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Conferenza Stampa di presentazione del Messaggio del Santo Padre Francesco per la V Giornata Mondiale dei Poveri, 14.06.2021


Alle ore 11.30 di questa mattina, in diretta streaming dall’Aula “Giovanni Paolo II” della Sala Stampa della Santa Sede, ha avuto luogo la Conferenza Stampa di presentazione del Messaggio del Santo Padre Francesco per la V Giornata Mondiale dei Poveri, che sarà celebrata domenica 14 novembre 2021, sul tema «I poveri li avete sempre con voi» (Mc 14,7).

È intervenuto S.E. Mons. Rino Fisichella, Presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione.

Ne riportiamo di seguito l’intervento:

Intervento di S.E. Mons. Rino Fisichella

Testo in lingua italiana

Traduzione in lingua francese

Traduzione in lingua inglese

Traduzione in lingua spagnola

Testo in lingua italiana

“I poveri li avete sempre con voi”. Con questa semplice espressione di Gesù, pronunciata pochi giorni prima degli eventi della passione, morte e risurrezione, si può sintetizzare il pensiero del Signore sui poveri. Davanti ai discepoli scandalizzati perché una donna aveva sprecato una somma ingente versando il profumo del vaso di alabastro sul capo di Gesù, questi afferma che il primo povero a cui dover porre tutta l’attenzione dovuta, è proprio a lui. Il Figlio di Dio non solo chiede di riconoscere in lui la persona che rappresenta tutti i poveri, si identifica come il più povero tra i poveri. “Il volto di Dio che Egli rivela, è quello di un Padre per i poveri e vicino ai poveri” (n. 2).

Papa Francesco proponendo questa espressione nella V Giornata Mondiale dei Poveri provoca i credenti a tenere fisso lo sguardo su Gesù per scoprire che in lui e nelle sue parole si ritrova non solo il vero senso della povertà, ma soprattutto la capacità di riconoscere i poveri. E’ una visione fortemente cristologica quella che si condensa in questo Messaggio il quale analizza come sempre alcune tematiche di attualità, perché la Chiesa intera si prepari a vivere l’evento della Giornata Mondiale con la consapevolezza propria di chi sa che qui si raccoglie uno dei contenuti centrali del Vangelo.

L’immagine biblica, infatti, serve al Papa per evidenziare un percorso che non solo la Chiesa è chiamata a seguire in questo tratto di storia segnato ancora da forme di ingiustizia che diventano sempre più evidenti quanto più emergono le nuove espressioni di povertà. Il Messaggio, ancora una volta fa riferimento alla pandemia che “continua a bussare alle porte di milioni di persone e, quando non porta con sé la sofferenza e la morte, è comunque foriera di povertà” (n. 5). Il Santo Padre è ben cosciente delle conseguenze che ogni giorno sono sotto gli occhi di tutti, a tal punto che “le persone più vulnerabili si trovano prive dei beni di prima necessità. Le lunghe file davanti alle mense per i poveri sono il segno tangibile di questo peggioramento” (n. 5).

In questo periodo segnato dalla grave forma pandemica, Papa Francesco porta l’esempio di Padre Damiano (1840-1889), il sacerdote belga canonizzato da Benedetto XVI l’11 ottobre 2009, che spinto da grande entusiasmo missionario si fece apostolo tra gli infettati di lebbra. Con loro condivise tutto, incurante delle conseguenze. Nella “colonia di morte”, come veniva chiamata l’isola dispersa di Molokai diventata di fatto un enorme lebbrosario tagliata fuori dal mondo, questo giovane evangelizzatore portò la gioia e la speranza. La sua non fu l’opera improvvisata di un irresponsabile amante del rischio; al contrario, evidenziò la scelta consapevole di un credente che aveva compreso il significato del Vangelo. Papa Francesco ripropone la testimonianza di questo santo a conferma di tanti uomini e donne, compresi centinaia di sacerdoti, che in questo dramma del Covid hanno saputo rendersi partecipi totalmente nella sofferenza dei milioni di persone infettate.

Tornano pertanto con particolare efficacia le forti parole con cui il Papa richiama all’assunzione diretta della responsabilità senza consentire alcuna delega in proposito. Dinanzi ai poveri non ci si può permettere alcuna “abitudine che diventa indifferenza”; è necessario e urgente, piuttosto, lasciarsi “coinvolgere in una condivisione di vita che non ammette deleghe. I poveri non sono persone «esterne» alla comunità, ma fratelli e sorelle con cui condividere la sofferenza, per alleviare il loro disagio e l’emarginazione” (n. 3).

