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Viaggio Apostolico di Sua Santità Francesco in Mongolia (31 agosto – 4 settembre 2023) - Cerimonia di benvenuto in Piazza Sükhbaatar e Visita di cortesia al Presidente della Mongolia presso il Palazzo di Stato, Incontro con le Autorità, la Società Civile e il Corpo Diplomatico presso la Sala Ikh Mongol e con il Presidente del Grande Hural di Stato e il Primo Ministro nella Meeting Room A, 02.09.2023


Cerimonia di benvenuto in Piazza Sükhbaatar e Visita di cortesia al Presidente della Mongolia presso il Palazzo di Stato

Incontro con le Autorità, la Società Civile e il Corpo Diplomatico presso la Sala Ikh Mongol e con il Presidente del Grande Hural di Stato e il Primo Ministro nella Meeting Room A

Cerimonia di benvenuto in Piazza Sükhbaatar e Visita di cortesia al Presidente della Mongolia presso il Palazzo di Stato

Questa mattina, dopo aver celebrato la Santa Messa in privato, il Santo Padre Francesco si è trasferito in auto in Piazza Sükhbaatar per la Cerimonia di benvenuto in Mongolia e la Visita di cortesia al Presidente della Mongolia presso il Palazzo di Stato.

Al Suo arrivo il Papa è stato accolto dal Presidente della Mongolia, S.E. il Sig. Ukhnaagiin Khürelsükh.

Dopo la Guardia d’Onore, l’esecuzione degli inni e l’Onore alle Bandiere, ha avuto luogo la presentazione delle rispettive Delegazioni.

Al termine, dopo essersi trasferiti in auto all’ingresso del Palazzo di Stato, il Papa e il Presidente della Mongolia hanno raggiunto l’interno del Palazzo e successivamente si sono diretti all’esterno per gli onori alla statua di Chinggis Khaan.

Dopo la Firma del Libro d’Onore e la foto ufficiale, il Santo Padre e il Presidente si sono recati nella Gran Ger dove, alle ore 9.30 (03.30 ora di Roma), ha avuto luogo l’incontro privato, cui ha fatto seguito la presentazione della famiglia del Presidente e lo scambio dei doni. Quindi il Santo Padre e il Presidente si sono recati nella Sala Ikh Mongol per l’incontro con le Autorità.

[01311-IT.01]

Incontro con le Autorità, la Società Civile e il Corpo Diplomatico presso la Sala Ikh Mongol e con il Presidente del Grande Hural di Stato e il Primo Ministro nella Meeting Room A

Discorso del Santo Padre

Traduzione in lingua francese

Traduzione in lingua inglese

Traduzione in lingua tedesca

Traduzione in lingua spagnola

Traduzione in lingua portoghese

Traduzione in lingua polacca

Traduzione in lingua araba

Alle ore 10.15 (04.15 ora di Roma), presso la Sala Ikh Mongol, ha avuto luogo l’incontro con le Autorità, la Società Civile e il Corpo Diplomatico. Erano presenti all’incontro circa 700 persone tra Autorità politiche e religiose, Membri del Corpo Diplomatico, Imprenditori e Rappresentanti della Società civile e della cultura.

Dopo il discorso introduttivo del Presidente della Mongolia, S.E. il Sig. Ukhnaagiin Khürelsükh, il Santo Padre Francesco ha pronunciato il Suo discorso.

Al termine, il Presidente si è congedato e il Papa si è trasferito alla Meeting Room A, al terzo piano del Palazzo di Stato, dove ha incontrato il Presidente del Grande Hural di Stato, S.E. il Sig. Gombojav Zandanshatar, e successivamente il Primo Ministro, S.E. il Sig. Luvsannamsrai Oyun-Erdene. Quindi è rientrato in auto alla Prefettura Apostolica dove ha pranzato in privato.

Pubblichiamo di seguito il discorso che Papa Francesco ha rivolto ai presenti nel corso dell’incontro con le Autorità, la Società Civile e il Corpo Diplomatico:

Discorso del Santo Padre

Signor Presidente della Repubblica,

Signor Presidente del Grande Hural di Stato,

Signor Primo Ministro,

distinti Membri del Governo e del Corpo diplomatico,

illustri Autorità civili e religiose,

insigni Rappresentanti del mondo della cultura,

Signore e Signori!

Ringrazio il Signor Presidente per l’accoglienza e per le parole che mi ha rivolto, e porgo a ciascuno di voi il mio cordiale saluto. Sono onorato di essere qui, felice di aver viaggiato verso questa terra affascinante e vasta, verso questo popolo che ben conosce il significato e il valore del cammino. Lo rivelano le sue dimore tradizionali, le ger, bellissime case itineranti. Immagino di entrare per la prima volta, con rispetto ed emozione, in una di queste tende circolari che punteggiano la maestosa terra mongola, per incontrarvi e conoscervi meglio. Eccomi dunque all’ingresso, pellegrino di amicizia, giunto a voi in punta di piedi e con il cuore lieto, desideroso di arricchirmi umanamente alla vostra presenza.

Quando si entra in casa di amici, è bello scambiarsi dei doni, accompagnandoli con parole che evocano le precedenti occasioni di incontro. E se le moderne relazioni diplomatiche tra la Mongolia e la Santa Sede sono recenti – quest’anno ricorre il 30° anniversario della firma di una lettera per rafforzare i rapporti bilaterali –, ben più indietro nel tempo, esattamente 777 anni fa, proprio tra la fine di agosto e l’inizio di settembre del 1246, Fra Giovanni di Pian del Carpine, inviato papale, visitò Guyug, il terzo imperatore mongolo, e presentò al Gran Khan la lettera ufficiale di Papa Innocenzo IV. Poco dopo fu redatta e tradotta in varie lingue la lettera di risposta, timbrata con il sigillo del Gran Khan in caratteri mongoli tradizionali. Essa è conservata nella Biblioteca Vaticana e oggi ho l’onore di porgervene una copia autenticata, eseguita con le tecniche più avanzate per garantirne la migliore qualità possibile. Possa essere segno di un’amicizia antica che cresce e si rinnova.

Ho saputo che dalla porta della ger, di prima mattina, i bambini delle vostre campagne stendono lo sguardo sul lontano orizzonte per contare i capi di allevamento e riferirne il numero ai genitori. Fa bene anche a noi abbracciare con lo sguardo l’ampio orizzonte che ci circonda, superando la ristrettezza di vedute anguste e aprendoci a una mentalità dal respiro globale, come invitano a fare le ger che, nate dall’esperienza del nomadismo delle steppe, si sono diffuse su un territorio vasto, divenendo elemento identificativo di diverse culture vicine. Gli spazi immensi delle vostre regioni, dal deserto del Gobi alla steppa, dalle grandi praterie alle foreste di conifere fino alle catene montuose degli Altai e dei Khangai, con le innumerevoli anse dei corsi d’acqua, che visti dall’alto sembrano decorazioni raffinate su antiche stoffe pregiate: tutto questo è uno specchio della grandezza e della bellezza dell’intero pianeta, chiamato a essere un giardino ospitale. La vostra sapienza, la sapienza del vostro popolo, sedimentata in generazioni di allevatori e coltivatori prudenti, sempre attenti a non rompere i delicati equilibri dell’ecosistema, ha molto da insegnare a chi oggi non vuole chiudersi nella ricerca di un miope interesse particolare, ma desidera consegnare ai posteri una terra ancora accogliente, una terra ancora feconda. Quello che per noi cristiani è il creato, cioè il frutto di un benevolo disegno di Dio, voi ci aiutate a riconoscere e a promuovere con delicatezza e attenzione, contrastando gli effetti della devastazione umana con una cultura della cura e della previdenza, che si riflette in politiche di ecologia responsabile. Le ger sono spazi abitativi che oggi si potrebbero definire smart e green, in quanto versatili, multi-funzionali e a impatto-zero sull’ambiente. Inoltre, la visione olistica della tradizione sciamanica mongola e il rispetto per ogni essere vivente desunto dalla filosofia buddista rappresentano un valido contributo all’impegno urgente e non più rimandabile per la tutela del pianeta Terra.

Le ger, presenti nelle zone rurali così come nei centri urbanizzati, testimoniano inoltre il prezioso connubio tra tradizione e modernità; esse infatti accomunano la vita di anziani e giovani, raccontando la continuità del popolo mongolo, che dall’antichità al presente ha saputo custodire le proprie radici, aprendosi, specialmente negli ultimi decenni, alle grandi sfide globali dello sviluppo e della democrazia. La Mongolia di oggi, infatti, con la sua ampia rete di relazioni diplomatiche, la sua attiva adesione alle Nazioni Unite, il suo impegno per i diritti umani e per la pace, riveste un ruolo significativo nel cuore del grande continente asiatico e nello scenario internazionale. Vorrei menzionare anche la vostra determinazione a fermare la proliferazione nucleare e a presentarsi al mondo come Paese senza armi nucleari: la Mongolia non è solo una nazione democratica che attua una politica estera pacifica, ma si propone di svolgere un ruolo importante per la pace mondiale. Inoltre – altro provvido elemento da segnalare – la pena capitale non compare più nel vostro ordinamento giudiziale.

Le ger, grazie alla loro adattabilità agli estremi climatici, consentono di vivere in territori molto variegati, come accadde durante la ben nota epopea dell’impero mongolo, quello con continuità territoriale più vasto di sempre – tra l’altro, giungo in Mongolia in un anniversario per voi importante, l’860° della nascita di Gengis Khan –. Nei secoli, l’abbracciare terre lontane e tanto diverse mise in risalto la non comune capacità dei vostri antenati di riconoscere le eccellenze dei popoli che componevano l’immenso territorio imperiale e di porle al servizio dello sviluppo comune. Questo è un esempio da valorizzare e da riproporre ai nostri giorni. Voglia il Cielo che sulla terra, devastata da troppi conflitti, si ricreino anche oggi, nel rispetto delle leggi internazionali, le condizioni di quella che un tempo fu la pax mongolica, cioè l’assenza di conflitti. Come dice un vostro proverbio, «le nuvole passano, il cielo resta»: passino le nuvole oscure della guerra, vengano spazzate via dalla volontà ferma di una fraternità universale in cui le tensioni siano risolte sulla base dell’incontro e del dialogo, e a tutti vengano garantiti i diritti fondamentali! Qui, nel vostro Paese ricco di storia e di cielo, imploriamo questo dono dall’Alto e diamoci da fare insieme per costruire un avvenire di pace.

Entrati in una ger tradizionale, lo sguardo è portato a elevarsi verso il punto centrale più alto, dove c’è una finestra sul cielo. Vorrei sottolineare questo atteggiamento fondamentale che la vostra tradizione ci aiuta a riscoprire: saper tenere gli occhi rivolti in alto. Alzare gli occhi al cielo – l’eterno cielo blu da voi sempre venerato – significa restare in un atteggiamento di docile apertura agli insegnamenti religiosi. C’è infatti una profonda connotazione spirituale tra le fibre della vostra identità culturale ed è bello che la Mongolia sia un simbolo di libertà religiosa. Nella contemplazione degli orizzonti sterminati e poco popolati da esseri umani, si è affinata infatti nel vostro popolo una propensione al dato spirituale, a cui si accede dando valore al silenzio e all’interiorità. Davanti al solenne imporsi della terra che vi circonda con i suoi innumerevoli fenomeni naturali, nasce anche un senso di stupore, il quale suggerisce umiltà e frugalità, scelta dell’essenziale e capacità di distacco da tutto ciò che non lo è. Penso al pericolo rappresentato dallo spirito consumistico che oggi, oltre a creare tante ingiustizie, porta a un individualismo dimentico degli altri e delle buone tradizioni ricevute. Le religioni invece, quando si rifanno al loro originale patrimonio spirituale e non sono corrotte da devianze settarie, sono a tutti gli effetti sostegni affidabili nella costruzione di società sane e prospere, dove i credenti si spendono affinché la convivenza civile e la progettualità politica siano sempre più al servizio del bene comune, rappresentando anche un argine al pericoloso tarlo della corruzione. Questa costituisce a tutti gli effetti una seria minaccia allo sviluppo di qualsiasi gruppo umano, nutrendosi di una mentalità utilitaristica e spregiudicata che impoverisce Paesi interi. La corruzione impoverisce Paesi interi. È indice di uno sguardo che si allontana dal cielo e fugge i vasti orizzonti della fraternità, chiudendosi in sé stesso e anteponendo a tutto i propri interessi.

Di sguardo verso l’alto e di ampie vedute furono invece protagonisti molti dei vostri leader antichi, i quali dimostrarono una non comune capacità di integrare voci ed esperienze diverse, anche dal punto di vista religioso. Un atteggiamento rispettoso e conciliante era infatti riservato anche alle molteplici tradizioni sacre, come testimoniano i diversi luoghi di culto – tra cui uno cristiano – tutelati nell’antica capitale Kharakhorum. È stato dunque quasi naturale per voi arrivare alla libertà di pensiero e di religione, sancita dalla vostra attuale Costituzione; superata, senza spargimento di sangue, l’ideologia atea che credeva di dover estirpare il senso religioso, ritenendolo un freno allo sviluppo, vi riconoscete oggi in quel valore essenziale dell’armonia e della sinergia tra credenti di fedi diverse, che – ognuna dal proprio punto di vista – contribuiscono al progresso morale e spirituale.

