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Viaggio Apostolico di Sua Santità Francesco in Mongolia (31 agosto – 4 settembre 2023) – Incontro con i Vescovi, i Sacerdoti, i Missionari, i Consacrati e le Consacrate e gli Operatori Pastorali presso la Cattedrale dei Santi Pietro e Paolo, 02.09.2023


Incontro con i Vescovi, i Sacerdoti, i Missionari, i Consacrati e le Consacrate e gli Operatori Pastorali presso la Cattedrale dei Santi Pietro e Paolo

Discorso del Santo Padre

Traduzione in lingua francese

Traduzione in lingua inglese

Traduzione in lingua tedesca

Traduzione in lingua spagnola

Traduzione in lingua portoghese

Traduzione in lingua polacca

Traduzione in lingua araba

Nel pomeriggio, il Santo Padre Francesco ha lasciato la Prefettura Apostolica e si è trasferito in auto alla Cattedrale dei Santi Pietro e Paolo per l’incontro con i Vescovi, i Sacerdoti, i Missionari, i Consacrati e le Consacrate e gli Operatori Pastorali.

Al Suo arrivo all’ingresso interno della Cattedrale, prima di salire sulla golf car per compiere alcuni giri tra i fedeli, il Papa è stato accolto da una donna mongola che all’ingresso di una ger gli ha offerto una coppa di latte avvolta in una sciarpa azzurra. Quindi accompagnato dal Prefetto Apostolico di Ulaanbaatar, Em.mo Card. Giorgio Marengo, I.M.C., è entrato nella ger dove ha avuto un breve incontro con la Sig.ra Tsetsege, la donna che - una decina di anni fa - aveva raccolto dalla spazzatura una statuetta di legno della Madonna, poi intronizzata nella Cattedrale dei Santi Pietro e Paolo, che chiamano “Madre del Cielo”.

Alle ore 16.25 (10.25 ora di Roma) Papa Francesco ha incontrato i Vescovi, i Sacerdoti, i Missionari, i Consacrati e le Consacrate e gli Operatori Pastorali.

Dopo essere stato accolto all’ingresso della Cattedrale dal Parroco e dal Vice Parroco che gli hanno porto la croce e l’acqua benedetta per l’aspersione, il Papa ha attraversato la navata centrale e ha raggiunto l’altare. Quindi, dopo l’esecuzione di un canto e il saluto di benvenuto del Presidente della Conferenza Episcopale dell’Asia Centrale, S.E. Mons. José Luis Mumbiela Sierra, Vescovo della Santissima Trinità in Almaty, cui hanno fatto seguito le testimonianze di una suora missionaria e di un sacerdote mongolo, ha avuto luogo una rappresentazione artistica seguita dalla testimonianza di un operatore pastorale. Successivamente il Papa ha pronunciato il Suo discorso.

Al termine, dopo la recita dell’Ave Maria, la benedizione e il canto finale, il Santo Padre ha benedetto la statua della Madonna “Madre del Cielo”. Quindi ha salutato i Vescovi presenti e i missionari e le missionarie e, prima di salire sull’auto, ha sostato brevemente in una sala della Cattedrale per salutare un gruppo di fedeli. Poi, dopo la foto di gruppo, ha lasciato la Cattedrale ed è rientrato in auto alla Prefettura Apostolica dove ha cenato in privato.

Secondo le Autorità locali erano presenti nel comprensorio della Cattedrale circa 2000 persone.

Pubblichiamo di seguito il discorso che Papa Francesco ha pronunciato nel corso dell’incontro con i Vescovi, i Sacerdoti, i Missionari, i Consacrati e le Consacrate e gli Operatori Pastorali:

Discorso del Santo Padre

Cari fratelli e sorelle, buon pomeriggio!

Grazie, Eccellenza, per le sue parole, grazie Suor Salvia, Don Peter Sanjaajav e Rufina per le vostre testimonianze, grazie a tutti voi per la vostra presenza e per la vostra fede! Sono felice di incontrarvi. La gioia del Vangelo è il motivo che ha spinto voi, uomini e donne consacrati nella vita religiosa e nel ministero ordinato, a essere qui e a dedicarvi, insieme alle sorelle e ai fratelli laici, al Signore e agli altri. Benedico Dio per questo. Lo faccio attraverso una bella preghiera di lode, il Salmo 34, a cui mi ispiro per condividere alcuni pensieri con voi. Esso dice: «Gustate e vedete com’è buono il Signore» (v. 9).

Gustare e vedere, perché la gioia e la bontà del Signore non sono qualcosa di passeggero, ma rimangono dentro, danno gusto alla vita e fanno vedere le cose in modo nuovo; come ci hai detto tu, Rufina, nella tua bella testimonianza. Vorrei dunque assaporare il gusto della fede in questa terra facendo anzitutto memoria di storie e di volti, di vite spese per il Vangelo. Spendere la vita per il Vangelo: è una bella definizione della vocazione missionaria del cristiano, e in particolare di come i cristiani la vivono qui. Spendere la propria vita per il Vangelo!

Ricordo allora il Vescovo Wenceslao Selga Padilla, primo Prefetto Apostolico, pioniere della fase contemporanea della Chiesa in Mongolia e costruttore di questa cattedrale. Qui, tuttavia, la fede non risale solo agli anni novanta del secolo scorso, ma ha radici molto antiche. Alle esperienze del primo millennio, segnate dal movimento evangelizzatore di tradizione siriaca diffusosi lungo la via della seta, è seguito un considerevole impegno missionario: come non ricordare le missioni diplomatiche del XIII secolo, ma anche la cura apostolica manifestata dalla nomina, intorno al 1310, di Giovanni da Montecorvino come primo Vescovo di Khān Bālīq, e dunque responsabile di tutta quest’ampia regione del mondo sotto la dinastia mongola Yuan? Fu proprio lui a fornire la prima traduzione in lingua mongola del libro dei Salmi e del Nuovo Testamento. Ebbene, questa grande storia di passione per il Vangelo è ripresa in modo straordinario nel 1992 con l’arrivo dei primi missionari della Congregazione del Cuore Immacolato di Maria, a cui si sono aggiunti rappresentanti di altri istituti, clero diocesano e volontari laici. Tra tutti vorrei ricordare l’attivo e zelante Padre Stephano Kim Seong-hyeon. E facciamo memoria di tanti fedeli servitori del Vangelo in Mongolia, che sono qui con noi ora e che, dopo aver speso la vita per Cristo, vedono e gustano le meraviglie che la sua bontà continua ad operare in voi e attraverso di voi. Grazie.

Ma perché spendere la vita per il Vangelo? È una domanda che vi faccio. Come diceva Rufina, la vita cristiana va avanti facendo delle domande, come i bambini che domandano sempre cose nuove, perché non capiscono tutto nell’età dei perché. E la vita cristiana si avvicina al Signore e sempre fa delle domande, per capire meglio il Signore, per capire meglio il suo messaggio. Spendere la vita per il Vangelo perché si è gustato (cfr Sal 34) quel Dio che si è reso visibile, toccabile, incontrabile in Gesù. Sì, è Lui la buona notizia destinata a tutti i popoli, l’annuncio che la Chiesa non può smettere di portare, incarnandolo nella vita e “sussurrandolo” al cuore dei singoli e delle culture. Il linguaggio di Dio, tante volte, è un sussurro lento, che prende il suo tempo; Egli parla così. Questa esperienza dell’amore di Dio in Cristo è pura luce che trasfigura il volto e lo rende a sua volta luminoso. Fratelli e sorelle, la vita cristiana nasce dalla contemplazione di questo volto, è questione di amore, di incontro quotidiano con il Signore nella Parola e nel Pane di vita, e nel volto dell’altro, nei bisognosi in cui Gesù è presente. Ce lo hai ricordato tu, Suor Salvia, con la tua testimonianza, grazie! È più di 20 anni che tu sei qui e hai imparato a interloquire con questo popolo: grazie.

In questi trentun anni di presenza in Mongolia, voi, carissimi sacerdoti, consacrati, consacrate e operatori pastorali, avete dato vita a una molteplice varietà di iniziative caritative, che assorbono la maggior parte delle vostre energie e riflettono il volto misericordioso di Cristo buon samaritano. È come il vostro biglietto da visita, che vi ha resi rispettati e stimati per i tanti benefici arrecati a molte persone in vari campi: dall’assistenza all’educazione, passando per la cura sanitaria e la promozione culturale. Vi incoraggio a proseguire su questa strada feconda e vantaggiosa per l’amato popolo mongolo. Gesti di amore e gesti di carità.

Al tempo stesso vi invito a gustare e vedere il Signore – gustare e vedere il Signore –, vi invito a tornare sempre e di nuovo a quello sguardo originario da cui tutto è nato. Senza di esso, infatti, le forze vengono meno e l’impegno pastorale rischia di diventare sterile erogazione di servizi, in un susseguirsi di azioni dovute, che finiscono per non trasmettere più nulla se non stanchezza e frustrazione. Invece, rimanendo a contatto con il volto di Cristo, scrutandolo nelle Scritture e contemplandolo in silenzio adorante – in silenzio adorante – davanti al tabernacolo, lo riconoscerete nel volto di quanti servite e vi sentirete trasportati da un’intima gioia, che anche nelle difficoltà lascia la pace nel cuore. Di questo c’è bisogno, oggi e sempre: non di persone indaffarate e distratte che portano avanti progetti, col rischio talvolta di apparire amareggiate per una vita certamente non facile, no: il cristiano è colui che è capace di adorare, adorare in silenzio. E poi, da questa adorazione scaturisce l’attività. Ma non dimenticate l’adorazione. Noi abbiamo perso un po’ il senso dell’adorazione in questo secolo pragmatico: non dimenticatevi di adorare e, dall’adorazione, fare le cose. Occorre tornare alla fonte, al volto di Gesù, alla sua presenza da gustare: è Lui il nostro tesoro (cfr Mt 13,44), la perla preziosa per la quale vale la pena spendere tutto (cfr Mt 13,45-46). I fratelli e le sorelle della Mongolia, che hanno uno spiccato senso del sacro e – come è tipico nel continente asiatico – un’ampia e articolata storia religiosa, attendono da voi questa testimonianza e ne sanno riconoscere la genuinità. È una testimonianza che voi dovete dare, perché il Vangelo non cresce per proselitismo, il Vangelo cresce per testimonianza.

Il Signore Gesù, inviando i suoi nel mondo, non li mandò a diffondere un pensiero politico, ma a testimoniare con la vita la novità della relazione con il Padre suo, diventato “Padre nostro” (cfr Gv 20,17), innescando così una concreta fraternità con ogni popolo. La Chiesa che nasce da questo mandato è una Chiesa povera, che poggia solo su una fede genuina, sulla disarmata e disarmante potenza del Risorto, in grado di alleviare le sofferenze dell’umanità ferita. Ecco perché i governi e le istituzioni secolari non hanno nulla da temere dall’azione evangelizzatrice della Chiesa, perché essa non ha un’agenda politica da portare avanti, ma conosce solo la forza umile della grazia di Dio e di una Parola di misericordia e di verità, capace di promuovere il bene di tutti.

Per adempiere tale missione, Cristo ha dotato la sua Chiesa di una struttura che ricorda l’armonia che c’è tra le varie membra del corpo umano: Egli è il Capo, cioè la testa che continua a guidarla, infondendo nel Corpo, cioè in noi, il suo stesso Spirito, operante soprattutto in quei segni di vita nuova che sono i Sacramenti. Per garantirne l’autenticità e l’efficacia, ha istituito l’ordine sacerdotale, segnato da un’intima associazione a Lui, a Lui che è il buon Pastore che dà la vita per il gregge. Anche tu, Don Peter, sei stato chiamato per questa missione: grazie di aver condiviso la tua esperienza con noi. Così anche il santo Popolo di Dio che è in Mongolia ha la pienezza dei doni spirituali. E in questa prospettiva vi invito a vedere nel Vescovo non un manager, ma l’immagine viva di Cristo buon Pastore che raduna e guida il suo popolo; un discepolo colmato del carisma apostolico per edificare la vostra fraternità in Cristo e radicarla sempre più in questa nazione dalla nobile identità culturale. Il fatto, poi, che il vostro Vescovo sia Cardinale vuol essere un’ulteriore espressione di vicinanza: voi tutti, lontani solo fisicamente, siete vicinissimi al cuore di Pietro; e tutta la Chiesa è vicina a voi, alla vostra comunità, che è veramente cattolica, cioè universale, e che attira la simpatia di tutti i fratelli e le sorelle sparsi nel mondo verso la Mongolia, in una grande comunione ecclesiale.

E sottolineo questa parola: comunione. La Chiesa non si comprende in base ad un criterio puramente funzionale: no, la Chiesa non è una ditta funzionale, la Chiesa non cresce per proselitismo, come ho detto. La Chiesa è un’altra cosa. La parola “comunione” ci spiega bene cos’è la Chiesa. In questo corpo della Chiesa, il Vescovo non fa da moderatore delle diverse componenti magari basandosi sul principio della maggioranza, ma in forza di un principio spirituale, per cui Gesù stesso si fa presente nella persona del Vescovo per assicurare la comunione nel suo Corpo mistico. In altre parole, l’unità nella Chiesa non è questione di ordine e di rispetto, e nemmeno una buona strategia per “fare squadra”; è questione di fede e di amore al Signore, è fedeltà a Lui. Perciò è importante che tutte le componenti ecclesiali si compattino intorno al Vescovo, che rappresenta Cristo vivo in mezzo al suo Popolo, costruendo quella comunione sinodale che è già annuncio e che tanto aiuta a inculturare la fede.

Carissimi Missionari e Missionarie, gustate e vedete il dono che siete, gustate e vedete la bellezza di donarvi interamente a Cristo che vi ha chiamati a testimoniare il suo amore proprio qui in Mongolia. Continuate a farlo coltivando la comunione. Realizzatelo nella semplicità di una vita sobria, a imitazione del Signore, entrato a Gerusalemme a dorso di un mulo e spogliato persino delle vesti sulla croce. Siate sempre vicini alla gente, con quella vicinanza che è l’atteggiamento di Dio: Dio è vicino, compassionevole e tenero – vicinanza, compassione e tenerezza. Siate così con la gente, prendendovene cura personalmente, imparando la lingua, rispettando e amando la loro cultura, non lasciandovi tentare da sicurezze mondane, ma rimanendo saldi nel Vangelo attraverso un’esemplare rettitudine di vita spirituale e morale. Semplicità e vicinanza, dunque, senza stancarvi di portare a Gesù i volti e le storie che incontrate, i problemi e le preoccupazioni, spendendo tempo nella preghiera quotidiana, che vi permette di stare in piedi nelle fatiche del servizio e di attingere al «Dio di ogni consolazione» (2 Cor 1,3) la speranza da riversare nei cuori di quanti soffrono.

Fratelli e sorelle, vicini al Signore si rafforza infatti in noi una certezza, come ci rivela sempre il Salmo 34: «Nulla manca a coloro che lo temono. […] a chi cerca il Signore non manca alcun bene» (vv. 10-11). Certo, gli squilibri e le contraddizioni della vita riguardano anche i credenti, e gli evangelizzatori non vengono esonerati da quel carico d’inquietudine che appartiene alla condizione umana: il salmista non ha timore di parlare di malizia e di malfattori, ma ricorda che il Signore, davanti al grido degli umili, «li libera da tutte le loro angosce», perché «è vicino a chi ha il cuore spezzato» e «salva gli spiriti affranti» (vv. 18-19). Per questo, la Chiesa si presenta al mondo come voce solidale con tutti i poveri e i bisognosi, non tace di fronte alle ingiustizie e con mitezza s’impegna a promuovere la dignità di ogni essere umano.