Merita una particolare attenzione il riferimento fatto dal Messaggio alla condizione femminile. Davanti ai fatti quotidiani di violenza nei confronti delle donne, non si può sottacere la condanna per questa barbarie che rende il mondo delle donne un teatro di autentica povertà. In maniera ancora più incomprensibile per una cultura che ha raggiunto le forme più mature dell’uguaglianza, si è obbligati a costatare espressioni di disuguaglianza e mancanza di dignità che feriscono oltre le povere vittime, l’intera società spesso troppo inerme e afona quasi fosse rassegnata nel rinunciare alle conquiste ottenute faticosamente nel corso dei decenni. Non sarà inutile, quindi, soffermarsi a riflettere su quanto Papa Francesco scrive a commento della scena evangelica da cui ha desunto il motto della Giornata Mondiale: “Questa donna anonima, destinata forse per questo a rappresentare l’intero universo femminile che nel corso dei secoli non avrà voce e subirà violenze, inaugura la significativa presenza di donne che prendono parte al momento culminante della vita di Cristo… Le donne così spesso discriminate e tenute lontano dai posti di responsabilità, nelle pagine dei Vangeli sono invece protagoniste nella storia della rivelazione” (n. 2).

Questo Messaggio porta ancora in primo piano l’insegnamento costante di Papa Francesco secondo il quale “tutta l’opera di Gesù afferma che la povertà non è frutto di fatalità, ma segno concreto della sua presenza in mezzo a noi” (n. 2). La conclusione, pertanto, si staglia in maniera chiara come un orizzonte su cui i cristiani hanno bisogno di ritrovare l’entusiasmo necessario per rendere di nuovo credibile la loro presenza nel mondo. Se si intende essere fedeli al Vangelo, allora appare evidente che Dio non lo si ritrova nei tempi e nei luoghi in cui noi abbiamo deciso di incontrarlo, ma là dove lui vuole rivelarsi e farsi riconoscere: “nella vita dei poveri, nella loro sofferenza e indigenza, nelle condizioni a volte disumane cui sono costretti a vivere” (n. 2). La citazione di Origene posta in calce subito nell’introduzione del Messaggio fa ben comprendere quanto Papa Francesco intenda esprimersi con parresia su questo tema: “Quanti non riconoscono i poveri tradiscono l’insegnamento di Gesù e non possono essere suoi discepoli. Ricordiamo in proposito le parole forti di Origene: «Giuda sembrava preoccuparsi dei poveri… Se adesso c’è ancora qualcuno che ha la borsa della Chiesa e parla a favore dei poveri come Giuda, ma poi si prende quello che mettono dentro, allora abbia la sua parte insieme a Giuda»” (n. 1). E’ un invito alla conversione vera come la forma che punta anzitutto al “cambiamento di mentalità” per non affidare la propria vita a una visione frammentaria, ma renderla aperta ad accogliere la grazia che trasforma e vivifica perché indirizza a cogliere l’essenziale (cfr n. 4).

L’insegnamento di Papa Francesco, come è nel suo stile quando parla dei poveri, non indulge alla retorica, ma punta dritto verso il riconoscimento delle urgenze da affrontare. Il Messaggio pone in primo piano la ricerca delle cause della povertà, per individuare poi le iniziative necessarie per approdare a una possibile soluzione. Riguardo il primo aspetto, la denuncia è forte e puntuale: “Sembra farsi strada la concezione secondo la quale i poveri non solo sono responsabili della loro condizione, ma costituiscono un peso intollerabile per un sistema economico che pone al centro l’interesse di alcune categorie privilegiate. Un mercato che ignora o seleziona i principi etici crea condizioni disumane che si abbattono su persone che vivono già in condizioni precarie” (n. 5). Insomma, sostiene il Papa, oltre a dover subire la povertà, i poveri devono anche farsi carico di esserne i responsabili! Pretesa assurda, generata da una prepotente alterigia di individui protesi solo al raggiungimento di una sfrenata ricchezza senza alcun principio etico e sociale. Il richiamo ai Governi e alle Istituzioni mondali perché si sentano investiti della responsabilità a costruire un mondo migliore sulla giustizia è quanto il Messaggio di questa Giornata Mondiale sottolinea: “Se i poveri sono messi ai margini, come se fossero colpevoli della loro condizione, allora il concetto stesso di democrazia è messo in crisi e ogni politica sociale diventa fallimentare. Con grande umiltà dovremmo confessare che dinanzi ai poveri siamo spesso degli incompetenti” (n. 7). La povertà, insomma, non è un’idea astratta nè i poveri non sono frutto di fantasia; piuttosto la loro massiccia presenza nella società pretende l’esigenza di soluzioni frutto di una “progettualità creativa” (n. 7).

“La povertà non è frutto del destino, è conseguenza dell’egoismo” (n. 6). Per questo Papa Francesco propone la via costruens: “Dare vita a processi di sviluppo in cui si sviluppano le capacità di tutti, perché la complementarità delle competenze e la diversità dei ruoli porti a una risorsa comune di partecipazione” (n. 6). La soluzione, insomma, è molto più semplice di quanto ci si possa aspettare. Il Papa ribadisce la sua idea di fondo: la cultura dell’incontro come forma privilegiata per guardare al futuro in maniera efficace e carica di speranza costruttiva. “Ci sono molte povertà dei «ricchi» che potrebbero essere curate dalla ricchezza dei «poveri», se solo si incontrassero e conoscessero! Nessuno è così povero da non poter donare qualcosa di sé nella reciprocità” (n. 6).