In tal senso, la comunità cattolica mongola è lieta di continuare ad apportare il proprio contributo. Essa ha cominciato, poco più di trent’anni fa, a celebrare la sua fede proprio all’interno di una ger e pure la cattedrale attuale, che si trova in questa grande città, ne ricorda la forma. Sono segni del desiderio di condividere la propria opera, in spirito di servizio responsabile e fraterno, con il popolo mongolo, che è il suo popolo. Sono perciò contento che la comunità cattolica, per quanto piccola e discreta, partecipi con entusiasmo e con impegno al cammino di crescita del Paese, diffondendo la cultura della solidarietà, la cultura del rispetto per tutti e la cultura del dialogo interreligioso, e spendendosi per la giustizia, la pace e l’armonia sociale. Auspico che, grazie a una legislazione lungimirante e attenta alle esigenze concrete, i cattolici locali, aiutati da uomini e donne consacrati necessariamente provenienti per lo più da altri Paesi, possano sempre offrire senza difficoltà alla Mongolia il loro contributo umano e spirituale, a vantaggio di questo popolo. A tale riguardo, il negoziato in corso per la stipula di un accordo bilaterale tra la Mongolia e la Santa Sede rappresenta un canale importante per il raggiungimento di quelle condizioni essenziali per lo svolgimento delle ordinarie attività in cui la Chiesa cattolica è impegnata. Tra queste, oltre alla dimensione più propriamente religiosa del culto, spiccano le numerose iniziative di sviluppo umano integrale, declinate anche nei settori dell’educazione, della sanità, dell’assistenza e della ricerca e promozione culturale: esse ben testimoniano lo spirito umile, lo spirito fraterno e solidale del Vangelo di Gesù, unica strada che i cattolici sono chiamati a percorrere nel cammino che condividono con ogni popolo.

Il motto scelto per questo Viaggio, “Sperare insieme”, esprime proprio la potenzialità insita nel camminare con l’altro, nel rispetto reciproco e nella sinergia per il bene comune. La Chiesa cattolica, istituzione antica e diffusa in quasi tutti i Paesi, è testimone di una tradizione spirituale, di una tradizione nobile e feconda, che ha contribuito allo sviluppo di intere nazioni in molti campi del vivere umano, dalla scienza alla letteratura, dall’arte alla politica. Sono certo che anche i cattolici mongoli sono e saranno pronti a dare il proprio apporto alla costruzione di una società prospera e sicura, in dialogo e collaborazione con tutte le componenti che abitano questa grande terra baciata dal cielo.

«Sii come il cielo». Con queste parole, un famoso poeta invitava a trascendere la caducità delle alterne vicende terrene, imitando la magnanimità ispirata proprio dall’immenso e terso cielo blu che si contempla in Mongolia. Anche noi, oggi, pellegrini e ospiti in questo Paese che tanto può offrire al mondo, desideriamo raccogliere tale invito, traducendolo in segni concreti di compassione, dialogo e progettualità comune. Possano le diverse componenti della società mongola, qui ben rappresentate, continuare a offrire al mondo la bellezza e la nobiltà di un popolo unico. Come la vostra scrittura, così possiate restare “in piedi” e sollevare tante sofferenze umane intorno a voi, ricordando a tutti la dignità di ogni essere umano, chiamato ad abitare la casa terrena abbracciando il cielo. Bayarlalaa! [grazie!].

[01295-IT.02] [Testo originale: Italiano]

Traduzione in lingua francese

Monsieur le Président de la République,

Monsieur le Président du Grand Khoural d’État,

Monsieur le Premier Ministre,

distingués Membres du Gouvernement et du Corps diplomatique,

illustres Autorités civiles et religieuses,

éminents Représentants du monde de la culture,

Mesdames et Messieurs !

Je remercie le Président pour son accueil et pour les mots qu’il m’a adressés, et j’adresse à chacun de vous mes salutations cordiales. Je suis honoré d’être ici, heureux de m’être rendu dans ce pays fascinant et vaste, auprès de ce peuple qui connaît bien le sens et la valeur du chemin. C’est ce que révèlent ses habitations traditionnelles, les ger, de magnifiques maisons itinérantes. J’imagine entrer pour la première fois, avec respect et émotion, dans l’une de ces tentes circulaires qui parsèment la majestueuse terre mongole, afin de vous rencontrer et mieux vous connaître. Me voici donc à l’entrée, pèlerin de l’amitié, venu à vous sur la pointe des pieds et le cœur joyeux, désireux de m’enrichir humainement en votre présence.

Lorsqu’on entre dans la maison d’amis, il est beau de s’échanger des cadeaux, en les accompagnant de mots qui évoquent les précédentes occasions de rencontre. Et si les relations diplomatiques modernes entre la Mongolie et le Saint-Siège sont récentes – cette année marque le 30ème anniversaire de la signature d’une lettre visant à renforcer les relations bilatérales – bien plus loin dans le passé, il y a exactement 777 ans, entre la fin du mois d’août et le début du mois de septembre 1246, Fra Giovanni di Pian del Carpine, émissaire du Pape, rendit visite à Guyug, le troisième empereur mongol, et remit au Grand Khan la lettre officielle du Pape Innocent IV. Peu après, la lettre de réponse, marquée du sceau du Grand Khan en caractères mongols traditionnels, fut rédigée et traduite en plusieurs langues. Elle est conservée à la bibliothèque du Vatican et j’ai aujourd’hui l’honneur de vous en remettre une copie authentique, réalisée avec les techniques les plus avancées pour en garantir la meilleure qualité possible. Puisse-t-elle être le signe d’une amitié ancienne qui grandit et se renouvelle.

J’ai appris que de la porte de la ger, tôt le matin, les enfants de vos campagnes regardent l’horizon lointain pour compter le bétail et en rapporter le nombre à leurs parents. Il est bon pour nous aussi d’embrasser du regard le vaste horizon qui nous entoure, en dépassant l’étroitesse de vues et en nous ouvrant à une mentalité d’ampleur globale, comme nous y invitent les ger, qui, nées de l’expérience du nomadisme des steppes, se sont répandues sur un vaste territoire, devenant un élément d’identification des différentes cultures voisines. Les immenses espaces de vos régions, du désert de Gobi à la steppe, des grandes prairies aux forêts de conifères, jusqu’aux chaînes montagneuses de l’Altaï et du Khangaï, avec les innombrables boucles des cours d’eau qui, vues d’en haut, ressemblent à des décorations raffinées sur d’anciennes étoffes précieuses : tout cela est un miroir de la grandeur et de la beauté de la planète tout entière, appelée à être un jardin accueillant. Votre sagesse, la sagesse de votre peuple, accumulée au fil des générations d’éleveurs et d’agriculteurs prudents, toujours attentifs à ne pas perturber l’équilibre délicat de l’écosystème, a beaucoup à enseigner à ceux qui, aujourd’hui, ne veulent pas s’enfermer dans la poursuite d’un intérêt particulier à court terme, mais souhaitent léguer à la postérité une terre encore accueillante, une terre encore fertile. Ce qui, pour nous chrétiens, est la création, c’est-à-dire le fruit du dessein bienveillant de Dieu, vous nous aidez à le reconnaître et à le promouvoir avec délicatesse et attention, en contrecarrant les effets de la dévastation humaine par une culture de l’attention et de la prévoyance, qui se traduit par des politiques d’écologie responsable. Les ger sont des espaces de vie que l’on pourrait qualifier aujourd’hui de smart et de green, car elles sont adaptables, multifonctionnels et n’ont aucun impact sur l’environnement. En outre, la vision holistique de la tradition chamanique mongole et le respect de chaque être vivant, issus de la philosophie bouddhiste, représentent une contribution précieuse à l’engagement urgent et désormais incontournable en faveur de la protection de la planète Terre.

Les ger, présentes dans les zones rurales comme dans les centres urbains, témoignent également de la précieuse combinaison entre tradition et modernité ; elles réunissent, en effet, la vie des personnes âgées et des jeunes, racontant la continuité du peuple mongol qui, de l’Antiquité à nos jours, a su préserver ses racines en s’ouvrant, surtout au cours des dernières décennies, aux grands défis mondiaux que sont le développement et la démocratie. La Mongolie d’aujourd’hui, en effet, avec son vaste réseau de relations diplomatiques, son adhésion active aux Nations Unies, son engagement en faveur des droits de l’homme et de la paix, joue un rôle important au cœur du grand continent asiatique et sur la scène internationale. Je voudrais également souligner votre détermination à mettre fin à la prolifération nucléaire et à vous présenter au monde comme un pays exempt d’armes nucléaires : la Mongolie est non seulement une nation démocratique qui met en œuvre une politique étrangère pacifique, mais elle entend également jouer un rôle important pour la paix dans le monde. En outre – autre élément providentiel à mentionner – la peine capitale ne figure plus dans votre système judiciaire.

Grâce à leur adaptabilité aux extrêmes climatiques, les ger permettent de vivre dans des territoires très différents, comme ce fut le cas lors de l’épopée bien connue de l’empire mongol, celui qui a connu la plus vaste continuité territoriale de tous les temps – par ailleurs, j’arrive en Mongolie pour un anniversaire important pour vous, le 860ème de la naissance de Gengis Khan. Au cours des siècles, embrasser des terres lointaines et si diverses a mis en évidence la capacité peu commune de vos ancêtres à reconnaître les excellences des peuples qui composaient l’immense territoire impérial et à les mettre au service du développement commun. C’est un exemple à valoriser et à proposer de nouveau à notre époque. Plaise au Ciel que sur la terre, ravagée par trop de conflits, les conditions de ce qui fut autrefois la pax mongolica, c’est-à-dire l’absence de conflits, soient reproduites dans le respect des lois internationales encore aujourd’hui. Comme le dit l’un de vos proverbes, « les nuages passent, le ciel reste » : que les sombres nuages de la guerre passent, qu’ils soient balayés par la volonté ferme d’une fraternité universelle où les tensions sont résolues sur la base de la rencontre et du dialogue, et où les droits fondamentaux sont garantis à tous ! Ici, dans votre pays riche d’histoire et de ciel, implorons ce don d’En-Haut et travaillons ensemble à la construction d’un avenir de paix.

En entrant dans une ger traditionnelle, le regard est attiré vers le point central le plus élevé, où se trouve une fenêtre sur le ciel. Je voudrais insister sur cette attitude fondamentale que votre tradition nous aide à redécouvrir : savoir garder le regard fixé vers le haut. Lever les yeux vers le ciel – l’éternel ciel bleu que vous vénérez toujours – signifie rester dans une attitude d’ouverture docile aux enseignements religieux. Il y a en effet une profonde connotation spirituelle entre les fibres de votre identité culturelle et il est beau que la Mongolie soit un symbole de liberté religieuse. Dans la contemplation des horizons sans fin et peu peuplés d’êtres humains, s’est en effet affinée dans votre peuple une propension au spirituel, à laquelle on accède en valorisant le silence et l’intériorité. Face à l’autorité solennelle de la terre qui vous entoure avec ses innombrables phénomènes naturels, naît aussi un sentiment d’émerveillement, qui suggère humilité et sobriété, choix de l’essentiel et capacité de détachement de tout ce qui ne l’est pas. Je pense au danger que représente l’esprit de consommation qui, aujourd’hui, en plus de créer tant d’injustices, conduit à un individualisme oublieux des autres et des bonnes traditions que nous avons reçues. Les religions, en revanche, lorsqu’elles s’appuient sur leur patrimoine spirituel originel et ne sont pas corrompues par des déviances sectaires, sont en effet des soutiens fiables dans la construction de sociétés saines et prospères, où les croyants se dépensent afin que la coexistence civile et la planification politique soient toujours davantage au service du bien commun, en représentant également une barrière contre le dangereux virus de la corruption. Celui-ci constitue en tout point une menace sérieuse pour le développement de tout groupe humain, en se nourrissant d’une mentalité utilitariste et sans scrupules qui appauvrit des pays entiers. La corruption appauvrit des pays entiers. Il est révélateur d’un regard qui se détourne du ciel et fuit les vastes horizons de la fraternité, en se refermant sur lui-même et en faisant passer ses propres intérêts avant tout le reste.

Au contraire, beaucoup de vos premiers leaders furent des protagonistes d’un regard tourné vers le haut et d’une vision plus ample, faisant preuve d’une capacité peu commune à intégrer des voix et des expériences différentes, y compris du point de vue religieux. En effet, une attitude respectueuse et conciliante était également réservée aux nombreuses traditions sacrées, comme en témoignent les différents lieux de culte – dont un chrétien – préservés dans l’ancienne capitale Kharakhorum. C’est donc presque naturellement que vous êtes parvenus à la liberté de pensée et de religion, entérinée par votre Constitution actuelle ; après avoir surmonté, sans effusion de sang, l’idéologie athée qui croyait devoir éradiquer le sens religieux, le considérant comme un frein au développement, vous vous reconnaissez aujourd’hui dans cette valeur essentielle d’harmonie et de synergie entre croyants de différentes confessions, qui – chacun de son point de vue - contribuent au progrès moral et spirituel.

En ce sens, la communauté catholique mongole est heureuse de continuer à apporter sa propre contribution. Elle a commencé, il y a un peu plus de trente ans, à célébrer sa foi précisément à l’intérieur d’une ger et même la cathédrale actuelle, qui se trouve dans cette grande ville, en rappelle la forme. Ce sont des signes du désir de partager son œuvre, dans un esprit de service responsable et fraternel avec le peuple mongol, qui est son peuple. Je me réjouis donc que la communauté catholique, aussi petite et discrète soit-elle, participe avec enthousiasme et engagement à la croissance du pays, en diffusant la culture de la solidarité, la culture du respect de tous et la culture du dialogue interreligieux, et en œuvrant pour la justice, la paix et l’harmonie sociale. Je souhaite que, grâce à une législation clairvoyante et attentive aux besoins concrets, les catholiques locaux, aidés par des hommes et des femmes consacrés nécessairement provenant principalement d’autres pays, puissent toujours offrir sans difficulté leur contribution humaine et spirituelle à la Mongolie, au bénéfice de ce peuple. À cet égard, la négociation en cours pour la conclusion d’un accord bilatéral entre la Mongolie et le Saint-Siège représente un canal important pour atteindre ces conditions essentielles au déroulement des activités ordinaires dans lesquelles l’Église catholique est engagée. Parmi celles-ci, outre la dimension plus proprement religieuse du culte, se distinguent les nombreuses initiatives de développement humain intégral, déclinées également dans les domaines de l’éducation, de la santé, de l’assistance, de la recherche et de la promotion culturelle : elles témoignent bien de l’esprit humble, l’esprit fraternel et solidaire de l’Évangile de Jésus, unique voie que les catholiques sont appelés à suivre sur le chemin qu’ils partagent avec tous les peuples.

