszechniajmy to słowo Jezusa: „Wstań!”. Jest to zaproszenie do otwarcia się na rzeczywistość wykraczającą daleko poza świat wirtualny. Nie oznacza to pogardzania technologią, ale używanie jej jako środka, a nie celu. „Wstań” oznacza również „miej marzenia”, „podejmij ryzyko”, „weź udział w przemianie świata”, rozpal swe pragnienia, podziwiaj niebo, gwiazdy, świat wokół ciebie. „Wstań i stań się tym, kim jesteś!”. Dzięki temu orędziu wiele wyblakłych twarzy ludzi młodych wokół nas ożyje i stanie się o wiele piękniejszymi, niż jakakolwiek rzeczywistość wirtualna.

Jeśli bowiem dajesz życie, ktoś je przyjmuje. Pewna dziewczyna powiedziała: „Wstajesz z kanapy, jeśli widzisz coś pięknego i ty też postanawiasz to zrobić”. To, co jest piękne rozbudza pasję. A jeśli młody człowiek czymś się pasjonuje, lub – lepiej - Kimś, w końcu wstaje i zaczyna czynić wspaniałe rzeczy; z martwego, jakim był, może stać się świadkiem Chrystusa i oddać dla Niego życie.

Drodzy młodzi, jakie są wasze pasje i marzenia? Sprawcie, by się ujawniły i poprzez nie zaproponujcie światu, Kościołowi, innym ludziom młodym coś pięknego w dziedzinie duchowej, artystycznej i społecznej. Powtarzam wam w moim języku ojczystym: hagan lìo! Zróbcie raban! Od innego młodego człowieka usłyszałem: „Gdyby Jezus był kimś, kto zajmuje się swoimi sprawami, to syn wdowy nie byłby wskrzeszony”.

Wskrzeszenie młodzieńca na nowo połączyło go z matką. W tej matce możemy widzieć Maryję, naszą Matkę, której powierzamy wszystkich młodych świata. Możemy w niej również rozpoznać Kościół, który pragnie serdecznie przyjąć każdego człowieka młodego, nikogo nie wykluczając. Dlatego módlmy się do Maryi za Kościół, aby zawsze był matką swoich dzieci, które trwają w śmierci, płacząc i modląc się o ich odrodzenie. Z każdym swym dzieckiem, które umiera, umiera także Kościół, a z każdym dzieckiem, które powstaje do życia, również on powstaje do życia.

            Błogosławię wasze pielgrzymowanie. I proszę was, nie zapomnijcie za mnie się modlić.

            Rzym, u św. Jana na Lateranie, 11 lutego 2020,
            we wspomnienie Matki Bożej z Lourdes.

FRANCISZEK

[00311-PL.01] [Testo originale: Italiano]

Traduzione in lingua araba

رسالة قداسة البابا

بمناسبة اليوم العالمي للشبيبة

يوم أحد الشعانين

5 أبريل / نيسان 2020

"يا فتى، أقولُ لَكَ: قُمْ!" (را. لو 7، 14)

 

أيها الشباب الأعزّاء،

منذ أكتوبر/تشرين الأوّل 2018، مع سينودس الأساقفة حول موضوع الشبيبة والإيمان وتمييز الدعوات، بدأت الكنيسة مسيرة للتفكير في وضعكم في عالم اليوم، وفي بحثكم عن معنى لحياتكم وعن مشروع حياة، وفي علاقتكم مع الله. وفي يناير/ كانون الثاني 2019، التقيت مع مئات الآلاف من زملائكم من جميع أنحاء العالم، اجتمعوا لليوم العالمي للشبيبة في دولة بنما. إن أحداثًا من هذا النوع -السينودس واليوم العالمي للشبيبة- تعبّر عن بعد أساسيّ للكنيسة: "السير معًا".

كلّ مرّة نصِل، خلال هذه المسيرة، إلى محطّة هامّة، يتحدانا الله، والحياةُ نفسها، لننطلق من جديد. وأنتم الشباب خبراء في هذا! تحبّون السفر، واكتشاف أماكن وأوجه لم يسبق أن رأيتموها من قبل، وعيش خبرات جديدة. لذلك اخترت لكم مدينة لشبونة، عاصمة البرتغال، كوجهةٍ لمسيرة حجّكم، التي تجمعكم من كلّ القارّات، في عام 2022. لقد انطلق العديد من الشباب من تلك الأرض، في القرنين الخامس عشر والسادس عشر، بما في ذلك العديد من المرسَلين، إلى بلاد مجهولة، كي يشاركوا الشعوب والأمم الأخرى، اختبارهم مع يسوع. سوف يكون موضوع اليوم العالمي للشبيبة في لشبونة: "قَامَت مَريمُ فمَضَت مُسرِعَة" (لو 1، 39). في العامين السابقين، أردت التفكير معكم حول آيتين من الكتاب المقدس: "يا فتى، أقولُ لَكَ: قُمْ!" (را. 7، 14)، في عام 2020، و"قُمْ على قَدَمَيكَ! إني أقيمك شاهِدًا لِلرُّؤْيا الَّتي رَأَيتَ" (را. رسل 26، 16)، في عام 2021.