Come sempre, la Giornata Mondiale dei Poveri che quest’anno si celebrerà il 14 novembre, sarà accompagnata da un’intensa settimana di iniziative che avranno lo scopo di porre alcuni segni di carità e solidarietà nei confronti di alcune categorie particolari. Una goccia d’acqua nell’oceano della povertà, ma pur sempre una testimonianza di vicinanza che almeno in questi giorni diventerà più tangibile per dare sostegno concreto a chi ha più bisogno. Come si ricorderà, lo scorso anno furono distribuiti 5.000 pacchi per le famiglie delle Parrocchie di Roma più disagiate e 350.000 mascherine per le scuole della periferia romana. Nei prossimi mesi si metterà a fuoco un’ulteriore strategia per verificare in che modo la Giornata Mondiale possa farsi carico di nuove iniziative che ancora una volta possano manifestare la grande solidarietà che questa circostanza richiede e che coinvolge tante persone desiderose di essere presenti e operative.

Le parole di don Primo Mazzolari, che Papa Francesco fa sue, costituiscono la conclusione più significativa e provocatoria con la quale confrontarsi: “Vorrei pregarvi di non chiedermi se ci sono dei poveri, chi sono e quanti sono, perché temo che simili domande rappresentino una distrazione o il pretesto per scantonare da una precisa indicazione della coscienza e del cuore… Io non li ho mai contati i poveri, perché non si possono contare: i poveri si abbracciano, non si contano” (n. 9).

[00827-IT.01] [Testo originale: Italiano]

Traduzione in lingua francese

«Des pauvres, vous en aurez toujours avec vous. » Avec cette simple expression de Jésus, prononcée quelques jours avant les événements de la passion, de sa mort et de sa résurrection, on peut synthétiser la pensée du Seigneur sur les pauvres. Devant les disciples scandalisés parce qu’une femme avait gaspillé une somme considérable en versant le parfum du vase d’albâtre sur la tête de Jésus, celui-ci affirme que le premier pauvre à qui il faut porter toute l’attention, c’est précisément à lui. Le Fils de Dieu ne demande pas seulement de reconnaître en lui la personne qui représente tous les pauvres, mais il s’identifie comme le plus pauvre parmi les pauvres. «Le visage de Dieu qu’il révèle est celui d’un Père pour les pauvres et proche des pauvres» (n° 2).

Le Pape François, en proposant cette expression à la Ve Journée mondiale des pauvres, provoque les croyants à garder le regard fixé sur Jésus pour découvrir que dans ses paroles se retrouve non seulement le véritable sentiment de pauvreté, mais surtout la capacité de reconnaître les pauvres. C’est une vision fortement christologique qui se condense dans ce Message qui analyse comme toujours certains thèmes d’actualité, afin que toute l’Église se prépare à vivre l’événement de la Journée mondiale avec la conscience propre de ceux qui savent qu’ici on rassemble l’un des contenus centraux de l’Évangile.

L’image biblique, en effet, sert au Pape à mettre en évidence un chemin que non seulement l’Église est appelée à suivre dans ce parcours d’histoire encore marquée par des formes d’injustice qui deviennent de plus en plus évidentes par l’émergence de nouvelles expressions de pauvreté. Le Message fait, une fois de plus, référence à la pandémie qui «continue à frapper aux portes de millions de personnes et quand elle n’apporte pas la souffrance et la mort, elle est quand même porteuse de pauvreté» (n° 5). Le Saint-Père est bien conscient des conséquences qui sont chaque jour sous les yeux de tous, à tel point que «les personnes les plus vulnérables se trouvent privées des biens de première nécessité». Les longues files d’attente devant les cantines pour les pauvres sont le signe tangible de cette aggravation» (n° 5).

En cette période marquée par la forme pandémique grave, le Pape François porte l’exemple du Père Damiano (1840-1889), le prêtre belge canonisé par Benoît XVI le 11 octobre 2009, qui, poussé par un grand enthousiasme missionnaire, s’est fait apôtre parmi les personnes infectées de la lèpre. Avec eux, il partage tout, négligeant les conséquences. Dans la « colonie de la mort », comme on appelait l'île éloignée de Molokai devenue en fait une énorme léproserie coupée du monde, ce jeune évangélisateur a apporté joie et espérance. La sienne n’était pas l’œuvre improvisée d’un irresponsable amateur de risque ; au contraire, il a fait preuve du choix conscient d’un croyant qui avait compris le sens de l’Évangile. Le Pape François propose à nouveau le témoignage de ce saint pour confirmer tant d’hommes et de femmes, y compris des centaines de prêtres, qui dans ce drame du Covid ont su participer totalement à la souffrance des millions de personnes infectées.

Les paroles fortes par lesquelles le Pape appelle à la prise de responsabilité directe, sans permettre aucune délégation à ce sujet, reviennent donc avec une efficacité particulière. Face aux pauvres, on ne peut se permettre aucune "habitude qui devient indifférence » ; il est nécessaire et urgent, plutôt, de se laisser "impliquer dans un partage de vie qui n’admet pas de délégation. Les pauvres ne sont pas des personnes « extérieures » à la communauté, mais des frères et des sœurs avec qui partager la souffrance, pour soulager leur malaise et la marginalisation" (n° 3).