La devise choisie pour ce Voyage, “Espérer ensemble”, exprime précisément le potentiel inhérent à la marche avec l’autre, dans le respect mutuel et la synergie en vue du bien commun. L’Église catholique, institution ancienne et répandue dans presque tous les pays, témoigne d’une tradition spirituelle, d’une tradition noble et féconde qui a contribué au développement de nations entières dans de nombreux domaines de la vie humaine, de la science à la littérature, de l’art à la politique. Je suis certain que les catholiques mongols sont aussi et seront prêts à apporter leur contribution à la construction d’une société prospère et sûre, en dialogue et en collaboration avec toutes les composantes qui habitent cette grande terre bénie du ciel.

« Sois comme le ciel ». Par ces mots, un célèbre poète invitait à transcender le caractère éphémère des vicissitudes terrestres, en imitant la magnanimité inspirée précisément par l’immense et limpide ciel bleu qui se contemple en Mongolie. Nous aussi, aujourd’hui, pèlerins et invités dans ce pays qui peut tant offrir au monde, nous désirons répondre à cette invitation, en la traduisant en signes concrets de compassion, de dialogue et de projet commun. Puissent les différentes composantes de la société mongole, bien représentées ici, continuer à offrir au monde la beauté et la noblesse d’un peuple unique. Tout comme votre écriture, puissiez-vous ainsi rester “debout” et soulager tant de souffrances humaines autour de vous, en rappelant à tous la dignité de chaque être humain, appelé à habiter la maison terrestre en étreignant le ciel. Bayarlalaa ! [merci !].

[01295-FR.02] [Texte original: Italien]

 

Traduzione in lingua inglese

Mr President,

Mr President of the State Great Hural,

Mr Prime Minister,

Members of Government and the Diplomatic Corps,

Distinguished Civil and Religious Authorities,

Illustrious Representatives of the World of Culture,

Ladies and Gentlemen,

I thank His Excellency the President for his warm welcome and his kind words, and I greet all of you most cordially. I am honoured to be here, happy to have journeyed to this remarkable and vast land, and to a people fully conscious of the meaning and importance of what it is to “journey”. We see this in your traditional dwellings, the “ger”, fine travelling homes. I would like to imagine myself entering for the first time, with respect and anticipation, one of these circular tents that dot the majestic Mongolian lands, in order to meet you and become better acquainted with you. So here I am, standing at the door, a pilgrim of friendship, who comes to you quietly, with a joyful heart and the desire to find myself humanly enriched in your presence.

When we enter the home of friends, it is a fine custom to exchange gifts and to think back on earlier meetings. Modern diplomatic relations between Mongolia and the Holy See are recent; this year marks the thirtieth anniversary of the signature of a Letter consolidating bilateral relations. Yet much earlier in time, exactly 777 years ago, and specifically between the end of August and the beginning of September in the year 1246, Friar John of Pian del Carpine, as an envoy of the Pope, visited Guyug, the third Mongol Emperor, and presented to the Grand Khan an official missive from Pope Innocent IV. Shortly thereafter, a letter of response, bearing the seal of the Grand Khan in traditional Mongol letters, was written and translated in various languages. That letter is preserved in the Vatican Library, and today I am honoured to present you with an authenticated copy, executed with the most advanced techniques in order to ensure the highest quality possible. May it be the sign of an ancient friendship that is growing and being renewed.

I have been told that at daybreak, the children in your countrysides stand at the door of the ger and look into the distance to count the heads of cattle and then report that number to their parents. We too benefit from gazing towards the vast horizons everywhere around us, abandoning short-sighted perspectives for a broader, global vision. That is the lesson of the gers: born of the nomadic life of the steppes, they spread over a vast territory and became a distinctive feature of various neighbouring cultures. Mongolia’s immense territory stretches from the Gobi Desert to the steppe, from the great plains to the pine forests and the mountain chains of the Altai and the Khangai. Intersected by winding rivers that, viewed from on high, resemble the intricate decoration on precious ancient textiles, all of this mirrors the grandeur and beauty of the entire earth, which is meant to be an attractive and inviting garden. Your native wisdom, that of your people, which has matured over generations of ranchers and planters respectful of the delicate balances of the ecosystem, speaks eloquently to those who in our own day reject the pursuit of myopic particular interests and wish instead to pass on to future generations lands that remain welcoming and fruitful. You help us to appreciate and carefully cultivate what we Christians consider to be God’s creation, the fruit of his benevolent design, and to combat the effects of human devastation by a culture of care and foresight reflected in responsible ecological policies. Gers are dwelling places that nowadays could be considered efficient and ecologically sound, inasmuch as they are versatile and multifunctional, with zero impact on the environment. Furthermore, the holistic vision of the Mongolian shamanic tradition, combined with the respect for all living beings inherited from Buddhist philosophy, can contribute significantly to the urgent and no longer deferrable efforts to protect and preserve planet Earth.

Gers, present in both rural and urbanized areas, likewise testify to the precious marriage of tradition and modernity, for they join the lives of old and young, and thus witness to the continuity of the Mongolian people. From ancient times to the present, this people has preserved its roots while opening, especially in recent decades, to the great global challenges of development and democracy. Mongolia today, with its broad network of diplomatic relations, its active membership in the United Nations, its efforts to promote human rights and peace, plays a significant role in the heart of the great Asian continent and on the international scene. I would also like to mention your determination to halt nuclear proliferation and to present yourselves before the world as a country free of nuclear weapons. Mongolia is a democratic nation that pursues a peaceful foreign policy, but also proposes to play an important role on behalf of world peace. It is significant too that, providently, capital punishment no longer appears in your judicial system.

Thanks to their adaptability to climatic extremes, gers make it possible to live in very diverse settings; this was the case during the epic times of the Mongolian empire, with its vast territorial expansion. Moreover, I have come to Mongolia as you are marking an anniversary that is important for you, 860 years since the birth of Genghis Khan. The fact that the empire could embrace such distant and varied lands over the centuries bears witness to the remarkable ability of your ancestors to acknowledge the outstanding qualities of the peoples present in its immense territory and to put those qualities at the service of a common development. This model should be valued and re-proposed in our own day. May Heaven grant that today, on this earth devastated by countless conflicts, there be a renewal, respectful of international laws, of the conditions of what was once the pax mongolica, namely, the absence of conflicts. In the words of one of your proverbs, “the clouds pass away, but the sky remains”. May the dark clouds of war be dispelled, swept away by the firm desire for a universal fraternity wherein tensions are resolved through encounter and dialogue, and the fundamental rights of all people are guaranteed! Here, in this country so rich in history and open to the sky, let us implore this gift from on High, and together let us strive to build a future of peace.

Upon entering a traditional ger, our gaze is directed upwards to the highest central point, where there is a round window open to the sky. I would like to emphasize the importance of this fundamental attitude that your tradition helps us to appreciate: the ability to keep our eyes fixed on high. Raising our eyes to heaven – the eternal blue sky that you have always venerated – means persevering in an attitude of docile openness to religious teachings. A profound spiritual sensitivity belongs to the very fibre of your cultural identity, and it is proper that Mongolia should be a symbol of religious freedom. In the contemplation of boundless and sparsely settled horizons, your people have developed a refined spiritual sense, born of nurturing silence and interiority. The solemn grandeur of the countless natural phenomena that surround you has given rise to a sense of wonder, which instils simplicity and frugality, a preference for the essential and a capacity for detachment from what is not. Here I think of the threat represented by the consumerist spirit that nowadays, in addition to creating great injustices, leads to an individualistic mindset that cares little for others and for sound established traditions. When religions remain grounded in their original spiritual patrimony, and are not corrupted by sectarian deviations, they prove to be trustworthy supports in the construction of healthy and prosperous societies, in which believers work to ensure that peaceful coexistence and political foresight are placed increasingly at the service of the common good. At the same time, they also represent a safeguard against the insidious threat of corruption, which effectively represents a serious menace to the development of any human community; corruption is the fruit of a utilitarian and unscrupulous mentality that has impoverished whole countries. Yes, corruption impoverishes entire nations. It is a sign of a vision that fails to look up to the sky and flees the vast horizons of fraternity, becoming instead self-enclosed and concerned with its own interests alone.

In contrast, many of your ancient leaders taught you to keep your gaze fixed on high and on the vastness of the landscape. They demonstrated an uncommon ability to integrate different voices and experiences, also from the religious standpoint. A respectful and conciliatory attitude was shown with regard to the variety of sacred traditions, as is witnessed by the different places of worship – including one Christian site – preserved in the ancient capital Kharakhorum. As a result, it was almost natural that you arrived at the freedom of thought and of religion now enshrined in your Constitution. Having left behind, without bloodshed, the atheist ideology that thought it could eliminate religion, deeming it a hindrance to development, you have come to acknowledge and respect the fundamental importance of harmonious cooperation between believers of different faiths, each of whom, from his or her own particular point of view, contributes to moral and spiritual advancement.

In this regard, the Mongolian Catholic community is happy to continue making its proper contribution. It was, in fact, in a ger that, a little more than thirty years ago, the Catholic community began to celebrate its faith, and the present Cathedral, located in this great city, is reminiscent of the shape of a ger. These are signs of the Catholic community’s desire to share its life and work, in a spirit of responsible and fraternal service, with the Mongolian people, which is also its own people. For this reason, I am pleased that this community, however small and discreet, shares with enthusiasm and commitment in the country’s process of growth by spreading the culture of solidarity, the culture of universal respect and the culture of interreligious dialogue, and by working for justice, peace and social harmony. It is my hope that, thanks to legislation that is farsighted and attentive to concrete needs, local Catholics, assisted by consecrated men and women who, for the most part, necessarily come from other countries, will be able, always and without difficulty, to make their own human and spiritual contribution to Mongolia, for the benefit of this people. The negotiations presently taking place for the stipulation of a bilateral agreement between Mongolia and the Holy See represent an important means for the attainment of those conditions essential for the pursuit of the ordinary activities in which the Catholic Church is engaged. In addition to the specifically religious aspect of worship, these include its numerous initiatives in the service of integral human development, carried out not least in the areas of education, healthcare, social assistance, research and cultural advancement. These initiatives bear clear witness to the humble, fraternal and solidary spirit of the Gospel of Jesus, the one path that Catholics are called to follow in the journey that they share with all peoples.

The motto chosen for this Journey – Hoping Together – expresses quite well the innate potential of the journey we are making together in a spirit of mutual respect and cooperation in pursuit of the common good. The Catholic Church, as an ancient institution present in almost every country of the world, embodies a spiritual tradition, a noble and fruitful tradition that has contributed to the development of entire nations in numerous fields of human activity, from the sciences to literature, from the arts to political and social life. I am certain that Mongolian Catholics will continue to offer readily their proper contribution to the building of a prosperous and secure society, in dialogue and cooperation with all others who dwell in this great land kissed by the sky.

“Be like the sky”. In these words, a famous poet encouraged us to rise above the transience of earthly events and to imitate the breadth of spirit symbolized by the immense, clear blue sky that we contemplate in Mongolia. Today, as pilgrims and guests in this country that has so much to offer to the world, we too want to accept that invitation and translate it into concrete signs of compassion, dialogue and shared vision for the future. May the various components of Mongolian society, so well represented here, continue to offer to the world the beauty and nobility of this unique people. In this way, like your traditional vertical script, may you remain ever “upright” in your efforts to relieve the great human suffering all around you, reminding everyone of the dignity of each human being, called to dwell in our earthly home by embracing the sky. Bayarlalaa! [Thank you!]

[01295-EN.02] [Original text: Italian]

 

Traduzione in lingua tedesca

Herr Staatspräsident,

Herr Präsident des Großen Staatshurals,

Herr Premierminister,

hochverehrte Mitglieder der Regierung und des diplomatischen Korps,

verehrte zivile und religiöse Autoritäten,

sehr geehrte Repräsentanten der Welt der Kultur,

meine Damen und Herren!

Ich danke dem Herrn Präsidenten für die Begrüßung und für die Worte, die er an mich gerichtet hat, und ich grüße einen jeden von Ihnen sehr herzlich. Es ist mir eine Ehre hier zu sein, und bin froh, in dieses faszinierende und weite Land gereist zu sein, zu diesem Volk, das die Bedeutung und den Wert des Unterwegsseins gut kennt. Dies sieht man an den traditionellen Behausungen, den Ger, diesen wunderschönen mobilen Wohnstätten. Ich stelle mir vor, wie ich zum ersten Mal mit Respekt und Ergriffenheit in eines dieser runden Zelte trete, die über das majestätische mongolische Land verstreut sind, um euch zu begegnen und euch besser kennenzulernen. Hier stehe ich also am Eingang, als Pilger der Freundschaft, der mit Bedacht und mit frohem Herzen zu euch gekommen ist, mit dem Wunsch, sich von eurer Gegenwart menschlich bereichern zu lassen.

Wenn man das Haus von Freunden betritt, ist es schön, Geschenke auszutauschen und sie mit Worten zu begleiten, die an frühere Begegnungen erinnern. Und auch wenn die heutigen diplomatischen Beziehungen zwischen der Mongolei und dem Heiligen Stuhl jüngeren Datums sind – in diesem Jahr jährt sich die Unterzeichnung eines Schreibens zur Stärkung der bilateralen Beziehungen zum 30. Mal –, so besuchte vor langer Zeit, genau vor genau 777 Jahren, zwischen Ende August und Anfang September 1246, Fra Giovanni di Pian del Carpine, ein päpstlicher Gesandter, Guyug, den dritten mongolischen Kaiser, und überreichte dem Großkhan ein offizielles Schreiben von Papst Innozenz IV. Kurz darauf wurde die Antwort verfasst und in verschiedene Sprachen übersetzt, die mit dem Siegel des Großkhans in traditionellen mongolischen Schriftzeichen versehen wurde. Sie wird in der Vatikanischen Bibliothek aufbewahrt und ich habe heute die Ehre, Ihnen eine beglaubigte Kopie zu überreichen, die mit den modernsten Techniken erstellt wurde, um die bestmögliche Qualität zu garantieren. Möge sie Zeichen einer alten Freundschaft sein, die wächst und sich erneuert.

