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Vademecum su alcuni punti di procedura nel trattamento dei casi di abuso sessuale di minori commessi da chierici a cura della Congregazione per la Dottrina della Fede, 16.07.2020


 

Testo in lingua italiana

Traduzione in lingua francese

Traduzione in lingua inglese

Traduzione in lingua tedesca

Traduzione in lingua spagnola

Traduzione in lingua portoghese

Traduzione in lingua polacca

 

Testo in lingua italiana

Congregazione per la Dottrina della fede

VADEMECUM
SU ALCUNI PUNTI DI PROCEDURA
NEL TRATTAMENTO DEI CASI DI ABUSO SESSUALE DI MINORI
COMMESSI DA CHIERICI

NOTA BENE:

a. oltre che per i delitti previsti dall’art. 6 delle Normae promulgate dal motu proprioSacramentorum sanctitatis tutela”, quanto segue è da osservarsi — con gli eventuali adattamenti — in tutti i casi di delitti riservati alla Congregazione per la Dottrina della Fede;

b. nel seguito verranno adottate le seguenti abbreviazioni: CIC: Codex Iuris Canonici; CCEO: Codex Canonum Ecclesiarum Orientalium; SST: motu proprioSacramentorum sanctitatis tutela” – Norme emendate 2010; VELM: motu proprio Vos estis lux mundi - 2019; CDF: Congregatio pro Doctrina Fidei.

*.*.*

Introduzione

Per rispondere alle numerose domande sui passi da seguire nelle cause penali di propria competenza, la Congregazione per la Dottrina della Fede ha predisposto questo Vademecum destinato, in primo luogo, agli Ordinari e agli Operatori del diritto che si trovano nella necessità di dover tradurre in azioni concrete la normativa canonica circa i casi di abuso sessuale di minori compiuti da chierici.

Si tratta di una sorta di “manuale”, che dalla notitia criminis alla definitiva conclusione della causa intende prendere per mano e condurre passo passo chiunque si trovi nella necessità di procedere all’accertamento della verità nell’ambito dei delitti sopra menzionati.

Non è un testo normativo, non innova la legislazione in materia, ma si propone di rendere più chiaro un percorso. Nonostante ciò se ne raccomanda l’osservanza, nella consapevolezza che una prassi omogenea contribuisce a rendere più chiara l’amministrazione della giustizia.

I riferimenti principali sono i due Codici vigenti (CIC e CCEO); le Norme sui delitti riservati alla Congregazione per la Dottrina della Fede, nella versione emendata del 2010, emanate con il motu proprio Sacramentorum Sanctitatis Tutela, tenuto conto delle innovazioni apportate dai Rescripta ex Audientia del 3 e 6 dicembre 2019; il motu proprio Vos estis lux mundi; e, non da ultimo, la prassi della Congregazione per la Dottrina della Fede, che negli ultimi anni si è sempre più precisata e consolidata.

Trattandosi di uno strumento duttile, si prevede che esso possa essere aggiornato periodicamente, ogni qual volta si dovesse modificare la normativa di riferimento o la prassi della Congregazione rendesse necessarie precisazioni ed emendamenti.

Non sono state volutamente contemplate nel Vademecum le indicazioni sullo svolgimento del processo penale giudiziale nel primo grado di giudizio, nella convinzione che la procedura illustrata nei Codici vigenti sia sufficientemente chiara e dettagliata.

Il desiderio è che questo strumento possa aiutare le Diocesi, gli Istituti di Vita consacrata e le Società di vita apostolica, le Conferenze episcopali e le diverse circoscrizioni ecclesiastiche a meglio comprendere e attuare le esigenze della giustizia su un delictum gravius che costituisce, per tutta la Chiesa, una ferita profonda e dolorosa che domanda di essere guarita.

I. Che cosa configura il delitto?

1. Il delitto di cui si sta trattando comprende ogni peccato esterno contro il sesto comandamento del Decalogo commesso da un chierico con un minore (cf can. 1395 § 2 CIC; art. 6 § 1, 1° SST).

2. La tipologia del delitto è molto ampia e può comprendere, ad esempio, rapporti sessuali (consenzienti e non consenzienti), contatto fisico a sfondo sessuale, esibizionismo, masturbazione, produzione di pornografia, induzione alla prostituzione, conversazioni e/o proposte di carattere sessuale anche mediante mezzi di comunicazione.

3. Il concetto di “minore” per quanto riguarda i casi in questione è variato nel tempo: fino al 30 aprile 2001 si intendeva la persona con meno di 16 anni di età (anche se in alcune legislazioni particolari — per esempio USA [dal 1994] e Irlanda [dal 1996] — l’età era già stata innalzata ai 18 anni). Dal 30 aprile 2001, quando fu promulgato il motu proprio “Sacramentorum Sanctitatis Tutela”, l’età è stata universalmente innalzata ai 18 anni, ed è l’età tuttora vigente. Di queste variazioni bisogna tenere conto quando si deve definire se il “minore” era effettivamente tale, secondo la definizione di Legge in vigore al tempo dei fatti.

4 l fatto che si parli di “minore” non incide sulla distinzione, che si desume talora dalle scienze psicologiche, fra atti di “pedofilia” e atti di “efebofilia”, ossia con adolescenti già usciti dalla pubertà. La loro maturità sessuale non influisce sulla definizione canonica del delitto.

5. La revisione del motu proprio SST, promulgata il 21 maggio 2010, ha sancito che al minore vanno equiparate le persone che hanno abitualmente un uso imperfetto della ragione (cf art. 6 § 1, 1° SST). Circa l’uso dell’espressione “adulto vulnerabile”, altrove descritto come «ogni persona in stato d’infermità, di deficienza fisica o psichica, o di privazione della libertà personale che di fatto, anche occasionalmente, ne limiti la capacità di intendere o di volere o comunque di resistere all’offesa» (cf art. 1 § 2, b VELM), va ricordato che tale definizione integra fattispecie più ampie rispetto alla competenza della CDF, la quale resta limitata, oltre ai minori di diciotto anni, a chi “ha abitualmente un uso imperfetto di ragione”. Altre fattispecie al di fuori di questi casi vengono trattate dai Dicasteri competenti (cf art. 7 § 1 VELM).

6. SST ha inoltre introdotto (cf art. 6 § 1, 2° SST) tre nuovi delitti che riguardano una tipologia particolare di minori, ossia acquisire, detenere (anche temporaneamente) e divulgare immagini pornografiche di minori di 14 anni (dal 1 gennaio 2020: di 18 anni) da parte di un chierico a scopo di libidine in qualunque modo e con qualunque strumento. Dal 1 giugno al 31 dicembre 2019 l’acquisizione, la detenzione, e la divulgazione di materiale pornografico che coinvolga minori fra i 14 e i 18 anni di età commessi da chierici o da membri di Istituti di Vita consacrata o di Società di vita apostolica sono delitti di competenza di altri Dicasteri (cf artt. 1 e 7 VELM). Dal 1 gennaio 2020 la competenza è della Congregazione per la Dottrina della Fede.

7. Si sottolinea che questi tre delitti sono canonicamente perseguibili solo a partire dall’entrata in vigore di SST, cioè dal 21 maggio 2010. La produzione di pornografia con minori, invece, rientra nella tipologia di delitto indicata nei nn. 1-4 del presente Vademecum e, quindi, va perseguita anche prima di tale data.

8 Secondo il diritto dei religiosi appartenenti alla Chiesa latina (cf cann. 695 ss. CIC), il delitto di cui al n. 1 può comportare anche la dimissione dall’Istituto religioso. Si nota fin d’ora quanto segue: a/ tale dimissione non è una pena, ma è un atto amministrativo del Moderatore supremo; b/ per decretarla, deve essere scrupolosamente osservata la procedura relativa, descritta nei cann. 695 § 2, 699, 700 CIC; c/ la conferma ex can. 700 CIC del decreto di dimissione va richiesta alla CDF; d/ la dimissione dall’Istituto comporta la perdita dell’incorporazione nell’Istituto e la cessazione dei voti e degli obblighi derivanti dalla professione (cf can. 701 CIC), e il divieto di esercitare l’Ordine ricevuto finché non siano verificate le condizioni di cui al can. 701 CIC. Si applicano le medesime regole, con gli opportuni adattamenti, anche per i membri definitivamente incorporati nelle Società di Vita apostolica (cf can. 746 CIC).

II. Che cosa fare quando si riceve un’informazione su un possibile delitto (notitia de delicto)?

a/ Che cosa s’intende per notitia de delicto?

9. La notitia de delicto (cf can. 1717 § 1 CIC; can. 1468 § 1 CCEO; art. 16 SST; art. 3 VELM), che viene talora chiamata notitia criminis, è qualunque informazione su un possibile delitto che giunga in qualunque modo all’Ordinario o al Gerarca. Non è necessario che si tratti di una denuncia formale.

10. Questa notitia può dunque avere varie fonti: essere presentata formalmente all’Ordinario o al Gerarca, in modo orale o scritto, dalla presunta vittima, dai suoi tutori, da altre persone che asseriscono di essere informate dei fatti; giungere all’Ordinario o al Gerarca durante l’esercizio dei suoi doveri di vigilanza; essere presentata all’Ordinario o al Gerarca dalle autorità civili secondo le modalità previste dalle legislazioni locali; essere diffusa dai mezzi di comunicazione di massa (ivi compresi i social media); giungere a sua conoscenza tramite le voci raccolte, e in ogni altro modo adeguato.

11. Talvolta, la notitia de delicto può giungere da fonte anonima, ossia da persone non identificate o non identificabili. L’anonimato del denunciante non deve far ritenere falsa in modo automatico tale notitia; tuttavia, per ragioni facilmente comprensibili, è opportuno usare molta cautela nel prendere in considerazione tale tipo di notitia, che non va assolutamente incoraggiato.

12. Allo stesso modo, non è consigliabile scartare aprioristicamente la notitia de delicto che perviene da fonti la cui credibilità può sembrare, ad una prima impressione, dubbia.

13. Talora, la notitia de delicto non fornisce dettagli circostanziati (nominativi, luoghi, tempi…). Anche se vaga e indeterminata, essa deve essere adeguatamente valutata e, nei limiti del possibile, approfondita con la debita attenzione.

14. Bisogna ricordare che una notizia di delictum gravius appresa in confessione è posta sotto lo strettissimo vincolo del sigillo sacramentale (cf can. 983 § 1 CIC; can. 733 § 1 CCEO; art. 4 § 1, 5° SST). Occorrerà pertanto che il confessore che, durante la celebrazione del Sacramento, viene informato di un delictum gravius, cerchi di convincere il penitente a rendere note le sue informazioni per altre vie, al fine di mettere in condizione di operare chi di dovere.

15. L’esercizio dei doveri di vigilanza in capo all’Ordinario e al Gerarca non prevede che egli debba esercitare continui controlli investigativi a carico dei chierici a lui soggetti, ma non consente neppure che egli si esima dal tenersi informato circa le loro condotte in tale ambito, soprattutto se sia giunto a conoscenza di sospetti, comportamenti scandalosi, condotte che turbano gravemente l’ordine.

b/ Quali azioni si devono intraprendere quando si è ricevuta una notitia de delicto?

16. L’art. 16 SST (cf anche cann. 1717 CIC e 1468 CCEO) dispone che, ricevuta una notitia de delicto, si svolga un’indagine previa, qualora la notitia de delicto sia “saltem verisimilis”. Se tale verisimiglianza risultasse non fondata, si può non dare seguito alla notitia de delicto, avendo cura tuttavia di conservare la documentazione insieme a una nota nella quale illustrare le ragioni della decisione.

17. Anche in assenza di un esplicito obbligo normativo, l’autorità ecclesiastica presenti denuncia alle autorità civili competenti ogni qualvolta ritenga che ciò sia indispensabile per tutelare la persona offesa o altri minori dal pericolo di ulteriori atti delittuosi.

18. Considerata la delicatezza della materia (data per esempio dal fatto che i peccati contro il sesto comandamento del Decalogo sono raramente avvenuti in presenza di testimoni), il giudizio circa l’assenza di verisimiglianza (che può portare all’omissione dell’indagine previa) sarà emesso solo in caso di manifesta impossibilità di procedere a norma del Diritto Canonico: per esempio, se risulta che, al tempo del delitto di cui è accusata, la persona non era ancora chierico; se risulta evidente che la presunta vittima non era minorenne (su questo punto, cf n. 3); se è un fatto notorio che la persona segnalata non poteva essere presente sul luogo del delitto nel momento in cui sarebbero avvenuti gli addebiti.

19. Anche in questi casi, comunque, è consigliabile che l’Ordinario o il Gerarca dia alla CDF comunicazione della notitia de delicto e della decisione di soprassedere all’indagine previa per manifesta assenza di verisimiglianza.

20. In tal caso si ricordi che, pur mancando il delitto con minori, ma comunque in presenza di condotte improprie e imprudenti, se la cosa è necessaria per proteggere il bene comune e per evitare scandali, rientra nei poteri dell’Ordinario e del Gerarca prendere altri provvedimenti di tipo amministrativo nei confronti della persona segnalata (per esempio, limitazioni ministeriali), o imporle i rimedi penali di cui al can. 1339 CIC, al fine di prevenire i delitti (cf can. 1312 § 3 CIC), oppure la riprensione pubblica di cui al can. 1427 CCEO. Se poi ci sono stati delitti non graviora, l’Ordinario o il Gerarca deve intraprendere le vie giuridiche adatte alle circostanze.

21. Secondo il can. 1717 CIC e il can. 1468 CCEO, il compito dell’indagine previa spetta all’Ordinario o al Gerarca che ha ricevuto la notitia de delicto, o a persona idonea che egli avrà individuato. L’eventuale omissione di questo dovere potrebbe costituire un delitto perseguibile ai sensi del CIC, del CCEO e del motu proprioCome una madre amorevole”, nonché dell’art. 1 § 1, b VELM.

22. L’Ordinario o il Gerarca cui spetta tale compito può essere quello del chierico segnalato o, se differente, l’Ordinario o il Gerarca del luogo dove sono avvenuti i presunti delitti. In questo caso, si comprende facilmente che è bene che si attivi la comunicazione e la collaborazione fra i diversi Ordinari interessati, onde evitare conflitti di competenza o duplicati nel lavoro, soprattutto se il chierico è un religioso.

23. Se un Ordinario o un Gerarca riscontra problemi per avviare o svolgere l’indagine previa, si rivolga senza indugio alla CDF, per consiglio o per dirimere eventuali questioni.

24. Può succedere che la notitia de delicto sia giunta direttamente alla CDF, senza il tramite dell’Ordinario o del Gerarca. In tal caso, la CDF può chiedergli di svolgere l’indagine, o, secondo l’art. 17 SST, svolgerla essa stessa.

25. La CDF, per proprio giudizio, per esplicita richiesta o per necessità, può anche chiedere ad un Ordinario o a un Gerarca terzo di svolgere l’indagine previa.

26. L’indagine previa canonica deve essere svolta indipendentemente dall’esistenza di una corrispondente indagine da parte delle autorità civili. Qualora però la legislazione statale imponga il divieto di indagini parallele alle proprie, l’autorità ecclesiastica competente si astenga dall’avviare l’indagine previa e dia comunicazione alla CDF di quanto è stato segnalato, allegando eventuale materiale utile. Qualora sembri opportuno attendere la fine delle indagini civili per acquisirne eventualmente le risultanze o per altri tipi di motivazione, è bene che l’Ordinario o il Gerarca si consigli in proposito con la CDF.

27. L’attività di indagine deve essere svolta nel rispetto delle leggi civili di ogni Stato (cf art. 19 VELM).

28. È noto che, anche per i delitti di cui si sta trattando, esistono termini di prescrizione dell’azione criminale che sono notevolmente variati nel tempo. I termini attualmente vigenti sono definiti dall’art. 7 SST[1]. Poiché però il medesimo art. 7 § 1 SST consente alla CDF di derogare in singoli casi alla prescrizione, l’Ordinario o il Gerarca che abbia constatato che i tempi per la prescrizione sono trascorsi dovrà ugualmente dare seguito alla notitia de delicto e all’eventuale indagine previa, comunicandone gli esiti alla CDF, cui unicamente spetta il giudizio sul mantenimento della prescrizione o sulla deroga ad essa. Nella trasmissione degli atti l’Ordinario o il Gerarca potranno utilmente esprimere un proprio parere circa l’eventuale deroga, motivandolo in ragione delle circostanze attuali (es.: stato di salute o età del chierico, possibilità del medesimo di esercitare il suo diritto di difesa, danno provocato dalla presunta azione criminale, scandalo suscitato).

29. In questi delicati atti preliminari, l’Ordinario o il Gerarca può ricorrere al consiglio della CDF (cosa che può avvenire in ogni momento del trattamento di un caso), come anche liberamente consultarsi con esperti in materia canonica penale. In quest’ultima evenienza, però, si badi di evitare ogni inopportuna o illecita diffusione di informazioni al pubblico che potrebbe pregiudicare la possibile, successiva indagine previa o dare l’impressione di aver già definito con certezza i fatti o la colpevolezza del chierico in questione.

30. Si deve notare che già in questa fase si è tenuti all’osservanza del segreto di ufficio. Va ricordato tuttavia che a chi effettua la segnalazione, alla persona che afferma di essere stata offesa e ai testimoni non può essere imposto alcun vincolo di silenzio riguardo ai fatti.

31. A norma dell’art. 2 § 3 VELM, l’Ordinario che abbia ricevuto la notitia de delicto deve trasmetterla senza indugio all’Ordinario o al Gerarca del luogo dove sarebbero avvenuti i fatti, nonché all’Ordinario o al Gerarca proprio della persona segnalata, vale a dire, nel caso di un religioso, al suo Superiore maggiore se è l’Ordinario proprio, e nel caso di un diocesano, all’Ordinario della diocesi o al Vescovo eparchiale di incardinazione. Qualora l’Ordinario o il Gerarca del luogo e l’Ordinario o il Gerarca proprio non siano la stessa persona, è auspicabile che essi prendano contatto per concordare chi svolgerà l’indagine. Nel caso che la segnalazione riguardi un membro di un Istituto di vita consacrata o di una Società di vita apostolica, il Superiore maggiore informerà anche il Moderatore Supremo e, nel caso di Istituti e Società di diritto diocesano, anche il Vescovo di riferimento.

III. Come avviene l’indagine previa?

32. L’indagine previa si svolge secondo i criteri e le modalità indicati nel can. 1717 CIC o 1468 CCEO e richiamati qui di seguito.

a/ Che cos’è l’indagine previa?

33. Si deve sempre tenere presente che l’indagine previa non è un processo, e il suo scopo non è raggiungere la certezza morale in merito allo svolgimento dei fatti oggetto dell’accusa. Essa serve: a/ alla raccolta di dati utili ad approfondire la notitia de delicto; e b/ ad accreditarne la verisimiglianza, ossia a definire quello che si chiama fumus delicti, cioè il fondamento sufficiente in diritto e in fatto per ritenere verisimile l’accusa.

34. Per questo, come indicano i canoni citati nel n. 32, l’indagine previa deve raccogliere informazioni più dettagliate rispetto alla notitia de delicto circa i fatti, le circostanze e l’imputabilità di essi. Non è necessario realizzare già in questa fase una raccolta minuziosa di elementi di prova (testimonianze, perizie), compito che spetterà poi all’eventuale procedura penale successiva. L’importante è ricostruire, per quanto possibile, i fatti su cui si fonda l’accusa, il numero e il tempo delle condotte delittuose, le loro circostanze, le generalità delle presunte vittime, aggiungendo una prima valutazione dell’eventuale danno fisico, psichico e morale procurato. Si dovrà avere cura di indicare possibili relazioni con il foro interno sacramentale (in merito a ciò, tuttavia, si tenga conto di quanto richiede l’art. 24 SST[2]). Si aggiungeranno anche eventuali altri delitti attribuiti all’accusato (cf art. 8 § 2 SST[3]) e si indicheranno fatti problematici emergenti dal suo profilo biografico. Può essere opportuno raccogliere testimonianze e documenti, di qualunque genere e provenienza (comprese le risultanze delle indagini o di un processo svolte da parte delle autorità civili), che possano risultare veramente utili a circostanziare e accreditare la verisimiglianza dell’accusa. È già possibile indicare eventuali circostanze esimenti, attenuanti o aggravanti, come previste dalla Legge. Può anche essere utile raccogliere fin d’ora testimoniali di credibilità circa i denuncianti e le presunte vittime. In Appendice al presente Vademecum si include uno schema riassuntivo dei dati utili, che chi svolge l’indagine previa vorrà tenere presente e compilare (cf n. 69).

35. Qualora, durante l’indagine previa, si venga a conoscenza di altre notitiae de delicto, esse vengano approfondite nella medesima indagine.

36. Come accennato, l’acquisizione delle risultanze delle indagini civili (o dell’intero processo di fronte al Tribunale statale) potrebbe rendere superflua l’indagine previa canonica. Si deve comunque prestare la dovuta attenzione alla valutazione delle indagini civili da parte di chi deve svolgere l’indagine previa, perché i criteri di esse (per esempio in merito ai tempi di prescrizione, alla tipologia del delitto, all’età della vittima…) possono sensibilmente variare rispetto al prescritto della Legge canonica. Anche in questo caso, può essere consigliabile, in caso di dubbio, ricorrere al confronto con la CDF.

37. L’indagine previa potrebbe essere superflua anche in caso di delitto notorio e non dubbio (per esempio l’acquisizione degli atti processuali civili o la confessione da parte del chierico).

b/ Quali atti giuridici bisogna compiere per avviare l’indagine previa?

38. Se l’Ordinario o il Gerarca competente ritiene opportuno avvalersi di altra persona idonea per svolgere l’indagine (cf n. 21), lo scelga con i criteri indicati dal can. 1428 §§ 1-2 CIC o 1093 CCEO[4].

39. Nella nomina di chi svolge l’indagine, tenendo conto della cooperazione che può essere offerta dai laici ai sensi dei cann. 228 CIC e 408 CCEO (cf art. 13 VELM), l’Ordinario o il Gerarca tenga presente che, secondo il can. 1717 § 3 CIC e 1468 § 3 CCEO, se in seguito si svolgerà un processo penale giudiziale, la stessa persona non potrà in esso svolgere la funzione di giudice. La prassi suggerisce che lo stesso criterio si usi per la nomina del Delegato e degli Assessori nel caso di processo extragiudiziale.

40. Secondo i cann. 1719 CIC e 1470 CCEO, l’Ordinario o il Gerarca deve emettere un decreto di apertura dell’indagine previa, in cui nomina colui che conduce l’indagine, indicando nel testo che egli ha i poteri di cui al can. 1717 § 3 CIC o 1468 § 3 CCEO.

41. Benché la Legge non lo preveda espressamente, è consigliabile che sia nominato un Notaio sacerdote (cf cann. 483 § 2 CIC e can. 253 § 2 CCEO, dove vengono indicati altri criteri per la scelta), che assiste chi svolge l’indagine previa, ai fini di garantire la fede pubblica degli atti da lui redatti (cf can. 1437 § 2 CIC e 1101 § 2 CCEO).

42. Si noti tuttavia che, non trattandosi di atti processuali, la presenza del Notaio non è necessaria ad validitatem dei medesimi.

43. In fase di indagine previa non è prevista la nomina di un Promotore di giustizia.

c/ Quali atti complementari si possono o si debbono compiere durante l’indagine previa?

44. I cann. 1717 § 2 CIC e 1468 § 2 CCEO, e gli artt. 4 § 2 e 5 § 2 VELM fanno riferimento alla tutela della buona fama delle persone coinvolte (accusato, presunte vittime, testimoni), così che la denuncia non possa generare pregiudizi, ritorsioni, discriminazioni. Chi svolge l’indagine previa deve dunque avere questa specifica attenzione, mettendo in atto ogni precauzione a tal fine, dato che quello alla buona fama è un diritto dei fedeli garantito dai cann. 220 CIC e 23 CCEO. Si noti tuttavia che questi canoni garantiscono dalle lesioni illegittime di tale diritto: qualora quindi sia in pericolo il bene comune, la diffusione di notizie circa l’esistenza di un’accusa non costituisce necessariamente una violazione della buona fama. Inoltre le persone coinvolte siano informate che qualora intervenisse un sequestro giudiziario o un ordine di consegna degli atti di indagine da parte delle autorità civili, non sarà più possibile per la Chiesa garantire la confidenzialità delle deposizioni e della documentazione acquisita in sede canonica.

45. Ad ogni modo, soprattutto quando si debbano diffondere pubblici comunicati in merito, bisogna adoperare ogni cautela nel dare informazioni sui fatti, per esempio usando una forma essenziale e stringata, evitando clamorosi annunci, astenendosi del tutto da ogni giudizio anticipato circa la colpevolezza o innocenza della persona segnalata (che sarà stabilita solo dal corrispondente, eventuale processo penale, mirante a verificare il fondamento dell’accusa), attenendosi all’eventuale volontà di rispetto della riservatezza manifestata dalle presunte vittime.

46. Poiché, come detto, in questa fase non si può ancora definire l’eventuale colpevolezza della persona segnalata, andrà evitato con ogni cura — nei pubblici comunicati o nelle comunicazioni private — qualsiasi affermazione a nome della Chiesa, dell’Istituto o Società, o a titolo personale, in quanto ciò potrebbe costituire un’anticipazione del giudizio sul merito dei fatti.

47. Si ricordi poi che le denunce, i processi e le decisioni relative ai delitti di cui all’art. 6 SST sono soggette al segreto di ufficio. Questo non toglie che il denunciante – soprattutto se intende rivolgersi anche alle autorità civili – possa rendere pubbliche le proprie azioni. Inoltre, poiché non tutte le forme di notitiae de delicto sono denunce, si può eventualmente valutare quando ritenersi obbligati al segreto, sempre tenuto presente il rispetto della buona fama di cui al n. 44.

48. Sempre a tale proposito, bisogna accennare alla sussistenza o meno, a carico dell’Ordinario o del Gerarca, dell’obbligo di dare comunicazione alle autorità civili della notitia de delicto ricevuta e dell’indagine previa aperta. I principi applicabili sono due: a/ si devono rispettare le leggi dello Stato (cf art. 19 VELM); b/ si deve rispettare la volontà della presunta vittima, sempre che essa non sia in contrasto con la legislazione civile e — come si dirà (n. 56) — incoraggiando l’esercizio dei suoi doveri e diritti di fronte alle autorità statali, avendo cura di conservare traccia documentale di tale suggerimento, evitando ogni forma dissuasiva nei confronti della presunta vittima. Si osservino sempre e comunque a tal proposito le eventuali convenzioni (concordati, accordi, intese) stipulate dalla Sede Apostolica con le nazioni.

49. Quando le leggi statali impongano all’Ordinario o al Gerarca l’informativa circa una notitia de delicto, si è tenuti ad essa anche se si prevede che, in base alle leggi dello Stato, non vi sarà l’apertura di una procedura (per esempio per intervenuta prescrizione o per differenti previsioni circa la tipologia delittuosa).

50. Qualora le Autorità giudiziarie civili emanino un ordine esecutivo e legittimo richiedendo la consegna di documenti riguardanti le cause, o dispongano il sequestro giudiziario degli stessi documenti, l’Ordinario o il Gerarca dovrà cooperare con le Autorità civili. Qualora vi siano dubbi sulla legittimità di tale richiesta o sequestro, l’Ordinario o il Gerarca potrà consultare esperti legali circa i rimedi disponibili nell’ordinamento locale. In ogni caso è opportuno informare immediatamente il Rappresentante Pontificio.

51 Qualora si renda necessario ascoltare un minore o persona ad esso equiparata, si adottino le norme civili del Paese e modalità adeguate alla età e allo stato, permettendo, ad esempio, che il minore sia accompagnato da un maggiorenne di sua fiducia ed evitando che abbia contatto diretto con l’accusato.

52. Nella fase dell’indagine previa, un compito di particolare delicatezza che spetta all’Ordinario o al Gerarca è di decidere se e quando informare di essa l’accusato.

53. Per questo compito, non esiste un criterio uniforme, né vi sono esplicite disposizioni di Legge. Bisogna valutare l’insieme dei beni che sono in gioco: oltre alla protezione della buona fama delle persone interessate, c’è anche da tenere in conto per esempio il rischio di inquinamento dell’indagine previa, lo scandalo dei fedeli, l’opportunità di raccogliere prima tutti gli elementi indiziali che potrebbero essere utili o necessari.

54. Qualora si decidesse di ascoltare la persona segnalata, trattandosi di una fase precedente al giudizio non è obbligatorio provvedere a nominarle un avvocato d’ufficio. Se essa lo ritiene opportuno potrà tuttavia avvalersi dell’assistenza di un patrono da lei scelto. Alla persona segnalata non può essere imposto il giuramento (cf ex analogia cann. 1728 § 2 CIC e 1471 § 2 CCEO).

55. Le autorità ecclesiastiche devono impegnarsi affinché la presunta vittima e la sua famiglia siano trattati con dignità e rispetto, e devono offrire loro accoglienza, ascolto e accompagnamento, anche tramite specifici servizi, nonché assistenza spirituale, medica e psicologica, a seconda del caso specifico (cf art. 5 VELM). Altrettanto può essere fatto nei confronti dell’accusato. Si eviti però di dare l’impressione di voler anticipare le risultanze processuali.

56. È assolutamente necessario che, in questa fase, si eviti ogni atto che possa essere interpretato dalle presunte vittime come un ostacolo all’esercizio dei loro diritti civili di fronte alle autorità statali.

57. Là dove esistano strutture statali o ecclesiastiche di informazione e appoggio alle presunte vittime, o di consulenza per le autorità ecclesiali, è bene fare riferimento anche ad esse. Queste strutture hanno uno scopo di puro consiglio, di orientamento e di assistenza, e le loro analisi non costituiscono in alcun modo decisioni processuali canoniche.

58. Ai fini della tutela della buona fama delle persone coinvolte e della tutela del bene pubblico, così come per evitare altri fatti (per esempio, il diffondersi dello scandalo, il rischio di occultamento delle future prove, l’attivazione di minacce o altre condotte volte a distogliere la presunta vittima dall’esercizio dei suoi diritti, la tutela di altre possibili vittime), secondo l’art. 19 SST l’Ordinario o il Gerarca hanno il diritto, fin dall’inizio dell’indagine previa, di imporre le misure cautelari elencate nei cann. 1722 CIC e 1473 CCEO[5].

59. Le misure cautelari elencate in questi canoni costituiscono un elenco tassativo, ossia si potrà scegliere unicamente una o più di esse.

60. Ciò non toglie che l’Ordinario o il Gerarca possa imporre altre misure disciplinari, secondo i suoi poteri, che però, a stretto rigore di termini, non potranno essere definite “misure cautelari”.

d/ Come si impongono le misure cautelari?

61. Sia detto anzitutto che una misura cautelare non è una pena (le pene si impongono solo al termine di un processo penale), ma un atto amministrativo i cui fini sono descritti dai citati cann. 1722 CIC e 1473 CCEO. L’aspetto non penale della misura deve essere ben chiarito all’interessato, per evitare che egli pensi di essere già stato giudicato o punito prima del tempo. Va inoltre sottolineato che le misure cautelari si devono revocare se viene meno la causa che le ha suggerite e cessano quando l’eventuale processo penale avrà termine. Inoltre, esse possono essere modificate (aggravandole o alleggerendole) se le circostanze lo richiedessero. Si raccomanda comunque particolare prudenza e discernimento nel giudicare il venir meno della causa che ha suggerito le misure; non si esclude, inoltre, che esse – una volta revocate – possano essere imposte di nuovo.

62. Si rileva frequentemente che è ancora in uso l’antica terminologia di sospensione a divinis per indicare il divieto di esercizio del ministero imposto come misura cautelare a un chierico. È bene evitare questa denominazione, come anche quella di sospensione ad cautelam, perché nella vigente legislazione la sospensione è una pena e in questa fase non può ancora essere imposta. Correttamente la disposizione sarà denominata, per esempio, divieto o proibizione di esercizio del ministero.

63. È da evitare la scelta di operare semplicemente un trasferimento d’ufficio, di circoscrizione, di casa religiosa del chierico coinvolto, ritenendo che il suo allontanamento dal luogo del presunto delitto o dalle presunte vittime costituisca soddisfacente soluzione del caso.

64. Le misure cautelari di cui al n. 58 si impongono mediante un precetto singolare legittimamente notificato (cf cann. 49 ss. e 1319 CIC e 1406 e 1510 ss. CCEO).

65. Si ricordi che, quando si decidesse di modificare o revocare le misure cautelari, bisognerà farlo con apposito decreto legittimamente notificato. Non sarà necessario farlo, invece, alla fine dell’eventuale processo, dato che in quel momento esse cessano in forza del diritto.

e/ Che cosa fare per concludere l’indagine previa?

66. Si raccomanda, ai fini dell’equità e dell’esercizio ragionevole della giustizia, che la durata dell’indagine previa sia adeguata alle finalità dell’indagine stessa, ossia il raggiungimento della fondata verisimiglianza della notitia de delicto e della corrispettiva esistenza del fumus delicti. Il protrarsi ingiustificato della durata dell’indagine previa può costituire una negligenza da parte dell’autorità ecclesiastica.

67. Se l’indagine è stata svolta da persona idonea nominata dall’Ordinario o dal Gerarca, essa gli consegni tutti gli atti dell’indagine insieme a una propria valutazione delle risultanze dell’indagine.

68. Secondo i cann. 1719 CIC e 1470 CCEO, l’Ordinario o il Gerarca deve decretare la chiusura dell’indagine previa.

69. Secondo l’art. 16 SST, una volta che l’indagine previa sia conclusa, e qualunque ne sia l’esito, l’Ordinario o il Gerarca ha il dovere di inviare copia autentica dei relativi atti alla CDF, nei tempi più rapidi. Alla copia degli atti e alla tabella riassuntiva di cui all’Allegato, egli unisca la propria valutazione delle risultanze dell’indagine (votum), offrendo anche eventuali suoi suggerimenti circa la maniera di procedere (per esempio, se ritiene opportuno attivare una procedura penale, e di quale tipo; se possa ritenersi sufficiente la pena imposta dalle autorità civili; se sia preferibile l’applicazione di misure amministrative da parte dell’Ordinario o del Gerarca; se si debba invocare la prescrizione del delitto o concederne la deroga).

70. Nel caso in cui l’Ordinario o il Gerarca che ha svolto l’indagine previa sia un Superiore maggiore, è bene che trasmetta copia del fascicolo dell’indagine anche al Moderatore supremo (o al Vescovo di riferimento, nel caso di Istituti o Società di diritto diocesano), in quanto sono le figure con cui ordinariamente la CDF interloquirà nel seguito. A sua volta, il Moderatore supremo invierà alla CDF il proprio votum, come al n. 69.

71. Qualora l’Ordinario che ha svolto l’indagine previa non sia l’Ordinario del luogo dove è stato commesso il presunto delitto, il primo comunichi al secondo le risultanze dell’indagine.

72. Gli atti vengano inviati in un unico esemplare; è utile che essi siano autenticati da un Notaio, che sarà uno della Curia, se non ne è stato nominato uno apposito per l’indagine previa.

73. I cann. 1719 CIC e 1470 CCEO dispongono che l’originale di tutti gli atti venga conservato nell’archivio segreto della Curia.

74. Sempre secondo l’art. 16 SST, una volta inviati gli atti dell’indagine previa alla CDF, l’Ordinario o il Gerarca dovranno attendere comunicazioni o istruzioni in proposito da parte della CDF.

75. Chiaramente, qualora nel frattempo emergessero altri elementi relativi all’indagine previa o a nuove accuse, essi vengano trasmessi il più presto possibile alla CDF, a integrazione di quanto già in suo possesso. Se poi sembrasse utile riaprire l’indagine previa a motivo di tali elementi, se ne dia immediata comunicazione alla CDF.

IV. Che cosa può fare la CDF a questo punto?

76. Ricevuti gli atti dell’indagine previa, ordinariamente la CDF ne dà immediato riscontro all’Ordinario, al Gerarca, al Moderatore supremo (nel caso dei religiosi, anche alla Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica; se poi il chierico è di una Chiesa orientale, alla Congregazione per le Chiese orientali; infine, alla Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli se il chierico appartiene a un territorio soggetto a quel Dicastero), comunicando – se già non lo si era fatto in precedenza – il numero di Protocollo corrispondente al caso. A questo numero bisognerà fare riferimento per ogni successiva comunicazione con la CDF.

77. In un secondo tempo, dopo aver studiato attentamente gli atti, alla CDF si aprono varie possibilità di azione: archiviare il caso; chiedere un approfondimento dell’indagine previa; imporre misure disciplinari non penali, ordinariamente mediante un precetto penale; imporre rimedi penali o penitenze, oppure ammonizioni o riprensioni; aprire un processo penale; individuare altre vie di sollecitudine pastorale. La decisione presa viene comunicata all’Ordinario, con le adeguate istruzioni per portarla ad effetto.

a/ Che cosa sono le misure disciplinari non penali?

78. Le misure disciplinari non penali sono atti amministrativi singolari (ossia, atti dell’Ordinario o del Gerarca, oppure anche della CDF) con cui all’accusato viene imposto di fare o di non fare qualcosa. In questi casi, ordinariamente si impongono limitazioni nell’esercizio del ministero, più o meno estese in considerazione del caso, come anche talvolta l’obbligo di risiedere in un determinato luogo. Si sottolinea che non si tratta di pene, ma di atti di governo destinati a garantire e proteggere il bene comune e la disciplina ecclesiale, e ad evitare lo scandalo dei fedeli.

b/ Che cosa è un precetto penale?

79. La forma ordinaria con cui si impongono queste misure è il precetto penale ai sensi del can. 1319 § 1 CIC e 1406 § 1 CCEO. Il can. 1406 § 2 CCEO equipara ad esso l’ammonizione con minaccia di pena.

80. Le formalità richieste per un precetto sono quelle già ricordate (cann. 49 ss. CIC e 1510 ss. CCEO). Tuttavia, perché si tratti di un precetto penale, nel testo deve essere chiaramente indicata la pena comminata nel caso in cui il destinatario del precetto trasgredisca le misure che gli sono state imposte.

81. Si ricordi che, secondo il can. 1319 § 1 CIC, in un precetto penale non si possono comminare pene espiatorie perpetue; inoltre, la pena deve essere chiaramente determinata. Altre esclusioni di pene sono previste dal can. 1406 § 1 CCEO per i fedeli di rito orientale.

82. Tale atto amministrativo ammette ricorso nei termini di Legge.

c/ Che cosa sono i rimedi penali, le penitenze e le riprensioni pubbliche?

83. Per la definizione dei rimedi penali, delle penitenze e delle riprensioni pubbliche, si rimanda rispettivamente ai cann. 1339 e 1340 § 1 CIC, e 1427 CCEO[6].

V. Quali sono le decisioni possibili in un processo penale?

84. Le decisioni al termine del processo penale, sia esso giudiziale o extragiudiziale potranno avere un esito di tre tipi:

- condannatorio (“constat”), se con certezza morale consti la colpevolezza dell’accusato in ordine al delitto ascrittogli. In tal caso si dovrà indicare specificatamente il tipo di sanzione canonica inflitta o dichiarata;

- assolutorio (“constat de non”), se con certezza morale consti la non colpevolezza dell’imputato, in quanto il fatto non sussiste, l’imputato non lo ha commesso, il fatto non è previsto dalla legge come delitto o è stato commesso da persona non imputabile;

- dimissorio (“non constat”), qualora non sia stato possibile raggiungere la certezza morale in ordine alla colpevolezza dell’imputato, in quanto manca o è insufficiente o è contraddittoria la prova che il fatto sussiste, che l’imputato ha commesso il fatto o che il delitto è stato commesso da persona imputabile.

Vi è la possibilità di provvedere al bene pubblico o al bene dell’accusato con opportune ammonizioni, rimedi penali e altre vie dettate dalla sollecitudine pastorale (cf can. 1348 CIC).

La decisione (per sentenza o per decreto) dovrà indicare a quale di questi tre generi fa riferimento, perché sia chiaro se “consta”, o “consta che non”, o “non consta”.

VI. Quali sono le procedure penali possibili?

85. Secondo la Legge, le procedure penali possibili sono tre: il processo penale giudiziale; il processo penale extragiudiziale; la procedura introdotta dall’art. 21 § 2, 2° SST.

86. La procedura prevista nell’art. 21 § 2, 2° SST[7] è riservata ai casi gravissimi, si conclude con una decisione diretta del Sommo Pontefice e prevede comunque che, anche se il compimento del delitto è manifesto, all’accusato sia garantito l’esercizio del diritto di difesa.

87. Per quanto riguarda il processo penale giudiziale, si rimanda alle apposite disposizioni di Legge, sia dei rispettivi Codici, sia degli artt. 8-15, 18-19, 21 § 1, 22-31 SST.

88. Il processo penale giudiziale non richiede la doppia sentenza conforme, pertanto la decisione assunta dalla eventuale seconda istanza tramite sentenza determina la res iudicata (cf anche art. 28 SST). Contro una sentenza che sia passata in giudicato è possibile solo la restitutio in integrum, purché si producano elementi che rendano palese la sua ingiustizia (cf cann. 1645 CIC, 1326 CCEO) o la querela di nullità (cf cann. 1619 ss. CIC, 1302 ss. CCEO). Il Tribunale costituito per questo tipo di processo è sempre collegiale, ed è formato da un minimo di tre giudici. Gode del diritto di appello alla sentenza di primo grado non solo la parte accusata che si ritiene ingiustamente gravata dalla sentenza, ma anche il Promotore di Giustizia della CDF (cf art. 26 § 2 SST).

89. Secondo gli artt. 16 e 17 SST, il processo penale giudiziale si può svolgere in CDF o essere affidato a un Tribunale inferiore. Circa la decisione in proposito, viene inviata apposita lettera esecutiva a quanti sono interessati.

90. Anche durante lo svolgimento di un processo penale, giudiziale o extragiudiziale, si possono imporre all’accusato le misure cautelari di cui ai nn. 58-65.

a/ Che cos’è il processo penale extragiudiziale?

91. Il processo penale extragiudiziale, talora chiamato “processo amministrativo”, è una forma di processo penale che riduce le formalità previste nel processo giudiziale, al fine di accelerare il corso della giustizia, senza per questo eliminare le garanzie processuali che sono previste dal giusto processo (cf can. 221 CIC e 24 CCEO).

92. Per i delitti riservati alla CDF, l’art. 21 § 2, 1° SST, derogando ai cann. 1720 CIC e 1486 CCEO, dispone che sia solo la CDF, in singoli casi, ex officio o su richiesta dell’Ordinario o del Gerarca, a decidere se procedere per questa via.

93. Come il processo giudiziale, anche il processo penale extragiudiziale si può svolgere in CDF o essere affidato a un’istanza inferiore, ossia all’Ordinario o al Gerarca dell’accusato, oppure a terzi incaricati a ciò dalla CDF, su eventuale richiesta dell’Ordinario o del Gerarca. Circa la decisione in proposito, viene inviata apposita lettera esecutiva a quanti sono interessati.

94. Il processo penale extragiudiziale si svolge con formalità leggermente differenti secondo i due Codici. Se vi fossero ambiguità circa il Codice a cui fare riferimento (per esempio nel caso di chierici di rito latino che operano in Chiese orientali, o chierici di rito orientale attivi in circoscrizioni latine), bisognerà chiarire con la CDF quale Codice seguire e, in seguito, attenersi scrupolosamente a tale decisione.

b/ Come si svolge un processo penale extragiudiziale secondo il CIC?

95. Quando un Ordinario riceve dalla CDF l’incarico di svolgere un processo penale extragiudiziale, deve anzitutto decidere se presiedere personalmente il processo o nominare un proprio Delegato. Deve inoltre nominare due Assessori, che assisteranno lui o il suo Delegato nella fase di valutazione. Per la loro scelta, può essere opportuno attenersi ai criteri elencati nei cann. 1424 e 1448 § 1 CIC. È necessario nominare anche un Notaio, secondo i criteri richiamati al n. 41. Non è prevista la nomina del Promotore di giustizia.

96. Le suddette nomine avvengano tramite apposito decreto. Agli officiali sia richiesto il giuramento di compiere fedelmente l’incarico ricevuto, osservando il segreto. L’avvenuto giuramento deve constare agli atti.

97. Successivamente, l’Ordinario (o il suo Delegato) deve avviare il processo, con un decreto di convocazione dell’accusato. Tale decreto deve contenere: l’indicazione chiara della persona convocata, del luogo e del momento in cui dovrà comparire, dello scopo per cui viene convocato, cioè prendere atto dell’accusa (che il testo del decreto richiamerà per sommi capi) e delle corrispondenti prove (che non è necessario elencare già nel decreto), ed esercitare il suo diritto alla difesa.

98. Benché non esplicitamente previsto dalla Legge per il caso di un processo extragiudiziale, tuttavia, trattandosi di materia penale, è quanto mai opportuno che l’accusato, secondo il disposto dei cann. 1723 e 1481 §§ 1-2 CIC, abbia un procuratore e/o avvocato che lo assiste, da lui scelto o – se egli non lo fa – nominato d’ufficio. Il nominativo dell’avvocato deve essere fornito all’Ordinario (o al suo Delegato) prima della sessione di notifica delle accuse e delle prove, con apposito mandato procuratorio autentico secondo il can. 1484 § 1 CIC, per le necessarie verifiche sui requisiti richiesti dal can. 1483 CIC[8].

99. Se l’accusato rifiuta o trascura di comparire, l’Ordinario (o il suo Delegato) valuti se effettuare una seconda convocazione.

100. L’accusato che rifiuta o trascura di comparire in prima o in seconda convocazione venga avvertito che il processo andrà avanti nonostante la sua assenza. Questa notizia può essere data già al momento della prima convocazione. Se l’accusato ha trascurato o rifiutato di comparire, la cosa venga verbalizzata e si proceda ad ulteriora.

101. Giunti il giorno e l’ora della sessione di notifica delle accuse e delle prove, all’accusato e all’eventuale avvocato che lo accompagna viene esibito il fascicolo degli atti dell’indagine previa. Si renda noto l’obbligo di rispettare il segreto di ufficio.

102. Si presti particolare attenzione al fatto che, se il caso coinvolge il sacramento della Penitenza, venga rispettato l’art. 24 SST, che prevede che all’accusato non venga riferito il nome della presunta vittima, a meno che essa non abbia espressamente acconsentito a rivelarlo.

103. Non è obbligatorio che alla sessione di notifica prendano parte gli Assessori.

104. La notifica di accusa e prove avviene allo scopo di dare all’accusato la possibilità di difendersi (cf can. 1720, 1° CIC).

105. Con “accusa” si intende il delitto che la presunta vittima o altra persona sostiene essere accaduto, secondo quanto risultato durante l’indagine previa. Presentare l’accusa significa dunque rendere noto all’accusato il delitto che gli si attribuisce, secondo quanto lo configura (per esempio, luogo di accadimento, numero ed eventualmente nominativo delle presunte vittime, circostanze).

106. Con “prove” si intende l’insieme di tutto il materiale raccolto durante l’indagine previa e altro materiale eventualmente acquisito: anzitutto la verbalizzazione delle accuse rilasciate dalle presunte vittime; poi i documenti pertinenti (per esempio cartelle cliniche, scambi epistolari anche per via elettronica, fotografie, prove d’acquisto, estratti conto bancari); i verbali delle dichiarazioni di eventuali testimoni; e, infine, eventuali perizie (mediche — tra cui quelle psichiatriche —, psicologiche, grafologiche) che chi ha condotto l’indagine abbia ritenuto di accogliere o far eseguire. Si osservino le regole di riservatezza eventualmente imposte dalla legge civile.

107. L’insieme di quanto sopra viene chiamato “prove” perché, pur essendo stato raccolto in fase antecedente il processo, nel momento in cui viene aperto il processo extragiudiziale diventa automaticamente un insieme di prove.

108. In qualunque fase del processo, è lecito che l’Ordinario o il suo Delegato dispongano la raccolta di ulteriori prove, se sembra loro opportuno in base alle risultanze dell’indagine previa. Ciò può accadere anche in base alle istanze dell’accusato in fase di difesa. I risultati andranno ovviamente presentati all’accusato durante lo svolgimento di essa. Gli venga presentato quanto raccolto a seguito delle istanze difensive, indicendo una nuova sessione di contestazione di accuse e prove, qualora si siano riscontrati nuovi elementi di accusa o di prova; altrimenti, questo materiale si può considerare semplicemente come elemento integrante della difesa.

109. La difesa può avvenire secondo due modalità: a/ raccogliendola seduta stante con apposito verbale sottoscritto da tutti i presenti (ma, in particolare, da: Ordinario o suo Delegato; accusato ed eventuale avvocato; Notaio); b/ fissando un ragionevole termine entro il quale detta difesa venga presentata all’Ordinario o al suo Delegato, in forma scritta.

110. Si ricordi attentamente che, secondo il can. 1728 § 2 CIC, l’accusato non è tenuto a confessare il delitto, né può essergli imposto il giuramento de veritate dicenda.

111. La difesa dell’accusato può chiaramente servirsi di tutti i mezzi leciti, come per esempio la richiesta di udire testimoni di parte, o esibire documenti e perizie.

112. Per quanto riguarda l’ammissione di queste prove (e, in particolare, la raccolta di dichiarazioni di eventuali testimoni), valgono i criteri discrezionali permessi al giudice dalla Legge generale sul giudizio contenzioso[9].

113. Qualora il caso concreto lo richieda, l’Ordinario o il suo Delegato valuti la credibilità circa gli intervenuti nel processo[10]. Però, secondo l’art. 24 § 2 SST, è obbligato a farlo a proposito del denunciante qualora sia coinvolto il sacramento della Penitenza.

114. Trattandosi di processo penale, non è previsto l’obbligo di un intervento del denunciante in fase processuale. Di fatto, egli ha esercitato il suo diritto contribuendo alla formazione dell’accusa e alla raccolta delle prove. Da quel momento, l’accusa viene portata avanti dall’Ordinario o dal suo Delegato.

c/ Come si conclude un processo penale extragiudiziale secondo il CIC?

115. Egli invita i due Assessori a fornire entro un certo ragionevole termine la loro valutazione delle prove e degli argomenti di difesa, di cui al can. 1720, 2° CIC. Nel decreto può anche invitarli a una sessione comune, in cui svolgere tale valutazione. Il fine di tale sessione è evidentemente di facilitare l’analisi, la discussione e il confronto. Per tale sessione, facoltativa ma raccomandabile, non sono previste particolari formalità giuridiche.

116. Si fornisca previamente agli Assessori tutto il fascicolo processuale, concedendo loro un tempo congruo per lo studio e la valutazione personale. È bene ricordare loro l’obbligo di osservare il segreto di ufficio.

117. Benché non sia previsto dalla Legge, è bene che il parere degli Assessori venga redatto in forma scritta, per facilitare la stesura del successivo decreto conclusivo da parte di chi di dovere.

118. Allo stesso fine, se la valutazione delle prove e degli argomenti di difesa avviene durante una sessione comune, è consigliabile prendere una serie di appunti sugli interventi e sulla discussione, anche in forma di verbale sottoscritto dagli intervenuti. Questi scritti ricadono sotto segreto di ufficio e non devono essere diffusi.

119. Qualora consti del delitto con certezza, l’Ordinario o il suo Delegato (cf can. 1720, 3° CIC) dovrà emanare un decreto con cui chiudere il processo, imponendo la pena, il rimedio penale o la penitenza che egli riterrà più adeguata alla riparazione dello scandalo, al ristabilimento della giustizia e all’emendamento del reo.

120. L’Ordinario ricordi sempre che, se intende imporre una pena espiatoria perpetua, secondo l’art. 21 § 2, 1° SST dovrà avere il mandato previo della CDF. Viene in tal modo derogato, limitatamente a questi casi, il divieto di infliggere pene perpetue per decreto, di cui al can. 1342 § 2 CIC.

121. L’elenco delle pene perpetue è unicamente quello previsto dal can. 1336 § 1 CIC[11], con le avvertenze di cui ai cann. 1337 e 1338 CIC[12].

122. Poiché si tratta di un processo extragiudiziale, si abbia cura di ricordare che il decreto penale non è una sentenza, che si emette solo alla fine di un processo giudiziale, anche se – come una sentenza – esso impone una pena.

123. Il decreto in questione è un atto personale dell’Ordinario o del suo Delegato, pertanto non deve essere firmato dagli Assessori, ma solo autenticato dal Notaio.

124. Oltre alle formalità generali previste per ogni decreto (cf cann. 48-56 CIC), il decreto penale dovrà citare per sommi capi i principali elementi dell’accusa e dello svolgimento del processo, ma soprattutto esporre almeno brevemente le ragioni su cui si fonda la decisione, in diritto (elencando cioè i canoni su cui la decisione si fonda – per esempio, quelli che definiscono il delitto, quelli che definiscono eventuali attenuanti, esimenti o aggravanti – e, almeno in modo essenziale, la logica giuridica che ha portato a decidere di applicarli) e in fatto.

125. La motivazione in fatto è chiaramente la più delicata, perché l’autore del decreto deve esporre le ragioni in base alle quali, confrontando il materiale dell’accusa e quanto affermato nella difesa, di cui dovrà rendere conto sinteticamente nell’esposizione, è giunto a ritenersi certo del compimento o del non compimento del delitto, o della non sufficiente certezza morale.

126. Ben comprendendo che non tutti possiedono articolate conoscenze del diritto canonico e del suo linguaggio formale, per un decreto penale si richiede che venga principalmente messo in evidenza il ragionamento svolto, più che curare nel dettaglio la precisione terminologica. Eventualmente si ricorra all’aiuto di persone competenti.

127. La notifica del decreto nella sua integrità (quindi, non solo della parte dispositiva) avverrà tramite i mezzi legittimi previsti (cf cann. 54-56 CIC[13]) e deve constare in debita forma.

128. In qualunque caso, comunque, si deve inviare alla CDF copia autenticata degli atti processuali (se già non erano stati trasmessi) e del decreto notificato.

129. Se la CDF decide di avocare a sé il processo penale extragiudiziale, tutti gli adempimenti previsti a partire dal n. 91 saranno chiaramente a proprio carico, fatto salvo il diritto di chiedere la collaborazione delle istanze inferiori, se necessario.

d/ Come si svolge un processo penale extragiudiziale secondo il CCEO?

130. Come si è detto nel n. 94, il processo penale extragiudiziale secondo il CCEO si svolge con alcune peculiarità proprie di quel diritto. Ai fini di una maggiore scorrevolezza espositiva, per evitare ripetizioni, si indicheranno solo tali peculiarità: pertanto, alla prassi fin qui descritta e in comune con il CIC, bisognerà fare gli adattamenti che seguono.

131. Anzitutto va ricordato che il dettato del can. 1486 CCEO va scrupolosamente seguito, pena la mancanza di validità del decreto penale.

132. Nel processo penale extragiudiziale secondo il CCEO non c’è la presenza degli Assessori, ma è invece obbligatoria quella del Promotore di giustizia.

133. La sessione di notifica dell’accusa e delle prove si deve svolgere con la presenza obbligatoria del Promotore di giustizia e del Notaio.

134. Secondo il can. 1486 § 1, 2° CCEO, la sessione di notifica e conseguentemente la raccolta della difesa va svolta unicamente in discussione orale. Ciò non esclude tuttavia che, per tale discussione, la difesa possa essere consegnata in forma scritta.

135. Si invita a ponderare con particolare attenzione, in base alla gravità del delitto, se le pene di cui al can. 1426 § 1 CCEO siano veramente adeguate per raggiungere quanto previsto dal can. 1401 CCEO. Nella decisione circa la pena da imporre si osservino i cann. 1429[14] e 1430[15] CCEO.

136. Il Gerarca o il suo Delegato ricordi sempre che, secondo l’art. 21 § 2, 1° SST, sono abrogati i divieti di cui al can. 1402 § 2 CCEO. Pertanto, egli potrà imporre per decreto una pena espiatoria perpetua, avuto tuttavia il mandato previo della CDF richiesto dal medesimo art. 21 § 2, 1° SST.

137. Per stendere il decreto penale valgono i medesimi criteri indicati ai nn. 119-126.

138. La notifica, poi, avverrà nei termini del can. 1520 CCEO e deve constare in debita forma.

139. Per tutto quanto non si è detto nei numeri precedenti, si faccia riferimento a quanto scritto per il processo extragiudiziale secondo il CIC, anche nell’eventuale svolgimento del processo in CDF.

e/ Il decreto penale ricade sotto il segreto di ufficio?