La référence faite par le Message à la condition féminine mérite une attention particulière. Face aux faits quotidiens de violence à l’égard des femmes, on ne peut passer sous silence la condamnation de cette barbarie qui fait du monde des femmes un théâtre d’authentique pauvreté. D’une manière encore plus incompréhensible pour une culture qui a atteint les formes les plus matures de l’égalité, on s’est obligé de constater des expressions d’inégalité et de manque de dignité qui blessent au-delà des pauvres victimes, toute la société souvent trop impuissante et aphone presque résignée à renoncer aux acquis obtenus systématiquement au fil des décennies. Il ne sera donc pas inutile de s’attarder sur le commentaire que fait le Pape François sur la scène évangélique dont il a déduit le thème de cette Journée mondiale : « Cette femme anonyme, destinée peut-être à représenter tout l’univers féminin qui, au fil des siècles, n’aura pas voix au chapitre et subira des violences inaugure la présence significative de femmes qui participent au moment culminant de la vie du Christ... Les femmes si souvent discriminées et tenues à l’écart des postes de responsabilité, dans les pages des Évangiles, sont en revanche protagonistes dans l’histoire de la révélation» (n° 1).

Ce Message met encore en évidence l’enseignement constant du Pape François selon lequel «toute l’œuvre de Jésus affirme que la pauvreté n’est pas le fruit de la fatalité, mais le signe concret de sa présence parmi nous» (n° 2). La conclusion se présente donc clairement comme un horizon sur lequel les chrétiens ont besoin de retrouver l’enthousiasme nécessaire pour rendre à nouveau crédible leur présence dans le monde. Si l’on veut être fidèle à l’Évangile, il apparaît clairement que Dieu ne se retrouve pas dans les temps et les lieux où nous avons décidé de le rencontrer, mais là où il veut se révéler et se faire reconnaître : «dans la vie des pauvres, dans leur souffrance et leur misère, dans les conditions parfois inhumaines auxquelles ils sont contraints de vivre» (n° 2). La citation d’Origène mise en bas immédiatement dans l’introduction du Message fait bien comprendre à quel point le Pape François entend s’exprimer avec parrhèsia sur ce thème : « Ceux qui ne reconnaissent pas les pauvres trahissent l’enseignement de Jésus et ne peuvent pas être ses disciples. Rappelons-nous à ce sujet les paroles fortes d’Origène : «Judas semblait se soucier des pauvres [...]. S’il y a maintenant encore quelqu’un qui détient la bourse de l’Église et qui parle en faveur des pauvres comme Judas, mais qui prend ce qu’on y met dedans, alors qu’il ait sa part avec Judas» (n° 1). C’est une invitation à la conversion vraie comme la forme qui vise d’abord le «changement de mentalité» pour ne pas confier sa vie à une puissance fragmentaire, mais la rendre ouverte à saisir la grâce qui transforme et anime parce qu’elle vise à atteindre l’essentiel (cf. n° 4).

L’enseignement du Pape François, tel qu’il est dans son style lorsqu’il parle des pauvres, ne se livre pas à la rhétorique, mais vise directement la reconnaissance des urgences à affronter. Le Message met l’accent sur la recherche des causes de la pauvreté, puis sur les initiatives nécessaires pour aboutir à une solution possible. Sur le premier aspect, la plainte est forte et ponctuelle : «La conception selon laquelle les pauvres sont non seulement responsables de leur situation, mais aussi un fardeau intolérable pour un système économique qui place au centre l’intérêt de certaines catégories et privilégiées semble faire son chemin. Un marché qui ignore ou sélectionne les principes éthiques crée des conditions inhumaines qui frappent les personnes qui vivent déjà dans des conditions précaires» (n° 5). Bref, soutient le Pape, en plus de devoir subir la pauvreté, les pauvres doivent aussi se faire accuser ou en deviennent les responsables ! Prétention absurde, engendrée par une arrogance hautaine d’individus tendus seulement à la réalisation d’une richesse effrénée sans aucun principe éthique et social. L’appel aux gouvernements et aux institutions mondiales pour qu’ils se sentent investis de la responsabilité de construire un monde meilleur sur la justice est ce que souligne le Message de cette Journée mondiale : «Si les pauvres sont mis en marge, comme s’ils étaient coupables de leur condition, alors le concept même de démocratie est mis en crise et chaque politique sociale devient défaillante. Nous devrions avouer avec une grande humilité que nous sommes souvent des incompétents devant les pauvres" (n° 7). Bref, la pauvreté n’est pas une idée abstraite et les pauvres ne sont pas le fruit de notre imaginaire ; leur présence massive dans la société exige plutôt la nécessité de solutions issues d’une «conception créative» (n° 7).