Ich habe gehört, dass die Kinder bei euch auf dem Lande frühmorgens von der Tür der Ger aus über den fernen Horizont blicken, um den Viehbestand zu zählen und die Anzahl ihren Eltern mitzuteilen. Auch uns tut es gut, mit unserem Blick den weiten Horizont zu erfassen, der uns umgibt, und die Beschränktheit enger Sichtweisen zu überwinden und uns für eine Mentalität globaler Weite zu öffnen, wozu die Ger einladen; sie stammen aus der Erfahrung des Nomadentums in den Steppen, haben in einem großen Gebiet Verbreitung gefunden und sind zu einem kennzeichnenden Element verschiedener benachbarter Kulturen geworden. Die unermesslichen Weiten eurer Gegenden, von der Wüste Gobi bis zur Steppe, von den großen Prärien bis zu den Nadelwäldern, bis hin zu den Gebirgsketten des Altai und des Changai und mit den unzähligen Schleifen der Wasserläufe, die von oben betrachtet wie raffinierte Verzierungen auf alten, kostbaren Stoffen aussehen: all das ist ein Spiegel der Größe und Schönheit des gesamten Planeten, der ein einladender Garten sein soll. Eure Weisheit, die Weisheit eures Volkes, die sich in Generationen umsichtiger Viehzüchter und Ackerbauern herausgebildet hat, die stets darauf bedacht waren, das empfindliche Gleichgewicht des Ökosystems nicht zu schädigen, kann diejenigen viel lehren, die sich heute nicht in der Verfolgung kurzsichtiger Partikularinteressen verschließen wollen, sondern der Nachwelt eine Erde hinterlassen möchten, die noch einladend, eine Erde, die noch fruchtbar ist. Was für uns Christen die Schöpfung ist, also die Frucht eines wohlwollenden Plans Gottes, helft ihr uns zu erkennen und mit Feingefühl und Sorgfalt zu fördern, indem den Auswirkungen der menschlichen Zerstörung eine Kultur der Fürsorge und Voraussicht entgegengesetzt wird, die sich in einer Politik verantwortungsvoller Ökologie widerspiegelt. Die Ger sind Lebensräume, die man heute als smart und green bezeichnen könnte, da sie vielseitig und multifunktional sind und keine negativen Auswirkungen auf die Umwelt haben. Darüber hinaus stellen die ganzheitliche Sichtweise der mongolischen schamanischen Tradition und der aus der buddhistischen Philosophie abgeleitete Respekt für jedes Lebewesen einen wertvollen Beitrag für das dringende und nicht mehr aufschiebbare Engagement zum Schutz des Planeten Erde dar.

Die Ger, die es sowohl in den ländlichen Gebieten als auch in den städtischen Zentren gibt, zeugen darüber hinaus von der wertvollen Verbindung zwischen Tradition und Moderne. Sie sind nämlich ein Bindeglied zwischen dem Leben der Alten und der Jungen und erzählen von der Kontinuität des mongolischen Volkes, das vom Altertum bis in die Gegenwart seine Wurzeln zu bewahren wusste und sich dabei vor allem in den letzten Jahrzehnten den großen globalen Herausforderungen von Entwicklung und Demokratie geöffnet hat. In der Tat spielt die heutige Mongolei mit ihrem weiten Netz an diplomatischen Beziehungen, ihrer aktiven Zugehörigkeit zu den Vereinten Nationen und ihrem Einsatz für Menschenrechte und Frieden eine bedeutende Rolle im Herzen des großen asiatischen Kontinents und auf der internationalen Bühne. Ich möchte auch eure Entschlossenheit erwähnen, die Verbreitung von Atomwaffen aufzuhalten und euch der Welt als ein Land ohne Atomwaffen zu präsentieren: Die Mongolei ist nicht nur eine demokratische Nation, die eine friedliche Außenpolitik betreibt, sondern sie ist bestrebt, eine wichtige Rolle für den Weltfrieden zu spielen. Außerdem – und das ist ein weiteres weises Element, das bemerkenswert ist – gibt es in eurer Rechtsordnung keine Todesstrafe mehr.

Dank ihrer Anpassungsfähigkeit an klimatische Extreme ermöglichen es die Ger, in sehr unterschiedlichen Gebieten zu leben, wie in der wohlbekannten Geschichte des mongolischen Reiches, als es den größten territorialen Bestand überhaupt hatte. Im Übrigen komme ich an einem für euch wichtigen Jubiläum, dem 860. Jahrestag der Geburt von Dschingis Khan, in die Mongolei. Am Umfang dieser weit entfernten und so unterschiedlichen Länder wurde über Jahrhunderte die ungewöhnliche Fähigkeit eurer Vorfahren sichtbar, die jeweilige Vortrefflichkeit der Völker zu erkennen, die das riesige Reichsterritorium bildeten, und sie in den Dienst der gemeinsamen Entwicklung zu stellen. Dies ist ein Beispiel, das zur Geltung gebracht und für unsere Zeit wieder aufgegriffen werden sollte. Gebe der Himmel, dass auch heute auf der Erde, die von zu vielen Konflikten verwüstet wird, unter Achtung der internationalen Gesetze, der Zustand der einstigen pax mongolica, d.h. die Abwesenheit von Konflikten, wiederhergestellt wird. Wie eines eurer Sprichwörter sagt: »Die Wolken ziehen vorüber, der Himmel bleibt«. Mögen die dunklen Wolken des Krieges vorüberziehen, mögen sie vom festen Willen einer universalen Geschwisterlichkeit hinweggefegt werden, in der Spannungen auf der Grundlage von Begegnung und Dialog gelöst werden und allen die Grundrechte garantiert werden! Lasst uns hier, in eurem Land, das reich an Geschichte und Himmel ist, um dieses Geschenk aus der Höhe bitten und bemühen wir uns gemeinsam darum, eine Zukunft des Friedens zu errichten.

Wenn man in ein traditionelles Ger eintritt, wird der Blick zur Mitte, zum höchsten Punkt hinaufgelenkt. Dort befindet sich ein Fenster zum Himmel. Ich möchte diese grundlegende Haltung betonen, die eure Tradition uns wiederzuentdecken hilft: Fähig zu sein, den Blick nach oben gerichtet zu halten. Die Augen zum Himmel erheben – zu dem ewigen blauen Himmel, den ihr schon immer verehrt – bedeutet, in einer Haltung bereitwilliger Offenheit für die religiösen Lehren zu bleiben. Im Innersten eurer kulturellen Identität gibt es nämlich eine tiefe spirituelle Konnotation und es ist schön, dass die Mongolei ein Symbol für Religionsfreiheit ist. In der Kontemplation der endlosen Horizonte, die nur spärlich von Menschen bevölkert sind, hat sich in eurem Volk nämlich ein Gespür für das Spirituelle herausgebildet, zu dem man Zugang findet, indem man der Stille und Innerlichkeit Raum gibt. Angesichts der feierlichen Imposanz der Erde, die euch mit ihren unzähligen Naturphänomenen umgibt, kommt auch ein Gefühl des Staunens auf, das Demut und Anspruchslosigkeit nahelegt und geneigt macht, sich für das Wesentliche zu entscheiden und sich von allem Unwesentlichen zu lösen. Ich denke an die Gefahr, die eine konsumorientierte Gesinnung darstellt, die heute nicht nur viel Ungerechtigkeit verursacht, sondern uns auch in einen Individualismus einschließt, der weder an die Anderen noch an die guten Traditionen denkt, die wir erhalten haben. Die Religionen hingegen sind, wenn sie sich auf ihr ursprüngliches spirituelles Erbe zurückbesinnen und nicht durch sektiererische Abweichungen korrumpiert werden, in jeder Hinsicht verlässliche Stützen beim Aufbau gesunder und blühender Gesellschaften, in denen sich die Gläubigen darum bemühen, dass das zivile Zusammenleben und das politische Wirken immer mehr im Dienst des Gemeinwohls stehen, und damit auch dem gefährlichen Nagen der Korruption einen Riegel vorschieben. Diese stellt in jeder Hinsicht eine ernste Bedrohung für die Entwicklung einer jeden menschlichen Gruppierung dar und nährt sich von einer utilitaristischen und skrupellosen Mentalität, die ganze Länder verarmen lässt. Die Korruption macht ganze Länder arm. Sie ist ein Indiz dafür, dass sich der Blick vom Himmel abwendet und die weiten Horizonte der Geschwisterlichkeit meidet, indem er sich in sich selbst verschließt und die eigenen Interessen allem anderen voranstellt.

In der Geschichte zeichneten sich hingegen viele eurer Anführer durch einen nach oben gerichteten Blick und einen weiten Horizont aus. Sie bewiesen eine ungewöhnliche Fähigkeit, unterschiedliche Stimmen und Erfahrungen zu integrieren, auch in religiöser Hinsicht. Eine respektvolle und versöhnliche Haltung wurde auch den vielfältigen heiligen Traditionen zuteil, wie die verschiedenen in der alten Hauptstadt Kharakhorum gehüteten Kultstätten – darunter eine christliche – zeigen. Es war für euch also fast natürlich, zu der Gedanken- und Religionsfreiheit zu gelangen, die in eurer aktuellen Verfassung verankert ist. Nachdem ihr die atheistische Ideologie ohne Blutvergießen überwunden habt, die glaubte, den religiösen Sinn auslöschen zu müssen, weil sie ihn für ein Entwicklungshemmnis hielt, bekennt ihr euch heute zu jenem grundlegenden Wert der Harmonie und des Zusammenwirkens von Menschen verschiedener Glaubensüberzeugungen, die – aus ihrer jeweiligen Perspektive – zum sittlichen und geistlichen Fortschritt beitragen.

In diesem Sinne freut sich die katholische Gemeinschaft in der Mongolei, weiterhin ihren Beitrag zu leisten. Vor etwas mehr als dreißig Jahren hat sie begonnen, ihren Glauben in einem Ger zu feiern, und auch die jetzige Kathedrale in dieser großen Stadt erinnert in ihrer Form daran. Dies sind Zeichen ihres Wunsches, mit dem mongolischen Volk, das ihr Volk ist, im Geiste eines verantwortungsvollen und geschwisterlichen Dienstes zusammenzuwirken. Ich freue mich daher, dass die katholische Gemeinschaft, so klein und unscheinbar sie auch ist, mit Begeisterung und mit Engagement am Gedeihen des Landes mitwirkt, indem sie eine Kultur der Solidarität, eine Kultur des Respekts für alle und eine Kultur des interreligiösen Dialogs verbreitet und indem sie sich für Gerechtigkeit, Frieden und soziale Harmonie einsetzt. Ich hoffe, dass die einheimischen Katholiken, dank einer weitsichtigen und auf die konkreten Bedürfnisse ausgerichteten Gesetzgebung sowie unterstützt von notwendigerweise aus anderen Ländern stammenden gottgeweihten Männern und Frauen, stets ohne Schwierigkeiten ihren menschlichen und geistlichen Beitrag für die Mongolei zum Wohle dieses Volkes leisten können. Diesbezüglich stellen die laufenden Verhandlungen über ein bilaterales Abkommen zwischen der Mongolei und dem Heiligen Stuhl eine wichtige Möglichkeit dar, um jene Voraussetzungen zu schaffen, die für die ordentliche Aktivität der katholischen Kirche unerlässlich sind. Dazu gehören neben der eigentlichen religiösen Dimension des Gottesdienstes insbesondere die zahlreichen Initiativen für eine ganzheitliche menschliche Entwicklung, die sich auch in den Bereichen der Bildung, des Gesundheitswesens, der Fürsorge, der Forschung und der Förderung der Kultur entfalten: diese bezeugen gut den demütigen Geist, den geschwisterlichen und solidarischen Geist des Evangeliums Jesu, dem allein die Katholiken auf ihrem gemeinsamen Weg mit allen Völkern folgen sollen.

Das für diese Reise gewählte Motto, „Gemeinsam hoffen“, bringt die Potentialität zum Ausdruck, die dem gemeinsamen Unterwegssein mit dem Anderen, in gegenseitigem Respekt und im Zusammenwirken für das Gemeinwohl, innewohnt. Die katholische Kirche, eine alte, in fast allen Ländern verbreitete Institution, ist Zeugin einer geistlichen Tradition, einer edlen und fruchtbaren Tradition, die zur Entwicklung ganzer Nationen in vielen Bereichen des menschlichen Lebens beigetragen hat, von der Naturwissenschaft bis zur Literatur, von der Kunst bis zur Politik. Ich bin sicher, dass auch die katholischen Mongolen bereit sind und bereit sein werden, ihren Beitrag zum Aufbau einer gedeihlichen und sicheren Gesellschaft zu leisten, im Dialog und in Zusammenarbeit mit allen Gruppen, die dieses große, vom Himmel so reich gesegnete Land bewohnen.

»Sei wie der Himmel«. Mit diesen Worten lud uns ein berühmter Dichter dazu ein, die Vergänglichkeit der irdischen Wechselfälle zu übersteigen und die Großmut nachzuahmen, die sich an dem riesigen, klaren blauen Himmel inspiriert, den man in der Mongolei bewundern kann. Auch wir, die wir heute Pilger und Gäste in diesem Land sind, das der Welt so viel geben kann, möchten diese Einladung aufgreifen und sie in konkrete Zeichen des Mitgefühls, des Dialogs und gemeinsamen Planens übersetzen. Mögen die verschiedenen Teile der mongolischen Gesellschaft, die hier gut vertreten sind, weiterhin in der Lage sein, der Welt das Schöne und Edle dieses einzigartigen Volkes weiterzugeben. Möget ihr „aufrecht stehen“ wie eure Schrift und viel menschliches Leid um euch herum lindern, indem ihr alle an die Würde eines jeden Menschen erinnert, der dazu berufen ist, die irdische Heimat zu bewohnen und dabei den Himmel zu umarmen. Bayarlalaa! [Danke!].