Carissimi, in questo cammino di discepoli-missionari avete un sostegno sicuro: la nostra Madre celeste, che – mi è piaciuto tanto scoprirlo! – ha voluto darvi un segno tangibile della sua presenza discreta e premurosa lasciando che si trovasse una sua effigie in una discarica. Nel luogo dei rifiuti è comparsa questa bella statua dell’Immacolata: lei, senza macchia, immune dal peccato, ha voluto farsi così vicina da essere confusa con gli scarti della società, così che dallo sporco della spazzatura è emersa la purezza della Santa Madre di Dio, la Madre del Cielo. Ho saputo dell’interessante tradizione mongola della suun dalai ijii, la mamma dal cuore grande come un oceano di latte. Se, nella narrazione della Storia segreta dei Mongoli, una luce discesa attraverso l’apertura superiore della ger feconda la mitica regina Alungoo, voi potete contemplare nella maternità della Vergine Maria l’azione della luce divina che dall’alto accompagna ogni giorno i passi della vostra Chiesa.

Alzando lo sguardo a Maria, siate dunque rinfrancati, vedendo che la piccolezza non è un problema, ma una risorsa. Sì, Dio ama la piccolezza e ama compiere grandi cose attraverso la piccolezza, come Maria testimonia (cfr Lc 1,48-49). Fratelli, sorelle, non abbiate paura dei numeri esigui, dei successi che tardano, della rilevanza che non appare. Non è questa la strada di Dio. Guardiamo a Maria, che nella sua piccolezza è più vasta del cielo, perché ha ospitato in sé Colui che i cieli e i cieli dei cieli non possono contenere (cfr 1 Re 8,27). Fratelli e sorelle, affidiamoci a lei, chiedendo uno zelo rinnovato, un amore ardente che non si stanca di testimoniare il Vangelo con gioia. E andate avanti, coraggiosi, non stancatevi di andare avanti. Grazie tante per la vostra testimonianza. Lui, il Signore, vi ha scelti e crede in voi; io sono con voi e con tutto il cuore vi dico: grazie; grazie per la vostra testimonianza, grazie per le vostre vite spese per il Vangelo. Continuate così, costanti nella preghiera, continuate creativi nella carità, continuate saldi nella comunione, gioiosi e miti in tutto e con tutti. Vi benedico di cuore e vi ricordo. E voi, per favore, non dimenticatevi di pregare per me. Grazie.

[01296-IT.02] [Testo originale: Italiano]

Traduzione in lingua francese

Chers frères et sœurs, bon après-midi!

Merci, Excellence, pour vos paroles, merci à Sœur Salvia, à l’abbé Peter Sanjaajav et à Rufina pour vos témoignages, merci à vous tous pour votre présence et votre foi! Je suis heureux de vous rencontrer. La joie de l’Évangile est la raison qui vous a poussés, hommes et femmes consacrés dans la vie religieuse et dans le ministère ordonné, à être ici et à vous dévouer, avec vos sœurs et vos frères laïcs, au Seigneur et aux autres. Je bénis Dieu pour cela. Je le fais à travers une belle prière de louange, le Psaume 34, duquel je m’inspire pour partager quelques réflexions avec vous. Il dit: «Goûtez et voyez: le Seigneur est bon» (v. 9).

Goûter et voir, parce que la joie et la bonté du Seigneur ne sont pas quelque chose de passager, mais demeurent à l’intérieur, donnent du goût à la vie et font voir les choses d’une manière nouvelle; comme tu nous l’as dit, Rufina, dans ton beau témoignage. Je voudrais donc savourer le goût de la foi sur cette terre en me rappelant avant tout d’histoires et de visages, de vies dépensées pour l’Évangile. Dépenser sa vie pour l’Évangile: c’est une belle définition de la vocation missionnaire du chrétien, et en particulier de la manière dont les chrétiens la vivent ici. Dépenser sa vie pour l’Évangile!

Je me souviens ensuite de l’évêque Wenceslao Selga Padilla, premier Préfet Apostolique, pionnier de la phase contemporaine de l’Église en Mongolie et bâtisseur de cette cathédrale. Ici, toutefois, la foi ne remonte pas seulement aux années quatre-vingt-dix du siècle dernier, mais elle a des racines très anciennes. Aux expériences du premier millénaire, marquées par le mouvement évangélisateur de tradition syriaque, répandu le long de la route de la soie, a succédé un travail missionnaire considérable: comment ne pas rappeler les missions diplomatiques du XIIIe siècle, mais aussi la sollicitude apostolique manifestée par la nomination, vers 1310, de Jean de Montecorvino comme premier évêque de Khān Bālīq, et donc responsable de cette vaste région du monde sous la dynastie mongole Yuan? C’est justement lui qui a fourni la première traduction mongole du Livre des Psaumes et du Nouveau Testament. Eh bien, cette grande histoire de passion pour l’Évangile a repris de façon extraordinaire en 1992 avec l’arrivée des premiers missionnaires de la Congrégation du Cœur Immaculé de Marie, auxquels se sont joints des représentants d’autres instituts, du clergé diocésain et des volontaires laïcs. Parmi eux tous, je voudrais rappeler l’actif et zélé Père Stephano Kim Seong-hyeon. Et souvenons-nous de tant de fidèles serviteurs de l’Évangile en Mongolie, qui sont ici avec nous en ce moment et qui, après avoir dépensé leur vie pour le Christ, voient et goûtent les merveilles que sa bonté continue d’opérer en vous et par vous. Merci.

Mais pourquoi dépenser sa vie pour l’Évangile? C’est une question que je vous pose. Comme le disait Rufina, la vie chrétienne avance en posant des questions, comme les enfants qui demandent toujours de nouvelles choses, parce qu’ils ne comprennent pas tout à l’âge des pourquoi. Et la vie chrétienne s’approche du Seigneur et pose toujours des questions, pour mieux comprendre le Seigneur, pour mieux comprendre son message. Dépenser la vie pour l’Évangile parce qu’on a goûté (cf. Ps 34) ce Dieu qui s’est rendu visible, tangible, accessible en Jésus. Oui, c’est Lui la bonne nouvelle destinée à tous les peuples, l’annonce que l’Église ne peut cesser d’apporter, en l’incarnant dans la vie et “en le murmurant” au cœur des individus et des cultures. Le langage de Dieu, tant de fois, est un murmure lent, qui prend son temps; Il parle ainsi. Cette expérience de l’amour de Dieu dans le Christ est une lumière pure qui transfigure le visage et le rend lumineux à son tour. Frères et sœurs, la vie chrétienne naît de la contemplation de ce visage, c’est une question d’amour, de rencontre quotidienne avec le Seigneur dans la Parole et dans le Pain de Vie, et dans le visage de l’autre, dans les nécessiteux en qui Jésus est présent. Tu nous l’as rappelé, Sœur Salvia, avec ton témoignage, merci! Cela fait plus de 20 ans que tu es ici et tu as appris à dialoguer avec ce peuple: merci.

Durant ces trente un an de présence en Mongolie, vous, chers prêtres, consacrés et agents pastoraux, vous avez donné vie à une grande variété d’initiatives caritatives, qui absorbent la plus grande partie de vos énergies et reflètent le visage miséricordieux du Christ Bon Samaritain. Elles sont votre carte de visite qui vous a rendus respectés et estimés pour les nombreux bienfaits que vous avez apportés à tant de personnes dans différents domaines: de l’assistance à l’éducation, en passant par les soins de santé et la promotion culturelle. Je vous encourage à poursuivre sur cette voie féconde et bénéfique pour le bien-aimé peuple mongol. Des Gestes d’amour et des gestes de charité.

En même temps, je vous invite à goûter et à voir le Seigneur – goûter et voir le Seigneur –, je vous invite à revenir toujours à ce regard originel d’où tout est né. Sans lui, en effet, les forces s’épuisent et l’engagement pastoral risque de devenir une prestation de services stérile, dans une succession d’actions dues, qui finissent par ne plus rien transmettre d’autre que lassitude et frustration. Au contraire, en restant en contact avec le visage du Christ, en le scrutant dans les Écritures et en le contemplant dans un silence d’adoration – dans un silence d’adoration – devant le tabernacle, vous le reconnaîtrez sur les visages de ceux que vous servez et vous vous sentirez transportés par une joie intime qui, même dans les difficultés, laisse la paix au cœur. C’est de cela que nous avons besoin, aujourd’hui et toujours: non pas de personnes occupées et distraites qui réalisent des projets, au risque parfois de paraître amères face à une vie qui n’est certainement pas facile, non: le chrétien est celui qui est capable d’adorer, d’adorer en silence. Et puis, de cette adoration naît l’activité. Mais n’oubliez pas l’adoration. Nous avons un peu perdu le sens de l’adoration en ce siècle pragmatique: n’oubliez pas d’adorer et, de l’adoration, de faire les choses. Il faut revenir à la source, au visage de Jésus, à sa présence à savourer: c’est Lui notre trésor (cf. Mt 13, 44), la perle précieuse pour laquelle il vaut la peine de tout dépenser (cf. Mt 13, 45-46). Les frères et sœurs de Mongolie qui ont un sens prononcé du sacré et – comme c’est typiquement le cas sur le continent asiatique – une histoire religieuse riche et articulée, attendent de vous ce témoignage et savent en reconnaître l’authenticité. C’est un témoignage que vous devez donner, parce que l’Évangile ne croît pas par le prosélytisme, l’Évangile croît par le témoignage.

Le Seigneur Jésus, en envoyant les siens dans le monde, ne les a pas envoyés pour propager une pensée politique, mais pour témoigner par leur vie de la nouveauté de la relation avec son Père, devenu “notre Père” (cf. Jn 20, 17), déclenchant ainsi une fraternité concrète avec chaque peuple. L’Église, qui naît de ce mandat, est une Église pauvre, qui ne repose que sur une foi authentique, sur la puissance désarmante et désarmée du Ressuscité, capable de soulager les souffrances de l’humanité blessée. Voilà pourquoi les gouvernements et les institutions séculières n’ont rien à craindre de l’action évangélisatrice de l’Église, parce que celle-ci n’a pas d’agenda politique à poursuivre, mais ne connaît que la force humble de la grâce de Dieu et d’une Parole de miséricorde et de vérité, capable de promouvoir le bien de tous.

Pour accomplir cette mission, le Christ a doté son Église d’une structure qui rappelle l’harmonie qui existe entre les différents membres du corps humain: Il en est la Tête, c’est-à-dire la tête qui continue à la guider, en répandant dans le Corps, c’est-à-dire en nous, son propre Esprit, opérant surtout dans ces signes de vie nouvelle que sont les sacrements. Pour en garantir l’authenticité et l’efficacité, il a institué l’ordre sacerdotal, marqué par une association intime avec Lui, avec Lui qui est le Bon Pasteur qui donne sa vie pour son troupeau. Toi aussi, abbé Peter, tu as été appelé à cette mission: merci d’avoir partagé ton expérience avec nous. Ainsi, même le saint Peuple de Dieu qui est en Mongolie possède la plénitude des dons spirituels. Et dans cette perspective, je vous invite à voir dans l’évêque non pas un gestionnaire, mais l’image vivante du Christ Bon Pasteur qui rassemble et qui guide son peuple; un disciple comblé du charisme apostolique pour édifier votre fraternité dans le Christ et l’enraciner toujours plus dans cette nation à la noble identité culturelle. Le fait que votre évêque soit un Cardinal se veut ainsi une expression supplémentaire de proximité: vous tous, éloignés seulement physiquement, vous êtes très proches du cœur de Pierre; et toute l’Église est proche de vous, de votre communauté, qui est vraiment catholique, c’est-à-dire universelle, et qui attire la sympathie de tous vos frères et sœurs dispersés dans le monde entier vers la Mongolie, dans une grande communion ecclésiale.

Et j’insiste sur ce mot: communion. L’Église ne se comprend pas sur la base d’un critère purement fonctionnel: non, l’Église n’est pas une entreprise fonctionnelle, l’Église ne grandit pas par prosélytisme, comme je l’ai dit. L’Église est une autre chose. Le mot “communion” nous explique bien ce qu’est l’Église. Dans ce corps de l’Église, l’évêque n’agit pas comme modérateur des différentes composantes en s’appuyant éventuellement sur le principe de la majorité, mais en vertu d’un principe spirituel, selon lequel Jésus Lui-même se rend présent en la personne de l’évêque pour assurer la communion dans son Corps mystique. En d’autres termes, l’unité de l’Église n’est pas une question d’ordre ni de respect, ni une bonne stratégie pour “faire équipe”; c’est une question de foi et d’amour envers le Seigneur, c’est une fidélité à Lui. C’est pourquoi il est important que toutes les composantes ecclésiales s’unissent autour de l’évêque, qui représente le Christ vivant au milieu de son peuple, en construisant cette communion synodale qui est déjà une annonce et qui aide tant à inculturer la foi.

Très chers missionnaires, goûtez et voyez le don que vous êtes, goûtez et voyez la beauté de vous donner entièrement au Christ qui vous a appelés à témoigner de son amour précisément ici en Mongolie. Continuez à le faire en cultivant la communion. Réalisez-le dans la simplicité d’une vie sobre, à l’imitation du Seigneur, qui est entré à Jérusalem sur le dos d’un âne et qui fut même dépouillé de ses vêtements sur la croix. Soyez toujours proches des personnes, avec cette proximité qui est l’attitude de Dieu: Dieu est proche, compatissant et tendre – proximité, compassion et tendresse. Soyez ainsi avec les personnes, en prenant soin d’eux personnellement, en apprenant leur langue, en respectant et en aimant leur culture, en ne vous laissant pas tenter par des certitudes mondaines, mais en demeurant fermes dans l’Évangile à travers une rectitude exemplaire de vie spirituelle et morale. Simplicité et proximité, donc, sans vous lasser d’apporter à Jésus les visages et les histoires que vous rencontrez, les problèmes et les préoccupations, en consacrant du temps à la prière quotidienne qui vous permet de vous tenir debout dans les fatigues du service et de puiser en «Dieu de qui vient tout réconfort» (2 Co 1, 3), l’espérance à déverser dans les cœurs de ceux qui souffrent.

Frères et sœurs, près du Seigneur, en effet, une certitude se renforce en nous, comme nous le révèle toujours le Psaume 34: «Rien ne manque à ceux qui le craignent. […] qui cherche le Seigneur ne manquera d’aucun bien» (v. 10-11). Certes, les déséquilibres et les contradictions de la vie affectent aussi les croyants, et les évangélisateurs ne sont pas exemptés de ce poids d’inquiétude qui est propre à la condition humaine: le psalmiste ne craint pas de parler de la malice et des malfaiteurs, mais il rappelle que le Seigneur, devant le cri des humbles, «les délivre de toutes leurs angoisses», parce que «il est proche du cœur brisé» et que «il sauve l’esprit abattu» (vv. 18-19). C’est pourquoi l’Église se présente au monde comme une voix solidaire de tous les pauvres et de tous les nécessiteux, elle ne se tait pas face aux injustices et, avec douceur, elle s’engage à promouvoir la dignité de tout être humain.

Chers amis, sur ce chemin de disciples-missionnaires, vous avez un soutien sûr: notre Mère céleste, qui – cela m’a beaucoup plu de le découvrir! – a voulu vous donner un signe tangible de sa présence discrète et bienveillante en permettant qu’une effigie d’elle soit retrouvée dans une décharge. Cette belle statue de l’Immaculée Conception est apparue dans un dépotoir: sans tache, préservée de tout péché, elle a voulu se faire proche au point d’être mêlée aux déchets de la société, de sorte que la pureté de la sainte Mère de Dieu, la Mère du Ciel, a émergé de la saleté des ordures. J’ai appris l’intéressante tradition mongole de la suun dalai ijii, la mère au cœur aussi grand qu’un océan de lait. Si, dans le récit de l’Histoire secrète des Mongols, une lumière descendue à travers l’ouverture supérieure de la ger féconde la mythique reine Alungoo, vous pouvez contempler dans la maternité de la Vierge Marie l’action de la lumière divine qui d’en haut accompagne chaque jour les avancées de votre Église.