«La pauvreté n’est pas le fruit du destin, c’est la conséquence de l’égoïsme» (n° 6). C’est pourquoi le Pape François propose une voie constructive : « Il est donc essentiel de mettre en place des processus de développement qui valorisent les capacités de tous, pour que la complémentarité des compétences et la diversité des rôles conduisent à une ressource commune de participation. » (n° 6). Bref, la solution est beaucoup plus simple que prévu. Le Pape réitère son idée de fond : la culture de la rencontre comme une forme privilégiée pour regarder vers l’avenir de manière efficace et chargée d’espoir constructif. «Il y a beaucoup de pauvreté des « riches » qui pourraient être guéries de la richesse des « pauvres » si seulement ils se rencontraient et se connaissaient ! Personne n’est si pauvre qu’il ne puisse pas donner quelque chose de lui-même dans la réciprocité. » (n° 6).

Comme toujours, la Journée mondiale des pauvres, qui aura lieu cette année le 14 novembre, s’accompagnera d’une semaine chargée d’initiatives visant à mettre en place des signes de charité et de solidarité à l’égard de certaines catégories particulières. Une goutte d’eau dans l’océan de la pauvreté, mais toujours un témoignage de proximité qui deviendra au moins dans ces jours-là, plus tangible pour apporter un soutien concret à ceux qui en ont le plus besoin. Comme vous vous en souviendrez, 5 000 colis ont été distribués l’an dernier aux familles des paroisses les plus défavorisées de Rome et 35 000 masques pour les écoles de la banlieue romaine. Au cours de ces derniers mois, une stratégie supplémentaire sera mise au point pour vérifier comment la Journée mondiale peut prendre en charge de nouvelles initiatives qui peuvent une fois de plus manifester la grande solidarité que cette circonstance exige et qui implique tant de personnes désireuses d’être présentes et opérationnelles.

Les paroles de Don Primo Mazzolari, que le Pape François fait siennes, constituent la conclusion la plus significative et la plus provocatrice à laquelle il faut faire face : «Je vous prie de ne pas me demander s’il y a des pauvres, qui ils sont et combien ils sont, parce que je crains que de telles questions ne représentent une distraction ou un prétexte pour s’éloigner d’une indication précise de la conscience et du cœur. [...] Je ne les ai jamais comptés les pauvres, car on ne peut pas les compter: les pauvres s’embrassent, ils ne se comptent pas» (n° 9).

[00827-FR.01] [Texte original: Italien]

 

Traduzione in lingua inglese

The poor you will always have with you” (Mark 14:7). These words of Jesus, pronounced a few days before the events of his passion, death and resurrection, are an effective synthesis of our Lord’s stance regarding the poor. In the face of the disciples, scandalized that a woman should waste a large sum of money by pouring the perfume from the alabaster jar on Jesus' head, He affirms that the first poor person on whom we must focus is precisely himself. The Son of God not only asks to be recognized as representing all the poor, but he identifies as the poorest of the poor. “The face of God that He reveals, in fact, is that of a Father for the poor and close to the poor” (Message, 2).

The motto chosen by Pope Francis for the fifth World Day of the Poor urges believers to keep their gaze fixed on Jesus in order to discover that in him and in his words we find not only the true meaning of poverty, but above all the capacity to recognize the poor. His Message reveals a profoundly Christological vision as it considers current issues in order that the Church may prepare to live the World Day of the Poor with an awareness proper to those who know that we have before us one of the central themes of the Gospel.

The Pope uses this image from the New Testament to highlight a path which not only the Church is called to follow in this period of history, still marked by forms of injustice which become all the more evident as new forms of poverty emerge. Once again he refers to the pandemic which “continues to knock on the doors of millions of people and, when it does not bring with it suffering and death, is nonetheless a harbinger of poverty” (Message, 5). The Holy Father is well aware of the consequences which are daily before our eyes, to the point that "those most vulnerable find themselves deprived of basic necessities. The long lines in front of soup kitchens are a tangible sign of this deterioration" (Message, 5).

In this time of severe pandemic, Pope Francis highlights the example of Father Damien (1840-1889), the Belgian priest canonized by Benedict XVI on October 11, 2009, who, driven by great missionary zeal, became an apostle to those infected with leprosy. He shared everything with them, heedless of the consequences. In the "colony of death", as the huge leper colony on the remote island of Molokai was known, cut off from the world, this young evangelizer brought joy and hope. His was not the improvised work of an irresponsible risk-taker; on the contrary, his actions highlighted the deliberate decision of a believer who understood the meaning of the Gospel. Pope Francis calls to mind the witness of this saint in confirmation of so many men and women, including hundreds of priests, who in this Covid-19 drama have been willing to share totally in the suffering of millions of infected people.

The strong words with which the Pope calls us to face up to our responsibilities directly, instead of foisting them on others, are thus particularly effective. In the face of the poor, we cannot allow ourselves any “habit that becomes indifference"; rather, it is necessary and urgent that we become engaged in “a mutual sharing of life that does not allow for proxies. The poor are not people “apart” from the community, but brothers and sisters with whom to share suffering, in order to alleviate their discomfort and marginalization” (Message, 3).