كما ترون، إن الفعل المشترك بين المواضيع الثلاثة هو "قم". يأخذ هذا التعبير أيضًا معنى القيامة، والنهوض من النوم للعودة إلى الحياة. ويتكرّر هذا الفعل في الإرشاد الرسولي المسيح يحيا (Christus vivit)، الذي كرّستُه لكم بعد سينودس عام 2018 والذي تقدمه لكم الكنيسة، إلى جانب الوثيقة النهائية، منارةً تنير دروب حياتكم. أتمنّى من كلّ قلبي أن تتزامن المسيرة التي ستقودنا إلى لشبونة، في الكنيسة بأكملها، مع التزام قويّ بتنفيذ هاتين الوثيقتين، في توجيه عمل المسؤولين عن رعوية الشبيبة.

ننتقل الآن إلى موضوع هذا العام: يا فتى، أقولُ لَكَ: قُمْ! (را. لو 7، 14). سبق أن ذكرت هذه الآية من الإنجيل في الإرشاد المسيح يحيا: "إن كنت قد فقدت حيويّتك الداخليّة، وأحلامك، والاندفاع، والأمل والسخاء، يقف يسوع أمامك كما وقف أمام ابن الأرملة الميت، وبكلّ قوّة قيامته يقول لك: »يا فتى، أقولُ لَكَ: قُمْ«" (رقم 20).

يروي لنا هذا المقطع كيف صادف يسوع، عند دخوله بلدة نائين، في الجليل، موكبَ جنازة كان يشيِّع فتى إلى مثواه الأخير، وهو ابن وحيد لأمٍّ أرملة. يسوع، أخذته الشفقة لألم هذه المرأة الشديد، فصنع المعجزة وأقام ابنها من الموت. لكن المعجزة أتت بعد سلسلة من المواقف والأعمال: "لَمَّا رآها الرَّبّ أَخذَتُه الشَّفَقَةُ علَيها، فقالَ لَها: «لا تَبكي!» ثُمَّ دَنا مِنَ النَّعْش، فلَمَسَه فوقَفَ حامِلوه" (لو 7، 13- 14). لنتوقّف ونتأمّل في أعمال الربّ هذه وكلماته.

رؤية الألم والموت

ألقى يسوع نظرةً متنبهة على موكب الجنازة هذا، ليست نظرة عابرة. فرأى وسط الجمع وجهَ امرأة في ألم شديد. وولّدت نظرتُه اللقاءَ، واللقاء مصدر حياة جديدة. لا يحتاج إلى كلام كثير.

وأنا كيف أنظر؟ هل أنظر بانتباه؟ أم ألقي نظرة عابرة كما أتصفّح بسرعة آلاف الصور على هاتفي النقالّ أو على حسابات التواصل الاجتماعي؟ كم من مرّة نشهد ونرى بأعيننا، في يومنا، العديد من الأحداث، دون أن نجعلها جزءًا من حياتنا. وردّة فعلنا الأولى أحيانًا هي تصوير المشهد بالهاتف المحمول، وقد لا ننظر إلى الأشخاص المعنيّين في أعينهم.

إننا نواجه من حولنا، ولكن أيضًا في داخلنا أحيانًا، وقائع موت جسديّ أو روحي أو عاطفيّ أو اجتماعيّ. هل ندرك ذلك أم أننا نترك النتائج تكون ما تكون وحسب؟ هل ننتبه لما نرى أم نترك النتائج بدون أن تترك فينا أي أثر. هل نقدر أن نعمل شيئا لنعيد الحياة؟

أفكّر في العديد من الأوضاع السلبّية التي يعاني منها الشباب في سنكم. هناك على سبيل المثال، الذين يخاطرون بكلّ شيء اليوم، ويعرّضون حياتهم للخطر بمغامرتهم في تجارب متطرفة. وآخرون "ماتوا" لأنهم فقدوا الرجاء. سمعت شابّة تقول: "أرى، بين أصدقائي، من فقد الرغبة في الحياة، أضاع شجاعة حتى النهوض". لسوء الحظ، إن الإرهاق ينتشر أيضًا بين الشبيبة، وقد يؤدّي في بعض الحالات إلى محاولة الانتحار. كم من الأوضاع تسود فيها اللامبالاة، وتلقي بالشاب في هاوية الغمّ والندم! كم من الشباب يبكون ولا أحد يسمع صرخة روحهم! ومن حولهم نظرات مشتتة، لا مبالية، وشباب يستمتعون بأوقاتهم السعيدة، وحدهم بعيدين عن الناس.