En levant les yeux vers Marie, soyez donc rassurés, en voyant que la petitesse n’est pas un problème, mais un atout. Oui, Dieu aime la petitesse et aime accomplir de grandes choses à travers la petitesse, comme en témoigne Marie (cf. Lc 1, 48-49). Frères et sœurs, n’ayez pas peur du petit nombre, des succès qui tardent, de la valeur qui ne se manifeste pas. Ce n’est pas la voie de Dieu. Regardons Marie qui, dans sa petitesse, est plus grande que les cieux, parce qu’elle a accueilli en elle Celui que les cieux et les hauteurs des cieux ne peuvent contenir (cf. 1 R 8, 27). Frères et sœurs, confions-nous à elle, en lui demandant un zèle renouvelé, un amour ardent qui ne se lasse pas de témoigner joyeusement de l’Évangile. Et allez de l’avant, courageux, ne vous fatiguez pas d’aller de l’avant. Merci beaucoup pour votre témoignage. Lui, le Seigneur, vous a choisis et croit en vous; je suis avec vous et de tout mon cœur je vous dis: merci; merci pour votre témoignage, merci pour votre vie dépensée pour l’Évangile. Continuez ainsi, constants dans la prière, continuez créatifs dans la charité, continuez inébranlables dans la communion, joyeux et doux en tout et avec tous. Je vous bénis de tout cœur et je vous garde dans mes pensées. Et vous, s’il vous plaît, n’oubliez pas de prier pour moi. Merci.

[01296-FR.02] [Texte original: Italien]

Traduzione in lingua inglese

Dear brothers and sisters, good afternoon!

Thank you, Your Excellency, for your kind words. Thank you Sister Salvia, Father Peter Sanjaajav and Rufina for your testimonies. Thank you, all of you, for your presence and your faith! I am happy to be with you all. The joy of the Gospel is what has motivated you, consecrated men and women in religious life and in ordained ministry, to be here and to dedicate yourselves, together with your lay sisters and brothers, to the service of the Lord and of others. I thank God for this, using the words of a beautiful prayer of praise, Psalm 34, which I will draw upon in order to share some thoughts with you. The Psalm invites us to “taste and see that the Lord is good” (v. 9).

“Taste and see”, because the joy and goodness of the Lord are not fleeting; they remain within us, giving flavour to our lives and making us see things in a new way, just as you said, Rufina, in your beautiful testimony. I would like, then, to “taste” the flavor of the faith in this land by calling to mind above all faces, stories and lives spent for the Gospel. To spend one’s life for the Gospel. That is a beautiful way to define the missionary vocation of Christians, and in particular, how that vocation is being lived by Christians here. To spend one’s life for the Gospel!

I would start by remembering Bishop Wenceslao Selga Padilla, the first Apostolic Prefect, a pioneer in the contemporary history of the Church in Mongolia, who built this Cathedral. Here, however, the faith does not date back simply to the nineties of the last century; it has ancient roots. The events of the first millennium and the work of evangelization carried out by missionaries of Syriac tradition along the Silk Road were followed by a remarkable missionary outreach. How can we fail to mention the diplomatic missions of the thirteenth century, and the apostolic care manifested by the appointment, around the year 1310, of John of Montecorvino as the first Bishop of Khanbalik, with responsibility for this entire vast region of the world under the Mongolian Yuan dynasty? He provided the first translation of the Psalms and the New Testament into Mongolian. This great history of passion for the Gospel was taken up anew, in an extraordinary way, with the arrival in 1992 of the first missionaries of the Congregation of the Immaculate Heart of Mary, who were joined by members of other Institutes, diocesan priests and lay missionaries. Among all of them, I would like to single out the energy and zeal of Father Stephen Kim Seong-hyeon. Let us acknowledge too, all those many faithful servants of the Gospel in Mongolia who are here with us now and who, having spent their lives for Christ, can “see” and “taste” the marvels that his goodness continues to accomplish in you and through you. Thank you.

Why should anyone spend his or her life for the Gospel? That is a question I would ask you. As Rufina said, the Christian life moves forward by asking questions, like children who are always asking new things, because at their age they do not understand everything. The Christian life draws us close to the Lord and always asks questions, in order that we will better understand the Lord, better understand his teaching. Spend your life for the Gospel because you have “tasted” the God who made himself visible, able to be touched and encountered in Jesus. Yes, Jesus is the good news, meant for all peoples, the message that the Church must constantly proclaim, embody in her life and “whisper” to the heart of every individual and all cultures. God’s language is very often a slow whisper, that takes its time; God speaks in that way. The experience of God’s love in Christ is pure light that brightens and transforms our countenance. Brothers and sisters, the Christian life is born of contemplating the Lord’s face; it is about love, daily encounter with the Lord in his word and in the Bread of Life, and in the faces of others, the needy and the poor in whom Jesus is present. You reminded of this, Sister Salvia, in your testimony. Thank you! You have been here for more than twenty years and have learnt to how to talk to this people; thank you.

In these thirty-one years of presence in Mongolia, you, dear priests, consecrated persons and pastoral workers, have embarked upon a wide variety of charitable initiatives, which absorb much of your energy and reflect the merciful face of Christ the Good Samaritan. This is, in a sense, your calling card, and it has made you respected and esteemed for the numerous benefits provided to many people in various fields: from social assistance and education, to health care and the promotion of culture. I encourage you to continue along this path, which has proved so fruitful and beneficial for the beloved Mongolian people, with gestures of love and acts of charity.

At the same time, I urge you to taste and see the Lord, to keep returning to that original “gaze” from which everything began. Otherwise, our strength will fail and our pastoral work will risk becoming an empty delivery of services, a roster of duties that end up inducing only weariness and frustration. Yet when we remain in contact with the face of Christ, seeking him in the Scriptures and contemplating him in silent adoration before the tabernacle, we come to see him in the faces of those we serve and experience an interior joy that, even amid hardship, brings peace to our hearts. This is what we need, today and always: not people who run around, busy and distracted, carrying out projects but also at times appearing resentful about a life that is surely not easy. Instead, a Christian is one who is capable of adoration, worshiping in silence. And then, out of this adoration springs activity. Yet, do not forget adoration. We have somewhat lost the meaning of adoration in this pragmatic century: do not forget to adore and, from adoration, to act. We need to return to the source, to the face of Jesus and to “taste” his presence, for he is our treasure (cf. Mt 13:44), the pearl of great price for which it is worth spending everything (cf. Mt 13:45-46). Our Mongolian brothers and sisters, who have a keen sense of the sacred and – as is typical here in Asia – an ancient and complex religious history, look for your witness and can recognize if it is genuine. This is a testimony that you must give, because the Gospel does not grow through proselytizing, the Gospel grows through bearing witness.

The Lord Jesus, in sending his disciples into the world, did not send them to spread political theories, but to bear witness by their lives to the newness of his relationship with his Father, now “our Father” (cf Jn 20:17), which is the source of concrete fraternity with every individual and people. The Church born of that mandate is a poor Church, sustained only by genuine faith and by the unarmed and disarming power of the Risen Lord, and capable of alleviating the sufferings of wounded humanity. For this reason, governments and secular institutions have nothing to fear from the Church’s work of evangelization, for she has no political agenda to advance, but is sustained by the quiet power of God’s grace and a message of mercy and truth, which is meant to promote the good of all.

To carry out this mission, Christ structured his Church in a way that reminds us of the harmony existing among the various members of the human body. He is the head, the one who constantly guides us, pouring forth into his body – into us – his Spirit, at work above all in those signs of new life that are the sacraments. To ensure the authenticity and efficacy of the latter, he instituted the order of priests, marked by an intimate association with him, the Good Shepherd who lays down his life for the flock. You, Father Peter, were called to this mission, and I thank you for sharing your experience with us. So too, the holy People of God in Mongolia have the fullness of spiritual gifts. From this perspective, I urge you to see in your bishop, not a manger but the living icon of Christ the Good Shepherd, who gathers and guides his people; a disciple filled with the apostolic charism of building up your fraternity in Christ and rooting it ever more deeply in this nation and its noble cultural heritage. The fact, then, that your Bishop is a Cardinal is an even greater sign of closeness: all of you though physically distant, are very close to the heart of Peter. And in turn, the entire Church is close to you and to your community, which is truly Catholic, universal, and directs the love of all our brothers and sisters throughout the world to Mongolia, in a great outpouring of ecclesial communion.

Let me stress that word: communion. The Church cannot be understood in merely functional terms. No, the Church is not a business, she does not grow through proselytism, as I mentioned. The Church is something else. The word “communion” explains well what the Church is. In this body of the Church, the bishop is not a manager of its diverse elements, even perhaps based on the principle of majority, but leads on the basis of a spiritual principle, whereby Jesus himself becomes present in the person of the bishop in order to ensure communion in his mystical Body. In other words, unity in the Church is not about order and respect, nor is it simply a good strategy for “teamwork”; it is about faith and love for the Lord, about fidelity to him. Consequently, it is important for all ecclesial elements to remain firmly united around the bishop, who represents Christ alive in the midst of his People, and to build up the synodal fellowship that we preach and that greatly assists the inculturation of the faith.

Dearest missionaries, “taste and see” the gift that you are, taste and see the beauty of giving yourselves entirely to Christ who called you to be witnesses of his love here in Mongolia. Continue to do this by cultivating communion. Do it through the simplicity of a frugal life, in imitation of the Lord, who entered Jerusalem riding on a donkey and who, on the cross, was stripped even of his robe. May you always be close to the people, with that closeness that is God’s way. God is close, compassionate and tender. Closeness, compassion and tenderness: treat people like that, personally caring for them, learning their language, respecting and loving their culture, not allowing yourselves to be tempted by worldly forms of security, but remaining steadfast in the Gospel through exemplary moral and spiritual lives. Simplicity and closeness! Never tire of bringing to Jesus the faces and the situations you encounter, the problems and concerns. Devote time to daily prayer, which will enable you to persevere in the work of service and to draw consolation from the “God of all consolation” (2 Cor 1:3), and thus bring hope to the hearts of all those who suffer.

Brothers and sisters, closeness to the Lord reassures us that, as Psalm 34 tells us, “those who fear him have no want...; those who seek the Lord lack no good thing” (vv. 9-10). Certainly, the faults and problems of life also affect believers, and evangelizers are not exempt from the burden of worry that is part of our human condition. The Psalmist does not hesitate to speak of evil and evildoers, but he reminds us that the Lord hears the cry of the humble and “delivers them out of all their troubles”, for he “is near to the brokenhearted, and saves the crushed in spirit” (vv. 18-19). For this reason, the Church presents herself before the world as a voice of solidarity with all who are poor and needy; she refuses to remain silent in the face of injustice and works quietly to promote the dignity of every human being.

Beloved brothers and sisters, in your journey as missionary disciples, you have a sure support: our heavenly Mother, who – and I was so pleased to discover this! – wished to give you a tangible sign of her gentle and caring presence by allowing a likeness of herself to be found in a landfill. In a place for refuse, this beautiful statue of the Immaculate Mother appeared. Herself free and undefiled by sin, she wanted to draw so close to us as to descend to the dregs of society, so that from the filth of a rubbish heap the purity of the holy Mother of God, our heavenly Mother, could shine forth. I also learned about the lovely Mongolian tradition of the suun dalai ijii, the mother with the heart as big as an ocean of milk. According to the Secret History of the Mongols, a light from the upper opening of a ger impregnated the mythic queen Alungoo; you, however, can contemplate in the motherhood of the Virgin Mary the working of the divine light that, from on high, daily accompanies the steps of your Church.

As you lift your eyes to Mary, then, may you find refreshment, knowing that being little is not a problem, but a resource. God loves littleness, and through it he loves to accomplish great things, as Mary herself bears witness (cf. Lk 1:48-49). Brothers and sisters, do not be concerned about small numbers, limited success, or apparent irrelevance. That is not how God works. Let us keep our gaze fixed on Mary, who in her littleness is greater than the heavens, for within her she bore the One whom the heavens and the highest heavens cannot contain (cf. 1 Kings 8:27). Brothers and sisters, let us entrust ourselves to her, asking for a renewed zeal and an ardent love that tirelessly and joyfully bears witness to the Gospel. Onwards! Be courageous, do not tire of moving forward. Thank you for your witness! The Lord himself has chosen you and believes in you; I am with you and with all my heart I say to you: thank you; thank you for your witness, thank you for your lives poured out for the Gospel! Persevere, constant in prayer and creative in charity, steadfast in communion, joyful and meek in everything and with everyone. I bless you from my heart, and I will keep you in my prayers. And I ask you, please, not to forget to pray for me. Thank you.

[01296-EN.02] [Original text: Italian]

Traduzione in lingua tedesca

Liebe Brüder und Schwestern, guten Tag!

Danke, Exzellenz, für Ihre Worte, danke Schwester Salvia, Don Peter Sanjaajav und Rufina für eure Zeugnisse, danke euch allen für eure Anwesenheit und für euren Glauben! Ich freue mich, euch zu treffen. Die Freude des Evangeliums ist der Grund, der euch, gottgeweihte Männer und Frauen im Ordens- und Klerikerstand, veranlasst hat, hier zu sein und euch zusammen mit euren Schwestern und Brüdern Laien dem Herrn und euren Mitmenschen zu widmen. Ich lobe Gott dafür. Ich tue dies durch ein schönes Lobgebet, Psalm 34, von dem ich mich inspirieren lasse, um einige Gedanken mit euch zu teilen. Darin heißt es: »Kostet und seht, wie gut der HERR ist!« (V. 9).

Kosten und sehen, denn die Freude und die Güte des Herrn sind nicht etwas Vorübergehendes, sondern bleiben im Innern, geben dem Leben Geschmack und lassen uns die Dinge auf eine neue Art und Weise sehen; so wie du, Rufina, es uns in deinem schönen Zeugnis erzählt hast. Ich möchte daher den Geschmack des Glaubens in diesem Land kosten, indem ich vor allem an Geschichten und Gesichter erinnere, an Menschen, die für das Evangelium gelebt haben. Leben für das Evangelium: Das ist eine schöne Definition der missionarischen Berufung des Christen und insbesondere der Art und Weise, wie die Christen sie hier leben. Lebt für das Evangelium!

Ich erinnere also an Bischof Wenceslao Selga Padilla, den ersten Apostolischen Präfekten, Wegbereiter der gegenwärtigen Phase der Kirche in der Mongolei und Erbauer dieser Kathedrale. Der Glaube reicht hier jedoch nicht nur bis in die 1990er Jahre zurück, sondern hat sehr alte Wurzeln. Auf die Erfahrungen des ersten Jahrtausends, die von der Evangelisierungsbewegung syrischer Tradition geprägt waren, die sich entlang der Seidenstraße ausbreitete, folgte ein beachtliches missionarisches Engagement: Wie könnte man etwa die diplomatischen Missionen des 13. Jahrhunderts vergessen, ebenso die apostolische Sorge, die sich in der Ernennung von Giovanni da Montecorvino zum ersten Bischof von Khān Bālīq um etwa 1310 herum äußerte, der damit für diese ganze Region unter der mongolischen Yuan-Dynastie zuständig war? Er war es auch, der die erste mongolische Übersetzung des Buchs der Psalmen und des Neuen Testaments erstellte. Nun, diese große Geschichte der Leidenschaft für das Evangelium wurde 1992 mit der Ankunft der ersten Missionare der Kongregation des Unbefleckten Herzens Mariens, zu denen sich Vertreter anderer Gemeinschaften, Diözesankleriker und Freiwillige aus dem Laienstand gesellten, in außergewöhnlicher Weise wiederaufgenommen. Von diesen möchte ich den aktiven und eifrigen Pater Stefan Kim Seong-hyeon erwähnen. Und wir erinnern uns an die vielen treuen Diener des Evangeliums in der Mongolei, die jetzt hier unter uns sind und die, nachdem sie ganz für Christus gelebt haben, die Wunder sehen und kosten, die seine Güte weiterhin in euch und durch euch wirkt. Danke.