The Message's reference to the condition of women deserves particular attention. In the face of daily episodes of violence against women, we cannot fail to condemn this savagery, which makes the world of women a theater of true poverty. In an even more inexplicable way for a culture that has reached the most mature forms of equality, we are forced to see expressions of inequality and lack of dignity that hurt not only its poor victims, but also society as a whole, often too helpless and voiceless, as resigned to relinquishing the conquests achieved laboriously over decades. It will not be superflous, therefore, to pause and reflect on what Pope Francis writes when commenting on the Gospel scene from which he derived the motto this World Day of the Poor: “This anonymous woman, destined perhaps for this reason to represent the entire female population that in the course of the centuries will have no voice and will suffer violence, inaugurates the important presence of women who take part in the culminating moments of Christ's life ...Women, so often discriminated against and kept away from positions of responsibility, in the pages of the Gospels are instead protagonists in the history of revelation” (Message, 1).

This Message highlights once again the constant teaching of Pope Francis that “the entire work of Jesus affirms that poverty is not the result of fate, but a concrete sign of His presence among us” (Message, 2). The clear conclusion is that Christians need to regain the enthusiasm necessary in order to make their presence in the world credible once more. If we intend to remain faithful to the Gospel, then it is evident that God is not found in the times and places where we decide to meet Him, but where He wants to reveal himself and be recognized: “in the lives of the poor, in their suffering and indigence, in the sometimes inhuman conditions in which they are forced to live” (Message, 2). The quotation from Origen in the footnotes to the Message's introduction makes it clear how much Pope Francis intends to express himself with parresia on this issue: “those who do not recognize the poor betray Jesus' teaching and cannot be his disciples. We recall, in this regard, the strong words of Origen: "Judas seemed to be concerned about the poor [...]. If now there is still someone who holds the purse of the Church and speaks in favor of the poor like Judas, but then takes what is put in, then let them have their share along with Judas” (Message, 1). Here is an invitation to true conversion which consists in a “change of mentality” so as not to entrust one's life to a fragmentary outlook, but to lay it open to welcoming the grace that transforms and enlivens because it points in the direction of what is essential (cf. n. 4).

Pope Francis' teaching, as usual when he speaks of the poor, does not indulge in rhetoric, but goes straight to what needs to be addressed urgently. The Message highlights the need to seek out the causes of poverty in order to identify the steps necessary to its alleviation. Concerning the former aspect, the Pope is forceful and to the point: “The idea seems to be gaining ground that the poor are not only responsible for their condition, but that they constitute an intolerable burden for an economic system that focuses on the interests of a few privileged groups. A market that ignores or selects ethical principles creates inhumane conditions that affect people who already live in precarious conditions” (Message, 5). In short, argues the Pope, in addition to having to suffer poverty, the poor must now accept responsibility for their poverty! This is an absurd claim, born of the overbearing arrogance of individuals bent on achieving unbridled wealth without reference to ethical or social principles. The Holy Father’s appeal to governments and world institutions to accept their responsibility for building a better world based on justice lies at the heart of this Message of this World Day of the Poor: "If the poor are marginalized, as if they were the ones to blame for their condition, then the very concept of democracy is put into crisis and every social policy becomes bankrupt. With great humility, we should confess that we are often incompetent when it comes to the poor" (Message, 7). In short, poverty, is not an abstract idea, nor are the poor the fruit of our imagination; rather, their massive presence in society demands solutions that are the fruit of "creative planning" (Message, 7).

“Poverty is not the fruit of destiny; it is the consequence of selfishness” (Message, 6). This is why Pope Francis proposes the via costruens which “gives rise to development processes in which the capacities of all are valued, so that the complementarity of skills and the diversity of roles lead to a common resource of mutual participation” (Message, 6). The solution, in short, is much simpler than one might expect. The Pope reiterates his basic idea: the culture of encounter as the privileged way to look to the future in an effective way and full of constructive hope. “There are many poverties of the "rich" that could be cured by the wealth of the "poor", if only they would meet and get to know each other! No one is so poor that they cannot give something of themselves in mutual exchange” (Message, 6).

As always, the World Day of the Poor, to be celebrated this year on November 14, will be accompanied by an intense week of initiatives aimed at charitable signs towards some particular categories of persons. A drop of water in an ocean of poverty, but still a witness to neighborliness which, at least on those days, will become more tangible in order give concrete support to those who need it most. Last year 5,000 parcels were distributed to the families of the most disadvantaged parishes in Rome and 350,000 masks were given to schools in the periphery of Rome. In the coming months we will be developing new strategies for the World Day of the Poor in order to manifest the great solidarity which this occasion requires while at the same time involving the very many people eager to be active participants.

The words of Father Primo Mazzolari, which Pope Francis makes his own, constitute the most significant and provocative conclusion which we all have to face: “I would ask you not to ask me if there are poor people, who they are and how many of them there are, because I am afraid that such questions represent a distraction or a pretext for escaping from a specific inspiration in one’s conscience and heart. [...] I have never counted the poor, because they cannot be counted: the poor are embraced, not counted” (Message, 9).