140. Come già richiamato (cf n. 47), gli atti processuali e la decisione si trovano sotto il segreto di ufficio. Bisogna costantemente richiamare a questo tutti gli intervenuti nel processo, a qualunque titolo.

141. Il decreto va notificato integralmente all’accusato. La notifica va fatta al suo procuratore, se egli se ne è avvalso.

VII. Che cosa può succedere quando finisce una procedura penale?

142. Secondo il tipo di procedura attivata, vi sono differenti possibilità che spettano a chi è intervenuto come parte nella procedura stessa.

143. Se vi è stata la procedura secondo l’art. 21 § 2, 2° SST, trattandosi di un atto del Romano Pontefice esso è inappellabile (cf cann. 333 § 3 CIC e 45 § 3 CCEO).

144. Se vi è stato un processo penale giudiziale, si aprono le possibilità di impugnazione previste dalla Legge, ossia la querela di nullità, la restitutio in integrum e l’appello.

145. Secondo l’art. 20, 1° SST, l’unico Tribunale di seconda istanza che si può adire è quello della CDF.

146. Per presentare appello, si segue il disposto di Legge, notando accuratamente che l’art. 28, 2° SST modifica i termini di presentazione dell’appello, imponendo il termine perentorio di un mese, da contarsi secondo quanto disposto dai cann. 202 § 1 CIC e 1545 § 1 CCEO.

147. Se vi è stato un processo penale extragiudiziale, è data la possibilità di presentare ricorso contro il decreto che lo conclude secondo i termini previsti dalla Legge, ossia dai cann. 1734 ss. CIC e 1487 CCEO (cf punto VIII).

148. Appelli e ricorsi, secondo i cann. 1353 CIC, e 1319 e 1487 § 2 CCEO, hanno effetto sospensivo della pena.

149. Poiché la pena è sospesa e si è ritornati in una fase analoga a quella preprocessuale, restano in vigore le misure cautelari con le stesse avvertenze e modalità di cui ai nn. 58-65.

VIII. Che cosa fare in caso di ricorso contro un decreto penale?

150. La Legge prevede modalità differenti, secondo i Codici.

a/ Che cosa prevede il CIC in caso di ricorso contro un decreto penale?

151. Chi intende presentare un ricorso contro un decreto penale, secondo il can. 1734 CIC deve chiederne prima la riforma all’autore (Ordinario o suo Delegato) entro il termine perentorio di dieci giorni utili dalla legittima notifica.

152. L’autore, secondo il can. 1735 CIC, entro trenta giorni da quando ha ricevuto la domanda può rispondere correggendo il proprio decreto (ma, prima di procedere in tal caso, è bene consultarsi immediatamente con la CDF), o respingendo la domanda. Ha anche facoltà di non rispondere in alcun modo.

153. Contro il decreto corretto, il respingimento della domanda o il silenzio dell’autore, il ricorrente può rivolgersi alla CDF direttamente o tramite l’autore del decreto (cf can. 1737 § 1 CIC) o tramite procuratore, nei termini perentori di 15 giorni utili previsti dal can. 1737 § 2 CIC[16].

154. Se il ricorso gerarchico è stato presentato all’autore del decreto, questi lo deve immediatamente trasmettere alla CDF (cf can. 1737 § 1 CIC). Dopo di che (come pure se il ricorso è stato presentato direttamente in CDF), l’autore del decreto deve unicamente attendere eventuali istruzioni o richieste della CDF, che comunque lo informerà circa l’esito dell’esame del ricorso.

b/ Che cosa prevede il CCEO in caso di ricorso contro un decreto penale?

155. Il CCEO prevede una procedura più semplice rispetto al CIC. Infatti, il can. 1487 § 1 CCEO prevede unicamente che il ricorso venga inviato alla CDF entro dieci giorni utili dalla notifica.

156. L’autore del decreto, in tal caso, non deve fare nulla, se non attendere eventuali istruzioni o richieste della CDF, che comunque lo informerà circa l’esito dell’esame del ricorso. Tuttavia, se si tratta dell’Ordinario, dovrà prendere atto degli effetti sospensivi del ricorso, di cui al n. 148.

IX. C’è qualcosa che bisogna tenere sempre presente?

157. Fin da quando si ha la notitia de delicto, l’accusato ha diritto di presentare domanda di essere dispensato da tutti gli oneri connessi con il suo stato di chierico, compreso il celibato, e, contestualmente, dagli eventuali voti religiosi. L’Ordinario o il Gerarca deve chiaramente informarlo di questo suo diritto. Qualora il chierico decidesse di avvalersi di questa possibilità, dovrà scrivere apposita domanda, rivolta al Santo Padre, presentandosi e indicando in breve le motivazioni per cui la chiede. La domanda deve essere chiaramente datata e firmata dall’Oratore. Essa andrà consegnata alla CDF, accompagnata dal votum dell’Ordinario o Gerarca. La CDF, a sua volta, provvederà all’inoltro e – se il Santo Padre accetterà l’istanza – trasmetterà all’Ordinario o Gerarca il rescritto di dispensa, chiedendogli di provvedere alla legittima notifica all’Oratore.

158. Per tutti gli atti amministrativi singolari emanati o approvati dalla CDF è data facoltà di ricorso ex art. 27 SST[17]. Il ricorso, ai fini della sua ammissibilità, deve determinare con chiarezza il petitum e contenere le motivazioni in iure e in factosulle quali si basa. Il ricorrente deve sempre avvalersi di un avvocato, munito di apposito mandato.

159. Se una Conferenza episcopale ha già provveduto a scrivere le proprie linee guida in merito al trattamento dei casi di abuso sessuale di minori, rispondendo all’invito fatto dalla CDF nel 2011, questo testo dovrà essere tenuto presente.

160. Capita talvolta che la notitia de delicto riguardi un chierico già deceduto. In tal caso, non può essere attivato alcun tipo di procedura penale.

161. Se un chierico segnalato muore durante l’indagine previa, non sarà possibile aprire una successiva procedura penale. Si raccomanda comunque all’Ordinario o al Gerarca di darne ugualmente informazione alla CDF.

162. Se un chierico accusato muore durante il processo penale, il fatto venga comunicato alla CDF.

163. Se, in fase di indagine previa, un chierico accusato ha perso tale stato canonico in seguito a concessione di dispensa o a pena imposta in altra procedura, l’Ordinario o il Gerarca valuti se sia opportuno condurre a termine l’indagine previa, a fini di carità pastorale e per esigenze di giustizia nei confronti delle presunte vittime. Se ciò poi avviene a processo penale già avviato, essa potrà comunque essere condotta a termine, se non altro ai fini di definire la responsabilità nell’eventuale delitto e di imporre eventuali pene. Va infatti ricordato che, nella definizione di delictum gravius, conta che l’accusato fosse chierico al tempo dell’eventuale delitto, non al tempo della procedura.

164. Fatto salvo quanto previsto dall’Istruzione sulla riservatezza delle cause del 6 dicembre 2019, l’autorità ecclesiastica competente (Ordinario o Gerarca) informi nei dovuti modi la presunta vittima e l’accusato, qualora ne facciano richiesta, circa le singole fasi del procedimento, avendo cura di non rivelare notizie coperte da segreto pontificio o segreto di ufficio la cui divulgazione potrebbe portare detrimento a terzi.

*.*.*

Questo Vademecum non pretende di sostituirsi alla formazione degli operatori del diritto canonico, in particolare per quanto riguarda la materia penale e processuale. Soltanto una conoscenza approfondita della Legge e dei suoi intendimenti potrà rendere il debito servizio alla verità e alla giustizia, da ricercarsi con peculiare attenzione in materia di delicta graviora in ragione delle profonde ferite che infliggono alla comunione ecclesiale.

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[1] Art. 7 SST - § 1. Fatto salvo il diritto della Congregazione per la Dottrina della Fede di derogare alla prescrizione per i singoli casi, l’azione criminale relativa ai delitti riservati alla Congregazione per la Dottrina della Fede si estingue per prescrizione in vent’anni. § 2. La prescrizione decorre a norma del can. 1362 § 2 del Codice di Diritto Canonico e del can. 1152 § 3 del Codice dei Canoni delle Chiese Orientali. Ma nel delitto di cui all’art. 6 § 1, 1°, la prescrizione inizia a decorrere dal giorno in cui il minore ha compiuto diciotto anni.

[2] Art. 24 SST - § 1. Nelle cause per i delitti di cui all’art. 4 § 1, il Tribunale non può rendere noto il nome del denunciante, né all’accusato, e neppure al suo Patrono, se il denunciante non ha dato espresso consenso. § 2. Lo stesso Tribunale deve valutare con particolare attenzione la credibilità del denunciante. § 3. Tuttavia, bisogna provvedere a che si eviti assolutamente qualunque pericolo di violazione del sigillo sacramentale.

[3] Art. 8 SST - § 2. Questo Supremo Tribunale giudica anche gli altri delitti […] in ragione della connessione della persona e della complicità.

[4] Can. 1428 CIC - § 1. Il giudice o il presidente del tribunale collegiale possono designare un uditore per svolgere l’istruttoria della causa, scegliendolo tra i giudici del tribunale o tra le persone approvate dal Vescovo a tale incarico. § 2. Il Vescovo può approvare all’incarico di uditore chierici o laici, che rifulgano per buoni costumi, prudenza e dottrina. Can. 1093 CCEO - § 1. Il giudice o il presidente del tribunale collegiale possono designare un uditore per svolgere l’istruttoria della causa, scegliendolo o tra i giudici del tribunale o tra i fedeli cristiani ammessi dal Vescovo eparchiale a questo ufficio. § 2. Il Vescovo eparchiale può ammettere all’ufficio di uditore dei fedeli cristiani, che si distinguano per buoni costumi, per prudenza e dottrina.

[5] Can. 1722 CIC - L’Ordinario per prevenire gli scandali, tutelare la libertà dei testimoni e garantire il corso della giustizia, può […] allontanare l'imputato dal ministero sacro o da un ufficio o compito ecclesiastico, imporgli o proibirgli la dimora in qualche luogo o territorio, o anche vietargli di partecipare pubblicamente alla santissima Eucaristia […]. Can. 1473 CCEO - Al fine di prevenire gli scandali, di proteggere la libertà dei testimoni e di tutelare il corso della giustizia, il Gerarca può […] impedire all’imputato l’esercizio dell’Ordine sacro, dell’ufficio, del ministero o di altro incarico, imporgli o proibirgli il soggiorno in qualche luogo o territorio, o anche proibirgli di ricevere pubblicamente la divina Eucaristia […].

[6] Can. 1339 CIC - § 1. L’Ordinario può ammonire, personalmente o tramite un altro, colui che si trovi nell’occasione prossima di delinquere, o sul quale dall’indagine fatta cada il sospetto grave d’aver commesso il delitto. § 2. Può anche riprendere, in modo appropriato alle condizioni della persona e del fatto, chi con il proprio comportamento faccia sorgere scandalo o turbi gravemente l’ordine. § 3. Dell’ammonizione e della riprensione deve sempre constare almeno da un qualche documento, che si conservi nell’archivio segreto della curia. Can. 1340 § 1 CIC: La penitenza che può essere imposta in foro esterno, consiste in una qualche opera di religione, di pietà o di carità da farsi. Can. 1427 CCEO - § 1: Salvo restando il diritto particolare, la riprensione pubblica ha luogo o davanti al notaio o a due testimoni oppure a mezzo di lettera in modo però che consti da qualche documento della ricezione e del contenuto della lettera. § 2. Bisogna guardarsi affinché nella riprensione pubblica non si dia uno spazio maggiore di quanto è necessario, all’infamia del reo.

[7] Art. 21 § 2, 2° SST - Alla Congregazione per la Dottrina della Fede è lecito: […] 2° deferire direttamente alla decisione del Sommo Pontefice in merito alla dimissione dallo stato clericale o alla deposizione, insieme alla dispensa dalla legge del celibato, i casi più gravi, quando consta manifestamente il compimento del delitto, dopo che sia stata data al reo la facoltà di difendersi.

[8] Can. 1483 CIC - Procuratore ed avvocato devono essere maggiorenni e di buona fama; l'avvocato deve inoltre essere cattolico, a meno che il Vescovo diocesano non permetta altrimenti, e dottore in diritto canonico, o in caso contrario veramente esperto, ed approvato dal Vescovo stesso.

[9] Ex analogia can. 1527 CIC - § 1. Possono essere addotte prove di qualunque genere, che sembrino utili per esaminare la causa e siano lecite.

[10] Ex analogia can. 1572 CIC - Nella valutazione delle testimonianze, il giudice, dopo aver richiesto, se necessario, lettere testimoniali, prenda in considerazione: 1) quale sia la condizione e l'onestà della persona; 2) se la testimonianza è fatta per conoscenza propria, soprattutto per aver veduto o udito personalmente, oppure in base alla propria opinione, per fama o per averlo udito da altri; 3) se il teste sia costante e fermamente coerente con se stesso, oppure sia variabile, insicuro o dubbioso; 4) se abbia contestimoni su quanto ha deposto, e sia confermato o no da altri elementi di prova.

[11] Can. 1336 CIC - § 1. Le pene espiatorie, che possono essere applicate a un delinquente in perpetuo oppure per un tempo prestabilito o indeterminato, oltre alle altre che la legge può eventualmente aver stabilito, sono queste: 1) la proibizione o l'ingiunzione di dimorare in un determinato luogo o territorio; 2) la privazione della potestà, dell'ufficio, dell'incarico, di un diritto, di un privilegio, di una facoltà, di una grazia, di un titolo, di un'insegna, anche se semplicemente onorifica; 3) la proibizione di esercitare quanto si dice al n. 2, o di farlo in un determinato luogo o fuori di esso; queste proibizioni non sono mai sotto pena di nullità; 4) il trasferimento penale ad altro ufficio; 5) la dimissione dallo stato clericale.

[12] Can. 1337 CIC - § 1. La proibizione di dimorare in un determinato luogo o territorio può essere applicata sia ai chierici sia ai religiosi; l'ingiunzione di dimorarvi può essere applicata ai chierici secolari e, nei limiti delle costituzioni, ai religiosi. § 2. Per infliggere l'ingiunzione di dimorare in un determinato luogo o territorio, è necessario che vi sia il consenso dell'Ordinario di quel luogo, salvo non si tratti di una casa destinata alla penitenza ed alla correzione dei chierici anche extradiocesani. Can. 1338 CIC - § 1. Le privazioni e le proibizioni recensite nel can. 1336 § 1, 2° e 3°, non si applicano mai a potestà, uffici, incarichi, diritti, privilegi, facoltà, grazie, titoli, insegne che non siano sotto la potestà del superiore che costituisce la pena. § 2. Non si può privare alcuno della potestà di ordine, ma soltanto proibire di esercitarla o di esercitarne alcuni atti; parimenti non si può privare dei gradi accademici. § 3. Per le proibizioni indicate nel can. 1336 § 1, 3°, si deve osservare la norma data per le censure al can. 1335.

[13] Can. 54 CIC - § 1. Il decreto singolare, la cui applicazione viene affidata all'esecutore, ha effetto dal momento dell'esecuzione; in caso contrario dal momento in cui viene intimato alla persona per autorità di colui che emette il decreto. § 2. Il decreto singolare, per poterne urgere l'osservanza, deve essere intimato con un legittimo documento a norma del diritto. Can. 55 CIC - Fermo restando il disposto dei cann. 37 e 51, quando una gravissima ragione si frapponga alla consegna del testo scritto del decreto, il decreto si ritiene intimato se viene letto alla persona cui è destinato di fronte a un notaio o a due testimoni, con la redazione degli atti, da sottoscriversi da tutti i presenti. Can. 56 CIC - Il decreto si ritiene intimato, se colui al quale è destinato, chiamato nel dovuto modo a ricevere o ad udire il decreto, senza giusta causa non comparve o ricusò di sottoscrivere.

[14] Can. 1429 CCEO - § 1. La proibizione di dimorare in un determinato luogo o territorio può colpire solo i chierici o i religiosi o i membri di una società di vita comune a guisa dei religiosi; la prescrizione invece di dimorare in un determinato luogo o territorio non può colpire se non i chierici ascritti a un'eparchia, salvo il diritto degli istituti di vita consacrata. § 2. Per infliggere la prescrizione di dimorare in un determinato luogo o territorio, si richiede il consenso del Gerarca del luogo, a meno che non si tratti o della casa di un istituto di vita consacrata di diritto pontificio o patriarcale, nel qual caso si richiede il consenso del Superiore competente, oppure di una casa destinata alla penitenza e all'emendamento di chierici di più eparchie.

[15] Can. 1430 CCEO - § 1. Le privazioni penali possono colpire soltanto le potestà, gli uffici, i ministeri, gli incarichi, i diritti, i privilegi, le facoltà, le grazie, i titoli, le insegne che sono sotto la potestà dell’autorità che costituisce la pena o del Gerarca che ha promosso il giudizio penale o che la infligge con decreto; lo stesso vale per il trasferimento penale ad altro ufficio. § 2. Non può esserci la privazione della potestà di ordine sacro, ma solo la proibizione di esercitare tutti o alcuni dei suoi atti a norma del diritto comune; così pure non può esserci la privazione dei gradi accademici.

[16] Can. 1737 § 2 CIC - Il ricorso deve essere presentato entro il termine perentorio di quindici giorni utili, che […] decorrono a norma del can. 1735.

[17] Art. 27 SST - Contro gli atti amministrativi singolari emessi o approvati dalla Congregazione per la Dottrina della Fede nei casi dei delitti riservati, si ammette il ricorso, presentato entro il termine perentorio di sessanta giorni utili, alla Congregazione Ordinaria (ossia, Feria IV) del medesimo Dicastero, la quale giudica il merito e la legittimità, eliminato qualsiasi ulteriore ricorso di cui all’art. 123 della Costituzione Apostolica “Pastor bonus.

[00874-IT.01] [Testo originale: Italiano]

Testo in lingua francese

 

Congrégation pour la Doctrine de la Foi

VADEMECUM
SUR QUELQUES POINTS DE PROCEDURE DANS LE TRAITEMENT DES CAS D’ABUS SEXUEL SUR MINEUR COMMIS PAR DES CLERCS

Nota Bene:

a. Outre les délits prévus par l’art. 6 des Normes promulguées par le motu proprioSacramentorum sanctitatis tutela”, ce qui suit est à observer – avec les adaptations éventuelles – dans tous les cas de délits réservés à la Congrégation pour la Doctrine de la Foi ;

b. Les abréviations ci-après seront utilisées dans la suite du document : CIC : Codex Iuris Canonici ; CCEO : Codex Canonum Ecclesiarum Orientalium ; SST : motu proprioSacramentorum sanctitatis tutela” – Norme emendate 2010 ; VELM: motu proprio Vos estis lux mundi – 2019 ; CDF : Congregatio pro Doctrina Fidei.

*.*.*

Introduction

Pour répondre aux nombreuses questions sur les étapes à suivre dans les affaires pénales relevant de sa compétence, la Congrégation pour la Doctrine de la Foi a préparé ce Vademecum destiné, avant tout, aux ordinaires et aux juristes ayant à mettre en œuvre la législation canonique concernant les cas d'abus sexuel sur mineurs commis par des clercs.

Il s'agit d'une sorte de manuel qui, depuis la notitia criminis jusqu’à la conclusion définitive de la cause, entend accompagner et guider pas à pas quiconque doit chercher la vérité dans le cas du délit susmentionné.

Ce texte ne modifie pas la législation en la matière, mais il a pour objectif de clarifier le parcours processuel. L’application en est tout de même recommandée, avec la conscience qu'une pratique homogène contribue à rendre plus claire l'administration de la justice.

Ses principales références sont les deux codes en vigueur (CIC et CCEO), les Normes sur les délits réservés à la Congrégation pour la Doctrine de la Foi de 2010 publiées par le motu proprio Sacramentorum Sanctitatis Tutela et modifiées par les Rescripta ex Audientia des 3 et 6 décembre 2019, le motu proprio Vos estis lux mundi et – dernière mais pas la moindre – la pratique de la Congrégation pour la Doctrine de la Foi, qui s’est de plus en plus précisée et consolidée ces dernières années.

S’agissant d'un instrument flexible, il est prévu qu'il puisse être mis à jour chaque fois que la législation ou la pratique de la Congrégation auront été modifiées, rendant nécessaires clarifications et amendements.

Le présent Vademecum ne comporte délibérément aucune indication sur le déroulement du procès pénal judiciaire en première instance car on estime suffisamment claire et détaillée la procédure établie par les Codes en vigueur.

Puisse cet instrument puisse aider les diocèses, les instituts de vie consacrée et les sociétés de vie apostolique, les conférences épiscopales et les diverses circonscriptions ecclésiastiques, à mieux comprendre et respecter les exigences de la justice concernant ce delictum gravius qui représente pour toute l’Eglise une blessure profonde et douloureuse demandant à être soignée.

I. Qu’est-ce qui constitue le délit ?

1. Le délit dont il s’agit comprend tout péché extérieur contre le sixième commandement du décalogue commis par un clerc avec un mineur (cf. can. 1395 § 2 CIC ; art. 6 § 1, 1° SST).

2. La typologie du délit est très large et peut inclure, par exemple, les relations sexuelles consenties et non consenties, le contact physique avec arrière-pensée sexuelle, l'exhibitionnisme, la masturbation, la production de pornographie, l'incitation à la prostitution, les conversations et/ou avances à caractère sexuel, même sur les réseaux sociaux.

3. L’âge du mineur concerné par ce délit a varié dans le temps. Jusqu'au 30 avril 2001, il était de moins de 16 ans, bien que dans certaines législations particulières – par exemple aux États-Unis depuis 1994 et en Irlande depuis 1996 – cet âge ait été déjà relevé à 18 ans. Depuis le 30 avril 2001, date de promulgation du motu proprio ‘‘Sacramentorum Sanctitatis Tutela’’, l'âge a été universellement relevé à 18 ans. Cette disposition est encore en vigueur actuellement. Ces variations doivent être prises en compte pour déterminer si le mineur était concerné selon la définition de la loi en vigueur à l'époque des faits.

4. L’appellation de mineur n’a pas d’incidence sur la distinction, parfois déduite des sciences psychologiques, entre actes de pédophilie et actes d’éphébophilie, ces derniers concernant des adolescents ayant atteint la puberté. La maturité sexuelle de ceux-là n'affecte pas la définition canonique du délit.

5. La révision du motu proprio SST, promulguée le 21 mai 2010, a établi qu’est équiparée au mineur la personne qui jouit habituellement d’un usage imparfait de la raison (cf. art. 6 § 1, 1° SST). L'expression personne vulnérable, définie comme « personne se trouvant dans un état d’infirmité, de déficience physique ou psychique, ou de privation de liberté personnelle qui, de fait, limite, même occasionnellement, sa capacité de compréhension ou de volonté, ou en tout cas de résistance à l’offense » (art. 1 § 2, b VELM), intègre des cas d’espèce débordant la compétence de la CDF, qui reste limitée, outre le mineur de moins de dix-huit ans, à la personne qui « jouit habituellement d’un usage imparfait de la raison ». Les autres cas d’espèce en dehors de ceux-ci sont traités par les Dicastères compétents (cf. art. 7 § 1 VELM).

6. Le motu proprio SST a également introduit trois nouveaux délits sur mineur, à savoir l’acquisition, la détention – même temporaire – et la divulgation d’images pornographiques de mineurs de moins de quatorze ans de la part d’un clerc, à une fin libidineuse, de quelque manière que ce soit et quel que soit l’instrument employé (cf. art. 6 § 1, 2° SST). Du 1er juin au 31 décembre 2019, l’acquisition, la détention et la divulgation de matériel pédopornographique impliquant des mineurs entre 14 et 18 ans, de la part de clercs ou de membres d’Instituts de vie consacrée ou de Sociétés de vie apostolique, sont des délits relevant de la compétence d’autres Dicastères (cf. artt. 1 et 7 VELM). Depuis le 1er janvier 2020, la compétence appartient à la Congrégation pour la Doctrine de la Foi pour ce qui concerne les clercs.

7. Ces trois délits ne peuvent donc être poursuivis canoniquement qu'à partir de l'entrée en vigueur de SST, soit à partir du 21 mai 2010. En revanche, la production de pornographie impliquant des mineurs entre dans la catégorie du délit indiqué aux nn. 1-4 de ce Vademecum et doit donc être poursuivie pour des faits antérieurs à cette date, en tenant compte de ce qui est rappelé au n. 3.

8. Selon le droit des religieux de l'Église latine, le délit mentionné au n. 1 peut également entraîner le renvoi de l’institut religieux (cf. cann. 695 ss. CIC). Il faut dès lors noter ce qui suit : a/ un tel renvoi n'est pas une peine, mais un acte administratif du modérateur suprême ; b/ pour qu’il soit décrété, la procédure décrite aux cann. 695, § 2, 699 et 700 CIC doit être scrupuleusement observée ; c/ la confirmation du décret de renvoi prévue par le can. 700 CIC doit être demandée à la CDF ; d/ le renvoi de l’institut entraîne la perte de l'incorporation à l’institut ainsi que la cessation des vœux et obligations découlant de la profession (cf. can. 701 CIC), mais aussi l'interdiction d'exercer l’Ordre reçu jusqu'à ce que soient vérifiées les conditions mentionnées dans le can. 701 CIC. Les mêmes règles, moyennant les adaptations appropriées, s'appliquent également aux membres définitivement incorporés dans les sociétés de vie apostolique (cf. can. 746 CIC).

II. Que faire quand on reçoit une information sur un délit présumé (notitia de delicto) ?

a/ Qu’entend-on par notitia de delicto ?

9. La notitia de delicto (cf. can. 1717 § 1 CIC ; can. 1468 § 1 CCEO ; art. 16 SST ; art. 3 VELM), parfois appelée notitia criminis, est toute information sur un délit éventuel, qui parvient de quelque manière que ce soit, à l'Ordinaire ou au Hiérarque. Il ne s’agit pas nécessairement d’une dénonciation officielle.

10. Cette notitia peut donc provenir de différentes sources : être présentée officiellement à l'Ordinaire ou au Hiérarque, oralement ou par écrit, par la victime présumée, par ses tuteurs, ou par d'autres personnes qui prétendent être informées des faits ; parvenir à l'Ordinaire ou au Hiérarque de par l'exercice de son devoir de vigilance ; être présentée à l'Ordinaire ou au Hiérarque par les autorités civiles, de la manière prescrite par les lois locales ; être diffusée par les médias, y compris les réseaux sociaux ; parvenir à leur connaissance à travers des rumeurs entendues et de toute autre manière.

11. Parfois, la notitia de delicto peut provenir d'une source anonyme, c'est-à-dire de personnes qui ne sont ni identifiées ni identifiables. L'anonymat du dénonciateur ne doit pas systématiquement faire considérer cette notitia comme fausse ; pour des raisons facilement compréhensibles, il convient toutefois d'être prudent lors de l'examen de ce type de notitia qui ne doit absolument pas être encouragé.

12. De même, il est conseillé de ne pas rejeter a priori la notitia de delicto provenant de sources dont la crédibilité peut à première vue sembler douteuse.

13. Parfois, la notitia de delicto ne fournit pas de détails précis (noms, lieux, horaires...). Bien que vague et indéterminée, elle doit être évaluée de manière adéquate etêtre approfondie, dans la mesure du possible, avec toute l'attention requise.

14. Il faut rappeler qu'une information de delictum gravius apprise en confession est placée sous le lien le plus strict du sceau sacramentel (cf. can. 983 § 1 CIC ; can. 733 § 1 CCEO ; art. 4 § 1, 5 ° SST). Le confesseur qui, lors de la célébration du sacrement, est mis au courant d'un delictum gravius, devra donc tenter de convaincre le pénitent de faire part de son information par d'autres voies, afin de permettre à qui de droit d’agir.

15. L'exercice du devoir de vigilance n’implique pas que l'Ordinaire ou le Hiérarque maintienne continuellement sous enquête les clercs qui lui sont soumis, mais il ne lui permet pas non plus d’omettre de s’informer de leur conduite dans ce domaine, surtout s'il a connaissance de suspicions, de comportements scandaleux, de conduites qui perturbent gravement l'ordre public ecclésial.

b/ Que faire lorsqu'une notitia de delicto a été reçue ?

16. L’art. 16 SST (cf. aussi les cann. 1717 CIC et 1468 CCEO) prévoit qu'après avoir reçu une notitia de delicto, il faut procéder à une enquête préalable si la notitia de delicto est « saltem verisimilis ». Si la notitia de delicto s’avérait dénuée de vraisemblance, on pourrait ne lui donner aucune suite, en veillant cependant à conserver la documentation accompagnée d'une note expliquant les raisons de cette décision.

17. Même en l’absence d'obligation juridique explicite, l’autorité ecclésiastique déposera une plainte auprès des autorités civiles compétentes chaque fois qu'elle l’estimera indispensable pour protéger tant la victime présumée que d'autres mineurs, du danger de nouveaux actes délictueux.

18. Vu la délicatesse de la matière – du fait, entre autres, que les péchés contre le sixième commandement du Décalogue se commettent rarement en présence de témoin – la notitia de delicto ne sera estimée invraisemblable qu'en cas d'impossibilité manifeste de procéder selon les normes du droit canonique. Par exemple, s'il apparaît qu’au moment du délit dont il est accusé, l'intéressé n'était pas encore clerc, ou s'il se révèle que la victime présumée n'était pas mineure de l’âge concerné (cf. n. 3), ou encore s’il est établi que la personne dénoncée ne pouvait pas être présente sur les lieux du délit au moment où se seraient produits les faits dont elle est accusée.

19. Cependant, même dans ce cas, il est souhaitable que l'Ordinaire ou le Hiérarque informe la CDF de la notitia de delicto et de la décision de surseoir à l'enquête préalable en raison du défaut manifeste de vraisemblance.

20. En pareil cas, on se souviendra qu’en l’absence de délit sur mineur mais en présence de comportements répréhensibles et imprudents, si cela s’avère nécessaire pour protéger le bien commun et éviter les scandales, il est au pouvoir de l'Ordinaire ou du Hiérarque de prendre des mesures administratives contre la personne dénoncée (par exemple, des limitations ministérielles), de lui imposer les remèdes pénaux mentionnés au can. 1339 CIC afin de prévenir les délits (cf. can. 1312 § 3 CIC), ou encore de lui adresser une réprimande publique selon le can. 1427 CCEO. Et si des délits non graviora ont été commis, l'Ordinaire ou le Hiérarque doit suivre les voies juridiques correspondant aux circonstances.

21. Selon le can. 1717 CIC et le can. 1468 CCEO, la charge de l’enquête préalable incombe à l'Ordinaire ou au Hiérarque qui a reçu la notitia de delicto, ou à une personne idoine déléguée par lui. Toute omission de cette obligation pourrait constituer une infraction punissable en vertu de l’un et l’autre codes de droit canonique, du motu proprio Comme une mère aimante, ainsi que de l'art. 1, § 1, b VELM.

22. L'Ordinaire ou le Hiérarque à qui revient cette tâche peut être celui du clerc dénoncé ou celui du lieu où le délit présumé aurait été commis. Dans ce cas, on comprend aisément que la communication et la collaboration entre les ordinaires concernés doivent être effectives, afin d'éviter les conflits de compétence ou des doublons dans le travail, spécialement si le clerc est religieux.

23. Si un Ordinaire ou un Hiérarque rencontre des difficultés pour ouvrir ou mener à bien l’enquête préliminaire, il s’adressera sans tarder à la CDF pour obtenir des conseils ou des réponses à d’éventuelles questions.

24. Il peut arriver que la notitia de delicto parvienne directement à la CDF, sans passer par l'Ordinaire ou le Hiérarque. Dans ce cas, la CDF peut leur demander de mener l'enquête ou la réaliser elle-même, selon l'art. 17 SST.

25. La CDF, d’elle-même, sur demande explicite ou par nécessité, peut également demander à un Ordinaire ou Hiérarque tiers de mener l'enquête préalable.

26. L'enquête canonique préalable doit être menée indépendamment de l'enquête correspondante des autorités civiles. Toutefois, si la législation de l'État interdit des enquêtes parallèles à la sienne, l'autorité ecclésiastique compétente s'abstiendra d'ouvrir l'enquête préalable et informera la CDF du signalement, lui communiquant tout matériel utile. S'il lui semble approprié d'attendre la fin de l'enquête civile pour en obtenir éventuellement les résultats ou pour d’autres raisons, il est bon que l'Ordinaire ou le Hiérarque consulte la CDF à ce sujet.

27. L’enquête doit être menée dans le respect des lois civiles de chaque État (cf. art. 19 VELM).

28. Comme on le sait, pour les délits dont il s’agit ici, les délais de prescription de l’action criminelle ont considérablement varié dans le temps. Les délais actuellement en vigueur sont définis à l'art. 7 SST [1]. Par ailleurs, ce même art. 7 §1 SSTpermettant à la CDF de déroger à la prescription au cas par cas, si l'Ordinaire ou le Hiérarque constate que le délai de prescription est atteint, il doit, après avoir donné suite à la notitia de delicto et à l’éventuelle enquête préalable, en communiquer les résultats à la CDF, à qui seule il revient de décider du maintien de la prescription ou de la dérogation. En transmettant les actes, l'Ordinaire ou le Hiérarque pourra utilement donner son propre avis sur l'éventuelle dérogation, motivé par les circonstances du cas (par exemple, l’état de santé ou l’âge du clerc, la possibilité pour celui-ci d'exercer son droit de défense, le dommage causé par l’action criminelle présumée, le scandale provoqué).

29. Dans ces préliminaires délicats, l'Ordinaire ou le Hiérarque peut recourir aux conseils de la CDF (ce qui peut se faire à tout moment dans le traitement d’un cas), tout comme il peut librement consulter des experts en droit pénal canonique. Dans ce dernier cas, on veillera à éviter toute diffusion inappropriée ou illicite d'informations au public, qui pourrait nuire à une éventuelle enquête préliminaire ultérieure ou donner l'impression d'avoir déjà déterminé avec certitude la vérité des faits ou la culpabilité du clerc en question.

30. Il convient de noter qu'à ce stade déjà, on est tenu de respecter le secret professionnel. On se souviendra cependant qu’aucune obligation de silence sur les faits ne peut être imposée à la personne qui fait le signalement, ni à la personne qui prétend avoir été lésée, ni aux témoins.

31. Conformément à l'art. 2 § 3 VELM, l'Ordinaire qui a reçu la notitia de delicto doit la transmettre sans délai à l'Ordinaire ou au Hiérarque du lieu où les faits se seraient produits, ainsi qu'à l'Ordinaire ou au Hiérarque de la personne signalée, c'est-à-dire pour un religieux à son supérieur majeur – s'il est son Ordinaire – et pour un diocésain, à l'Ordinaire du diocèse d’incardination ou au Hiérarque de l’éparchie d'incardination. Si l'Ordinaire ou le Hiérarque du lieu, et l'Ordinaire ou le Hiérarque propre ne sont pas la même personne, il est souhaitable qu'ils s’accordent sur celui qui mènera l'enquête. Si le signalement concerne un membre d’institut de vie consacrée ou de société de vie apostolique, le supérieur majeur en informera aussi le modérateur suprême, ainsi que, dans le cas des instituts et des sociétés de droit diocésain, l'Evêque de référence.

III. Comment l’enquête préliminaire se déroule-t-elle ?

32. L’enquête préliminaire se déroule selon les critères et les modalités déterminés par les can. 1717 CIC ou 1468 CCEO et rappelés ci-après.

a/ Qu’est-ce que l’enquête préliminaire ?

33. L’enquête préliminaire n’est pas un procès, et son but n’est pas d’atteindre la certitude morale au sujet du déroulement des faits qui font l’objet de l’accusation. Elle sert : a/ à la collecte des données utiles pour approfondir la notitia de delicto ; b/ à en établir la vraisemblance, autrement dit à définir ce qu’on appelle fumus delicti, c’est-à-dire le fondement suffisant en droit et en fait pour considérer que l’accusation est vraisemblable.

34. Pour cela, comme l’indiquent les canons cités au n. 32, l’enquête préliminaire doit recueillir des informations plus détaillées sur la notitia de delicto, au sujet des faits, des circonstances et de leur imputabilité. Il n’est pas nécessaire de procéder déjà dans cette phase à une collecte minutieuse des éléments de preuve (témoignages, expertises), tâche qui se réalisera ensuite lors de l’éventuelle procédure pénale. Ce qui est important, c’est de reconstruire, dans la mesure du possible, les faits sur lesquels se fonde l’accusation, le nombre et le temps des conduites délictueuses, leurs circonstances, des informations générales sur les victimes présumées, en ajoutant une première évaluation des éventuels dommages physique, psychique et moral. Il faut veiller à indiquer de possibles relations avec le for interne sacramentel, en tenant compte de ce que prescrit l’art. 24 SST [2]. On mentionnera aussi d’autres délits éventuels imputés à l’accusé (cf. art. 8 §2 SST [3]) et on indiquera les faits problématiques qui émergeraient de son profil biographique. Il peut être opportun de recueillir les témoignages et les documents en tout genre et de toute provenance – y compris les conclusions d’enquêtes ou de procès conduits par les Autorités civiles – qui peuvent s’avérer vraiment utiles pour circonstancier l’accusation et pour évaluer sa vraisemblance. Il est déjà possible d’indiquer d’éventuelles circonstances excusantes, atténuantes ou aggravantes, comme prévu par la loi. Il peut aussi être utile de recueillir d’ores et déjà des témoignages de crédibilité concernant les personnes dénonciatrices et les victimes présumées. On trouvera en Appendice au présent Vademecum un imprimé récapitulatif des données utiles, que l’enquêteur devra prendre en compte et remplir (cf. n. 69).

35. Au cas où, durant l’enquête préliminaire, on serait informé d’autres notitiae de delicto, celles-ci devront être approfondies dans la même enquête.

36. Comme déjà mentionné, l’acquisition des conclusions des enquêtes au for civil – ou de l’ensemble des actes du procès devant le Tribunal civil – pourrait rendre superflue l’enquête préliminaire canonique. Celui qui est chargé de mener l’enquête préliminaire doit cependant examiner soigneusement l’enquête civile parce que ses critères (par exemple au sujet du délai de prescription, de la typologie du délit, de l’âge de la victime…) peuvent être sensiblement différents dispositions de la loi canonique. Dans ce cas aussi, il est conseillé de consulter la CDF, en cas de doute.

37. L’enquête préliminaire pourrait aussi être superflue en cas de délit notoire et sur lequel ne subsiste aucun doute (par exemple en cas d’acquisition des actes de procédures civiles ou d’aveu de la part du clerc).

b/ Quels actes juridiques faut-il accomplir pour ouvrir l’enquête préliminaire ?

38. Si l’Ordinaire ou le Hiérarque compétent estime opportun de recourir à une autre personne idoine pour mener l’enquête (cf. n. 21), il la choisira selon les critères des can. 1428 §§ 1-2 CIC ou 1093 CCEO [4].

39. Pour la désignation de l’enquêteur, compte-tenu de la coopération qui peut être offerte par des laïcs en vertu des cann. 228 CIC et 408 CCEO (cf. art. 13 VELM), l’Ordinaire ou le Hiérarque doit prendre en considération le fait que, selon les cann. 1717 § 3 CIC et 1468 § 3 CCEO, si un procès pénal judiciaire devait se dérouler par la suite, la même personne ne pourra pas y exercer la fonction de juge. La pratique suggère que le même critère soit utilisé pour la nomination du délégué et des assesseurs dans le cas d’un procès extrajudiciaire.

40. Selon les cann. 1719 CIC et 1470 CCEO, l’Ordinaire ou le Hiérarque doit émettre un décret d’ouverture de l’enquête préliminaire, par lequel il nomme celui qui dirige l’enquête, en signalant dans le texte qu’il a les pouvoirs indiqués dans les cann. 1717 § 3 CIC ou 1468 § 3 CCEO.

41. Bien que la loi ne le prévoie pas expressément, il est recommandé qu’un notaire prêtre soit nommé (cf. can. 483 § 2 CICet can. 253 § 2 CCEO, où sont indiqués d’autres critères de choix), pour assister celui qui mène l’enquête préliminaire et garantir que les actes de celle-ci fassent publiquement foi (cf. can. 1437 § 2 CIC et 1101 § 2 CCEO).

42. Il est à noter toutefois que, ne s’agissant pas d’actes de procédure, la présence du notaire n’est pas nécessaire ad validitatem.

43. Dans la phase d’enquête préliminaire, la nomination d’un promoteur de justice n’est pas prévue.

c/ Quels actes complémentaires peut-on ou doit-on accomplir durant l’enquête préliminaire ?

44. Les cann. 1717 § 2 et 1468 § 2 CCEO, et les artt. 4 § 2 et 5 § 2 VELM font référence à la protection de la bonne réputation des personnes impliquées (accusé, victimes présumées, témoins), pour que le signalement n’engendre ni préjudice, ni représailles, ni discrimination. Celui qui mène l’enquête préliminaire doit y prêter une attention particulière, en prenant toutes les précautions utiles, car le droit à la bonne réputation est un droit des fidèles garanti par les cann. 220 CICet 23 CCEO. Il est à noter toutefois que ces canons garantissent contre les atteintes illégitimes à ce droit : lorsque le bien commun est menacé, la publication d’informations concernant l’existence d’une accusation ne constitue donc pas nécessairement une violation de la bonne réputation. En outre, les personnes impliquées doivent être informées qu’en cas de séquestre judiciaire ou de réquisition des actes d’enquête de la part des autorités civiles, il ne sera plus possible pour l’Eglise de garantir la confidentialité des dépositions et de la documentation recueillies au for canonique.

45. Dans tous les cas, surtout quand on doit publier des communiqués de presse sur la question, c’est avec précaution que l’on communiquera des informations, usant d’un style sobre et succinct, évitant des annonces sensationnelles, s’abstenant strictement de tout jugement anticipé concernant la culpabilité ou l’innocence de la personne signalée – celle-ci ne sera établie qu’au terme d’un éventuel procès pénal visant à vérifier le fondement de l’accusation – et se conformant à l’éventuelle volonté de respect de la confidentialité manifestée par les victimes présumées.

46. Puisque, comme il a été dit, on ne peut pas encore définir à ce stade l’éventuelle culpabilité de la personne signalée, on évitera soigneusement, dans les communiqués de presse ou dans les communications privées, quelque affirmation que ce soit, au nom de l’Eglise, de l’institut ou de la société, ou à titre personnel, qui pourrait constituer une anticipation du jugement sur le fond.

47. On se souviendra que les plaintes, les procès et les décisions relatifs aux délits visés par l’art. 6 SST relèvent du secret professionnel. Cela n’interdit pas au plaignant – surtout s’il a l’intention de s’adresser aussi aux autorités civiles – de rendre publiques ses propres actions. En outre, étant donné que toutes les notitiae de delicto ne sont pas des plaintes, il est possible d’évaluer à l’occasion si l’on doit se considérer comme tenu au secret, gardant à l’esprit le respect de la bonne réputation visé au n. 44.

48. Toujours à ce propos, il faut aborder l’obligation que l’Ordinaire ou le Hiérarque, a ou n’a pas d’informer les autorités civiles de la notitia de delicto reçue et de l’enquête préliminaire ouverte. Les principes applicables sont : a/ les lois de l’Etat doivent être observées (cf. art. 19 VELM) ; b/ on doit respecter la volonté de la victime présumée, à condition qu’elle ne soit pas contraire à la législation civile, et, comme il sera dit au n. 56, l’encourager à exercer de ses devoirs et droits devant les autorités de l’État, en ayant soin de conserver une trace documentaire de cette suggestion, évitant aussi toute forme de dissuasion à l’égard de la victime présumée. On observera, toujours et de toute manière, les éventuelles conventions (concordats, accords, ententes) passées entre le Siège Apostolique et les Nations.

49. Lorsque les lois de l’État imposent à l’Ordinaire ou au Hiérarque le signalement d’une notitia de delicto, ce dernier y est tenu, même s’il est prévisible que, conformément aux lois de l’Etat, il n’y aura pas d’ouverture de procédure (par exemple à cause de la prescription ou pour d’autres dispositions concernant le type de délit).

50. Si les autorités judiciaires civiles émettent un ordre exécutif légitime requérant la remise des documents concernant les causes, ou ordonnent le séquestre judiciaire de ces documents, l’Ordinaire ou le Hiérarque devra coopérer avec elles. En cas de doutes sur la légitimité d’une telle requête et d’un tel séquestre, l’Ordinaire ou le Hiérarque pourront consulter des conseils juridiques sur les moyens disponibles en droit local. Dans tous les cas, il est opportun d’informer immédiatement le représentant pontifical.

51. S’il s’avérait nécessaire d’écouter un mineur ou une personne équiparée, on suivra les normes civiles du pays ainsi que les modalités conformes à son âge et à son état, en permettant, par exemple, que le mineur soit accompagné d’une personne majeure en qui il a confiance, et en évitant qu’il ait un contact direct avec l’accusé.

52. Dans la phase de l’enquête préliminaire, c’est une tâche particulièrement délicate de l’Ordinaire ou du Hiérarque, que de décider si et quand informer l’accusé au sujet de l’enquête.

53. Pour cela, il n’existe pas de critère uniforme ni de dispositions explicites de la loi. Il faut évaluer l’ensemble des biens qui sont en jeu : outre la protection de la bonne réputation des personnes intéressées, il faut aussi prendre en compte, par exemple, le risque de perturber l’enquête préliminaire, le scandale des fidèles, l’opportunité de recueillir en premier lieu les éléments d’indices qui pourraient être utiles ou nécessaires.

54. Si l’on décide d’écouter la personne signalée, étant donné qu’il s’agit d’une phase qui précède le jugement, il n’est pas obligatoire de la pourvoir d’un avocat d’office. Si elle le juge opportun elle pourra toutefois se prévaloir de l’assistance d’un avocat choisi par elle. On ne peut pas imposer la prestation du serment à la personne signalée (cf. par analogie cann. 1728 § 2 CIC et 1471 § 2 CCEO).

55. Les autorités ecclésiastiques doivent s’engager à ce que la victime présumée et sa famille soient traitées avec dignité et respect ; elles doivent leur offrir accueil, écoute et accompagnement, y compris à travers des services spécifiques, tels que l’assistance spirituelle, médicale et psychologique, selon le cas (cf. art. 5 VELM). Cela peut également être fait à l’égard de l’accusé. On évitera cependant de donner l’impression de vouloir anticiper les conclusions du procès.

56. Il est absolument nécessaire, à ce stade, d’éviter tout acte qui pourrait être interprété par les victimes présumées comme un obstacle à l’exercice de leurs droits civils devant les autorités de l’État.

57. Là où existent des structures étatiques ou ecclésiastiques d’information et d’aide aux victimes présumées, ou de conseil pour les autorités ecclésiales, il est bon de s’adresser aussi à elles. Ces structures ont simplement pour but le conseil, l’orientation et l’assistance, et leurs analyses ne constituent aucune manière des décisions processuelles canoniques.

58. Pour protéger la bonne réputation des personnes impliquées, le bien public, et pour éviter d’autres faits (par exemple, la diffusion du scandale, le risque de dissimulation des preuves futures, les menaces ou d’autres conduites visant à détourner la victime présumée de l’exercice de ses droits, la provocation d’autres victimes éventuelles), selon l’art. 19 SST l’Ordinaire ou le Hiérarque a le droit, dès le début de l’enquête préliminaire, d’imposer les mesures conservatoires énumérées dans les cann. 1722 et 1473 CCEO [5].

59. Les mesures conservatoires énumérées dans ces canons constituent une liste taxative, à savoir qu’on ne pourra choisir que l’une ou plusieurs d’entre elles.

60. Cela n’empêche pas que l’Ordinaire ou le Hiérarque puisse, selon ses pouvoirs, imposer d’autres mesures disciplinaires qui, en toute rigueur de termes, ne pourront pas être qualifiées de « mesures conservatoires ».

d/ Comment impose-t-on les mesures conservatoires ?

61. Il faut tout d’abord préciser que la mesure conservatoire n’est pas une peine – les peines ne sont infligées qu’au terme d’un procès pénal – mais un acte administratif dont le but est défini par les cann. 1722 CIC et 1473 CCEO. L’aspect non pénal de la mesure doit être bien expliqué à l’intéressé pour qu’il ne pense pas avoir été jugé ou puni avant l’heure. Il est à noter aussi que les mesures conservatoires doivent être révoquées si la cause qui les a provoquées disparaît, et qu’elles cessent avec la conclusion d’un éventuel procès pénal. En outre, elles peuvent être modifiées – par aggravation ou par allègement – si les circonstances le demandent. En tous cas, prudence et discernement particuliers sont de mise quand il s’agit de juger de la disparition de la cause qui a provoqué les mesures ; il n’est pas exclu, enfin, qu’après avoir été révoquées, elles puissent être à nouveau imposées.

62. On constate fréquemment qu’est encore utilisée l’ancienne terminologie de suspense a divinis pour désigner la mesure conservatoire d’interdiction d’exercice du ministère imposée à un clerc. Il convient d’éviter cette expression, tout comme celle de suspense ad cautelam, car dans la législation en vigueur la suspense est une peine. Elle ne peut donc pas être infligée à ce stade. En termes appropriés, on parlera, par exemple, de mesure d’interdiction ou de prohibition de l’exercice du ministère.

63. Il faut éviter de procéder simplement à un transfert d’office, de circonscription, de maison religieuse pour le clerc impliqué, comme si son éloignement du lieu du délit présumé ou des victimes présumées pouvait constituer une solution satisfaisante.

64. Les mesures conservatoires visées au n. 58 sont imposées par le moyen d’un précepte particulier légitimement notifié à l’intéressé (cf. cann. 49 ss et 1319 CIC, 1406 et 1510 ss CCEO).

65. L’on se souviendra que, lorsqu’on décide de modifier ou de révoquer les mesures conservatoires, il faut le faire par un décret spécifique légitimement notifié. Ce qui n’est pas nécessaire au terme du procès pénal éventuel, puisqu’elles cessent alors en vertu du droit.

e/ Que faut-il faire pour conclure l’enquête préliminaire ?

66. Il est recommandé, par équité et pour un exercice raisonnable de la justice, que la durée de l’enquête préliminaire soit délimitée par les fins propres de l’enquête, à savoir permettre une évaluation fondée de la vraisemblance de la notitia de delicto et de l’existence du fumus delicti qui s’y rapporte. Un prolongement injustifié de l’enquête préliminaire peut constituer une négligence de la part de l’autorité ecclésiastique.

67. Si l’enquête a été menée par une personne idoine nommée par l’Ordinaire ou le Hiérarque, celle-ci lui en remettra les actes, avec une évaluation personnelle des résultats de l’enquête.

68. Selon les cann. 1719 CIC et 1470 CCEO, il revient à l’Ordinaire ou au Hiérarque de décréter la clôture de l’enquête préliminaire.

69. Aux termes de l’art. 16 SST, une fois conclue l’enquête préliminaire, quel qu’en soit le résultat, l’Ordinaire ou le Hiérarque doit en envoyer les actes à la CDF, en copie certifiée conforme et dans les plus brefs délais. A la copie des actes et au tableau récapitulatif en annexe au présent document, il adjoindra sa propre évaluation des résultats de l’enquête (votum), faisant part aussi de ses suggestions éventuelles sur la manière de procéder (par exemple, s’il juge opportun d’entamer une procédure pénale et de quel type ; si l’on peut tenir pour suffisante la peine imposée par les autorités civiles ; s’il est préférable que l’Ordinaire ou le Hiérarque applique des mesures administratives ; si l’on doit invoquer la prescription du délit ou en concéder la dérogation).

70. Si l’Ordinaire ou le Hiérarque qui a mené l’enquête préliminaire est aussi supérieur majeur, il convient qu’il transmette aussi une copie du dossier de l’enquête au modérateur suprême – ou, dans le cas d’un institut ou d’une société de droit diocésain, à l’Evêque de référence – car c’est avec eux que la CDF communiquera par la suite. A son tour, le modérateur suprême – et respectivement l’Evêque de référence – enverra son votum à la CDF, comme indiqué au n. 69.

71. Si l’Ordinaire qui a mené l’enquête préliminaire n’est pas l’Ordinaire du lieu où a été commis le délit présumé, il communiquera à celui-ci les conclusions de l’enquête.

72. Les actes seront envoyés en un seul exemplaire ; il est utile qu’ils soient authentifiés par le notaire de l’enquête préliminaire, ou à défaut par un notaire de la curie.

73. Les cann. 1719 CIC et 1470 CCEO disposent que l’exemplaire original des actes sera conservé dans les archives secrètes de la curie.

74. Toujours selon l’art. 16 SST, une fois les actes de l’enquête préliminaire envoyés à la CDF, l’Ordinaire ou le Hiérarque devra attendre les communications ou les instructions de la CDF.

75. Evidemment, si entre-temps d’autres éléments relatifs à l’enquête préliminaire ou à de nouvelles accusations émergent, ils seront transmis le plus vite possible à la CDF, pour compléter ce qui est déjà en sa possession. Si par la suite il semble utile de rouvrir l’enquête préliminaire à cause de ces éléments, on le communiquera immédiatement à la CDF.

IV. Que peut faire la CDF à cette étape ?

76. A réception des actes de l’enquête préliminaire, la CDF en accuse immédiatement réception à l’Ordinaire, au Hiérarque, ou au modérateur suprême (mais aussi à la Congrégation pour les Instituts de Vie Consacrée et les Sociétés de Vie Apostolique si le clerc est religieux ou membre d’une société de vie apostolique, à la Congrégation pour les Eglises orientales si le clerc appartient à une Eglise orientale, à la Congrégation pour l’Evangélisation des Peuples si le clerc appartient à un territoire relevant de ce Dicastère), en communiquant – si cela n’a pas déjà été fait – le numéro de Protocole attribué au cas. Ce numéro doit être rappelé dans toute communication ultérieure avec la CDF.

77. Dans un deuxième temps, après examen attentif des actes de l’enquête, plusieurs possibilités s’ouvrent à la CDF : archiver le cas ; demander un approfondissement de l’enquête préliminaire ; imposer des mesures disciplinaires non pénales, ordinairement à travers un précepte pénal ; imposer des remèdes pénaux, des pénitences, des monitions ou des réprimandes ; ouvrir un procès pénal ; identifier d’autres voies de sollicitude pastorale. La décision prise est communiquée à l’Ordinaire, avec les instructions appropriées pour sa mise en œuvre.

a/ En quoi consistent les mesures disciplinaires non pénales ?

78. Les mesures disciplinaires non pénales sont des actes administratifs particuliers – c’est-à-dire des actes de l’Ordinaire ou du Hiérarque, ou encore de la CDF – imposant à l’accusé de faire ou ne pas faire quelque chose. Dans ces cas, on impose ordinairement des limitations de l’exercice du ministère, plus ou moins étendues selon le cas, comme aussi parfois l’obligation de résider dans un lieu déterminé. On souligne qu’il ne s’agit pas de peines, mais d’actes de gouvernement destinés à garantir et protéger le bien commun et la discipline ecclésiale, et à éviter le scandale des fidèles.

b/ Qu’est-ce qu’un précepte pénal ?

79. La forme ordinaire d’imposition de ces mesures est le précepte pénal selon le can. 1319 §1 CIC et 1406, §1 CCEO. Le can. 1406 §2 CCEO lui assimile la monition avec menace de peine.

80. Les formalités requises pour un précepte sont celles déjà mentionnées (cann. 49 ss. CIC et 1510 ss. CCEO). Cependant, pour qu’il s’agisse d’un précepte pénal, le texte doit indiquer clairement la peine prévue au cas où le destinataire du précepte transgresserait les mesures qui lui sont imposées.

81. Il faut rappeler que, selon le can. 1319 §1 CIC, on ne peut pas infliger de peines expiatoires perpétuelles par précepte pénal ; bien plus, la peine doit être clairement déterminée. D’autres exclusions de peines sont prévues par le can 1406 §1 CCEO pour les fidèles de rite oriental.

82. Cet acte administratif admet un recours dans les délais fixés par la loi.

c/ En quoi consistent les remèdes pénaux, les pénitences et les réprimandes publiques ?

83. Pour la définition des remèdes pénaux, des pénitences et des réprimandes publiques, on se reportera respectivement aux cann. 1339, 1340 §1 CIC et 1427 CCEO[6].