Aber warum sollte man für das Evangelium leben? Das ist eine Frage, die ich euch stelle. Wie Rufina sagte, stellt das christliche Leben immer wieder Fragen, wie Kinder, die ständig neue Dinge fragen, weil sie im Zeitalter des „Warum“ nicht alles verstehen. Und das christliche Leben nähert sich dem Herrn und stellt immer Fragen, um den Herrn besser zu verstehen, um seine Botschaft besser zu verstehen. Für das Evangelium leben, weil man jenen Gott verkostet hat (vgl. Ps 34), der in Jesus sichtbar und berührbar wurde, so dass man ihm begegnen kann. Ja, er ist die gute Nachricht, die für alle Völker bestimmt ist, die Verkündigung, die die Kirche stets zu überbringen hat, indem sie sie im Leben konkret werden lässt und in die Herzen der einzelnen Menschen und der Kulturen „einflüstert“. Gottes Sprache ist oft ein langsames Flüstern, das sich Zeit lässt; das ist seine Art zu sprechen. Diese Erfahrung der Liebe Gottes in Christus ist reines Licht, das das Gesicht verklärt und seinerseits zum Leuchten bringt. Brüder und Schwestern, das christliche Leben entsteht aus der Betrachtung dieses Antlitzes, es ist eine Angelegenheit der Liebe, der täglichen Begegnung mit dem Herrn im Wort und im Brot des Lebens, im Antlitz des Anderen und in den Bedürftigen, in denen Jesus gegenwärtig ist. Daran hast du, Schwester Salvia, mit deinem Zeugnis erinnert. Danke! Seit mehr als 20 Jahren bist du hier und du hast gelernt, mit den Menschen hier zu kommunizieren: Danke.

In diesen einunddreißig Jahren in der Mongolei habt ihr, liebe Priester, gottgeweihte Männer und Frauen und pastorale Mitarbeiter, eine große Vielfalt von karitativen Initiativen ins Leben gerufen, die den größten Teil eurer Kräfte in Anspruch nehmen und das barmherzige Gesicht Christi, des barmherzigen Samariters, widerspiegeln. Das ist eure Visitenkarte, die euch aufgrund der zahlreichen Wohltaten, die ihr vielen Menschen in verschiedenen Bereichen erwiesen habt, respektiert und geschätzt sein lässt: von der Fürsorge bis zur Bildung, über die Gesundheitsversorgung und die kulturelle Förderung. Ich ermutige euch, auf diesem für das geliebte mongolische Volk fruchtbaren und vorteilhaften Weg weiterzugehen. Gesten der Liebe und Gesten der Nächstenliebe.

Gleichzeitig lade ich euch ein, den Herrn zu kosten und zu sehen – den Herrn zu kosten und zu sehen –, ich lade euch ein, immer und von neuem zu jenem anfänglichen Blick zurückzukehren, aus dem alles hervorgegangen ist. Ohne ihn lassen nämlich die Kräfte nach und das pastorale Engagement läuft Gefahr, zu einer sterilen Dienstleistung zu werden, in einer Abfolge von fälligen Handlungen, die am Ende nichts als Müdigkeit und Frustration vermitteln. Wenn ihr hingegen in Kontakt mit dem Antlitz Christi bleibt, ihn in der Heiligen Schrift erforscht und ihn in anbetendem Schweigen – in anbetendem Schweigen – vor dem Tabernakel betrachtet, werdet ihr ihn in den Gesichtern derer erkennen, denen ihr dient, und ihr werdet euch von einer innigen Freude getragen fühlen, die auch bei Schwierigkeiten Frieden in eurem Herzen hinterlässt. Das ist es, was wir brauchen, heute und immer: nicht beschäftigte und abgelenkte Menschen, die Projekte voranbringen, und manchmal Gefahr laufen, verbittert zu wirken über ein gewiss nicht einfaches Leben, nein: Der Christ ist ein Mensch, der fähig ist anzubeten, in der Stille anzubeten. Und aus dieser Anbetung erwächst dann das Handeln. Aber vergesst die Anbetung nicht. Wir haben in unserer pragmatischen Zeit ein wenig den Sinn für die Anbetung verloren: Vergesst nicht, anzubeten und dann aus der Anbetung heraus zu handeln. Wir müssen zur Quelle zurückkehren, zum Antlitz Jesu, zu seiner kostbaren Gegenwart: Er ist unser Schatz (vgl. Mt 13,44), die wertvolle Perle, für die es sich lohnt, alles zu verkaufen (vgl. Mt 13,45-46). Die Brüder und Schwestern in der Mongolei, die einen ausgeprägten Sinn für das Heilige haben und – wie es auf dem asiatischen Kontinent typisch ist – über eine umfangreiche und ausgeprägte religiöse Geschichte verfügen, erwarten dieses Zeugnis von euch und wissen seine Echtheit zu erkennen. Zeugnis müsst ihr geben, denn das Evangelium wächst nicht durch Proselytismus, das Evangelium wächst dadurch, dass es bezeugt wird.

Als Jesus, der Herr, die Seinen in die Welt sandte, sandte er sie nicht aus, um eine politische Vorstellung zu verbreiten, sondern um mit dem Leben die Neuheit der Beziehung zu seinem Vater zu bezeugen, der „unser Vater“ geworden ist (vgl. Joh 20,17), und so eine konkrete Geschwisterlichkeit aller Völker zu begründen. Die Kirche, die aus diesem Auftrag hervorgeht, ist eine arme Kirche, die sich bloß auf einen unverfälschten Glauben stützt, auf die unbewaffnete und entwaffnende Kraft des Auferstandenen, die in der Lage ist, die Leiden der verwundeten Menschheit zu lindern. Eben deshalb haben die Regierungen und die weltlichen Institutionen nichts vom evangelisierenden Wirken der Kirche zu befürchten, denn sie hat keine politische Agenda voranzubringen, sondern kennt nur die demütige Kraft der Gnade Gottes und eines Wortes der Barmherzigkeit und Wahrheit, das in der Lage ist, das Wohl aller zu fördern.

Um diese Mission zu erfüllen, hat Christus seine Kirche mit einer Struktur ausgestattet, die an den Einklang zwischen den verschiedenen Gliedern des menschlichen Körpers erinnert: Er ist das Haupt, d.h. der Kopf, der sie weiterhin leitet, indem er dem Körper, d.h. uns, seinen Geist eingießt, der vor allem in jenen Zeichen des neuen Lebens wirkt, die die Sakramente sind. Um deren Echtheit und Wirksamkeit sicherzustellen, hat er das Priesteramt eingesetzt, das durch eine enge Verbindung mit ihm gekennzeichnet ist, mit ihm, dem Guten Hirten, der sein Leben für die Herde hingibt. Auch du, Don Peter, bist zu dieser Mission berufen worden: Danke, dass du deine Erfahrung mit uns geteilt hast. So verfügt auch das heilige Volk Gottes in der Mongolei über die Fülle der geistlichen Gaben. Und in dieser Hinsicht lade ich euch ein, im Bischof keinen Manager zu sehen, sondern das lebendige Abbild Christi, des Guten Hirten, der sein Volk sammelt und führt; einen Jünger, der mit apostolischem Charisma erfüllt ist, um eure Geschwisterlichkeit in Christus zu stärken und sie immer mehr in dieser Nation edler kultureller Identität zu verwurzeln. Dass euer Bischof ein Kardinal ist, ist ein weiterer Ausdruck der Nähe: Ihr alle seid bloß räumlich weit entfernt, ihr seid dem Herzen Petri ganz nahe; und die ganze Kirche ist euch nahe, eurer Gemeinschaft, die wahrhaft katholisch, d.h. universal ist und die in den Brüdern und Schwestern auf der ganzen Welt Sympathie für die Mongolei weckt, in einer großen kirchlichen Gemeinschaft.

Und ich betone dieses Wort: Gemeinschaft. Die Kirche begreift man nicht auf der Grundlage eines rein funktionalen Verständnisses: nein, die Kirche ist kein funktionales Unternehmen, die Kirche wächst nicht durch Proselytismus, wie ich schon sagte. Die Kirche ist etwas anderes. Das Wort „Gemeinschaft“ erklärt gut, was die Kirche ist. In diesem Leib der Kirche ist der Bischof nicht etwa aufgrund des Mehrheitsprinzips der Moderator der verschiedenen Gruppen, sondern auf der Grundlage eines geistlichen Prinzips, dem zufolge Jesus selbst in der Person des Bischofs gegenwärtig ist, um die Gemeinschaft in seinem Mystischen Leib zu gewährleisten. Mit anderen Worten, die Einheit in der Kirche ist weder eine Frage der Ordnung und des Respekts, noch ist sie eine gute Strategie, um „als Team aufzutreten“; sie ist eine Angelegenheit des Glaubens und der Liebe zum Herrn, sie ist Treue zu ihm. Deshalb ist es wichtig, dass sich alle Teile der Kirche um den Bischof scharen, der den inmitten seines Volkes lebenden Christus repräsentiert, und so jene synodale Gemeinschaft schaffen, die bereits Verkündigung ist und sehr dabei hilft, den Glauben zu inkulturieren.

Liebe Missionare und Missionarinnen, kostet und seht das Geschenk, das ihr seid, kostet und seht die Schönheit, euch Christus ganz zu übereignen, der euch berufen hat, seine Liebe hier in der Mongolei zu bezeugen. Tut dies weiterhin, indem ihr die Gemeinschaft pflegt. Verwirklicht dies in der Einfachheit eines nüchternen Lebens, in Nachahmung des Herrn, der auf dem Rücken eines Maultiers in Jerusalem einzog und am Kreuz sogar seiner Kleider beraubt war. Seid immer nah bei den Menschen, und zwar mit jener Nähe, die die Haltung Gottes ist: Gott ist nahe, mitfühlend und zärtlich – Nähe, Mitgefühl und Zärtlichkeit. Verhaltet euch den Menschen gegenüber so, kümmert euch persönlich um sie, indem ihr die Sprache lernt, ihre Kultur respektiert und liebt; lasst euch nicht von weltlichen Sicherheiten verführen, sondern steht fest im Evangelium durch eine beispielhafte Redlichkeit im geistlichen und sittlichen Leben. Einfachheit und Nähe also, ohne müde zu werden, die Gesichter und Geschichten, die Probleme und Sorgen, denen ihr begegnet, zu Jesus zu bringen. Verbringt Zeit im täglichen Gebet, das es euch erlaubt, in den Mühen des Dienstes aufrecht zu stehen und von dem »Gott allen Trostes« (2 Kor 1,3) jene Hoffnung zu schöpfen, die ihr dann auch in die Herzen der Leidenden eingießen werdet.

Brüder und Schwestern, in der Nähe zum Herrn verstärkt sich in uns nämlich eine Gewissheit, wie uns erneut Psalm 34 offenbart: »die ihn fürchten, leiden keinen Mangel. […] die den HERRN suchen, leiden keinen Mangel an allem Guten« (VV. 10-11). Gewiss, die Unausgeglichenheiten und Widersprüche des Lebens betreffen auch die Gläubigen, und auch die Verkünder des Evangeliums sind nicht von jener Last an Sorgen befreit, die zum Menschsein gehört: Der Psalmist scheut sich nicht, von Bosheit und Übeltätern zu sprechen, aber er erinnert daran, dass der Herr – auf den Schrei der Demütigen hin – »sie all ihren Nöten entrissen« hat, denn »nahe ist der HERR den zerbrochenen Herzen und dem zerschlagenen Geist bringt er Hilfe« (VV. 18-19). Deshalb zeigt sich die Kirche der Welt als eine Stimme, die mit allen Armen und Bedürftigen solidarisch ist, sie schweigt nicht angesichts der Ungerechtigkeit und sie setzt sich mit Sanftmut dafür ein, die Würde eines jeden Menschen zu fördern.

Meine Lieben, auf diesem Weg als Jünger und Missionare habt ihr einen sicheren Halt: unsere himmlische Mutter, die – wie ich erfreut entdeckt habe! – euch ein greifbares Zeichen ihrer diskreten und fürsorglichen Gegenwart geben wollte, indem sie es geschehen ließ, dass man ein Bildnis von ihr in einer Mülldeponie fand. An einem Ort voller Müll tauchte diese schöne Statue der Unbefleckten Gottesmutter auf: Sie, ohne Makel, gefeit gegen die Sünde, wollte uns so nahekommen, dass sie mit dem Müll der Gesellschaft verwechselt wurde, so dass schließlich aus dem Schmutz des Mülls die Reinheit der heiligen Gottesmutter hervortrat, der Mutter des Himmels. Ich habe von der interessanten mongolischen Tradition der suun dalai ijii erfahren, der Mutter mit einem Herzen so groß wie ein Ozean aus Milch. Wenn in der Erzählung der Geheimen Geschichte der Mongolen ein durch die obere Öffnung des Ger herabkommendes Licht die mythische Königin Alungoo befruchtet, dann könnt ihr in der Mutterschaft der Jungfrau Maria das Wirken des göttlichen Lichts betrachten, das jeden Tag die Schritte eurer Kirche von oben begleitet.

Schöpft also neuen Mut, wenn ihr den Blick zu Maria erhebt, und seht, dass die Kleinheit kein Problem, sondern eine Möglichkeit ist. Ja, Gott liebt das Kleine und er liebt es, durch das Kleine große Dinge zu vollbringen, wie Maria bezeugt (vgl. Lk 1,48-49). Brüder und Schwestern, habt keine Angst vor kleinen Zahlen, vor sich nicht einstellenden Erfolgen, vor der sich nicht zeigenden Relevanz. Dies ist nicht der Weg Gottes. Schauen wir auf Maria, die in ihrer Kleinheit größer ist als der Himmel, weil sie in sich denjenigen beherbergt hat, den der Himmel und die Himmel der Himmel nicht fassen können (vgl. 1 Kön 8,27). Brüder und Schwestern, vertrauen wir uns ihr an und bitten wir sie um einen erneuerten Eifer, um eine glühende Liebe, die nicht müde wird, das Evangelium freudig zu bezeugen. Und macht weiter, werdet nicht müde weiter zu machen. Vielen Dank für euer Zeugnis. Er, der Herr hat euch erwählt und er glaubt in euch. Ich bin mit euch und ich sage euch von ganzem Herzen: Danke. Danke für euer Zeugnis, danke für euer Leben für das Evangelium. Macht weiter so, beständig im Gebet, seid weiterhin einfallsreich in der Nächstenliebe, steht weiter fest in der Gemeinschaft, fröhlich und sanftmütig in allem und mit allen. Ich segne euch von Herzen und ich denke an euch. Und ihr, vergesst bitte nicht, für mich zu beten. Danke.

[01296-DE.02] [Originalsprache: Italienisch]

Traduzione in lingua spagnola

Queridos hermanos y hermanas: ¡Buenas tardes!

Gracias, Excelencia, por sus palabras, gracias sor Salvia, don Peter Sanjaajav y Rufina por sus testimonios, gracias a todos ustedes por su presencia y por su fe. Estoy feliz de encontrarme con ustedes. La alegría del Evangelio es el motivo que ha impulsado a todos ustedes, hombres y mujeres consagrados en la vida religiosa o en el ministerio ordenado, a estar aquí y a dedicarse, junto a las hermanas y a los hermanos laicos, al Señor y a los demás. Bendigo a Dios por esto y lo hago a través de una hermosa oración de alabanza tomada del Salmo 34, en el que me inspiro para compartir algunos pensamientos con ustedes. Dice así: «¡Gusten y vean qué bueno es el Señor!» (v. 9).

Gustar y ver, porque la alegría y la bondad del Señor no son algo pasajero, sino que permanecen dentro, dan gusto a la vida y permiten ver las cosas de un modo nuevo; como nos has dicho tú, Rufina, en tu hermoso testimonio. Ante todo, quisiera saborear el gusto de la fe en esta tierra haciendo memoria de historias y de rostros, de vidas gastadas por el Evangelio. Gastar la vida por el Evangelio: es una bella definición de la vocación misionera del cristiano, y en particular del modo en que los cristianos viven esa vocación aquí. Gastar la propia vida por el Evangelio.