هناك من يحاول أن يعيش في السطحية، يظن أنه حيّ ولكنه ميت في داخله (را. رسل 3، 1). قد يجد نفسه في سنّ العشرين، يجرّ حياته إلى الأسفل، لا إلى الأعلى، إلى علو كرامته. كلّ شيء يصبح "نتحمل الحياة" مع البحث عن بعض العزاء، بعض الترفيه، والقليل من الانتباه والمودة من قبل الآخرين... انتشرت اليوم أيضًا "نرجسيّة رقميّة"، تؤثّر على الشباب والبالغين. كثيرون يعيشون بهذه الطريقة! وقد تَنَشَّق بعضُهم روح المادّيةَ فلا يفكّرون إلا في كسب الأموال وفي استقرارهم المادي، كما لو كان هذا هدف الحياة الأوحد. على المدى الطويل، سوف يظهر حتمًا شعورٌ داخلي بالانزعاج، واللامبالاة، والضجر من الحياة، ويزداد شيئا فشيئا حتى يصبح خانقًا.

قد تكون الإخفاقات الشخصيّة أيضًا هي سبب المواقف السلبيّة، عندما نلتزم بأمر عزيز علينا ونرى أنه لا يتقدّم أو لا يصل إلى النتائج المرجوّة. قد يحدث هذا في مجال الدراسة، أو في الطموحات الرياضيّة أو الفنّية... نهايةُ "حلم" يمكن أن تجعلنا نشعر بأننا أموات. لكن الإخفاقات هي جزء من حياة كلّ إنسان، وقد تكون أحيانًا نعمة! وغالبًا ما نعتقد أن شيئًا ما هو مصدر السعادة ثم يتبيّن لنا أنه وهمٌ و"صنم" من أصنام هذا الزمن. الأصنام تطلب منّا كلّ شيء فتستعبدنا، ولا تقدّم لنا شيئًا في المقابل. وفي النهاية تنهار، ولا يبقى منها سوى الدخان والغبار. بهذا المعنى، الإخفاقات، إذا تسبّبت في انهيار الأصنام، فهي خير لنا، حتى ولو أوجعتنا.

يمكن أن نستمر في تعداد أشكال أخرى من الموت المادي أو المعنويّ التي تواجه الشابّ، مثل الإدمان والجريمة والبؤس والمرض الخطير... لكني أترككم تفكّرون أنتم شخصيًّا لتدركوا ما هو سبب "الموت" فيكم أو في شخص قريب منكم، في الحاضر أو في الماضي. تذكّروا في الوقت نفسه فتى الإنجيل، الذي كان ميتًا، ثم عاد إلى الحياة بقوة "نظرة"، لأن شخصًا نظر إليه وأراد له أن يعيش. هذا يمكن أن يحدث اليوم وكلّ يوم أيضًا.

أشفق عليها

يتكلم الكتاب المقدّس مرارًا على شعور من يتأثرون في عمق أحشائهم بألم غيرهم. تأثَّر يسوع فشارك في واقع ومعاناة غيره. فأخذ على نفسه بؤس غيره. أصبح ألمُ تلك الأمّ ألمَه. وموتُ ذاك الابن صار موتَه.

أنتم الشباب في مناسبات عديدة، تُظهِرون أنكم تعرفون أن تشاركوا الغير مشاعرهم. يكفي أن نرى كيف أن الكثير منكم يبذلون ذاتهم عندما تتطلّب الظروف ذلك. فما من كارثة أو زلزال أو فيضان حتى ترى مجموعات من المتطوّعين الشباب، مستعدّين لمدّ يد المساعدة. والتطوع الكبير للشباب الذين يريدون الدفاع عن الخليقة يشهد أيضًا لقدرتكم على سماع صرخة الأرض.