V. Quelles sont les décisions possibles au terme d’un procès pénal ?

84. Les décisions au terme du procès pénal, qu’il soit judiciaire ou extrajudiciaire, pourront être de trois ordres :

- décision de culpabilité (constat), si la culpabilité de l’accusé concernant le délit qui lui est imputé est moralement certaine. On devra alors indiquer spécifiquement le type de sanction canonique infligée ou déclarée ;

- relaxe (ou acquittement) (constat de non), si la non culpabilité de l’accusé est moralement certaine, parce que le fait est inexistant, ou que l’accusé ne l’a pas commis, ou que le fait n’est pas prévu par la loi comme délit, ou qu’il a été commis par une personne à qui il ne peut pas être imputé;

- relaxe (ou acquittement) au bénéfice du doute (non constat), s’il n’a pas été possible d’atteindre la certitude morale de la culpabilité de l’accusé, par défaut ou insuffisance ou contradiction de la preuve de l’existence du fait ou de sa commission par l’accusé, ou de son imputabilité à l’accusé.

Il est possible de pourvoir au bien public ou au bien de l’accusé par des monitions appropriées, des remèdes pénaux ou d’autres moyens dictés par la sollicitude pastorale (cf. can. 1348 CIC).

La décision rendue par sentence ou par décret devra indiquer auquel de ces trois genres elle se réfère, de telle sorte qu’il soit clair qu’est établie la culpabilité…, ou qu’est établie l’innocence…, ou qu’au bénéfice du doute, la culpabilité n’est pas établie…

VI. Quelles sont les procédures pénales possibles ?

85. Selon la loi, trois procédures pénales sont possibles : le procès pénal judiciaire, le procès pénal extrajudiciaire, la procédure de l’art. 21 § 2, 2° SST.

86. La procédure prévue par l’art. 21 § 2, 2° SST [7] est réservée aux cas très graves. Elle se conclut par une décision directe du Souverain Pontife et prévoit que l’exercice du droit de défense est garanti à l’accusé, même si la consommation du délit est manifeste.

87. En ce qui concerne le procès pénal judiciaire, on renvoie aux dispositions de la loi, tant des Codes respectifs que des artt. 8-15, 18-19, 21 §1, 22-31 SST.

88. Le procès pénal judiciaire ne requiert pas la double sentence conforme. Par conséquent, la décision, éventuellement confirmée par une sentence de deuxième instance, détermine la res iudicata (voir également l’art. 28 SST). Contre une sentence passée en force de chose jugée, ne sont possibles que la restitutio in integrum – à condition de produire des éléments qui rendent manifeste son injustice (cf. cann. 1645 CIC, 1326 CCEO) – et la plainte en nullité (cf. cann. 1619 ss. CIC, 1302 ss. CCEO). Le Tribunal constitué pour ce type de procès est toujours collégial et composé d’un minimum de trois juges. Jouissent du droit d’interjeter appel de la sentence du premier degré, non seulement la partie accusée qui s’estime injustement lésée mais aussi le promoteur de justice de la CDF (cf. art. 26 § 2 SST).

89. Selon les artt. 16 et 17 SST, le procès pénal judicaire peut être mené par la CDF ou confié à un Tribunal inférieur. La décision à ce sujet est communiquée aux intéressés par une lettre exécutoire appropriée.

90. Même durant un procès pénal judiciaire ou extrajudiciaire l’on peut imposer à l’accusé les mesures conservatoires des nn. 58-65.

a/ Qu’est-ce que le procès pénal extrajudiciaire ?

91. Le procès pénal extrajudiciaire, quelquefois appelé « procès administratif », est une forme de procès pénal qui réduit les formalités prévues dans le procès judiciaire, afin d’accélérer le cours de la justice, sans pour autant éliminer les garanties processuelles requises pour un procès juste (cf. cann. 221 CIC et 24 CCEO).

92. Pour les délits réservés à la CDF, l’art. 21 § 2, 1° SST, dérogeant aux cann. 1720 CIC et 1486 CCEO, dispose que seule la CDF, dans des cas particuliers, ex officio ou sur requête de l’Ordinaire ou du Hiérarque, est habilitée à décider s’il faut procéder par cette voie.

93. Tout comme le procès judiciaire, le procès pénal extrajudiciaire peut être mené à la CDF ou être confié à une instance inférieure, ou bien à l’Ordinaire ou au Hiérarque de l’accusé, ou encore à des tiers délégués par la CDF, sur requête éventuelle de l’Ordinaire ou du Hiérarque. La décision à ce sujet est communiquée aux intéressés par une lettre exécutoire appropriée.

94. Le procès pénal extrajudiciaire se déroule selon des formalités légèrement différentes selon les deux Codes. S’il y a des ambiguïtés concernant le Code à adopter – par exemple dans le cas des clercs de rite latin qui œuvrent dans des Eglises orientales, ou des clercs de rite oriental qui travaillent dans des circonscriptions latines – il faudra décider avec la CDF quel code appliquer, et par la suite se tenir scrupuleusement à cette décision.

b/ Comment le procès pénal extrajudiciaire se déroule-t-il selon le CIC ?

95. Lorsqu’un Ordinaire est chargé par la CDF de mener un procès pénal extrajudiciaire, il doit tout d’abord décider s’il préside personnellement le procès ou s’il nomme un délégué. Il doit, en outre, nommer deux assesseurs, qui l’assisteront, ou son délégué, dans la phase d’évaluation. Pour les choisir, il est opportun de se référer aux critères des cann. 1424 et 1448 § 1 CIC. Il faut aussi nommer un notaire, selon les critères du n. 41 ci-avant. Il n’est pas prévu de nommer un promoteur de justice.

96. Les nominations susmentionnées sont faites par décret. Les officiaux doivent prêter serment d’accomplir fidèlement leur charge, en observant le secret. La prestation du serment doit être consignée dans les actes.

97. L’Ordinaire ou son délégué doit ensuite ouvrir le procès par un décret de citation de l’accusé. Ce décret doit contenir l’indication claire de la personne convoquée, du lieu et du moment où elle devra comparaître, de la raison pour laquelle elle est convoqué, à savoir : prendre connaissance de l’accusation que le texte du décret rappellera dans les grandes lignes, et des preuves correspondantes – il n’est pas nécessaire de les énumérer dans le décret – et exercer son droit de défense.

98. Bien que ce ne soit pas explicitement prévu par la loi pour le procès extrajudiciaire, s’agissant d’une matière pénale, il est très opportun que l’accusé, selon les dispositions des cann. 1723 et 1481 §§ 1-2 CIC, ait un procureur et/ou un avocat qui l’assiste, choisi par lui ou sinon nommé par le Tribunal. Le nom de l’avocat doit être communiqué à l’Ordinaire ou à son délégué avant la session de notification des accusations et des preuves, par un mandat authentique de procureur, selon le can. 1484 § 1 CIC, de manière à pouvoir vérifier que sont satisfaites les conditions prévues par le can. 1483 CIC [8].

99. Si l’accusé refuse ou néglige de comparaître, l’Ordinaire ou son délégué évaluera s’il faut procéder à une deuxième citation.

100. L’accusé qui refuse ou néglige de comparaître lors de la première ou, éventuellement, de la deuxième convocation, sera averti de la poursuite du procès en son absence. Cette information peut être communiquée dès la première citation. Si l’accusé a négligé ou refusé de comparaître, on en dressera procès-verbal et l’on procèdera ad ulteriora.

101. Au jour et à l’heure de la session de notification des accusations et des preuves, les actes de l’enquête préliminaire et les éventuelles autres preuves ultérieurement recueillies, seront présentés à l’accusé et à son éventuel avocat. On les informera de l’obligation de respecter le secret professionnel.

102. Si le cas implique le sacrement de la Pénitence, l’on veillera avec une particulière attention au respect de l’art. 24 SSTqui prévoit que l’on ne donne pas connaissance du nom de la victime présumée à l’accusé, à moins que celle-ci n’y ait expressément consenti.

103. Il n’est pas obligatoire que les assesseurs prennent part à la session de notification.

104. La notification de l’accusation et des preuves a pour but de donner à l’accusé la possibilité de se défendre (cf. can. 1720, 1° CIC).

105. Par le terme accusation, on entend le délit dont la victime présumée, ou une autre personne, soutient qu’il a eu lieu, selon ce qui résulte de l’enquête préliminaire. Présenter l’accusation signifie donc faire connaître à l’accusé le délit qu’on lui attribue, selon ce qui le constitue (par exemple, lieu de l’événement, nombre et éventuellement nom des victimes présumées, circonstances).

106. Par preuves, on désigne tout matériel recueilli pendant l’enquête préliminaire et éventuellement acquis : tout d’abord les procès-verbaux des accusations portées par les victimes présumées ; puis les documents pertinents (par exemple, dossiers médicaux, courriers échangés même électroniques, photographies, preuves d’achat, relevés de compte bancaire) ; les procès-verbaux des déclarations d’éventuels témoins ; et, enfin, d’éventuelles expertises (médicales – parmi lesquelles des expertises psychiatriques –, psychologiques, graphologiques) que celui qui a mené l’enquête aura estimé devoir recueillir ou faire exécuter. On observera les règles de confidentialité éventuellement imposées par la loi civile.

107. Tout ce matériel est qualifié de preuve parce que, même recueilli dans une phase antérieure au procès, il le devient automatiquement à partir du moment où le procès extrajudiciaire est ouvert.

108. A tout moment du procès, il est permis à l’Ordinaire ou son délégué d’ordonner la collecte de preuves supplémentaires, si cela leur paraît opportun selon les résultats de l’enquête préliminaire. Ceci se produire aussi à la demande de l’accusé dans la phase de défense. Les résultats seront bien sûr présentés à l’accusé au cours de cette phase. Si de nouveaux éléments d’accusation ou de preuve ont été trouvés, ce qui a été recueilli sur instance de la défense sera présenté à l’accusé lors d’une nouvelle session de contestation de l’accusation et des preuves ; autrement, ce matériel pourra être considéré simplement comme partie intégrante de la défense.

109. La défense peut advenir selon deux modalités : a/ elle est recueillie séance tenante moyennant procès-verbal signé par toutes les personnes présentes, en particulier par l’Ordinaire ou son délégué, l’accusé et l’avocat éventuel, le notaire) ; b/ en fixant un délai raisonnable dans lequel cette défense sera présentée par écrit à l’Ordinaire ou à son délégué.

110. On se rappellera que, selon le can. 1728 § 2 CIC, l’accusé n’est pas tenu d’avouer son délit, et que le serment de veritate dicenda ne peut pas lui être imposé.

111. La défense de l’accusé peut évidemment utiliser tous les moyens licites, comme par exemple la demande d’audition de témoins de partie, ou la présentation de documents et d’expertises.

112. Pour l’admission des preuves et, en particulier, le recueil des déclarations des témoins éventuels, on s’en tiendra aux critères discrétionnaires fournis au juge par la loi générale sur le procès contentieux[9].

113. Si le cas concret l’exige, l’Ordinaire ou son délégué évaluera la crédibilité des personnes intervenues au procès[10]. Toutefois, dès lors qu’est en jeu le sacrement de pénitence, il doit le faire au sujet de la personne qui porte la dénonciation, selon l’art. 24 § 2 SST.

114. S’agissant d’un procès pénal, l’intervention de la personne qui porte dénonciation n’est pas obligatoire durant le procès. Cette personne a, de fait, exercé son droit en contribuant à la formation de l’accusation et à collecte des preuves. A partir de ce moment, l’accusation est portée par l’Ordinaire ou son délégué.

c/ Comment le procès pénal extrajudiciaire se conclut-il selon le CIC ?

115. L’Ordinaire ou son délégué, comme prévu au can. 1720, 2° CIC, invite les deux assesseurs à fournir leur évaluation des preuves et des arguments de la défense, dans un délai raisonnable. Il peut aussi, dans le même décret, les inviter à une session commune, pour procéder à cette évaluation. L’objectif d’une telle session est évidemment de faciliter l’analyse, la discussion et la confrontation. Pour cette session facultative mais recommandée, il n’est pas prévu de formalités juridiques particulières.

116. L’ensemble des actes du procès sera préalablement communiqué aux assesseurs, à qui on accordera un temps convenable pour l’étude et l’évaluation personnelle. Il convient de leur rappeler l’obligation d’observer le secret professionnel.

117. Bien que la loi ne le prévoie pas, il est souhaitable que l’avis des assesseurs soit présenté par écrit, en vue de faciliter la rédaction ultérieure du décret conclusif par celui qui en est chargé.

118. Dans le même but, si l’évaluation des preuves et des arguments de la défense se fait durant une session commune, il est conseillé de prendre note des interventions et de la discussion, même sous la forme d’un procès-verbal signé par les intervenants. Ces écrits relèvent du secret professionnel et ne doivent pas être diffusés.

119. S’il conste avec certitude de la commission du délit, l’Ordinaire ou son délégué prendra un décret conclusif du procès, pour imposer la peine, le remède pénal ou la pénitence selon ce qu’il estimera le plus adéquat à réparer le scandale, rétablir de la justice et amender le coupable (cf. can. 1720, 3° CIC).

120. L’Ordinaire se souviendra que pour imposer une peine expiatoire perpétuelle selon l’art. 21 § 2, 1° SST, il doit avoir reçu mandat de la CDF. Par-là, et seulement dans ces cas, il est fait dérogation au can. 1342 § 2 CIC qui interdit d’infliger par décret des peines perpétuelles.

121. Les seules peines perpétuelles sont celles que liste le can. 1336 § 1 CIC[11], avec les recommandations des cann. 1337 et 1338 CIC[12].

122. S’agissant d’un procès extrajudiciaire, on aura soin de rappeler que le décret pénal n’est pas une sentence, laquelle n’est émise qu’au terme d’un procès judiciaire, même si, comme une sentence, il inflige une peine.

123. Le décret en question est un acte personnel de l’Ordinaire ou de son délégué, il ne doit donc pas être signé par les assesseurs mais seulement authentifié par le notaire.

124. Outre les formalités générales prévues pour tout décret (cf. cann. 48-56 CIC), le décret pénal devra citer, dans leurs grandes lignes, les principaux éléments de l’accusation et du déroulement du procès, mais surtout exposer au moins brièvement les motifs de la décision, en droit – énumérant les canons sur lesquels la décision se fonde (par exemple, ceux qui définissent le délit, les éventuelles circonstances atténuantes, excusantes ou aggravantes) et exposant, au moins substantiellement, la logique juridique qui préside à leur application – et en fait.

125. La motivation en fait est évidemment la plus délicate, parce que l’auteur du décret doit exposer les raisons pour lesquelles, en confrontant le dossier d’accusation et les déclarations de la défense – ce dont il devra rendre compte synthétiquement dans l’exposé – il a acquis la certitude de la consommation ou de la non consommation du délit, ou n’a pas acquis de certitude morale.

126. Comprenant bien que tous ne possèdent pas la connaissance articulée du droit canonique et de son langage formel, il est demandé, dans le décret pénal, de mettre en évidence le raisonnement tenu, plutôt que de chercher à soigner dans le détail la précision terminologique. On recourra éventuellement à l’aide de personnes compétentes.

127. La notification du décret dans son intégralité – et pas seulement de sa partie dispositive – se fera par les moyens légaux (cf cann. 54-56 CIC[13]) et doit être établie en bonne et due forme.

128. Dans tous les cas, il faut envoyer à la CDF une copie authentique des actes du procès – s’ils n’ont pas déjà été transmis – et du décret notifié.

129. Si la CDF décide de se saisir du procès pénal extrajudiciaire, toutes les obligations prévues à partir du n. 91 lui incombent, restant sauf le droit de solliciter la collaboration d’instances inférieures, si cela s’avère nécessaire.

d/ Comment le procès pénal extrajudiciaire se déroule-t-il selon le CCEO ?

130. Comme signalé au n. 94, le procès pénal extrajudiciaire selon le CCEO comporte certaines particularités propres à ce droit. Pour la fluidité de l’exposé et afin d’éviter les répétitions, on indiquera seulement ces particularités : de ce fait, à la procédure présentée jusque-là et en accord avec le CIC, on fera les adaptations ci-après.

131. Il convient de rappeler tout d’abord que la norme du can. 1486 CCEO doit être scrupuleusement suivie, sous peine d’invalidité du décret pénal.

132. Le procès pénal extrajudiciaire selon le CCEO ne prévoit pas d’assesseurs. En revanche, la présence du promoteur de justice est obligatoire.

133. La session de notification de l’accusation et des preuves doit se dérouler obligatoirement en présence du promoteur de justice et du notaire.

134. Selon le can. 1486 § 1, 2° CCEO, la session de notification et l’audition de la défense doivent se faire uniquement lors d’une discussion orale. Ceci n’exclut pas toutefois que, pour cette discussion, la défense puisse être remise sous forme écrite.

135. Il est recommandé de peser avec une particulière attention, selon la gravité du délit, si les peines énoncées au can. 1426 § 1 CCEO sont vraiment adéquates pour atteindre l’objectif du can. 1401 CCEO. Dans le choix de la peine, on respectera les cann. 1429[14] et 1430[15] CCEO.

136. Le Hiérarque ou son délégué se souviendra que les interdictions faites par le can. 1402 § 2 CCEO sont abrogées en vertu de l’art. 21 § 2, 1° SST. Par conséquent, il pourra appliquer par décret une peine expiatoire perpétuelle, après avoir obtenu le mandat préalable de la CDF selon ce même art. 21 § 2, 1° SST.

137. Les critères des nn. 119-126 valent pour la rédaction du décret pénal.

138. La notification, se fera selon les dispositions du can. 1520 CCEO et doit être établie en bonne et due forme.

139. Pour tout ce qui n’a pas été dit dans les numéros ci-avant, on se référera aux dispositions du CIC relatives au procès extrajudiciaire, y compris pour le déroulement d’un éventuel procès à la CDF.

e/ Le décret pénal relève-t-il du secret professionnel ?

140. Comme déjà mentionné au n. 47, les actes du procès et la décision relèvent du secret professionnel. Il faut le rappeler à tous ceux qui interviennent dans le procès, quel que soit leur titre.

141. Le décret doit être notifié intégralement à l’accusé. La notification doit être faite à son procureur, si l’accusé a eu recours à ses services.

VII. Qu’est ce qui peut arriver au terme d’un procès pénal ?

142. Selon le type de procédure suivi, plusieurs possibilités se présentent à celui qui y est intervenu en tant que partie.

143. Dans la procédure de l’art. 21 § 2, 2° SST, s’agissant d’un acte du Pontife Romain, celui-ci est sans appel (cf cann. 333 § 3 CIC et 45 § 3 CCEO).

144. Au terme d’un procès pénal judiciaire, s’ouvrent les possibilités de recours prévues par la loi, c’est-à-dire la plainte en nullité, la restitutio in integrum et l’appel.

145. Selon l’art. 20, 1° SST, le seul tribunal de deuxième instance pouvant être saisi est celui de la CDF.

146. Pour interjeter appel, on suit la disposition de la loi, en prenant soin de noter que l’art. 28, 2° SST modifie le délai d’appel, en imposant le délai péremptoire d’un mois, calculé selon les cann. 202 § 1 CIC et 1545 § 1 CCEO. Cet article modifie aussi la modalité de l’appel, celui-ci comportant un acte unique.

147. Au terme d’un procès pénal extrajudiciaire, il est possible de présenter un recours contre le décret conclusif dans les délais prévus par la loi, c’est-à-dire par les cann. 1734 ss. CIC et 1487 CCEO (cf. VIII ci-après).

148. Les appels et les recours, selon les cann. 1353 CIC, 1319 et 1487 § 2 CCEO, ont un effet suspensif de la peine.

149. Puisque la peine est suspendue et qu’on retourne à une phase analogue à celle du procès, les mesures conservatoires restent en vigueur avec les mêmes avertissements et modalités dont il s’agit aux nn. 56-65.

VIII. Que faut-il faire en cas de recours contre un décret pénal ?

150. La loi prévoit des modalités différentes selon le code concerné.

a/ Que prévoit le CIC en cas de recours contre un décret pénal ?

151. Celui qui entend présenter un recours contre un décret pénal, aux termes du can. 1734 CIC, doit au préalable demander sa modification à l’auteur (l’Ordinaire ou son délégué), dans un délai péremptoire de dix jours utiles à compter de la notification légitime du décret.

152. L’auteur, selon le can. 1735 CIC, dans les trente jours à compter du moment où il a reçu la demande, peut répondre en corrigeant son décret – dans ce cas, il sera bon de consulter la CDF au préalable – ou en rejetant la demande. Il a aussi la faculté de ne pas y répondre.

153. Contre le décret corrigé, le rejet de la demande ou le silence de l’auteur, la personne qui fait recours peut s’adresser à la CDF, directement ou par l’intermédiaire de l’auteur du décret (cf. can. 1737 § 1 CIC), ou par un procureur, dans le délai péremptoire de 15 jours utiles prévu par le can. 1737 § 2 CIC[16].

154. Si le recours hiérarchique a été présenté à l’auteur du décret, ce dernier doit le transmettre immédiatement à la CDF(cf. can. 1737 § 1 CIC). Après quoi – comme lorsque le recours est présenté directement à la CDF – l’auteur du décret attendra les instructions ou requêtes éventuelles de la CDF qui l’informera toujours de l’issue de l’examen du recours.

b/ Que prévoit le CCEO en cas de recours contre un décret pénal ?

155. Le CCEO établit une procédure plus simple que celle du CIC. En effet, le can. 1487 § 1 CCEO prévoit seulement que le recours sera envoyé à la CDF dans un délai de dix jours utiles à compter de la notification du décret.

156. L’auteur du décret, dans ce cas, ne doit rien faire, sinon attendre d’éventuelles instructions ou requêtes de la CDF qui l’informera toujours de l’issue de l’examen du recours. Cependant, s’il s’agit de l’Ordinaire, celui-ci devra prendre acte des effets suspensifs du recours dont il s’agit au can. 148 CCEO.

IX. De quoi faut-il toujours tenir compte ?

157. Dès réception de la notitia delicto, l’accusé a le droit de demander à être dispensé de toutes les obligations connexes de l’état clérical, y compris le célibat, et, selon le cas, des vœux religieux éventuels. L’Ordinaire ou le Hiérarque doit l’informer clairement de ce droit. Si le clerc décide d’user de cette possibilité, il écrira une supplique appropriée, adressée au Saint-Père, dans laquelle il se présente et indique brièvement le motif pour lequel il fait cette demande. La demande doit être datée et signée par le suppliant. Elle sera remise à la CDF, accompagnée du votum de l’Ordinaire ou du Hiérarque. La CDF, à son tour, se chargera de la transmettre et, si le Saint-Père accepte l’instance, elle communiquera à l’Ordinaire ou au Hiérarque le rescrit de dispense, lui demandant de se charger de sa notification légitime au requérant.

158. Pour tous les actes administratifs particuliers émanant ou approuvés par la CDF, la faculté de recours est définie par l’art. 27 SST [17]. Le recours, pour être admissible, doit déterminer avec clarté le petitum et contenir les motivations in iure et in facto sur lesquelles il se fonde. La personne qui présente le recours doit toujours faire appel à un avocat mandaté à cet effet.

159. Si une Conférence épiscopale a déjà pris soin de rédiger ses propres directives concernant le traitement des cas d’abus sexuels sur mineurs, en réponse à l’invitation faite par la CDF en 2011, ce texte devra être pris en compte.

160. Il arrive parfois que la notitia de delicto concerne un clerc déjà décédé. Dans ce cas, aucun type de procédure pénale ne peut être engagé.

161. Si un clerc signalé meurt durant l’enquête préliminaire, il ne sera pas possible d’ouvrir une procédure pénale ultérieure. Il est toutefois recommandé à l’Ordinaire ou au Hiérarque d’en informer la CDF.

162. Si un clerc accusé meurt durant le procès pénal, ce fait sera communiqué à la CDF.

163. Si, durant la phase d’enquête préliminaire, un clerc accusé a perdu l’état clérical par concession de la dispense ou en raison d’une peine infligée dans un autre procès, l’Ordinaire ou le Hiérarque évaluera s’il est opportun de conduire l’enquête préliminaire jusqu’à son terme, à des fins de charité pastorale et par exigence de justice pour les victimes présumés. Si cela se produit alors que la procédure pénale est déjà engagée, celle-ci pourra être menée à terme, ne serait-ce que pour définir la responsabilité sur le délit présumé et pour imposer des peines éventuelles. On se souviendra qu’entre dans la définition du delictum gravius le fait que l’accusé est clerc à l’époque du délit présumé, et non à celle de la procédure.

164. Restant sauves les dispositions de l’Instruction sur la confidentialité des causes, du 6 décembre 2019, l’autorité ecclésiastique compétente – l’Ordinaire ou le Hiérarque – informera la victime présumée et l’accusé de la manière qui convient, s’ils en font la demande, des diverses étapes de la procédure, en prenant soin de ne pas révéler d’informations relevant du secret pontifical ou du secret professionnel, dont la divulgation pourrait porter préjudice à des tiers.

*.*.*

Ce Vademecum ne prétend pas se substituer à la formation des opérateurs du droit canonique, surtout dans le domaine pénal et processuel. Seule une connaissance approfondie de la loi et de ses intentions pourra rendre à la vérité et à la justice le service qui leur est dû, particulièrement en matière de graviora delicta, du fait des blessures profondes infligées à la communion ecclésiale.

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[1] Art. 7 SST - § 1. Restant sauf le droit de la Congrégation pour la Doctrine de la Foi de déroger à la prescription cas par cas, l’action criminelle relative aux délits réservés à la Congrégation pour la Doctrine de la Foi est prescrite au bout de vingt ans. § 2. La prescription commence à courir selon la norme du can. 1362 § 2 du Code de droit canonique et du can. 1152 § 3 du Code des Canons des Églises orientales. Mais pour le délit dont il s’agit à l’art. 6 § 1 n. 1, la prescription commence à courir du jour où le mineur a eu dix-huit ans.

[2] Art. 24 SST - § 1. Dans les causes pour les délits dont il s’agit à l’art. 4 § 1, le Tribunal ne peut rendre public le nom du plaignant ni à l’accusé ni même à son avocat, à moins que le plaignant ait donné son consentement explicite. § 2. Le même Tribunal doit évaluer avec une particulière attention la crédibilité du plaignant. § 3. Toutefois, il faut veiller à éviter absolument tout risque de violation du secret sacramentel.

[3] Art. 8 SST - § 2. Ce Tribunal Suprême connaît aussi des autres délits […] en raison d’un lien de personne et de complicité.

[4] Can. 1428 CIC - § 1. Le juge ou le président du tribunal collégial peut désigner un auditeur pour instruire la cause ; il le choisit parmi les juges du tribunal ou parmi les personnes approuvées par l’Évêque pour cette fonction. § 2. Pour la fonction d’auditeur, l’Évêque peut approuver des clercs ou des laïcs se distinguant par leurs bonnes mœurs, leur prudence et leur doctrine. Can. 1093 CCEO - § 1. Le juge ou le président du tribunal collégial peuvent désigner un auditeur pour instruire la cause, en le choisissant parmi les juges du tribunal ou parmi les fidèles chrétiensadmis par l’Evêque éparchial à cet office. § 2. L’Evêque éparchial peut admettre à l’office d’auditeur des fidèles chrétiens qui se distinguent par leurs bonnes mœurs, leur prudence et leur doctrine.

[5] Can. 1722 CIC - Pour prévenir des scandales, pour protéger la liberté des témoins et garantir le cours de la justice, après avoir entendu le promoteur de justice et l'accusé lui-même, l'Ordinaire peut à tout moment du procès écarter l'accusé du ministère sacré ou d'un office ou d'une charge ecclésiastique, lui imposer ou lui interdire le séjour dans un endroit ou un territoire donné, ou même lui défendre de participer en public à la très sainte Eucharistie […]. Can. 1473 CCEO - Pour prévenir les scandales, pour protéger la liberté des témoins et garantir le cours de la justice, après avoir entendu le promoteur de justice et cité l'accusé lui-même, le hiérarque peut en tout état et à tout degré du procès pénal écarter l'accusé de l'exercice de l'ordre sacré, de l'office, du ministère ou d'une autre charge, lui imposer ou lui interdire le séjour dans un endroit ou un territoire donné, ou même lui défendre la réception en public de la Divine Eucharistie […].

[6] Can. 1339 CIC - § 1. À la personne qui se met dans l'occasion proche de commettre un délit ou sur laquelle, après une enquête sérieuse, pèse un grave soupçon d'avoir commis un délit, l'Ordinaire peut faire une monition par lui-même ou par autrui. § 2. À la personne dont le comportement a provoqué un scandale ou une grave perturbation de l'ordre, l'Ordinaire peut même donner une réprimande d'une manière adaptée aux conditions particulières de personne et de fait. Can. 1340 - § 1. La pénitence, qui peut être imposée au for externe, consiste dans l'accomplissement d'une œuvre de religion, de piété ou de charité. Can. 1427 CCEO - § 1 : Restant sauf le droit particulier, la réprimande publique sera faite devant le notaire ou deux témoins ou bien par lettre de telle sorte cependant que la réception et le contenu de la lettre soient attestés par un document. § 2. Il faut veiller à ce que la réprimande publique elle-même ne donne pas lieu à une infamie du coupable plus grande qu'il ne faut.

[7] Art. 21 § 2, 2° SST - Toutefois, la Congrégation pour la Doctrine de la Foi peut légitimement : […] 2° déférer directement les cas les plus graves à la décision du Souverain Pontife, pour le renvoi de l’état clérical ou la déposition avec dispense de la loi du célibat, quand le délit est manifestement constaté et après avoir accordé au coupable la possibilité de se défendre.

[8] Can. 1483 CIC - Le procureur et l'avocat doivent être majeurs et de bonne réputation ; en outre l'avocat doit être catholique, à moins que l'Évêque diocésain ne permette une exception, docteur ou encore vraiment expert en droit canonique, et approuvé par l'Évêque.

[9] Ex analogia can. 1527 CIC - § 1. Des preuves de toute nature peuvent être produites, pourvu qu'elles semblent utiles pour instruire la cause et qu'elles soient licites.

[10] Ex analogia can. 1572 CIC – Pour apprécier les témoignages, le juge, après avoir, si nécessaire, demandé des lettres testimoniales, prendra en considération : 1) la qualité de la personne et son honorabilité ; 2) si le témoignage est fait d'après sa propre connaissance, en particulier de ce qu'elle a elle-même vu et entendu, ou d'après son opinion personnelle, d'après la rumeur publique, d'après ce qu'elle a appris par d'autres; 3) si le témoin est constant et toujours cohérent dans ses dires, ou s'il varie, s'il est incertain, s'il hésite ; 4) s'il y a d'autres témoins de ce qu'il affirme, ou que d'autres éléments de preuve le confirment ou non.

[11] Can. 1336 CIC - § 1. Les peines expiatoires qui peuvent atteindre un délinquant, soit à perpétuité, soit pour un temps fixé d'avance ou un temps indéterminé, outre celles qu'une loi aurait éventuellement prévues, sont les suivantes : 1) l'interdiction ou l'ordre de demeurer dans un lieu ou un territoire donné; 2) la privation d'un pouvoir, d'un office, d'une charge, d'un droit, d'un privilège, d'une faculté, d'une faveur, d'un titre, d'une marque de distinction même purement honorifique; 3) l'interdiction d'exercer ce qui est énuméré au n. 2, ou de le faire dans un lieu ou hors d'un lieu donné; ces interdictions ne sont jamais sous peine de nullité ; 4) le transfert pénal à un autre office ; 5) le renvoi de l’état clérical.

[12] Can. 1337 CIC - § 1. L'interdiction de demeurer dans un lieu ou un territoire donné peut atteindre les clercs ou les religieux ; mais l'ordre d'y demeurer peut atteindre les clercs séculiers et, dans les limites de leurs constitutions, les religieux. § 2. Pour que l'ordre de demeurer dans un lieu ou un territoire donné soit infligé, il faut de plus le consentement de l'Ordinaire de ce lieu, à moins qu'il ne s'agisse d'une maison destinée aussi aux clercs extradiocésains qui doivent faire pénitence ou s'amender.

Can. 1338 CIC - § 1. Les privations et les interdictions dont il s'agit au can. 1336 § 1, 2° et 3°, n'atteignent jamais les pouvoirs, les offices, les charges, les droits, les privilèges, les facultés, les faveurs, les titres, les honneurs qui ne relèveraient pas du Supérieur qui a fixé la peine. § 2. La privation du pouvoir d'ordre n'est pas possible, mais seulement l'interdiction d'exercer ce pouvoir ou d'en exercer certains actes ; de même n'est pas possible la privation des grades académiques. § 3. En ce qui concerne les interdictions dont il s'agit au can. 1336 § 1, 3°, il faut observer la règle donnée au can. 1335 pour les censures.

[13] Can. 54 CIC - § 1. Un décret particulier dont l'application est confiée à un exécutant produit effet à partir du moment de l’exécution ; sinon, à partir du moment où il est signifié au destinataire par l'autorité dont il émane. § 2. Pour pouvoir en urger l'application, le décret particulier doit être signifié selon le droit par un document légitime. Can. 55 CIC – Restant sauves les dispositions des cann. 37 et 51, quand une cause très grave empêche que le texte écrit du décret soit remis, le décret est considéré comme signifié s'il est lu à son destinataire devant un notaire ou deux témoins ; procès-verbal devra en être dressé et signé par tous ceux qui sont présents. Can. 56 CIC – Un décret est tenu pour signifié si, sans juste cause, son destinataire dûment appelé pour le recevoir ou l'entendre ne s'est pas présenté ou a refusé de signer.

[14] Can. 1429 CCEO - § 1. L'interdiction de demeurer dans un lieu ou un territoire donné peut affecter seulement les clercs ou les religieux ou les membres d'une société de vie commune à l'instar des religieux, mais la prescription de demeurer dans un lieu ou un territoire donné ne peut affecter que les clercs inscrits à une éparchie, restant sauf le droit des instituts de vie consacrée. § 2. Pour infliger la prescription de demeurer dans un lieu ou un territoire donné, il faut le consentement du hiérarque du lieu, à moins qu’il ne s’agisse ou d’une maison d’un institut de vie consacrée droit pontifical ou patriarcal dans ce cas il faut le consentement du Supérieur compétent, ou d'une maison destinée aux clercs de plusieurs éparchies qui doivent faire pénitence ou s'amender.

[15] Can. 1430 CCEO - § 1. Les privations pénales peuvent atteindre seulement les pouvoirs, les offices, les ministères, les charges, les droits, les privilèges, les facultés, les faveurs, les titres, les insignes qui relèvent de l'autorité qui établit la peine ou du hiérarque qui a engagé le procès pénal ou qui inflige la peine par décret ; la même disposition vaut pour le transfert pénal à un autre office. § 2. La privation du pouvoir d'ordre sacré n'est pas possible, mais seulement l'interdiction d'en exercer tous les actes ou certains d'entre eux selon le droit commun ; de même n'est pas possible la privation des grades académiques.

[16] Can. 1737 § 2 CIC – Le recours doit être présenté dans le délai obligatoire de quinze jours utiles, qui […] courent selon le can. 1735.

[17] Art. 27 SST – Contre les actes administratifs particuliers émis ou approuvés par la Congrégation pour la Doctrine de la Foi dans le cas des délits réservés, le recours est admis, par présentation dans le délai péremptoire de soixante jours utiles à la Congrégation ordinaire (ou Feria IV) de ce même Dicastère, laquelle juge du fond et de la légitimité, étant exclu tout recours ultérieur dont il s’agit à l’art. 123 de la Constitution Apostolique Pastor bonus.

[00874-FR.01] [Texte original: Français]

Testo in lingua inglese

CONGREGATION FOR THE DOCTRINE OF THE FAITH

VADEMECUM
ON CERTAIN POINTS OF PROCEDURE
IN TREATING CASES OF SEXUAL ABUSE OF MINORS
COMMITTED BY CLERICS

NOTA BENE:

a. In addition to the delicts listed in art. 6 of the Normae promulgated by the Motu Proprio Sacramentorum Sanctitatis Tutela, what follows is to be observed – with eventual adaptations – in all cases involving delicts reserved to the Congregation for the Doctrine of the Faith;

b. The following abbreviations will be used: CIC: Codex Iuris Canonici; CCEO: Codex Canonum Ecclesiarum Orientalium; SST: Motu Proprio Sacramentorum Sanctitatis Tutela – 2010 Revised Norms; VELM: Motu Proprio Vos Estis Lux Mundi – 2019; CDF: Congregatio pro Doctrina Fidei.

* * *

Introduction

In response to numerous questions about the procedures to be followed in those penal cases for which it is competent, the Congregation for the Doctrine of the Faith has prepared this Vademecum, intended primarily for Ordinaries and other personnel needing to apply the canonical norms governing cases of the sexual abuse of minors by clerics.

The present manual is meant to serve as a handbook for those charged with ascertaining the truth in such criminal cases, leading them step-by-step from the notitia criminis to the definitive conclusion of the case.

While not issuing new norms or altering current canonical legislation, this manual seeks to clarify the various stages of the procedures involved. Its use is to be encouraged, since a standardized praxis will contribute to a better administration of justice.

Reference is made above all to the two Codes presently in force (CIC and CCEO); the Norms on Delicts Reserved to the Congregation for the Doctrine of the Faith in the revised 2010 version, issued with the Motu Proprio Sacramentorum Sanctitatis Tutela, taking account of the revisions introduced by the Rescripta ex Audientia of 3 and 6 December 2019; the Motu Proprio Vos Estis Lux Mundi; and, not least, the praxis of the Congregation for the Doctrine of the Faith, which has in recent years become increasingly clear and consolidated.

Intended to be flexible, this manual can be periodically updated if the norms to which it refers are modified, or if the praxis of the Congregation calls for further clarifications and revisions.

A choice was made not to include in this Vademecum guidelines for carrying out the judicial penal process in the first grade of judgment, since it was felt that the procedure set forth in the present Codes is sufficiently clear and detailed.

It is hoped that this handbook will assist Dioceses, Institutes of Consecrated Life and Societies of Apostolic Life, Episcopal Conferences and the various ecclesiastical circumscriptions to better understand and implement the requirements of justice regarding a delictum gravius that constitutes for the whole Church a profound and painful wound that cries out for healing.

I. What constitutes the delict?

1. The delict in question includes every external offense against the sixth commandment of the Decalogue committed by a cleric with a minor (cf. canon 1395 § 2 CIC; art. 6 § 1, 1º SST).

2. The typology of the delict is quite broad; it can include, for example, sexual relations (consensual or non-consensual), physical contact for sexual gratification, exhibitionism, masturbation, the production of pornography, inducement to prostitution, conversations and/or propositions of a sexual nature, which can also occur through various means of communication.

3. The concept of “minor” in these cases has varied over the course of time. Prior to 30 April 2001, a minor was defined as a person under 16 years of age (even though in some particular legislations – for example in the United States [from 1994] and Ireland [from 1996] – the age had already been raised to 18). After 30 April 2001, with the promulgation of the Motu Proprio Sacramentorum Sanctitatis Tutela, the age was universally raised to 18 years, and this is the age currently in effect. These variations must be taken into account when determining whether the “minor” in question was in fact such, according to the legal definition in effect at the time of the facts.

4. The use of the term “minor” does not reflect the distinction occasionally proposed by the psychological sciences between acts of “paedophilia” and those of “ephebophilia”, that is, involving post-pubescent adolescents. Their degree of sexual maturity does not affect the canonical definition of the delict.

5. The revision of the Motu Proprio SST, promulgated on 21 May 2010, states that a person who habitually has the imperfect use of reason is to be considered equivalent to a minor (cf. art. 6 § 1, 1º SST). With regard to the use of the term “vulnerable adult”, elsewhere described as “any person in a state of infirmity, physical or mental deficiency, or deprivation of personal liberty which, in fact, even occasionally limits their ability to understand or to want or otherwise resist the offence” (cf. art. 1 § 2, b VELM), it should be noted that this definition includes other situations than those pertaining to the competence of the CDF, which remains limited to minors under eighteen years of age and to those who “habitually have an imperfect use of reason”. Other situations outside of these cases are handled by the competent Dicasteries (cf. art. 7 § 1 VELM).

6. SST has also introduced (cf. art. 6 § 1, 2º SST) three new delicts involving minors, i.e., the acquisition, possession (even temporary) or distribution by a cleric of pornographic images of minors under the age of 14 (as of 1 January 2020, under the age of 18) for purposes of sexual gratification by whatever means or using whatever technology. From 1 June to 31 December 2019, the acquisition, possession, or distribution of pornographic material involving minors between 14 and 18 years of age by clerics or by members of Institutes of Consecrated Life or Societies of Apostolic Life are delicts for which other Dicasteries are competent (cf. arts. 1 and 7 VELM). From 1 January 2020, the CDF is competent for these delicts if committed by clerics.

7. It should be noted that these three delicts can be addressed canonically only after the date that SST took effect, namely, 21 May 2010. The production of pornography involving minors, on the other hand, falls under the typology of delict listed in nos. 1-4 of the present Vademecum, and therefore is also to be dealt with if it occurred prior to that date.

8. In accordance with the law governing religious who are members of the Latin Church (cf. canons 695ff. CIC), the delict mentioned above in no. 1 can also entail dismissal from a religious Institute. The following should be kept in mind: a/ such dismissal is not a penalty, but rather an administrative act of the supreme Moderator; b/ to issue a decree of dismissal, the relevant procedure described in canons 695 § 2, 699 and 700 CIC must be carefully followed; c/ confirmation of the decree of dismissal demanded by canon 700 CIC must be requested from the CDF; d/ dismissal from the Institute entails the loss of membership in the Institute and the cessation of vows and obligations deriving from profession (cf. canon 701 CIC), as well as the prohibition of exercising any sacred orders received until the conditions referred to in canon 701 CIC are met. The same rules, suitably adapted, are also applicable to definitively incorporated members of Societies of Apostolic Life (cf. canon 746 CIC).

II. What must be done when information is received about a possible delict (notitia de delicto)?

a/ What is meant by the term notitia de delicto?

9. A notitia de delicto (cf. canon 1717 § 1 CIC; canon 1468 § 1 CCEO; art. 16 SST; art. 3 VELM), occasionally called notitia criminis, consists of any information about a possible delict that in any way comes to the attention of the Ordinary or Hierarch. It need not be a formal complaint.

10. This notitia can come from a variety of sources: it can be formally presented to the Ordinary or Hierarch, orally or in writing, by the alleged victim, his or her guardians or other persons claiming to have knowledge about the matter; it can become known to the Ordinary or Hierarch through the exercise of his duty for vigilance; it can be reported to the Ordinary or Hierarch by the civil authorities through channels provided for by local legislation; it can be made known through the communications media (including social media); it can come to his knowledge through hearsay, or in any other adequate way.

11. At times, a notitia de delicto can derive from an anonymous source, namely, from unidentified or unidentifiable persons. The anonymity of the source should not automatically lead to considering the report as false. Nonetheless, for easily understandable reasons, great caution should be exercised in considering this type of notitia, and anonymous reports certainly should not be encouraged.

12. Likewise, when a notitia de delicto comes from sources whose credibility might appear at first doubtful, it is not advisable to dismiss the matter a priori.

13. At times, a notitia de delicto lacks specific details (names, dates, times…). Even if vague and unclear, it should be appropriately assessed and, if reasonably possible, given all due attention.

14. It must be pointed out that a report of a delictum gravius received in confession is under placed the strictest bond of the sacramental seal (cf. canon 983 § 1 CIC; canon 733 § 1 CCEO; art. 4 § 1, 5º SST). A confessor who learns of a delictum gravius during the celebration of the sacrament should seek to convince the penitent to make that information known by other means, in order to enable the appropriate authorities to take action.

15. The responsibility for vigilance incumbent on the Ordinary or Hierarch does not demand that he constantly monitor the clerics subject to him, yet neither does it allow him to consider himself exempt from keeping informed about their conduct in these areas, especially if he becomes aware of suspicions, scandalous behaviour, or serious misconduct.

b/ What actions should be taken upon receiving a notitia de delicto?

16. Art. 16 SST (cf. also canons 1717 CIC and 1468 CCEO) states that, when a notitia de delicto is received, a preliminary investigation ought to ensue, provided that the report is “saltem verisimilis”. If that plausibility proves unfounded, there is no need to pursue the notitia de delicto, although care should be taken to keep the documentation, together with a written explanation regarding the reasons for the decision.

17. Even in cases where there is no explicit legal obligation to do so, the ecclesiastical authorities should make a report to the competent civil authorities if this is considered necessary to protect the person involved or other minors from the danger of further criminal acts.

18. Given the sensitive nature of the matter (for example, the fact that sins against the sixth commandment of the Decalogue rarely occur in the presence of witnesses), a determination that the notitia lacks the semblance of truth (which can lead to omitting the preliminary investigation) will be made only in the case of the manifest impossibility of proceeding according to the norms of canon law. For example, if it turns out that at the time of the delict of which he is accused, the person was not yet a cleric; if it comes to light that the presumed victim was not a minor (on this point, cf. no. 3); if it is a well-known fact that the person accused could not have been present at the place of the delict when the alleged actions took place.

19. Even in these cases, however, it is advisable that the Ordinary or Hierarch communicate to the CDF the notitia de delicto and the decision made to forego the preliminary investigation due to the manifest lack of the semblance of truth.

20. Here it should be mentioned that in cases of improper and imprudent conduct, even in the absence of a delict involving minors, should it prove necessary to protect the common good and to avoid scandal, the Ordinary or Hierarch is competent to take other administrative provisions with regard to the person accused (for example, restrictions on his ministry), or to impose the penal remedies mentioned in canon 1339 CIC for the purpose of preventing delicts (cf. canon 1312 § 3 CIC) or to give the public reprimand referred to in canon 1427 CCEO. In the case of delicts that are non graviora, the Ordinary or Hierarch should employ the juridical means appropriate to the particular circumstances.

21. According to canon 1717 CIC and canon 1468 CCEO, responsibility for the preliminary investigation belongs to the Ordinary or Hierarch who received the notitia de delicto, or to a suitable person selected by him. The eventual omission of this duty could constitute a delict subject to a canonical procedure in conformity with the Code of Canon Law and the Motu Proprio Come una madre amorevole, as well as art. 1 § 1, b VELM.

22. This task belongs to the Ordinary or Hierarch of the accused cleric or, if different, the Ordinary or Hierarch of the place where the alleged delicts took place. In the latter case, it will naturally be helpful for there to be communication and cooperation between the different Ordinaries involved, in order to avoid conflicts of competence or the duplication of labour, particularly if the cleric is a religious.

23. Should an Ordinary or Hierarch encounter difficulties in initiating or carrying out the preliminary investigation, he should immediately contact the CDF for advice or help in resolving any eventual questions.

24. It can happen that the notitia de delicto comes directly to the CDF and not through the Ordinary or Hierarch. In that case, the CDF can ask the latter to carry out the investigations or, in accordance with art. 17 SST, can carry them out itself.

25. The CDF, according to its own judgment, by explicit request or by necessity, can also ask any other Ordinary or Hierarch to carry out the preliminary investigation.

26. The preliminary canonical investigation must be carried out independently of any corresponding investigation by the civil authorities. In those cases where state legislation prohibits investigations parallel to its own, the ecclesiastical authorities should refrain from initiating the preliminary investigation and report the accusation to the CDF, including any useful documentation. In cases where it seems appropriate to await the conclusion of the civil investigations in order to acquire their results, or for other reasons, the Ordinary or Hierarch would do well to seek the advice of the CDF in this regard.

27. The investigation should be carried out with respect for the civil laws of each state (cf. art. 19 VELM).

28. For the delicts considered here, it should be noted that the terms of prescription for the criminal action have varied significantly over time. The terms currently in effect are defined by art. 7 SST.[1] Yet since art. 7 § 1 SST permits the CDF to derogate from prescription in individual cases, an Ordinary or Hierarch who has determined that the times for prescription have elapsed must still respond to the notitia de delicto and carry out the eventual preliminary investigation, communicating its results to the CDF, which is competent to decide whether prescription is to be retained or to grant a derogation from it. In forwarding the acts, it would be helpful for the Ordinary or Hierarch to express his personal opinion regarding an eventual derogation, basing it on concrete circumstances (e.g., cleric’s health status or age, cleric’s ability to exercise right of self-defence, harm caused by the alleged criminal act, scandal given).

29. In these sensitive preliminary acts, the Ordinary or Hierarch can seek the advice of the CDF (as is possible at any time during the handling of a case) and freely consult with experts in canonical penal matters. In the latter case, however, care should be taken to avoid any inappropriate or illicit diffusion of information to the public that could prejudice successive investigations or give the impression that the facts or the guilt of the cleric in question have already been determined with certainty.

30. It should be noted that already in this phase one is bound to observe the secret of office. It must be remembered, however, that an obligation of silence about the allegations cannot be imposed on the one reporting the matter, on a person who claims to have been harmed, and on witnesses.

31. In accordance with art. 2 § 3 VELM, an Ordinary who has received a notitia de delicto must transmit it immediately to the Ordinary or Hierarch of the place where the events were said to have occurred, as well as to the proper Ordinary or Hierarch of the person reported, namely, in the case of a religious, to his major Superior, if the latter is his proper Ordinary, and in the case of a diocesan priest, to the Ordinary of the diocese or the eparchial Bishop of incardination. In cases where the local Ordinary or Hierarch and the proper Ordinary or Hierarch are not the same person, it is preferable that they contact each other to determine which of them will carry out the investigation. In cases where the report concerns a member of an Institute of Consecrated Life or a Society of Apostolic Life, the major Superior will also inform the supreme Moderator and, in the case of Institutes and Societies of diocesan right, also the respective Bishop.

III. How does the preliminary investigation take place?

32. The preliminary investigation takes place in accordance with the criteria and procedures set forth in canon 1717 CIC or canon 1468 CCEO and cited below.

a/ What is the preliminary investigation?

33. It must always be kept in mind that the preliminary investigation is not a trial, nor does it seek to attain moral certitude as to whether the alleged events occurred. It serves: a/ to gather data useful for a more detailed examination of the notitia de delicto; and b/ to determine the plausibility of the report, that is, to determine that which is called fumus delicti, namely the sufficient basis both in law and in fact so as to consider the accusation as having the semblance of truth.

34. For this reason, as the canons cited in no. 32 indicate, the preliminary investigation should gather detailed information about the notitia de delicto with regard to facts, circumstances and imputability. It is not necessary at this phase to assemble complete elements of proof (e.g., testimonies, expert opinions), since this would be the task of an eventual subsequent penal procedure. The important thing is to reconstruct, to the extent possible, the facts on which the accusation is based, the number and time of the criminal acts, the circumstances in which they took place and general details about the alleged victims, together with a preliminary evaluation of the eventual physical, psychological and moral harm inflicted. Care should also be taken care to determine any possible relation to the sacramental internal forum (in this regard, however, account must be taken of the prescriptions of art. 24 SST[2]). At this point, any other delicts attributed to the accused (cf. art. 8 § 2 SST[3]) can be added, as well as any indication of problematic facts emerging from his biographical profile. It can be useful to assemble testimonies and documents, of any kind or provenance (including the results of investigations or trials carried out by civil authorities), which may in fact prove helpful for substantiating and validating the plausibility of the accusation. It is likewise possible at this point to indicate eventual exempting, mitigating or aggravating factors, as provided for by law. It could also prove helpful to collect at this time testimonials of credibility with regard to the complainants and the alleged victims. An Appendix to the present Vademecum contains a schematic outline of useful data that those carrying out the preliminary investigation will want to compile and have at hand (cf. no. 69).

35. If, in the course of the preliminary investigation, other notitiae de delicto become known, these must also be looked into as part of the same investigation.

36. As mentioned above, the acquisition of the results of civil investigations (or of an entire trial before a tribunal of the state) could make the preliminary canonical investigation unnecessary. Due care must be taken, however, by those who must carry out the preliminary investigation to examine the civil investigation, since the criteria used in the latter (with regard, for example, to terms of prescription, the typology of the crime, the age of the victim, etc.) can vary significantly with respect to the norms of canon law. In these situations too, it can be advisable, in case of doubt, to consult with the CDF.

37. The preliminary investigation could also prove unnecessary in the case of a notorious and indisputable crime (given, for example, the acquisition of the civil proceedings or an admission on the part of the cleric).

b/ What juridical acts must be carried out to initiate the preliminary investigation?

38. If the competent Ordinary or Hierarch considers it appropriate to enlist another suitable person to carry out the investigation (cf. no. 21), he is to select him or her using the criteria indicated by canons 1428 §§ 1-2 CIC or 1093 CCEO.[4]

39. In appointing the person who carries out the investigation, and taking into account the cooperation that can be offered by lay persons in accordance with canons 228 CIC and 408 CCEO (cf. art. 13 VELM), the Ordinary or Hierarch should keep in mind that, according to canons 1717 § 3 CIC and 1468 § 3 CCEO, if a penal judicial process is then initiated, that same person cannot act as a judge in the matter. Sound practice suggests that the same criterion be used in appointing the Delegate and the Assessors in the case of an extrajudicial process.

40. In accordance with canons 1719 CIC and 1470 CCEO, the Ordinary or Hierarch is to issue a decree opening the preliminary investigation, in which he names the person conducting the investigation and indicates in the text that he or she enjoys the powers referred to in canon 1717 § 3 CIC or 1468 § 3 CCEO.

41. Although not expressly provided for by law, it is advisable that a priest notary be appointed (cf. canon 483 § 2 CIC and canon 253 § 2 CCEO, where other criteria are indicated for the choice), who assists the person conducting the preliminary investigation, for the purpose of ensuring the authenticity of the acts which have been drawn up (cf. canons 1437 § 2 CIC and 1101 § 2 CCEO).

42. It should be noted, however, that since these are not the acts of a process, the presence of the notary is not necessary for their validity.

43. In the investigative phase the appointment of a promoter of justice is not foreseen.

c/ What complementary acts can or must be carried out during the preliminary investigation?

44. Canons 1717 § 2 CIC and 1468 § 2 CCEO, and articles 4 § 2 and 5 § 2 VELM speak of protecting the good name of the persons involved (the accused, alleged victims, witnesses), so that the report will not lead to prejudice, retaliation or discrimination in their regard. The one who carries out the preliminary investigation must therefore be particularly careful to take every possible precaution to this end, since the right to a good name is one of the rights of the faithful upheld by canons 220 CIC and 23 CCEO. It should be noted, however, that those canons protect that right from illegitimate violations. Hence, should the common good be endangered, the release of information about the existence of an accusation does not necessarily constitute a violation of one’s good name. Furthermore, the persons involved are to be informed that in the event of a judicial seizure or a subpoena of the acts of the investigation on the part of civil authorities, it will no longer be possible for the Church to guarantee the confidentiality of the depositions and documentation acquired from the canonical investigation.

45. In any event, especially in cases where public statements must be made, great caution should be exercised in providing information about the facts. Statements should be brief and concise, avoiding clamorous announcements, refraining completely from any premature judgment about the guilt or innocence of the person accused (since this is to be established only by an eventual penal process aimed at verifying the basis of the accusation), and respecting any desire for privacy expressed by the alleged victims.

46. Since, as stated above, in this phase the possible guilt of the accused person has yet to be established, all care should be taken to avoid – in public statements or private communication – any affirmation made in the name of the Church, the Institute or Society, or on one’s own behalf, that could constitute an anticipation of judgement on the merits of the facts.

47. It should also be noted that accusations, processes and decisions relative to delicts mentioned in art. 6 SST are subject to the secret of office. This does not prevent persons reporting – especially if they also intend to inform the civil authorities – from making public their actions. Furthermore, since not all forms of notitiae de delicto are formal accusations, it is possible to evaluate whether or not one is bound by the secret, always keeping in mind the respect for the good name of others referred to in no. 44.

48. Here too, consideration should be given to whether the Ordinary or Hierarch is obliged to inform the civil authorities of the reception of the notitia de delicto and the opening of the preliminary investigation. Two principles apply: a/ respect for the laws of the state (cf. art. 19 VELM); and b/ respect for the desire of the alleged victim, provided that this is not contrary to civil legislation. Alleged victims should be encouraged – as will be stated below (no. 56) – to exercise their duties and rights vis-à-vis the state authorities, taking care to document that this encouragement took place and to avoid any form of dissuasion with regard to the alleged victim. Relevant agreements (concordats, accords, protocols of understanding) entered into by the Apostolic See with national governments must always and in any event be observed.

49. When the laws of the state require the Ordinary or Hierarch to report a notitia de delicto, he must do so, even if it is expected that on the basis of state laws no action will be taken (for example, in cases where the statute of limitations has expired or the definition of the crime may vary).