Recuerdo entonces al obispo Wenceslao Selga Padilla, primer Prefecto apostólico, pionero de la fase contemporánea de la Iglesia en Mongolia y constructor de esta catedral. Aquí, sin embargo, la fe no se remonta sólo a los años noventa del siglo pasado, sino que tiene raíces muy antiguas. A las experiencias del primer milenio, marcadas por el movimiento evangelizador de la tradición siriaca que se difundió a lo largo de la ruta de la seda, siguió un considerable compromiso misionero. ¿Cómo no recordar las misiones diplomáticas del siglo XIII, incluso el celo apostólico manifestado por el nombramiento, entorno al año 1310, de Juan de Montecorvino como primer obispo de Janbalic y, por tanto, responsable de toda esta amplia región del mundo bajo la dinastía mongol Yuan? Fue precisamente él quien realizó la primera traducción en mongol del libro de los Salmos y del Nuevo Testamento. Pues bien, esta gran historia de pasión por el Evangelio se retomó de manera extraordinaria en 1992 con la llegada de los primeros misioneros de la Congregación del Inmaculado Corazón de María, a los que se unieron representantes de otros institutos, clero diocesano y voluntarios laicos. Entre todos quisiera recordar al activo y celoso Padre Stephano Kim Seong-hyeon. Y también hagamos memoria de tantos fieles servidores del Evangelio en Mongolia, que están aquí con nosotros ahora y que, después de haber gastado su vida por Cristo, ven y gustan las maravillas que su bondad sigue realizando en ustedes y a través de ustedes. Gracias.

Pero, ¿por qué gastar la vida por el Evangelio? Es una pregunta que les hago. Como decía Rufina, la vida cristiana avanza haciéndose preguntas, como los niños que siempre preguntan algo nuevo, porque no son capaces de entenderlo todo en la edad de los porqués. Y en la vida cristiana nos acercamos al Señor y siempre le hacemos preguntas para entenderlo mejor, para entender mejor su mensaje. Gastar la vida por el Evangelio porque se ha gustado ese Dios que se hizo visible, tangible, perceptible en Jesús (cf. Sal 34). Sí, es Él la buena noticia destinada a todos los pueblos, el anuncio que la Iglesia no puede dejar de llevar, encarnándolo en la vida y “susurrándolo” al corazón de cada individuo y de cada cultura. Muchas veces, el lenguaje de Dios es un susurro lento, que toma su tiempo; Él habla así. Esta experiencia del amor de Dios en Cristo es pura luz que transfigura el rostro y lo hace a su vez resplandeciente. Hermanos y hermanas, la vida cristiana nace de la contemplación de este rostro, es una cuestión de amor, de encuentro cotidiano con el Señor en la Palabra y en el Pan de vida, en el rostro de los demás, en los necesitados, donde Cristo está presente. Eso nos lo has recordado tú, sor Salvia, con tu testimonio, ¡gracias! Hace más de veinte años que tú estás aquí y has aprendido a dialogar con este pueblo, gracias.

En estos treinta y un años de presencia en Mongolia, ustedes, queridos sacerdotes, consagrados, consagradas y agentes pastorales, han dado vida a una múltiple variedad de iniciativas caritativas que absorben la mayor parte de sus energías y reflejan el rostro misericordioso de Cristo buen samaritano. Es como su tarjeta de presentación, que les ha granjeado respeto y estima por los muchos beneficios que han aportado en infinidad de campos diferentes; desde la asistencia hasta la educación, pasando por la atención sanitaria y la promoción cultural. Los animo a proseguir en este camino fecundo y benéfico para el amado pueblo mongol. Gestos de amor y gestos de caridad.

Al mismo tiempo, los invito a que gusten y vean al Señor —gusten y vean al Señor—, los invito a que vuelvan una y otra vez a aquella primera mirada de la que surgió todo. Sin esto, las fuerzas van menguando y el compromiso pastoral corre el riesgo de quedar en una estéril prestación de servicios, en un sucederse de tareas que se deben hacer, pero que terminan por no trasmitir nada más que cansancio y frustración. Sin embargo, permaneciendo en contacto con el rostro de Cristo, buscándolo en las Escrituras y contemplándolo en silenciosa adoración —en silenciosa adoración— ante el sagrario, lo reconocerán en el rostro de aquellos a quienes sirven y se sentirán transportados por una íntima alegría, que incluso en las dificultades deja paz en el corazón. Esto es lo que necesitamos —hoy y siempre—, no personas ocupadas y distraídas que llevan adelante proyectos, quizás con el riesgo de parecer amargadas a causa de una vida que no es ciertamente fácil, no. El cristiano es aquel que es capaz de adorar, adorar en silencio. Y después de esta adoración brota la actividad. Pero no olviden la adoración. Nosotros hemos perdido un poco el sentido de la adoración en esta época del pragmatismo. No se olviden de adorar y, desde la adoración, hagan las cosas. Es necesario volver a la fuente, al rostro de Jesús, a gustar de su presencia; es Él nuestro tesoro (cf. Mt 13,44), la perla preciosa por la cual vale la pena gastar todo (cf. Mt 13,45-46). Los hermanos y las hermanas de Mongolia, que tienen un noble sentido de lo sagrado y —como es típico en el continente asiático— una amplia y acrisolada historia religiosa, esperan de ustedes este testimonio, y saben reconocer su autenticidad. Es un testimonio que ustedes deben dar, porque el Evangelio no crece haciendo proselitismo, el Evangelio crece dando testimonio.

El Señor Jesús, cuando envió a los suyos en el mundo, no los mandó a difundir un pensamiento político, sino a testimoniar con la vida la novedad de la relación con su Padre, para que fuese “Padre nuestro” (cf. Jn 20,17), activando de esa manera una concreta fraternidad con cada pueblo. La Iglesia que nace de este mandato es una Iglesia pobre, que se apoya sólo sobre una fe genuina, sobre la inerme y desarmante potencia del Resucitado, capaz de aliviar los sufrimientos de la humanidad herida. Es por eso que los gobiernos y las instituciones seculares no tienen nada que temer de la acción evangelizadora de la Iglesia, porque no tiene ninguna agenda política que sacar adelante, sino que sólo conoce la fuerza humilde de la gracia de Dios y de una Palabra de misericordia y de verdad, capaz de promover el bien de todos.

Para llevar a cabo esta misión, Cristo ha dado a su Iglesia una estructura que recuerda la armonía que hay entre los distintos miembros del cuerpo humano. Él es la cabeza, es decir, la mente que sigue guiándola, infundiendo en el Cuerpo, o sea, en nosotros, su mismo Espíritu, que actúa sobre todo en esos signos de vida nueva que son los sacramentos. Para garantizar la autenticidad y la eficacia, ha instituido el orden sacerdotal, marcado por una íntima unión con Él, con Él que es el buen Pastor que da la vida por su rebaño. También tú, don Peter, has sido llamado para esta misión, gracias por haber compartido tu experiencia con nosotros. De ese modo también el santo Pueblo de Dios que peregrina en Mongolia posee la plenitud de los dones espirituales. Y en esta perspectiva los invito a ver en el obispo no un manager, sino la imagen viva de Cristo buen Pastor que reúne y guía a su pueblo; un discípulo colmado del carisma apostólico para que edifique vuestra fraternidad en Cristo y la radique cada vez más en esta nación con una noble identidad cultural. Además, el hecho de que vuestro obispo sea Cardenal añade una ulterior expresión de cercanía: todos ustedes, lejanos sólo físicamente, están muy cerca del corazón de Pedro; y toda la Iglesia está cerca de ustedes, de vuestra comunidad, que es verdaderamente católica, es decir, universal, pues atrae hacia Mongolia la simpatía de muchos hermanos y hermanas esparcidos por el mundo, en una gran comunión eclesial.

Y subrayo esta palabra: comunión. La Iglesia no se comprende en base a un criterio puramente funcional; no, la Iglesia no es una empresa funcional, la Iglesia no crece haciendo proselitismo, como ya he dicho. La Iglesia es algo distinto. La palabra “comunión” nos explica bien qué es la Iglesia. En este cuerpo de la Iglesia, el obispo no hace de moderador de distintos miembros basándose tal vez en el principio de la mayoría, sino en virtud de un principio espiritual, por el cual Jesús mismo se hace presente en la persona del obispo para asegurar la comunión de su Cuerpo místico. En otras palabras, la unidad de la Iglesia no es una cuestión de orden y de respeto, ni siquiera una buena estrategia para “hacer amigos”, es una cuestión de fe y de amor al Señor, es fidelidad a Él. Por eso es importante que todos los componentes eclesiales se aglutinen alrededor del obispo, que representa a Cristo vivo en medio de su Pueblo, construyendo esa comunión sinodal que ya es anuncio y que tanto ayuda a inculturar la fe.

Queridos misioneros y misioneras, gusten y vean el don que son ustedes, gusten y vean la belleza de darse totalmente a Cristo que los ha llamado a testimoniar su amor precisamente aquí en Mongolia. Sigan haciéndolo cultivando la comunión. Llévenlo a cabo en la sencillez de una vida sobria, a imitación del Señor, que entró en Jerusalén sobre un mulo y que se despojó incluso de sus vestiduras en la cruz. Estén siempre cerca de la gente, con esa cercanía que es la actitud de Dios: Dios es cercano, compasivo y tierno —cercanía, compasión y ternura—. Sean así con la gente, atendiéndolos personalmente, aprendiendo la lengua, respetando y amando su cultura, no dejándose tentar por las seguridades mundanas, sino permaneciendo firmes en el Evangelio a través de una ejemplar rectitud de vida espiritual y moral. Sencillez y cercanía, sin cansarse de llevar a Jesús los rostros y las historias que encuentran, los problemas y las preocupaciones, gastando tiempo en la oración cotidiana, que les permitirá mantenerse en pie ante el cansancio del servicio y alcanzar del «Dios de todo consuelo» (2 Co 1,3) la esperanza que hemos de llevar a los corazones de cuantos sufren.

Hermanos y hermanas, cerca del Señor se refuerza en nosotros una certeza, como nos revela nuevamente el Salmo 34: «Nada faltará a los que lo temen […]. Los que buscan al Señor no carecen de nada» (vv. 10-11). Es cierto que los desequilibrios y las contradicciones de la vida afectan también a los creyentes, y que los evangelizadores no están dispensados de esa carga de inquietud que pertenece a la condición humana. El salmista no teme hablar de la malicia y de los malhechores, pero recuerda que el Señor, ante el grito de los humildes, «los libra de todas sus angustias», porque «está cerca del que sufre y salva a los que están abatidos» (vv. 18-19). Por esto, la Iglesia se presenta ante el mundo como una voz solidaria con todos los pobres y los necesitados, no calla ante las injusticias y con mansedumbre se compromete a promover la dignidad de cada ser humano.

Queridos amigos, en este camino de discípulos misioneros ustedes tienen un pilar seguro, nuestra Madre celestial, que —me ha gustado mucho descubrirlo— ha querido darles un signo tangible de su presencia discreta y premurosa dejando que se encontrase una imagen suya en un vertedero. En un lugar de desechos ha aparecido esta hermosa estatua de la Inmaculada. Ella, sin mancha, inmune al pecado, ha querido hacerse cercana hasta el punto de ser confundida con los deshechos de la sociedad, de forma que de la suciedad de la basura ha surgido la pureza de la Santa Madre de Dios, la Madre del Cielo. He conocido una interesante tradición mongola de la suun dalai ijii, la mamá del corazón grande como un océano de leche. Si en la narración de la Historia secreta de los mongoles, una luz que desciende a través de la abertura superior de la ger fecunda la mítica reina Alan Qo’a, así también ustedes pueden contemplar en la maternidad de la Virgen María la acción de la luz divina, que desde lo alto acompaña cada día los pasos de vuestra Iglesia.

Alzando la mirada a María, serán fortalecidos, viendo que la pequeñez no es un problema, sino una respuesta. Sí, Dios ama la pequeñez y le gusta hacer obras grandes a través de la pequeñez, como atestigua María (cf. Lc 1,48-49). Hermanos, hermanas, no tengan miedo de los números reducidos, de los éxitos que no llegan, de la relevancia que no aparece. No es este el camino de Dios. Miremos a María, que en su pequeñez es más grande que el cielo, porque ha acogido a Aquel que ni el cielo ni lo más alto del cielo puede contener (cf. 1 Re 8,27). Hermanos y hermanas, encomendémonos a ella, pidiendo un celo renovado, un amor ardiente que no se cansa de testimoniar el Evangelio con alegría. Y sigan adelante, con valentía, no se cansen de avanzar. Muchas gracias por vuestro testimonio. Él, el Señor, los ha elegido y cree en ustedes, yo estoy con ustedes, y con todo el corazón les digo: gracias, gracias por vuestro testimonio, gracias por vuestra vida gastada por el Evangelio. Continúen así, constantes en la oración, continúen creativos en la caridad, continúen firmes en la comunión, alegres y mansos en todo y con todos. Los bendigo de corazón y los recuerdo. Y ustedes, por favor, no se olviden de rezar por mí. Gracias.

[01296-ES.02] [Texto original: Italiano]

Traduzione in lingua portoghese

Queridos irmãos e irmãs, boa tarde!

Obrigado, Senhor Bispo, pelas suas palavras! Obrigado, Irmã Salvia, Padre Peter Sanjaajav e Rufina, pelos vossos testemunhos! Obrigado, a todos vós, pela vossa presença e a vossa fé! Estou feliz por vos encontrar. A alegria do Evangelho é o motivo que vos impeliu a vós, homens e mulheres consagrados na vida religiosa e no ministério ordenado, a estar aqui e a dedicar-vos, juntamente com os irmãos e irmãs leigos, ao Senhor e aos outros. Bendigo a Deus por isso. Faço-o através duma estupenda oração de louvor: o Salmo 34. Nele me inspiro para partilhar convosco alguns pensamentos. Diz ele: «Saboreai e vede como o Senhor é bom» (34, 9).

Saborear e ver, porque a alegria e a bondade do Senhor não são algo de passageiro, mas permanecem dentro: dão sabor à vida e fazem ver as coisas de maneira nova, como nos disseste tu, Rufina, no teu lindo testemunho. Quero, pois, saborear o gosto da fé nesta terra, começando por recordar histórias e rostos de vidas gastas pelo Evangelho. Gastar a vida pelo Evangelho: é uma bela definição da vocação missionária do cristão e, em particular, do modo como aqui a vivem os cristãos. Gastar a própria vida pelo Evangelho!

Assim recordo o Bispo D. Wenceslao Selga Padilla, primeiro Prefeito Apostólico, pioneiro da fase contemporânea da Igreja na Mongólia e construtor desta catedral. Aqui, porém, a fé não remonta apenas aos anos noventa do século passado, mas tem raízes muito antigas. Às experiências do primeiro milénio, marcadas pelo movimento evangelizador de tradição siríaca que se estendeu ao longo da rota da seda, seguiu-se um considerável empenho missionário: como não recordar as missões diplomáticas do século XIII e também a solicitude apostólica demonstrada no facto da nomeação, por volta de 1310, de Giovanni de Montecorvino como primeiro Bispo de Khān Bālīq e, consequentemente, responsável por toda esta vasta região do mundo sob a dinastia mongol Yuan? Foi ele precisamente que preparou a primeira tradução em língua mongol do livro dos Salmos e do Novo Testamento. Pois bem, esta grande história de paixão pelo Evangelho é retomada de forma extraordinária em 1992 com a chegada dos primeiros missionários da Congregação do Imaculado Coração de Maria, aos quais se juntaram representantes de outros Institutos, clero diocesano e voluntários leigos. Dentre todos, quero recordar o ativo e zeloso Padre Stephano Kim Seong-hyeon. E lembremos tantos fiéis servidores do Evangelho na Mongólia, que estão aqui connosco agora e que, depois de ter gasto a vida por Cristo, veem e saboreiam as maravilhas que a sua bondade continua a realizar em vós e por vós. Obrigado.