[01295-DE.02] [Originalsprache: Italienisch]

 

Traduzione in lingua spagnola

Señor Presidente de la República,

señor Presidente del Gran Jural del Estado,

señor Primer Ministro,

distinguidos miembros del Gobierno y del Cuerpo diplomático,

ilustres autoridades civiles y religiosas,

insignes representantes del mundo de la cultura,

señoras y señores:

Agradezco al señor Presidente la acogida y las palabras que me ha dirigido, y saludo de corazón a cada uno de ustedes. Me siento honrado de estar aquí, feliz por haber viajado hasta esta tierra fascinante y vasta, hasta este pueblo que conoce bien el significado y el valor del camino. Lo revelan sus moradas tradicionales, las ger, hermosísimas casas itinerantes. Imagino entrar por primera vez, con respeto y emoción, en una de estas tiendas circulares que salpican la majestuosa tierra mongola, para encontrarme con ustedes y conocerlos mejor. Aquí estoy a la puerta, peregrino de la amistad, llegando de puntillas y con el corazón alegre, deseoso de enriquecerme humanamente con vuestra presencia.

Cuando entramos en la casa de los amigos es hermoso intercambiar regalos, acompañándolos con palabras que evocan los encuentros anteriores. Y si las relaciones diplomáticas modernas entre Mongolia y la Santa Sede son recientes —este año se celebra el 30 aniversario de la firma de una carta para reforzar las relaciones bilaterales—, mucho tiempo antes, exactamente hace 777 años, precisamente entre el final de agosto y el inicio de septiembre de 1246, fray Juan de Plano Carpini, enviado papal, visitó a Guyuk, el tercer emperador mongol, y le presentó al Gran Kan la carta oficial del Papa Inocencio IV. Poco después fue redactada y traducida en varias lenguas la carta de respuesta, timbrada con el sello del Gran Kan en caracteres mongoles tradicionales. Esta se conserva en la Biblioteca Vaticana y hoy tengo el honor de entregarles una copia auténtica, realizada con las técnicas más avanzadas para garantizar la mejor calidad posible. Que este pueda ser un signo de amistad antigua que crece y se renueva.

He sabido que, desde la puerta de la ger, al alba, los niños en el campo otean el horizonte para contar las cabezas de ganado y referir el número a sus padres. También a nosotros nos hace bien abrazar con la mirada el amplio horizonte que nos rodea, superando las visiones estrechas y abriéndonos a una mentalidad amplia, como invitan a hacer las ger que, nacidas de la experiencia del nomadismo en la estepa, se han difundido por un vasto territorio, siendo un elemento identificativo de las distintas culturas vecinas. Los espacios inmensos de vuestras regiones, desde el desierto del Gobi a la estepa, desde las grandes praderas a los bosques de coníferas, llegando a las cadenas montañosas de Altái y Jangái, con los innumerables meandros de cursos de agua, que vistos desde arriba parecen decoraciones refinadas sobre preciosas telas antiguas; todo esto es un reflejo de la grandeza y la belleza de todo el planeta, que está llamado a ser un jardín acogedor. Vuestra sabiduría, la sabiduría de vuestro pueblo, sedimentada en generaciones de ganaderos y agricultores prudentes, siempre atentos a no romper los delicados equilibrios del ecosistema, tiene mucho que enseñar a quien hoy no quiere cerrarse en la búsqueda de un miope interés particular, sino que desea entregar a la posteridad una tierra todavía acogedora, una tierra todavía fecunda. Lo que para nosotros cristianos es la creación, es decir, el fruto de un benévolo designio de Dios, ustedes nos ayudan a reconocer y a promover con delicadeza y atención, contrastando los efectos de la devastación humana con una cultura del cuidado y de la previsión, que se refleja en políticas de ecología responsable. Las ger son espacios habitacionales que hoy podrían definirse como inteligentes y verdes, en cuanto versátiles, multifuncionales y con un impacto cero sobre el ambiente. Además, la visión holística de la tradición chamánica mongola y el respeto por todo ser viviente proveniente de la filosofía budista representa una contribución válida al compromiso urgente e impostergable por la tutela del planeta Tierra.

Las ger, presentes tanto en las zonas rurales como en los centros urbanos, testimonian además el precioso connubio entre la tradición y la modernidad; en efecto, ellas acomunan la vida de los ancianos y los jóvenes, expresando la continuidad del pueblo mongol, que desde la antigüedad hasta el presente ha sabido custodiar las propias raíces, abriéndose, especialmente en los últimos decenios, a los grandes desafíos globales del desarrollo y de la democracia. Ciertamente, hoy Mongolia, con su amplia red de relaciones diplomáticas, su activa adhesión a las Naciones Unidas, su compromiso por los derechos humanos y por la paz, desempeña un papel significativo en el corazón del gran continente asiático y en el escenario internacional. Quisiera mencionar también vuestra determinación a detener la proliferación nuclear y a presentarse al mundo como un país sin armas nucleares. Mongolia no es sólo una nación democrática que lleva adelante una política exterior pacífica, sino que se propone realizar un papel importante para la paz mundial. Además —otro elemento propicio que se puede señalar—, la pena capital ha desaparecido de vuestro ordenamiento judicial.

Las ger, gracias a su capacidad de adaptarse a los climas extremos, consienten vivir en territorios muy dispares, como ocurrió durante la conocida epopeya del imperio mongol, el más grande hasta la fecha con un territorio unido. Vengo a Mongolia, entre otras cosas, en un aniversario importante para ustedes, los 860 años del nacimiento de Gengis Kan. Durante siglos, el abrazar tierras lejanas y muy distintas puso en evidencia la excepcional capacidad de vuestros antepasados de reconocer lo mejor de los pueblos que componían el inmenso territorio imperial y de ponerlas al servicio del desarrollo común. Esto es un ejemplo que se debe tomar en cuenta y reproducir en nuestros días. Quiera el cielo que, sobre la tierra, devastada por tantos conflictos, se recreen también hoy, en el respeto de las leyes internacionales, las condiciones de aquello que en un tiempo fue la pax mongola, es decir, la ausencia de conflictos. Así como dice vuestro proverbio: «las nubes pasan, el cielo permanece», que así pasen las nubes oscuras de la guerra, que se disipen por la firme voluntad de una fraternidad universal en la que las tensiones se resuelvan sobre la base del encuentro y del diálogo, y que a todos se les garanticen los derechos fundamentales. Aquí, en vuestro país, rico de historia y de cielo, imploremos este don de lo alto y pongámonos manos a la obra para construir juntos un futuro de paz.

Al entrar en una ger tradicional, la mirada se eleva hacia el centro, a la parte más alta, donde hay una ventana abierta al cielo. Quisiera subrayar esta actitud fundamental que vuestra tradición ayuda a descubrir: el saber dirigir nuestra mirada hacia lo alto. Alzar los ojos al cielo —el eterno cielo azul que ustedes siempre han venerado— significa permanecer en una actitud de dócil apertura a las enseñanzas religiosas. Hay de hecho una profunda connotación espiritual entre las fibras de vuestra identidad cultural y es hermoso que Mongolia sea un símbolo de libertad religiosa. En la contemplación de los vastos horizontes, poco poblados por seres humanos, se ha afinado en vuestro pueblo una propensión al aspecto espiritual, al que se accede otorgando valor al silencio y a la interioridad. Ante el solemne predominio de la tierra que les rodea con sus innumerables fenómenos naturales, nace un sentimiento de asombro, que sugiere humildad y frugalidad, optar por lo esencial y ser capaces de desvincularse de todo lo que no lo es. Pienso en el peligro que representa el espíritu consumista de hoy en día, que además de crear muchas injusticias, lleva a un individualismo que olvida a los demás y a las buenas tradiciones recibidas. Las religiones, por el contrario, cuando se inspiran en su patrimonio espiritual original y no son corrompidas por desviaciones sectarias, son a todos los efectos soportes fiables para la construcción de sociedades sanas y prósperas, en las que los creyentes no escatiman esfuerzos con el fin de que la convivencia civil y los proyectos políticos estén siempre al servicio del bien común, representando también como un freno a la peligrosa carcoma de la corrupción. Esta constituye efectivamente una amenaza seria para el desarrollo de cualquier grupo humano, alimentándose de una mentalidad utilitarista y desaprensiva que empobrece países enteros. La corrupción empobrece países enteros. Es la señal de una mirada que se aleja del cielo y huye de los vastos horizontes de la fraternidad, encerrando a la persona en sí misma y anteponiendo todo a sus propios intereses.

En cambio, protagonistas de esa mirada hacia lo alto y de una visión amplia fueron muchos de vuestros antepasados líderes, que demostraron una excepcional capacidad de integrar voces y experiencias distintas, incluso desde un punto de vista religioso. Una actitud respetuosa y conciliadora se reservaba también a las múltiples tradiciones sagradas, como atestiguan los distintos lugares de culto —entre ellos uno cristiano— tutelados en la antigua capital Karakórum. Por ello, para ustedes fue casi natural llegar a la libertad de pensamiento y de religión, sancionada en vuestra actual Constitución; que ha superado la ideología sin derramamiento de sangre, la ideología atea que se creía obligada a extirpar el sentimiento religioso, considerándolo un freno al desarrollo. Hoy se reconoce en ese valor esencial de la armonía y de la sinergia entre fieles de credos distintos, que —cada una desde su punto de vista— contribuyen al progreso moral y espiritual.

En este sentido, la comunidad católica mongola está complacida de seguir dando su contribución. Esta comenzó a celebrar su fe hace poco más de treinta años, precisamente dentro de una ger, e incluso la catedral actual, que se encuentra en esta gran ciudad, evoca su forma. Son signos del deseo de compartir la propia obra con el pueblo mongol, que es su pueblo, en espíritu de servicio responsable y fraterno. Por tanto, estoy contento de que la comunidad católica, aun siendo pequeña y discreta, participe con entusiasmo y compromiso en el camino de crecimiento del país, difundiendo la cultura de la solidaridad, la cultura del respeto por todos y la cultura del diálogo interreligioso, y entregándose a la causa de la justicia, la paz y la armonía social. Deseo que, gracias a una legislación con amplitud de miras y atenta a las exigencias concretas, los católicos locales, ayudados por hombres y mujeres consagrados necesariamente provenientes en su mayoría de otros países, no tengan dificultad para poder ofrecer siempre a Mongolia su contribución humana y espiritual, en beneficio de este pueblo. A este respecto, las tratativas en curso para estipular un acuerdo bilateral entre Mongolia y la Santa Sede representan un canal importante para alcanzar las condiciones básicas para el desarrollo de las actividades ordinarias en las que está comprometida la Iglesia católica. Entre ellas, además de la dimensión más propiamente religiosa del culto, destacan las numerosas iniciativas de desarrollo humano integral, articuladas también en los sectores de la educación, la sanidad, la asistencia, la investigación y la promoción cultural. Estas dan testimonio del espíritu humilde, del espíritu fraterno y solidario del Evangelio de Jesús, el único camino que los católicos están llamados a recorrer en el itinerario que comparten con todos los pueblos.

El lema elegido para este Viaje es “Esperar juntos”, y expresa precisamente la potencialidad inherente al caminar con los demás, en el respeto recíproco y en la sinergia por el bien común. La Iglesia católica, institución antigua y difundida en casi todos los países, es testigo de una tradición espiritual, de una tradición noble y fecunda, que ha contribuido al desarrollo de naciones enteras en muchos campos de la vida del hombre, desde la ciencia a la literatura, desde el arte a la política. Estoy seguro que también los católicos mongoles están y estarán dispuestos a dar su propia contribución a una sociedad próspera y segura, en diálogo y colaboración con todos los que habitan en esta tierra grande besada por el cielo.

«Sé como el cielo». Con estas palabras, un famoso poeta invitaba a trascender la caducidad de los altibajos terrenos, imitando la magnanimidad inspirada precisamente por el inmenso y terso cielo azul que se contempla en Mongolia. También nosotros, hoy, peregrinos y huéspedes en este país que tanto puede ofrecer al mundo, deseamos responder a esta invitación, traduciéndola en signos concretos de compasión, diálogo y planificación común. Que los distintos miembros de la sociedad mongola, aquí representados, puedan seguir ofreciendo al mundo la belleza y la nobleza de un pueblo único. Que, como vuestra escritura, puedan permanecer “en pie” y levantar a tantos que sufren a su alrededor, recordando a todos la dignidad de cada ser humano, llamado a habitar la casa terrena abrazando el cielo. Bayarlalaa! [¡Gracias!]

[01295-ES.02] [Texto original: Italiano]

Traduzione in lingua portoghese

Senhor Presidente da República,

Senhor Presidente do Grande Hural de Estado,

Senhor Primeiro-Ministro,

Ilustres membros do Governo e do Corpo Diplomático,

Distintas Autoridades civis e religiosas,

Insignes Representantes do mundo da cultura,

Senhoras e Senhores!

Agradeço ao Senhor Presidente o acolhimento e as palavras que me dirigiu, e estendo a cada um de vós a minha cordial saudação. Sinto-me honrado por estar aqui, feliz por ter chegado a esta terra fascinante e vasta para visitar este povo que conhece bem o significado e o valor do caminho. Isto está patente nas suas moradas tradicionais, as ger, encantadoras casas itinerantes. Com respeito e emoção, imagino-me a entrar pela primeira vez numa dessas tendas circulares, disseminadas pela majestosa terra mongol, para vos encontrar e conhecer melhor. Eis-me na entrada, peregrino de amizade, que chego até junto de vós, em ponta de pés e com o coração feliz, desejoso de me enriquecer humanamente na vossa presença.

Quando se entra numa casa de amigos, fica bem a troca de presentes, acompanhando-os com palavras evocativas das anteriores ocasiões de encontro. E, se as relações diplomáticas modernas entre a Mongólia e a Santa Sé são recentes (ocorre este ano o 30º aniversário da assinatura duma carta para reforçar as relações bilaterais), temos de recuar no tempo muito mais, exatamente 777 anos (precisamente entre o fim de agosto e os princípios de setembro de 1246) quando o Enviado Papal, Frei Giovanni di Pian del Carpine, visitou Guyug, o terceiro Imperador mongol e apresentou ao Grã Khan a carta oficial do Papa Inocêncio IV. Pouco tempo depois, era redigida em carateres tradicionais mongóis a carta de resposta, timbrada com o selo do Grã Khan e traduzida em várias línguas. Está guardada na Biblioteca do Vaticano e hoje tenho a honra de lhe oferecer uma cópia autenticada, realizada com as técnicas mais avançadas para garantir a melhor qualidade possível. Que a mesma seja sinal duma amizade antiga que cresce e se renova.