50. Whenever civil judicial authorities issue a legitimate executive order requiring the surrender of documents regarding cases, or order the judicial seizure of such documents, the Ordinary or Hierarch must cooperate with the civil authorities. If the legitimacy of such a request or seizure is in doubt, the Ordinary or Hierarch can consult legal experts about available means of recourse. In any case, it is advisable to inform the Papal Representative immediately.

51. In cases where it proves necessary to hear minors or persons equivalent to them, the civil norms of the country should be followed, as well as methods suited to their age or condition, permitting, for example, that the minor be accompanied by a trusted adult and avoiding any direct contact with the person accused.

52. During the investigative process, a particularly sensitive task falling to the Ordinary of Hierarch is to decide if and when to inform the person being accused.

53. In this regard, there is no uniform criterion or explicit provision in law. An assessment must be made of all the goods at stake: in addition to the protection of the good name of the persons involved, consideration must also be given, for example, to the risk of compromising the preliminary investigation or giving scandal to the faithful, and the advantage of collecting beforehand all evidence that could prove useful or necessary.

54. Should a decision be made to question the accused person, since this is a preliminary phase prior to a possible process, it is not obligatory to name an official advocate for him. If he considers it helpful, however, he can be assisted by a patron of his choice. An oath cannot be imposed on the accused person (cf. ex analogia, canons 1728 § 2 CIC and 1471 § 2 CCEO).

55. The ecclesiastical authorities must ensure that the alleged victim and his or her family are treated with dignity and respect, and must offer them welcome, attentive hearing and support, also through specific services, as well as spiritual, medical and psychological help, as required by the specific case (cf. art. 5 VELM). The same can be done with regard to the accused. One should, however, avoid giving the impression of wishing to anticipate the results of the process.

56. It is absolutely necessary to avoid in this phase any act that could be interpreted by the alleged victim as an obstacle to the exercise of his or her civil rights vis-à-vis the civil authorities.

57. Where there exist state or ecclesiastical structures of information and support for alleged victims, or of consultation for ecclesial authorities, it is helpful also to refer to them. The purpose of these structures is purely that of advice, guidance and assistance; their analyses do not in any way constitute canonical procedural decisions.

58. To defend the good name of the persons involved and to protect the public good, as well as to avoid other factors (for example, the rise of scandal, the risk of concealment of future evidence, the presence of threats or other conduct meant to dissuade the alleged victim from exercising his or her rights, the protection of other possible victims), in accordance with art. 19 SST, the Ordinary or Hierarch has the right, from the outset of the preliminary investigation, to impose the precautionary measures listed in canons 1722 CIC and 1473 CCEO [5]

59. The precautionary measures found in these canons constitute a taxative list, in other words, only one or more of those delineated can be chosen.

60. This does not prevent the Ordinary or Hierarch from imposing other disciplinary measures within his power, yet these cannot be strictly defined as “precautionary measures”.

d/ How are precautionary measures imposed?

61. First, it should be stated that a precautionary measure is not a penalty (since penalties are imposed only at the end of a penal process), but an administrative act whose purposes are described by the aforementioned canons 1722 CIC and 1473 CCEO. It should be clearly explained to the party in question that the measure is not penal in nature, lest he think that he has already been convicted and punished from the start. It must also be emphasized that precautionary measures must be revoked if the reason for them ceases and that they themselves cease with the conclusion of the eventual penal process. Furthermore, they can be modified (made more or less severe), if circumstances so demand. Still, particular prudence and discernment is urged in judging whether the reason that suggested them has ceased; nor is it excluded that – once revoked – they can be re-imposed.

62. It has been noted that the older terminology of suspensio a divinis is still frequently being used to refer to the prohibition of the exercise of ministry imposed on a cleric as a precautionary measure. It is best to avoid this term, and that of suspensio ad cautelam, since in the current legislation suspension is a penalty, and cannot yet be imposed at this stage. The provision would more properly be called, for example, prohibition from the exercise of the ministry.

63. A decision to be avoided is that of simply transferring the accused cleric from his office, region or religious house, with the idea that distancing him from the place of the alleged crime or alleged victims constitutes a sufficient solution of the case.

64. The precautionary measures referred to in no. 58 are imposed by a singular precept, legitimately made known (cf. canons 49ff. and 1319 CIC and 1406 and 1510ff. CCEO).

65. It should be noted that whenever a decision is made to modify or revoke precautionary measures, this must be done by a corresponding decree, legitimately made known. This will not be necessary, however, at the conclusion of the possible process, since at that moment those measures cease to have legal effect.

e/ What must be done to conclude the preliminary investigation?

66. It is recommended, for the sake of equity and a reasonable exercise of justice, that the duration of the preliminary investigation correspond to the purpose of the investigation, which is to assess the plausibility of the notitia de delicto and hence the existence of the fumus delicti. An unjustified delay in the preliminary investigation may constitute an act of negligence on the part of ecclesiastical authority.

67. If the investigation has been carried out by a suitable person appointed by the Ordinary or Hierarch, he or she is to consign all the acts of the investigation, together with a personal evaluation of its results.

68. In accordance with canons 1719 CIC and 1470 CCEO, the Ordinary or Hierarch must decree the conclusion of the preliminary investigation.

69. In accordance with art. 16 SST, once the preliminary investigation has concluded, whatever its outcome, the Ordinary or Hierarch is obliged to send, without delay, an authentic copy of the relative acts to the CDF. Together with the copy of the acts and the duly completed form found at the end of this handbook, he is to provide his own evaluation of the results of the investigation (votum) and to offer any suggestions he may have on how to proceed (if, for example, he considers it appropriate to initiate a penal procedure and of what kind; if he considers sufficient the penalty imposed by the civil authorities; if the application of administrative measures by the Ordinary or Hierarch is preferable; if the prescription of the delict should be declared or its derogation granted).

70. In cases where the Ordinary or Hierarch who carried out the preliminary investigation is a major Superior, it is best that he likewise transmit a copy of all documentation related to the investigation to the supreme Moderator (or to the relative Bishop in the case of Institutes or Societies of diocesan right), since they are the persons with whom the CDF will ordinarily communicate thereafter. For his part, the supreme Moderator will send to the CDF his own votum, as above in no. 69.

71. Whenever the Ordinary who carried out the preliminary investigation is not the Ordinary of the place where the alleged delict was committed, he is to communicate to the latter the results of the investigation.

72. The acts are to be sent in a single copy; it is helpful if they are authenticated by a notary who is a member of the curia, unless a specific notary had been appointed for the preliminary investigation.

73. Canons 1719 CIC and 1470 CCEO state that the original of all the acts is to be kept in the secret archive of the curia.

74. Again, according to art. 16 SST, once the acts of the preliminary investigation have been sent to the CDF, the Ordinary or Hierarch is to await communications or instructions in this regard from the CDF.

75. Clearly, if other elements related to the preliminary investigation or new accusations should emerge in the meantime, these are to be forwarded to the CDF as quickly as possible, in order to be added to what is already in its possession. If it appears useful to reopen the preliminary investigation on the basis of those elements, the CDF is to be informed immediately.

IV. What can the CDF do at this point?

76. Upon receipt of the acts of the preliminary investigation, ordinarily the CDF immediately sends an acknowledgment to the Ordinary, Hierarch, Supreme Moderator (in the case of religious, also to the Congregation for Institutes of Consecrated Life and for Societies of Apostolic Life; if the cleric is from an Eastern Church, to the Congregation for Oriental Churches; and to the Congregation for the Evangelization of Peoples if the cleric belongs to a territory subject to that Dicastery), communicating – unless it had previously done so – the protocol number corresponding to the case. Reference must be made to this number in all further communication with the CDF.

77. After attentively examining the acts, the CDF can then choose to act in a variety of ways: it can archive the case; request a more thorough preliminary investigation; impose non-penal disciplinary measures, ordinarily by a penal precept; impose penal remedies or penances, or warnings or rebukes; initiate a penal process; or identify other means of pastoral response. The decision, once made, is then communicated to the Ordinary with suitable instructions for its execution.

a/ What are non-penal disciplinary measures?

78. Non-penal disciplinary measures are singular administrative acts (that is, acts of the Ordinary or Hierarch, or of the CDF) by which the accused is ordered to do or to refrain from doing something. In these cases, limits are ordinarily imposed on the exercise of the ministry, of greater or lesser extent in view of the case, and also at times the obligation of residing in a certain place. It must be emphasized that these are not penalties, but acts of governance meant to ensure and protect the common good and ecclesial discipline, and to avoid scandal on the part of the faithful.

b/ What is a penal precept?

79. The ordinary form with which these measures are imposed is the penal precept mentioned in canon 1319 § 1 CIC and 1406 § 1 CCEO. Canon 1406 § 2 CCEO states that a warning containing the threat of penalty is equivalent to a penal precept.

80. The formalities required for a precept are those previously mentioned (canons 49ff. CIC and 1510ff. CCEO). Nonetheless, since it involves a penal precept, the text must clearly indicate the penalty being threatened if the recipient of the precept were to violate the measures imposed on him.

81. It should be kept in mind that, according to canon 1319 § 1 CIC, a penal precept cannot impose perpetual expiatory penalties; furthermore, the penalty must be clearly defined. Other exclusions of penalties are foreseen by canon 1406 § 1 CCEO for Eastern rite faithful.

82. Such an administrative act admits recourse within the terms of law.

c/ What are penal remedies, penances and public rebukes?

83. For the definition of penal remedies, penances and public rebukes, canons 1339 and 1340 § 1 CIC and canon 1427 CCEO should be consulted. [6]

V. What decisions are possible in a penal process?

84. The decision that concludes the penal process, whether judicial or extrajudicial, can be of three types:

- conviction (“constat”), if with moral certainty the guilt of the accused is established with regard to the delict ascribed to him. In this case, the decision must indicate specifically the type of canonical sanction imposed or declared.

- acquittal (“constat de non”), if with moral certainty the innocence of the accused is established, inasmuch as no offence was committed, the accused did not commit the offence, the offence is not deemed a delict by the law or was committed by a person who is not imputable.

- dismissal (“non constat”), whenever it has not been possible to attain moral certainty with regard to the guilt of the accused, due to lack of evidence or to insufficient or conflicting evidence that the offence was in fact committed, that the accused committed the offence, or that the delict was committed by a person who is not imputable.

It is possible to provide for the public good or for the welfare of the person accused through appropriate warnings, penal remedies and other means of pastoral solicitude (cf. canon 1348 CIC).

The decision (issued by sentence or by decree) must refer to one of these three types, so that it is clear whether “constat”, “constat de non” or “non constat”.

VI. What penal procedures are possible?

85. By law, three penal procedures are possible: a judicial penal process; an extrajudicial penal process; or the procedure introduced by article 21 § 2, 2° SST.

86. The procedure provided for in article 21 § 2, 2° SS [7] is reserved for the most grave cases, concludes with a direct decision of the Supreme Pontiff and requires that, even though the commission of the delict is manifestly evident, the accused be guaranteed the right of self-defence.

87. For the judicial penal process, the relative provisions of the law should be consulted, either in the respective Codes or in articles 8-15, 18-19, 21 § 1, 22-31 SST.

88. The judicial penal process does not require a double conforming sentence; consequently, a decision rendered by a sentence in an eventual second instance becomes res iudicata (cf. art. 28 SST). Such a definitive sentence can be challenged only by a restitutio in integrum, provided elements are produced that make its injustice clear (cf. canons 1645 CIC, 1326 CCEO), or by a complaint of nullity (cf. canons 1619ff. CIC, 1302ff. CCEO). The Tribunal established for this kind of process is always collegiate and is composed of a minimum of three judges. Those who enjoy the right of appeal against a sentence of first instance include not only the accused party who considers himself unjustly aggrieved by the sentence, but also the Promoter of Justice of the CDF (cf. art. 26 § 2 SST).

89. According to articles 16 and 17 SST, a judicial penal process can be carried out within the CDF or can be entrusted to a lower tribunal. With regard to the decision rendered, a specific letter of execution is sent to all interested parties.

90. Also in the course of a penal process, whether judicial or extrajudicial, the precautionary measures referred to in nos. 58-65 can be imposed on the accused.

a/ What is the extrajudicial penal process?

91. The extrajudicial penal process, sometimes called an administrative process, is a type of penal process that abbreviates the formalities called for in the judicial process, for the sake of expediting the course of justice without eliminating the procedural guarantees demanded by a fair trial (cf. canons 221 CIC and 24 CCEO).

92. In the case of delicts reserved to the CDF, article 21 § 2, 1° SST, derogating from canons 1720 CIC and 1486 CCEO, states that the CDF alone, in individual cases, ex officio or when requested by the Ordinary or Hierarch, may decide to proceed in this way.

93. Like the judicial process, the extrajudicial process can be carried out within the CDF or entrusted to a lower instance, or to the Ordinary or Hierarch of the accused, or to third parties charged with this task by the CDF, possibly at the request of the Ordinary or Hierarch. With regard to the decision rendered, a specific letter of execution is sent to all interested parties.

94. The extrajudicial penal process is carried out with slightly different formalities according to the two Codes. If questions arise concerning which Code is applicable (for example, in the case of clerics of the Latin rite who work in Eastern Churches or clerics of an Eastern rite who are active in Latin rite circumscriptions), it will be necessary to clarify with the CDF which Code is to be followed, and then to adhere strictly to the CDF’s decision.

b/ How is an extrajudicial penal process carried out according to the CIC?

95. When an Ordinary is charged by the CDF with carrying out an extrajudicial penal process, he must first decide whether to preside over the process personally or to name a delegate. He must also appoint two assessors who will assist him or his delegate in the evaluative phase. In choosing them, it would be advisable to consider the criteria set forth in canons 1424 and 1448 § 1 CIC. It is also necessary to appoint a notary, according to the criteria given in no. 41. The appointment of a promoter of justice is not foreseen.

96. The aforementioned appointments are made by decree. These officials are required to take an oath to fulfil faithfully the task with which they have been entrusted and to observe secrecy. The administration of the oath must be recorded in the acts.

97. Subsequently, the Ordinary (or his delegate) must initiate the process by a decree summoning the accused. This decree must contain: the clear indication of who is being summoned; the place and time at which he must appear; the purpose for which he is being summoned, that is, to take note of the accusation (which the text of the decree is to set forth briefly) and of the corresponding proofs (which the decree need not list), and to exercise his right of self-defence.

98. Although not explicitly provided for by law in an extrajudicial process, nonetheless, since a penal matter is involved, it is most fitting that the accused, in accordance with the prescriptions of canons 1723 and 1481 §§ 1-2 CIC, be assisted by a procurator and/or advocate, either of his own choice or, otherwise, appointed ex officio. The Ordinary (or his delegate) must be informed of the appointment of the advocate by means of a suitable and authentic procuratorial mandate in accordance with canon 1484 § 1 CIC, prior to the session in which the accusations and proofs are made known, in order to verify that the requirements of canon 1483 CIC have been met. [8]

99. If the accused refuses or fails to appear, the Ordinary (or his delegate) may consider whether or not to issue a second summons.

100. If accused refuses or fails to appear at the first or second summons, he is to be warned that the process will go forward despite his absence. This notification can be given at the time of the first summons. If the accused has failed or refused to appear, this should be noted in the acts and the process is to continue ad ulteriora.

101. On the day and time of the session in which the accusations and proofs are made known, the file containing the acts of the preliminary investigation is shown to the accused and to his advocate, if the latter is present. The obligation to respect the secret of office should be made known.

102. Particular attention should be given to the fact that, if the case involves the sacrament of Penance, respect must be shown for article 24 SST, which states that the name of the alleged victim is not to be revealed to the accused unless the accuser has expressly consented otherwise.

103. t is not obligatory that the assessors take part in the notification session.

104. Notification of the accusations and proofs takes place in order to give the accused the possibility of self-defence (cf. canon 1720, 1° CIC).

105. “Accusation” refers to the delict that the alleged victim or other person claims to have occurred, as this has emerged from the preliminary investigation. Setting forth the accusation means informing the accused of the delict attributed to him and any attendant details (for example, the place where it occurred, the number and eventual names of the alleged victims, the circumstances).

106. “Proofs” are all those materials collected during the preliminary investigation and any other materials acquired: first, the record of the accusations made by the alleged victims; then pertinent documents (e.g., medical records; correspondence, even by electronic means; photographs; proofs of purchase; bank records); statements made by eventual witnesses; and finally any expert opinions (medical, including psychiatric; psychological; graphological) that the person who conducted the investigation may have deemed appropriate to accept or have carried out. Any rules of confidentiality imposed by civil law should be observed.

107. All the above are referred to as “proofs” because, despite having been collected in the phase prior to the process, from the moment the extrajudicial process is opened, they automatically become a body of evidence.

108. At any stage of the process, it is legitimate for the Ordinary or his delegate to ask for the collection of further proofs, should it be considered appropriate on the basis of the results of the preliminary investigation. This can also occur at the request of the accused during the defence phase. The results will naturally be presented to the accused during that phase. The accused is to be presented with what was collected at the defence’s request, and a new session for presenting accusations and proofs is to be held, should new elements of accusation or proofs have emerged; otherwise, the material collected can be considered simply as further evidence for the defence.

109. The argument for the defence can be presented in two ways: a/ it can be accepted in session with a specific statement signed by all present (in particular by: the Ordinary or his delegate; the accused and his advocate, if any; the notary); or b/ through the setting of a reasonable time limit within which the defence can be presented in writing to the Ordinary or his delegate.

110. It should be carefully noted that, according to canon 1728 § 2 CIC, the accused is not bound to confess (admit) the delict, nor can he be required to take an oath to tell the truth.

111. The argument for the defence can clearly make use of all legitimate means, as for example the request to hear its own witnesses or to present documents and expert opinions.

112. For the admission of these proofs (and, in particular, the gathering of statements of eventual witnesses), the discretionary criteria permitted to the judge by universal law on contentious trials are applicable.[9]

113. Whenever the concrete case requires it, the Ordinary or his delegate is to assess the credibility of those taking part in the process.[10] According to article 24 § 2 SST, however, he is obliged to do so with regard to the credibility of the accuser should the sacrament of Penance be involved.

114. Since this is a penal process, the accuser is not obliged to take part in the process. The accuser has in fact exercised his right by contributing to the formation of the accusation and the gathering of proofs. From that moment, the accusation is carried forward by the Ordinary or his delegate.

c/ How is an extrajudicial penal process concluded according to the CIC?

115. The Ordinary or his delegate invites the two assessors to provide, within a certain reasonable time limit, their evaluation of the proofs and the arguments of the defence, in accordance with canon 1720, 2º CIC. In the decree, he can also invite them to a joint session to carry out this evaluation. The purpose of this session is evidently to facilitate analysis, discussion and debate. For such a session, which is optional but recommended, no particular juridical formalities are foreseen.

116. The entire file of the process is provided beforehand to the assessors, granting them a suitable time for study and personal evaluation. It is helpful to remind them of their obligation to observe the secret of office.

117. Although not required by law, it is helpful if the opinion of the assessors is set down in writing so as to facilitate the drafting of the subsequent final decree by the person charged to do so.

118. Similarly, if the evaluation of proofs and defence arguments takes place during a joint session, it is advisable that a series of notes on the interventions and the discussion be taken, also in the form of minutes signed by the participants. These written notes fall under the secret of office and are not to be made public.

119. Should the delict be established with certainty, the Ordinary or his delegate (cf. canon 1720, 3º CIC) must issue a decree concluding the process and imposing the penalty, penal remedy or penance that he considers most suitable for the reparation of scandal, the reestablishment of justice and the amendment of the guilty party.

120. The Ordinary should always keep in mind that, if he intends to impose a perpetual expiatory penalty, according to article 21 § 2, 1º SST he must have a prior mandate from the CDF. This is a derogation, limited to these cases, from the prohibition of inflicting a perpetual penalty by decree, laid down in canon 1342 § 2 CIC.

121. The list of perpetual penalties is solely that found in canon 1336 § 1 CIC, [11] along with the caveats contained in canons 1337 and 1338 CIC. [12]

122. Since it involves an extrajudicial process, it should be remembered that a penal decree is not a sentence, which is issued only at the conclusion of a judicial process, even if – like a sentence – it imposes a penalty.

123. The decree in question is a personal act of the Ordinary or of his delegate, and therefore should not be signed by the assessors, but is to be authenticated by the notary.

124. In addition to the general formalities applicable in the case of every decree (cf. canons 48-56 CIC), the penal decree must cite in summary fashion the principal elements of the accusation and the development of the process, but above all it must set forth at least briefly the reasons for the decision, both in law (listing, that is, the canons on which the decision was based – for example, those that define the delict, those that define possible mitigating, exempting or aggravating circumstances – and, however concisely, the juridical logic that led to the decision to apply them) and in fact.

125. The statement of reasons in fact is clearly the more difficult, since the author of the decree must set forth the reasons which, by comparing the matter of the accusation and the statements of the defence (which he must summarize in his exposition), led him to certainty concerning the commission or non-commission of the delict, or the absence of sufficient moral certainty.

126. Since not everyone possesses a detailed knowledge of canon law and its formal language, a penal decree should primarily be concerned with explaining the reasoning behind the decision, rather than being concerned about precise and detailed terminology. Where appropriate, competent persons may be called upon for assistance in this regard.

127. The notification of the entire decree (therefore not simply the dispositive part) is to take place by the legitimate means prescribed (cf. canons 54-56 CIC [13]) and in proper form.

128. In all cases, an authenticated copy of the acts of the process (unless these had been previously forwarded) and of the notification of the decree must be sent to the CDF.

129. If the CDF decides to call to itself the extrajudicial penal process, all the formalities called for in nos. 91ff. will clearly be its responsibility, without prejudice to its right to request, if necessary, the cooperation of lower instances.

d/ How is an extrajudicial penal process carried out according to the CCEO?

130. As was stated in no. 94, the extrajudicial penal process as described in the CCEO is carried out with certain distinctive characteristics proper to that law. For the purpose of greater ease of explanation and to avoid repetitions, only those distinctive characteristics will be indicated: consequently, the following adjustments must be introduced to the praxis outlined above and shared with the CIC.

131. Above all, it must be remembered that the prescription of canon 1486 CCEO must be strictly followed, under pain of invalidity of the penal decree.

132. In the extrajudicial penal process according to the CCEO, there is no mention of assessors, but the presence of the promoter of justice is obligatory.

133. The session for the notification of the accusation and proofs must take place with the obligatory presence of the promoter of justice and the notary.

134. According to canon 1486 § 1, 2º CCEO, the session of notification and consequently the presentation of the defence is to take place solely with oral arguments. Nevertheless, this does not exclude, for such arguments, the defence being presented in written form.

135. Particular attention should be given to the question whether, on the basis of the gravity of the delict, the penalties listed in canon 1426 § 1 CCEO are indeed adequate for achieving the provisions of canon 1401 CCEO. In deciding the penalty to be imposed, canons 1429[14] and 1430[15] CCEO should be observed.

136. The Hierarch or his delegate should always remember that, according to article 21 § 2, 1º SST, the prohibitions of canon 1402 § 2 CCEO are abrogated. Therefore he is able to impose a perpetual expiatory penalty by decree, having obtained the prior mandate of the CDF required by the same article 21 § 2, 1º SST.

137. For the drawing up of the penal decree, the same criteria indicated in nos. 119-126 apply.

138. Notification of the decree will then take place in the terms of canon 1520 CCEO and in proper form.

139. For those things not mentioned here, reference should be made to what has been stated regarding the extrajudicial process according to the CIC, including the possibility that the process will take place in the CDF.

e/ Does the penal decree fall under the secret of office?

140. As previously mentioned (cf. no. 47), the procedural acts and the decision fall under the secret of office. All taking part in the process, in any capacity, should be constantly reminded of this.

141. The decree is to be made known in its entirety to the accused. The notification must be made to his procurator, if he has one.

VII. What can happen once a penal procedure ends?

142. According to the type of procedure employed, there are different possibilities available for those who were parties in the process.

143. If it was the procedure mentioned in article 21 § 2, 2º SST, inasmuch as it concerns an act of the Roman Pontiff, no appeal or recourse is admitted (cf. canons 333 § 3 CIC and 45 § 3 CCEO).

144. If it was a penal judicial process, the possibility of a legal challenge exists, namely, a complaint of nullity, restitutio in integrum, or appeal.

145. According to article 20, 1º SST, the only tribunal of second instance for appeals is that of the CDF.

146. To present an appeal, the prescriptions of law are to be followed, noting carefully that article 28, 2º SST modified the time limits for the presentation of an appeal, imposing a peremptory time limit of one month, to be calculated according to what is laid down in canons 202 § 1 CIC and 1545 § 1 CCEO.

147. If it was an extrajudicial penal process, recourse can be made against the decree that concluded it, within the terms provided by law, namely, by canons 1734ff. CIC and 1487 CCEO (cf. Section VIII).

148. According to canons 1353 CIC and 1319 and 1487 § 2 CCEO, appeals and recourses have a suspensive effect on the penalty.

149. Since the penalty is suspended and things return to a phase analogous to that prior to the process, precautionary measures remain in force with the same caveats and procedures mentioned in nos. 58-65.

VIII. What should be done in case of recourse against a penal decree?

150. The law provides different procedures, according to the two Codes.

a/ What does the CIC provide for in case of recourse against a penal decree?

151. According to canon 1734 CIC, whoever intends to present a recourse against a penal decree must first seek its revocation or emendation from the author (the Ordinary or his delegate) within the peremptory time limit of ten useful days from the legitimate notification of the decree.

152. According to canon 1735, the author, within thirty days after receiving the petition, can respond by emending his own decree (but before proceeding in this case, it is best to consult the CDF immediately), or by rejecting the petition. He also has the faculty of not responding at all.

153. Against an emended decree, the rejection of the petition, or the silence of its author, the one making recourse can apply to the CDF directly or through the author of the decree (cf. canon 1737 § 1 CIC) or through a procurator, within the peremptory time limit of fifteen useful days provided for by canon 1737 § 2 CIC.[16]

154. If hierarchical recourse is presented to the author of the decree, he must immediately transmit it to the CDF (cf. canon 1737 § 1 CIC). Thereafter (and also in the case that the recourse was presented directly to the CDF), the author of the decree need only await possible instructions or requests from the CDF, which in any case will inform him about the result of the examination of the recourse.

b/ What does the CCEO provide for in case of recourse against a penal decree?

155. The CCEO provides a simpler procedure than that of the CIC. In fact, canon 1487 § 1 CCEO provides only that recourse be sent to the CDF within ten useful days from the decree’s notification.

156. The author of the decree in this case need only await instructions or requests from the CDF, which in any case will inform him about the result of the examination of the recourse. However, if the author is the Ordinary, he must take note of the suspensive effects of the appeal, mentioned in no. 148 above.

IX. Is there anything that should always be kept in mind?

157. From the time of the notitia de delicto, the accused has the right to present a petition to be dispensed from all the obligations connected with the clerical state, including celibacy, and, concurrently, from any religious vows. The Ordinary or Hierarch must clearly inform him of this right. Should the cleric decide to make use of this possibility, he must write a suitable petition, addressed to the Holy Father, introducing himself and briefly indicating the reasons for which he is seeking the dispensation. The petition must be clearly dated and signed by the petitioner. It is to be transmitted to the CDF, together with the votum of the Ordinary or Hierarch. In turn, the CDF will forward it and – if the Holy Father accepts the petition – will transmit the rescript of dispensation to the Ordinary or Hierarch, asking him to provide for legitimate notification to the petitioner.

158. For all singular administrative acts decreed or approved by the CDF, the possibility of recourse is provided by article 27 SST.[17] To be admitted, the recourse must clearly specify what is being sought (petitum) and contain the reasons in law (in iure) and in fact (in facto) on which it is based. The one making recourse must always make use of an advocate, provided with a specific mandate.

159. If an Episcopal Conference, in response to the request made by the CDF in 2011, has already provided its own written guidelines for dealing with cases of the sexual abuse of minors, this text should also be taken into account.

160. It sometimes happens that the notitia de delicto concerns a cleric who is already deceased. In this case, no type of penal procedure can be initiated.

161. If a reported cleric dies during the preliminary investigation, it will not be possible to open a subsequent penal procedure. In any case, it is recommended that the Ordinary or Hierarch inform the CDF all the same.

162. If an accused cleric dies during the penal process, this fact should be communicated to the CDF.

163. If, in the phase of the preliminary investigation, an accused cleric has lost his canonical status as a result of a dispensation or a penalty imposed in another proceeding, the Ordinary or Hierarch should assess whether it is suitable to carry on the preliminary investigation, for the sake of pastoral charity and the demands of justice with regard to the alleged victims. If the loss of canonical status occurs once a penal process has already begun, the process can in any case be brought to its conclusion, if for no other reason than to determine responsibility in the possible delict and to impose potential penalties. In fact, it should be remembered that, in the determination of a more serious delict (delictum gravius), what matters is that the accused was a cleric at the time of the alleged delict, not at the time of the proceeding.

164. Taking into account the 6 December 2019 Instruction on the confidentiality of legal proceedings, the competent ecclesiastical authority (Ordinary or Hierarch) should inform the alleged victim and the accused, should they request it, in suitable ways about the individual phases of the proceeding, taking care not to reveal information covered by the pontifical secret or the secret of office, the divulging of which could cause harm to third parties.

*.*.*

This Vademecum does not claim to replace the training of practitioners of canon law, especially with regard to penal and procedural matters. Only a profound knowledge of the law and its aims can render due service to truth and justice, which are especially to be sought in matters of graviora delicta by reason of the deep wounds they inflict upon ecclesial communion.

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[1] Art. 7 SST - § 1. A criminal action for delicts reserved to the Congregation for the Doctrine of the Faith is extinguished by prescription after twenty years, with due regard to the right of the Congregation for the Doctrine of the Faith to derogate from prescription in individual cases. § 2. Prescription runs according to the norm of canon 1362 § 2 of the Code of Canon Law and canon 1152 § 3 of the Code of Canons of the Eastern Churches. However in the delict mentioned in art. 6 § 1 no. 1, prescription begins to run from the day on which a minor completes his eighteenth year of age.

[2] Art. 24 SST - §1. In cases concerning the delicts mentioned in art. 4 § 1, the Tribunal cannot indicate the name of the accuser to either the accused or his patron unless the accuser has expressly consented. § 2. This same Tribunal must consider the particular importance of the question concerning the credibility of the accuser. § 3. Nevertheless, it must always be observed that any danger of violating the sacramental seal is altogether avoided.

[3] Art. 8 SST - § 2. This Supreme Tribunal also judges other delicts of which a defendant is accused by the Promotor of Justice, by reason of connection of person and complicity.

[4] Canon 1428 CIC – § 1. The judge or the president of a collegiate tribunal can designate an auditor, selected either from the judges of the tribunal or from persons the bishop approves for this function, to instruct the case. § 2. The bishop can approve for the function of auditor clerics or lay persons outstanding for their good character, prudence and doctrine. Canon 1093 CCEO – § 1. A judge or the president of a collegiate tribunal can designate an auditor to instruct the case. The auditor is selected either from among the judges of the tribunal or from among the Christian faithful admitted to this office by the eparchial bishop. § 2. The eparchial bishop can approve for the office of auditor members of the Christian faithful outstanding for their good character, prudence and doctrine.

[5] Canon 1722 CIC – To prevent scandals, to protect the freedom of witnesses, and to guard the course of justice, the ordinary, after having heard to promotor of justice… can exclude the accused from the sacred ministry or from some office and ecclesiastical function, can impose or forbid residence in some place or territory, or can even prohibit public participation in the Most Holy Eucharist… Canon 1473 CCEO – To prevent scandals, to protect the freedom of witnesses, and to guard the course of justice, the hierarch, after having heard the promotor of justice and cited the accused, at any stage and grade of the penal trial can exclude the accused from the exercise of sacred orders, an office, a ministry, or another function, can impose or forbid residence in some place or territory, or even can prohibit public reception of the Divine Eucharist…

[6] Canon 1339 CIC – § 1: An ordinary, personally or through another, can warn a person who is in the proximate occasion of committing a delict or upon whom after investigation, grave suspicion of having committed a delict has fallen. § 2. He can also rebuke a person whose behaviour causes scandal or a grave disturbance of order, in a manner accommodated to the special conditions of the person and the deed. § 3. The warning or rebuke must always be established at least by some document which is to be kept in the secret archive of the curia. Canon 1340 § 1 CIC: A penance, which can be imposed in the external forum, is the performance of some work of religion, piety, or charity. Canon 1427 CCEO – § 1: Without prejudice to particular law, a public rebuke is to occur before a notary or two witnesses or by letter, but in such a way that the reception and tenor of the letter are established by some document. § 2. Care must be taken that the public rebuke itself does not result in a greater disgrace of the offender than is appropriate.

[7] Article 21 § 2, 2° SST: The Congregation for the Doctrine of the Faith may: … 2° present the most grave cases to the decision of the Roman Pontiff with regard to dismissal from the clerical state or deposition, together with dispensation from the law of celibacy, when it is manifestly evident that the delict was committed and after having given the guilty party the possibility of defending himself.

[8] Can. 1483 CIC – The procurator and advocate must have attained the age of majority and be of good reputation; moreover, the advocate must be a Catholic unless the diocesan bishop permits otherwise, a doctor in canon law or otherwise truly expert, and approved by the same bishop.

[9] By analogy with canon 1527 CIC – § 1. Proofs of any kind which seem useful for adjudicating the case and are licit can be brought forward.

[10] By analogy with canon 1572 CIC – In evaluating testimony, the judge, after having requested testimonial letters if necessary, is to consider the following: 1) what the condition or reputation of the person is; 2) whether the testimony derives from personal knowledge, especially from what has been seen or heard personally, or whether from opinion, rumor, or hearsay; 3) whether the witness is reliable and firmly consistent or inconsistent, uncertain, or vacillating; 4) whether the witness has co-witnesses to the testimony or is supported or not by other elements of proof.

[11] Canon 1336 CIC – § 1. In addition to other penalties which the law may have established, the following are expiatory penalties which can affect an offender either perpetually, for a prescribed time, or for an indeterminate time: 1) a prohibition or an order concerning residence in a certain place or territory; 2) privation of a power, office, function, right, privilege, faculty, favor, title, or insignia, even merely honorary; 3) a prohibition against exercising those things listed under n. 2, or a prohibition against exercising them in a certain place or outside a certain place; these prohibitions are never under pain of nullity; 4) a penal transfer to another office; 5) dismissal from the clerical state.

[12] Canon 1337 CIC – § 1. A prohibition against residing in a certain place or territory can affect both clerics and religious; however, the order to reside in a certain place or territory can affect secular clerics and, within the limits of the constitutions, religious. § 2. To impose an order to reside in a certain place or territory requires the consent of the ordinary of that place unless it is a question of a house designated for clerics doing penance or being rehabilitated even from outside the diocese.

Canon 1338 CIC – § 1. The privations and prohibitions listed in can. 1336, § 1, nn. 2 and 3, never affect powers, offices, functions, rights, privileges, favors, titles, or insignia which are not subject to the power of the superior who establishes the penalty. § 2. Privation of the power of orders is not possible but only a prohibition against exercising it or some of its acts; likewise, privation of academic degrees is not possible. § 3. The norm given in can. 1335 for censures must be observed for the prohibitions listed in can. 1336, § 1, n. 3.

[13] Canon 54 CIC – § 1. A singular decree whose application is entrusted to an executor takes effect from the moment of execution; otherwise, from the moment it is made known to the person by the authority of the one who issued it. § 2. To be enforced, a singular decree must be made known by a legitimate document according to the norm of law. Canon 55 CIC – Without prejudice to the prescripts of canons 37 and 51, when a very grave reason prevents the handing over of the written text of a decree, the decree is considered to have been made known if it is read to the person to whom it is destined in the presence of a notary or two witnesses. After a written record of what has occurred has been prepared, all those present must sign it. Canon 56 CIC – A decree is considered to have been made known if the one for whom it is destined has been properly summoned to receive or hear the decree but, without a just cause, did not appear or refused to sign.

[14] Canon 1429 CCEO – § 1. The prohibition against living in a certain place or territory can affect only clerics and religious or members of a society of common life in the manner of religious; an injunction to live in a certain place or territory affects only clerics enrolled in an eparchy, without prejudice to institutes of consecrated life. § 2. For the imposition of the injunction to live in a certain place or territory, the consent of the hierarch of that place is required, unless it is a case either of a house of an institute of consecrated life of papal or patriarchal right, in which case the consent of the competent superior is required, or of a house designated for the correction and reformation of clerics of several eparchies.

[15] Canon 1430 CCEO – § 1. Penal deprivations can affect only those powers, offices, ministries, functions, rights, privileges, faculties, benefits, titles, insignia, which are subject to the power of the authority that establishes the penalty, or of the hierarch who initiated the penal trial or imposed it by decree; the same applies to penal transfer to another office. § 2. Deprivation of the power of sacred orders is not possible, but only a prohibition against exercising all or some acts of orders, in accordance with common law; nor is deprivation of academic degrees possible.

[16] Canon 1737 § 2 CIC – Recourse must be proposed within the peremptory time limit of fifteen useful days, which… run according to the norm of can. 1735.

[17] Article 27 SST – Recourse may be had against singular administrative acts which have been decreed or approved by the Congregation for the Doctrine of the Faith in cases of reserved delicts. Such recourse must be presented within the preemptory period of sixty canonical days to the Ordinary Session of the Congregation (the Feria IV) which will judge on the merits of the case and the lawfulness of the Decree. Any further recourse as mentioned in art. 123 of the Apostolic Constitution Pastor Bonus is excluded.

[00874-EN.01] [Original text: English]

Traduzione in lingua tedesca

KONGREGATION FÜR DIE GLAUBENSLEHRE

VADEMECUM
ZU EINIGEN FRAGEN IN DEN VERFAHREN
ZUR BEHANDLUNG VON FÄLLEN
SEXUELLEN MISSBRAUCHS MINDERJÄHRIGER DURCH KLERIKER

VORBEMERKUNG

a. Über die in Art. 6 der durch das Motuproprio Sacramentorum sanctitatis tutela promulgierten Normae beschriebenen Straftaten hinaus ist das Folgende – mit den entsprechenden Anpassungen – auch in allen anderen der Glaubenskongregation vorbehaltenen Fällen einzuhalten.

b. Untenstehend werden folgende Abkürzungen verwendet: CIC: Codex Iuris Canonici; CCEO: Codex Canonum Ecclesiarum Orientalium; SST: Motuproprio Sacramentorum sanctitatis tutela – überarbeitete Normen 2010; VELM: Motuproprio Vos estis lux mundi – 2019; CDF: Congregatio pro Doctrina Fidei (Glaubenskongregation).

***

Einleitung

Die Glaubenskongregation stellt dieses Vademecum zur Verfügung, um die zahlreichen Fragen zu den einzelnen Schritten zu beantworten, die in den ihr reservierten Strafsachen einzuhalten sind. Es wendet sich in erster Linie an die Ordinarien und die Rechtsanwender, die vor der Aufgabe stehen, die kanonischen Normen über die Fälle von sexuellem Missbrauch Minderjähriger durch Kleriker konkret umzusetzen.

Es handelt sich um eine Art „Handreichung“, welche von der ersten Kenntnisnahme (notitia criminis) bis zum endgültigen Abschluss des Falles diejenigen bei der Hand nehmen und Schritt für Schritt leiten will, die mit der Wahrheitsfindung im Bereich der obengenannten Straftaten betraut sind.

Es handelt sich nicht um einen normativen Text, er erneuert also die diesbezügliche Gesetzgebung nicht, sondern möchte den Verfahrensweg erklären. Seine Einhaltung empfiehlt sich aber im Bewusstsein, dass eine einheitliche Praxis dazu beiträgt, dass sich die Rechtspflege klarer darstellt.

Die Hauptbezugspunkte sind:

- die zwei geltenden Codices (CIC und CCEO),

- die durch das Motuproprio Sacramentorum sanctitatis tutela erlassenen Normen über die der Kongregation für die Glaubenslehre vorbehaltenen Straftaten in der im Jahr 2010 überarbeiteten Fassung (unter Berücksichtigung der durch die Rescripta ex Audientia vom 3. und 6. Dezember 2019 eingefügten Neuerungen),

- das Motuproprio Vos estis lux mundi und schließlich

- die in den vergangenen Jahren zusehends ausgearbeitete und gefestigte Praxis der Glaubenskongregation.

Es handelt sich um ein Dokument, dessen periodische Aktualisierung vorgesehen ist, sooft die entsprechenden Vorschriften geändert werden oder die Praxis der Kongregation weitere Klärungen oder Änderungen erfordern sollte.

Aus der Überzeugung heraus, dass die in den geltenden Codices dargelegte Vorgehensweise hinreichend klar und detailliert ist, werden im Vademecum die Anweisungen über die Durchführung des gerichtlichen Strafprozesses erster Instanz bewusst nicht behandelt.

Es ist zu wünschen, dass dieses Instrument den Diözesen, den Instituten des geweihten Lebens und den Gesellschaften des apostolischen Lebens, den Bischofskonferenzen und den verschiedenen kirchlichen Jurisdiktionsbereichen hilft, die Forderungen der Gerechtigkeit hinsichtlich eines delictum gravius besser zu erfassen und umzusetzen, stellt doch jedes dieser Delikte für die ganze Kirche eine tiefe und schmerzhafte Wunde dar, die der Heilung bedarf.

I. Was ist eine Straftat?

1. Straftat im Sinne dieser Handreichung ist jeder äußere Verstoß gegen das sechste Gebot des Dekalogs, der von einem Kleriker mit einem Minderjährigen begangen wurde (vgl. can. 1395 §2 CIC; Art. 6 §1, 1° SST).

2. Die Typologie der Straftat ist sehr weit gefasst und kann zum Beispiel sexuelle Beziehungen (einvernehmlich oder nicht einvernehmlich), physischen Kontakt mit sexuellem Hintergrund, Exhibitionismus, Masturbation, Herstellung von Pornografie, Verleitung zu Prostitution, Gespräche und/oder Angebote sexueller Art, auch über Kommunikationsmittel, umfassen.

3. Der Begriff des „Minderjährigen“ hat hinsichtlich der fraglichen Fälle im Laufe der Zeit Veränderungen erfahren: Bis zum 30. April 2001 war damit eine Person unter 16 Jahren gemeint (auch wenn in einigen Partikulargesetzgebungen – zum Beispiel in den USA [seit 1994] und in Irland [seit 1996] – das Alter schon auf 18 Jahre angehoben worden war). Seit dem 30. April 2001 ist mit der Promulgation des Motuproprio Sacramentorum sanctitatis tutela das Alter universal auf 18 Jahre angehoben worden, und dies ist das weiterhin geltende Alter. Diese Veränderungen sind zu berücksichtigen, wenn zu entscheiden ist, ob der „Minderjährige“ wirklich ein solcher entsprechend der zum Zeitpunkt der Tat geltenden Legaldefinition war.

4. Die Tatsache, dass von „Minderjährigen“ die Rede ist, hat keine Auswirkung auf die zuweilen aus den Erkenntnissen der psychologischen Wissenschaften abgeleitete Unterscheidung zwischen Akten von „Pädophilie“ und „Ephebophilie“, d.h. mit Jugendlichen, die bereits postpubertär sind. Ihre sexuelle Reife hat keinen Einfluss auf die kanonische Definition der Straftat.

5. Mit dem Motuproprio SST in der Fassung vom 21. Mai 2010 wurde festgelegt, dass Minderjährigen jene Personen gleichgestellt werden, deren Vernunftgebrauch habituell eingeschränkt ist (vgl. Art. 6 §1, 1° SST). Hinsichtlich des Ausdrucks „schutzbedürftige Person“, der in Art. 1 §2, b VELM als »jede Person im Zustand von Krankheit, von physischer oder psychischer Beeinträchtigung oder von Freiheitsentzug, wodurch faktisch, auch gelegentlich, ihre Fähigkeit zu verstehen und zu wollen eingeschränkt ist, zumindest aber die Fähigkeit, der Schädigung Widerstand zu leisten« beschrieben wird, ist daran zu erinnern, dass diese Definition weiter gefasste Tatbestände einschließt als die, welche in die Zuständigkeit der Glaubenskongregation fallen, die über die Minderjährigen unter 18 Jahren hinaus auf jene begrenzt bleibt, „deren Vernunftgebrauch habituell eingeschränkt ist“. Andere Tatbestände außerhalb dieser Fälle werden von den jeweils zuständigen Dikasterien behandelt (vgl. Art. 7 §1 VELM).

6. SST hat schließlich (vgl. Art. 6 §1, 2° SST) drei neue Straftatbestände eingeführt, die eine besondere Typologie von Straftaten an Minderjährigen betreffen, nämlich den Erwerb, die (auch vorübergehende) Aufbewahrung und die Verbreitung pornografischer Darstellungen von Minderjährigen unter 14 Jahren (seit dem 1. Januar 2020: unter 18 Jahren) seitens eines Klerikers zum Zweck sexuellen Lustgewinns in jeglicher Weise und mit jeglichem Mittel. Vom 1. Juni bis 31. Dezember 2019 fällt die strafrechtliche Verfolgung des Erwerbs, der Aufbewahrung und der Verbreitung pornografischen Materials, das Minderjährige zwischen 14 und 18 Jahren betrifft, durch Kleriker oder Mitglieder von Instituten des geweihten Lebens oder Gesellschaften des apostolischen Lebens in die Zuständigkeit anderer Dikasterien (vgl. Art. 1 und 7 VELM). Seit 1. Januar 2020 liegt die diesbezügliche Zuständigkeit bei der Glaubenskongregation, sofern die Tat von einem Kleriker begangen wurde.

7. Es ist hervorzuheben, dass diese drei Straftaten kanonisch nur ab dem Zeitpunkt des Inkrafttretens von SST, also seit dem 21. Mai 2010, strafbar sind. Die Herstellung von Pornografie mit Minderjährigen hingegen fällt unter die Typologie der unter den Nummern 1-4 des vorliegenden Vademecum angegebenen Straftaten und wird infolgedessen auch vor diesem Datum geahndet.

8. Gemäß dem Ordensrecht der lateinischen Kirche (vgl. cann. 695 ff. CIC) kann die unter Nr. 1 genannte Straftat auch die Entlassung aus dem Institut zur Folge haben. Hierzu ist anzumerken:

a. Diese Entlassung ist nicht eine Strafe, sondern ein Verwaltungsakt des Obersten Leiters.

b. Um sie zu erlassen, ist das entsprechende in den cann. 695 §2, 699, 700 CIC beschriebene Verfahren streng einzuhalten.

c. Die Bestätigung des Entlassungsdekrets nach can. 700 CIC muss bei der Glaubenskongregation beantragt werden.

d. Aus der Entlassung aus dem Institut folgen der Verlust der Eingliederung in das Institut, das Erlöschen der Gelübde und der aus der Profess hervorgehenden Pflichten (vgl. can. 701 CIC) sowie das Verbot, die empfangene Weihe auszuüben, solange die unter can. 701 CIC genannten Bedingungen nicht erfüllt sind. Die gleichen Regeln werden mit den entsprechenden Anpassungen auch auf die den Gesellschaften des apostolischen Lebens endgültig eingegliederten Mitglieder angewandt (vgl. can. 746 CIC).

II. Was ist bei erster Kenntnisnahme einer möglichen Straftat (notitia de delicto) zu tun?

a/ Was ist unter notitia de delicto zu verstehen?

9. Die notitia de delicto (vgl. can. 1717 §1 CIC; can. 1468 §1 CCEO; Art. 16 SST; Art. 3 VELM), die zuweilen auch notitia criminis genannt wird, ist jede Information über eine mögliche Straftat, die auf jegliche Weise den Ordinarius oder Hierarchen erreicht. Es muss sich nicht notwendigerweise um eine formelle Anzeige handeln.

10. Diese notitia kann demnach verschiedene Quellen haben: Sie kann formell dem Ordinarius oder Hierarchen mündlich oder schriftlich von dem mutmaßlichen Opfer, von seinem Vormund oder von anderen Personen, die behaupten, über die Fakten informiert worden zu sein, vorgelegt werden; sie kann zum Ordinarius oder Hierarchen während der Ausübung seiner Aufsichtspflichten gelangen; sie kann dem Ordinarius oder Hierarchen von den staatlichen Behörden entsprechend den von den örtlichen Vorschriften vorgesehenen Modalitäten vorgelegt werden; sie kann von den Massenkommunikationsmitteln (einschließlich der social media) verbreitet werden; der Ordinarius oder Hierarch kann durch sich häufende Gerüchte wie auch auf jede andere angemessene Weise davon Kenntnis erlangen.

11. Mitunter kann die notitia de delicto von einer anonymen Quelle kommen, das heißt von nicht identifizierten oder nicht identifizierbaren Personen. Die Anonymität des Anzeigenden darf nicht dazu führen, diese notitia automatisch für falsch zu halten; dennoch ist es aus gut nachvollziehbaren Gründen angemessen, große Vorsicht walten zu lassen, eine derartige notitia zu beachten. Keinesfalls darf zu anonymen Beschuldigungen ermutigt werden.

12. Ebenso ist es nicht ratsam, von vornherein eine notitia de delicto zu verwerfen, welche aus Quellen stammt, deren Glaubwürdigkeit auf den ersten Blick zweifelhaft scheinen kann.

13. Zuweilen liefert die notitia de delicto keine Details zu den Umständen (Namen, Orte, Zeiten …). Auch wenn sie vage und unbestimmt ist, muss sie einer angemessenen Wertung unterzogen und es muss ihr im Rahmen des Möglichen mit der geschuldeten Aufmerksamkeit nachgegangen werden.

14. Es ist daran zu erinnern, dass die in der Beichte erlangte Kenntnis eines delictum gravius der strengen Bindung an das Beichtgeheimnis unterliegt (cf can. 983 §1 CIC; can. 733 §1 CCEO; art. 4 §1, 5° SST). Es wird daher nötig sein, dass der Beichtvater, der während der Feier des Sakraments über ein delictum gravius informiert wird, versucht, den Pönitenten zu überzeugen, seine Informationen auf anderen Wegen bekannt zu geben, um den Zuständigen in die Lage zu versetzen zu handeln.

15. Die Ausübung der dem Ordinarius oder Hierarchen zukommenden Aufsichtspflichten sieht nicht vor, dass er ständige Kontrollen und Untersuchungen zulasten der ihm unterstellten Kleriker durchzuführen hat. Sie gestattet es ihm aber auch nicht, es zu unterlassen, sich über die Verhaltensweisen in diesem Bereich auf dem Laufenden zu halten, vor allem wenn er von Verdachtsmomenten, von skandalösem Betragen oder von die Ordnung auf schwerwiegende Weise störenden Verhaltensweisen Kenntnis erhalten hat.

b/ Welche Schritte sind zu setzen, wenn man eine notitia de delicto erhalten hat?

16. Art. 16 SST (vgl. auch cann. 1717 CIC und 1468 CCEO) verfügt, dass nach Erhalt der notitia de delicto eine Voruntersuchung durchgeführt wird, sofern die notitia de delicto mindestens wahrscheinlich („saltem verisimilis“) ist. Wenn sich diese Wahrscheinlichkeit als nicht gegeben erweist, ist es möglich, der notitia de delicto nicht weiter nachzugehen, wobei jedoch darauf zu achten ist, die Dokumentation zusammen mit einer Notiz aufzubewahren, in der die Gründe für die Entscheidung dargestellt sind.

17. Auch in Ermangelung einer ausdrücklichen gesetzlichen Verpflichtung soll die kirchliche Autorität bei den zuständigen staatlichen Behörden Anzeige erstatten, wenn sie es zum Schutz der geschädigten Person oder anderer Minderjähriger vor der Gefahr weiterer verbrecherischer Akte für unverzichtbar hält.

18. Unter anderem die Tatsache, dass die Sünden gegen das sechste Gebot des Dekalogs selten in Anwesenheit von Zeugen geschehen, verlangt besondere Sensibilität im Umgang mit dieser heiklen Materie. Deshalb wird die Feststellung, dass die notwendige Wahrscheinlichkeit fehlt, die zur Unterlassung der Voruntersuchung führen kann, nur dann zu treffen sein, wenn es offensichtlich unmöglich ist, nach den Normen des kanonischen Rechts zu verfahren, also:

- wenn sich zum Beispiel herausstellt, dass die Person zum Zeitpunkt der vorgeworfenen Straftat noch nicht Kleriker war,

- wenn sich augenfällig ergibt, dass das mutmaßliche Opfer nicht minderjährig war (vgl. Nr. 3 zu diesem Punkt) oder

- wenn allgemein bekannt ist, dass die beschuldigte Person sich zum Zeitpunkt der ihr zur Last gelegten Taten nicht am Ort der Straftat befunden haben konnte.

19. Auch in diesen Fällen ist es jedoch ratsam, dass der Ordinarius oder der Hierarch der Glaubenskongregation über die notitia de delicto und über die Entscheidung, von der Voruntersuchung aufgrund offenkundigen Nichtvorhandenseins der Wahrscheinlichkeit abzusehen, Meldung erstattet.

20. In diesem Fall ist daran zu erinnern, dass es – auch wenn keine Straftat mit Minderjährigen gegeben ist, aber unangemessene oder unkluge Verhaltensweisen vorliegen und es zum Schutz des Gemeinwohls und zur Vermeidung von Ärgernissen erforderlich ist – unter die Befugnisse des Ordinarius oder Hierarchen fällt, auf dem Verwaltungsweg andere Maßnahmen gegenüber der beschuldigten Person (zum Beispiel Beschränkung der Weihevollmachten) zu ergreifen, ihr Strafsicherungsmittel gemäß can. 1339 CIC aufzuerlegen, um Straftaten vorzubeugen (vgl. can. 1312 §3 CIC), oder einen öffentlichen Verweis gemäß can. 1427 CCEO auszusprechen. Wenn nicht schwerwiegende (non graviora) Straftaten stattgefunden haben, muss der Ordinarius oder Hierarch die den Umständen angemessenen rechtlichen Schritte unternehmen.

21. Gemäß can. 1717 CIC und can. 1468 CCEO kommt die Aufgabe der Voruntersuchung dem Ordinarius oder Hierarchen, der die notitia de delicto erhalten hat, oder einer von ihm bestimmten geeigneten Person zu. Eine allfällige Nichterfüllung dieser Pflicht könnte eine Straftat darstellen, die im Sinn der beiden Codices und des Motuproprio Come una madre amorevole“ wie auch von Art. 1 §1, b VELM geahndet werden kann.

22. Der Ordinarius oder Hierarch, dem diese Aufgabe zukommt, kann derjenige des beschuldigten Klerikers sein oder andernfalls der Ordinarius oder Hierarch des Ortes, wo die mutmaßlichen Straftaten begangen worden sind. In diesem Fall ist – vor allem wenn der Kleriker Ordensmann ist – Kommunikation und Zusammenarbeit zwischen den verschiedenen betroffenen Ordinarien angezeigt, um Kompetenzkonflikte oder Doppelarbeiten zu vermeiden.

23. Wenn ein Ordinarius oder Hierarch bei der Einleitung oder Durchführung der Voruntersuchung auf Schwierigkeiten stößt, soll er sich unverzüglich an die Glaubenskongregation wenden, um Rat einzuholen oder eventuelle Fragen zu lösen.

24. Es kann vorkommen, dass die notitia de delicto ohne Übermittlung durch den Ordinarius oder Hierarchen direkt an die Glaubenskongregation gelangt. In diesem Fall kann die Glaubenskongregation ihn ersuchen, die Untersuchung durchzuführen, oder sie gemäß Art. 17 SST selbst durchführen.

25. Die Glaubenskongregation kann aufgrund eigenen Urteils, ausdrücklicher Anfrage oder Notwendigkeit auch einen dritten Ordinarius oder Hierarchen ersuchen, die Voruntersuchung durchzuführen.

26. Die kanonische Voruntersuchung muss unabhängig von der Existenz einer entsprechenden Ermittlung seitens der staatlichen Behörden durchgeführt werden. Falls jedoch die staatliche Gesetzgebung parallele Untersuchungen verbietet, soll die zuständige kirchliche Autorität von der Einleitung der Voruntersuchung absehen und der Glaubenskongregation von dem, was gemeldet wurde, Mitteilung erstatten und etwaige sachdienliche Unterlagen beifügen. Falls es zum Zweck der eventuellen Aneignung der Ergebnisse oder aus anderen Gründen angemessen scheint, das Ende der staatlichen Ermittlungen abzuwarten, ist es angezeigt, dass der Ordinarius oder der Hierarch sich diesbezüglich mit der Glaubenskongregation berät.

27. Die Untersuchungen sind unter Beachtung der staatlichen Gesetze des jeweiligen Landes vorzunehmen (vgl. Art. 19 VELM).