Mas, porquê gastar a vida pelo Evangelho? É uma pergunta que vos faço. Como dizia Rufina, a vida cristã progride quando se fazem perguntas, como as crianças que perguntam sempre coisas novas, uma vez que na idade dos porquês não compreendem tudo. Aproximando-se do Senhor, a vida cristã coloca sempre perguntas, para O compreender melhor, para compreender melhor a sua mensagem. Gastar a vida pelo Evangelho porque se saboreou (cf. Sal 34) aquele Deus que Se tornou visível, palpável, podendo-Se encontrar em Jesus. Sim, é Ele a boa notícia destinada a todos os povos, o anúncio que a Igreja não pode cessar de levar, encarnando-o na vida e «sussurrando-o» ao coração dos indivíduos e das culturas. Muitas vezes, a linguagem de Deus é um sussurro demorado, que leva o seu tempo; Ele fala assim. Esta experiência do amor de Deus em Cristo é pura luz que transfigura o rosto e, por sua vez, o torna luminoso. Irmãos e irmãs, a vida cristã nasce da contemplação deste rosto; é questão de amor, de encontro diário com o Senhor na Palavra e no Pão da vida, e no rosto do outro, nos necessitados em quem está presente Jesus. E tu, Irmã Salvia, recordaste-nos disso com o teu testemunho. Obrigado! Há mais de 20 anos que te encontras aqui e aprendeste a interagir com este povo: obrigado.

Nestes trinta e um anos de presença na Mongólia, vós, queridos sacerdotes, consagrados, consagradas e agentes pastorais, destes vida a uma multiforme variedade de iniciativas sociocaritativas, que absorvem a maior parte das vossas energias e refletem o rosto misericordioso de Cristo bom samaritano. É como o vosso cartão de visita, que vos tornou respeitados e estimados pelos muitos benefícios prestados a tantas pessoas nos mais variados campos: desde a assistência até à educação, passando pela saúde e a promoção cultural. Encorajo-vos a continuar por este caminho fecundo e vantajoso para o amado povo mongol. Gestos de amor e gestos de caridade.

Ao mesmo tempo, convido-vos a saborear e ver o Senhor – saborear e ver o Senhor; convido-vos a voltar sempre de novo àquele olhar primordial do qual tudo nasceu. De facto, sem isso, as forças definham e o empenho pastoral corre o risco de se tornar uma estéril prestação de serviços, numa sucessão de ações devidas, que acabam por nada mais transmitir senão cansaço e frustração. Pelo contrário, permanecendo em contacto com o rosto de Cristo, perscrutando-O nas Escrituras e contemplando-O em silêncio adorador – em silêncio adorador – diante do Sacrário, reconhecê-Lo-eis no rosto de quantos servis e sentir-vos-eis transportados por uma alegria íntima, que, mesmo no meio das dificuldades, deixa a paz no coração. É disto que se sente necessidade, hoje e sempre! Não de pessoas agitadas e distraídas que fazem avançar projetos, com o risco às vezes de aparecerem amarguradas por uma vida certamente não fácil. Não! O cristão é aquele que é capaz de adorar, adorar em silêncio. E depois, desta adoração brota a atividade. Mas, não esqueçais a adoração. Neste século pragmático, perdemos um pouco o sentido da adoração. Não vos esqueçais de adorar e de fazer as coisas a partir da adoração. É preciso regressar à fonte, ao rosto de Jesus, à sua presença que se há de saborear: é Ele o nosso tesouro (cf. Mt 13, 44), a pérola preciosa pela qual vale a pena gastar tudo (cf. Mt 13, 45-46). Os irmãos e irmãs da Mongólia, que possuem um forte sentido do sagrado e – como é típico no continente asiático – uma vasta e articulada história religiosa, esperam de vós este testemunho e sabem reconhecer a sua genuinidade. É um testemunho que deveis dar, porque o Evangelho não cresce através do proselitismo, o Evangelho cresce através do testemunho.

Quando o Senhor Jesus enviou os seus discípulos ao mundo, não foi para difundirem um pensamento político, mas para testemunhar com a vida a novidade da relação com o Pai d’Ele, que Se tornou «Pai nosso» (cf. Jo 20, 17), desencadeando assim uma fraternidade concreta com cada povo. A Igreja, que nasce deste mandato, é uma Igreja pobre, que se apoia apenas numa fé genuína, na força desarmada e desarmante do Ressuscitado, capaz de aliviar os sofrimentos da humanidade ferida. É por isso que os governos e as instituições seculares nada têm a temer da ação evangelizadora da Igreja, porque esta não tem uma agenda política a concretizar, mas conhece só a força humilde da graça de Deus e duma Palavra de misericórdia e verdade, capaz de promover o bem de todos.

Para cumprir tal missão, Cristo dotou a sua Igreja duma estrutura que recorda a harmonia que existe entre os vários membros do corpo humano: Ele é a Cabeça, ou seja, a testa que continua a guiá-la, infundindo no Corpo, ou seja, em nós, o seu próprio Espírito, operante sobretudo nos sinais de vida nova que são os Sacramentos. Para garantir a sua autenticidade e eficácia, instituiu a Ordem Sacerdotal, marcada por uma íntima associação com Ele, com Ele que é o bom Pastor que dá a vida pelo rebanho. Também tu, Padre Peter, foste chamado para esta missão: obrigado por teres partilhado connosco a tua experiência. Deste modo, também o santo Povo de Deus que está na Mongólia possui a plenitude dos dons espirituais. E, nesta perspetiva, convido-vos a ver no Bispo não um empresário, mas a imagem viva de Cristo bom Pastor que reúne e guia o seu povo; um discípulo repleto do carisma apostólico para edificar a vossa fraternidade em Cristo e enraizá-la sempre mais nesta nação de nobre identidade cultural. Depois, o facto do vosso Bispo ser Cardeal pretende ser mais uma expressão de proximidade: todos vós, distantes apenas fisicamente, vos encontrais muito próximo do coração de Pedro; e a Igreja inteira está próxima de vós, da vossa comunidade, que é verdadeiramente católica, isto é, universal e que faz atrair para a Mongólia a simpatia de todos os irmãos e irmãs espalhados pelo mundo, numa grande comunhão eclesial.

E sublinho esta palavra: comunhão. A Igreja não é compreendida com base num critério puramente funcional: não, a Igreja não é uma empresa funcional, a Igreja não cresce através do proselitismo, como vos disse. A Igreja é outra coisa. A palavra “comunhão” explica bem o que é a Igreja. Neste corpo da Igreja, o Bispo não faz de moderador dos vários componentes atendo-se talvez ao princípio da maioria, mas em virtude dum princípio espiritual pelo qual o próprio Jesus Se faz presente na pessoa do Bispo para assegurar a comunhão no seu Corpo místico. Por outras palavras, a unidade na Igreja não é questão de ordem e respeito, nem mesmo duma boa estratégia de «fazer equipa»; mas é questão de fé e de amor ao Senhor, é fidelidade a Ele. Por isso é importante que todos os componentes eclesiais se unam em torno do Bispo, que representa Cristo vivo no meio do seu Povo, construindo aquela comunhão sinodal que já é anúncio e muito ajuda a inculturar a fé.

Caríssimos Missionários e Missionárias, saboreai e vede o dom que sois, saboreai e vede a beleza de vos entregardes inteiramente a Cristo que vos chamou para testemunhar o seu amor precisamente aqui na Mongólia. Continuai a fazê-lo, cultivando a comunhão. Fazei-o na simplicidade duma vida sóbria, à imitação do Senhor, que entrou em Jerusalém montado num jumento e foi até despido das suas vestes na cruz. Permanecei sempre próximos da gente, com aquela proximidade que é a atitude de Deus: Deus é próximo, compassivo e terno – proximidade, compaixão e ternura. Sede assim com as pessoas, cuidando delas pessoalmente, aprendendo a sua língua, respeitando e amando a sua cultura, não vos deixando tentar por seguranças mundanas, mas permanecendo firmes no Evangelho através duma exemplar retidão de vida espiritual e moral. Por conseguinte, é-vos pedida simplicidade e proximidade, sem vos cansardes de levar a Jesus os rostos e as histórias que encontrais, os problemas e as preocupações, gastando tempo na oração diária, que vos consente permanecer de pé nas canseiras do serviço e haurir do «Deus de toda a consolação» (2 Cor 1, 3) a esperança que haveis de derramar nos corações de quantos sofrem.

Irmãos e irmãs, estando próximos do Senhor, reforça-se efetivamente em nós uma certeza, como nos revela o Salmo 34: «Nada falta aos que O temem (...), aos que procuram o Senhor nenhum bem há de faltar» (34, 10.11). Certamente, os desequilíbrios e as contradições da vida abatem-se também sobre os crentes, e os evangelizadores não estão exonerados da carga de inquietações que pertence à condição humana: o salmista não hesita em falar de malícia e de malfeitores, mas recorda que o Senhor, confrontado com o grito dos humildes, «livrou-os das suas angústias», porque «está perto dos corações contritos e salva os espíritos abatidos» (34, 18.19). Por isso, a Igreja apresenta-se ao mundo como voz solidária com todos os pobres e necessitados, não se cala perante as injustiças e, com mansidão, empenha-se a promover a dignidade de todo o ser humano.

Caríssimos, neste caminho de discípulos-missionários, tendes um apoio seguro: a nossa Mãe celeste, que quis dar-vos um sinal palpável da sua presença discreta e solícita (gostei muito de descobrir isto) ao deixar que se encontrasse a sua efígie numa lixeira. Naquele lugar dos detritos, apareceu esta bela estátua da Imaculada: Ela, sem mácula, imune do pecado, quis chegar tão perto a ponto de ser confundida com os desperdícios da sociedade, para que, da imundície do lixo, emergisse a pureza da Santa Mãe de Deus, a Mãe do Céu. Soube da interessante tradição mongol da suun dalai ijii, a mãe do coração grande como um oceano de leite. Se, na narração da História Secreta dos Mongóis, uma luz descida através da abertura superior da ger fecunda a mítica rainha Alungoo, vós podeis contemplar na maternidade da Virgem Maria a ação da luz divina que do Alto acompanha cada dia os passos da vossa Igreja.

Assim, erguendo o olhar para Maria, sentis-vos revigorados ao ver que a pequenez não é um problema, mas um recurso. Sim, Deus ama a pequenez e gosta de realizar grandes coisas mediante a pequenez, como testemunha Maria (cf. Lc 1, 48-49). Irmãos, irmãs, não tenhais medo dos números exíguos, dos sucessos que tardam, da relevância que não se avista. Não é este o caminho de Deus. Olhemos para Maria, que, na sua pequenez, é maior que o céu, pois hospedou em Si Aquele que nem os céus nem os céus dos céus podem conter (cf. 1 Rs 8, 27). Irmãos e Irmãs, consagremo-nos a Ela, pedindo um renovado zelo, um ardente amor, que não se cansa de testemunhar o Evangelho com alegria. E segui em frente, corajosos; não vos canseis de seguir em frente! Muito obrigado pelo vosso testemunho. Ele, o Senhor, escolheu-vos e acredita em vós; e eu uno-me a vós e, de todo o coração, vos digo: obrigado; obrigado pelo vosso testemunho, obrigado pelas vossas vidas gastas pelo Evangelho! Continuai assim, constantes na oração, continuai criativos na caridade, continuai firmes na comunhão, alegres e mansos em tudo e com todos. De todo o coração vos abençoo e lembro-me de vós. E vós, por favor, não vos esqueçais de rezar por mim. Obrigado!

[01296-PO.02] [Texto original: Italiano]

Traduzione in lingua polacca

Drodzy bracia i siostry, dzień dobry!

Dziękuję Waszej Ekscelencji za słowa, dziękuję siostrze Salvii, ks. Peterowi Sanjaajav i Rufinie za wasze świadectwa, dziękuję wam wszystkim za waszą obecność i za waszą wiarę! Cieszę się, że mogę się z wami spotkać. Radość Ewangelii jest powodem, który skłonił was, mężczyzn i kobiety konsekrowane w życiu zakonnym oraz posłudze święceń, do obecności tutaj i poświęcenia się, wraz z waszymi siostrami i braćmi świeckimi, Panu i bliźnim. Błogosławię za to Boga. Czynię to poprzez piękną modlitwę uwielbienia, Psalm 34, stanowiący dla mnie inspirację do podzielenia się z wami pewnymi przemyśleniami. Mówi on: „Skosztujcie i zobaczcie, jak dobry jest Pan” (w. 9).

Skosztować i zobaczyć, ponieważ radość i dobroć Pana nie są czymś przemijającym, ale pozostają w nas, nadają smak życiu i sprawiają, że widzimy rzeczy w nowy sposób, jak powiedziałaś nam, Rufino, w swoim pięknym świadectwie. Chciałbym zatem skosztować smaku wiary na tej ziemi, wspominając przede wszystkim historie i twarze, życie oddane dla Ewangelii. Poświęcić życie dla Ewangelii: to piękna definicja powołania misyjnego chrześcijanina, a zwłaszcza tego, jak chrześcijanie żyją nią tutaj. Poświęcić swe życie dla Ewangelii.

Wspominam zatem biskupa Wenceslao Selga Padillę, pierwszego prefekta apostolskiego, pioniera współczesnej fazy życia Kościoła w Mongolii i budowniczego tej katedry. Tu wszakże, wiara sięga nie tylko lat dziewięćdziesiątych, lecz ma bardzo stare korzenie. Doświadczenia pierwszego tysiąclecia, naznaczone ruchem ewangelizacyjnym tradycji syryjskiej, który rozprzestrzenił się wzdłuż jedwabnego szlaku, pociągnęły za sobą znaczne zaangażowanie misyjne: jak możemy nie wspomnieć o misjach dyplomatycznych z XIII wieku, ale także o apostolskiej trosce przejawiającej się w mianowaniu około 1310 roku Jana z Montecorvino pierwszym biskupem Khān Bālīq, a tym samym odpowiedzialnym za ten rozległy region świata pod panowaniem mongolskiej dynastii Yuan? To właśnie on dokonał pierwszego tłumaczenia Księgi Psalmów i Nowego Testamentu na język mongolski. Otóż, ta wspaniała historia umiłowania Ewangelii została podjęta na nowo w niezwykły sposób w 1992 roku, wraz z przybyciem pierwszych misjonarzy ze Zgromadzenia Niepokalanego Serca Maryi, do których dołączyli przedstawiciele innych instytutów, duchowieństwo diecezjalne i wolontariusze świeccy. Wśród nich chciałbym wspomnieć aktywnego i gorliwego ojca Stephana Kim Seong-hyeona. I pamiętajmy o wielu wiernych sługach Ewangelii w Mongolii, którzy są teraz tutaj z nami, a którzy poświęciwszy swoje życie dla Chrystusa, widzą i kosztują cudów, jakie Jego dobroć nadal dokonuje w was i poprzez was. Dziękuję.