Soube que as crianças das vossas aldeias, pela manhãzinha, da porta da ger estendem o olhar para o horizonte distante a fim de contar as cabeças de gado e referir o seu número aos pais. Também a nós, nos fará bem abraçar com o olhar o amplo horizonte que nos rodeia, superando estreitezas de perspetivas curtas para nos abrirmos a uma mentalidade de respiro global, como convidam a fazer as ger que, nascidas da experiência do nomadismo das estepes, espalharam-se por um vasto território, tornando-se um elemento identificador de várias culturas vizinhas. Os espaços imensos das vossas regiões, desde o deserto do Gobi à estepe, desde as grandes pradarias aos bosques de coníferas até chegar às cadeias montuosas dos Altai e dos Khangai, com os seus inúmeros ziguezagues dos cursos de água, que, vistos do alto, parecem requintadas decorações em tecidos preciosos antigos: tudo isto é um espelho da grandeza e beleza de todo o planeta, chamado a ser um jardim hospitaleiro. A vossa sabedoria, a sabedoria do vosso povo, que se foi sedimentando ao longo de gerações e gerações de criadores de gado e cultivadores prudentes e sempre atentos para não romper os delicados equilíbrios do ecossistema, tem muito a ensinar a quem hoje não quer fechar-se numa míope procura de interesses particulares, mas deseja entregar aos vindouros uma terra ainda acolhedora, uma terra ainda fecunda. Aquilo que a criação representa para nós, cristãos, isto é, o fruto dum benévolo desígnio de Deus, vós no-lo ajudais a reconhecer e promover com delicadeza e atenção, contrastando os efeitos da devastação humana com uma cultura feita de cuidado e previdência, que se reflete em políticas de ecologia responsável. As gers são espaços habitacionais que hoje poderíamos definir smart e green, porque versáteis, multifuncionais e com impacto-zero sobre o meio ambiente. Além disso, a visão holística da tradição xamânica mongol e o respeito por todo o ser vivo que lhes vem da filosofia budista constituem um válido contributo para o compromisso urgente e inadiável pela tutela do planeta Terra.

Além disso as gers, presentes tanto nas zonas rurais como nos centros urbanizados, testemunham a preciosa união entre tradição e modernidade; de facto, irmanam a vida de idosos e jovens, narrando a continuidade do povo mongol, que, desde a antiguidade até ao presente, soube preservar as suas raízes, abrindo-se, especialmente nas últimas décadas, aos grandes desafios globais do progresso e da democracia. Realmente, com a sua extensa rede de relações diplomáticas, a sua adesão ativa às Nações Unidas, o seu empenho pelos direitos humanos e a paz, a Mongólia de hoje desempenha um papel significativo no coração do grande continente asiático e no cenário internacional. Quero fazer menção também da vossa determinação em deter a proliferação nuclear e apresentar-vos ao mundo como país sem armas nucleares: a Mongólia não é só uma nação democrática que realiza uma política externa pacífica, mas pretende desempenhar um papel importante em prol da paz mundial. Além disso – outro sábio elemento a destacar –, a pena de morte já não aparece no vosso ordenamento judiciário.

Graças à sua possibilidade de adaptação aos extremos climáticos, as ger permitem viver em territórios muito variados, como aconteceu durante a conhecida epopeia do império mongol, que registou a continuidade territorial mais vasta de sempre. Para além do mais, chego à Mongólia em uma data importante para vós: no 860º aniversário do nascimento de Gengis Khan. Ao longo dos séculos, o fato de abraçar terras distantes e muito diversas pôs em relevo a capacidade não comum dos vossos antepassados em reconhecer as grandezas dos povos que compunham o imenso território imperial e colocá-las ao serviço do progresso comum. Este é um exemplo que deve ser valorizado e reproposto nos nossos dias. Queira o Céu que, nesta terra devastada por demasiados conflitos, se voltem a criar hoje, no respeito das leis internacionais, as condições daquela que foi outrora a pax mongolica, isto é, a ausência de conflitos. Como diz um vosso provérbio, «as nuvens passam, o céu permanece». Oxalá passem as nuvens escuras da guerra, sejam varridas pela firme vontade duma fraternidade universal, na qual as tensões se resolvam com base no encontro e no diálogo, e a todos sejam garantidos os direitos fundamentais! Aqui, no vosso país rico de história e de céu, imploremos este dom do Alto e trabalhemos juntos para construir um futuro de paz.

Entrando numa ger tradicional, o olhar sobe espontaneamente até ao ponto central mais alto, onde há uma janela para o céu. Quero sublinhar esta atitude fundamental que a vossa tradição nos ajuda a descobrir: saber manter o olhar fixo no alto. Elevar os olhos ao céu – aquele eterno céu azul, desde sempre por vós venerado – significa permanecer numa atitude de dócil abertura aos ensinamentos religiosos. De facto, há uma profunda conotação espiritual por entre as fibras da vossa identidade cultural e é estupendo que a Mongólia seja um símbolo de liberdade religiosa. Efetivamente, graças à contemplação daqueles horizontes infindos, escassamente povoados por seres humanos, aperfeiçoou-se no vosso povo uma propensão para a vertente espiritual, cujo acesso é possível valorizando o silêncio e a interioridade. À vista da terra que se vos impõe solenemente com os seus inumeráveis fenómenos naturais, brota também um sentimento de maravilha, que sugere humildade e frugalidade, escolha do essencial e capacidade de desapego de tudo o que não o é. Penso no perigo que representa o espírito consumista que hoje, além de criar tantas injustiças, leva a um individualismo que ignora os outros e as boas tradições recebidas. Ao contrário, as religiões, quando apelam ao seu património espiritual originário e não se deixam corromper por desvios sectários, são, a todos os efeitos, suportes fiáveis na construção de sociedades sãs e prósperas, onde os crentes se esforçam por que a convivência civil e as diretrizes políticas estejam sempre mais ao serviço do bem comum, constituindo também uma barreira ao perigoso verme da corrução. Esta constitui sem dúvida uma séria ameaça ao desenvolvimento de qualquer grupo humano, alimentando-se duma mentalidade utilitarista e sem escrúpulos que empobrece países inteiros. A corrução empobrece países inteiros. É indicativo dum olhar que se afasta do céu e evita os vastos horizontes da fraternidade, para se fechar em si mesmo e antepor a tudo os próprios interesses.

Pelo contrário, foram protagonistas dum olhar voltado para o alto e de perspetivas amplas, muitos dos vossos líderes antigos, que demonstraram uma capacidade invulgar de integrar vozes e experiências diferentes, inclusive do ponto de vista religioso. De facto, reservava-se uma atitude respeitosa e conciliadora também para as múltiplas tradições sagradas, como testemunham os vários locais de culto – entre os quais se conta um cristão – tutelados na antiga capital de Kharakhorum. E assim resultou quase natural, para vós, chegar à liberdade de pensamento e de religião, sancionada pela vossa atual Constituição; superada, sem derramamento de sangue, a ideologia ateia que pensava ser seu dever extirpar o sentido religioso por considerá-lo um travão ao desenvolvimento, hoje reconheceis-vos no valor essencial da harmonia e sinergia entre os seguidores das diversas crenças que contribuem, cada qual do próprio ponto de vista, para o progresso moral e espiritual.

De bom grado a comunidade católica mongol deseja continuar a prestar o seu contributo para isso. Há pouco mais de trinta anos começou ela a celebrar a sua fé dentro duma ger, e a própria catedral atual, que se encontra nesta grande cidade, sugere a sua forma. São sinais do desejo de partilhar a própria obra, em espírito de serviço responsável e fraterno, com o povo mongol, que é o seu povo. Por isso alegro-me que a comunidade católica, apesar de pequena e modesta, participe com entusiasmo e empenho no caminho de crescimento do país, difundindo a cultura da solidariedade, a cultura do respeito por todos e a cultura do diálogo inter-religioso, e trabalhando pela justiça, a paz e a harmonia social. Espero que uma legislação clarividente e atenta às exigências concretas permita aos católicos locais, ajudados por homens e mulheres consagrados vindos, em sua maioria, doutros países, a que possam prestar sempre à Mongólia o seu contributo humano e espiritual, sem dificuldades, em benefício deste povo. A propósito, as negociações em curso para o estabelecimento dum acordo bilateral entre a Mongólia e a Santa Sé representam um canal importante para a obtenção das condições essenciais para o desenvolvimento das atividades ordinárias em que a Igreja Católica está empenhada. Entre elas, além da dimensão mais especificamente religiosa do culto, sobressaem as numerosas iniciativas de desenvolvimento humana integral, nomeadamente nos setores da educação, da saúde, da assistência e da pesquisa e promoção cultural: tais iniciativas testemunham bem o espírito humilde, o espírito fraterno e solidário do Evangelho de Jesus, a única estrada que os católicos são chamados a percorrer no caminho que partilham com cada povo.

O lema escolhido para esta Viagem – esperar juntos – expressa precisamente as potencialidades contidas no ato de caminhar com o outro, no respeito mútuo e sinergia em prol do bem comum. A Igreja Católica, instituição antiga e presente em quase todos os países, é testemunha duma nobre e fecunda tradição espiritual que contribuiu para o desenvolvimento de nações inteiras em muitos campos da convivência humana, desde a ciência à literatura, desde a arte à política. Estou certo de que os próprios católicos mongóis estão e continuarão a estar prontos a dar a própria contribuição para a construção duma sociedade próspera e segura, em diálogo e colaboração com todos os componentes que habitam esta grande terra beijada pelo céu.

«Sê como o céu»: com estas palavras, um famoso poeta convidava a transcender a caducidade das instáveis vicissitudes terrenas, imitando a magnanimidade inspirada precisamente pelo imenso e límpido céu azul que se contempla na Mongólia. Hoje também nós, peregrinos e hóspedes neste país que pode oferecer tanto ao mundo, desejamos aceitar este convite, traduzindo-o em sinais concretos de compaixão, diálogo e projeto comum. Que os diversos componentes da sociedade mongol, aqui bem representados, possam continuar a oferecer ao mundo a beleza e a nobreza dum povo único. Tal como a vossa escrita, assim possais permanecer «de pé» e aliviar tantos sofrimentos humanos ao vosso redor, lembrando a todos a dignidade de cada ser humano, chamado a habitar a casa terrena abraçando o céu. Bayarlalaa [obrigado]!

[01295-PO.02] [Texto original: Italiano]

Traduzione in lingua polacca

Panie Prezydencie Republiki,

Panie Przewodniczący Wielkiego Churału Państwowego,

Panie Premierze,

Szanowni Członkowie Rządu i Korpusu dyplomatycznego,

Dostojne Władze cywilne i religijne,

Znamienici Przedstawiciele świata kultury,

Panie i Panowie!

Dziękuję Panu Prezydentowi za powitanie i za skierowane do mnie słowa, i serdecznie pozdrawiam każdego z was. Jestem zaszczycony, że mogę tu być, szczęśliwy, że mogłem podróżować do tej fascynującej i rozległej krainy, do tego ludu, który dobrze zna znaczenie i wartość drogi. Świadczą o tym tradycyjne domy, jurty, piękne wędrowne domy. Wyobrażam sobie, że wchodzę po raz pierwszy, z szacunkiem i wzruszeniem, do jednego z tych okrągłych namiotów, które rozsiane są po majestatycznej mongolskiej ziemi, aby spotkać się z wami i poznać was lepiej. Oto zatem jestem przy wejściu, jako pielgrzym przyjaźni, przybywając do was na palcach i z radosnym sercem, pragnąc ubogacić się po ludzku waszą obecnością.

Gdy się wchodzi do domu przyjaciół, dobrze jest wymienić dary, dołączając do nich słowa, które przywołują poprzednie okazje spotkania. I chociaż współczesne stosunki dyplomatyczne między Mongolią a Stolicą Apostolską są niedawne – w tym roku przypada 30. rocznica podpisania listu mającego na celu umocnienie stosunków dwustronnych – to znacznie dalej w czasie, dokładnie 777 lat temu, między końcem sierpnia a początkiem września 1246 r., brat Giovanni di Pian del Carpine, wysłannik papieski, odwiedził Gujuka, trzeciego władcę mongolskiego i wręczył Wielkiemu Chanowi oficjalny list od papieża Innocentego IV. Wkrótce potem został zredagowany i przetłumaczony na kilka języków list z odpowiedzią, opatrzony pieczęcią Wielkiego Chana, w tradycyjnym alfabecie mongolskim. Jest on przechowywany w Bibliotece Watykańskiej, a dziś mam zaszczyt złożyć wam w darze jego uwierzytelnioną kopię, wykonaną przy użyciu najbardziej zaawansowanych technik, aby zapewnić najlepszą możliwą jakość. Niech to będzie znak starożytnej przyjaźni, która wzrasta i odnawia się.