28. Es ist bekannt, dass es auch für die hier behandelten Straftaten Verjährungsfristen für die Klageerhebung gibt, die sich mit der Zeit jedoch beträchtlich verändert haben. Die gegenwärtig geltenden Fristen werden von Art. 7 SST[1] festgelegt. Da aber derselbe Art. 7 §1 SST der Glaubenskongregation erlaubt, in Einzelfällen von der Verjährung zu derogieren, muss der Ordinarius oder Hierarch, der festgestellt hat, dass die Fristen für die Verjährung verstrichen sind, dennoch die notitia de delicto verfolgen und allenfalls die Voruntersuchung einleiten und der Glaubenskongregation deren Ausgang mitteilen. Ihr allein steht das Urteil darüber zu, ob an der Verjährung festgehalten oder von ihr derogiert wird. Bei der Übermittlung der Akten ist es nützlich, wenn der Ordinarius oder Hierarch seine Einschätzung bezüglich der eventuellen Derogierung zum Ausdruck bringt und diese mit den aktuellen Umständen begründet (zum Beispiel: Gesundheitszustand oder Alter des Klerikers, Möglichkeit desselben zur Ausübung seines Verteidigungsrechts, durch die mutmaßliche kriminelle Handlung hervorgerufener Schaden, Erregung von Ärgernis).

29. Bei diesen heiklen Vorbereitungsschritten kann der Ordinarius oder Hierarch – wie auch zu jedem Zeitpunkt des Verfahrens – den Rat der Glaubenskongregation einholen oder Experten des kanonischen Strafrechts frei konsultieren. Im letztgenannten Fall soll man aber darauf achten, jede unangemessene oder unerlaubte Verbreitung von Informationen in der Öffentlichkeit zu vermeiden, welche die sich möglicherweise anschließende Voruntersuchung beeinträchtigen oder den Eindruck erwecken könnte, die Tatsachen oder die Schuld des betreffenden Klerikers schon mit Gewissheit festgestellt zu haben.

30. Es ist hervorzuheben, dass man schon in dieser Phase an die Beobachtung des Amtsgeheimnisses gebunden ist. Es ist jedoch daran zu erinnern, dass demjenigen, der Meldung erstattet, und der Person, die von sich behauptet, geschädigt worden zu sein, sowie den Zeugen in keinerlei Weise eine Schweigepflicht hinsichtlich der Tatsachen auferlegt werden kann.

31. Gemäß Art. 2 §3 VELM muss der Ordinarius, der die notitia de delicto erhalten hat, sie unverzüglich weiterleiten, und zwar an den Ordinarius oder Hierarchen des Ortes, wo die Taten stattgefunden haben sollen, sowie an den eigenen Ordinarius oder Hierarchen der beschuldigten Person, das heißt, im Fall eines Ordensmanns an den höheren Oberen, wenn er sein Ordinarius ist, und im Fall eines Diözesanklerikers an den Ordinarius der Diözese oder an den Hierarchen der Eparchie, in die er inkardiniert ist. Sofern der Ordinarius oder Hierarch des Ortes und der eigene Ordinarius oder Hierarch nicht derselbe ist, ist es wünschenswert, dass diese miteinander Kontakt aufnehmen, um abzustimmen, wer die Untersuchung durchführt. Falls die Meldung ein Mitglied eines Instituts des geweihten Lebens oder einer Gesellschaft des apostolischen Lebens betrifft, wird der höhere Obere auch den obersten Leiter und, im Fall von Instituten und Gesellschaften diözesanen Rechts, auch den jeweiligen Bischof informieren.

III. Wie wird die Voruntersuchung durchgeführt?

32. Die Voruntersuchung ist gemäß den Kriterien und Bestimmungen durchzuführen, die in cann. 1717 CIC oder 1468 CCEO genannt sind und an die im Folgenden erinnert wird.

a/ Was ist die Voruntersuchung?

33. Es ist immer zu beachten, dass die Voruntersuchung kein Prozess ist und ihr Ziel nicht darin besteht, moralische Gewissheit hinsichtlich der Tatsachen, die Inhalt der Anklage sind, zu gewinnen. Sie dient dazu

a. Daten für die eingehendere Prüfung der notitia de delicto zu sammeln und

b. deren Wahrscheinlichkeit glaubhaft zu machen, also den sogenannten fumus delicti, mithin die ausreichende Grundlage der Vorwürfe in rechtlicher und tatsächlicher Hinsicht, festzustellen.

34. Daher muss die Voruntersuchung, wie die in Nr. 32 genannten Canones anführen, detailliertere Informationen über die notitia de delicto hinsichtlich der Tatsachen, der Umstände und der strafrechtlichen Zurechenbarkeit sammeln. Es ist nicht notwendig, schon in dieser Phase eine gründliche Sammlung von Beweismitteln (Zeugnisse, Gutachten) zu erstellen, diese Aufgabe kommt dann dem eventuell anschließenden Strafverfahren zu. Wichtig ist es, die Tatsachen, auf denen die Anklage beruht, soweit wie möglich zu rekonstruieren: die Anzahl und den Zeitpunkt der strafbaren Verhaltensweisen, ihre Umstände, die Personalien der mutmaßlichen Opfer, wobei eine erste Einschätzung des eventuell verursachten physischen, psychischen oder moralischen Schadens angefügt werden soll. Dabei ist darauf zu achten, auf mögliche Beziehungen mit dem sakramentalen forum internum hinzuweisen (diesbezüglich ist jedoch die Vorschrift von Art. 24 SST[2] zu berücksichtigen). Es sind auch mögliche weitere dem Angeklagten vorgeworfene Straftaten anzuführen (vgl. Art. 8 §2 SST[3]) sowie allfällige problematische Umstände, die aus seinem biographischen Profil hervorgehen, anzugeben. Es kann angemessen sein, Zeugnisse und Dokumente jeglicher Art und Herkunft (einschließlich der Ergebnisse von Ermittlungen oder eines Prozesses seitens einer staatlichen Behörde) zu sammeln, die dazu dienen, die weiteren Umstände der Anklage zu erhellen und ihre Wahrscheinlichkeit glaubhaft zu machen. Eventuelle ausschließende, mildernde oder erschwerende Umstände, wie sie vom Gesetz vorgesehen sind, können bereits angegeben werden. Es kann auch hilfreich sein, schon jetzt Glaubwürdigkeitszeugnisse bezüglich der Ankläger und der mutmaßlichen Opfer zu sammeln. Im Anhang enthält das vorliegende Vademecum ein zusammenfassendes Schema der nützlichen Angaben, das der Voruntersuchungsführer berücksichtigen und ausfüllen möge (vgl. Nr. 69).

35. Falls während der Voruntersuchung Kenntnis von anderen notitiae de delicto erlangt wird, sollen sie in derselben Untersuchung genauer geprüft werden.

36. Wie bereits angedeutet, könnte die Aneignung der Ergebnisse der staatlichen Untersuchungen (oder des gesamten Prozesses vor dem staatlichen Gericht) die kanonische Voruntersuchung überflüssig machen. Der Voruntersuchungsführer soll dennoch der Bewertung der staatlichen Ermittlungen die geschuldete Aufmerksamkeit zukommen lassen, da ihre Kriterien (zum Beispiel hinsichtlich der Verjährungsfristen, der Typologie der Straftat, des Alters des Opfers,…) von den Vorschriften des kanonischen Rechts erheblich abweichen können. Auch in diesem Fall kann es ratsam sein, im Zweifel den Austausch mit der Glaubenskongregation zu suchen.

37. Im Fall einer allgemein bekannten und nicht zweifelhaften Straftat (zum Beispiel bei Aneignung der staatlichen Prozessakten oder im Fall eines Geständnisses seitens des Klerikers) kann die Voruntersuchung auch überflüssig sein.

b/ Welche Rechtsakte sind zu setzen, um die Voruntersuchung einzuleiten?

38. Wenn der zuständige Ordinarius oder Hierarch es für angemessen hält, eine andere geeignete Person für die Durchführung der Voruntersuchung einzusetzen (vgl. Nr. 21), soll er sie nach den in can. 1428 §§1-2 CIC oder can. 1093 CCEO[4] angegebenen Kriterien auswählen.

39. Bei der Ernennung des Voruntersuchungsführers unter Beachtung der Mitwirkung, die gemäß cann. 228 CIC und 408 CCEO von Laien geleistet werden kann (vgl. Art. 13 VELM), soll der Ordinarius oder Hierarch berücksichtigen, dass gemäß can. 1717 §3 CIC und 1468 §3 CCEO in einem späteren gerichtlichen Strafprozess dieselbe Person nicht die Aufgabe des Richters ausüben kann. Aus der Praxis empfiehlt sich, das gleiche Kriterium für die Ernennung des Bevollmächtigten (Delegaten) und der Beisitzer im Fall eines außergerichtlichen Verfahrens anzuwenden.

40. Gemäß cann. 1719 CIC und 1470 CCEO muss der Ordinarius oder Hierarch ein Dekret zur Eröffnung der Voruntersuchung erlassen, in dem er den Voruntersuchungsführer unter Angabe seiner Vollmachten gemäß can. 1717 §3 CIC oder can. 1468 §3 CCEO bestellt.

41. Auch wenn es das Gesetz nicht ausdrücklich vorsieht, ist es ratsam, einen Priester zum Notar zu ernennen (vgl. cann. 483 §2 CIC und 253 §2 CCEO, wo weitere Kriterien für die Auswahl angegeben werden), der den Voruntersuchungsführer unterstützt, um den öffentlichen Glauben der von ihm ausgefertigten Schriftstücke zu gewährleisten (vgl. cann. 1437 §2 CIC und 1101 §2 CCEO).

42. Es ist jedoch zu beachten, dass die Anwesenheit des Notars nicht zur Gültigkeit (ad validitatem) notwendig ist, weil es sich nicht um prozessuale Akte handelt.

43. In der Phase der Voruntersuchung ist die Ernennung eines Kirchenanwalts nicht vorgesehen.

c/ Welche ergänzenden Akte können oder müssen während der Voruntersuchung vollzogen werden?

44. Die cann. 1717 §2 CIC und 1468 §2 CCEO sowie die Artikel 4 §2 und 5 §2 VELM beziehen sich auf den Schutz des guten Rufs der beteiligten Personen (Beschuldigte, mutmaßliche Opfer, Zeugen), damit die Anzeige nicht zu Vorurteilen, Vergeltungsmaßnahmen und Diskriminierung führt. Die Voruntersuchungsführer müssen daher besondere Achtsamkeit walten lassen und alle entsprechenden Vorsichtsmaßnahmen treffen, da der Schutz des guten Rufes ein Recht der Gläubigen ist, das von den cann. 220 CIC und 23 CCEO garantiert wird. Es sei jedoch darauf hingewiesen, dass diese Canones nur vor der rechtswidrigen Verletzung dieses Rechts schützen; wenn also das Gemeinwohl in Gefahr ist, stellt die Verbreitung von Informationen über das Bestehen einer Anklage nicht unbedingt eine Verletzung des guten Rufs dar. Darüber hinaus sollen die betroffenen Personen darüber informiert werden, dass es der Kirche im Falle einer gerichtlichen Beschlagnahme oder einer Anordnung zur Übergabe der Untersuchungsakte durch die staatlichen Behörden nicht mehr möglich sein wird, die Vertraulichkeit der im kanonischen Verfahren erworbenen Aussagen und Dokumente zu gewährleisten.

45. In jedem Fall muss man bei der Weitergabe von Informationen über den Sachverhalt, insbesondere bei jeglichen Veröffentlichungen, alle Vorsicht walten lassen, z.B. durch eine möglichst knappe, auf das Wesentliche beschränkte Formulierung, durch die Vermeidung von Sensationsmeldungen, durch den völligen Verzicht auf jede Vorwegnahme des Urteils über die Schuld oder Unschuld der angezeigten Person (die allein im entsprechenden eventuellen Strafverfahren, das der Überprüfung der Richtigkeit der Anschuldigung dient, festgestellt wird) sowie durch die Beachtung des möglicherweise von den mutmaßlichen Opfern geäußerten Wunsches nach Vertraulichkeit.

46. Da, wie bereits erwähnt, in dieser Phase die eventuelle Schuld der angezeigten Person noch nicht geklärt werden kann, ist in öffentlichen Stellungnahmen wie auch in privaten Mitteilungen jede Aussage im Namen der Kirche, des Instituts oder der Gesellschaft oder auch in eigenem Namen mit aller Sorgfalt zu vermeiden, die als Vorwegnahme des Urteils hinsichtlich der Tatsachen verstanden werden könnte.

47. Es sei auch daran erinnert, dass die Anzeigen, Prozesse und Entscheidungen im Zusammenhang mit den in Art. 6 SST genannten Straftaten dem Amtsgeheimnis unterliegen. Davon unberührt kann der Kläger – insbesondere, wenn er sich auch an die staatlichen Behörden wenden will – sein Handeln öffentlich machen. Da zudem nicht alle Formen von notitiae de delicto Anzeigen sind, ist eventuell abzuwägen, wann man zur Verschwiegenheit verpflichtet ist, immer unter Berücksichtigung des in Nr. 44 erwähnten guten Rufes.

48. In diesem Zusammenhang ist zudem die Frage anzusprechen, inwieweit der Ordinarius oder Hierarch verpflichtet ist, die staatlichen Behörden über die erhaltene notitia de delicto und über die eingeleitete Voruntersuchung zu informieren. Dabei können zwei Grundsätze angewandt werden:

a. Die staatlichen Gesetze müssen respektiert werden (vgl. Art. 19 VELM).

b. Der Wille des mutmaßlichen Opfers muss respektiert werden, sofern er nicht im Widerspruch zum staatlichen Recht steht, und es soll – wie noch ausgeführt werden wird (Nr. 56) – zur Ausübung seiner Pflichten und Rechte vor den staatlichen Behörden ermutigt werden, wobei darauf zu achten ist, dass dieser Vorschlag dokumentiert und jede Form, das mutmaßliche Opfer davon abzuhalten, vermieden wird.

Diesbezüglich sind immer alle Konventionen (Konkordate, Abkommen, Vereinbarungen), die der Apostolische Stuhl mit den jeweiligen Nationen geschlossen hat, zu beachten.

49. Wenn staatliche Gesetze verlangen, dass der Ordinarius oder der Hierarch über eine notitia de delicto Auskunft gibt, ist dem nachzukommen, auch wenn vorauszusehen ist, dass es nach den staatlichen Gesetzen zu keiner Verfahrenseröffnung kommen wird (z.B. aufgrund einer eingetretenen Verjährung oder anderer Bestimmungen, die die Straftat betreffen).

50. Wenn die staatlichen Justizbehörden eine Übergabe von Dokumenten zu den Fällen rechtmäßig anordnen oder die gerichtliche Beschlagnahme derselben Dokumente verfügen, muss der Ordinarius oder Hierarch mit den staatlichen Behörden kooperieren. Bestehen Zweifel an der Rechtmäßigkeit eines solchen Ersuchens oder einer solchen Beschlagnahme, sollte der Ordinarius oder Hierarch eigene Experten bezüglich der nach örtlichem Recht zur Verfügung stehenden Rechtsmittel zu Rate ziehen. In jedem Fall ist es angemessen, den Päpstlichen Vertreter unverzüglich zu informieren.

51. Falls es notwendig ist, einen Minderjährigen oder eine ihm gleichgestellte Person anzuhören, sind die staatlichen Normen des Landes wie auch dem Alter und dem Zustand entsprechende Modalitäten anzuwenden, die z. B. erlauben, dass der Minderjährige von einer volljährigen Person seines Vertrauens begleitet wird und ein direkter Kontakt mit dem Angeklagten vermieden wird.

52. Zu den besonders heiklen Aufgaben für den Ordinarius oder Hierarchen gehört in der Phase der Voruntersuchung die Entscheidung darüber, ob und wann der Beschuldigte informiert werden soll.

53. Für diese Aufgabe gibt es weder ein einheitliches Kriterium noch explizite Gesetzesvorschriften. Es ist notwendig, die Gesamtheit aller betroffenen Güter abzuwägen. Neben dem Schutz des guten Rufes der beteiligten Personen sind zum Beispiel auch die Gefahr einer Beeinträchtigung der Voruntersuchung oder das Ärgernis für die Gläubigen sowie die Möglichkeit, vorher alle Indizien zu sammeln, die nützlich oder notwendig sein könnten, zu beachten.

54. Wenn beschlossen wird, die beschuldigte Person anzuhören, ist es, da es sich um eine vorgerichtliche Phase handelt, nicht zwingend erforderlich, für diese einen Pflichtverteidiger zu bestellen. Wenn sie es für angebracht hält, kann sie jedoch die Unterstützung eines Rechtsbeistandes ihrer Wahl in Anspruch nehmen. Der beschuldigten Person darf keine Eidesleistung abverlangt werden (vgl. ex analogia die cann. 1728 §2 CIC und 1471 §2 CCEO).

55. Die kirchlichen Autoritäten müssen sich dafür einsetzen, dass das mutmaßliche Opfer und seine Familie mit Würde und Respekt behandelt werden; sie müssen ihnen Annahme, Gehör und Begleitung, auch mittels geeigneter Dienste, sowie entsprechend den Besonderheiten des Falles spirituelle, medizinische und psychologische Betreuung bieten (vgl. Art. 5 VELM). Dasselbe kann in Bezug auf den Angeklagten getan werden. Man soll jedoch nicht den Eindruck erwecken, dem Ausgang des Prozesses vorgreifen zu wollen.

56. In dieser Phase ist es absolut notwendig, alles zu vermeiden, was von den mutmaßlichen Opfern als Behinderung in der Ausübung ihrer Rechte gegenüber den staatlichen Behörden verstanden werden könnte.

57. Wo staatliche oder kirchliche Strukturen zur Information und Unterstützung mutmaßlicher Opfer oder zur Beratung kirchlicher Behörden bestehen, ist es gut, sich auch an diese wenden. Diese Einrichtungen dienen allein der Beratung, Orientierung und Betreuung. Ihre Analysen stellen in keiner Weise kanonische Verfahrensentscheidungen dar.

58. Zum Schutz des guten Rufes der beteiligten Personen und zum Schutz des öffentlichen Wohls sowie auch zur Vermeidung anderer Risiken (z.B. die Erregung von Ärgernis, die Gefahr der Verschleierung eventueller Beweise, das Aufkommen von Drohungen oder anderen Verhaltensweisen, die darauf abzielen, das mutmaßliche Opfer von der Ausübung seiner Rechte abzubringen, der Schutz anderer möglicher Opfer) hat der Ordinarius oder Hierarch nach Art. 19 SST das Recht, von Beginn der Voruntersuchung an die in den cann. 1722 CIC und 1473 CCEO angeführten Vorsichtsmaßnahmen zu verhängen.[5]

59. Die in diesen Canones angeführten Vorsichtsmaßnahmen stellen eine erschöpfende Liste dar, d.h. man kann nur eine oder mehrere von ihnen auswählen.

60. Dies bedeutet nicht, dass der Ordinarius oder Hierarch entsprechend seinen Befugnissen nicht auch andere Disziplinarmaßnahmen verhängen kann, die jedoch streng genommen nicht als „Vorsichtsmaßnahmen“ definiert werden können.

d/ Wie werden Vorsichtsmaßnahmen verhängt?

61. Zunächst ist zu sagen, dass eine Vorsichtsmaßnahme keine Strafe ist (Strafen werden erst am Ende eines Strafprozesses verhängt), sondern ein Verwaltungsakt, dessen Ziele in den zitierten cann. 1722 CIC und 1473 CCEO beschrieben sind. Der nicht strafrechtliche Aspekt der Maßnahme muss dem Betroffenen deutlich gemacht werden, damit er nicht denkt, er sei bereits im Vorhinein verurteilt oder bestraft worden. Hervorzuheben ist auch, dass die Vorsichtsmaßnahmen aufgehoben werden müssen, wenn der sie veranlassende Grund wegfällt, und dass sie mit dem Abschluss eines etwaigen Strafprozesses enden. Zudem können sie geändert (verschärft oder gemildert) werden, wenn die Umstände dies erfordern. Bei der Beurteilung über den Wegfall der Gründe für die Maßnahmen ist jedoch besondere Vorsicht und eine sorgfältige Unterscheidung geboten; darüber hinaus ist es nicht ausgeschlossen, dass sie – einmal aufgehoben – erneut verhängt werden können.

62. Häufig ist festzustellen, dass die alte Terminologie der suspensio a divinis noch immer verwendet wird, um auf das Verbot der Amtsausübung hinzuweisen, das einem Kleriker als Vorsichtsmaßnahme auferlegt wurde. Diese Bezeichnung ist, ebenso wie die der suspensio ad cautelam, zu vermeiden, denn in der geltenden Gesetzgebung ist die Suspendierung eine Strafe und eine solche kann in dieser Phase noch nicht verhängt werden. Korrekterweise wird eine solche Bestimmung z.B. als Verbot oder Untersagung der Amtsausübung bezeichnet.

63. Es ist zu vermeiden, den betreffenden Kleriker bloß mit einem anderen Amt zu betrauen oder ihn – in der Annahme, dass seine Entfernung vom Ort der mutmaßlichen Straftat oder von den mutmaßlichen Opfern eine zufriedenstellende Lösung des Falles darstellt – in einen anderen Jurisdiktionsbereich bzw. eine andere Ordensniederlassung zu versetzen.

64. Die in Nr. 58 genannten Vorsichtsmaßnahmen werden durch einen rechtmäßig bekanntgegebenen Verwaltungsbefehl für Einzelfälle auferlegt (vgl. cann. 49 ff. und 1319 CIC und 1406 und 1510 ff. CCEO).

65. Es sei daran erinnert, dass im Falle der Entscheidung, die Vorsichtsmaßnahmen zu ändern oder aufzuheben, dies durch ein rechtmäßig bekanntgegebenes eigenes Dekret geschehen muss. Am Ende eines eventuellen Verfahrens ist dies ist jedoch nicht mehr nötig, da sie in diesem Moment von Rechts wegen erlöschen.

e/ Was ist bei Abschluss der Voruntersuchung zu tun?

66. Um der Billigkeit und der vernünftigen Ausübung der Rechtsprechung willen wird empfohlen, dass die Dauer der Voruntersuchung in einem angemessenen Verhältnis zu ihren Zielsetzungen steht, nämlich der Feststellung der begründeten Wahrscheinlichkeit der notitia de delicto und des entsprechenden Vorhandenseins eines fumus delicti. Die ungerechtfertigte Verlängerung der Dauer der Voruntersuchung kann eine Fahrlässigkeit der kirchlichen Autorität darstellen.

67. Wurde die Untersuchung von einer geeigneten, vom Ordinarius oder Hierarchen ernannten Person durchgeführt, so hat sie ihm alle Untersuchungsakten zusammen mit einer eigenen Beurteilung der Untersuchungsergebnisse zu übergeben.

68. Nach den cann. 1719 CIC und 1470 CCEO muss der Ordinarius oder Hierarch den Abschluss der Voruntersuchung per Dekret verfügen.

69. Gemäß Art. 16 SST hat der Ordinarius oder Hierarch nach Abschluss der Voruntersuchung und unabhängig von ihrem Ergebnis die Pflicht, schnellstmöglich eine beglaubigte Kopie der entsprechenden Akten an die Glaubenskongregation zu senden. Der Kopie der Akten und der zusammenfassenden Tabelle, die im Anhang zum vorliegenden Vademecum enthalten ist, fügt er seine eigene Bewertung der Untersuchungsergebnisse (Votum) bei und macht gegebenenfalls auch Vorschläge für das weitere Vorgehen (z.B. ob und in welcher Form er es für angebracht hält, ein Strafverfahren einzuleiten; ob die von den staatlichen Behörden verhängte Strafe als ausreichend angesehen werden kann; ob es vorzuziehen ist, dass der Ordinarius oder Hierarch Verwaltungsmaßnahmen setzt; ob die Verjährung der Straftat geltend gemacht oder eine Derogierung davon gewährt werden soll).

70. Wenn der Ordinarius oder Hierarch, der die Voruntersuchung durchgeführt hat, ein höherer Oberer ist, sollte er eine Kopie der Untersuchungsakte auch an den obersten Leiter (oder an den zuständigen Bischof im Falle von Instituten oder Gesellschaften diözesanen bzw. eparchialen Rechts) senden, da dieser in der Regel der Ansprechpartner der Glaubenskongregation sein wird. Der oberste Leiter lässt seinerseits der Glaubenskongregation ein eigenes Votum, wie in Nr. 69 beschrieben, zukommen.

71. Wenn der Ordinarius, der die Voruntersuchung durchgeführt hat, nicht der Ordinarius des Ortes der mutmaßlichen Straftat ist, teilt er diesem die Ergebnisse der Untersuchung mit.

72. Die Akten werden in einfacher Ausführung versandt; es ist hilfreich, wenn sie von einem Notar beglaubigt werden, der der Kurie angehört, wenn für die Voruntersuchung nicht eigens ein Notar ernannt wurde.

73. Die cann. 1719 CIC und 1470 CCEO sehen vor, dass die Originale aller Akten im Geheimarchiv der Kurie aufbewahrt werden.

74. Nachdem die Akten der Voruntersuchung an die Glaubenskongregation gesendet wurden, muss der Ordinarius oder Hierarch gemäß Art. 16 SST diesbezügliche Mitteilungen oder Anordnungen der Glaubenskongregation abwarten.

75. Sollten in der Zwischenzeit andere die Voruntersuchung betreffende Hinweise oder neue Anschuldigungen vorgebracht werden, sind diese selbstverständlich schnellstmöglich der Glaubenskongregation ergänzend zu übermitteln. Erscheint es sodann angemessen, die Voruntersuchung aufgrund dieser Elemente wiederaufzunehmen, ist dies der Glaubenskongregation unverzüglich mitzuteilen.

IV. Wie entscheidet die Glaubenskongregation an dieser Stelle?

76. Nach Erhalt der Akten der Voruntersuchung gibt die Glaubenskongregation für gewöhnlich dem Ordinarius, dem Hierarchen bzw. dem obersten Leiter sofortige Rückmeldung (bei Ordensleuten auch der Kongregation für die Institute des geweihten Lebens und die Gesellschaften des apostolischen Lebens; an die Kongregation für die orientalischen Kirchen, wenn der Kleriker einer orientalischen Kirche angehört; schließlich an die Kongregation für die Evangelisierung der Völker, wenn der Kleriker einem Jurisdiktionsbereich angehört, der diesem Dikasterium untersteht) und teilt dabei – falls dies nicht schon vorher geschehen ist – die dem Fall zugewiesene Protokollnummer mit. Diese ist bei jeder späteren Kommunikation mit der Glaubenskongregation anzugeben.

77. Nach sorgfältigem Studium der Akten stehen der Glaubenskongregation in einem zweiten Schritt verschiedene Handlungsmöglichkeiten offen:

- Archivierung des Falles,

- Anordnung einer eingehenderen Voruntersuchung,

- Verhängung nicht-strafrechtlicher Disziplinarmaßnahmen (normalerweise durch Strafgebot),

- Verhängung von Strafsicherungsmitteln oder Bußen,

- Ermahnungen oder Verweise,

- Eröffnung eines Strafprozesses oder

- andere Wege pastoraler Sorge.

Die Entscheidung wird dem Ordinarius zusammen mit entsprechenden Anweisungen mitgeteilt.

a/ Was sind nicht-strafrechtliche Disziplinarmaßnahmen?

78. Nicht-strafrechtliche Disziplinarmaßnahmen sind Verwaltungsakte für Einzelfälle (d.h. Akte des Ordinarius oder Hierarchen oder auch der Glaubenskongregation), durch die der Angeklagte aufgefordert wird, etwas zu tun oder zu unterlassen. In diesen Fällen werden gewöhnlich Beschränkungen bezüglich der Amtsausübung verfügt, die je nach Fall mehr oder weniger umfangreich sind, zuweilen kann der Betreffende auch verpflichtet werden, sich an einem bestimmten Ort aufzuhalten. Es wird betont, dass es sich dabei nicht um Strafen handelt, sondern um Akte der Leitungsgewalt, durch die das Gemeinwohl und die kirchliche Disziplin gewahrt und geschützt sowie Ärgernis bei den Gläubigen vermieden werden soll.

b/ Was ist ein Strafgebot?

79. Die ordentliche Form, in der diese Maßnahmen verhängt werden, ist das Strafgebot gemäß cann. 1319 §1 CIC und 1406 §1 CCEO. Can. 1406 §2 CCEO stellt es einer mit Strafandrohung versehenen Verwarnung gleich.

80. Die für einen Verwaltungsbefehl erforderlichen Formalitäten wurden bereits erwähnt (cann. 49 ff. CIC und 1510 ff. CCEO). Damit es sich um ein Strafgebot handelt, muss der Text eindeutig die Strafe angeben, die verhängt wird, wenn der Adressat des Gebots den ihm auferlegten Maßnahmen zuwiderhandelt.

81. Es sei daran erinnert, dass nach can. 1319 §1 CIC durch Verwaltungsbefehl keine Sühnestrafe für immer angedroht werden darf; außerdem muss die Strafe klar bestimmt sein. Weitere Strafausschlüsse sind in can. 1406 §1 CCEO für die Gläubigen des orientalischen Ritus vorgesehen.

82. Gegen einen solchen Verwaltungsakt ist eine rechtmäßige Beschwerde (Rekurs) zulässig.

c/ Was sind Strafsicherungsmittel, Bußen und öffentliche Verweise?

83. Für die Definition von Strafsicherungsmitteln, Bußen und öffentlichen Verweisen wird auf cann. 1339 und 1340 §1 CIC und can. 1427 CCEO verwiesen.[6]

V. Welche Entscheidungen sind in einem Strafverfahren möglich?

84. Entscheidungen am Ende eines Strafverfahrens, ob gerichtlich oder außergerichtlich, können zu dreierlei Ergebnissen führen:

- Verurteilung („constat“), wenn die Schuld des Angeklagten hinsichtlich der Straftat mit moralischer Gewissheit feststeht. In diesem Fall muss die Art der verhängten oder erklärten kanonischen Sanktion ausdrücklich angegeben werden.

- Freispruch aufgrund erwiesener Unschuld („constat de non“), wenn die Unschuld des Angeklagten mit moralischer Gewissheit feststeht, weil der Tatbestand nicht erfüllt ist, der Angeklagte die Tat nicht begangen hat, die Tat vom Gesetz nicht als Straftat erfasst ist oder von einer nicht zurechnungsfähigen Person begangen wurde.

- Freispruch mangels hinreichender Gewissheit („non constat“), wenn moralische Gewissheit über die Schuld des Angeklagten nicht zu erlangen war, weil es nämlich keine oder keine hinreichenden Beweise oder aber eine widersprüchliche Beweislage darüber gibt, dass

o oder Tatbestand erfüllt ist,

o der Angeklagte die Straftat begangen hat oder

o die Straftat von einer zurechnungsfähigen Person begangen wurde.

Es besteht die Möglichkeit, durch geeignete Ermahnungen, Strafsicherungsmittel und andere Wege pastoralen Bemühens für das öffentliche Wohl oder das Wohl des Angeklagten zu sorgen (vgl. can. 1348 CIC).

In der Entscheidung (durch Urteil oder Dekret) ist anzugeben, welche dieser drei Arten vorliegt, so dass Klarheit darüber herrscht, ob gilt: „constat“, „constat de non“ oder „non constat“.

VI. Welche Strafverfahren sind möglich?

85. Nach dem Gesetz gibt es drei mögliche Strafverfahren:

- den gerichtlichen Strafprozess,

- das außergerichtliche Strafverfahren,

- das Verfahren nach Art. 21 §2, 2° SST.

86. Das Verfahren nach Art. 21 §2, 2° SST[7] ist sehr schweren Fällen vorbehalten. Es endet mit einer direkten Entscheidung des Papstes unter unbedingter Wahrung des Verteidigungsrechts des Angeklagten, auch wenn die Begehung der Straftat offenkundig ist.

87. Hinsichtlich des gerichtlichen Strafprozesses wird auf die entsprechenden Gesetzesbestimmungen sowohl der jeweiligen Codices als auch der Artikel 8-15, 18-19, 21 §1, 22-31 SST verwiesen.

88. Der gerichtliche Strafprozess erfordert kein zweifach gleichlautendes Urteil, daher erwächst eine eventuelle Entscheidung zweiter Instanz durch Urteil jedenfalls in Rechtkraft (res iudicata, siehe auch Art. 28 SST). Gegen ein rechtskräftig gewordenes Urteil sind nur die restitutio in integrum (sofern Elemente vorgelegt werden, die die Ungerechtigkeit des Urteils offenkundig machen, vgl. cann. 1645 CIC, 1326 CCEO) oder eine Nichtigkeitsbeschwerde (vgl. cann. 1619 ff. CIC, 1302 ff. CCEO) möglich. Für diese Art von Verfahren ist immer ein Kollegialgericht einzurichten, und zwar aus mindestens drei Richtern. Das Recht, gegen das erstinstanzliche Urteil Berufung einzulegen, kommt nicht nur dem Angeklagten zu, der sich durch das Urteil zu Unrecht belastet sieht, sondern auch dem Kirchenanwalt der Glaubenskongregation (vgl. Art. 26 §2 SST).

89. Gemäß Art. 16 und 17 SST kann der gerichtliche Strafprozess in der Glaubenskongregation durchgeführt oder einem untergeordneten Gericht übertragen werden. Eine diesbezügliche Entscheidung wird den Beteiligten schriftlich rechtswirksam mitgeteilt.

90. Auch während eines gerichtlichen oder außergerichtlichen Strafverfahrens können dem Beschuldigten die in den unter den Nummern 58-65 genannten Vorsichtsmaßnahmen auferlegt werden.

a/ Was ist ein außergerichtliches Strafverfahren?

91. Im außergerichtlichen Strafverfahren, manchmal auch als „Verwaltungsstrafverfahren“ bezeichnet, sind die für einen Gerichtsprozess vorgesehenen Formalitäten reduziert, um unter Wahrung der für einen gerechten Prozess vorgesehenen prozessualen Garantien (vgl. cann. 221 CIC und 24 CCEO) den Lauf der Gerechtigkeit zu beschleunigen.

92. Für Straftaten, die der Glaubenskongregation vorbehalten sind, sieht Art. 21 §2, 1° SST in Derogierung von cann. 1720 CIC und 1486 CCEO vor, dass nur der Glaubenskongregation im Einzelfall ex officio oder auf Antrag des Ordinarius oder Hierarchen die Entscheidung zukommt, ob auf diesem Weg vorgegangen wird.

93. Wie der gerichtliche Prozess kann auch das außergerichtliche Strafverfahren vor der Glaubenskongregation stattfinden oder auf etwaigen Antrag des Ordinarius oder Hierarchen einer untergeordneten Instanz, d.h. dem Ordinarius oder Hierarchen des Angeklagten oder einem von der Glaubenskongregation beauftragten Dritten, übertragen werden. Eine diesbezügliche Entscheidung wird den Beteiligten schriftlich rechtswirksam mitgeteilt.

94. Für das außergerichtliche Strafverfahren sind in den jeweiligen Codices leicht unterschiedliche Formen vorgesehen. Sollten Zweifel bestehen, auf welchen Codex Bezug genommen werden muss (z.B. im Falle von Klerikern des lateinischen Ritus, die in den orientalischen Kirchen tätig sind, oder Klerikern des orientalischen Ritus, die in lateinischen Jurisdiktionsbezirken tätig sind), ist mit der Glaubenskongregation verbindlich zu klären, welcher Codex anzuwenden ist.

b/ Wie wird ein außergerichtliches Strafverfahren nach dem CIC durchgeführt?

95. Wenn ein Ordinarius von der Glaubenskongregation mit der Durchführung eines außergerichtlichen Strafverfahrens beauftragt wird, muss er zunächst entscheiden, ob er den Prozess persönlich leiten oder einen eigenen Bevollmächtigten (Delegat) ernennen will. Er muss zudem zwei Beisitzer bestimmen, die ihn oder seinen Bevollmächtigten in der Phase der Entscheidungsfindung unterstützen. Für ihre Auswahl empfiehlt es sich, sich an den in cann. 1424 und 1448 §1 CIC genannten Kriterien zu orientieren. Außerdem ist ein Notar nach den in Nr. 41 genannten Kriterien zu bestellen. Die Ernennung eines Kirchenanwaltes ist nicht vorgesehen.

96. Diese Ernennungen erfolgen durch Dekret. Die Ernannten sollen eidlich verpflichtet werden, das ihnen übertragene Amt unter Wahrung der Geheimhaltungspflicht gewissenhaft auszuüben. Die Ablegung des Eids muss in den Akten festgehalten werden.

97. Danach muss der Ordinarius (oder sein Bevollmächtigter) den Prozess mittels Dekret eröffnen, mit dem der Angeklagte vorgeladen wird. Dieses Dekret hat folgende Angaben zu enthalten:

- Name der vorgeladenen Person,

- Ort und Zeit der Sitzung,

- Zweck der Vorladung (d.h. Kenntnisnahme der Anklage, auf die im Text des Dekrets kurz Bezug genommen wird, und der entsprechenden Beweismittel, die im Dekret nicht aufgelistet werden müssen) und

- Hinweise auf das Verteidigungsrecht.

98. Da es sich um strafrechtliche Materie handelt, ist es, obschon im Fall eines außergerichtlichen Verfahrens nicht ausdrücklich vom Gesetz vorgesehen, dennoch sehr angebracht, dass sich der Angeklagte gemäß cann. 1723 und 1481 §§1-2 CIC eines Prozessbevollmächtigen und/oder Anwalts bedient, der von ihm oder ersatzweise von Amts wegen bestellt wird. Der Name des Anwalts muss dem Ordinarius (oder seinem Bevollmächtigten) vor der Sitzung zur Bekanntgabe der Anklage und der Beweise mitgeteilt werden, und zwar im Hinblick auf die notwendige Überprüfung der erforderlichen Voraussetzungen nach can. 1483 CIC[8], zusammen mit der vorgesehenen authentischen Vollmacht gemäß can. 1484 §1 CIC.

99. Wenn der Angeklagte sich weigert oder es verabsäumt zu erscheinen, soll der Ordinarius (oder sein Bevollmächtigter) beurteilen, ob eine zweite Ladung vorzunehmen ist.

100. Angeklagte, die sich weigern oder es verabsäumen, der ersten oder zweiten Ladung Folge zu leisten, sind darüber zu benachrichtigen, dass das Verfahren trotz ihrer Abwesenheit weitergeführt werden wird. Darauf kann auch schon anlässlich der ersten Ladung hingewiesen werden. Wenn ein Angeklagter es verabsäumt oder sich geweigert hat zu erscheinen, soll dies protokolliert und sodann das Verfahren fortgesetzt werden.

101. In der Sitzung zur Bekanntgabe der Anklage und der Beweise sind dem Angeklagten und seinem Anwalt die Akten der Voruntersuchung vorzulegen. Sie sind darüber zu belehren, dass die Verpflichtung zur Wahrung des Amtsgeheimnisses besteht.

102. Wenn ein Fall das Sakrament der Buße betrifft, ist Art. 24 SST zu beachten. Dieser sieht vor, dass dem Angeklagten der Name des mutmaßlichen Opfers nicht mitgeteilt wird, es sei denn, das Opfer hat der Offenlegung ausdrücklich zugestimmt.

103. Die Teilnahme der Beisitzer an der Sitzung zur Bekanntgabe der Anklage und der Beweise ist nicht verpflichtend.

104. Die Bekanntgabe der Anklage und der Beweise dient dazu, dem Angeklagten die Möglichkeit zur Verteidigung einzuräumen (vgl. can. 1720, 1° CIC).

105. Die „Anklage“ beinhaltet die Straftat, wie sie sich nach Aussage des mutmaßlichen Opfers oder einer anderen Person sowie aufgrund der Ergebnisse der Voruntersuchung darstellt. Die Anklage einzureichen bedeutet sodann, dem Angeklagten die Straftat, derer er beschuldigt wird, unter Nennung zum Beispiel des Ortes des Geschehens, der Zahl und gegebenenfalls der Namen der vermutlichen Opfer, der Umstände usw. bekanntzugeben.

106 Unter „Beweismitteln“ versteht man die Gesamtheit des Materials, das während der Voruntersuchung gesammelt oder eventuell später noch zu den Akten genommen wurde, also zum Beispiel:

- die Protokolle der von den mutmaßlichen Opfern erhobenen Vorwürfe,

- die dazugehörenden Unterlagen (Krankenblätter, auf elektronischem Weg übermittelte Korrespondenz, Fotografien, Kaufnachweise, Kontoauszüge usw.),

- die Protokolle eventueller Zeugenaussagen,

- ärztliche – einschließlich psychiatrische –, psychologische, graphologische und andere Gutachten, die gesammelt oder in Auftrag gegeben wurden.

Hierbei sind auch vom staatlichen Recht auferlegte Regeln hinsichtlich der Vertraulichkeit zu beachten.

107. Mit der Eröffnung des außergerichtlichen Verfahrens werden die obengenannten „Beweismittel“, auch wenn sie vor Prozessbeginn erhoben wurden, automatisch Teil der prozessualen Beweisführung.

108. Zu jedem Zeitpunkt des Verfahrens ist es erlaubt, dass der Ordinarius oder sein Bevollmächtigter die Einholung weiterer Beweise anordnet, wenn es ihm auf der Grundlage der Ergebnisse der Voruntersuchung angebracht erscheint. Dies kann auch auf Antrag des Angeklagten im Rahmen seiner Verteidigung geschehen. Der Angeklagte ist über die Ergebnisse späterer Beweiserhebungen zu unterrichten. Falls neue Anklagepunkte oder Beweismittel gefunden wurden, ist ihm in einer neuerlichen Sitzung die Möglichkeit zur Stellungnahme einzuräumen; andernfalls kann dieses Material unmittelbar als integrierender Bestandteil der Verteidigung betrachtet werden.

109. Die Verteidigung kann auf zwei Weisen erfolgen:

a. mündlich zur Niederschrift

Das Protokoll ist von allen Anwesenden (vor allem aber vom Ordinarius oder seinem Bevollmächtigten, vom Angeklagten und seinem etwaigen Anwalt sowie vom Notar) zu unterschreiben.

b. schriftlich nach Festsetzung einer angemessenen Frist

Der Schriftsatz ist dem Ordinarius oder seinem Bevollmächtigen vorzulegen.

110. Der Angeklagte ist darüber zu belehren, dass er gemäß can. 1728 §2 CIC nicht verpflichtet ist, eine Straftat einzugestehen, und ihm auch nicht die Eidesleistung de veritate dicenda abverlangt werden kann.

111. Die Verteidigung des Angeklagten kann sich selbstverständlich aller zulässigen Mittel bedienen; beispielsweise kann er Anträge zur Anhörung von Zeugen stellen oder Unterlagen und Gutachten vorlegen.

112. Die Zulassung dieser Beweise (und insbesondere der Einholung von Erklärungen möglicher Zeugen) liegt im Ermessen der Richters, wie es das allgemeine Recht über das Streitverfahren vorsieht[9].

113. Erforderlichenfalls kann der Ordinarius oder sein Bevollmächtigter die Glaubwürdigkeit der Verfahrensbeteiligten beurteilen.[10] In Bezug auf den Ankläger besteht dazu jedoch gemäß Art. 24 §2 SST eine Pflicht, wenn das Bußsakrament betroffen ist.

114. Da es sich um einen Strafprozess handelt, ist eine Mitwirkung des Anklägers während des Prozesses nicht verpflichtend vorgesehen. Tatsächlich hat er sein Recht durch seinen Beitrag zur Erhebung der Anklage und zur Sammlung der Beweise ausgeübt. Von diesem Augenblick an wird die Anklage vom Ordinarius oder seinem Bevollmächtigen weitergeführt.

c/ Wie wird ein außergerichtliches Strafverfahren nach dem CIC abgeschlossen?

115. Der Ordinarius ersucht die beiden Beisitzer, innerhalb einer angemessenen Frist ihre Bewertung der Beweise sowie der Argumente der Verteidigung gemäß can. 1720 §2 CIC vorzulegen. Im Dekret kann er sie auch zu einer gemeinsamen Sitzung auffordern, in deren Verlauf diese Bewertung durchgeführt werden soll. Der Zweck einer solchen Sitzung besteht darin, die Auswertung, Diskussion und Auseinandersetzung zu erleichtern. Für diese zwar fakultative, doch empfehlenswerte Sitzung sind keine besonderen rechtlichen Formalitäten vorgesehen.

116. Zuvor werden den Beisitzern die Prozessakten zugestellt und es wird ihnen eine für das Studium und die persönliche Bewertung angemessene Zeit eingeräumt. Man tut gut daran, an die Verpflichtung zur Wahrung des Amtsgeheimnisses zu erinnern.

117. Obschon vom Gesetz her nicht vorgesehen, ist es sinnvoll, wenn das Votum der Beisitzer schriftlich abgefasst wird, um die Erstellung des späteren Schlussdekretes seitens des Zuständigen zu erleichtern.

118. Zum gleichen Zweck ist es angeraten, falls die Bewertung der Beweise und der Argumente der Verteidigung während einer gemeinsamen Sitzung erfolgt, Notizen über die Beiträge und die Diskussion zu machen, auch in Form eines von allen Beteiligten unterzeichneten Protokolls. Diese Schriftstücke fallen unter das Amtsgeheimnis und dürfen nicht verbreitet werden.

119. Wenn die Straftat mit Gewissheit feststeht, muss der Ordinarius oder sein Bevollmächtigter (vgl. can. 1720, 3° CIC) ein Dekret erlassen, mit dem der Prozess abgeschlossen wird, und zugleich die Strafe, das Strafsicherungsmittel oder die Buße auferlegen, die er für angemessen hält, um das Ärgernis zu beheben, die Gerechtigkeit wiederherzustellen und der Täter zu bessern.

120. Hat der Ordinarius die Absicht, eine dauerhafte Sühnestrafe gemäß Art. 21 §2, 1° SST zu verhängen, bedarf er hierzu eines vorausgehenden Mandates der Glaubenskongregation. Ausschließlich für diese Fälle wird so vom Verbot des can. 1342 §2 CIC, Strafen für immer per Dekret zu verhängen, derogiert.

121. Als dauerhafte Strafen kommen nur die in can. 1336 §1 CIC[11] genannten in Betracht, und zwar unter Berücksichtigung von cann. 1337 und 1338 CIC[12].

122. Da es sich um ein außergerichtliches Verfahren handelt, ist zu beachten, dass das Strafdekret, auch wenn es wie ein Urteil eine Strafe verhängt, kein Urteil darstellt, das nämlich allein am Ende eines gerichtlichen Prozesses gefällt wird.

123. Solche Dekrete sind ein persönlicher Akt des Ordinarius oder seines Bevollmächtigten, weswegen es nicht von den Beisitzern unterzeichnet, sondern nur vom Notar beglaubigt werden darf.

124. Neben den allgemeinen Formalitäten, die für jedes Dekret vorgesehen sind (vgl. cann. 48-56 CIC), soll das Strafdekret in groben Zügen die Hauptelemente der Anklage und des Verfahrenslaufs wiedergeben, vor allem aber wenigstens kurz die Gründe darlegen, auf die sich die Entscheidung in rechtlicher Hinsicht (es sind also die Canones aufzulisten, auf denen die Entscheidung beruht, also zum Beispiel jene, die die Straftat sowie etwaige mildernde, ausschließende oder erschwerende Gründe definieren; ebenso sind zumindest auf knappe Weise die Rechtsgründe anzugeben, die zur Entscheidung über deren Anwendung geführt haben) und in tatsächlicher Hinsicht stützt.

125. Die Begründung in tatsächlicher Hinsicht ist sicher der anpruchsvollste Abschnitt des Dekretes, weil dessen Verfasser die Gründe darlegen muss, aufgrund derer er durch einen Vergleich des Materials der Anklage und der in der Verteidigung vorgetragenen Argumente, über die er kurz Rechenschaft ablegen muss, zur Gewissheit gelangt ist, dass das Delikt begangen oder nicht begangen wurde oder dass keine ausreichende moralische Gewissheit gegeben ist.

126. Wohl wissend, dass nicht jeder über spezifische Kenntnisse des kanonischen Rechtes und seiner Fachsprache verfügt, ist es für ein Strafdekret erforderlich, dass vorrangig die angestellten Überlegungen hervorgehoben werden, anstatt bloß auf Details der Terminologie zu achten. Gegebenenfalls sollte die Hilfe kompetenter Personen in Anspruch genommen werden.

127. Die Bekanntgabe des Dekrets in seiner Gesamtheit (also nicht nur des Tenors) erfolgt mit den vorgesehenen rechtlichen Mitteln (vgl. cann. 54-56 CIC[13]) und muss in gebührender Form feststehen.

128. In jedem Fall muss jedoch der Glaubenskongregation eine beglaubigte Kopie der Prozessakten (falls sie nicht schon übermittelt wurden) und des bekanntgegebenen Dekrets zugeschickt werden.

129. Wenn die Glaubenskongregation beschließt, das außergerichtliche Strafverfahren an sich zu ziehen, gehen alle ab der Nr. 91 vorgesehenen Vollzüge offensichtlich zu ihren Lasten, unbeschadet des Rechts, die untergeordneten Gerichte nötigenfalls zur Mitwirkung aufzufordern.

d/ Wie wird ein außergerichtliches Strafverfahren nach dem CCEO durchgeführt?

130. Wie unter Nr. 94 angegeben, wird weist das außergerichtliche Strafverfahren nach dem CCEO einige diesem Recht eigentümliche Besonderheiten auf. Für eine flüssigere Darlegung und zur Vermeidung von Wiederholungen werden im Folgenden nur diese Besonderheiten angeführt. Die bis hierher auf Basis des CIC beschriebene Vorgehensweise muss daher folgendermaßen angepasst werden.

131. Zur Gültigkeit des Strafdekrets ist can. 1486 CCEO genauestens zu befolgen.

132. Beim außergerichtlichen Strafverfahren nach dem CCEO sind keine Beisitzer anwesend, stattdessen ist aber die Anwesenheit des Kirchenanwalts verpflichtend.

133. Die Sitzung zur Bekanntgabe der Anklage und der Beweise muss in Anwesenheit des Kirchenanwalts und des Notars stattfinden.

134. Gemäß can. 1486 § 1, 2° CCEO darf die Sitzung zur Bekanntgabe der Anklage und der Beweise – und folglich auch die Entgegennahme von Akten der Verteidigung – einzig und allein in mündlicher Verhandlung stattfinden. Dies schließt jedoch nicht aus, dass bereits in dieser Verhandlung eine Verteidigungsschrift überreicht werden kann.

135. Auf Grundlage der der Schwere der Straftat ist mit besonderer Aufmerksamkeit abzuwägen, ob die unter can. 1426 § 1 CCEO angeführten Strafen wirklich angemessen sind, um can. 1401 CCEO gerecht zu werden. Bei der Entscheidung über die aufzuerlegende Strafe sollen die cann. 1429[14] und 1430[15] CCEO befolgt werden.

136. Der Hierarch oder sein Bevollmächtigter hat zu beachten, dass gemäß Art. 21 §2, 1° SST die Verbote des can. 1402 §2 CCEO außer Kraft gesetzt sind. Daher kann er eine dauerhafte Sühnestrafe per Dekret verhängen, doch nur nachdem er das vorausgehende Mandat der Glaubenskongregation gemäß Art. 21 § 2, 1° SST erhalten hat.

137. Für die Abfassung des Strafdekrets gelten die Bestimmungen der Nummern 119-126.

138. Die Bekanntgabe des Dekrets erfolgt gemäß can. 1520 CCEO und ist angemessen zu dokumentieren.

139. Für alles, was in den vorangegangenen Nummern nicht gesagt worden ist, beziehe man sich auf die Bestimmungen über das außergerichtliche Verfahren gemäß CIC, einschließlich einer möglichen Durchführung des Prozesses vor der Glaubenskongregation.

e/ Fällt das Strafdekret unter das Amtsgeheimnis?

140. Wie bereits in Nr. 47 erläutert, fallen die Prozessakten und die Entscheidung unter das Amtsgeheimnis. Alle Prozessbeteiligten sind darüber zu belehren.

141. Das Dekret muss dem Angeklagten vollständig bekanntgegeben werden. Die Bekanntgabe erfolgt an seinen Prozessbevollmächtigen, sofern er sich eines solchen bedient hat.

VII. Was geschieht, wenn ein Strafverfahren zu Ende geht?

142. Je nach Art des Verfahrens gibt es für die beteiligten Parteien unterschiedliche Möglichkeiten.

143. Gegen eine Entscheidung nach Art. 21 § 2, 2° SST ist, weil es sich um einen Akt des Papstes handelt, kein Rechtsmittel zulässig (vgl. cann. 333 § 3 CIC und 45 § 3 CCEO).

144. Im Fall eines gerichtlichen Strafprozesses stehen die vom Gesetz vorgesehenen Rechtsmittel zur Verfügung, nämlich die Nichtigkeitsbeschwerde, die restitutio in integrum und die Berufung (Appell).

145. Nach Art. 20, 1° SST kann als einziges Gericht zweiter Instanz die Glaubenskongregation angerufen werden.

146. Um Berufung einzulegen, sind die Bestimmungen des Gesetzes zu befolgen. Dabei ist sorgfältig zu beachten, dass Art. 28, 2° SST die Berufungsfristen ändert und eine ausschließliche Frist von einem Monat festlegt, die nach Maßgabe der cann. 202 § 1 CIC und 1545 § 1 CCEO zu berechnen ist.

147. Im Fall eines außergerichtlichen Verfahrens besteht die Möglichkeit, gegen das abschließende Dekret gemäß den vom Recht – d.h. von den cann. 1734 ff. CIC und 1487 CCEO – vorgesehenen Fristen Beschwerde einzulegen (vgl. Punkt VIII.).

148. Berufungen und Beschwerden haben gemäß cann. 1353 CIC sowie 1319 und 1487 § 2 CCEO bezüglich des Eintritts der Strafe aufschiebende Wirkung.

149. Da die Strafe ausgesetzt ist und man in eine ähnliche Phase wie vor dem Prozess zurückgekehrt ist, bleiben die Vorsichtsmaßnahmen in Kraft, wie unter Nrn. 58-65 beschrieben.

VIII. Was ist im Fall einer Beschwerde (Rekurs) gegen ein Strafdekret zu tun?

150. Das Gesetz sieht gemäß den Codices verschiedene Modalitäten vor:

a/ Was sieht der CIC im Fall einer Beschwerde gegen ein Strafdekret vor?

151. Wer Beschwerde gegen ein Strafdekret einlegen will, muss den Verfasser (Ordinarius oder dessen Bevollmächtigter) gemäß can. 1734 CIC innerhalb einer ausschließenden Nutzfrist von zehn Tagen nach rechtmäßiger Bekanntgabe des Dekretes zunächst um dessen Abänderung bitten.

152. Gemäß can. 1735 CIC kann derjenige, der das Dekret erlassen hat, innerhalb von dreißig Tagen nach Empfang des Antrages als Antwort darauf entweder sein Dekret abändern (zuvor aber empfiehlt es sich, sich direkt mit der Glaubenskongregation zu beraten) oder den Antrag abweisen. Er hat auch die Möglichkeit, nicht zu antworten.

153. Gegen das abgeänderte Dekret, die Abweisung seines Antrags oder das Schweigen seitens dessen, der das Dekret erlassen hat, kann der Beschwerdeführer oder dessen Prozessbevollmächtigter sich direkt oder über den Urheber des Dekrets (vgl. can. 1737 §1 CIC), an die Glaubenskongregation wenden, und zwar innerhalb einer ausschließenden Nutzfrist von 15 Tagen (vgl. can. 1737 §2 CIC).[16]

154. Wenn die hierarchische Beschwerde beim Urheber des Dekrets eingereicht wurde, muss dieser sie sofort an die Glaubenskongregation weiterleiten (vgl. can. 1737 §1 CIC). Danach (wie auch im Fall, dass die Beschwerde direkt bei der Glaubenskongregation eingelegt wurde) muss der Urheber des Dekrets einzig und allein etwaige Instruktionen oder Nachfragen der Glaubenskongregation abwarten, die ihn auf jeden Fall über den Ausgang der Prüfung der Beschwerde unterrichten wird.

b/ Was sieht der CCEO im Fall einer Beschwerde gegen ein Strafdekret vor?