Ale dlaczego warto poświęcić swoje życie dla Ewangelii? Oto  pytanie, jakie wam zadaję. Jak powiedziała Rufina, życie chrześcijańskie idzie naprzód stawiając pytania, jak dzieci, które zawsze pytają o nowe rzeczy, ponieważ nie rozumieją wszystkiego w okresie dlaczego. A życie chrześcijańskie przybliża się do Pana i zawsze zadaje pytania, aby lepiej zrozumieć Pana, aby lepiej zrozumieć Jego orędzie. Poświęć swoje życie dla Ewangelii, ponieważ zakosztowaliśmy (por. Ps 34) tego Boga, który stał się widzialny, dotykalny, możliwy do spotkania w Jezusie. Tak, to On jest dobrą nowiną przeznaczoną dla wszystkich narodów, orędziem, którego Kościół nie może zaprzestać nieść, wcielając je w swoje życie i „podpowiadając” sercom jednostek i kultur. Język Boga jest często powolnym szeptem, który nie spieszy się; On tak mówi. To doświadczenie miłości Boga w Chrystusie jest czystym światłem, które przemienia oblicze i czyni je jaśniejącym. Bracia i siostry, życie chrześcijańskie rodzi się z kontemplacji tego oblicza, jest kwestią miłości, codziennego spotkania z Panem w Słowie i w Chlebie Życia, a także w obliczu drugiego, w potrzebujących, w których obecny jest Jezus. Ty, Siostro Salvio, wspomniałaś o tym w swoim świadectwie, dziękuję! Jesteś tutaj od ponad 20 lat i nauczyłaś się rozmawiać z tym ludem: dziękuję.

W ciągu tych trzydziestu jeden lat obecności w Mongolii, wy, drodzy kapłani, osoby konsekrowane i pracownicy duszpasterscy, zrodziliście liczne i różnorodne inicjatywy charytatywne, które pochłaniają większość waszej energii i odzwierciedlają miłosierne oblicze Chrystusa – Dobrego Samarytanina. Jest to jakby wasza wizytówka, która sprawiła, że jesteście szanowani i poważani za liczne dobrodziejstwa, jakie przynieśliście wielu osobom w różnych dziedzinach: od pomocy do edukacji, poprzez opiekę zdrowotną i promocję kultury. Zachęcam was do dalszego kroczenia tą drogą owocną i korzystną dla umiłowanego narodu mongolskiego. Czynami miłości i czynami miłosierdzia.

Jednocześnie zapraszam do smakowania i dostrzegania Pana, smakowania i dostrzegania Pana, zapraszam was do powracania wciąż na nowo do tego pierwotnego spojrzenia, z którego wszystko się zrodziło. Bez niego bowiem brakuje sił, a zaangażowanie duszpasterskie narażone jest na ryzyko stania się bezowocnym świadczeniem usług, w następujących po sobie działaniach, które w ostateczności nie przekazują nic poza znużeniem i frustracją. Trwając natomiast w kontakcie z obliczem Chrystusa, wpatrując się w nie w Piśmie świętym i kontemplując je w adorującym milczeniu - w adorującym milczeniu - przed tabernakulum, rozpoznacie je w twarzach tych, którym posługujecie i poczujecie się niesionymi wewnętrzną radością, która nawet w trudnościach pozostawia pokój w waszym sercu. Tego potrzeba, dziś i zawsze, a nie osób strasznie zajętych i rozproszonych, realizujących projekty, czasami z ryzykiem pojawienia się goryczy w życiu, które z pewnością nie jest łatwe. Nie: chrześcijanin to ten, który jest zdolny do adoracji, oddawania czci w milczeniu. A potem z tej adoracji rodzi się aktywność. Ale nie zapominajmy o adoracji. W tym pragmatycznym stuleciu zatraciliśmy nieco sens adoracji: nie zapominajmy adorować, a z adoracji podejmować czyny. Musimy powrócić do źródła, do oblicza Jezusa, do Jego obecności, aby jej zasmakować: On jest naszym skarbem (por. Mt 13, 44), drogocenną perłą, dla której warto sprzedać wszystko (por. Mt 13, 45-46). Bracia i siostry z Mongolii, którzy mają wyraźne poczucie sacrum i – co jest typowe dla kontynentu azjatyckiego – rozległą i wyrazistą historię religijną, oczekują od was tego świadectwa i potrafią rozpoznać jego autentyczność. Jest to świadectwo, jakie musicie dawać, ponieważ Ewangelia nie wzrasta przez prozelityzm, Ewangelia wzrasta poprzez dawanie świadectwa.

Pan Jezus, posyłając swoich uczniów na świat, nie posłał ich, aby szerzyli myśl polityczną, ale aby swoim życiem dawali świadectwo o nowości relacji ze swoim Ojcem, który stał się „naszym Ojcem" (por. J 20, 17), zapoczątkowując w ten sposób konkretne braterstwo z każdym ludem. Kościół rodzący się z tego posłania jest Kościołem ubogim, który opiera się jedynie na prawdziwej wierze, na rozbrajającej mocy Zmartwychwstałego, zdolnej do złagodzenia cierpienia zranionej ludzkości. Dlatego rządy i instytucje świeckie nie mają się czego obawiać ze strony ewangelizacyjnego działania Kościoła, ponieważ nie ma on do zrealizowania żadnego programu politycznego, ale zna jedynie pokorną moc łaski Bożej oraz Słowo miłosierdzia i prawdy, zdolne do promowania dobra wszystkich.

Aby wypełnić tę misję, Chrystus obdarzył swój Kościół strukturą przypominającą harmonię, jaka istnieje między różnymi członkami ludzkiego ciała: On jest Zwierzchnikiem, to znaczy głową, która nadal go prowadzi, wlewając w Ciało, to znaczy w nas swojego Ducha, działającego przede wszystkim w tych znakach nowego życia, jakimi są sakramenty. Aby zapewnić ich autentyczność i skuteczność, ustanowił On posługę kapłańską, naznaczoną zażyłym związkiem z Nim, z Nim, które jest Dobrym Pasterzem, który oddaje swoje życie za owczarnię. Ty również, księże Peterze, zostałeś powołany do tej misji: dziękuję za podzielenie się z nami swoim doświadczeniem. W ten sposób święty Lud Boży który jest w Mongolii, posiada pełnię darów duchowych. I w tej perspektywie zachęcam was, abyście widzieli w biskupie nie menadżera, ale żywy obraz Chrystusa Dobrego Pasterza, który gromadzi i prowadzi swój lud; ucznia napełnionego charyzmatem apostolskim, aby budować waszą braterską wspólnotę w Chrystusie i zakorzeniać ją coraz mocniej w tym narodzie o szlachetnej tożsamości kulturowej. Ponadto fakt, że wasz biskup jest kardynałem, ma być kolejnym wyrazem bliskości: was wszystkich, dalekich jedynie fizycznie; jesteście bardzo bliscy sercu Piotra; a cały Kościół jest blisko was, waszej wspólnoty, która jest prawdziwie katolicka, to znaczy powszechna, i która przyciąga ku Mongolii sympatię wszystkich waszych braci i sióstr rozproszonych po całym świecie, w wielkiej komunii kościelnej.

Podkreślam też to słowo: komunia. Kościoła nie można pojmować na podstawie kryterium czysto funkcjonalnego, nie, Kościół nie jest firmą funkcjonalną. Jak już powiedziałem Kościół nie rozwija się przez prozelityzm. Kościół jest czymś innym. Słowo „komunia” dobrze wyjaśnia, czym jest Kościół. W tym ciele Kościoła biskup nie działa jako moderator różnych elementów, choćby w oparciu o zasadę większości, ale na mocy zasady duchowej, zgodnie z którą sam Jezus uobecnia się w osobie biskupa, aby zapewnić komunię w swoim Mistycznym Ciele. Innymi słowy, jedność w Kościele nie jest kwestią porządku i szacunku, ani też dobrą strategią „pracy zespołowej”. Jest kwestią wiary i miłości do Pana, jest wiernością Jemu. Dlatego ważne jest, aby wszystkie elementy Kościoła zjednoczyły się wokół biskupa, który reprezentuje żywego Chrystusa pośród swojego ludu, budując tę komunię synodalną, która jest już przepowiadaniem i która bardzo pomaga inkulturować wiarę.

Umiłowani misjonarze i misjonarki, zakosztujcie i dostrzeżcie dar, jakim jesteście, zakosztujcie i dostrzeżcie piękno całkowitego oddania się Chrystusowi, który powołał was do dawania świadectwa o Jego miłości właśnie tutaj, w Mongolii. Czyńcie to nadal, pielęgnując komunię. Dokonujcie tego w prostocie wstrzemięźliwego życia, naśladując Pana, który wkroczył do Jerozolimy na grzbiecie oślątka i obnażonego z szat na krzyżu. Bądźcie zawsze blisko ludzi, z tą bliskością, która jest postawą Boga: Bóg jest bliski, współczujący i czuły - bliskość, współczucie i czułość. Bądźcie takimi wobec ludzi, troszcząc się o nich osobiście, ucząc się języka, szanując i kochając ich kulturę, nie ulegając pokusie światowych zabezpieczeń, ale trwając mocni w Ewangelii poprzez przykładną prostotę życia duchowego i moralnego. Więc prostota i bliskość, bez męczenia was, by przynieść Jezusowi napotykane twarze i historie, problemy i troski, spędzając czas na codziennej modlitwie, która pozwala trwać w trudzie służby i czerpać od „Boga wszelkiej pociechy” (2 Kor 1, 3) nadzieję, aby ją wlać w serca cierpiących.

Bracia i siostry, w bliskości Pana umacnia się w nas bowiem pewność, jak nam ukazuje dalej Psalm 34: „ci którzy się Go boją, nie cierpią niedostatku [...] tym, którzy Pana szukają, na niczym nie zbywa” (w. 10-11). Z pewnością brak równowagi i sprzeczności życia dotykają również wierzących, a ewangelizatorzy nie są wolni od tego ciężaru niepokoju, który należy do ludzkiej kondycji: psalmista nie boi się mówić o złośliwości i złoczyńcach, ale przypomina, że Pan, na wołanie pokornych, „wybawia od wszelkiej udręki”, ponieważ „bliski jest tych, których serce złamane”, i „strapionych na duchu wybawia” (w. 18-19). Z tego powodu Kościół ukazuje się światu jako głos solidarności ze wszystkimi ubogimi i potrzebującymi, nie milczy w obliczu niesprawiedliwości i z łagodnością angażuje się w promowanie godności każdej istoty ludzkiej.

Umiłowani, na tej drodze uczniów-misjonarzy macie pewne wsparcie: naszą niebieską Matkę, która – z radością to odkryłem! – chciała dać wam namacalny znak swojej dyskretnej i troskliwej obecności, pozostawiając swój wizerunek na wysypisku śmieci. Ta piękna figura Niepokalanej pojawiła się na wysypisku śmieci: Ona, nieskalana, nieskażona grzechem, pragnęła stać się tak bliska, że została zmieszana z odpadami społeczeństwa, aby czystość świętej Matki Bożej, Matki Niebieskiej, wyłoniła się z brudu śmieci. Dowiedziałem się o ciekawej mongolskiej tradycji suun dalai ijii, matki o sercu tak wielkim, jak ocean mleka. Jeśli w narracji Tajnej Historii Mongołów światło zstępujące poprzez górny otwór jurty zapładnia mityczną królową Alungoo, możecie kontemplować w macierzyństwie Dziewicy Maryi działanie Bożego światła, które każdego dnia z wysoka towarzyszy drodze waszego Kościoła.

Wznosząc wzrok ku Maryi, nabierzcie zatem sił widząc, że małość nie jest problemem, lecz zasobem. Tak, Bóg miłuje małość i lubi dokonywać wielkich rzeczy poprzez małość, o czym świadczy Maryja (por. Łk 1, 48-49). Bracia, siostry, nie lękajcie się małych liczb, sukcesów, które się opóźniają, znaczenia, które się nie pojawia. To nie jest Boża droga. Spójrzmy na Maryję, która w swojej małości jest większa niż niebiosa, ponieważ ukryła w sobie Tego, którego niebo i niebiosa najwyższe nie mogą objąć (por. 1 Krl 8, 27).

 

Bracia i siostry, powierzmy się Jej, prosząc o odnowioną gorliwość, o żarliwą miłość, która niestrudzenie daje radosne świadectwo Ewangelii. I idźcie naprzód, mężni, niestrudzenie idźcie naprzód. Dziękuję bardzo za wasze świadectwo. On, Pan, wybrał was i wierzy w was. Jestem z wami i z całego serca mówię: dziękuję; dziękuję za wasze świadectwo, dziękuję za wasze życie poświęcone Ewangelii. Tak kontynuujcie, nieustający w modlitwie, kontynuujcie będąc twórczymi w miłości, kontynuujcie będąc wytrwałymi w komunii, radośni i pokorni we wszystkim i ze wszystkimi. Serdecznie was błogosławię was i o was pamiętam. I proszę, nie zapominajcie modlić się za mnie. Dziękuję.

[01296-PL.02] [Testo originale: Italiano]

Traduzione in lingua araba

الزيارة الرّسوليّة إلى منغوليا

كلمة قداسة البابا فرنسيس

في اللقاء مع الأساقفة والكهنة والمــُرسَلِين والمكرّسين والمكرّسات والعاملين الرّعويّين

في كاتدرائيّة القدّيسَين بطرس وبولس في أُولانْباتار

السّبت 2 أيلول/سبتمبر 2023

أيّها الإخوة والأخوات، مساء الخير!

شكرًا، صاحب السّيادة الأسقف الجليل على كلماتك، شكرًا للأخت سالفيا، والأب بيتر سانجاجاف، وروفينا على شهاداتكم، وشكرًا لكم جميعًا لحضوركم وإيمانكم! أنا سعيد للقائكم. إنّ فرح الإنجيل هو الذي دفعكم، أنتم الرّجال والنّساء المكرّسين في الحياة الرّهبانيّة أو بالرّسامة الكهنوتيّة، إلى الحضور هنا ولتكريس أنفسكم، مع إخوتكم وأخواتكم العلمانيّين، لله وللآخرين. أحمَدُ الله لذلك، في صلاة التّسبيح الجميلة، في المزمور 34، وأستلهم هذا المزمور لأشارككم بعض الأفكار. يقول المزمور: "ذُوقُوا وَانظُرُوا مَا أَطيَبَ الرَّبَّ" (الآية 9).

"ذُوقُوا وَانظُرُوا"، لأنّ فرح الرّبّ وصلاحه ليسا شيئًا عابرًا، بل يظلَّان في الداخل، ويعطيان معنى وطعمًا للحياة، ويُظهِران الأشياء بطريقة جديدة، كما قُلْتِ لنا أنتِ، روفينا، في شهادتك الجميلة. أريد إذًا أن أتذوَّق طعم الإيمان في هذه الأرض، بالتّذكير بقصص ووجوه وحياة بُذِلَتْ هنا من أجل الإنجيل. بَذلُ الحياة من أجل الإنجيل: إنّه تعريف جميل لدعوة المــُرسَلين المسيحيّين، ولا سيّما الحياة التي يعيشها المسيحيّون هنا. أن نبذل حياتنا الخاصّة من أجل الإنجيل!

أذكر الأسقف وينشسلاوس سيلجا باديلا (Wenceslao Selga Padilla)، أوّل مدبر رسوليّ، ورائد المرحلة المعاصرة للكنيسة في منغوليا وهو باني هذه الكاتدرائيّة. ومع ذلك، فإنّ الإيمان هنا لا يعود فقط إلى التّسعينيات من القرن الماضي، بل له جذور قديمة جدًّا. هناك خبرات الألفيّة الأولى، التي بدأت بالحركة التّبشيرية للكنيسة ذات التّقليد السّرياني التي انتشرت على طول طريق الحرير. ثمّ أعقبها جهد إرسالي كبير: كيف لا نذكر البعثات الدّبلوماسيّة في القرن الثّالث عشر، ثمّ النّشاط الرّسوليّ الذي ظهر مع تعيين جيوفاني دا مونتيكورفينو (Giovanni da Montecorvino)، حوالي عام 1310، أوّل أسقف لخان باليق (Khān Bālīq)، وكان مسؤولًا عن كلّ هذه المنطقة الشّاسعة من العالم تحت حكم السّلالة المغوليّة يوان (Yuan)؟ وهو الذي قام بأوّل ترجمة إلى اللغة المنغوليّة لكتاب المزامير والعهد الجديد. وهذه القصة الكبرى لحب الإنجيل عادت إلى الظّهور من جديد بطريقة خارقة في سنة 1992، مع وصول المرسلين الأوائل من جمعية قلب مريم الطّاهر، ثمّ انضمّ إليهم ممثّلون لمؤسّسات أخرى، من الإكليروس الأبرشي والمتطوعين العلمانيّين. بين جميع هؤلاء، أريد أن أذكر العامل النّشيط والغيور، الأب ستيفانو كيم سيونغ هيون (Stephano Kim Seong-hyeon). ونذكر خدَّامًا أمناء كثيرين للإنجيل في منغوليا، وبعضهم معنا هنا الآن، وبعد أن قضوا حياتهم من أجل المسيح، يرون الآن ويتذوَّقون أعاجيب الله المستمرّة والعاملة فيكم ومن خلالكم. شكرًا.