Dowiedziałem się, że wczesnym rankiem, dzieci z waszych wsi spoglądają z drzwi jurty na daleki horyzont, żeby policzyć bydło i zgłosić ich liczbę rodzicom. Dobrze, abyśmy i my ogarnęli spojrzeniem szeroki otaczający nas horyzont, przezwyciężając ciasnotę wąskich poglądów i otwierając się na mentalność globalną, do czego zapraszają nas jurty, które zrodzone z doświadczenia koczownictwa na stepach, rozprzestrzeniły się na rozległym terytorium, stając się elementem identyfikującym różne sąsiadujące kultury. Ogromne przestrzenie waszych regionów, od pustyni Gobi po stepy, od wielkich łąk po lasy iglaste i pasma górskie Ałtaju i Chenteju, z niezliczonymi meandrami cieków wodnych, które widziane z góry wyglądają jak wytworne ozdoby na starożytnych cennych tkaninach: wszystko jest odzwierciedleniem wspaniałości i piękna całej planety, powołanej by była gościnnym ogrodem. Wasza mądrość, mądrość waszego ludu, gromadzona przez pokolenia roztropnych hodowców i rolników, zawsze zważających na to, żeby nie zakłócić delikatnej równowagi ekosystemu, ma wiele do przekazania tym, którzy dziś nie chcą zamykać się w pogoni za krótkowzrocznym interesem partykularnym, lecz pragną przekazać potomnym ziemię, która jest nadal gościnna, ziemię nadal żyzną. To, co dla nas chrześcijan jest stworzeniem, czyli owocem dobroczynnego zamysłu Boga, pomagacie nam rozpoznać i promować z delikatnością i uwagą, przeciwdziałając skutkom ludzkiej dewastacji kulturą troski i dalekowzroczności, odzwierciedloną w polityce odpowiedzialnej ekologii. Jurta to przestrzenie mieszkalne, które dziś można nazwać smart and green [mądrymi i zielonymi], ponieważ są wszechstronne, wielofunkcyjne i mają zerowy wpływ na środowisko. Co więcej, holistyczna wizja mongolskiej tradycji szamańskiej i szacunek dla każdej istoty żywej wywodzący się z filozofii buddyjskiej, stanowią ważny wkład w pilne zaangażowanie na rzecz ochrony planety Ziemi.

Jurty, obecne na obszarach wiejskich, jak i w ośrodkach zurbanizowanych, świadczą również o cennym związku między tradycją a nowoczesnością; one faktycznie łączą życie osób starszych i młodych, opowiadając o ciągłości narodu mongolskiego, który od starożytności do dnia dzisiejszego był w stanie zachować swoje korzenie, otwierając się, zwłaszcza w ostatnich dziesięcioleciach, na wielkie globalne wyzwania rozwoju i demokracji. Rzeczywiście, dzisiejsza Mongolia, ze swoją rozległą siecią stosunków dyplomatycznych, aktywnym członkostwem w Organizacji Narodów Zjednoczonych oraz zaangażowaniem na rzecz praw człowieka i pokoju odgrywa znaczącą rolę w sercu wielkiego kontynentu azjatyckiego i na arenie międzynarodowej. Chciałbym również wspomnieć o waszej determinacji, aby powstrzymać rozprzestrzenianie broni jądrowej i zaprezentować się światu jako kraj bez broni jądrowej: Mongolia jest nie tylko państwem demokratycznym, realizującym pokojową politykę zagraniczną, ale także dąży do odegrania ważnej roli na rzecz pokoju w świecie. Ponadto – kolejny opatrznościowy element, o którym należy wspomnieć – kara śmierci nie jest już obecna w waszym systemie prawnym.

Jurty, dzięki swojej zdolności adaptacji do skrajności klimatycznych, umożliwiają życie na bardzo zróżnicowanych terytoriach, jak to miało miejsce podczas znanej epopei imperium mongolskiego, o największej rozciągłości terytorialnej w dziejach. Ponadto, przybywam do Mongolii w czasie ważnej dla was rocznicy, 860-lecia urodzin Czyngis-Chana. Ogarnianie przez wieki ziem tak odległych i zróżnicowanych, uwypukliło niezwykłą zdolność waszych przodków do uznania doskonałości ludów, które tworzyły ogromne terytorium imperium i do oddania ich na służbę wspólnego rozwoju. Jest to przykład, który należy docenić i ponownie zaproponować w naszych czasach. Dałby Bóg, żeby na ziemi spustoszonej przez nazbyt wiele konfliktów, odtworzyły się, z poszanowaniem ustawodawstwa międzynarodowego, warunki tego, co kiedyś było pax mongolica, to jest brakiem konfliktów. Jak mówi jedno z waszych przysłów: „chmury przemijają, niebo pozostaje”: niech przeminą mroczne chmury wojny, niech zostaną zmiecione przez zdecydowaną wolę powszechnego braterstwa, w którym napięcia są rozwiązywane na podstawie spotkania i dialogu, a wszystkim są gwarantowane prawa podstawowe! Tutaj, w waszym kraju bogatym w historię i niebo, błagajmy o ten dar z wysoka i pracujmy razem, aby budować przyszłość pokoju.

 

Wchodząc do tradycyjnej jurty, wzrok kieruje się w górę, ku najwyższemu punktowi centralnemu, gdzie znajduje się okno na niebo. Chciałbym podkreślić tę postawę fundamentalną, którą wasza tradycja pomaga nam odkryć na nowo: umiejętność trzymania oczu skierowanych ku górze. Wzniesienie wzroku ku niebu – wiecznie błękitnemu niebu, które zawsze czcicie – oznacza trwanie w postawie posłusznej otwartości na nauczanie religijne. Między pokładami waszej tożsamości kulturowej jest rzeczywiście głęboki zmysł duchowy, i to piękne, że Mongolia jest symbolem wolności religijnej. W kontemplacji bezkresnych przestrzeni, słabo zaludnionych przez istoty ludzkie, udoskonaliła się w waszym ludzie skłonność do duchowości, do której dostęp uzyskuje się poprzez docenianie milczenia i życia wewnętrznego. W obliczu dostojnego wyłaniania się ziemi, która otacza was niezliczonymi zjawiskami naturalnymi, rodzi się także poczucie podziwu, które sugeruje pokorę i gospodarność, wybór tego, co niezbędne, i zdolność do oderwania się od wszystkiego, co nim nie jest. Myślę o zagrożeniu, jakie stanowi duch konsumpcjonizmu, który dziś, oprócz stwarzania wielu niesprawiedliwości, prowadzi do indywidualizmu zapominającego o innych i o dobrych tradycjach, jakie otrzymaliśmy. Natomiast religie, jeśli czerpią z pierwotnego dziedzictwa duchowego i nie są skażone wypaczeniami sekciarskimi, są z całą pewnością niezawodnym wsparciem w budowaniu zdrowych i dostatnich społeczeństw, w których wierzący dążą do zapewnienia, aby współistnienie obywatelskie i planowanie polityczne, służyły coraz bardziej dobru wspólnemu, stanowiąc również tamę dla niebezpiecznego raka korupcji. Stanowi ona poważne zagrożenie dla rozwoju wszelkiej grupy ludzkiej, karmiąc się mentalnością utylitarną i pozbawioną skrupułów, która zubaża całe kraje. Korupcja zubaża całe kraje. Jest ona wykładnikiem wzroku, który odwraca się od nieba i ucieka od rozległych horyzontów braterstwa, zamykając się w sobie i przedkładając własne interesy ponad wszystko inne.

Natomiast wielu waszych dawnych przywódców było protagonistami spojrzenia w górę i szerokiego spojrzenia, wykazując niezwykłą zdolność do integrowania różnych głosów i doświadczeń, także z religijnego punktu widzenia. Postawę pełną szacunku i pojednawczą zachowywano bowiem również dla wielu świętych tradycji, o czym świadczą różne miejsca kultu – wśród których jedno chrześcijańskie – chronione w dawnej stolicy Karakorum. Było zatem niemal naturalne, że doszliście do wolności myśli i religii zapisanej w waszej obecnej konstytucji, przezwyciężywszy bez rozlewu krwi ideologię ateistyczną, która uważała, że konieczne jest wykorzenienie poczucia religijnego, uznając go za hamulec rozwoju. Dzisiaj uznajecie tę istotną wartość zgody i współpracy między wierzącymi różnych wyznań, które – każde z własnej perspektywy – przyczyniają się do moralnego i duchowego postępu.

W tym sensie, mongolska wspólnota katolicka z radością kontynuuje wnoszenie swego wkładu. Zaczęła ona, nieco ponad trzydzieści lat temu, celebrować swoją wiarę w jurcie, a obecna katedra, znajdująca się w tym wielkim mieście, również przypomina jej kształt. Są to oznaki pragnienia dzielenia się własnym dziełem, w duchu odpowiedzialnej i braterskiej służby, z narodem mongolskim, który jest jej narodem. Cieszę się zatem, że wspólnota katolicka, jakkolwiek mała i dyskretna, uczestniczy z entuzjazmem i z zaangażowaniem w rozwoju kraju, szerząc kulturę solidarności, kulturę szacunku dla wszystkich i kulturę dialogu międzyreligijnego, oraz dążąc do sprawiedliwości, pokoju i zgody społecznej. Oby dzięki dalekowzrocznemu ustawodawstwu, uwzględniającemu konkretne potrzeby miejscowi katolicy, wspomagani przez osoby konsekrowane, pochodzące z konieczności, głównie z innych krajów, zawsze mogli bez trudu ofiarować Mongolii swój wkład ludzki i duchowy dla dobra tego narodu. Pod tym względem trwające negocjacje, mające na celu zawarcie dwustronnej umowy między Mongolią a Stolicą Apostolską, stanowią ważną drogę do osiągnięcia warunków niezbędnych do prowadzenia zwyczajnych działań, w które zaangażowany jest Kościół katolicki. Poza ściśle religijnym wymiarem kultu, wyróżniają się wśród nich liczne inicjatywy na rzecz integralnego rozwoju człowieka, prowadzone również w dziedzinie edukacji, opieki zdrowotnej, pomocy oraz badań i krzewienia kultury: świadczą one dobrze o duchu pokornym, duchu braterskim i solidarnym Ewangelii Jezusa, jedynej drodze, do której podążania wezwani są katolicy w pielgrzymowaniu, jakie dzielą z każdym ludem.

Motto wybrane na tę Podróż, „Razem mieć nadzieję”, wyraża właśnie potencjał tkwiący w podążaniu wraz z innymi, we wzajemnym szacunku i współdziałaniu na rzecz dobra wspólnego. Kościół katolicki, starożytna instytucja rozpowszechniona niemal we wszystkich krajach, jest świadkiem tradycji duchowej, tradycji szlachetnej i owocnej, która przyczyniła się do rozwoju całych narodów w wielu dziedzinach ludzkiego życia, od nauki po literaturę, od sztuki po politykę. Jestem pewien, że również mongolscy katolicy są i będą gotowi wnieść swój wkład w budowanie dostatniego i bezpiecznego społeczeństwa, w dialogu i współpracy ze wszystkimi grupami zamieszkującymi tę wielką ziemię, ucałowaną przez niebo.

„Bądź jak niebo”. Tymi słowami pewien sławny poeta zaprosił nas do przekroczenia nietrwałości życia doczesnego, naśladując wielkoduszność inspirowaną właśnie ogromnym, czystym, błękitnym niebem, podziwianym w Mongolii. My również, pielgrzymi i goście w tym kraju, który może tak wiele zaoferować światu, pragniemy przyjąć to zaproszenie, przekładając je na konkretne znaki współczucia, dialogu i wspólnego planowania. Oby różne elementy mongolskiego społeczeństwa, dobrze tu reprezentowane, nadal oferowały światu piękno i szlachetność wyjątkowego narodu. Podobnie jak wasze pismo, obyście mogli nadal pozostać „na nogach” i uśmierzać wiele ludzkich cierpień wokół was, przypominając wszystkim o godności każdej istoty ludzkiej, powołanej do zamieszkiwania ziemskiego domu, ogarniając niebo. Bayarlalaa! [Dziękuję!]

[01295-PL.02] [Testo originale: Italiano]

 

Traduzione in lingua araba

الزيارة الرّسوليّة إلى منغوليا

كلمة قداسة البابا فرنسيس

في اللقاء مع السُّلُطات وممثّلي المجتمع المدنيّ والسّلك الدبلوماسيّ

أُولانْباتار، السّبت 2 أيلول/سبتمبر 2023

السّيّد رئيس الجمهوريّة،

السّيّد رئيس البرلمان،

السّيّد رئيس الوزراء،

السّادة أعضاء الحكومة والسّلك الدّبلوماسيّ،

السُّلُطات المدنيّة والدّينيّة المحترمين،

ممثّلي عالم الثّقافة الكرام،

سيّداتي، سادتي،

أشكر السّيّد الرّئيس على ترحيبه بي، وعلى الكلمات التي وجّهها إليّ، وأقدِّم لكلّ واحد منكم تحياتي القلبيّة. يشرفني أن أكون هنا، وأنا سعيد بسفري إلى هذه الأرض الرّائعة والواسعة، وإلى هذا الشّعب الذي يعرف جيّدًا معنى وقيمة الحركة والسّير. يدلّ على ذلك منازلكم التّقليديّة، منازل متنقلّة جميلة جدًّا، والمعروفة باسم ”“ger. أتخيّل الدّخول لأوّل مرّة، بمهابة وانفعال، إلى إحدى هذه الخيام الدائريّة المنتشرة في الأرض المنغوليّة العريقة، للتلاقي ولمزيد من التّعارف. وها أنا هنا عند المدخل، حاجًّا صديقًا، جئت على رؤوس الأصابع وبقلب مليء بالفرح، أريد أن أغتني إنسانيًّا بحضوركم.

عندما تدخل بيت شخص صديق، من الجميل تبادل الهدايا، تصحبها كلمات تُذكِّر بمناسبات اللقاء السّابقة. العلاقات الدّبلوماسيّة الحديثة بين منغوليا والكرسيّ الرّسوليّ حديثة. يصادف هذا العام الذكرى السّنويّة الثّلاثين لتوقيع رسالة لتوثيق العلاقات الثّنائية. لكن قبل ذلك، في زمن قديم، قبل 777 عامًا بالضّبط، بين أواخر آب/ أغسطس وبداية أيلول/سبتمبر 1246، جاء الأخ جوفاني دي بيان ديل كاربين (Fra Giovanni di Pian del Carpine)، المبعوث البابوي، ليزور جويوج (Guyug)، الإمبراطور المغولي الثّالث، وقدّم إلى الخان الأكبر الرّسالة الرّسميّة من البابا إينوشنسيوس الرّابع. بعد ذلك بقليل، كُتبت وتُرجمت إلى عدّة لغات الرّسالة الجوابية بالأحرف المنغولية التّقليديّة، ممهورة بختم الخان الأكبر. وهي محفوظة في مكتبة الفاتيكان. واليوم يشرفني أن أقدّم لكم نسخة عنها مصادقة، وقد تمّ صنعها بأحدث التّقنيات لضمان أفضل جودة ممكنة. أرجو أن تكون علامة صداقة قديمة تنمو وتتجدّد.