155. Der CCEO sieht eine im Vergleich zum CIC einfachere Vorgehensweise vor, nämlich dass die Beschwerde innerhalb einer Nutzfrist von zehn Tagen nach der Mitteilung des Dekrets direkt bei der Glaubenskongregation eingelegt wird (vgl. can. 1487 §1 CCEO).

156. In diesem Fall muss derjenige, der das Dekret erlassen hat, nichts tun, außer etwaige Instruktionen oder Anfragen der Glaubenskongregation abzuwarten, die ihn auf jeden Fall über den Ausgang der Prüfung der Beschwerde unterrichten wird. Der Hierarch ist gehalten, die aufschiebende Wirkung der Beschwerde, von der unter der Nr. 148 die Rede ist, zu beachten.

IX. Was ist in jedem Fall zu berücksichtigen?

157. Ab der notitia de delicto hat der Angeklagte das Recht, einen Antrag auf Dispens von allen Pflichten des klerikalen Standes, einschließlich des Zölibats, und gleichzeitig von etwaigen Ordensgelübden zu stellen. Der Ordinarius oder Hierarch muss ihn in klarer Weise über dieses sein Recht informieren. Will der Kleriker von dieser Möglichkeit Gebrauch zu machen, muss er ein entsprechendes schriftliches Gesuch an den Heiligen Vater richten, in dem er sich vorstellt und kurz seine Beweggründe darlegt. Der Antrag, der vom Bittsteller eindeutig datiert und unterzeichnet sein muss, ist mit dem Votum des Ordinarius oder Hierarchen bei der Glaubenskongregation einzureichen. Diese sorgt ihrerseits für die Weiterleitung an den Heiligen Vater und übermittelt – falls das Gesuch angenommen wird – das entsprechende Reskript an den Ordinarius oder Hierarchen mit der Bitte, die rechtmäßige Bekanntgabe an den Bittsteller zu veranlassen.

158. Gegen alle Verwaltungsakte für Einzelfälle, die von der Glaubenskongregation erlassen oder approbiert wurden, kann Beschwerde gemäß Art. 27 SST eingelegt werden.[17] Um zugelassen werden zu können, muss die Beschwerde klar das petitum benennen und die Begründungen in iure und in facto enthalten, auf die sie sich stützt. Der Beschwerdeführer muss sich immer eines zugelassenen Anwalts bedienen.

159. Wenn eine Bischofskonferenz, der Aufforderung der Glaubenskongregation von 2011 entsprechend, eigene Leitlinien bezüglich der Behandlung von Fällen sexuellen Missbrauchs an Minderjährigen verfasst hat, sind auch diese zu berücksichtigen.

160. Mitunter kommt es vor, dass die notitia de delicto einen bereits verstorbenen Kleriker betrifft. In diesem Fall kann keine Art von Strafverfahren eingeleitet werden.

161. Wenn ein beschuldigter Kleriker während der Voruntersuchung stirbt, ist es nicht möglich, anschließend ein Strafverfahren zu eröffnen. Es wird dem Ordinarius oder Hierarchen jedoch empfohlen, die Glaubenskongregation gleichermaßen darüber zu unterrichten.

162. Stirbt ein angeklagter Kleriker während des Strafprozesses, ist dies der Glaubenskongregation mitzuteilen.

163. Wenn während der Voruntersuchung ein beschuldigter Kleriker diesen kanonischen Stand infolge der Gewährung einer Dispens oder aufgrund einer bei einem anderen Verfahren verhängten Strafe verloren hat, mögen der Ordinarius oder Hierarch abwägen, ob es angebracht ist, die Voruntersuchung aus pastoraler Liebe und wegen der Forderungen der Gerechtigkeit gegenüber den mutmaßlichen Opfern zu Ende zu führen. Wenn dies während des bereits eingeleiteten Strafprozesses geschieht, dann kann dieser jedenfalls zu Ende geführt werden, zumindest um die Verantwortung für eine etwaige Straftat festzustellen und mögliche Strafen zu verhängen. Es ist nämlich zu beachten, dass es bei der Definition des delictum gravius darauf ankommt, dass der Angeklagte zum Zeitpunkt der etwaigen Straftat – und nicht zum Zeitpunkt des Verfahrens – Kleriker war.

164. Unter Wahrung der Anordnungen der Instruktion über die Vertraulichkeit der Fälle vom 6. Dezember 2019 möge die zuständige kirchliche Autorität (Ordinarius oder Hierarch) das mutmaßliche Opfer und den Angeklagten, falls sie darum bitten, auf gebührende Weise über die einzelnen Phasen des Verfahrens unterrichten. Dabei trage sie dafür Sorge, nichts bekannt zu geben, was dem Päpstlichen Geheimnis oder dem Amtsgeheimnis unterliegt und/oder durch Verbreitung Dritten zum Schaden gereichen könnte.

***

Dieses Vademecum beansprucht nicht, die Ausbildung der kirchlichen Rechtsanwender, insbesondere was das Straf- und Prozessrecht betrifft, zu ersetzen. Nur eine gründliche Kenntnis des Rechts und seiner Zwecke kann der Wahrheit und der Gerechtigkeit – die im Bereich der delicta graviora aufgrund der tiefen Wunden, die diese Straftaten der kirchlichen Gemeinschaft zufügen, mit besonderer Sorgfalt zur Geltung gebracht werden müssen – den gebührenden Dienst erweisen.

________________________

[1] Art. 7 SST – §1. Unbeschadet des Rechts der Kongregation für die Glaubenslehre, von der Verjährung in einzelnen Fällen zu derogieren, unterliegt die strafrechtliche Verfolgung der Straftaten, die der Kongregation für die Glaubenslehre vorbehalten sind, einer Verjährungsfrist von zwanzig Jahren. §2. Die Verjährung läuft nach can. 1362 §2 des Kodex des kanonischen Rechts und can. 1152 §3 des Kodex der Kanones der orientalischen Kirchen. Bei der Straftat nach Art. 6 §1, 1° dagegen beginnt die Verjährung mit dem Tag zu laufen, an dem der Minderjährige das achtzehnte Lebensjahr vollendet hat.

[2] Art. 24 SST – §1. In den Verfahren über Straftaten nach Art. 4 §1 kann das Gericht den Namen des Anklägers weder dem Angeklagten noch seinem Anwalt mitteilen, es sei denn, der Ankläger hat ausdrücklich zugestimmt. §2. Das Gericht muss dabei mit besonderer Aufmerksamkeit die Glaubwürdigkeit des Anklägers beurteilen. §3. Immer ist jedoch darauf zu achten, dass jedwede Gefahr einer Verletzung des Beichtgeheimnisses absolut vermieden wird.

[3] Art. 8 SST – §2. Dieses Oberste Gericht behandelt auch die anderen Straftaten, die dem Angeklagten vom Kirchenanwalt vorgeworfen werden, sofern dabei eine Verbindung in der Person oder über Komplizenschaft vorliegt.

[4] Can. 1428 CIC – §1. Der Richter oder der Vorsitzende des Kollegialgerichtes kann einen Vernehmungsrichter zur prozessualen Beweiserhebung bestimmen. Dieser ist aus den Richtern des Gerichtes oder aus den Personen auszuwählen, die vom Bischof für diese Aufgabe ermächtigt sind. §2. Der Bischof kann zur Aufgabe eines Vernehmungsrichters Kleriker oder Laien ermächtigen, die sich durch gute Lebensführung, Klugheit und Fachkenntnisse auszeichnen.
Can. 1093 CCEO – §1. Der Richter bzw. der Vorsitzende des Kollegialgerichts können zur Durchführung der Beweiserhebung einen Vernehmungsrichter bestellen, den sie entweder aus den Richtern des Gerichts oder aus jenen Christgläubigen auswählen, die vom Eparchialbischof für dieses Amt zugelassen worden sind. §2. Der Eparchialbischof kann für das Amt des Vernehmungsrichters Christgläubige zulassen, die sich durch guten Charakter, Klugheit und Bildung auszeichnen.

[5] Can. 1722 CIC – Zur Vermeidung von Ärgernissen, zum Schutz der Freiheit der Zeugen und zur Sicherung des Laufs der Gerechtigkeit kann der Ordinarius [...] den Angeklagten vom geistlichen Dienst oder von einem kirchlichen Amt und Auftrag ausschließen, ihm den Aufenthalt an einem bestimmten Ort oder in einem Gebiet auferlegen oder untersagen oder ihm auch die öffentliche Teilnahme an der heiligen Eucharistie verbieten [...]. Can. 1473 CCEO – Um Ärgernisse zu vermeiden, die Freiheit der Zeugen zu schützen und den Lauf der Gerechtigkeit zu sichern, kann der Hierarch […] den Angeklagten von der Ausübung der heiligen Weihe, eines Amtes, Dienstes oder einer anderen Aufgabe ausschließen, ihm den Aufenthalt an einem bestimmten Ort oder in einem Gebiet auferlegen oder verbieten, oder auch den öffentlichen Empfang der Göttlichen Eucharistie untersagen [...].

[6] Can. 1339 CIC – §1. Denjenigen, der sich in nächster Gelegenheit befindet, eine Straftat zu begehen oder auf den aufgrund einer erfolgten Untersuchung der schwerwiegende Verdacht einer begangenen Straftat fällt, kann der Ordinarius entweder selbst oder durch einen anderen verwarnen. §2. Demjenigen aber, aus dessen Lebenswandel ein Ärgernis oder eine schwere Verwirrung der Ordnung entsteht, kann er auch einen Verweis in einer Weise erteilen, die den besonderen Verhältnissen der Person und der Tat entspricht. §3. Die Verwarnung und der Verweis müssen immer wenigstens aufgrund irgendeines Dokumentes feststehen, das im Geheimarchiv der Kurie aufzubewahren ist. Can. 1340 §1 CIC: Buße, die im äußeren Forum auferlegt werden kann, ist die Auflage, irgendein Werk des Glaubens, der Frömmigkeit oder der Caritas zu verrichten. Can. 1427 CCEO – §1: Unbeschadet des Partikularrechts erfolgt ein öffentlicher Verweis in Gegenwart eines Notars und zweier Zeugen oder durch ein Schreiben, jedoch so, dass die Annahme und der wesentliche Inhalt des Schreibens aufgrund einer Urkunde feststehen. §2. Es ist dafür zu sorgen, dass aus dem öffentlichen Verweis selbst keine Möglichkeit für eine unangemessene Rufschädigung des Beschuldigten entsteht.

[7] Art. 21 §2, 2° SST – Es steht der Kongregation für die Glaubenslehre frei: [...] 2. Sehr schwerwiegende Fälle, bei denen die begangene Straftat offenkundig ist und dem Angeklagten die Möglichkeit zur Verteidigung gegeben worden war, direkt dem Papst zur Entscheidung über die Entlassung aus dem Klerikerstand oder über die Absetzung zusammen mit der Dispens von der Zölibatsverplichtung vorzulegen.

[8] Can. 1483 CIC – Prozessbevollmächtigter und Anwalt müssen volljährig und gut beleumundet sein; der Anwalt muss außerdem katholisch sein, sofern der Diözesanbischof davon nicht eine Ausnahme macht, und Doktor im kanonischen Recht oder sonst wirklich sachkundig sein, und er muss vom Diözesanbischof zugelassen sein.

[9] Ex analogia can. 1527 §1 CIC – Es können Beweise jeder Art erbracht werden, die zur Beurteilung einer Sache förderlich erscheinen und zulässig sind.

[10] Ex analogia can. 1572 CIC – Bei der Würdigung der Zeugenaussagen hat der Richter, gegebenenfalls nach Einholen von Zeugnissen, zu beachten: 1° die persönlichen Verhältnisse und die sittliche Lebensführung des Zeugen; 2° ob dieser aus eigenem Wissen, insbesondere ob er als persönlicher Augen- und Ohrenzeuge aussagt oder ob er seine eigene Meinung, ein Gerücht oder vom Hörensagen berichtet; 3° ob der Zeuge beständig ist und sich standhaft treu bleibt oder ob er unbeständig, unsicher und schwankend ist; 4° ob er Mitzeugen für seine Aussage hat oder ob diese durch andere Beweiselemente bestätigt wird oder nicht.

[11] Can. 1336 §1 CIC – Sühnestrafen, die den Täter entweder auf Dauer oder für eine bestimmte oder unbestimmte Zeit treffen können, sind außer anderen, die etwa ein Gesetz festgelegt hat, folgende: 1° Verbot oder Gebot, sich in einem bestimmten Ort oder Gebiet auf zuhalten; 2° Entzug einer Vollmacht, eines Amtes, einer Aufgabe, eines Rechtes, eines Privilegs, einer Befugnis, eines Gunsterweises, eines Titels, einer Auszeichnung, auch wenn sie nur ehrenhalber verliehen wurde; 3° Verbot, das auszuüben, was unter n. 2 aufgeführt ist, oder Verbot, dieses an einem bestimmten Ort oder außerhalb eines bestimmten Ortes auszuüben; diese Verbote haben niemals die Nichtigkeit von Akten zur Folge; 4° Strafversetzung auf ein anderes Amt; 5° Entlassung aus dem Klerikerstand.

[12] Can. 1337 CIC – §1. Das Verbot, sich in einem bestimmten Ort oder Gebiet aufzuhalten, kann sowohl Kleriker als auch Ordensleute treffen; das Aufenthaltsgebot aber kann Weltkleriker und, im Rahmen ihrer Konstitutionen, Ordensleute treffen. §2. Damit ein Aufenthaltsgebot für einen bestimmten Ort oder ein bestimmtes Gebiet erlassen werden kann, muss die Zustimmung des betreffenden Ortsordinarius eingeholt werden, es sei denn, es handelt sich um ein Haus, das zur Buße oder Besserung auch für außerdiözesane Kleriker bestimmt ist. Can. 1338 CIC – §1. Rechtsentziehungen und Verbote, die in can. 1336, §1, nn. 2 und 3 aufgeführt werden, berühren niemals Vollmachten, Ämter, Aufgaben, Rechte, Privilegien, Befugnisse, Gunsterweise, Titel, Auszeichnungen, die nicht in der Verfügungsgewalt des die Strafe festsetzenden Oberen stehen. §2. Einen Entzug der Weihegewalt kann es nicht geben, sondern nur das Verbot, sie selbst oder einige ihrer Akte auszuüben; ebenso kann es keine Aberkennung von akademischen Graden geben. §3. Bezüglich der Verbote von can. 1336, §1, n. 3 ist die Vorschrift über die Beugestrafen in can. 1335 zu beachten.

[13] Can. 54 – §1. Ein Dekret, dessen Anwendung einem Vollzieher übertragen wird, hat vom Zeitpunkt des Vollzuges an Rechtswirkung, andernfalls von dem Zeitpunkt an, zu dem es der Person durch die die Entscheidung fällende Autorität mitgeteilt wird. §2. Damit ein Dekret geltend gemacht werden kann, ist es in einem rechtmäßigen Dokument nach Maßgabe des Rechtes mitzuteilen. Can. 55 – Unbeschadet der Vorschrift der cann. 37 und 51 gilt ein Dekret, falls der Aushändigung des schriftlichen Textes des Dekretes ein sehr schwerwiegender Grund entgegensteht, als mitgeteilt, wenn es dem, für den es bestimmt ist, vor einem Notar oder zwei Zeugen verlesen wird, wobei die hierüber angefertigten Schriftstücke von allen Anwesenden zu unterschreiben sind. Can. 56 – Ein Dekret gilt als mitgeteilt, wenn der, für den es bestimmt ist, rechtmäßig geladen ist, das Dekret entgegenzunehmen oder zu hören, und ohne gerechten Grund nicht erschienen ist oder sich weigerte zu unterschreiben.

[14] Can. 1429 CCEO – §1. Das Verbot, sich in einem bestimmten Ort oder Gebiet aufzuhalten, kann nur Kleriker oder Ordensleute oder Mitglieder einer ordensähnlichen Gesellschaft des gemeinsamen Lebens treffen, der Befehl aber, sich in einem bestimmten Ort oder Gebiet aufzuhalten, betrifft nur die der Eparchie askribierten Kleriker, unbeschadet des Rechts der Institute des geweihten Lebens. §2. Damit der Befehl, sich in einem bestimmten Ort oder Gebiet aufzuhalten, verhängt werden kann, ist die Zustimmung des Ortshierarchen erforderlich, wenn es sich nicht entweder um ein Haus eines Instituts des geweihten Lebens päpstlichen oder patriarchalen Rechts handelt; in welchem Fall die Zustimmung des zuständigen Oberen erforderlich ist, oder um ein Haus, das zur Buße oder Besserung für Kleriker mehrerer Eparchien bestimmt ist.

[15] Can. 1430 CCEO – §1. Strafweise erfolgende Rechtsentziehungen können nur jene Vollmachten, Ämter, Dienste, Aufgaben, Rechte, Privilegien, Befugnisse, Gunsterweise, Titel, Auszeichnungen betreffen, die in der Verfügungsgewalt der Autorität sind, die die Strafe festsetzt, oder des Hierarchen, der den Strafprozess veranlasst hat oder die Strafe durch ein Dekret verhängt; dasselbe gilt für die Strafversetzung auf ein anderes Amt. §2. Einen Entzug der heiligen Weihe kann es nicht geben, sondern nur das Verbot, alle oder einige ihrer Akte auszuüben nach Maßgabe des gemeinsamen Rechts; ebenso kann es keine Aberkennung akademischer Grade geben.

[16] Can. 1737 §2 CIC – Die Beschwerde ist innerhalb einer ausschließenden Nutzfrist von fünfzehn Tagen einzureichen; die Beschwerdefrist läuft […] nach Maßgabe von can. 1735.

[17] Art. 27 SST – Gegen Verwaltungsakte für Einzelfälle, welche die Kongregation für die Glaubenslehre in den Verfahren über ihr vorbehaltene Straftaten erlassen oder approbiert hat, kann innerhalb der ausschließlichen Nutzfrist von sechzig Tagen eine Verwaltungsbeschwerde an die Ordentliche Versammlung des Dikasteriums (Feria IV) eingelegt werden, die über deren Begründung und Rechtmäßigkeit entscheidet. Es besteht keine Möglichkeit eines weiteren Rekurses gemäß Art. 123 der Apostolischen Konstitution Pastor Bonus.

[00874-DE.01] [Originalsprache: Italienisch]

Traduzione in lingua spagnola

Congregación para la Doctrina de la Fe

VADEMÉCUM
SOBRE ALGUNAS CUESTIONES PROCESALES
ANTE LOS CASOS DE ABUSO SEXUAL A MENORES
COMETIDOS POR CLÉRIGOS

NOTA BENE:

a. Además de los delitos previstos por el art. 6 de las Normae promulgadas por el motu proprioSacramentorum sanctitatis tutela”, lo que sigue debe observarse —con las adaptaciones debidas— en todos los casos de delitos reservados a la Congregación para la Doctrina de la Fe;

b. en el texto se usarán las siguientes abreviaciones: CIC: Codex Iuris Canonici; CCEO: Codex Canonum Ecclesiarum Orientalium; SST: motu proprioSacramentorum sanctitatis tutela” – Normas enmendadas del 2010; VELM: motu proprio Vos estis lux mundi - 2019; CDF: Congregatio pro Doctrina Fidei.

*.*.*

Introducción

Con el fin de responder a las numerosas cuestiones sobre los pasos que han de seguirse en las causas penales de nuestra competencia, la Congregación para la Doctrina de la Fe ha preparado este Vademécum destinado, en primer lugar, a los Ordinarios y a los profesionales del derecho que se encuentran ante la necesidad de aplicar de forma concreta la normativa canónica referida a los casos de abuso sexual a menores cometidos por clérigos.

Se trata de una especie de “manual”, que desde la notitia criminis a la conclusión definitiva de la causa pretende ayudar y conducir paso a paso a quién se vea en la necesidad de proceder al descubrimiento de la verdad en el ámbito de los delitos mencionados anteriormente.

El presente vademécum no es un texto normativo, no modifica legislación alguna en la materia, sino que se propone clarificar el itinerario. No obstante, se recomienda su observancia, con la certeza de que una praxis homogénea contribuye a hacer más clara la administración de la justicia.

Las referencias principales son los dos códigos vigentes (CIC e CCEO); las Normas sobre los delitos reservados a la Congregación para la Doctrina de la Fe, en su versión enmendada de 2010, emanadas con el motu proprio Sacramentorum Sanctitatis Tutela, teniendo en cuenta las innovaciones aportadas por los Rescripta ex Audientia del 3 y 6 de diciembre de 2019; el motu proprio Vos estis lux mundi; y, no por último menos importante, la praxis de la Congregación para la Doctrina de la Fe, que en los últimos años se ha ido precisando y consolidando cada vez más.

Al tratarse de un instrumento versátil, se prevé que pueda actualizarse periódicamente, cada vez que la normativa de referencia sea modificada o que la praxis de la Congregación necesite algún tipo de clarificación o enmienda.

No se han querido contemplar en el Vademécum, las indicaciones sobre el desarrollo del proceso judicial penal en el primer grado de juicio con la convicción de que el procedimiento que recogen los códigos vigentes es suficientemente claro y detallado.

El deseo es que este instrumento pueda ayudar a las diócesis, a los institutos de vida consagrada y a las sociedades de vida apostólica, a las conferencias episcopales y a las distintas circunscripciones eclesiásticas a comprender y a cumplir de la mejor forma las exigencias de la justicia respecto a un delictum gravius; el cual es para toda la Iglesia, una herida profunda y dolorosa que debe ser curada.

I. ¿Qué es lo que configura el delito?

1. El delito del que aquí se trata comprende todo pecado externo contra el sexto mandamiento del decálogo cometido por un clérigo con un menor (cf. can. 1395 § 2 CIC; art. 6 § 1, 1° SST).

2. La tipología del delito es muy amplia y puede abarcar, por ejemplo, relaciones sexuales —consentidas o no consentidas—, contacto físico con intención sexual, exhibicionismo, masturbación, producción de pornografía, inducción a la prostitución, conversaciones y/o propuestas de carácter sexual incluso mediante medios de comunicación.

3. El concepto de “menor” por lo que se refiere a los casos en cuestión ha variado a lo largo del tiempo. Hasta el 30 de abril de 2001 se consideraba menor una persona con menos de 16 años, aunque esta edad ya se había elevado a 18 años en algunas legislaciones particulares —por ejemplo, los EE.UU. desde 1994, e Irlanda desde 1996—. Desde el 30 de abril de 2001, cuando se promulgó el motu proprio “Sacramentorum Sanctitatis Tutela”, la edad se elevó universalmente a 18 años, siendo la edad actualmente vigente. Es necesario tener en cuenta estas variaciones a la hora de precisar si el “menor” lo era efectivamente según la calificación de la ley en vigor cuando sucedieron los hechos.

4. El hecho que se hable de “menor” no incide sobre la distinción, que se deduce a veces de las ciencias psicológicas, entre actos de “pedofilia” y actos de “efebofilia”, o sea con adolescentes que ya han salido de la pubertad. El grado de madurez sexual no influye en la definición canónica del delito.

5. La revisión del motu proprio SST, promulgada el 21 de mayo de 2010, ha establecido que al menor se equiparan las personas que habitualmente tienen un uso imperfecto de la razón (cf. art. 6 § 1, 1° SST). Respecto al uso de la expresión “adulto vulnerable”, descrita en otro lugar como «cualquier persona en estado de enfermedad, de deficiencia física o psicológica, o de privación de la libertad personal que, de hecho, limite incluso ocasionalmente su capacidad de entender o de querer o, en cualquier caso, de resistir a la ofensa» (cf. art. 1 § 2, b VELM), se recuerda que tal definición integra casos que exceden la competencia de la CDF, la cual se mantiene circunscrita solo para los casos de menores de 18 años, y para los casos de aquellos que “habitualmente tienen un uso imperfecto de la razón”. Cualquier otro tipo delictivo que no entre en los casos mencionados deberán ser tratados por los Dicasterios competentes (cf. art. 7 § 1 VELM).

6. SST introdujo (cf. art. 6 § 1, 2° SST) tres nuevos delitos contra menores que se refieren a una tipología particular, a saber: adquirir, retener —incluso de forma temporal— y divulgar imágenes pornográficas de menores de 14 años —desde el 1 de enero de 2020, menores de 18 años— por parte de un clérigo con un fin libidinoso en cualquier forma y con cualquier instrumento. Desde el 1 de junio hasta el 31 de diciembre de 2019 la adquisición, retención y la divulgación de material pornográfico que implique a menores entre los 14 y los 18 años de edad y que hayan sido realizados por un clérigo o por un miembro de un instituto de vida consagrada o de una sociedad de vida apostólica son delitos de competencia de otros Dicasterios (cf. arts. 1 y 7 VELM). Desde el 1 de enero de 2020 la Congregación para la Doctrina de la Fe es competente cuando dichos delitos hayan sido cometidos por clérigos.

7. Téngase en cuenta que estos tres delitos son canónicamente perseguibles sólo a partir de la entrada en vigor de SST, es decir desde el 21 de mayo de 2010. La producción de pornografía con menores, sin embargo, entra en la tipología de delito indicada en los nn. 1-4 del presente Vademécum y, por tanto, se debe perseguir antes de tal fecha.

8. Según el derecho de los religiosos de la Iglesia latina (cf. can. 695 y ss. CIC), el delito referido en el n. 1 puede suponer también la expulsión del instituto religioso. Se advierte ya desde ahora que: a) tal expulsión no es una pena, sino un acto administrativo del moderador supremo; b) para decretarla, se debe observar escrupulosamente el procedimiento,descrito en los cann. 695 § 2, 699 y 700 CIC; c) la confirmación según el can. 700 CIC del decreto de expulsión deberá solicitarse a la CDF; d) la expulsión del instituto supone la pérdida de la incorporación al instituto y el cese de los votos, de las obligaciones provenientes de la profesión (cf. can. 701 CIC), y la prohibición de ejercer el orden recibido hasta que no se hayan verificado las condiciones expresadas en el can. 701 CIC. Las mismas reglas se aplican, con los ajustes oportunos, a los miembros incorporados de forma definitiva a las sociedades de vida apostólica (cf. can. 746 CIC).

II. ¿Qué se hace cuando se recibe una noticia de la posible comisión de un hecho delictivo (notitia de delicto)?

a/ ¿Qué se entiende por notitia de delicto?

9. La notitia de delicto (cf. can. 1717 § 1 CIC; can. 1468 § 1 CCEO; art. 16 SST; art. 3 VELM), que a veces se denomina notitia criminis, es toda información sobre un posible delito que llegue de cualquier modo al Ordinario o al Jerarca. No es necesario que se trate de una denuncia formal.

10. Esta notitia puede por tanto tener varias fuentes: ser presentada formalmente al Ordinario o al Jerarca, de forma oral o escrita, por la presunta víctima, por sus tutores, por otras personas que sostienen estar informadas de los hechos; llegar al Ordinario o al Jerarca en el ejercicio de su deber de vigilancia; ser presentada al Ordinario o al Jerarca por las Autoridades civiles según las modalidades previstas por las legislaciones locales; ser difundida por los medios de comunicación social, comprendidas las redes sociales; llegar a su conocimiento a través de rumores, así como de cualquier otro modo adecuado.

11. A veces, la notitia de delicto puede llegar de una fuente anónima, o sea de personas no identificadas o no identificables. El anonimato del denunciante no debe llevar a suponer automáticamente que la noticia sea falsa. Sin embargo, por razones comprensibles, se debe tener la suficiente cautela al tomar en consideración este tipo de noticias.

12. Del mismo modo, no es aconsejable descartar a priori la notitia de delicto cuando proviene de fuentes cuya credibilidad pudiera parecer dudosa en una primera impresión.

13. A veces, la notitia de delicto no proporciona datos circunstanciados —nombres, lugares, tiempos, etc.—; aunque sea vaga e indeterminada debe ser evaluada adecuadamente y, dentro de lo posible, examinada con la debida atención.

14. Es necesario recordar que una noticia de delictum gravius adquirida en confesión está bajo el estrictísimo vínculo del sigilo sacramental (cf. can. 983 § 1 CIC; can. 733 § 1 CCEO; art. 4 § 1, 5° SST). Por tanto, el confesor que, durante la celebración del sacramento es informado de un delictum gravius, procure convencer al penitente para que haga conocer la información pertinente por otros medios, para que quien tiene el deber de actuar, pueda hacerlo.

15. El ejercicio del deber de vigilancia del Ordinario y del Jerarca no prevé continuos controles de investigación sobre los clérigos que tiene bajo su autoridad, pero tampoco permite que se exima de estar informado sobre su conducta en ese ámbito, sobre todo si ha tenido conocimiento de sospechas, comportamientos escandalosos o conductas que perturban el orden.

b/ ¿Qué acciones se deben adoptar cuando se recibe una notitia de delicto?

16. El art. 16 SST (cf. también los cann. 1717 CIC y 1468 CCEO) dispone que, recibida una notitia de delicto, se realice una investigación previa, siempre que la notitia de delicto sea “saltem verisimilis”. Si tal verosimilitud no tuviese fundamento, no es necesario dar curso a la notitia de delicto; en este caso, sin embargo, se requiere conservar la documentación cuidadosamente, junto a una nota en la que se indiquen las razones de esta decisión.

17. Incluso en ausencia de una explícita obligación legal, la Autoridad eclesiástica dé noticia a las Autoridades civiles competentes cada vez que considere que esto es indispensable para tutelar a la persona ofendida o a otros menores del peligro de eventuales actos delictivos.

18. Considerada la delicadeza de la materia —que proviene, por ejemplo, del hecho de que los pecados contra el sexto mandamiento del Decálogo raramente tienen lugar en presencia de testigos—, el juicio sobre la ausencia de la verosimilitud —que puede llevar a la omisión de la investigación previa— se emitirá sólo en el caso de que la imposibilidad manifiesta de proceder a tenor del Derecho Canónico: por ejemplo, si resulta que, en las fechas en las que se supone se perpetró el delito, la persona no era clérigo todavía; si es evidente que la presunta víctima no era menor (sobre este punto cf. n. 3); si es un hecho notorio que la persona señalada no podía estar presente en el lugar del delito en el momento en que habrían sucedido los hechos que se le imputan.

19. También en estos casos, de todas formas, es aconsejable que el Ordinario o el Jerarca comuniquen a la CDF la notitia de delicto y la decisión de no realizar la investigación previa por la falta manifiesta de verosimilitud.

20. En este caso recuérdese que cuando se hayan verificado conductas impropias e imprudentes y se vea necesario proteger el bien común y evitar escándalos, aunque no haya existido un delito contra menores, compete al Ordinario y al Jerarca hacer uso de otros procedimientos de tipo administrativo respecto a la persona denunciada —por ejemplo, limitaciones ministeriales— o imponerle los remedios penales recogidos en el can. 1339 CIC, con el fin de prevenir eventuales delitos (cf. can. 1312 § 3 CIC), así como la reprensión pública prevista en el can. 1427 CCEO. Si además se han cometido delitos no graviora, el Ordinario o el Jerarca debe hacer uso de las vías jurídicas adecuadas a las circunstancias.

21. Según el can. 1717 CIC y el can. 1468 CCEO, la investigación previa corresponde al Ordinario o al Jerarca que ha recibido la notitia de delicto, o a otra persona idónea que él haya designado. La eventual omisión de este deber podría constituir un delito perseguible según lo dispuesto por el Código de Derecho Canónico, en el motu proprioCome una madre amorevole”, y en el art. 1 § 1, b VELM.

22. El Ordinario o el Jerarca al que corresponde esa tarea puede ser el del clérigo denunciado o, si es diferente, el Ordinario o el Jerarca del lugar donde se cometieron los presuntos delitos. En este caso, se comprende fácilmente que es oportuno que se active un canal de comunicación y de colaboración entre los distintos Ordinarios implicados, con el fin de evitar conflictos de competencia y duplicación de trabajo, sobre todo si el clérigo es un religioso.

23. Si un Ordinario o un Jerarca encuentra problemas para comenzar o realizar la investigación previa, diríjase sin demora a la CDF, para pedir consejo o para solucionar eventuales cuestiones.

24. Puede suceder que la notitia de delicto haya llegado a la CDF sin pasar por el Ordinario o el Jerarca. En ese caso, la CDF puede pedirle que realice la investigación, o, según el art. 17 SST, efectuarla ella misma.

25. La CDF, por iniciativa propia, por petición expresa o por necesidad, puede pedir también a un Ordinario o a un Jerarca distinto que realice la investigación previa.

26. La investigación previa canónica se debe realizar independientemente de la existencia de una investigación que corresponde a las Autoridades civiles. Sin embargo, cuando la legislación estatal imponga la prohibición de investigaciones paralelas a las suyas, la Autoridad eclesiástica competente absténgase de dar inicio a la investigación previa e informe a la CDF de la denuncia, adjuntando el material útil que se posea. Cuando parezca oportuno esperar que concluya la investigación civil para asumir eventualmente los resultados o por otros motivos, es oportuno que el Ordinario o el Jerarca consulten antes a la CDF sobre esta cuestión.

27. El trabajo de investigación debe realizarse respetando las leyes civiles de cada país (cf. art. 19 VELM).

28. Como se sabe, también para los delitos aquí tratados, existen plazos de prescripción de la acción criminal que se han modificado notablemente con el tiempo. Los plazos actualmente vigentes los define el art. 7 SST[1]. Pero ya que el mismo art. 7 § 1 SST permite a la CDF derogar la prescripción para casos particulares, el Ordinario o el Jerarca que haya constatado que los plazos para la prescripción ya han transcurrido, deberá igualmente dar curso a la notitia de delicto y si fuera el caso a la investigación previa, comunicando los resultados a la CDF, pues es la única a la que corresponde juzgar si mantener o derogar la prescripción. Cuando trasmitan las actas puede ser útil que el Ordinario o el Jerarca expresen su opinión respecto a la oportunidad de la derogación, motivándola en razón de las circunstancias —por ejemplo, el estado de salud o edad del clérigo, la posibilidad del mismo de ejercitar su derecho de defensa, el daño provocado por la presunta acción criminal, el escándalo originado—.

29. En estas delicadas acciones preliminares, el Ordinario o el Jerarca pueden recurrir al consejo de la CDF —algo que puede hacerse en cualquier momento de la tramitación de un caso—, así como consultar libremente a expertos en materia penal canónica. Sin embargo, si se decide por esto último, téngase cuidado de evitar cualquier inoportuna e ilícita difusión de información al público que pueda perjudicar la eventual investigación previa que se estuviera siguiendo o dar la impresión de haber ya definido con certeza los hechos o la culpabilidad del clérigo en cuestión.

30. Se advierta que ya en esta fase se tiene la obligación de observar el secreto de oficio. Sin embargo, se recuerda que no se puede imponer ningún vínculo de silencio respecto a los hechos a quien realiza la denuncia, ni a la persona que afirma haber sido ofendida, ni a los testigos.

31. A tenor del art. 2 § 3 VELM, el Ordinario que haya recibido la notitia de delicto debe transmitirla sin demora al Ordinario o al Jerarca del lugar donde hayan ocurrido los hechos, asimismo al Ordinario o al Jerarca propio de la persona denunciada: en el caso de un religioso, a su Superior Mayor, o en el caso de un diocesano, al Ordinario de la diócesis o al Obispo eparquial de incardinación. Siempre que el Ordinario o el Jerarca del lugar y el Ordinario o el Jerarca propio no sean la misma persona, es deseable que tomen contacto entre ellos para concordar quién realizará la investigación. En el caso de que la señalación se refiera a un miembro de un instituto de vida consagrada o de una sociedad de vida apostólica, el superior mayor informará además al supremo moderador y, en el caso de institutos y sociedades de derecho diocesano, también al Obispo de referencia.

III. ¿Cómo se desarrolla la investigación previa?

32. La investigación previa se realiza según los criterios y las modalidades indicadas en el can. 1717 CIC o en el c. 1468 CCEO y en los que se serán citados a continuación.

a/ ¿Qué es una investigación previa?

33. Debe tenerse presente que la investigación previa no es un proceso, y que su finalidad no es alcanzar la certeza moral sobre el desarrollo de los hechos que son el objeto de la denuncia. Esta sirve: a) para recoger datos útiles que sirvan para profundizar la notitia de delicto; y b) para acreditar la verosimilitud, o sea para definir lo que se denomina fumus delicti, es decir, el fundamento suficiente de hecho y de derecho que permita suponer verosímil el contenido de la denuncia.

34. Para esto, como indican los cánones citados en el n. 32, la investigación previa debe recoger información más detallada respecto a la notitia de delicto en relación a los hechos, las circunstancias y la imputabilidad de los mismos. No es necesario realizar ya en esta fase una recogida minuciosa de elementos de prueba —testimonios, pericias—, tarea que corresponderá después al eventual proceso penal que pueda realizarse posteriormente. Lo importante es reconstruir, en la medida de lo posible, los hechos sobre los que se fundamenta la imputación, el número y el tiempo de las conductas delictivas, sus circunstancias, los datos personales de las presuntas víctimas, añadiendo una evaluación preliminar del eventual daño físico, psíquico y moral acarreado. Se deberá indicar cuidadosamente posibles relaciones con el foro interno sacramental —sobre esto, sin embargo, se tenga en cuenta lo que exige el art. 24 SST—[2]. Se unirán también otros delitos que eventualmente puedan ser atribuidos al acusado (cf. art. 8 § 2 SST[3]) y se indicarán hechos problemáticos que emerjan en su perfil biográfico. Puede ser oportuno recoger testimonios y documentos, de cualquier tipo y proveniencia —incluidos los resultados de las investigaciones o de un proceso realizado por parte de las Autoridades civiles—, que puedan resultar verdaderamente útiles para fundamentar y acreditar la verosimilitud del contenido de la denuncia. También es posible indicar ya eventuales circunstancias eximentes, atenuantes o agravantes previstas en la ley. Puede ser útil recoger testimonios de credibilidad referidos a los denunciantes y a las presuntas víctimas. En el Apéndice a este Vademécum se incluye un resumen esquemático de los datos útiles, de modo que quien realiza la investigación pueda tenerlos en cuenta y cumplimentarlos (cf. n. 69).

35. En el caso que, durante la investigación previa, se conozcan otras notitiae de delicto, esas se estudien en la misma investigación.

36. Como ya se ha indicado, la adquisición de los resultados de las investigaciones civiles —o de todo el proceso ante los tribunales estatales— podría hacer que la investigación previa canónica resultase superflua. Con todo, quien debe realizar la investigación previa debe prestar la debida atención a la valoración de las investigaciones civiles, porque los criterios de las mismas —por ejemplo, en relación a los tiempos de prescripción, a la tipificación del delito, a la edad de la víctima…— pueden variar sensiblemente respecto a lo prescrito por la ley canónica. Incluso en este caso, puede ser aconsejable, si persiste la duda, consultar a la CDF.

37. La investigación previa podría ser superflua también en el caso de un delito notorio o no dudoso —por ejemplo, la adquisición de las actas de eventuales procesos civiles o la confesión por parte del clérigo—.

b/ ¿Qué actos jurídicos son necesarios realizar para comenzar la investigación previa?

38. Si el Ordinario o el Jerarca competente considera oportuno servirse de otra persona idónea para realizar la investigación (cf. n. 21), elíjalo según los criterios indicados en el can. 1428 §§ 1-2 CIC o can. 1093 CCEO[4].

39. En el nombramiento de quien realiza la investigación, teniendo en cuenta la posibilidad de cooperación que pueden ofrecer los laicos según lo dispuesto por los cann. 228 CIC y 408 CCEO (cf. art. 13 VELM), el Ordinario o el Jerarca tenga presente que, según el can. 1717 § 3 CIC y can. 1468 § 3 CCEO, si después se realizará un proceso judicial penal, la misma persona no podrá desempeñar en dicho proceso la función de juez. La praxis sugiere que el mismo criterio se use para el nombramiento del Delegado y de los Asesores en el caso de un proceso extrajudicial.

40. Según los cann. 1719 CIC y 1470 CCEO, el Ordinario o el Jerarca debe emitir un decreto de inicio de la investigación previa, en el que nombre a quien debe conducir la investigación e indicando en el texto que goza de los poderes que le atribuye el can. 1717 § 3 CIC o can. 1468 § 3 CCEO.

41. Si bien la ley no lo prevé expresamente, es aconsejable que sea nombrado un notario sacerdote (cf. can. 483 § 2 CIC y 253 § 2 CCEO, en los que se indican los criterios para la elección), que asista a quien realiza la investigación previa, con el fin de garantizar la fe pública de las actas (cf. can. 1437 § 2 CIC e can. 1101 § 2 CCEO).

42. Hay que señalar sin embargo que, al no tratarse de actos procesales, la presencia del notario no es necesaria ad validitatem.

43. En la fase de la investigación previa no se prevé el nombramiento de un promotor de justicia.

c/ ¿Qué actos complementarios se pueden o se deben ejecutar durante la investigación previa?

44. Los cann. 1717 § 2 CIC y 1468 § 2 CCEO, y los arts. 4 § 2 y 5 § 2 VELM hacen referencia a la tutela de la buena fama de las personas implicadas —acusado, presuntas víctimas, testigos—, de modo que la denuncia no genere prejuicios, represalias o discriminaciones. Quien realiza la investigación previa debe por tanto estar particularmente atento, tomando todas las precauciones con este fin, puesto que la buena fama es un derecho de los fieles garantizado por los cann. 220 CIC y 23 CCEO. Hay que señalar, sin embargo, que estos cánones protegen de la legión ilegitima a tal derecho; por lo que, no constituye necesariamente una violación de la buena fama, si está en peligro el bien común, la difusión de noticias respecto a la existencia de una imputación. Además, las personas involucradas deben ser informadas que en el caso se produjese un secuestro judicial o una orden de entrega de las actas de la investigación por parte de la Autoridad civil, no será posible para la Iglesia garantizar la confidencialidad de las declaraciones o de la documentación adquirida en sede canónica.

45. De todas formas, sobre todo cuando se deban emitir comunicados públicos sobre el caso, es necesario tomar todas las precauciones para informar sobre los hechos, por ejemplo, usando un modo esencial y conciso, evitando anuncios clamorosos, absteniéndose de todo juicio anticipado sobre la culpabilidad o inocencia de la persona denunciada—que será establecida por el proceso penal, si este llega a realizarse, siendo el único al que corresponde verificar el fundamento de hechos denunciados—, respetando la voluntad de confidencialidad eventualmente manifestada por las presuntas víctimas.

46. Puesto que, como se ha dicho, en esta fase no se podrá definir la culpabilidad de la persona denunciada, se debe evitar con el máximo cuidado —en los comunicados públicos o en las comunicaciones privadas— cualquier afirmación en nombre de la Iglesia, del Instituto o de la Sociedad, o a título personal, que pudiera constituir una anticipación del juicio sobre el mérito de los hechos.

47. Recuérdese además que las denuncias, los procesos y las decisiones concernientes a los delitos referidos en el art. 6 SST están sujetos al secreto de oficio. Eso no impide que el denunciante —sobre todo si pretende dirigirse también a las Autoridades civiles— pueda hacer públicas sus propias acciones. Además, dado que no todas las formas de notitiae de delictoson denuncias, se podría eventualmente valorar, cuándo se está obligado al secreto, tendiendo siempre presente el respeto a la buena fama según el n. 44.

48. Al respecto, es necesario hacer mención de la eventual obligación, de parte del Ordinario o del Jerarca, de comunicar a las Autoridades civiles la notitia de delicto recibida y de la investigación previa iniciada. Los principios aplicables son dos: a) se deben respetar las leyes del estado (cf. art. 19 VELM); b) se debe respetar la voluntad de la presunta víctima, siempre que esta no esté en contradicción con la legislación civil y —como se dirá más adelante (n. 56)— en ningún modo se le debe disuadir de ejercer sus deberes y derechos ante las Autoridades estatales, más aún se le aliente a ello conservando cuidadosamente testimonio documental de esa sugerencia. A este propósito, obsérvense siempre y en cualquier caso las eventuales convenciones —concordatos, acuerdos y compromisos— estipulados por la Sede Apostólica con las naciones.

49. Cuando las leyes civiles impongan al Ordinario o al Jerarca que informe respecto a una notitia de delicto, esta se debe realizar incluso si se prevé que, en base a las leyes del Estado, no se podrá iniciar un procedimiento en ese ámbito —por ejemplo, por el trascurso del plazo de la prescripción o por ser diferentes los supuestos en la tipificación del delito—.

50. Siempre que la Autoridad judicial civil emane una orden ejecutiva legítima solicitando la entrega de documentos relativos a las causas o dispongan el secuestro judicial de esos documentos, el Ordinario o el Jerarca deberá cooperar con las Autoridades civiles. Si hubiese dudas sobre la legitimidad de tal solicitud o secuestro, el Ordinario o el Jerarca podrá consultar expertos legales sobre los recursos disponibles en el ordenamiento local. En todo caso es oportuno informar inmediatamente al Representante Pontificio.

51 Cuando sea necesario escuchar a un menor o a una persona equiparada, adóptense la normativa civil del país y las modalidades adecuadas a la edad y al estado del mismo, permitiendo, por ejemplo, que el menor esté acompañado por un adulto de su confianza y evitando que tenga contacto directo con el acusado.

52. En la fase de la investigación previa, una tarea particularmente delicada reservada al Ordinario o al Jerarca es decidir si informar de la misma al acusado y cuándo hacerlo.

53. Para esta tarea, no existe un criterio uniforme, ni hay disposiciones explícitas de la ley. Es necesario valorar el conjunto de los bienes jurídicos que están en juego: además de la protección de la buena fama de las personas interesadas, hay que tener en cuenta, por ejemplo, el riesgo de contaminar la investigación previa, el escándalo de los fieles, o la oportunidad de recoger antes todos los elementos indiciarios que podrían ser útiles o necesarios.

54. Siempre que se decida escuchar a la persona denunciada, tratándose de una fase que antecede al proceso no es obligatorio nombrarle un abogado de oficio. Sin embargo, si la persona lo considera oportuno, podrá disponer de la asistencia de un patrono que haya elegido. Al investigado no se le puede imponer realizar un juramento (cf. ex analogía can. 1728 § 2 CIC y 1471 § 2 CCEO).

55. Las Autoridades Eclesiásticas deben esforzarse para que la presunta víctima y su familia sean tratados con dignidad y respeto, y deben acogerlos y ofrecerles escucha y seguimiento, incluso a través de servicios específicos, así como asistencia espiritual, médica y psicológica, según cada caso concreto (cf. art. 5 VELM). Del mismo modo, se puede hacer respecto al acusado. Sin embargo, evítese dar la impresión de querer anticipar los resultados del proceso.

56. Es absolutamente necesario evitar en esta fase cualquier acto que pueda ser interpretado por las presuntas víctimas como un obstáculo al ejercicio de sus derechos civiles ante las Autoridades estatales.

57. Allí donde existan estructuras estatales o eclesiásticas de información y de apoyo a las presuntas víctimas, o de Asesoramiento para las Autoridades eclesiásticas, es conveniente acudir también a ellas. La única finalidad de estas estructuras es de consulta, orientación y asistencia, y sus análisis no constituyen en modo alguno decisiones de proceso canónico.

58. Con el fin de tutelar la buena fama de las personas implicadas y el bien público, así como para evitar otros hechos —por ejemplo, la difusión del escándalo, el riesgo de que se oculten pruebas futuras, amenazas u otras conductas dirigidas a disuadir a la presunta víctima de ejercitar sus derechos, la tutela de otras posibles víctimas—, según el art. 19 SST el Ordinario o el Jerarca tienen derecho, desde el inicio de la investigación previa, a imponer las medidas cautelares enumeradas en los can. 1722 CIC y 1473 CCEO[5].

59. Las medidas cautelares enumeradas en estos cánones constituyen un elenco taxativo; es decir: se podrá elegir únicamente una o varias de entre ellas.

60. Esto no obsta que el Ordinario o el Jerarca puedan imponer otras medidas disciplinares, en virtud de su autoridad que, sin embargo, no pueden ser definidas “medidas cautelares”, en sentido estricto.

d/ ¿Cómo se imponen las medidas cautelares?

61. Ante todo se debe decir que una medida cautelar no es una pena —las penas se imponen solo al final de un proceso penal—, sino un acto administrativo cuyos fines se describen en los cann. 1722 CIC y 1473 CCEO. Se debe dejar claro al implicado este aspecto no penal de la medida, para evitar que él piense que ya ha sido juzgado o castigado antes de tiempo. Se debe evidenciar que las medidas cautelares se deben revocar si decae la causa que las aconsejó y cesan cuando termine el eventual proceso penal. Además, estas pueden ser modificadas —agravándolas o aliviándolas— si las circunstancias lo requiriesen. Se recomienda de todas formas una particular prudencia y discernimiento cuando se debe juzgar si ha desaparecido la causa que aconsejó las medidas; no se excluye, además, que, una vez revocadas, estas puedan ser impuestas de nuevo.

62. Dado que resulta frecuente el uso de la antigua terminología de la suspensión a divinis para indicar la prohibición del ejercicio del ministerio impuesto como medida cautelar a un clérigo, se debe evitar esta denominación, como también la de suspensión ad cautelam, porque en la vigente legislación la suspensión es una pena y en esta fase no puede ser impuesta todavía. La denominación correcta de la disposición será, por ejemplo, prohibición o limitación del ejercicio del ministerio.

63. Se debe evitar la opción de trasladar simplemente al clérigo implicado a otro oficio, jurisdicción o casa religiosa, considerando que su alejamiento del lugar del presunto delito o de las presuntas víctimas constituya una solución satisfactoria del caso.

64. Las medidas cautelares a las que se refiere el n. 58 se imponen mediante un precepto singular legítimamente notificado (cf. can. 49 y ss. y 1319 CIC; y 1406 y 1510 y ss. CCEO).

65. Recuérdese que, si se decidiera modificar o revocar las medidas cautelares, sería necesario realizarlo con el correspondiente decreto legítimamente notificado. No será necesario hacerlo, sin embargo, al final del eventual proceso, ya que entonces cesan en virtud del propio derecho.

e/ ¿Cómo se concluye la investigación previa?

66. Se recomienda, para preservar la equidad y un ejercicio razonable de la justicia, que la duración de la investigación previa se adecue a la finalidad de la investigación misma, es decir: determinar si la notitia de delicto es verosímil, y si existe fumus delicti. La dilación injustificada de la investigación previa puede constituir una negligencia por parte de la Autoridad eclesiástica.

67. Si la investigación la realizó una persona idónea nombrada por el Ordinario o por el Jerarca, esta debe entregarle todas las actas de la investigación junto con su propia valoración de los resultados de la misma.

68. Según los cann. 1719 CIC y 1470 CCEO, el Ordinario o el Jerarca debe decretar la conclusión de la investigación previa.

69. Según el art. 16 SST, al concluir la investigación previa, cualquiera que haya sido su resultado, el Ordinario o el Jerarca debe enviar cuanto antes copia auténtica de las actas a la CDF. Junto con la copia de las actas y un “tavulatum”—como el que se presenta en el apéndice—, incluya su propia valoración de los resultados de la investigación (votum), ofreciendo incluso eventuales sugerencias sobre la manera de proceder —por ejemplo, si considera oportuno iniciar el procedimiento penal, y de qué tipo; si se considerara suficiente la pena impuesta por las Autoridades civiles; si es preferible la aplicación de medidas administrativas por parte del Ordinario o del Jerarca; si se debe invocar la prescripción del delito o si esta debe derogarse —.

70. En el caso en el que el Ordinario o el Jerarca que ha realizado la investigación previa sea un Superior mayor, lo mejor es que transmita copia del expediente de la investigación también a su moderador supremo (o al Obispo de referencia, en el caso de institutos o sociedades de derecho diocesano), en cuanto que son las figuras a las que ordinariamente la CDF se referirá en lo sucesivo. A su vez, el moderador supremo enviará a la CDF su propio votum, como se dijo en el n. 69.

71 Siempre que el Ordinario que realizó la investigación previa no sea el Ordinario del lugar donde se ha cometido el presunto delito, el primero comunique al segundo los resultados de la investigación.

72. Las actas se envíen en un único ejemplar. Es útil que sean autenticadas por un Notario, que será uno de la Curia, si no ha sido nombrado uno específico para la investigación previa.

73. Los cann. 1719 CIC y 1470 CCEO disponen que los originales de todas las actas se conserven en el archivo secreto de la Curia.

74. Siguiendo siempre el art. 16 SST, una vez enviadas las actas de la investigación previa a la CDF, el Ordinario o el Jerarca deberán esperar las comunicaciones o instrucciones que a este propósito transmita la CDF.

75. Es claro que, si en este intervalo surgieran otros elementos referidos a la investigación previa o a nuevas denuncias, deberán transmitirse lo antes posible a la CDF, para complementar lo que ya está en su poder. Si posteriormente pareciera oportuno reabrir la investigación previa a causa de estos nuevos elementos, se informe inmediatamente a la misma CDF.

IV. ¿Cuáles son las opciones de la CDF para proseguir con el caso?

76. Recibidas las actas de la investigación previa, la CDF acusa recibo de forma inmediata al Ordinario, al Jerarca o al Moderador supremo —en el caso de los religiosos y de los miembros de las Sociedades de Vida Apostólica, también a la Congregación para los Institutos de Vida Consagrada y Sociedades de Vida Apostólica el clérigo está adscrito a una Iglesia oriental, se notifica a la Congregación para las Iglesias Orientales; finalmente, se notifica a la Congregación para la Evangelización de los Pueblos cuando el clérigo pertenece a un territorio sujeto a este Dicasterio—, comunicando el número de protocolo correspondiente al caso, si no se ha hecho previamente. Se debe hacer referencia a este número para cualquier comunicación sucesiva con la CDF.

77. En un segundo momento, después de haber estudiado atentamente las actas, la CDF tiene varias posibilidades: archivar el caso; pedir un suplemento de la investigación previa; imponer medidas disciplinares no penales, ordinariamente mediante un precepto penal; imponer remedios penales o penitencias o también amonestaciones o reprensiones; abrir un proceso penal; e individuar otras vías de solicitud pastoral. La decisión tomada se comunica al Ordinario, con las adecuadas instrucciones para su puesta en práctica.

a/ ¿Qué son las medidas disciplinares no penales?

78. Las medidas disciplinares no penales son actos administrativos singulares —es decir, actos del Ordinario o del Jerarca, o también de la CDF— con los que se impone al imputado de hacer u omitir algo. En estos casos, ordinariamente se imponen limitaciones para el ejercicio del ministerio, más o menos amplias según el caso, como también alguna vez, la obligación de residir en un determinado lugar. Se evidencia que no se trata de penas, sino de actos de gobierno destinados a garantizar y proteger el bien común y la disciplina eclesial, y a evitar el escándalo de los fieles.

b/ ¿Qué es un precepto penal?

79. El modo ordinario de imponer estas medidas es el precepto penal a tenor de lo dispuesto por los cann. 1319 § 1 CIC y 1406 § 1 CCEO. El can. 1406 § 2 CCEO equipara a este la admonición con amenaza de una pena.

80. Las formalidades requeridas para un precepto son las mencionadas anteriormente (can. 49 y ss. CIC y 1510 y ss. CCEO). Sin embargo, para que se trate de un precepto penal, en el texto se debe indicar claramente la pena conminada en el caso en el que el destinatario del precepto trasgreda las medidas que le han sido impuestas.

81. Se recuerde que, según el can. 1319 § 1 CIC, en un precepto penal no se pueden conminar penas expiatorias perpetuas; además, la pena debe estar claramente determinada. Otras penas que deben excluirse para los fieles de rito oriental se recogen en el can. 1406 § 1 CCEO.

82. Este acto administrativo puede ser recurrido según los términos previstos en la ley.

c/ ¿Qué son los remedios penales, las penitencias y las reprensiones públicas?

83. Para la definición de los remedios penales, de las penitencias y de las reprensiones públicas, se remite a los cann. 1339 y 1340 § 1 CIC, y 1427 CCEO[6].

V. ¿Cuáles son las decisiones posibles en un proceso penal?

84. a decisión al finalizar el proceso penal, sea este judicial o extrajudicial podrá ser de tres tipos:

condenatoria (“constat”), si consta con certeza moral la culpabilidad del acusado con respecto al delito que se le atribuye. En este caso se deberá indicar específicamente el tipo de sanción canónica infligida o declarada;

absolutoria (“constat de non”), si consta con certeza moral la no culpabilidad del acusado, en cuanto que el hecho no subsiste, o el imputado no lo ha cometido, o el hecho no está tipificado por la ley como un delito o fue cometido por una persona no imputable;

dimisoria (“non constat”), si no ha sido posible alcanzar la certeza moral respecto a la culpabilidad del acusado, por ausencia de pruebas, porque las pruebas sean insuficientes o contradictorias, o porque no haya sido posible determinar si el imputado es quien ha cometido el ilícito o por la imposibilidad de saber si el delito haya sido cometido por una persona no imputable.