[00827-EN.01] [Original text: Italian]

 

Traduzione in lingua spagnola

«A los pobres los tendrán siempre con ustedes». Con esta sencilla expresión de Jesús, pronunciada pocos días antes de los acontecimientos de la pasión, muerte y resurrección, se puede sintetizar el pensamiento del Señor sobre los pobres. Ante los discípulos escandalizados porque una mujer había malgastado una gran suma de dinero al derramar el perfume de un vaso de alabastro sobre la cabeza de Jesús, afirma que el primer pobre al que hay que prestar toda la atención es precisamente él. El Hijo de Dios, no sólo pide reconocer en él a la persona que representa a todos los pobres, se identifica como el más pobre entre los pobres. «El rostro de Dios que Él revela es el de un Padre para los pobres y cercano a los pobres» (n. 2).

El Papa Francisco proponiendo esta expresión en la V Jornada Mundial de los Pobres provoca a los creyentes a mantener la mirada fija en Jesús para descubrir que en él y en sus palabras se encuentra no sólo el verdadero sentido de la pobreza, sino sobre todo la capacidad de reconocer a los pobres. Es una visión fuertemente cristológica la que se condensa en este Mensaje que, como siempre, analiza algunos temas de actualidad, para que toda la Iglesia se prepare a vivir el acontecimiento de la Jornada Mundial con la conciencia de quien sabe que aquí se recoge uno de los contenidos centrales del Evangelio.

La imagen bíblica, de hecho, le sirve al Papa para resaltar un camino que no sólo la Iglesia está llamada a seguir en este tramo de la historia todavía caracterizado por formas de injusticia que se hacen cada vez más evidentes a medida que surgen nuevas expresiones de pobreza. El Mensaje vuelve a referirse a la pandemia que «sigue tocando a las puertas de millones de personas y, cuando no trae consigo el sufrimiento y la muerte, es, sin embargo, portadora de pobreza» (n. 5). El Santo Padre es muy consciente de las consecuencias que están ante los ojos de todos cada día, hasta el punto de que «las personas más vulnerables se ven privadas de los bienes de primera necesidad. Las largas filas frente a los comedores para los pobres son el signo tangible de este deterioro» (n. 5).

En este período marcado gravemente por la pandemia, el Papa Francisco evoca el ejemplo del padre Damián (1840-1889), el sacerdote belga canonizado por Benedicto XVI el 11 de octubre de 2009, que impulsado por un gran entusiasmo misionero se convirtió en apóstol entre los infectados de lepra. Lo compartió todo con ellos, sin importarle las consecuencias. En la “colonia de muerte”, como era llamada la dispersa isla de Molokai, que se había convertido en una enorme leprosería aislada del mundo, este joven evangelizador llevó alegría y esperanza. La suya no fue la obra improvisada de un irresponsable amante del riesgo; por el contrario, puso de relieve la elección consciente de un creyente que había comprendido el significado del Evangelio. El Papa Francisco vuelve a proponer el testimonio de este santo como confirmación de tantos hombres y mujeres, entre ellos cientos de sacerdotes, que en este drama del Covid han podido participar totalmente en el sufrimiento de los millones de infectados.

Por lo tanto, las enérgicas palabras con las que el Papa pide que se asuma directamente la responsabilidad sin permitir ninguna delegación en este sentido vuelven a ser especialmente eficaces. Ante los pobres no se puede permitir ningún «acostumbramiento que se convierta en indiferencia»; es necesario y urgente, antes bien, dejarse «involucrar en un compartir la vida que no permita delegaciones. Los pobres no son personas “externas” a la comunidad, sino hermanos y hermanas con los cuales compartir el sufrimiento para aliviar su malestar y marginación» (n. 3).

La referencia del Mensaje a la condición de las mujeres merece especial atención. Ante los sucesos cotidianos de violencia contra las mujeres, no se puede dejar de condenar esta barbarie que hace del mundo de las mujeres un escenario de auténtica pobreza. De forma aún más incomprensible para una cultura que ha alcanzado las formas más maduras de igualdad, se está obligado a constatar expresiones de desigualdad y de falta de dignidad que hieren no sólo a las pobres víctimas, sino a toda la sociedad, a menudo demasiado impotente y afónica como si se resignara a renunciar a las conquistas obtenidas con dificultad a lo largo de las décadas. No será inútil, por tanto, detenerse a reflexionar sobre lo que el Papa Francisco ha escrito en el comentario a la escena evangélica de la que ha extraído el lema de la Jornada Mundial: «Esta mujer anónima, destinada quizá por esto a representar a todo el universo femenino que a lo largo de los siglos no tendrá voz y sufrirá violencia, inaugura la significativa presencia de las mujeres que participan en el momento culminante de la vida de Cristo… Las mujeres, tan a menudo discriminadas y mantenidas al margen de los puestos de responsabilidad, en cambio, en las páginas de los Evangelios son protagonistas en la historia de la revelación» (n. 1).