لكن لماذا تقضون الحياة من أجل الإنجيل؟ إنّه سؤالٌ أطرحهُ عليكم. كما قالت روفينا، الحياة المسيحيّة تستمرّ وهي تطرح الأسئلة علينا، مثل الأطفال الذين يسألون دائمًا أسئلة جديدة، لأنّهم لا يفهمون كلّ شيء في سنّ طرح الأسئلة. حياتنا المسيحيّة تقترب من الرّبّ يسوع وتطرح دائمًا أسئلة علينا، حتّى نفهم الرّبّ يسوع بشكل أفضل، ونفهم رسالته بشكل أفضل. لنبذل حياتنا من أجل الإنجيل لكي نتذوّقه (راجع المزمور 34). الله الذي جعل نفسه مرئيًا وملموسًا والذي نلاقيه في يسوع. نَعَم، هو الخبر السّارّ الموجَّه إلى جميع الشّعوب، هو النّبأ الذي لا يمكن للكنيسة أن تتوقَّف عن نشره، والذي تجسِّدُه في الحياة وتهمسه في قلب الأفراد والثّقافات. لغة الله، في كثيرٍ من المرّات، هي هَمسٌ بطيء، يأخذ وقته: هكذا يتكلّم الله. اختبار محبّة الله في المسيح هو النّور النّقي الذي يبدِّل الوجه ويجعله هو أيضًا مُشِعًّا بالنّور. أيّها الإخوة والأخوات، تولد الحياة المسيحيّة من التّأمل في هذا الوجه. إنّها مسألة حبّ، ولقاء يومي مع الرّبّ في الكلمة وفي خبز الحياة، وفي وجه الآخر، وفي المحتاجين، الذين يكون يسوع حاضرًا فيهم. لقد ذكّرتنا بهذا، أنتِ الأخت سالفيا، بشهادتك، شكرًا لك! أنتِ هنا في هذا البلد منذ أكثر من عشرين سنة، وتعلّمتِ أن تتعاملي مع هذا الشّعب: شكرًا.

بحضوركم مدّة ثلاثين سنة في منغوليا، أنتم، أيّها الكهنة الأعزاء، والمكرّسون والعاملون الرّعويّون، قمتم بنشاطات كثيرة مختلفة في مجال أعمال المحبّة، التي تستنفد معظم طاقاتكم وتعكس وجه المسيح الصّالح، والسّامري الرّحيم. إنّه مثل بطاقتكم الشّخصيّة، التي جعلتكم محترمين ومقدَّرِين، بسبب الإحسانات الكثيرة التي صنعتموها لكثير من الناس في مختلف المجالات: المساعدة الاجتماعيّة، والتّربية، والرّعايّة الصّحية وتعزيز الثّقافة. أشجعكم للاستمرار في هذا الطّريق الخصب والمفيد للشّعب المنغولي الحبيب.

في الوقت نفسه، أدعوكم إلى أن تذوقوا وتنظروا الرّبّ، وأن تعودوا دائمًا ومن جديد إلى تلك النّظرة الأولى التي وُلِدَ منها كلّ شيء. بدون هذه النّظرة، تضعف القِوى، ويوشك الالتزام الرّعوي أن يصير تقديم خدمات عقيم، وسلسلة من الإجراءات الواجبة التي تنتهي في نهاية المطاف بأنّها لا تعطي شيئًا إلّا التّعب والإحباط. أمّا إن بقينا على اتصال بوجه المسيح، والبحث في الكتاب المقدس والتّأمل فيه في سجود وصمت أمام بيت القربان، سوف تتعرفون عليه في وجوه الذين تخدمونهم، وستشعرون بالفرح الحميم والذي يملأ قلوبكم بالسّلام حتّى في الأوقات الصّعبة. هذا ما نحتاج إليه، اليوم ودائمًا: لا إلى أشخاص منشغلين ومشتتين ينفِّذون المشاريع، ويوشكون أحيانًا أن يشعروا بالمرارة لحياة ليست سهلة بالتّأكيد، لا: المسيحيّ هو الذي يقدر أن يسجد، أن يسجد بصمت. ثمَّ، ومن هذا السّجود ينبع النّشاط. لا تنسوا السّجود. نحن فقدنا قليلًا معنى السّجود في هذا القرن العملي: لا تنسوا أن تسجدوا، ومن السّجود انطلقوا. يجب أن نعود إلى الينبوع، إلى وجه يسوع، وأن نتذوَّق حضوره: إنّه كنزنا (راجع متّى 13، 44)، واللؤلؤة الثّمينة التي تستحق أن نبيع كلّ شيء من أجلها (راجع متّى 13، 45-46). الإخوة والأخوات في منغوليا، الذين لديهم إحساس قوي بالمقدّسات - كما هو الحال في القارّة الآسيويّة - وتاريخ ديني رحب وواضح، ينتظرون هذه الشّهادة منكم ويعرفون كيفية التّعرّف على صدقها. إنّها شهادة عليكم أن تقدّموها، لأنّ الإنجيل لا ينمو بالبحث عن أتباع، بل الإنجيل ينمو بالشّهادة.

إنّ الرّبّ يسوع، الذي أرسل تلاميذه إلى العالم، لم يرسلهم لنشر فكر سياسي، بل ليشهدوا بحياتهم على العلاقة الجديدة مع الله الآب، الذي صار ”أبانا“ (راجع يوحنّا 20، 17)، وبدأ بذلك تأسيس أخُوّة ملموسة مع كلّ الشّعوب. والكنيسة التي تنشأ من هذا التّفويض هي كنيسة فقيرة، تعتمد فقط على الإيمان الصّادق، على القائم من بين الأموات، لا سلاح له ويجرِّدُ من كلّ سلاح، وهو القادر على تخفيف عذابات البشريّة الجريحة. لهذا، إنّ الحكومات والمؤسّسات المدنية ليس لها ما تخشاه من عمل البشارة بالإنجيل الذي تقوم به الكنيسة، لأنّه ليس لها أيّ هدف سياسي تريد أن تحقِّقَه، لكنّها تعرف فقط قوّة نعمة الله المتواضعة، وكلمة الرّحمة والحقيقة القادرة على التّقدّم بعمل الخير للجميع.

لتحقيق هذه الرّسالة، منح المسيح كنيسته هيكليّة تذكّر بالانسجام القائم بين مختلف أعضاء الجسد البشري: وهو الرأس الذي يواصل إرشادها، ويفيض في الجسد، أي فينا، روحه عينه، الذي يعمل بواسطة علامات الحياة الجديدة التي نسميها الأسرار المقدّسة. ولضمان أصالتها وفعاليتها، أقام الرّتبة الكهنوتيّة، التي تمنح علاقة حميمة معه، هو الرّاعي الصّالح الذي يبذل حياته من أجل القطيع. وأنت، أيّها الأب بيتر، دُعِيتَ إلى هذه الرّسالة. شكرًا لك لأنّك شاركتنا خبرتك. وهكذا في شعب الله المقدّس الموجود في منغوليا يفاض فيه ملء المواهب الرّوحيّة. وبناء على هذا، أدعوكم إلى أن تروا في الأسقف لا مديرًا، بل الصّورة الحيّة للمسيح الرّاعي الصّالح الذي يجمع شعبه ويوجِّهُهم. إنّه تلميذ أُعطِي كمال الموهبة الرّسوليّة لبناء أخُوَّتكم في المسيح وتجذيركم في هذه الأمّة وهويتها الثّقافية النّبيلة. ثمّ، كون أسقفكم هو كاردينال، هذه إشارة إضافية تعبِّرُ عن قربكم: أنتم جميعًا، بعيدون في الجسد، لكنكم قريبون جدًّا من قلب بطرس، وكلّ الكنيسة قريبة منكم، ومن جماعتكم، التي هي حقًّا كاثوليكيّة، أي جامعة، وتجتذب إلى منغوليا، في شركة كنسيّة كبيرة، تعاطف جميع الإخوة والأخوات المنتشرين في جميع أنحاء العالم.

وأؤكّد على هذه الكلمة، ”الشّركة“. لا تُفهم الكنيسة على أساس أنّها هيئة لها أداء وظيفي: لا، الكنيسة ليست هيئة لها أداء وظيفي، والكنيسة لا تنمو بالبحث عن أتباع، كما قُلتُ سابقًا. الكنيسة أمرٌ آخر. كلمة ”الشّركة“ تشرحُ لنا جيّدًا ما هي الكنيسة. في جسد الكنيسة هذا، لا يقوم الأسقف بإدارة مكوِّناتها المختلفة، بناءً على مبدأ الأكثريّة، بل يديرها وفقًا لمبدأ روحي، به يكون يسوع نفسه حاضرًا في شخص الأسقف، حتّى يضمن الشّركة في جسده السّرّي. بكلمات أخرى، الوَحدة في الكنيسة ليست مسألة نظام واحترام، ولا هي خطة استراتيجيّة جيّدة ”للعمل الجماعي“. إنّها مسألة إيمان ومحبّة لله، إنّها مسألة أمانة لله. لذلك من المهمّ أن تتحدّ جميع المكوِّنات الكنسية حول الأسقف الذي يمثّل المسيح الحيّ وسط شعبه، وكذلك تُبنَى الشّركة السّينوديّة التي هي بالفعل إعلان، وتساعد كثيرًا على غرس الإيمان.

أعزَّائي الــُمرسَلون والمــُرسلات، ذوقوا وانظروا الموهبة التي هي أنتم، وذوقوا وانظروا جمال عطائكم أنفسكم عطاء كاملًا للمسيح الذي دعاكم لتشهدوا لحُبِّهِ الخاصّ هنا في منغوليا. استمروا في شهادتكم له، بتقوية الشّركة بينكم. اشهدوا ببساطة حياة قانعة، مقتدين بالمسيح، الذي دخل أورشليم على ظهر أتان، ثم جردوه حتّى من ثيابه على الصّليب. كونوا دائمًا قريبين من النّاس، مع هذا القُرب الذي هو أسلوب الله: الله قريب ورؤوف وحنون – القُرب والرّأفة والحنان. كونوا كذلك مع النّاس، اعتنوا بهم شخصيًّا، وتعلَّموا لغتهم، احترموا وأحِبُّوا ثقافتهم، ولا تسمحوا لأنفسكم بالانجرار إلى البحث عن ضمانات دنيويّة، بل ظلُّوا ثابتين في الإنجيل، بحياة روحيّة وأخلاقيّة مستقيمة ومثالية. بساطة وقرب من الناس. ولا تتعبوا من تقديم الوجوه وقصص النّاس التي تلاقونها إلى يسوع، والمشاكل والهموم، واقضوا الوقت في الصّلاة اليوميّة، ذلك يسمح لكم بالثّبات في أعمال الخدمة، وأن تستمدُّوا من "إله كلّ تعزية" (2 قورنتس 1، 3) الرّجاء الذي يجب أن تسكبوه في قلوب كلّ المتألّمين.

أيّها الإخوة والأخوات، في الواقع، بقربنا من الله، يقوى فينا اليقين، كما يبيِّن لنا المزمور 34 دائمًا: "الأغنِياءُ اْفتَقَروا وجاعوا ومُلتَمِسو الرَّبِّ ما مِن خَيرٍ يُعوِزُهم" (الآية 11). وبالطّبع فإنّ أحداث الخلل والتّناقضات في الحياة تهمّ المؤمنين أيضًا، وحاملو البشارة بالإنجيل لا يُعفَوْن من ثقل القلق الذي تتصف به حياة كلّ إنسان: ولا يخشى صاحب المزمور من ذكر الشّرّ والأشرار، لكنّه يقول إنّ الله يسمع صراخ المتواضعين "ومِن جَمِيعِ مَضَايِقِهِم يُنقِذُهُم". لأن "الرَّبّ قَرِيبٌ مِن مُنكَسِري القُلُوبِ وَيُخَلِّصُ مُنسَحِقِي الأَروَاحِ" (18-19).لهذا تقدِّم الكنيسة نفسها للعالم صوتًا متضامنًا مع كلّ الفقراء والمحتاجين، ولا تصمت في وجه الظّلم، وتتعهد بوداعة بالعمل على تعزيز كرامة كلّ إنسان.

أيّها الأعزاء، أنتم التّلاميذ المرسلين، لكم في مسيرتكم سَنَدٌ أكيد: أُمُّنا السّماويّة، - وكنت سعيدًا جدًّا أن أكتشف أنّها أرادت أن تعطيكم علامة ملموسة على حضورها المتواضع بينكم وعنايتها بكم، من خلال العثور على صورة لها في مكَبٍّ للنفايات. هناك ظهر هذا التّمثال الجميل للحبل بلا دنس: هي النّقية، المصونة من الخطيئة، سمحت بأن يخلط بينها وبين نفايات المجتمع، وظهر نقاء والدة الإله المقدّسة وأمُّ السّماء مع تراب القمامة. وسمعت أيضًا عن الرواية المنغولية الجميلة عن suun dalai ijii: الأم ذات القلب الكبير مثل بحر من الحليب. في رواية ”تاريخ منغوليا السّرّي“ جاء نور من فتحة الخيمة (الجير) العليا، ليتَمّ حَمْلُ الملكة ألونغو (Alungoo)، وأنتم يمكنكم أن تروا في أمومة مريم البتول عمل النّور الإلهيّ الذي يرافق من العُلَى خطوات كنيستكم في كلّ يوم.

ارفعوا نظركم إلى مريم، واطمئنوا. واعلموا أنّ الصّغر ليس مشكلة بل مصدر قوّة. نَعَم، الله يحبّ الصّغار ويحبّ أن يصنع أمورًا عظيمة بواسطة الصّغار، كما تشهد بذلك مريم العذراء نفسها (راجع لوقا 1، 48-49). أيّها الإخوة والأخوات، لا تخافوا من الأعداد الصّغيرة، ولا من النّجاح إذا تأخر، ولا من الأمور المهمّة التي لا تظهر. هذا ليس طريق الله. لننظر إلى مريم، إنّها في صغرها أوسع من السّماء، لأنّها قبلت في ذاتها الذي لا تستطيع السّموات وسماء السّموات أن تسعه (راجع 1 ملوك 8، 27). أيّها الإخوة والأخوات، لنُوكِلْ أنفسنا إليها، ولنطلب أن تجدِّد حماسنا، وتمنحنا حُبًّا متحمسًا لا يتعب أبدًا من الشّهادة للإنجيل بفرح. وسيروا إلى الأمام، بشجاعة، ولا تتعبوا من أن تسيروا إلى الأمام. أشكركم كثيرًا على شهادتكم. اختاركم الرّبّ يسوع ويثق بكم. وأنا معكم ومن كلّ قلبي أقول لكم: شكرًا، شكرًا على شهادتكم، شكرًا على حياتكم التي تقضونها من أجل الإنجيل. استمِرّوا على هذا النحو، ثابتين في الصّلاة، وخلَّاقين في المحبّة، راسخين في الشّركة، فرحين وودعاء في كلّ شيء ومع الجميع. أبارككم من قلبي وسأذكركم دائمًا. ومن فضلكم، لا تنسَوْا أن تصَلُّوا من أجلي. شكرًا.

[01296-AR.02] [Testo originale: Italiano]

[B0600-XX.02]