Existe la posibilidad de proveer al bien público y al bien del acusado con oportunas amonestaciones, remedios penales y otras vías dictadas por la solicitud pastoral (cf. can. 1348 CIC).

La decisión —por sentencia o por decreto— deberá indicar a cuál de estas tres tipologías hace referencia, para que sea claro si “consta”, o si “consta que no”, o si “no consta”.

VI. ¿Cuáles son los procedimientos penales posibles?

85. Según la ley, los procedimientos penales posibles son tres: el proceso penal judicial; el proceso penal extrajudicial; el procedimiento introducido por el art. 21 § 2, 2° SST.

86. El procedimiento previsto en el art. 21 § 2, 2° SST[7] se reserva a los casos gravísimos, se concluye con una decisión directa del Sumo Pontífice y prevé, de todos modos, que se garantice al acusado el ejercicio del derecho de defensa, aun cuando sea evidente que cometió el delito.

87. Por lo que respecta al proceso penal judicial, se remite a las disposiciones de ley correspondientes, sea en los respectivos códigos, sea en los arts. 8-15, 18-19, 21 § 1, 22-31 SST.

88. El proceso penal judicial no necesita de una doble sentencia conforme, por lo que la decisión asumida por medio de una eventual sentencia en segunda instancia determina la res iudicata (cf. también el art. 28 SST). Contra la sentencia que haya pasado a cosa juzgada es posible sólo la restitutio in integrum, siempre y cuando se den elementos que hagan patente su injusticia (cf. can. 1645 CIC, 1326 CCEO) o la querella de nulidad (cf. can. 1619 y ss. CIC, 1302 y ss. CCEO). El Tribunal constituido para este tipo de proceso será siempre colegial y estará formado por un mínimo de tres jueces. Goza del derecho de apelación a la sentencia de primer grado no sólo la parte acusada que se considera injustamente agraviada por la sentencia, sino también por el Promotor de Justicia de la CDF (cf. art. 26 § 2 SST).

89. Según los arts. 16 y 17 SST, el proceso penal judicial se puede realizar en la CDF o ser confiado a un tribunal inferior. Tal decisión se comunica a todos los interesados por medio de una carta.

90. También durante la realización del proceso penal, judicial o extrajudicial, se pueden imponer al acusado las medidas cautelares a las que se refieren los nn. 58-65.

a/ ¿Qué es un proceso penal extrajudicial?

91. El proceso penal extrajudicial, también llamado “proceso administrativo”, es una forma de proceso penal que reduce las formalidades previstas para el proceso judicial, con el fin de acelerar el curso de la justicia, sin eliminar con ello las garantías procesales que se prevén en un proceso justo (cf. can. 221 CIC y 24 CCEO).

92. Para los delitos reservados a la CDF, el art. 21 § 2, 1° SST, derogando los cann. 1720 CIC y 1486 CCEO, dispone que sea sólo la CDF, en cada caso, ex officio o a petición del Ordinario o del Jerarca, quien decida si se procede por esta vía.

93. Como el procedimiento judicial, también el proceso penal extrajudicial se podrá realizar en la CDF o ser confiado a una instancia inferior, o sea al Ordinario o al Jerarca del acusado, o incluso a otro encargado para ello por la CDF, a petición del Ordinario o del Jerarca. Tal decisión se comunica a todos los interesados por medio de una carta.

94. El proceso penal extrajudicial se realiza con formalidades ligeramente diferentes según los dos códigos. Si hubiera ambigüedades respecto al código al que se debe hacer referencia —por ejemplo, en el caso de clérigos latinos que trabajan en Iglesias orientales, o clérigos de rito oriental activos en circunscripciones latinas—, será necesario clarificar con la CDF qué código seguir y, después, atenerse escrupulosamente a esa decisión.

b/ ¿Cómo se desarrolla un proceso penal extrajudicial según el CIC?

95. Cuando un Ordinario recibe de la CDF el encargo de realizar un proceso penal extrajudicial, debe en primer lugar decidir si presidir personalmente el proceso o nombrar un Delegado. Debe además nombrar dos Asesores, que le asistan a él o a su Delegado en la fase de valoración. Para elegirlos, puede ser oportuno atenerse a los criterios enumerados en los cann. 1424 y 1448 § 1 CIC. Es necesario también un notario, según los criterios enunciados en el n. 41. No está previsto el nombramiento de un Promotor de Justicia.

96. Los referidos nombramientos deben realizarse a través del decreto correspondiente. A los oficiales se les pida el juramento de cumplir fielmente el encargo recibido, observando el secreto de oficio. La emisión del juramento debe constar en las actas.

97. De manera sucesiva, el Ordinario —o su Delegado— debe comenzar el proceso con la citación del acusado. Tal decreto debe contener: la indicación clara de la persona convocada, del lugar y del momento en el que deberá comparecer, del fin para el que se le convoca, es decir, para recibir la acusación —que el texto recogerá de forma sumaria— y las correspondientes pruebas —que no es necesario enumerar ya en el decreto—, a fin de que ejercite su derecho a la defensa.

98. Si bien no está explícitamente previsto por la ley en el caso de un proceso extrajudicial, sin embargo, tratándose de materia penal, parece muy oportuno que el acusado, según lo dispuesto por los cann. 1723 y 1481 §§ 1-2 CIC, tenga un procurador y/o un abogado que lo asista, elegido por él mismo o —si él no lo hace— nombrado de oficio. El nombre del abogado debe ser presentado al Ordinario —o a su Delegado— antes de la sesión en la que se notificarán las acusaciones y las pruebas, con el correspondiente mandato procuratorio auténtico según el can. 1484 § 1 CIC, para las necesarias verificaciones sobre los requisitos exigidos por el can. 1483 CIC[8].

99. Si el acusado se niega a comparecer o desatiende la citación, el Ordinario —o su Delegado— valore la conveniencia decitarle una segunda vez.

100. El acusado que no comparezca después de haber sido convocado una o dos veces, sea advertido que el proceso seguirá adelante a pesar de su ausencia. Esta noticia se puede incluir ya desde la primera citación. Si el acusado se ha negado a comparecer o ha desatendido la citación, hágase constar en las actas y procédase ad ulteriora.

101. En el día y la hora previstos para la sesión de notificación de las acusaciones y de las pruebas, al acusado y a su abogado, si cuenta con un letrado que lo acompaña, muéstreseles el fascículo de las actas de la investigación preliminar y se les recuerde la obligación de respetar el secreto de oficio.

102. Préstese particular atención al hecho de que, si el caso está relacionado con el sacramento de la penitencia, se respete el art. 24 SST, que prevé que al acusado no se le dé a conocer el nombre del denunciante, si este no ha dado expresamente su consentimiento.

103. No es obligatorio que los Asesores participen en la sesión de notificación.

104. La notificación de la acusación y de las pruebas tiene la finalidad de dar al acusado la posibilidad de defenderse (cf. can. 1720, 1° CIC).

105. Con “acusación” se entiende el delito que la presunta víctima u otra persona sostiene que se ha cometido, según cuanto resulta de la investigación previa. Presentar la acusación significa por tanto notificar al acusado el delito que se le atribuye, según cuanto lo configura —por ejemplo, el lugar donde sucedió, el número y eventualmente el nombre de las presuntas víctimas, y las circunstancias—.

106. Por “pruebas” se entiende el conjunto del material recogido durante la investigación previa y cualquier otro material legítimamente adquirido: en primer lugar, las actas de las denuncias realizadas por las presuntas víctimas; además los documentos pertinentes —por ejemplo, historias clínicas, intercambios epistolares incluso por vía electrónica, fotografías, facturas, registros bancarios); las actas de las declaraciones de los eventuales testigos; y, finalmente, eventuales pericias —médicas (entre ellas las psiquiátricas), psicológicas, grafológicas— que quien ha conducido la investigación ha considerado conveniente recoger o realizar. Obsérvense las leyes de confidencialidad que eventualmente impone sobre esto la ley civil.

107. El conjunto de todo lo que se ha descrito anteriormente se denomina “pruebas” porque, aun cuando fueron recogidasen la fase precedente al proceso, en el momento que se inicia el proceso extrajudicial, estas pasan automáticamente a integrar el ramo probatorio.

108. En cualquier fase del proceso, es lícito que el Ordinario o su Delegado dispongan la adquisición de ulteriores pruebas, si les parece oportuno en base a los resultados de la investigación previa. Esto también puede ocurrir a instancia del acusado en el plazo concedido para su defensa. Los resultados serán obviamente presentados al acusado durante el proceso. Lo que ha sido recogido a instancia de la defensa se presente al acusado, convocando una nueva sesión de contestación de las acusaciones y pruebas, siempre que se hayan encontrado nuevos elementos de acusación o de prueba; si no fuera así, este material puede ser considerado simplemente como un elemento integrante de la defensa.

109. La defensa puede realizarse en dos formas: a) recogiéndola en una sesión con su correspondiente acta firmada por todos los presentes —pero, en particular, por el Ordinario o su Delegado; por el acusado o su abogado si lo tuviese, y por el Notario—, b) fijando un razonable plazo dentro del cual dicha defensa sea presentada al Ordinario o a su Delegado, por escrito.

110. Póngase especial atención en que, según el can. 1728 § 2 CIC, el acusado no está obligado a confesar su delito, ni se le puede imponer un juramento de veritate dicenda.

111. La defensa del acusado puede servirse de todos los medios lícitos, por ejemplo, solicitar la declaración de testigos de parte, o presentar documentos y pericias.

112. Por lo que se refiere a la admisión de esta prueba —y, en particular, el interrogatorio de los testigos que puedan presentarse—, valen los criterios discrecionales concedidos al juez por la ley general sobre el juico contencioso[9].

113. Siempre que el caso concreto lo requiera, el Ordinario o su Delegado evalúen la credibilidad de las personas que han intervenido en el proceso[10]. Pero, a tenor del art. 24 § 2 SST, está obligado a hacerlo respecto al denunciante, siempre que se trate del sacramento de la penitencia.

114. Tratándose de un proceso penal, no está previsto que el denunciante intervenga durante el proceso. De hecho, él ya ha ejercido su derecho contribuyendo a la formación de la acusación y a la recogida de las pruebas. Desde ese momento, es el Ordinario o su Delegado los que prosiguen con la acusación.

c/ ¿Cómo se concluye un proceso penal extrajudicial según el CIC?

115. El Ordinario o su Delegado invita a los dos Asesores a presentar dentro de un plazo razonable su valoración de las pruebas y de los argumentos de la defensa, según lo dispuesto por can. 1720, 2° CIC. En el decreto puede invitarlos a una sesión conjunta, en la que se realice esa valoración. El fin de esa sesión es facilitar el análisis, la discusión y el debate. Para esa sesión, facultativa pero recomendable, no se prevén particulares formalidades jurídicas.

116. Se provea a los Asesores del conjunto de las actas, concediéndoles un tiempo congruo para su estudio y la valoración personal. Es conveniente recordarles la obligación de observar el secreto de oficio.

117. Aunque la ley no lo prevea, es conveniente que el parecer de los Asesores se realice por escrito, para facilitar a quien corresponda la elaboración del posterior decreto conclusivo.

118. Con la misma finalidad, si la valoración de las pruebas o de los argumentos de la defensa se realiza durante una sesión conjunta, es aconsejable tomar nota de las intervenciones y de la discusión, incluso en forma de acta firmada por los participantes. Estos escritos están bajo secreto de oficio y no deben difundirse.

119. Siempre que conste el delito con certeza, el Ordinario o su Delegado (cf. can. 1720, 3° CIC) dictará un decreto con el que clausura el proceso, imponiendo la pena, el remedio penal o la penitencia que considere adecuada para la reparación del escándalo, la restitución de la justicia y la corrección del reo.

120. El Ordinario recuerde que, si pretende imponer una pena expiatoria perpetua, según el art. 21 § 2, 1° SST, deberá obtener el mandato previo de la CDF. De ese modo se deroga, exclusivamente para estos casos, la prohibición de imponer penas perpetuas por decreto, según lo dispuesto por el can. 1342 § 2 CIC.

121. La lista de penas perpetuas es únicamente la que prevé el can. 1336 § 1 CIC[11], con las advertencias que se contienen en los cann. 1337 y 1338 CIC[12].

122. Puesto que se trata de un proceso extrajudicial, póngase especial atención en que el decreto penal no es una sentencia, que se pronuncia sólo al final de un proceso judicial, aunque si —como en una sentencia—impone una pena.

123. El decreto en cuestión es un acto personal del Ordinario o de su Delegado, por lo que no debe ser firmado por los Asesores, sino sólo autentificado por el notario.

124. Además de las formalidades generales previstas para cualquier decreto (cf. can. 48-56 CIC), el decreto penal deberá citar sumariamente los principales elementos de la acusación y del desarrollo del proceso, pero sobre todo deberá exponer al menos brevemente las razones en las que se funda la decisión, sea en derecho —es decir, enumerando los cánones sobre los que la decisión se funda. Por ejemplo, los que definen el delito, los que definen las circunstancias atenuantes, eximentes o agravantes que hayan podido darse, y, al menos de forma esencial, la lógica jurídica que ha llevado a la decisión de aplicarlos—, que de hecho.

125. La motivación de los hechos es claramente la más delicada, porque el autor del decreto debe exponer las razones en base a las que, confrontando el material de la acusación y lo afirmado por la defensa, deberá presentar sintéticamente en la exposición que ha alcanzado la certeza de que el delito se cometió, o no, o que no ha sido posible alcanzar la certeza moral necesaria.

126. Entendiendo que no todos poseen los conocimientos adecuados de derecho canónico y de su lenguaje formal, para un decreto penal el requisito principal es que se ponga en evidencia el razonamiento desarrollado, más que una precisión terminológica cuidada al detalle. Eventualmente recúrrase a la ayuda de personas competentes.

127. La intimación del decreto completo —por tanto, no sólo en su parte dispositiva— se realizará a través de los medios previsto por la ley (cf. can. 54-56 CIC[13]) y deberá constar formalmente.

128. En cualquier caso se debe enviar a la CDF copia auténtica de las actas del proceso —si no se habían transmitido anteriormente— junto con el decreto intimado.

129. Si la CDF decidiese avocar para sí el proceso penal extrajudicial, todos los requisitos previstos a partir del n. 91 serán de su incumbencia, salvo el derecho a solicitar la colaboración de las instancias inferiores, si fuera necesario.

d/ ¿Cómo se desarrolla un proceso penal extrajudicial según el CCEO?

130. Como se ha dicho en el n. 94, el proceso penal extrajudicial según el CCEO se desarrolla con algunas peculiaridades propias de ese derecho. Con la finalidad de hacer más ágil la exposición, para evitar repeticiones, se indicarán sólo esas peculiaridades. De ese modo, a la praxis que se ha descrito hasta ahora, que es común con el CIC, será necesario hacer las siguientes adaptaciones.

131. En primer lugar se recuerda que lo dispuesto en el can. 1486 CCEO se debe seguir escrupulosamente, bajo pena de nulidad del decreto penal.

132. En el proceso penal extrajudicial según el CCEO no se requiere la presencia de los Asesores, pero es obligatoria la del Promotor de Justicia.

133. La sesión de notificación de la acusación y de las pruebas se debe realizar con la presencia obligatoria del Promotor de Justicia y del Notario.

134. Según el can. 1486 § 1, 2° CCEO, la sesión de notificación y consecuentemente la recepción de la defensa sólo se puede realizar en la discusión oral. Sin embargo, esto no excluye que, para esa discusión, la defensa pueda ser entregada de forma escrita.

135. Se invita a ponderar con particular atención, en base a la gravedad del delito, si las penas que se recogen en el can. 1426 § 1 CCEO sean verdaderamente adecuadas para alcanzar lo que prevé el can. 1401 CCEO. En la decisión sobre la pena que se debe imponer obsérvense los cann. 1429[14] e 1430[15] CCEO.

136. El Jerarca o su Delegado recuerden siempre que, según el art. 21 § 2, 1° SST, se abrogan las prohibiciones del can. 1402 § 2 CCEO. Por lo tanto, él podrá imponer por decreto una pena expiatoria perpetua, obteniendo previamente, sin embargo, el mandato de la CDF que requiere el mismo art. 21 § 2, 1° SST.

137. Para elaborar el decreto penal valen los mismos criterios indicados en los nn. 119-126.

138. La intimación, sucesivamente, se realizará según lo dispuesto por el can. 1520 CCEO y debe constar formalmente.

139. Para todo lo demás que no se ha expresado en los números precedentes, se haga referencia a lo recogido para el proceso extrajudicial según el CIC, incluido el eventual desarrollo del proceso en la CDF.

e/ ¿El decreto penal recae bajo el secreto de oficio?

140. Como ya se ha señalado (cf. n. 47), las actas del proceso y la decisión se hayan bajo el secreto de oficio. Siempre se debe advertir de esta obligación a todos los que participan en el proceso, independientemente de la función que ejerzan.

141. Se debe intimar al acusado el decreto completo. La notificación se hace a su procurador, si ha hecho uso de él.

VII. ¿Qué puede suceder cuando se termina el proceso penal?

142. Según el tipo de procedimiento realizado, hay diferentes posibilidades que corresponden a quien ha intervenido como parte en el procedimiento mismo.

143. Si hubo un procedimiento a tenor del art. 21 § 2, 2° SST, tratándose de un acto del Romano Pontífice es inapelable (cf. can. 333 § 3 CIC y 45 § 3 CCEO).

144. Si hubo un proceso penal judicial, se abren las posibilidades de impugnación previstas por la ley, es decir, la querella de nulidad, la restitutio in integrum y la apelación.

145. Según el art. 20, 1° SST, el único tribunal de segunda instancia al que se puede recurrir es el de la CDF.

146. Para presentar la apelación, se sigue lo dispuesto por la ley, advirtiendo precisamente que el art. 28, 2° SST modifica los plazos de presentación de la apelación, imponiendo el plazo perentorio de un mes, que debe contarse según lo dispuesto por los cann. 202 § 1 CIC y 1545 § 1 CCEO.

147. Si hubo un proceso penal extrajudicial, se da la posibilidad de presentar recurso contra el decreto que lo concluye según los términos previstos por la ley, es decir, por los cann. 1734 y ss. CIC y 1487 CCEO (cf. punto VIII).

148. Las apelaciones y los recursos, según los cann. 1353 CIC, y 1319 y 1487 § 2 CCEO, tienen efecto suspensivo de la pena.

149. Puesto que la pena está suspendida y se ha vuelto a una fase análoga a la preprocesual, permanecen en vigor las medidas cautelares con las mismas advertencias y modalidades que se recogen en los nn. 58-65.

VIII. ¿Qué se hace en el caso de recurso contra el decreto penal?

150. La ley prevé modalidades diferentes, según los códigos.

a/ ¿Qué prevé el CIC en el caso de recurso contra el decreto penal?

151. Quién pretende presentar un recurso contra un decreto penal, según el can. 1734 CIC debe primero pedir su enmienda al autor —al Ordinario o a su Delegado— dentro del plazo perentorio de diez días útiles a la legítima intimación.

152. El autor, según el can. 1735 CIC, dentro de treinta días desde que recibió la solicitud puede responder corrigiendo su decreto —pero, antes de proceder en este caso, es oportuno consultar inmediatamente a la CDF—, o rechazando la petición. Tiene la facultad de no responder en forma alguna.

153. Contra el decreto corregido, el rechazo de la petición o el silencio del autor, el recurrente puede dirigirse a la CDF directamente o a través del autor del decreto (cf. can. 1737 § 1 CIC) o a través del procurador, en el plazo perentorio de 15 días útiles previsto por el can. 1737 § 2 CIC[16].

154. Si el recurso jerárquico ha sido presentado al autor del decreto, este lo debe transmitir inmediatamente a la CDF (cf. can. 1737 § 1 CIC). Después de esto —como también si el recurso se presentó directamente a la CDF—, el autor del decreto debe sólo esperar eventuales instrucciones o requerimientos de la CDF, que de todas formas lo informará del resultado del examen del recurso.

b/ ¿Qué prevé el CCEO en el caso de recurso contra un decreto penal?

155. El CCEO prevé un procedimiento más simple respecto al CIC. De hecho, el can. 1487 § 1 CCEO prevé sólo que el recurso se envíe a la CDF dentro de diez días útiles desde la intimación.

156. El autor del decreto, en este caso, no debe hacer nada, aparte de esperar eventuales instrucciones o requerimientosde la CDF, que en cualquier caso lo informará sobre el resultado del examen del recurso. No obstante, si se trata del Ordinario, deberá tener en cuenta los efectos suspensivos del recurso, según el n. 148.

IX. ¿Hay algo que es necesario tener siempre presente?

157. Desde que se tiene la notitia de delicto, el acusado tiene derecho a solicitar la dispensa de todas las obligaciones inherentes al estado clerical, incluido del celibato, y, si fuera el caso, de los eventuales votos religiosos. El Ordinario o el Jerarca debe informarle claramente de este derecho. Si el clérigo decidiera de acogerse a esta posibilidad, deberá escribir la correspondiente solicitud, dirigida al Santo Padre, presentándose e indicando brevemente las motivaciones por las que la pide. La solicitud debe ser fechada de forma clara y firmada por el solicitante. La misma se entregará a la CDF, acompañada por el votum del Ordinario o Jerarca. La CDF, a su vez, proveerá a transmitirla y —si el Santo Padre aceptará la instancia— enviará al Ordinario o Jerarca el rescrito de dispensa, pidiéndole de proveer a la legítima notificación al solicitante.

158. Para todos los actos administrativos singulares emanados o aprobados por la CDF ha sido dada facultad de recurso según el art. 27 SST[17]. El recurso, para poder ser admitido, debe determinar con claridad el petitum y contener las motivaciones in iure e in facto sobre las que se basa. El recurrente debe siempre acudir a un abogado, provisto del correspondiente mandato.

159. Si una conferencia episcopal ha redactado ya sus propias líneas guía para tratar los casos de abuso sexual de menores, respondiendo a la invitación hecha por la CDF en el 2011, estas se deben observarse.

160. A veces sucede que la notitia de delicto se refiera a un clérigo ya difunto. En ese caso, no se puede activar ningún tipo de procedimiento penal.

161. Si un clérigo denunciado muere durante la investigación previa, no será posible incoar un procedimiento penalsucesivamente. Se recomienda en cualquier caso al Ordinario o al Jerarca de informar igualmente a la CDF.

162. Si un clérigo acusado muere durante el proceso penal, el hecho se comunique a la CDF.

163. Si, en la fase de la investigación previa, un clérigo acusado ha perdido su estado canónico al haber recibido la dispensa o una pena impuesta por otro procedimiento, el Ordinario o el Jerarca valoren si es oportuno llevar a término la investigación previa, por motivos de caridad pastoral y por exigencias de justicia respecto a las presuntas víctimas. Si eso sucede durante el proceso penal ya comenzado, este se podrá llevar a término, aunque sólo sea para definir la responsabilidad del eventual delito y para imponer las eventuales penas. Se debe recordar que, en la definición de delictum gravius, es necesario que el acusado fuera clérigo en el momento del eventual delito, no al momento del proceso.

164. Teniendo en cuenta lo previsto por la Instrucción sobre la confidencialidad de las causas del 6 de diciembre de 2019, la Autoridad eclesiástica competente —Ordinario o Jerarca— informe en los modos debidos a la presunta víctima y al acusado, siempre que lo soliciten, sobre las distintas fases del procedimiento, teniendo cuidado de no revelar noticias que están bajo secreto pontificio o bajo secreto de oficio y cuya divulgación podría acarrear perjuicio a terceros.

*.*.*

Este Vademécum no pretende sustituir la formación de los profesionales del derecho canónico, en particular en lo que respecta a la materia penal o procesal. Sólo un conocimiento profundo de la ley y de su espíritu podrá dar el debido servicio a la verdad y a la justicia, que se debe buscar con particular atención en la materia de delicta graviora por razón de las profundas heridas que producen a la comunión eclesial.

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[1] Art. 7 SST – § 1. Sin perjuicio del derecho de la Congregación para la Doctrina de la Fe de derogar la prescripción para casos singulares la acción criminal relativa a los delitos reservados a la Congregación para la Doctrina de la Fe se extingue por prescripción en 20 años. § 2. La prescripción inicia a tenor del can. 1362 § 2 del Código de Derecho Canónico y del can. 1152 § 3 del Código de Cánones de las Iglesias Orientales. Sin embargo, en el delito del que se trata en el art. 6 § 1 n. 1, la prescripción comienza a correr desde el día en que el menor cumple 18 años.

[2] Art. 24 SST – § 1. En las causas por los delitos de los que se trata en el art. 4 § 1, el Tribunal no puede dar a conocer el nombre del denunciante ni al acusado ni a su Patrono si el denunciante no ha dado expresamente su consentimiento. § 2. El mismo Tribunal debe evaluar con particular atención la credibilidad del denunciante. § 3. Sin embargo, es necesario advertir que debe evitarse absolutamente cualquier peligro de violación del sigilo sacramental.

[3] Art. 8 SST – § 2. Este Supremo Tribunal juzga también otros delitos, […] en razón de la conexión de las personas y de la complicidad.

[4] Can. 1428 CIC – § 1. El juez, o el presidente del tribunal colegial, puede designar un auditor para que realice la instrucción de la causa, eligiéndole entre los jueces del tribunal o entre las personas aprobadas por el Obispo para esta función. § 2. Para el cargo de auditor, el Obispo puede aprobar a clérigos o a laicos, que destaquen por sus buenas costumbres, prudencia y doctrina. Can. 1093 CCEO – § 1. El juez o el presidente del tribunal colegial pueden nombrar un auditor para que instruya la causa, eligiéndolo de entre los jueces del tribunal o de entre los fieles admitidos para este oficio por el Obispo eparquial. § 2. El Obispo eparquial puede admitir para el oficio del auditor a los fieles que sobresalgan por las buenas costumbres, la prudencia y la ciencia.

[5] Can. 1722 CIC – Para evitar escándalos, defender la libertad de los testigos y garantizar el curso de la justicia, puede el Ordinario […] apartar [al acusado] del ejercicio del ministerio sagrado o de un oficio o cargo eclesiástico, imponerle o prohibirle la residencia en un lugar o territorio, o también prohibirle que reciba públicamente la santísima Eucaristía […]. Can. 1473 CCEO – Para prevenir escándalos, defender la libertad de los testigos y garantizar el curso de la justicia, el Jerarca […] puede apartar [al acusado] del ejercicio del orden sagrado, oficio, ministerio u otro cargo, imponerle o prohibirle la residencia en algún lugar o territorio, o también prohibirle que reciba públicamente la divina Eucaristía […].

[6] Can. 1339 CIC – § 1. Puede el Ordinario, personalmente o por medio de otro, amonestar a aquel que se encuentra en ocasión próxima de delinquir, o sobre el cual, después de realizar una investigación, recae grave sospecha de que ha cometido un delito. § 2. Puede también reprender, de manera proporcionada a las circunstancias de la persona y del hecho, a aquel que provoca con su conducta escándalo o grave perturbación del orden. § 3. Debe quedar siempre constancia de la amonestación y de la reprensión, al menos por algún documento que se conserve en el archivo secreto de la curia. Can. 1340 – CIC § 1. La penitencia, que puede imponerse en el fuero externo, consiste en tener que hacer una obra de religión, de piedad o de caridad. § 2. Nunca se imponga una penitencia pública por una transgresión oculta. § 3. Según su prudencia, el Ordinario puede añadir penitencias al remedio penal de la amonestación o de la reprensión. Can. 1427 CCEO – § 1. A salvo el derecho particular, la corrección pública se debe hacer ante notario o dos testigos o por carta, pero en este caso de manera que conste de la recepción y del tenor de la carta por algún documento. § 2. Se debe cuidar que la misma corrección pública no dé lugar a mayor infamia del reo que la justa.

[7] Art. 21 § 2, 2° SST – § 2. No obstante, la Congregación para la Doctrina de la Fe puede: […] 2º presentar directamente casos gravísimos a la decisión del Sumo Pontífice en vista de la dimisión del estado clerical o la deposición junto con la dispensa de la ley del celibato, siempre que conste de modo manifiesto la comisión del delito y después de que se haya dado al reo la facultad de defenderse.

[8] Can. 1483 CIC – El procurador y el abogado han de ser mayores de edad y de buena fama; además, el abogado debe ser católico, a no ser que el Obispo diocesano permita otra cosa, y doctor, o, al menos, verdaderamente perito en derecho canónico, y contar con la aprobación del mismo Obispo.

[9] Ex analogia can. 1527 CIC – § 1. Pueden aportarse cualesquiera pruebas que se consideren útiles para dilucidar la causa y que sean lícitas.

[10] Ex analogia can. 1572 CIC – Al valorar los testimonios, el juez debe considerar los siguientes aspectos, solicitando cartas testimoniales, si es necesario: 1. cuál sea la condición de la persona y su honradez; 2. si declara de ciencia propia, principalmente lo que ha visto u oído, o si manifiesta su opinión, o lo que es sentir común o ha oído a otros; 3. si el testigo es constante y firmemente coherente consigo mismo, o si es variable, inseguro o vacilante; 4. si hay testimonios contestes, o si la declaración se confirma o no con otros elementos de prueba.

[11] Can. 1336 CIC – § 1. Además de otras que pudiera establecer la ley, las penas expiatorias, susceptibles de afectar al delincuente perpetuamente o por un tiempo determinado o indeterminado, son las siguientes: 1. la prohibición o mandato de residir en un determinado lugar o territorio; 2. la privación de la potestad, oficio, cargo, derecho, privilegio, facultad, gracia, título o distintivo, aun meramente honorífico; 3. la prohibición de ejercer los actos que se enumeran en el n. 2, o la prohibición de ejercerlos en un determinado lugar o fuera de un lugar determinado; pero estas prohibiciones nunca son bajo pena de nulidad; 4. el traslado penal a otro oficio; 5. la expulsión del estado clerical.

[12] Can. 1337 CIC – § 1. La prohibición de residir en un determinado lugar o territorio se puede imponer tanto a los clérigos como a los religiosos; el mandato de residir, a los clérigos seculares, y, dentro de los límites de sus constituciones, a los religiosos. § 2. Para imponer la prescripción de residir en un determinado lugar o territorio se requiere el consentimiento del Ordinario de ese lugar, a no ser que se trate de una casa destinada a que hagan penitencia o se corrijan también clérigos extradiocesanos. Can. 1338 CIC – § 1. Las privaciones y prohibiciones que se enumeran en el can. 1336 § 1, 2 y 3, nunca afectan a las potestades, oficios, cargos, derechos, privilegios, facultades, gracias, títulos o distintivos que no están bajo la potestad del Superior que establece la pena. § 2. No puede darse la privación de la potestad de orden, sino sólo la prohibición de ejercer esta potestad o algunos de sus actos; tampoco puede darse la privación de los grados académicos. § 3. Sobre las prohibiciones indicadas en el can. 1336 § 1, 3, se ha de seguir la norma que se establece para las censuras en el can. 1335.

[13] Can. 54 CIC – § 1. El decreto singular cuya aplicación se encomienda a un ejecutor surte efectos desde el momento de la ejecución; en caso contrario, a partir del momento en que es intimado al destinatario por orden de quien lo decretó. § 2. Para que pueda exigirse el cumplimiento de un decreto singular, se requiere que haya sido intimado mediante documento legítimo, conforme a derecho. Can. 55 CIC – Sin perjuicio de lo establecido en los cann. 37 y 51, cuando una causa gravísima impida que el texto del decreto sea entregado por escrito, se considerará notificado mediante lectura del mismo al destinatario ante notario o ante dos testigos, levantando acta que habrán de firmar todos los presentes. Can. 56 CIC – El decreto se considera intimado si el destinatario, oportunamente convocado para recibirlo o escuchar su lectura, no comparece, o se niega a firmar, sin justa causa.

[14] Can. 1429 CCEO – § 1. La prohibición de residir en un determinado lugar o territorio se puede imponer tanto a los clérigos como a los religiosos o miembros de una sociedad de vida común a semejanza de los religiosos; el mandato de residir en un determinado lugar o territorio, sólo a los clérigos adscritos a la eparquía, a salvo el derecho de los institutos de vida consagrada. § 2. Para imponer el mandato de residir en un determinado lugar o territorio, se requiere el consentimiento del Jerarca del lugar, a no ser que se trate o de la casa de un instituto de vida consagrada de derecho pontificio o patriarcal, en cuyo caso se requiere el consentimiento del Superior competente, o de una casa destinada a la enmienda o al arrepentimiento de clérigos de varias eparquías.

[15] Can. 1430 CCEO – § 1. Las privaciones penales sólo pueden afectar a las potestades, oficios, ministerios, funciones, derechos, privilegios, facultades, gracias, títulos o distintivos que están bajo la potestad de la autoridad que constituye la pena o del Jerarca que promovió el juicio penal o impulso la pena por decreto; lo mismo vale para el traslado penal a otro oficio. § 2. No puede darse la privación de la potestad del orden sagrado, sino sólo la prohibición de ejercer todos o algunos de sus actos conforme al derecho común; tampoco puede darse la privación de los grados académicos.

[16] Can. 1737 § 2 CIC – El recurso ha de interponerse en el plazo perentorio de quince días útiles, que […] corren […] conforme al can. 1735.

[17] Art. 27 SST – Contra los actos administrativos singulares emanados o aprobados por la Congregación para la Doctrina de la Fe en los casos de delitos reservados, se admite el recurso, presentado en un plazo perentorio de sesenta días útiles, a la Congregación Ordinaria del mismo Dicasterio, o Feria IV, la cual juzga la sustancia y la legitimidad, eliminado cualquier recurso ulterior del que se trata en el art. 123 de la Constitución Apostólica Pastor Bonus.

[00874-ES.01] [Texto original: Italiano]

Traduzione in lingua portoghese

Congregação para a Doutrina da fé

VADEMECUM
SOBRE ALGUNS PONTOS DE PROCEDIMENTO
NO TRATAMENTO DOS CASOS DE ABUSO SEXUAL DE MENORES
COMETIDOS POR CLÉRIGOS

Observações

a. quanto segue deve observar-se não só nos delitos previstos pelo art. 6 das Normae promulgadas pelo motu proprio «Sacramentorum sanctitatis tutela», mas também – com as possíveis adaptações – em todos os casos de delitos reservados à Congregação para a Doutrina da Fé;

b. serão usadas as seguintes abreviaturas: CIC: Codex Iuris Canonici; CCEO: Codex Canonum Ecclesiarum Orientalium; SST: motu proprio «Sacramentorum sanctitatis tutela» – Normas atualizadas em 2010; VELM: motu proprio «Vos estis lux mundi» – 2019; CDF: Congregatio pro Doctrina Fidei.

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Introdução

Para dar resposta às inúmeras perguntas sobre os passos que se devem seguir nas causas penais da sua competência, a Congregação para a Doutrina da Fé preparou este Vademecum destinado primariamente aos Ordinários e operadores do direito que necessitem de traduzir em ações concretas a normativa canónica relativa aos casos de abuso sexual de menores cometidos por clérigos.

Trata-se duma espécie de «manual» que pretende tomar pela mão e conduzir passo a passo, desde a notitia criminis até à conclusão definitiva da causa, quem se achar na necessidade de proceder à averiguação da verdade no contexto dos mencionados delitos.

Não é um texto normativo, não inova a legislação sobre o assunto, mas visa tornar mais claro um percurso. Apesar disso, recomenda-se a sua observância, cientes de que uma praxis homogénea contribui para tornar mais clara a administração da justiça.

Como principais referências, temos os dois Códigos em vigor (CIC e CCEO); as Normas sobre os delitos reservados à Congregação para a Doutrina da Fé, na versão atualizada de 2010, emanadas através do motu proprio «Sacramentorum sanctitatis tutela», e tendo em conta as inovações introduzidas pelos Rescripta ex Audientia de 3 e 6 de dezembro de 2019; o motu proprio «Vos estis lux mundi»; e, por último mas não menos importante, a praxis da Congregação para a Doutrina da Fé, que tem vindo a determinar-se e consolidar-se cada vez mais nos últimos anos.

Tratando-se dum instrumento flexível, prevê-se a possibilidade da sua atualização periódica, sempre que houver alteração na normativa de referência ou a praxis da Congregação tornar necessário esclarecimentos e modificações.

Deliberadamente não se contemplaram, no Vademecum, as indicações sobre o desenrolar do processo penal judicial na primeira instância de julgamento, convictos de que o procedimento ilustrado nos Códigos em vigor seja suficientemente claro e detalhado.

Deseja-se que este instrumento possa ajudar as Dioceses, os Institutos de Vida Consagrada e as Sociedades de Vida Apostólica, as Conferências Episcopais e as várias circunscrições eclesiásticas a melhor entenderem e implementarem as exigências da justiça em caso de delictum gravius que constitui, para toda a Igreja, uma ferida profunda e dolorosa que pede para ser curada.

I. O que configura o delito?

1. O delito em questão inclui todo o pecado externo contra o sexto mandamento do Decálogo cometido por um clérigo com um menor (cf. cân. 1395 § 2 CIC; art. 6 § 1, 1º SST).

2. A tipologia do delito é muito ampla e pode incluir, por exemplo, relações sexuais (com e sem consentimento), contacto físico de ordem sexual, exibicionismo, masturbação, produção de pornografia, indução à prostituição, conversas e/ou propostas de caráter sexual inclusive através dos meios de comunicação.

3. O conceito de «menor», relativamente aos casos em questão, variou ao longo do tempo: até 30 de abril de 2001, entendia-se a pessoa com menos de 16 anos de idade (embora nalgumas legislações particulares – como, por exemplo, nos EUA desde 1994 e na Irlanda desde 1996 – a idade já tivesse sido elevada para 18 anos). Desde 30 de abril de 2001, quando foi promulgado o motu proprio «Sacramentorum sanctitatis tutela», a idade foi universalmente elevada para 18 anos, sendo a idade ainda em vigor. É preciso ter em conta estas variações, quando se deve definir se o «menor» o era realmente, segundo a definição de Lei em vigor no momento dos factos.

4. O facto de se falar de «menor» não incide sobre a distinção, que às vezes se deduz das ciências psicológicas, entre atos de «pedofilia» e atos de «efebofilia», isto é, com adolescentes já fora da puberdade. A sua maturidade sexual não influi sobre a definição canónica do delito.

5. A revisão do motu proprio SST, promulgada em 21 de maio de 2010, sancionou que se devem equiparar ao menor as pessoas que possuem habitualmente um uso imperfeito da razão (cf. art. 6 § 1, 1º SST). Quanto ao uso da expressão «adulto vulnerável» – descrito em outro documento como «toda a pessoa em estado de enfermidade, deficiência física ou psíquica, ou de privação da liberdade pessoal que de facto, mesmo ocasionalmente, limite a sua capacidade de entender ou querer ou, em todo o caso, de resistir à ofensa» (cf. art. 1§ 2, b VELM) – lembra-se que esta definição integra uma gama mais ampla de casos em relação aos que estão sob a competência da CDF, que permanece limitada aos menores de dezoito anos e a quem «possui habitualmente um uso imperfeito da razão». Outras espécies de casos fora destes são tratadas pelos Dicastérios competentes (cf. art. 7 § 1 VELM).

6. Além disso, o SST introduziu (cf. art. 6 § 1, 2º SST) três novos delitos que têm a ver com uma tipologia particular de menores, ou seja, adquirir, deter (mesmo só temporariamente) e divulgar imagens pornográficas de menores de 14 anos (desde 1 de janeiro de 2020, de 18 anos) por parte de um clérigo para fins de libidinagem de qualquer maneira e por qualquer instrumento. De 1 de junho a 31 de dezembro de 2019, a aquisição, a detenção e a divulgação de material pornográfico, envolvendo menores de 14 a 18 anos, cometidas por clérigos ou membros de Institutos de Vida Consagrada ou Sociedades de Vida Apostólica são delitos de competência de outros Dicastérios (cf. arts. 1 e 7 VELM). Desde 1 de janeiro de 2020, a competência relativamente aos clérigos é da Congregação para a Doutrina da Fé.

7. Note-se que estes três delitos são canonicamente puníveis só a partir da entrada em vigor de SST, isto é, a partir de 21 de maio de 2010. Ao contrário, a produção de pornografia com menores enquadra-se na tipologia de delito indicada nos n.os 1-4 deste Vademecum, sendo por conseguinte processável mesmo antes de tal data.

8. Segundo o direito dos religiosos pertencentes à Igreja latina (cf. câns. 695ss. CIC), o delito mencionado no n.º 1 pode incluir também a demissão do Instituto Religioso. Entretanto tenha-se em conta o seguinte: a) tal demissão não é uma pena, mas um ato administrativo do Moderador Supremo; b) para decretá-la, deve-se observar escrupulosamente o relativo procedimento, descrito nos câns. 695 § 2, 699 e 700 CIC; c) a confirmação do decreto de demissão, de acordo com o cân. 700 CIC, deve ser solicitada à CDF; d) a demissão do Instituto inclui a perda da incorporação no Instituto e a cessação dos votos e obrigações decorrentes da profissão (cf. cân. 701 CIC), e a proibição de exercer a Ordem recebida enquanto não se verificarem as condições mencionadas no cân. 701 CIC. Aplicam-se as mesmas regras, com as oportunas adaptações, também aos membros definitivamente incorporados nas Sociedades de Vida Apostólica (cf. cân. 746 CIC).

II. Que fazer quando se recebe a informação sobre um possível delito (notitia de delicto)?

a) Que se entende por notitia de delicto?

9. A notitia de delicto (cf. cân. 1717 § 1 CIC; cân. 1468 § 1 CCEO; art. 16 SST; art. 3 VELM), que às vezes aparece designada como notitia criminis, é toda informação sobre um possível delito que chegue, de qualquer modo, ao Ordinário ou ao Hierarca. Não é preciso que se trate duma denúncia formal.

10. Assim, esta notitia pode ter várias fontes: ser apresentada formalmente ao Ordinário ou ao Hierarca, de maneira oral ou escrita, pela presumível vítima, pelos seus tutores, por outras pessoas que alegam estar informadas dos factos; chegar ao Ordinário ou ao Hierarca durante o exercício dos seus deveres de vigilância; ser apresentada ao Ordinário ou ao Hierarca pelas autoridades civis segundo as modalidades previstas pelas legislações locais; ser divulgada pelos mass-media (incluindo os social media); chegar ao seu conhecimento através de vozes recolhidas, e de qualquer outra maneira apropriada.

11. Às vezes, a notitia de delicto pode chegar de fonte anónima, ou seja, de pessoas não identificadas ou não identificáveis. O anonimato do denunciante não deve levar automaticamente a considerar falsa tal notitia; no entanto, por razões facilmente compreensíveis, é oportuno ter muita cautela ao tomar em consideração esse tipo de notitia, que de modo algum deve ser encorajado.

12. De igual modo, não é aconselhável descartar a priori a notitia de delicto, proveniente de fontes cuja credibilidade possa parecer, à primeira vista, duvidosa.

13. Às vezes, a notitia de delicto não fornece detalhes concretos (nomes, lugares, tempos, etc.). Embora vaga e indeterminada, deve ser adequadamente avaliada e, na medida do possível, aprofundada com a devida atenção.

14. Tenha-se em mente que uma informação de delictum gravius recebida em Confissão está posta sob o vínculo estreitíssimo do sigilo sacramental (cf. cân. 983 § 1 CIC; cân. 733 § 1 CCEO; art. 4 § 1, 5° SST). Por isso será necessário que o confessor, informado de um delictum gravius durante a celebração do Sacramento, procure convencer o penitente a tornar conhecidas as suas informações por outras vias, a fim de permitir agir a quem de dever.

15. O exercício dos deveres de vigilância, que cabem ao Ordinário e ao Hierarca, não prevê que o mesmo tenha de exercer contínuos controles de investigação sobre os clérigos a ele sujeitos, mas também não lhe permite eximir-se de se manter informado sobre a conduta deles neste campo, sobretudo se chegaram ao seu conhecimento suspeitas, comportamentos escandalosos, condutas que turbam gravemente a ordem.

b) Que ações se devem empreender, quando se recebeu uma notitia de delicto?

16. O art. 16 SST (cf. também os câns. 1717 CIC e 1468 CCEO) estabelece que, recebida uma notitia de delicto, realize-se uma investigação prévia, caso a notitia de delicto seja «saltem verisimilis». Mas, se tal verossimilhança for infundada, poder-se-á não dar seguimento à notitia de delicto, tendo entretanto o cuidado de conservar a documentação juntamente com uma nota onde se expliquem as razões da decisão.

17. Mesmo na ausência duma explícita obrigação normativa, a autoridade eclesiástica apresente denúncia às autoridades civis competentes, sempre que o considere indispensável para tutelar a pessoa ofendida ou outros menores do perigo de novos atos delituosos.

18. Tendo em conta a delicadeza da matéria (devido ao facto, por exemplo, de os pecados contra o sexto mandamento do Decálogo raramente ocorrerem na presença de testemunhas), o juízo sobre a falta de verossimilhança (que pode levar à omissão da investigação prévia) será emitido apenas em caso de manifesta impossibilidade de proceder segundo o Direito Canônico: por exemplo, se resultar que a pessoa, na época do delito de que é acusada, ainda não era clérigo; se resultar evidente que a presumível vítima não era menor de idade (a propósito, veja-se o n.º 3); se for notório que a pessoa denunciada não podia estar presente no lugar do delito no momento em que teriam ocorrido os factos imputados.

19. Entretanto, mesmo nestes casos, é aconselhável que o Ordinário ou o Hierarca comunique à CDF a notitia de delicto e a decisão de não proceder à investigação prévia por manifesta falta de verossimilhança.

20. Em tal caso, apesar de não haver o delito com menores mas perante condutas impróprias e imprudentes, lembre-se de que, se for necessário para proteger o bem comum e evitar escândalos, enquadra-se nos poderes do Ordinário e do Hierarca tomar outras medidas de tipo administrativo contra a pessoa denunciada (por exemplo, limitações no ministério), ou impor-lhe os remédios penais mencionados no cân. 1339 CIC a fim de prevenir os delitos (cf. cân. 1312 § 3 CIC), ou a repreensão pública referida no cân. 1427 CCEO. Além disso, se houver delitos não graviora, o Ordinário ou o Hierarca deve seguir as vias jurídicas apropriadas às circunstâncias.

21. Segundo o cân. 1717 CIC e o cân. 1468 CCEO, a tarefa da investigação prévia compete ao Ordinário ou ao Hierarca que recebeu a notitia de delicto, ou a pessoa idónea por ele designada. A eventual omissão deste dever pode constituir um delito punível nos termos do Código de Direito Canónico e do motu proprio «Como uma mãe amorosa», bem como do art. 1 § 1, b VELM.

22. O Ordinário ou o Hierarca a quem compete tal tarefa pode ser o do clérigo denunciado ou, se diferente, o Ordinário ou o Hierarca do lugar onde ocorreram os presumíveis delitos. Neste caso, como facilmente se entende, é bom ativar a comunicação e a colaboração entre os diferentes Ordinários interessados, a fim de se evitar conflitos de competência ou trabalhos em duplicado, sobretudo se o clérigo for um religioso.

23. Se um Ordinário ou um Hierarca se deparar com problemas para iniciar ou realizar a investigação prévia, dirija-se sem demora à CDF, para obter orientação ou dirimir possíveis questões.

24. Pode acontecer que a notitia de delicto chegue diretamente à CDF, sem passar pelo Ordinário ou o Hierarca. Neste caso, a CDF pode pedir-lhe que realize a investigação ou, segundo o art. 17 SST, realizá-la ela própria.

25. A CDF, por decisão própria, por solicitação explícita ou por necessidade, pode também pedir a um Ordinário ou um Hierarca terceiro que realize a investigação prévia.

26. A investigação prévia canónica deve ser realizada, independentemente da existência ou não de uma investigação correlativa pelas autoridades civis. Mas, se a legislação estatal impuser a proibição de investigações paralelas à sua, a autoridade eclesiástica competente abstenha-se de iniciar a investigação prévia e comunique à CDF tudo o que foi denunciado, anexando qualquer material útil. Se parecer oportuno aguardar o fim das investigações civis para eventualmente obter os seus resultados ou por outro género de razões, é bom que o Ordinário ou o Hierarca peça conselho à CDF sobre isso.

27. A atividade de investigação deve ser conduzida no respeito às leis civis de cada Estado (cf. art. 19 VELM).

28. Sabe-se que existem, inclusive para os delitos de que se está a tratar, prazos de prescrição da ação criminal, que foram variando consideravelmente ao longo do tempo. Os prazos atualmente em vigor são definidos pelo art. 7 SST[1]. Mas, como este mesmo art. 7 § 1 SST permite à CDF derrogar a prescrição em casos individuais, o Ordinário ou o Hierarca, mesmo constatando que decorreu o tempo para a prescrição, deverá igualmente dar seguimento à notitia de delicto e à possível investigação prévia, comunicando os seus resultados à CDF, a única a quem compete decidir se manter a prescrição ou derrogá-la. Na transmissão dos atos, poderá ser útil o Ordinário ou o Hierarca expressar o seu parecer acerca da possível derrogação, motivando-o com base nas circunstâncias atuais (por exemplo, estado de saúde ou idade do clérigo, possibilidade de o mesmo exercitar o seu direito de defesa, dano causado pela suposta ação criminal, escândalo suscitado).

29. Nestes delicados atos preliminares, o Ordinário ou o Hierarca pode recorrer ao conselho da CDF (é possível fazê-lo em qualquer momento da condução de um caso), bem como consultar livremente especialistas em matéria canónica penal. Mas, nesta última eventualidade, tenha cuidado de evitar qualquer inoportuna ou ilícita difusão de informações ao público, que poderia prejudicar uma possível investigação prévia sucessiva ou dar a impressão de já ter definido com certeza os factos ou a culpabilidade do clérigo em questão.

30. Note-se que se está obrigado, já nesta fase, a observar o segredo de ofício. Tenha-se em mente, porém, que não se pode impor qualquer vínculo de silêncio sobre os factos a quem faz a denúncia, à pessoa que afirma ter sido ofendida, nem às testemunhas.

31. Segundo o art. 2-§ 3 VELM, o Ordinário que tiver recebido a notitia de delicto deve transmiti-la sem demora ao Ordinário ou ao Hierarca do lugar onde teriam acontecido os factos, bem como ao Ordinário ou ao Hierarca próprio da pessoa denunciada, ou seja, no caso de um religioso, ao seu Superior Maior se é o Ordinário próprio e, no caso de um diocesano, ao Ordinário da diocese ou ao Bispo eparquial de incardinação. No caso de o Ordinário ou o Hierarca do lugar e o Ordinário ou o Hierarca próprio não serem a mesma pessoa, é desejável que entrem em contacto para se acordarem sobre quem conduzirá a investigação. Se a denúncia disser respeito a um membro dum Instituto de Vida Consagrada ou duma Sociedade de Vida Apostólica, o Superior Maior informará também o Moderador Supremo e, no caso de Institutos e Sociedades de direito diocesano, também o Bispo referencial.

III. Como se realiza a investigação prévia?

32. A investigação prévia realiza-se segundo os critérios e modalidades indicados nos câns. 1717 CIC ou 1468 CCEO, evocados em seguida.

a) Que é a investigação prévia?

33. Deve-se ter sempre em mente que a investigação prévia não é um processo, e o seu objetivo não é alcançar a certeza moral quanto à realização dos factos que são objeto da acusação. Serve: a) para o recolhimento de dados úteis a fim de se aprofundar a notitia de delicto; e b) para verificar a sua verossimilhança, ou seja, definir aquilo que se chama fumus delicti, isto é, se tem fundamento suficiente em direito e nos factos para considerar verossímil a acusação.

34. Por isso, como indicam os cânones citados no n.º 32, a investigação prévia deve recolher informações mais detalhadas relativamente à notitia de delicto sobre os factos, as circunstâncias e a imputabilidade deles. Não é necessário realizar, já nesta fase, um meticuloso recolhimento de elementos de prova (depoimentos, perícias), tarefa que competirá depois a um possível procedimento penal sucessivo. Importante é reconstruir, na medida do possível, os factos em que se baseia a acusação, o número e o tempo das condutas delituosas, as suas circunstâncias, as generalidades das presumíveis vítimas, acrescentando uma primeira avaliação de eventuais danos físicos, psíquicos e morais provocados. Dever-se-á ter o cuidado de indicar possíveis relações com o foro interno sacramental (a propósito disto, porém, tenha-se em conta quanto prescrito no art. 24 SST[2]). Anexar-se-ão também quaisquer outros delitos atribuídos ao acusado (cf. art. 8 § 2 SST[3]) e indicar-se-ão factos problemáticos emergentes do seu perfil biográfico. Pode ser oportuno recolher testemunhos e documentos, de qualquer género e proveniência (incluindo os resultados das investigações ou de um processo realizado pelas autoridades civis), que possam resultar verdadeiramente úteis para circunstanciar e abonar a verossimilhança da acusação. Como prevê a Lei, é possível desde já indicar eventuais circunstâncias dirimentes, atenuantes ou agravantes. Pode ser útil também recolher desde já depoimentos de credibilidade sobre os denunciantes e as presumíveis vítimas. Como Apêndice a este Vademecum, inclui-se um esquema-resumo dos dados úteis, que a pessoa que realiza a investigação prévia faz bem ter presente e compilar (cf. n.º 69).

35. Se, durante a investigação prévia, se chegar ao conhecimento de outras notitiae de delicto, estas sejam aprofundadas na mesma investigação.

36. Como aludido, a aquisição dos resultados das investigações civis (ou de todo o processo no tribunal estatal) poderia tornar supérflua a investigação prévia canónica. Em todo o caso, quem deve conduzir a investigação prévia tem de prestar a devida atenção no momento de avaliar as investigações civis, porque os critérios destas (por exemplo, quanto aos prazos de prescrição, à tipologia do delito, à idade da vítima, etc.) podem divergir sensivelmente daquilo que está prescrito na Lei canónica. Também nisto, em caso de dúvida, pode ser aconselhável recorrer à avaliação da CDF.

37. A investigação prévia poderia ser supérflua também em caso de delito notório e não duvidoso (por exemplo, a aquisição dos atos do processo civil ou a confissão pelo clérigo).

b) Que atos jurídicos é preciso efetuar para iniciar a investigação prévia?

38. Se o Ordinário ou o Hierarca competente considerar oportuno valer-se de outra pessoa idónea para realizar a investigação (cf. n.º 21), escolha-a segundo os critérios indicados pelos câns. 1428 §§ 1 e 2 CIC ou 1093 CCEO[4].

39. Ao nomear quem realiza a investigação, tendo em conta a cooperação que pode ser prestada pelos leigos nos termos dos câns. 228 CIC e 408 CCEO (cf. art. 13 VELM), o Ordinário ou o Hierarca lembre-se de que, segundo o cân. 1717 § 3 CIC e 1468 § 3 CCEO, a mesma pessoa não poderá desempenhar a função de juiz em um eventual processo penal sucessivo. A praxis sugere que se use o mesmo critério para a nomeação do Delegado e dos Assessores no caso de processo extrajudicial.

40. Segundo os câns. 1719 CIC e 1470 CCEO, o Ordinário ou o Hierarca deve emitir um decreto de abertura da investigação prévia, no qual nomeie a pessoa que a conduz, indicando no texto que ela possui os poderes mencionados nos câns. 1717 § 3 CIC ou 1468 § 3 CCEO.

41. Embora a Lei não o preveja expressamente, é aconselhável a nomeação de um Notário sacerdote (cf. câns. 483 § 2 CIC e can. 253 § 2 CCEO, onde aparecem indicados outros critérios para a escolha), que assista quem realiza a investigação prévia, a fim de garantir a fé pública dos atos por ele redigidos (cf. câns. 1437 § 2 CIC e 1101 § 2 CCEO).

42. Note-se, porém, que, não se tratando de atos processuais, a presença do Notário não é necessária ad validitatem dos mesmos.

43. Na fase de investigação prévia, não está prevista a nomeação de um Promotor de Justiça.

c) Que atos complementares se podem ou devem efetuar durante a investigação prévia?