أعزّائي الشباب، لا تسمحوا لأحد بأن يسلبكم هذه المشاعر. ليتكم تسمعون دومًا أنين المعذبين فتتأثروا وتشفقوا على أولئك الذين يبكون ويموتون في عالم اليوم. "بعض الواقع في الحياة لا يمكن أن نراه إلّا بأعينٍ غَسَلتها الدموع" (المسيح يحيا، 76). إذا عرفتم أن تبكوا مع مَن يبكي ستكونون سعداء حقًا. العديد من الشباب في سنكم محرومون فرص الحياة، ويعانون من العنف والاضطهاد. لتكن جراحُهم جراحَكم، وستصبحون حاملي رجاء في هذا العالم. ستقدرون أن تقولوا لأخيكم وأختكم: "قم، لست وحدك"، فتجعلونهم يختبرون هم أيضًا أن الله الآب يحبّنا وأن يسوع هو يد الله الممدودة كي يقيمنا.

اقترب ولمس

أوْقَف يسوع موكب الجنازة. واقترب، صار قريبًا جدًّا. القرب يدفع إلى أبعد ما يمكن ويصبح عملًا شجاعًا ليحيا الآخر. حركة نبويةّ. هي لمسة يسوع، الحيّ، التي تعطي الحياة. لمسة تفيض الروح القدس في جسد الصبي الميت وتعيد تشغيل وظائفه الحيوية.

تلك اللمسة اخترقت الاكتئابَ واليأس. إنها لمسة الإله التي تصل أيضًا من خلال الحبّ البشريّ الأصيل وتفتح مساحات غير متوقّعة من الحرّية والكرامة والرجاء والحياة الجديدة والكاملة. إن فعاليّة هذه الحركة من يسوع لا يمكن أن تقاس. هذا يعلِّمنا أن حركة نقترب بها، بسيطة وعملية، يمكن أن تصبح قوّة قيامة.

نعم، أنتم أيضًا أيها الشباب تستطيعون أن تقتربوا من واقع الألم والموت الذي تصادفونه، باستطاعتكم أن تلمسوه وأن تمنحوا الحياة مثل يسوع. هذا ممكن، بفضل الروح القدس، إن أنتم تركتموه يلمسكم بحبّه أوّلًا، وإن غَمَر الحنانُ قلبَكم إذ اختبرتم صلاحه تجاهكم. لذلك، إذا شعرتم في داخلكم حنان الله الشديد لكلّ مخلوق حيّ، وخاصةً للأخ الجائع والظمآن والمريض والعريان والسجين، فسوف تستطيعون الاقتراب منه مثله، ولمسه مثله، ومنح حياته لأصدقائكم الذين ماتوا في داخلهم، والذين يتألّمون أو الذين فقدوا الإيمان والرجاء.

"يا فتى، أقولُ لَكَ: قُمْ!"

لا يذكر الإنجيل اسمَ ذاك الفتى الذي أقامه يسوع في نائين. وهذه دعوة للقارئ كي يتماهى معه. يسوع يوجه كلامه إليك، إليّ، إلى كلّ واحد منّا، ويقول: "قم!". نحن نعلم جيّدًا أننا نحن المسيحيّين أيضًا، نقع ويجب أن ننهض دائمًا. وحده الذي لا يسير لا يسقط، ولكنه أيضًا لا يتقدّم. ولذا يجب أن نقبل أن يتدخّل المسيح في حياتنا، ويجب أن نجاهر بإيماننا بالله. والخطوة الأولى هي أن نقبل بأن نقوم. الحياة الجديدة التي سيمنحنا إياها الله هي جيّدة وتستحقّ أن تُعاش، لأن الذي سوف يدعمها سوف يرافقنا أيضًا في المستقبل دون أن يتركنا أبدًا، وسوف يساعدنا على قضاء حياتنا بطريقة كريمة ومثمرة.

انه حقًّا خلق جديد، ولادة جديدة. ليست حالة نفسية تتبدل. من المحتمل أن يكون قد سمع العديد منكم، في الأوقات الصعبة، "الكلمات "السحرية" التي أصبحت عصرية اليوم ونفترض أن فيها الحلّ لكلّ شيء: "يجب أن تؤمن بنفسك"، "يجب أن تجد العون في داخلك"، "يجب أن تعي طاقتك الإيجابية"... لكن كلّ هذه الكلمات، هي فقط كلمات، ولمن مات حقا "في داخله"، فإنها لا تعني شيئا. أمّا كلمة المسيح فلها وزنٌ آخر، إنها أسمى بكثير. إنها كلمة إلهيّة وخلّاقة، وحدها تستطيع إعادة الحياة حيث تلاشت الحياة.