Este Mensaje vuelve a poner en primer plano la enseñanza constante del Papa Francisco según la cual «toda la obra de Jesús afirma que la pobreza no es fruto de la fatalidad, sino un signo concreto de su presencia entre nosotros» (n. 2). La conclusión, por tanto, destaca claramente como un horizonte en el que los cristianos deben redescubrir el entusiasmo necesario para volver a hacer creíble su presencia en el mundo. Si se pretende ser fiel al Evangelio, es evidente que a Dios no se le encuentra en los tiempos y lugares en los que hemos decidido encontrarlo, sino donde él quiere revelarse y ser reconocido: «en la vida de los pobres, en su sufrimiento e indigencia, en las condiciones a veces inhumanas en las que se ven obligados a vivir» (n. 2). La cita de Orígenes colocada en la parte inmediatamente inferior a la introducción del Mensaje deja en claro cuánto el Papa Francisco tiene la intención de expresarse con parresia sobre este tema: «Quienes no reconocen a los pobres traicionan la enseñanza de Jesús y no pueden ser sus discípulos. A este respecto, recordamos las contundentes palabras de Orígenes: “Judas parecía preocuparse por los pobres [...]. Si, ahora, todavía hay alguien que tiene la bolsa de la Iglesia y habla a favor de los pobres como Judas, pero luego toma lo que ponen dentro, entonces, que tenga su parte junto a Judas”» (n. 1). Es una invitación a la verdadera conversión como forma que apunta primordialmente a un “cambio de mentalidad” para no confiar la propia vida a una visión fragmentaria, sino para hacerla abierta a la acogida de la gracia que transforma y vivifica porque orienta a captar lo esencial (cf. n. 4).

La enseñanza del Papa Francisco, como es su estilo cuando habla de los pobres, no se complace en la retórica, sino que apunta directamente al reconocimiento de las urgencias por atender. El Mensaje sitúa en primer lugar la búsqueda de las causas de la pobreza, para luego identificar las iniciativas necesarias para llegar a una posible solución. En cuanto al primer aspecto, la denuncia es contundente y puntual: «Parece que se está imponiendo la idea de que los pobres no sólo son responsables de su condición, sino que constituyen una carga intolerable para un sistema económico que pone en el centro los intereses de algunas categorías privilegiadas. Un mercado que ignora o selecciona los principios éticos crea condiciones inhumanas que se abaten sobre las personas que ya viven en condiciones precarias» (n. 5). En resumen, sostiene el Papa, además de tener que sufrir la pobreza, ¡los pobres tienen que hacerse cargo de ser los responsables de la misma! Una pretensión absurda, generada por la prepotente altivez de individuos empeñados únicamente en obtener una riqueza desenfrenada sin ningún principio ético o social. El reclamo a los Gobiernos e Instituciones mundiales para que se sientan comprometidos con la construcción de un mundo mejor basado en la justicia es lo que subraya el Mensaje de esta Jornada Mundial: «Si se margina a los pobres, como si fueran los culpables de su condición, entonces se pone en crisis el concepto mismo de democracia y toda política social se vuelve un fracaso. Con gran humildad debemos confesar que en lo referente a los pobres somos a menudo incompetentes» (n. 7). La pobreza, en definitiva, no es una idea abstracta, ni los pobres son fruto de la imaginación, sino que su presencia masiva en la sociedad exige soluciones fruto de la «planificación creativa» (n. 7).

«La pobreza no es fruto del destino, es consecuencia del egoísmo». Por esto, el Papa Francisco propone la via construens: «Dar vida a procesos de desarrollo en los que se valoren las capacidades de todos, para que la complementariedad de las competencias y la diversidad de los roles conduzcan a una común participación de los recursos» (n. 6). La solución, en definitiva, es mucho más sencilla de lo que cabría esperar. El Papa reitera su idea de fondo: la cultura del encuentro como forma privilegiada de mirar al futuro de forma eficaz y llena de esperanza constructiva. «Hay muchas pobrezas de los “ricos” que podrían ser curadas por la riqueza de los “pobres”, ¡si sólo se encontraran y conocieran! Nadie es tan pobre que no pueda donar algo de sí mismo en la reciprocidad» (n. 6).

Como de costumbre, la Jornada Mundial de los Pobres, que este año se celebrará el 14 de noviembre, irá acompañada de una intensa semana de iniciativas que tendrán como objetivo ofrecer algunos signos de caridad y solidaridad hacia ciertas categorías particulares. Una gota de agua en el océano de la pobreza, pero siempre un testimonio de cercanía que al menos en estos días se hará más tangible para dar apoyo concreto a quienes más lo necesitan. Como se recordará, el año pasado se distribuyeron 5.000 paquetes a las familias de las parroquias más desfavorecidas de Roma y se entregaron 350.000 mascarillas sanitarias a las escuelas de la periferia romana. En los próximos meses se definirá una estrategia ulterior para ver de qué manera la Jornada Mundial puede hacerse cargo de nuevas iniciativas que una vez más puedan manifestar la gran solidaridad que esta circunstancia requiere y que implica a tantas personas deseosas de estar presentes y activas.

Las palabras de don Primo Mazzolari, que el Papa Francisco hace suyas, constituyen la conclusión más significativa y provocadora con la cual confrontarse: «Quisiera pedirles que no me pregunten si hay pobres, quiénes son y cuántos son, porque temo que tales preguntas representen una distracción o el pretexto para apartarse de una indicación precisa de la conciencia y del corazón… Nunca he contado a los pobres, porque no se pueden contar: a los pobres se les abraza, no se les cuenta» (n. 9).

[00827-ES.01] [Texto original: Italiano]

[B0380-XX.02]