علِمت أنّ أطفالكم في الرّيف، من باب الخيمة (الجير)، في الصّباح الباكر، ينظرون إلى الأفق البعيد ويَعُدّون رؤوس الماشية وإبلاغ والديهم بالرّقم. من الجيّد أن ننظر نحن أيضًا إلى الأفق الواسع الذي يحيط بنا، ونتجاوز وجهات نظرنا الضّيقة، ونفتح أنفسنا لنغذّي عقليّة واسعة سعة العالم، كما تدعو إلى ذلك الخيام (الجير)، التي ولدت من خبرة التّرحال في السّهوب الواسعة، وانتشرت على مساحة شاسعة، لتصبح عنصرًا مكَوِّنًا في هوية الثّقافات المختلفة المتجاورة. المساحات الشّاسعة في بلادكم، من صحراء جوبي (Gobi) إلى السّهوب، ومن المروج الرّحبة إلى غابات الصّنوبر، حتّى سلاسل جبال الألتاي وخانجاي (Altai e Khangai)، وتعرجات مجاري المياه التي لا تحصّى، والتي تُرى من الأعلى مثل زخارف دقيقة على الأقمشة القديمة الثّمينة: كلّ هذا مرآة لعظمة وجمال الكوكب بأسره، المدعو إلى أن يكون حديقة مضيافة. حكمتكم، حكمة شعبكم، التي تكوّنت عبر أجيال من مربي الماشية والمزارعين الحصيفين، والحريصين دائمًا على عدم المساس بالتّوازن الدّقيق في نظام البيئة، إنّها تعلِّم الكثير للذين لا يريدون اليوم الانغلاق على أنفسهم في البحث عن مصلحة خاصّة قصيرة النّظر، ويريدون أن يسلِّموا الأجيال القادّمة أرضًا لا تزال خصبة ومرحِّبة. الخليقة لنا، نحن المسيحيّين، هي ثمرة خطّة الله وإحسانه، وأنتم تساعدونا على الاعتراف بها بلطف وانتباه، لمواجهة آثار الدّمار البشري الناجم عن ثقافة الرّعاية والتّبصر، تظهر في سياسات بيئية مسؤولة. الخيام (الجير) هي مساحات معيشة يمكن تعريفها اليوم بأنّها لطيفة وخضراء، ومتعدّدة الاستخدامات والوظائف، وليس لها أيّ تأثير على البيئة. علاوة على ذلك، فإنّ الرّؤية الشّاملة للتقاليد الشامانيّة المنغوليّة واحترام كلّ كائن حيّ، المستمَدّ من الفلسفة البوذيّة، إنّما هي مساهمة صالحة في الالتزام المــُلِحّ والذي لا يتحمَّل التّأجيل بعد، لحماية كوكب الأرض.

الخيام (الجير) الموجودة في المناطق الرّيفية، وكذلك في المراكز الحضريّة، تشهد على التّزاوج الثّمين بين التّقاليد والحداثة. في الواقع، هم يوحّدون بين حياة كبار السّنّ والشّباب، وتروي استمرارية وتكامل الشّعب المنغولي، الذي عرف أن يحافظ على جذوره، منذ العصور القديمة وحتّى الوقت الحاضر، وعرف أن ينفتح، وخاصة في العقود الأخيرة، على التّحديّات العالميّة الكبرى في التّنمية والدّيمقراطيّة. في الواقع، منغوليا اليوم، بشبكتها الواسعة من العلاقات الدّبلوماسيّة، وعضويتها النّشطة في الأمّم المتحدة، والتزامها بحقوق الإنسان والسّلام، تلعب دورًا مهمًّا في قلب القارّة الآسيويّة الكبرى وعلى السّاحة الدّولية. كما أودّ أن أذكر تصميمكم على وقف انتشار الأسلحة النّووية، وإنّكم تقدِّمون أنفسكم للعالم دولة خالية من الأسلحة النّووية: منغوليا ليست فقط دولة ديمقراطيّة تنتهج سياسة خارجيّة سلمية، ولكنّها تنوي أن تلعب دورًا مهمًّا من أجل السّلام العالمي. علاوة على ذلك - عنصر آخر يجب الإشارة إليه - لم تعد عقوبة الإعدام تظهر في نظامكم القضائي.

والخيام (الجير) بفضل قدرتها على التّكيّف مع تقلبات الظّروف المناخيّة القاسيّة، تسمح بالعيش في مناطق متنوعة للغاية، كما حدث خلال الملحمة المعروفة للإمبراطوريّة المغوليّة، وهي من أوسع الإمبراطوريّات على الإطلاق. وفي المناسبة، أصِل إلى منغوليا في ذكرى سنويّة مهمّة بالنسبة لكم، الذّكرى الـ 860 لميلاد جنكيز خان. على مر القرون، حكم أجدادكم أراضي بعيدة ومختلفة للغاية، وأظهروا قدرتهم الفريدة للتعرّف على امتيازات الشّعوب التي سكنت أراضي الإمبراطوريّة الشّاسعة، ووضعوها في خدمة التّنمية المشتركة. هذا مثال يجب تقديره واقتراحه من جديد في يومنا هذا. أرجو من الله أن يمنحنا على هذه الأرض، التي دمّرتها الصّراعات العديدة، أن تنشأ فيها الظّروف الملائمة، ووفقًا للقوانين الدّولية، لكي ينشأ فيها يومًا السّلام المنغولي، أيّ غياب الصّراعات. يقول أحد أمثالكم، "تمضي الغيوم، وتبقى السّماء": فلتمرّ غيوم الحرب المظلمة، لتبدِّدْها الإرادة الرّاسخة للأخُوّة العالميّة، التي يتمّ فيها حلّ النّزاعات على أساس اللقاء والحوار، وضمان جميع الحقوق الأساسيّة للجميع. هنا، في بلدكم الغنيّ بالتّاريخ وبالسّماء، لنطلُبْ هذه العطيّة من العُلَى، وَلْنجتهِدْ معًا لبناء مستقبل سلام.

إذا دخلنا خيمة (جير)، يرتفع النّظر نحو أعلى نقطة مركزيّة، حيث توجد نافذة نحو السّماء. أودّ أن أؤكّد على هذا الموقف الأساسيّ الذي يساعدنا تقليدكم على إعادة اكتشافه: أن نعرف كيف نبقي أعيننا ناظرة إلى الأعلى. إنّ رفع أعيننا إلى السّماء - السّماء الزّرقاء الأبديّة التي بجلتموها دائمًا - يعني البقاء في موقف من الانفتاح المطيع للتعاليم الدّينيّة. في الواقع، هناك دلالة روحيّة عميقة في أنسجة هويتكم الثّقافية، ومن الجميل أن تكون منغوليا رمزًا للحريّة الدّينيّة. بالتأمّل في آفاق لا نهاية لها وقليلة السّكان، تكوَّن في شعبكم ميل إلى الواقع الرّوحي، الذي يصل إليه الإنسان بتثمين الصّمت والحياة الدّاخليّة. وإنّ جلال الأرض التي أنتم فيها، بظواهرها الطّبيعيّة المتعدّدة، يبعث في النّفس مشاعر من الدّهشة، توحي بالتّواضع والاكتفاء بالقليل، واختيار ما هو ضروري والقدرة على التّجرّد عن كلّ الزوائد. أفكّر في الخطر الذي تمثّله الرّوح الاستهلاكيّة اليوم، فإنّها، بالإضافة إلى خلق الكثير من المظالم، تؤدي إلى الفرديّة وتنسى الآخرين والتّقاليد الجيّدة التي تسلمناها. أمّا الأديان، عندما تكون مرتبطة بتراثها الرّوحي الأصيل ولا تفسدها الانحرافات الطّائفية، فهي دعائم موثوقة من كلّ الوجوه في بناء مجتمعات صحيّة ومزدهرة، ويبذل المؤمنون أنفسهم للعيش المدني معًا ولتكون المشاريع السّياسيّة دائمًا في خدمة الصّالح العام، والأديان هي أيضًا حاجز أمام سوسة الفساد الخطيرة. والفساد تهديد خطير من كلّ الوجوه لنمُوّ أيّة جماعة بشريّة، تغذِّيها عقلية نفعية وعديمة الضّمير تؤدّي إلى إفقار بلدان بأكملها. وهذا دليل على نظرة تبتعد عن السّماء وتهرب من آفاق الأخوّة الواسعة، وتنغلق على نفسها وتقدِّم مصالحها على كلّ شيء.

بينما كان قادتكم القدّماء ينظرون إلى العُلَى، وإلى الآفاق الفسيحة، وكان لهم قدرة نادرة لاستقبال الأصوات والخبرات المختلفة، حتّى الخبرات الدّينيّة. كان لهم موقف واحترام وتسامح تجاه التّقاليد المقدّسة المتعدّدة، كما يشهد لذلك أماكن العبادة المختلفة – وبينها مكان مسيحيّ واحد – وكلّ ذلك في العاصمة القديمة قراقورم. فكان من الطّبيعي أن تصلوا إلى حريّة الفكر والدّين، التي يقرّها دستوركم الحالي. وقد تجاوزتم من دون إراقة دماء الأيديولوجيّة الإلحاديّة، التي أرادت فترة أن تقضيّ على الحس الدّيني فيكم، إذ اعتبرته عائقًا أمام التّنمية. وأنتم تعترفون اليوم بالقيمة الأساسيّة التي هي الانسجام والتّناغم بين المؤمنين من مختلف الأديان، وكلّ واحد يساهم من وجهة نظره في التّقدّم الأخلاقي والرّوحي.

بهذا المعنى، يسرّ الجماعة المنغوليّة الكاثوليكيّة أن تواصل تقديم مساهمتها. بدأت، منذ أكثر من ثلاثين سنة، بالاحتفال بشعائرها الدّينيّة داخل خيمة (ger)، والكاتدرائيّة الحاليّة، التي تقع في هذه المدينة الكبيرة، تحتفظ بشكل الخيمة. إنّها علامات على رغبتها في ممارسة إيمانها بروح الخدمة المسؤولة والأخويّة مع الشّعب المنغولي، الذي هو شعبها. ويسعدني أنّ الجماعة الكاثوليكيّة، مع كونها صغيرة ومتواضعة، تشارك بحماس والتزام في مسيرة نمو البلاد، فتنشر ثقافة التّضامن، وثقافة احترام الجميع، وثقافة الحوار بين الأديان، وتسعى لتحقيق العدل والسّلام والوئام الاجتماعي. آمل أن يتمكّن الكاثوليك المحلّيون، بفضل التّشريعات التي تتسمّ ببعد النّظر والاهتمام بالاحتياجات الملموسة، وبمساعدة رجال ونساء مكرّسين يأتونهم بالضّرورة من بلدان أخرى، من تقديم مساهمتهم الإنسانيّة والرّوحيّة إلى منغوليا دون صعوبة، ولصالح الشّعب كلّه. وفي هذا الصّدد، تمثّل المفاوضات الجارية لإبرام اتفاق ثنائي بين منغوليا والكرسيّ الرّسوليّ قناة مهمّة لتحقيق الشّروط الأساسيّة للقيام بالأنشطة العادية التي تشارك فيها الكنيسة الكاثوليكيّة. من بين تلك النشاطات، بالإضافة إلى المجال الدّيني نفسه، هناك مبادرات عديدة في مجال التّنمية البشريّة المتكاملة، في قطاعات التّعليم والصّحّة وأعمال الخير، والبحث وتعزيز الثّقافة: فهي تشهد على روح الأخُوّة والتّواضع والتّضامن، في إنجيل يسوع، وهو الطّريق الوحيد الذي يُدعى الكاثوليك إلى اتباعه، في مسيرتهم العامّة مع كلّ الشّعوب.

الشّعار الذي تمّ اختياره لهذه الزّيارة، هو ”الأمل معًا“، يعبّر بدقة عن الإمكانات الكامنة في السّير معًا، في الاحترام المتبادل وتكامل القوى من أجل الصّالح العام. الكنيسة الكاثوليكيّة، مؤسّسة قديمة ومنتشرة في جميع البلدان تقريبًا، تشهد على تقليد روحي نبيل وخصب، وقد ساهم في تطوير أمّم بأكملها في مجالات عديدة في الحياة البشريّة، في العلوم والآداب، والفن والسّياسة. وأنا متأكّد من أنّ المنغوليّين الكاثوليك مستعدّون وسيكونون على استعداد لتقديم مساهمتهم الخاصّة في بناء مجتمع مزدهر وآمن، بالحوار والتّعاون مع جميع المكوِّنات التي تسكن هذه الأرض الكبيرة، والتي تقبِّلُها السّماء.

"كن مثل السّماء". بهذه الكلمات، دعانا شاعر معروف إلى تجاوز زوال التّقلبات الأرضيّة، والنّظر إلى العظمة التي توحي بها السّماء الزّرقاء النّقية التي تُشاهَد في منغوليا. واليوم نحن أيضًا الحجّاج والضّيوف في هذا البلد الذي يمكنه أن يقدِّم الكثير للعالم، نريد أن نقبل هذه الدّعوة، ونحوِّلها إلى علامات ملموسة، بالرّأفة والحوار والمشاريع المشتركة. أرجو أن تستمرّ المكوِّنات المختلفة في المجتمع المنغولي، الممثّلة هنا، في تقديم جمال ونبل هذا الشّعب الفريد للعالم. مثل بقاء كتابتكم، أرجو أن تبقوا كذلك ثابتين في تخفيف الكثير من عذابات الإنسانيّة من حولكم، وذكِّروا الجميع بكرامة كلّ إنسان، المدعوّ إلى أن يسكن هذه الأرض ويعانق السّماء. Bayarlalaa! [شكرًا!].

[01295-AR.02] [Testo originale: Italiano]

[B0599-XX.02]