 

الحياة الجديدة، "حياة قائم من الموت"

يقول الإنجيل إن الفتى "أخذ يتكلّم" (لو 7، 15). أوّل ردّة فعل لشخص لمسه المسيح وعاد إلى الحياة هو أن يعبّر عن نفسه، ويُظهر، دون خوف ودون عقد، ما في داخله، شخصيّتَه، ورغباته واحتياجاته وأحلامَه. ربما لم يفعل ذلك من قبل، لأنه كان مقتنعًا أن ما من أحدٍ يستطيع فهمه!

التكلّم يعني أيضًا إنشاء علاقة مع الآخرين. عندما يكون الإنسان "ميتًا"، ينغلق على ذاته، وتتوقّف العلاقات، أو تصبح سطحيّة، أو كاذبة أو مرائية. عندما يعيد يسوع إلينا الحياة، فإنه "يعيدنا" إلى الآخرين (را. آية 15).

في أيامنا هذه، غالبًا ما يكون هناك "اتّصال" لكن دون تواصل ومشاركة. إن استخدام الأجهزة الإلكترونية، إذا لم يكن معتدلًا، يستطيع أن يجعلنا متعلقين دائمًا بالشاشة. من خلال هذه الرسالة، أودّ أيضًا أن أطرح، معكم أيها الشباب، تحدّيًا هو "تغيير ثقافي"، انطلاقًا من دعوة يسوع: "قم!". في ثقافةٍ تريد أن تعزل الشباب وتغلقهم في عوالم افتراضية، فلننشر كلمة يسوع هذه: "قم!". إنها دعوة إلى الانفتاح على حقيقةٍ تتجاوز الواقع الافتراضي. هذا لا يعني احتقار التكنولوجيا، بل استخدامها كوسيلةٍ وليس كغاية. "قم" يعني أيضًا "احْلَم"، "جازف"، "التزم بتغيير العالم"، أيقظ رغباتك من جديد، تأمّل في السماء، والنجوم، والعالم من حولك. "قم وكن أنت!". بفضل هذه الرسالة، العديد من الشباب سوف يستعيد الحياة من حولنا وتصبح الحياة أكثر جمالًا من أيّ واقع افتراضي.

لأنك إن أنت منحتَ الحياة، ستجد من يقبلها. قالت شابّة: "إنك تقوم عن الأريكة إذا رأيتَ شيئًا جميلًا وقرّرت أن تعمل أنت أيضًا مثله". فالشيء الجميل يثير الرغبة الشديدة. وإذا تحمّس شابّ لشيء ما، أو بالأحرى لشخصٍ ما، فإنه يقوم أخيرًا ويبدأ بصنع أشياء عظيمة. كنتَ ميتًا والآن يمكنك أن تصبح شاهدًا للمسيح وتبذل حياتك من أجله.

أعزّائي الشباب، ما هي رغباتكم وأحلامكم؟ أظهِروها، ومن خلالها اقترحوا على العالم، وعلى الكنيسة، وعلى جميع الشباب، شيئًا جميلًا في المجال الروحيّ والفنّي والاجتماعيّ. أكرّر لكم بلغتي الأم: hagan lìo! أَسمِعوا صوتَكم! سمعتُ من شابّ آخر: "لو كان يسوع شخصًا يهتمّ بأموره الخاصة، لما أقام ابن الأرملة".

قام الشاب فأعيد إلى والدته. يمكننا أن نرى في هذه الأمّ مريم، أمّنا، التي نعهد إليها بجميع شباب العالم. وفيها، يمكننا أن نرى الكنيسة أيضًا، التي تريد أن ترحّب بحنان بكلّ شابّ وشابة، دون استثناء أحد. لنصَلّ ِإذًا إلى مريم من أجل الكنيسة، حتى تكون دائمًا والدة لأبنائها "الأموات"، فنبكي ونلتمس لهم ولادة جديدة. من أجل كلّ ابن لها يموت، تموت الكنيسة أيضًا، ومن أجل كلّ ابن يقوم، تقوم هي أيضًا.

أبارك مسيرتكم. وأنتم، من فضلكم، لا تنسوا أن تصلّوا من أجلي.

أُعطيَ في روما، قرب القدّيس يوحنا في اللاتران، 11 فبراير / شباط 2020،

في ذكرى مريم العذراء الكلّية القداسة، سيّدة لورد.

فرنسيس

[00311-AR.01] [Testo originale: Italiano]

[B0143-XX.01]