44. Os câns. 1717 § 2 CIC e 1468 § 2 CCEO e os arts. 4-§ 2 e 5-§ 2 VELM fazem referência à tutela da boa fama das pessoas envolvidas (acusado, presumíveis vítimas, testemunhas), de modo que a denúncia não possa gerar preconceitos, retaliações, discriminações. Assim, quem conduz a investigação prévia deve ter isto especialmente em atenção, tomando todas as precauções para o efeito, uma vez que a boa fama é um direito dos fieis garantido pelos câns. 220 CIC e 23 CCEO. Tenha-se em conta, porém, que os mesmos cânones acautelam contra lesões ilegítimas de tal direito: por conseguinte, se corresse perigo o bem comum, a divulgação de notícias sobre a existência de uma acusação não constitui necessariamente uma violação da boa fama. Além disso, informem-se as pessoas envolvidas de que, se intervier uma apreensão judiciária ou uma ordem de entrega dos atos de investigação pelas autoridades civis, a Igreja já não poderá garantir a confidencialidade dos depoimentos e da documentação adquirida em sede canónica.

45. Em todo caso, sobretudo quando se tiver de difundir comunicados públicos sobre o caso, é preciso empregar toda a cautela ao dar informações sobre os factos, por exemplo, usando uma forma essencial e concisa, evitando anúncios sensacionalistas, abstendo-se completamente de qualquer juízo antecipado sobre a culpabilidade ou inocência da pessoa denunciada (que será estabelecida apenas pelo relativo e eventual processo penal, destinado a verificar o fundamento da acusação), atendo-se à possível vontade de respeito da confidencialidade expressa pelas presumíveis vítimas.

46. Dado que nesta fase, como ficou dito, ainda não se pode definir a eventual culpabilidade da pessoa denunciada, dever-se-á – nos comunicados públicos ou nas comunicações privadas – evitar com todo o cuidado qualquer afirmação em nome da Igreja, do Instituto ou Sociedade, ou a título pessoal, que possa constituir uma antecipação do juízo a propósito dos factos.

47. Tenha-se presente ainda que as denúncias, os processos e as decisões relativas aos delitos referidos no art. 6 SST estão sujeitos ao segredo de ofício. Isto não impede que o denunciante – sobretudo se tem intenção de dirigir-se também às autoridades civis – possa tornar públicas as suas ações. Além disso, visto que nem todas as formas de notitiae de delicto são denúncias, pode-se eventualmente avaliar quando deve considerar-se obrigado ao segredo, sempre no respeito da boa fama referido no n.º 44.

48. Na mesma linha, é preciso certificar-se se, a cargo do Ordinário ou do Hierarca, subsiste ou não a obrigação de notificar as autoridades civis da notitia de delicto recebida e da investigação prévia aberta. Os princípios aplicáveis são dois: a) devem-se respeitar as leis do Estado (cf. art. 19 VELM); b) deve-se respeitar a vontade da presumível vítima, contanto que a sua vontade não esteja em contraste com a legislação civil e – como se dirá mais adiante (n.º 56) – encorajando-a no exercício dos seus deveres e direitos perante as autoridades estatais, tendo o cuidado de conservar uma anotação escrita de tal sugestão, evitando qualquer forma dissuasiva junto da presumível vítima. A propósito, observem-se sempre e em todo o caso eventuais convenções (concordatas, acordos, entendimentos) estipuladas pela Sé Apostólica com as nações.

49. Quando as leis estatais impõem ao Ordinário ou ao Hierarca que transmita a informação de uma notitia de delicto, é-se obrigado a comunicá-la, mesmo se se prevê que, considerando as leis do Estado, não haverá a abertura de um procedimento (por exemplo, por se ter verificado a prescrição ou por interpretações diferentes da tipologia delituosa).

50. Se as autoridades judiciais civis emanarem uma ordem executiva legítima solicitando a entrega de documentos relativos às causas ou estabelecerem a apreensão judicial dos mesmos, o Ordinário ou o Hierarca deverá cooperar com as autoridades civis. Se houver dúvidas sobre a legitimidade de tal solicitação ou apreensão, o Ordinário ou o Hierarca poderá consultar peritos legais sobre os remédios disponíveis no ordenamento local. Em todo o caso, é oportuno informar imediatamente o Representante Pontifício.

51. No caso de se tornar necessário ouvir um menor ou pessoa a ele equiparada, adotem-se as normas civis do país e as modalidades adequadas à idade e ao estado, permitindo, por exemplo, que o menor seja acompanhado por um adulto de sua confiança e evitando que tenha contacto direto com o acusado.

52. Na fase da investigação prévia, uma tarefa particularmente delicada que cabe ao Ordinário ou ao Hierarca é decidir se e quando informar dela o acusado.

53. Para esta tarefa, não existe um critério uniforme nem explícitas disposições da Lei. É preciso avaliar o conjunto de bens em jogo: além da proteção da boa fama das pessoas interessadas, há que se ter em conta também, por exemplo, o risco de contaminação da investigação prévia, o escândalo dos fiéis, a conveniência de recolher primeiro todos o elementos indiciários que possam ser úteis ou necessários.

54. Se se decidisse escutar a pessoa denunciada, por se tratar duma fase anterior ao julgamento, não é obrigatório providenciar-lhe a nomeação de um advogado de ofício. No entanto, se ela o considerar oportuno, poderá recorrer à assistência dum defensor escolhido por ela. À pessoa denunciada não se pode impor o juramento (cf. ex analogia os câns. 1728 § 2 CIC e 1471 § 2 CCEO).

55. As autoridades eclesiásticas devem empenhar-se para que a presumível vítima e a sua família sejam tratadas com dignidade e respeito, e devem oferecer-lhes acolhimento, escuta e acompanhamento, inclusive através de serviços específicos, bem como assistência espiritual, médica e psicológica, de acordo com o caso específico (cf. art. 5 VELM). O mesmo pode ser feito a favor do acusado. Contudo evite-se dar a impressão de querer antecipar os resultados processuais.

56. É absolutamente necessário evitar, nesta fase, qualquer ato que possa ser interpretado pelas presumíveis vítimas como um obstáculo ao exercício dos seus direitos civis perante as autoridades estatais.

57. Onde houver estruturas estatais ou eclesiásticas de informação e apoio às presumíveis vítimas, ou de consulta para as autoridades eclesiais, é bom fazer referência também a elas. Estas estruturas têm um objetivo de puro aconselhamento, orientação e assistência, e as suas análises não constituem de modo algum decisões processuais canónicas.

58. Tendo em vista a tutela da boa fama das pessoas envolvidas e a tutela do bem público, assim como evitar outros factos (como, por exemplo, a difusão do escândalo, o risco de ocultação das futuras provas, a ativação de ameaças ou outras condutas tendentes a afastar a presumível vítima do exercício dos seus direitos, a proteção de outras possíveis vítimas), segundo o art. 19 SST, o Ordinário ou o Hierarca tem o direito, desde a abertura da investigação prévia, de impor as medidas cautelares enumeradas nos câns. 1722 CIC e 1473 CCEO[5].

59. As medidas cautelares enumeradas nestes cânones constituem uma lista exaustiva, pelo que se poderá escolher uma ou mais dentre elas apenas.

60. Isto não impede que o Ordinário ou o Hierarca possa impor outras medidas disciplinares, segundo os seus poderes, mas que, estritamente falando, não poderão ser definidas «medidas cautelares».

d) Como se impõem as medidas cautelares?

61. Antes de mais nada, diga-se que uma medida cautelar não é uma pena (as penas só se impõem no final de um processo penal), mas um ato administrativo, cujos objetivos são descritos pelos citados câns. 1722 CIC e 1473 CCEO. O aspecto não penal da medida deve ser bem esclarecido ao interessado, para evitar que ele pense ter sido julgado ou punido antes do tempo. Além disso, há que se destacar que as medidas cautelares devem ser revogadas se o motivo que as sugeriu se extinguir, e cessam quando terminar o possível processo penal. Além do mais, podem ser modificadas (agravando-as ou as atenuando), se as circunstâncias o exigirem. Entretanto, recomenda-se particular prudência e discernimento ao julgar a extinção do motivo que sugeriu as medidas; e não se exclui que as mesmas – uma vez revogadas – possam ser novamente impostas.

62. Observa-se frequentemente que ainda está em uso a antiga terminologia da suspensão a divinis para indicar a proibição de exercer o ministério, imposta como medida cautelar a um clérigo. É bom evitar tal designação, bem como a de suspensão ad cautelam, porque na legislação em vigor a suspensão é uma pena e, nesta fase, ainda não pode ser imposta. A forma correta para designar tal disposição será, por exemplo, afastamento ou proibição de exercício do ministério.

63. Deve-se evitar a opção de realizar simplesmente uma transferência de ofício, de circunscrição, de casa religiosa do clérigo envolvido, pensando que o seu afastamento do local do suposto delito ou das presumíveis vítimas constitua solução satisfatória do caso.

64. As medidas cautelares referidas no n.º 58 impõem-se por meio de um preceito singular legitimamente notificado (cf. câns. 49ss. e 1319 CIC e 1406 e 1510ss. CCEO).

65. Tenha-se presente que, quando for decidido modificar ou revogar as medidas cautelares, será necessário fazê-lo com específico decreto legitimamente notificado. Entretanto não será necessário fazê-lo no fim do eventual processo, dado que então aquelas cessam por força do direito.

e) Que fazer para concluir a investigação prévia?

66. Tendo em vista a equidade e o exercício razoável da justiça, recomenda-se que a duração da investigação prévia seja proporcionada às finalidades da própria investigação, ou seja, a obtenção da fundada verosimilhança da notitia de delicto e a respectiva existência do fumus delicti. O prolongamento injustificado da duração da investigação prévia pode constituir uma negligência por parte da autoridade eclesiástica.

67. Se a investigação foi realizada por pessoa idónea nomeada pelo Ordinário ou pelo Hierarca, esta entregue todos os atos da investigação, juntamente com a própria avaliação dos seus resultados.

68. Segundo os câns. 1719 CIC e 1470 CCEO, o Ordinário ou o Hierarca deve decretar o encerramento da investigação prévia.

69. Segundo o art. 16 SST, uma vez concluída a investigação prévia, e qualquer que seja o resultado, o Ordinário ou o Hierarca tem o dever de enviar uma cópia autêntica dos relativos atos à CDF, o mais rápido possível. À cópia dos atos e à tabela-resumo (cf. o Apêndice), junte a sua avaliação dos resultados da investigação (votum), oferecendo ainda as suas eventuais sugestões acerca da maneira de proceder (por exemplo, se considera oportuno ativar um procedimento penal, e o tipo do mesmo; se se pode considerar suficiente a pena imposta pelas autoridades civis; se é preferível a aplicação de medidas administrativas pelo Ordinário ou o Hierarca; se se deve invocar a prescrição do delito ou conceder a derrogação da mesma).

70. Quando o Ordinário ou o Hierarca que realizou a investigação prévia for um Superior Maior, convém que transmita cópia do fascículo da investigação também ao Moderador Supremo (ou ao Bispo referencial, no caso de Institutos ou Sociedades de direito diocesano), já que são as figuras com que normalmente dialogará em seguida a CDF. Por sua vez, o Moderador Supremo enviará à CDF o seu votum, como no n.º 69.

71. Se o Ordinário que realizou a investigação prévia não for o Ordinário do lugar onde foi cometido o presumível delito, o primeiro comunique ao segundo os resultados da investigação.

72. Os atos sejam enviados numa única cópia. É útil que sejam autenticados por um Notário, que será um da Cúria, se não se nomeou um especial para a investigação prévia.

73. Os câns. 1719 CIC e 1470 CCEO estabelecem que o original de todos os atos seja conservado no arquivo secreto da Cúria.

74. Segundo o art. 16 SST, uma vez enviados os atos da investigação prévia à CDF, o Ordinário ou o Hierarca deverá aguardar as relativas comunicações ou instruções da CDF.

75. Se, entretanto, surgirem outros elementos relativos à investigação prévia ou a novas acusações, sejam transmitidos o mais rapidamente possível à CDF para serem integrados com o que já possui. Se parecer útil reabrir a investigação prévia devido a tais elementos, comunique-se imediatamente a CDF.

IV. Chegados a este ponto, que pode fazer a CDF?

76. Recebidos os atos da investigação prévia, normalmente a CDF dá imediata confirmação ao Ordinário, ao Hierarca, ao Moderador Supremo (no caso dos religiosos, também à Congregação para os Institutos de Vida Consagrada e as Sociedades de Vida Apostólica; se entretanto o clérigo for duma Igreja Oriental, fá-lo à Congregação para as Igrejas Orientais; e, naturalmente, à Congregação para a Evangelização dos Povos, se o clérigo pertencer a um território sujeito a este Dicastério), comunicando – se ainda o não fizera anteriormente – o número de Protocolo relativo ao caso. A este número, será necessário fazer referência em qualquer comunicação sucessiva à CDF.

77. Num segundo tempo, depois de ter estudado cuidadosamente os atos, à CDF abrem-se várias possibilidades de ação: arquivar o caso; solicitar um aprofundamento da investigação prévia; impor medidas disciplinares não penais, habitualmente por meio dum preceito penal; impor remédios penais ou penitências, ou então admoestações ou repreensões; abrir um processo penal; individuar outras vias de solicitude pastoral. A decisão tomada é comunicada ao Ordinário, com as instruções apropriadas para a levar a efeito.

a) Que são as medidas disciplinares não penais?

78. As medidas disciplinares não penais são atos administrativos singulares (isto é, atos do Ordinário ou do Hierarca, ou mesmo da CDF), pelos quais se impõe ao acusado fazer ou deixar de fazer alguma coisa. Nestes casos, normalmente impõe-se limitações no exercício do ministério, mais ou menos amplas em consideração do caso, e algumas vezes também a obrigação de residir num determinado lugar. Fique claro que não se trata de penas, mas de atos de governo que visam garantir e proteger o bem comum e a disciplina eclesial e evitar o escândalo dos fiéis.

b) Que é um preceito penal?

79. A forma habitual com que se impõem estas medidas é o preceito penal, nos termos dos câns. 1319 § 1 CIC e 1406 § 1 CCEO. O cân. 1406 § 2 CCEO equipara-o à admoestaçã com ameaça de pena.

80. As formalidades requeridas para um preceito foram já recordadas (câns. 49ss. CIC e 1510ss. CCEO). Todavia, para que se trate dum preceito penal, no texto deve ser claramente indicada a pena cominada ao destinatário do preceito, se transgredir as medidas que lhe foram impostas.

81. Tenha-se presente que, segundo o cân. 1319 § 1 CIC, num preceito penal não se podem cominar penas expiatórias perpétuas; além disso, a pena deve ser claramente determinada. Há outras exclusões de penas que estão previstas no cân. 1406 § 1 CCEO para os fiéis de rito oriental.

82. Contra este ato administrativo, admite-se recurso nos termos da Lei.

c) Que são os remédios penais, as penitências e as repreensões públicas?

83. Para a definição dos remédios penais, das penitências e das repreensões públicas, remete-se respetivamente para os câns. 1339 e 1340 § 1 CIC e 1427 CCEO[6].

V. Quais são as decisões possíveis num processo penal?

84. As decisões no fim do processo penal, seja este judicial ou extrajudicial, poderão ter um resultado de três tipos:

- condenatórioconstat»), se constar com certeza moral a culpabilidade do acusado em relação ao delito que lhe é atribuído. Neste caso, deve-se indicar especificamente o tipo de sanção canónica infligida ou declarada;

- absolutórioconstat de non»), se constar com certeza moral a não culpabilidade do acusado, enquanto o facto não subsiste, o acusado não o cometeu, o facto não está previsto na lei como crime, ou foi cometido por pessoa não imputável;

- demissórionon constat»), no caso de não ser possível alcançar a certeza moral em relação à culpabilidade do acusado, enquanto falta, ou é insuficiente ou é contraditória a prova de que o facto subsiste, que o acusado cometeu o facto, ou que o delito foi cometido por pessoa não imputável.

Existe a possibilidade de prover ao bem público ou ao bem do acusado com apropriadas admoestações, remédios penais e outras vias ditadas pela solicitude pastoral (cf. cân. 1348 CIC).

A decisão (por sentença ou por decreto) deverá indicar a qual destes três géneros faz referimento, para ficar claro se «consta», ou «consta que não», ou «não consta».

VI. Quais são os procedimentos penais possíveis?

85. Segundo a Lei, os procedimentos penais possíveis são três: o processo penal judicial; o processo penal extrajudicial; o procedimento introduzido pelo art. 21§ 2, 2º SST.

86. O procedimento previsto no art. 21 § 2, 2º SST[7] está reservado aos casos muito graves, termina com uma decisão direta do Sumo Pontífice e prevê em todo o caso que, embora resulte clara a realização do delito, seja garantido ao acusado o exercício do direito de defesa.

87. Relativamente ao processo penal judicial, remete-se às disposições específicas da Lei, quer dos respetivos Códigos, quer dos arts. 8-15, 18-19, 21 § 1, 22-31 SST.

88. O processo penal judicial não exige a dupla sentença conforme, pelo que a decisão tomada eventualmente pela segunda instância mediante uma sentença determina a res iudicata (cf. também art. 28 SST). Contra uma sentença que se tornou definitiva, é possível apenas a restitutio in integrum, desde que se apresentem elementos que tornem evidente a sua injustiça (cf. câns. 1645 CIC, 1326 CCEO) ou a querela de nulidade (cf. câns. 1619ss. CIC, 1302ss. CCEO). O Tribunal constituído para este tipo de processo é sempre colegial, compondo-se no mínimo por três juízes. Goza do direito de apelar contra a sentença de primeira instância não só a parte acusada que se considera injustamente onerada pela sentença, mas também o Promotor de Justiça da CDF (cf. art. 26 § 2 SST).

89. Segundo os arts. 16 e 17 SST, o processo penal judicial pode realizar-se na CDF ou ser confiado a um Tribunal inferior. A decisão a este respeito é comunicada aos interessados através duma específica carta executiva.

90. Mesmo durante o desenrolar dum processo penal, judicial ou extrajudicial, podem ser impostas ao acusado as medidas cautelares referidas nos n.os 58-65.

a) Que é o processo penal extrajudicial?

91. O processo penal extrajudicial, por vezes designado «processo administrativo», é uma forma de processo penal que reduz as formalidades previstas no processo judicial, a fim de acelerar o curso da justiça, sem por isso eliminar as garantias processuais que são previstas pelo justo processo (cf. câns. 221 CIC e 24 CCEO).

92. Para os delitos reservados à CDF, o art. 21 § 2, 1º SST, derrogando os câns. 1720 CIC e 1486 CCEO, dispõe que seja apenas a CDF, em casos individuais, ex oficio ou a pedido do Ordinário ou do Hierarca, a decidir se deve proceder por esta via.

93. Tal como o processo judicial, também o processo penal extrajudicial pode realizar-se na CDF ou ser confiado a uma instância inferior, isto é, ao Ordinário ou ao Hierarca do acusado, ou então a terceiros para isso designados pela CDF, mediante eventual solicitação do Ordinário ou do Hierarca. Sobre a decisão a propósito, é enviada uma carta executiva específica aos interessados.

94. O processo penal extrajudicial decorre com formalidades ligeiramente diferentes, segundo os dois Códigos. Se fosse ambíguo a qual dos Códigos referir-se (por exemplo, no caso de clérigos de rito latino que trabalham em Igrejas Orientais, ou clérigos de rito oriental ativos em circunscrições latinas), será necessário esclarecer com a CDF qual Código seguir e, depois, ater-se escrupulosamente a tal decisão.

b) Como se desenrola um processo penal extrajudicial, segundo o CIC?

95. Quando um Ordinário recebe da CDF o encargo de realizar um processo penal extrajudicial, deve em primeiro lugar decidir se preside pessoalmente o processo ou nomeia um seu Delegado. Além disso deve nomear dois Assessores, que assistirão a ele ou ao seu Delegado na fase de avaliação. Para a sua escolha, pode ser oportuno ater-se aos critérios citados nos cans. 1424 e 1448 § 1 CIC. É necessário nomear também um Notário, segundo os critérios referidos no n. 41. Não está prevista a nomeação do Promotor de Justiça.

96. As referidas nomeações são feitas por meio de um decreto específico. Aos oficiais seja pedido o juramento de cumprirem fielmente o encargo recebido, observando o segredo. O juramento efetuado deve constar nos autos.

97. Depois o Ordinário (ou o seu Delegado) deve iniciar o processo, com um decreto de convocação do acusado. Este decreto deve conter: a indicação clara da pessoa convocada, do local e hora em que deverá comparecer, da finalidade para que é convocado, isto é, inteirar-se da acusação (a que o texto do decreto aludirá brevemente) e das relativas provas (que não é necessário enumerar já no decreto) e exercer o seu direito de defesa.

98. Embora não esteja explicitamente previsto pela Lei no caso dum processo extrajudicial, todavia, tratando-se de matéria penal, é muito oportuno que o acusado, segundo as disposições dos câns. 1723 e 1481 §§ 1-2 CIC, tenha um procurador e/ou advogado que o assista, por ele escolhido ou – se não o fizer – nomeado de ofício. O nome do advogado deve ser fornecido ao Ordinário (ou ao seu Delegado) antes da sessão de notificação das acusações e das provas, com uma específica procuração autêntica segundo o cân. 1484 § 1 CIC, para as verificações necessárias sobre os requisitos exigidos pelo cân. 1483 CIC[8].

99. Se o acusado se recusa ou transcura de comparecer, o Ordinário (ou o seu Delegado) avalie se é o caso para efetuar uma segunda convocação.

100. O acusado que recusa ou transcura de comparecer na primeira ou na segunda convocação seja advertido que o processo continuará apesar da sua ausência. Esta informação pode ser dada já no momento da primeira convocação. Se o acusado transcurou ou recusou comparecer, o facto seja verbalizado e proceda-se ad ulteriora.

101. No dia e hora da sessão de notificação das acusações e provas, são apresentados ao acusado e possível advogado que o acompanhe o fascículo dos atos da investigação prévia. Torne-se conhecida a obrigação de respeitar o segredo de ofício.

102. Se o caso envolver o sacramento da Penitência, preste-se particular atenção a respeitar o art. 24 SST, onde se prevê que não seja referido ao acusado o nome da presumível vítima, a não ser que esta tenha expressamente consentido em revelá-lo.

103. Não é obrigatório que os Assessores tomem parte na sessão de notificação.

104. A finalidade da notificação de acusação e provas é dar ao acusado a possibilidade de se defender (cf. cân. 1720, 1° CIC).

105. Por «acusação» entende-se o delito que a presumível vítima ou outra pessoa afirma ter-se verificado, de acordo com os resultados da investigação prévia. Por isso apresentar a acusação significa dar a conhecer ao acusado o delito que se lhe atribui, com tudo aquilo que o configura (por exemplo, lugar de ocorrência, número e eventualmente nome das presumíveis vítimas, circunstâncias).

106. Por «provas» entende-se o conjunto de todo o material recolhido durante a investigação prévia e outro material que possa ter sido adquirido: primeiro, a verbalização das acusações emitidas pelas presumíveis vítimas; depois os documentos relevantes (por exemplo, relatórios médicos, trocas de correspondência mesmo por via eletrónica, fotografias, recibos de compras, extratos bancários); as atas das declarações de possíveis testemunhas; e, enfim, eventuais perícias (médicas – incluindo as psiquiátricas –, psicológicas, grafológicas) que a pessoa condutora da investigação considerou apropriado acolher ou fazer realizar. Observem-se as regras de confidencialidade eventualmente impostas pela lei civil.

107. O conjunto de elementos agora referido é designado «provas», porque, apesar de terem sido recolhidas antes do processo, no momento em que é aberto o processo extrajudicial torna-se automaticamente um conjunto de provas.

108. É lícito, em qualquer fase do processo, que o Ordinário ou o seu Delegado estabeleça o recolhimento de mais provas, se lhe parecer oportuno com base nos resultados da investigação prévia. O mesmo pode acontecer também a pedido do acusado em fase de defesa. Obviamente, os resultados serão apresentados ao acusado no desenrolar desta fase. O que foi recolhido na sequência da defesa exercida seja apresentado, convocando uma nova sessão para contestação de acusações e provas, se forem encontrados novos elementos de acusação ou de prova; caso contrário, este material pode ser considerado simplesmente como elemento integrante da defesa.

109. A defesa pode realizar-se segundo duas modalidades: a) recolhendo-a no decorrer da própria sessão através de uma ata específica assinada por todos os presentes (mas, particularmente, pelo Ordinário ou seu Delegado, pelo acusado e possível advogado, e pelo Notário); b) estabelecendo um prazo razoável dentro do qual a referida defesa seja apresentada, por escrito, ao Ordinário ou ao seu Delegado.

110. Tenha-se bem em mente que o acusado, segundo o cân. 1728 § 2 CIC, não é obrigado a confessar o delito, nem se lhe pode impor o juramento de veritate dicenda.

111. A defesa do acusado pode, obviamente, valer-se de todos os meios lícitos, como, por exemplo, a solicitação de ouvir testemunhas da outra parte ou exibir documentos e perícias.

112. Relativamente à admissão destas provas (particularmente ao recolhimento de declarações de eventuais testemunhas), aplicam-se os critérios discricionários permitidos ao juiz pela Lei geral sobre o juízo contencioso[9].

113. Se o caso concreto o exigir, o Ordinário ou o seu Delegado avalie a credibilidade dos que intervêm no processo[10]. Mas, segundo o art. 24 § 2 SST, é obrigado a fazê-lo em relação ao denunciante, se o caso envolver o sacramento da Penitência.

114. Como se trata de processo penal, não se prevê a obrigação de o denunciante intervir na fase processual. De facto, exerceu o seu direito ao contribuir para a formulação da acusação e o recolhimento das provas. A partir daquele momento, a acusação é conduzida pelo Ordinário ou o seu Delegado.

c) Como se conclui um processo penal extrajudicial, segundo o CIC?

115. O Ordinário ou o seu Delegado convida os dois Assessores a fornecerem, dentro dum prazo razoável, a sua avaliação das provas e dos argumentos de defesa, referidos no cân. 1720, 2° CIC. No decreto, pode também convidá-los para uma sessão conjunta onde se realize tal avaliação. A finalidade desta sessão é, evidentemente, facilitar a análise, a discussão e o confronto. Para uma tal sessão, facultativa mas recomendável, não estão previstas formalidades jurídicas particulares.

116. Previamente forneça-se aos Assessores todo o fascículo processual, dando-lhes tempo suficiente para o estudo e a avaliação pessoal. É bom recordar-lhes a obrigação de observar o segredo de ofício.

117. Embora não esteja previsto pela Lei, é bom que o parecer dos Assessores seja redigido por escrito, para facilitar a redação do sucessivo decreto conclusivo por quem de dever.

118. Com a mesma finalidade, se a avaliação das provas e dos argumentos de defesa ocorrer durante uma sessão conjunta, é aconselhável tomar uma série de anotações sobre as intervenções e a discussão, inclusive em forma de ata assinada pelos intervenientes. Estes escritos recaem sob o segredo de ofício, e não devem ser divulgados.

119. Se constar com certeza o delito, o Ordinário ou o seu Delegado (cf. cân. 1720, 3º CIC), deverá emanar um decreto pelo qual encerra o processo, impondo a pena, o remédio penal ou a penitência que julgar mais adequado para a reparação do escândalo, o restabelecimento da justiça e a emenda do réu.

120. O Ordinário nunca se esqueça de que, se pretender impor uma pena expiatória perpétua, segundo o art. 21 § 2, 1º SST, deverá ter o mandato prévio da CDF. Assim, limitadamente a estes casos, é derrogada a proibição de infligir penas perpétuas por decreto, nos termos do cân. 1342 § 2 CIC.

121. O elenco das penas perpétuas é unicamente aquele previsto no cân. 1336 § 1 CIC[11], com as referências mencionadas nos câns. 1337 e 1338 CIC[12].

122. Dado que se trata de um processo extrajudicial, tenha-se em mente que o decreto penal não é uma sentença, pois esta só se emite no termo de um processo judicial, embora imponha uma pena, como na sentença.

123. O decreto em questão é um ato pessoal do Ordinário ou do seu Delegado, pelo que não deve ser assinado pelos Assessores, mas apenas autenticado pelo Notário.

124. Além das formalidades gerais previstas para cada decreto (cf. câns. 48-56 CIC), o decreto penal deve citar resumidamente os principais elementos da acusação e do andamento do processo, mas sobretudo expor ao menos brevemente as razões sobre as quais se fundamenta a decisão, no direito (isto é, enumerando os cânones em que se baseia a decisão – por exemplo, os que definem o delito, os que definem eventuais atenuantes, eximentes ou agravantes – e, ao menos de maneira essencial, a lógica jurídica que levou a decidir aplicá-los) e nos factos.

125. Obviamente, a motivação nos factos é a mais delicada, porque o autor do decreto deve expor as razões com base nas quais, comparando o material da acusação e aquilo que foi afirmado na defesa (confrontação esta que deverá explicitar sinteticamente na apresentação), chegou a ter certeza de o delito ter sido ou não cometido, ou da insuficiente certeza moral.

126. Cientes de que nem todos possuem vastos conhecimentos do direito canónico e da sua linguagem formal, requer-se que num decreto penal apareça destacado principalmente o raciocínio seguido, e não tanto a precisão terminológica em detalhe. Eventualmente recorra-se à ajuda de pessoas competentes.

127. A notificação do decreto na íntegra (e, por conseguinte, não só da parte dispositiva) acontecerá através dos meios legítimos previstos (cf. câns. 54-56 CIC[13]) e deve constar na forma devida.

128. Em todo o caso, deve-se enviar à CDF cópia autenticada dos atos processuais (se ainda não tinham sido enviados) e do decreto notificado.

129. Se a CDF decidir avocar a si mesma o processo penal extrajudicial, todas as formalidades previstas a partir do n.º 91 ficarão, obviamente, a cargo dela, sem prejuízo do direito de solicitar a colaboração das instâncias inferiores, se necessário.

d) Como se desenrola um processo penal extrajudicial, segundo o CCEO?

130. Como se disse no n.º 94, o processo penal extrajudicial segundo o CCEO desenrola-se com algumas peculiaridades próprias daquele direito. Visando uma maior fluidez da exposição e para evitar repetições, indicar-se-ão apenas tais peculiaridades: por conseguinte, na praxis descrita até agora e em comum com o CIC, será preciso fazer as seguintes adaptações.

131. Antes de mais nada, tenha-se em mente que o estipulado no cân. 1486 CCEO deve ser escrupulosamente seguido, sob pena de falta de validade do decreto penal.

132. No processo penal extrajudicial, segundo o CCEO, não existe a presença dos Assessores, sendo, pelo contrário, obrigatória a do Promotor de Justiça.

133. A sessão de notificação da acusação e das provas deve-se realizar com a presença obrigatória do Promotor de Justiça e do Notário.

134. Segundo o cân. 1486 § 1, 2° CCEO, a sessão de notificação e, consequentemente, o recolhimento da defesa realizar-se-á unicamente sob a forma de discussão oral. Mas isto não exclui que, para tal discussão, se possa entregar a defesa em forma escrita.

135. Com base na gravidade do delito, pondere-se atentamente se as penas referidas no cân. 1426 § 1 CCEO são verdadeiramente adequadas para se alcançar aquilo que está previsto no cân. 1401 CCEO. Na decisão sobre a pena a impor, observem-se os cans. 1429[14] e 1430[15] CCEO.

136. O Hierarca ou o seu Delegado se recorde sempre que, segundo o art. 21 § 2, 1º SST, estão ab-rogadas as proibições referidas no cân. 1402 § 2 CCEO. No entanto, ele poderá impor por decreto uma pena expiatória perpétua, depois de ter o mandato prévio da CDF, exigido pelo mesmo art. 21 § 2,1º SST.

137. Para redigir o decreto penal, aplicam-se os mesmos critérios indicados nos n.os 119-126.

138. A notificação será feita nos termos do cân. 1520 CCEO e deve constar na forma devida.

139. Quanto ao restante, que não se mencionou nos números anteriores, tenham-se presentes as disposições para o processo extrajudicial segundo o CIC, incluindo a possível realização do processo na CDF.

e) O decreto penal recai sob o segredo de ofício?

140. Como já se recordou (cf. n.º 47), os atos processuais e a decisão encontram-se sob o segredo de ofício. É preciso lembrá-lo constantemente a quantos intervêm, a qualquer título, no processo.

141. O decreto deve ser notificado integralmente ao acusado. A notificação será feita ao seu procurador, se o acusado se valeu dele.

VII. Que pode acontecer, quando termina um procedimento penal?

142. Segundo o tipo de procedimento ativado, existem diferentes possibilidades que dizem respeito a quem teve parte no próprio procedimento.

143. Se foi seguido o procedimento segundo o art. 21 § 2, 2 SST, tratando-se de um ato do Romano Pontífice, é inapelável (cf. câns. 333 § 3 CIC e 45 § 3 CCEO).

144. Se houve um processo penal judicial, estão abertas as possibilidades de impugnação previstas pela Lei, nomeadamente a querela de nulidade, a restitutio in integrum e o apelo.

145. Segundo o art. 20, 1º SST, o único Tribunal de segunda instância a que se pode apelar é o da CDF.

146. Para apresentar apelo, segue-se o prescrito pela Lei, notando cuidadosamente que o art. 28, 2º SST altera o prazo de apresentação do apelo, impondo perentoriamente o prazo de um mês, a contar de acordo com o disposto nos câns. 202 § 1 CIC e 1545 § 1 CCEO.

147. Se houve um processo penal extrajudicial, há a possibilidade de apresentar recurso contra o decreto conclusivo do mesmo, nos termos previstos pela Lei, ou seja, pelos câns. 1734ss. CIC e 1487 CCEO (veja-se o ponto VIII).

148. Apelos e recursos produzem, segundo os câns. 1353 CIC e 1319 e 1487 § 2 CCEO, efeito suspensivo da pena.

149. Dado que a pena é suspensa e se voltou a uma fase análoga à pré-processual, permanecem em vigor as medidas cautelares com as mesmas admoestações e modalidades referidas nos n.os 58-65.

VIII. Que se deve fazer em caso de recurso contra um decreto penal?

150. A Lei prevê modalidades diferentes, segundo os Códigos.

a) Que prevê o CIC em caso de recurso contra um decreto penal?

151. Quem pretende recorrer contra um decreto penal, segundo o cân. 1734 CIC deve começar por solicitar a sua reforma ao autor (o Ordinário ou o seu Delegado) dentro do prazo perentório de dez dias úteis a partir da legítima notificação.

152. O autor, segundo o cân. 1735 CIC, dentro de trinta dias a contar desde quando recebeu a solicitação, pode responder corrigindo o seu decreto (mas, antes de assim proceder, é bom pedir imediatamente conselho à CDF) ou rejeitando a solicitação. Pode também optar simplesmente por não responder.

153. Contra o decreto corrigido, a rejeição da solicitação ou o silêncio do autor, o recorrente pode dirigir-se à CDF diretamente, por meio do autor do decreto (cf. cân. 1737-§ 1 CIC) ou através de um procurador, no prazo perentório de 15 dias úteis previsto pelo cân. 1737 § 2 CIC[16].

154. Se o recurso hierárquico foi apresentado ao autor do decreto, este deve transmiti-lo imediatamente à CDF (cf. cân. 1737 § 1 CIC). Depois disso (bem como se o recurso for apresentado diretamente à CDF), o autor do decreto deve apenas aguardar eventuais instruções ou solicitações da CDF, que, em todo o caso, o informará acerca do resultado do exame do recurso.

b) Que prevê o CCEO, em caso de recurso contra um decreto penal?

155. O CCEO prevê um procedimento mais simples que o do CIC. De facto, o cân. 1487 § 1 CCEO prevê apenas que o recurso seja enviado à CDF no prazo de dez dias úteis a contar da notificação.

156. Neste caso, o autor do decreto não tem nada a fazer, senão aguardar eventuais instruções ou solicitações da CDF, que, em todo o caso, o informará sobre o resultado da análise do recurso. Mas, se se tratar do Ordinário, deverá ter em conta os efeitos suspensivos do recurso, referidos no n.º 148.

IX. Algo que é preciso ter sempre em mente

157. Desde o momento em que se tem a notitia de delicto, o acusado tem direito de apresentar pedido para ser dispensado de todas as obrigações inerentes ao seu estado de clérigo, incluindo o celibato, e contextualmente de eventuais votos religiosos. O Ordinário ou o Hierarca deve informá-lo claramente deste seu direito. Se o clérigo decidir valer-se desta possibilidade, deverá redigir uma solicitação específica, dirigida ao Santo Padre, apresentando-se e indicando brevemente os motivos por que o faz. O pedido deve ser claramente datado e assinado pelo requerente. Será entregue à CDF, acompanhado pelo votum do Ordinário ou Hierarca. A CDF, por sua vez, providenciará a encaminhar o pedido ao Santo Padre e – se ele o aceitar – transmitirá o rescrito de dispensa ao Ordinário ou Hierarca, pedindo-lhe para providenciar à legítima notificação do requerente.

158. Há possibilidade de recurso, nos termos do art. 27 SST[17], contra todos os atos administrativos singulares emitidos ou aprovados pela CDF. Para a sua admissibilidade, o recurso deve determinar claramente o petitum e conter as razões in iure e in facto em que se baseia. O recorrente deve valer-se sempre dum advogado, munido do respetivo mandato.

159. Se uma Conferência Episcopal já providenciou a redação das suas próprias diretrizes relativas ao tratamento dos casos de abuso sexual de menores, em resposta ao convite feito pela CDF em 2011, dever-se-á ter presente este texto.

160. Acontece às vezes que a notitia de delicto diz respeito a um clérigo já falecido. Neste caso, não pode ser ativado qualquer tipo de procedimento penal.

161. Se um clérigo denunciado morrer durante a investigação prévia, não será possível abrir um sucessivo procedimento penal. Em todo o caso, recomenda-se ao Ordinário ou ao Hierarca que informe igualmente a CDF.

162. Se um clérigo acusado morrer durante o processo penal, comunique-se o facto à CDF.

163. Se, durante a fase de investigação prévia, um clérigo acusado perdeu esse estado canónico na sequência da concessão de dispensa ou da pena imposta noutro procedimento, o Ordinário ou o Hierarca avalie se é oportuno levar a termo a investigação prévia, tendo em vista a caridade pastoral e as exigências de justiça para com as presumíveis vítimas. Mas se tal acontecer com o processo penal já iniciado, este poderá ainda ser levado a termo, ainda que seja somente para definir a responsabilidade num possível delito e impor eventuais penas. De facto, tenha-se em mente que, na definição de delictum gravius, conta que o acusado seja clérigo no momento do possível delito, não no tempo do processo.

164. Levando em consideração quanto previsto pela Instrução Sobre a reserva das causas, do dia 6 de dezembro de 2019, a autoridade eclesiástica competente (o Ordinário ou o Hierarca) informe, nos devidos modos, a presumível vítima e o acusado – se o solicitarem – sobre cada uma das fases do procedimento, tendo o cuidado de não revelar informações cobertas por segredo pontifício ou segredo de ofício, cuja divulgação poderia prejudicar terceiros.

*.*.*

Este Vademecum não pretende substituir a formação dos operadores de direito canónico, em particular no que diz respeito à matéria penal e processual. Somente um profundo conhecimento da Lei e das suas intenções poderá prestar o devido serviço à verdade e à justiça, que se há de procurar com peculiar atenção em matéria de delicta graviora devido às profundas feridas que infligem à comunhão eclesial.

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[1] Art. 7 SST - § 1. Sem prejuízo do direito de a Congregação para a Doutrina da Fé derrogar a prescrição para casos individuais, a ação criminal relativa aos delitos reservados à Congregação para a Doutrina da Fé extingue-se por prescrição em vinte anos. § 2. A prescrição começa nos termos do cân. 1362 § 2 do Código de Direito Canónico e do cân. 1152 § 3 do Código dos Cânones das Igrejas Orientais. Mas, no delito referido no art. 6 § 1, 1º, o prazo de prescrição começa a contar do dia em que o menor completou dezoito anos.

[2] Art. 24 SST - § 1. Nas causas pelos delitos referidos no art. 4 § 1, o Tribunal não pode dar a conhecer o nome do denunciante ao acusado, nem mesmo ao seu defensor, se o denunciante não tiver dado expresso consentimento. § 2. O próprio Tribunal deve avaliar com particular atenção a credibilidade do denunciante. § 3. Contudo é preciso providenciar para que se evite absolutamente qualquer perigo de violação do sigilo sacramental.

[3] Art. 8 SST - § 2. Este Tribunal Supremo julga também os outros delitos (...) em virtude da conexão da pessoa e da cumplicidade.

[4] Cân. 1428 CIC - § 1. O juiz ou o presidente do tribunal colegial pode designar um auditor para realizar a instrução da causa, escolhendo-o dentre os juízes do tribunal ou dentre as pessoas aprovadas pelo Bispo para esse múnus. § 2. Para o múnus de auditor, o Bispo pode aprovar clérigos ou leigos que se distingam pelos bons costumes, prudência e doutrina. Cân. 1093 CCEO - § 1. O juiz ou o presidente do tribunal colegial pode designar um auditor para realizar a instrução do caso, escolhendo-o dentre os juízes do tribunal ou dentre os fiéis cristãos admitidos pelo Bispo eparquial para este cargo. § 2. O Bispo eparquial pode admitir no cargo de auditor fiéis cristãos que se distingam pelos bons costumes, prudência e doutrina.

[5] Cân. 1722 CIC - Para evitar escândalos, defender a liberdade das testemunhas e garantir o curso da justiça, o Ordinário pode (...) afastar o acusado do ministério sagrado ou de qualquer ofício ou cargo eclesiástico, e impor-lhe ou proibir-lhe a residência em determinado lugar ou território, ou a pública participação na santíssima Eucaristia (...). Cân. 1473 CCEO - A fim de evitar escândalos, proteger a liberdade das testemunhas e tutelar o curso da justiça, o Hierarca pode (...) impedir ao acusado o exercício da Ordem Sacra, do ofício, do ministério ou de outro encargo, impor-lhe ou proibir-lhe a residência em algum lugar ou território, ou mesmo proibir-lhe de receber publicamente a divina Eucaristia (…).

[6] Cân. 1339 CIC - § 1. O Ordinário, por si mesmo ou por meio de outrem, pode admoestar aquele que se encontrar em ocasião próxima de delinquir, ou aquele sobre quem, depois de feita investigação, incidir grave suspeita de ter cometido um delito. § 2. Também pode repreender, por forma adequada às circunstâncias peculiares da pessoa ou do facto, aquele de cujo comportamento surja escândalo ou grave perturbação da ordem. § 3. Da admoestação ou da repreensão deve constar sempre ao menos por meio de um documento, que se guarde no arquivo secreto da cúria. Cân 1340 § 1 CIC: A penitência, que se pode impor no foro externo, é realização de alguma obra de religião, piedade ou de caridade. Cân. 1427 CCEO - § 1: Sem prejuízo do direito particular, a repreensão pública tem lugar na presença do notário ou de duas testemunhas ou então por meio de carta, mas de modo que conste por qualquer documento a receção e o conteúdo da carta. § 2. Tenha-se cuidado para não dar, na reprensão pública, mais espaço do que o necessário à infâmia do réu.

[7] Art. 21 § 2, 2º SST - À Congregação para a Doutrina da Fé é lícito: (...) 2 ° remeter diretamente para a decisão do Sumo Pontífice a possibilidade da demissão do estado clerical ou da deposição, juntamente com a dispensa da lei do celibato, nos casos mais graves, quando constar claramente a realização do delito, depois de ter sido concedida ao réu a faculdade de se defender.

[8] Cân. 1483 CIC - Procurador e advogado devem ser de maior idade, e de boa fama; o advogado além disso deve ser católico, a não ser que o Bispo diocesano permita outra coisa, e doutor em direito canónico, ou pelo menos verdadeiramente perito, e aprovado pelo mesmo Bispo.

[9] Ex analogia cân. 1527 CIC - § 1. Podem produzir-se provas de qualquer espécie, que pareçam úteis para dilucidar a causa e sejam lícitas.

[10] Ex analogia cân. 1572 CIC - Ao avaliar os testemunhos, o juiz, solicitadas, se for necessário, cartas testemunhais, considere: 1º) qual seja a condição da pessoa e a sua honestidade; 2º) se depôs por ciência própria, principalmente por ter visto ou ouvido, ou por mera opinião sua, pela fama ou pelo que ouviu a outras pessoas; 3º) se a testemunha se mostrou constante e firmemente coerente consigo própria, ou variável, incerta ou vacilante; 4º) se o depoimento condiz com os das outras testemunhas, ou se é confirmado ou não com outros elementos de prova.

[11] Cân. 1336 CIC - § 1. As penas expiatórias, que podem atingir o delinquente perpetuamente ou por tempo determinado ou indeterminado, além de outras que porventura a lei tiver estabelecido, são as seguintes: 1º) proibição ou preceito de residir num determinado lugar ou território; 2º) privação do poder, ofício, cargo, direito, privilégio, faculdade, graça, título, insígnias, mesmo meramente honoríficos; 3º) proibição de exercer as coisas referidas no n.º 2, ou a proibição de as exercer em certo lugar ou fora de certo lugar; tais proibições nunca são sob pena de nulidade; 4º) transferência penal para outro ofício; 5º) demissão do estado clerical.

[12] Cân. 1337 CIC - § 1. A proibição de residir em certo lugar ou território pode aplicar-se quer aos clérigos quer aos religiosos; a fixação de residência aos clérigos seculares e, dentro dos limites das constituições, aos religiosos. § 2. Para se aplicar a pena de fixação de residência em certo lugar ou território, requer-se o consentimento do Ordinário desse lugar, a não ser que se trate de casa destinada à penitência ou emenda também de clérigos extradiocesanos. Cân. 1338 CIC - § 1. As privações e proibições referidas no cân. 1336 § 1 n.os 2 e 3, nunca afetam os poderes, ofícios, direitos, privilégios, faculdades, graças, títulos e insígnias, que não estejam sob a alçada do Superior que estabeleceu a pena. § 2. Não se pode dar a privação do poder de ordem, mas tão somente a de exercitar essa ordem ou algum dos seus atos; do mesmo modo não pode dar-se a privação dos graus académicos. § 3. Acerca das proibições mencionadas no cân. 1336-§ 1,3°, observem-se as normas que acerca das censuras se dão no cân. 1335.

[13] Cân. 54 CIC - § 1. O decreto singular, cuja aplicação se confia ao executor, surte efeito desde o momento da execução; de contrário, desde o momento em que é intimado ao interessado por autoridade da pessoa que o deu. § 2. O decreto singular, para poder ser urgido, deve ser intimado por documento legítimo, nos termos do direito. Cân. 55 CIC – Salvo o prescrito nos câns. 37 e 51, quando uma causa gravíssima obstar a que se entregue o texto escrito do decreto, este considera-se intimado se for lido àquele a quem se destina perante o notário ou duas testemunhas, redigindo-se a ata que deve ser assinada por todos os presentes. Cân. 56 CIC - O decreto considera-se intimado, se aquele a quem se destina, devidamente convocado para receber o decreto, sem justa causa, não comparecer ou se recusar a assiná-lo.

[14] Cân. 1429 CCEO - § 1. A proibição de residir em certo lugar ou território específico pode recair apenas sobre os clérigos, os religiosos ou os membros duma sociedade de vida comum como se fossem religiosos; ao passo que a prescrição de residir num certo lugar ou território só pode recair sobre os clérigos incardinados em uma eparquia, salvaguardado o direito dos institutos de vida consagrada. § 2. Para se impor a ordem de residir num certo lugar ou território, requer-se o consentimento do Hierarca do lugar, a não ser que se trate da casa dum instituto de vida consagrada de direito pontifício ou patriarcal e, neste caso, exige-se o consentimento do Superior competente, ou de uma casa destinada à penitência e à emenda de clérigos de várias eparquias.

[15] Cân. 1430 CCEO - § 1. As privações penais podem recair apenas sobre poderes, ofícios, ministérios, encargos, direitos, privilégios, faculdades, graças, títulos, insígnias que estejam sob a alçada da autoridade que estabelece a pena ou do Hierarca que implementou o processo penal ou que a inflige com decreto; o mesmo é válido na transferência penal para outro ofício. § 2. Não pode haver a privação do poder de ordem sagrada, mas somente a proibição de exercitar todos ou alguns dos seus atos, como estabelece o direito comum; bem como não pode haver a privação dos graus académicos.

[16] Cân. 1737 § 2 CIC - O recurso deve ser interposto no prazo perentório de quinze dias úteis, que (...) decorrem nos termos do cân. 1735.

[17] Art. 27 SST - Contra os atos administrativos singulares emitidos ou aprovados pela Congregação para a Doutrina da Fé nos casos de delitos reservados, admite-se o recurso, apresentado no prazo perentório de sessenta dias úteis, à Congregação Ordinária (ou seja, Feria IV) do mesmo Dicastério, que julga sobre o mérito e a legitimidade, ficando eliminado qualquer outro recurso nos termos do art. 123 da Constituição Apostólica Pastor bonus.

[00874-PO.01] [Texto original: Italiano]

Traduzione in lingua polacca

KONGREGACJA NAUKI WIARY

VADEMECUM
DOTYCZĄCE WYBRANYCH KWESTII PROCEDURALNYCH W ZAKRESIE POSTĘPOWANIA W PRZYPADKACH NADUŻYĆ SEKSUALNYCH POPEŁNIANYCH PRZEZ DUCHOWNYCH WOBEC MAŁOLETNICH

UWAGA:

a. poza przestępstwami, o których mowa w art. 6 Norm promulgowanych przez motu proprioSacramentorum sanctitatis tutela”, poniżej zamieszczonych wskazań należy przestrzegać — ewentualnie odpowiednio je dostosowując — w przypadku wszystkich przestępstw zastrzeżonych Kongregacji Nauki Wiary;

b. w dalszej części dokumentu stosowane będą następujące skróty: KPK: Kodeks Prawa Kanonicznego (Codex Iuris Canonici); KKKW: Kodeks Kanonów Kościołów Wschodnich (Codex Canonum Ecclesiarum Orientalium); SST: motu proprio „Sacramentorum sanctitatis tutela” – Normy znowelizowane 2010; VELM: motu proprio „Vos estis lux mundi” - 2019; KNW: Kongregacja Nauki Wiary (Congregatio pro Doctrina Fidei).

*.*.*

Wstęp

Niniejsze Vademecum zostało przygotowane przez Kongregację Nauki Wiary jako odpowiedź na liczne pytania dotyczące sposobu postępowania w sprawach karnych należących do jej kompetencji. Jest ono skierowane przede wszystkim do ordynariuszy i osób stosujących prawo, na których spoczywa obowiązek przełożenia na konkretne działania przepisów kanonicznych w przypadkach wykorzystywania seksualnego osób małoletnich przez duchownych.

Ma być ono swego rodzaju „podręcznikiem”, który, od chwili otrzymania wiadomości o przestępstwie (notitia criminis) aż do ostatecznego zamknięcia sprawy, poprowadzi krok po kroku każdego, kto znajdzie się wobec konieczności podjęcia działań związanych z ustaleniem prawdy w zakresie wyżej wspomnianych przestępstw.

Nie stanowi ono tekstu normatywnego ani nie jest nowelizacją obowiązujących w tej materii przepisów – jego zadaniem jest lepsze objaśnienie toku postępowania. Pomimo to zaleca się jego przestrzeganie, w przeświadczeniu, że dzięki ujednoliceniu praktyki sposób wymierzania sprawiedliwości staje się bardziej klarowny.

Podstawę prawną stanowią przede wszystkim oba obowiązujące Kodeksy (KPK i KKKW); Normy dotyczące przestępstw zastrzeżonych dla Kongregacji Nauki Wiary, w znowelizowanej wersji z 2010 r., wydane wraz z motu proprio "Sacramentorum sanctitatis tutela", z uwzględnieniem zmian wprowadzonych przez Rescripta ex Audientia z 3 i 6 grudnia 2019 r.; motu proprio "Vos estis lux mundi". Niemniej ważna jest także praktyka Kongregacji Nauki Wiary, która w ostatnich latach ulegała doprecyzowaniu i utrwaleniu.

Jako że Vademecum stanowi narzędzie elastyczne, przewiduje się możliwość jego okresowej aktualizacji, przy okazji wprowadzanych zmian prawnych oraz wówczas, gdy praktyka stosowana przez Kongregację będzie wymagała uściślenia lub poprawy.

Celowo nie uwzględniono w Vademecum wskazówek dotyczących przebiegu sądowego procesu karnego pierwszej instancji, w przeświadczeniu, że to postępowanie jest już dostatecznie jasno i szczegółowo przedstawione w obowiązujących Kodeksach.

Naszym pragnieniem jest, by narzędzie to mogło wspomagać diecezje, instytuty życia konsekrowanego i stowarzyszenia życia apostolskiego, konferencje biskupów oraz rozmaite jednostki kościelne w lepszym zrozumieniu i wprowadzaniu w życie wymogów wymiaru sprawiedliwości w zakresie każdego delictum gravius, które dla całego Kościoła stanowi głęboką i bolesną ranę, domagającą się uleczenia.

I. Co stanowi przestępstwo?

1. Przestępstwo, o którym mowa, obejmuje każdy grzech zewnętrzny przeciwko szóstemu przykazaniu Dekalogu, którego dopuszcza się osoba duchowna wobec osoby małoletniej (por. kan. 1395 § 2 KPK; art. 6 § 1, 1° SST).

2. Kategoria tego przestępstwa jest bardzo szeroka i może obejmować np. stosunek seksualny (za zgodą lub bez zgody), kontakt fizyczny na tle seksualnym, ekshibicjonizm, masturbację, wytwarzanie materiałów pornograficznych, nakłanianie do prostytucji, rozmowy lub propozycje o charakterze seksualnym, również prowadzone za pośrednictwem środków komunikacji.

3. Definicja pojęcia „osoby małoletniej” w odniesieniu do omawianych przypadków zmieniała się z upływem czasu: do dnia 30 kwietnia 2001 roku za małoletnią uznawana była osoba, która nie ukończyła 16. roku życia (choć w niektórych legislacjach partykularnych — np. w USA [od 1994 roku] i w Irlandii [od 1996 roku] — ta granica wiekowa podniesiona była do lat 18). Od 30 kwietnia 2001 roku, czyli daty promulgacji motu proprio „Sacramentorum sanctitatis tutela”, wiek ten został powszechnie podniesiony do lat 18, i taka granica obowiązuje obecnie. O zmianie tej należy pamiętać przy ustalaniu, czy „osoba małoletnia” rzeczywiście kwalifikuje się jako taka, według definicji ustawowej obowiązującej w chwili popełnienia czynu.

4. Fakt, że mówi się o „osobie małoletniej” nie ma związku z rozróżnieniem, którego dokonuje się czasami w oparciu o wiedzę psychologiczną na akty „pedofilii” i akty „efebofilii”, tj. popełniane z nastolatkami, którzy zakończyli już okres dojrzewania. Ich dojrzałość płciowa nie ma wpływu na kanoniczną kwalifikację przestępstwa.

5. Nowa wersja motu proprio SST, promulgowana 21 maja 2010 roku, stanowi, że zrównane są z osobą małoletnią osoby, które są trwale niezdolne posługiwać się rozumem (por. art. 6 § 1, 1° SST). W odniesieniu do sformułowania „dorosła osoba bezradna”, której definicja w innym miejscu brzmi: «każda osoba chora, z ułomnościami fizycznymi lub umysłowymi albo pozbawiona wolności osobistej, która faktycznie, nawet sporadycznie, ogranicza jej zdolność rozumienia lub chcenia, czy też w inny sposób przeciwstawienia się agresji» (por. art. 1 § 2, b VELM), należy przypomnieć, że definicja ta jest szersza niż zakres kategorii podlegającej kompetencji KNW, która to kompetencja ogranicza się do osób małoletnich, które nie ukończyły 18 roku życia oraz osób „trwale niezdolnych posługiwać się rozumem”. Inne kategorie, wykraczające poza te przypadki, podlegają kompetentnym Dykasteriom (por. art. 7 § 1 VELM).

6. SST wprowadziło ponadto (por. art. 6 § 1, 2° SST) trzy nowe przestępstwa odnoszące się do szczególnej kategorii osób małoletnich. Dotyczą one nabywania albo przechowywania (także czasowego), lub rozpowszechniania w celach lubieżnych materiałów pornograficznych, przedstawiających małoletnich poniżej czternastego roku życia (od 1 stycznia 2020 roku: poniżej osiemnastego roku życia), przez duchownego – w jakikolwiek sposób i za pomocą jakiegokolwiek urządzenia. Od 1 czerwca do 31 grudnia 2019 roku nabywanie, przechowywanie i rozpowszechnianie materiałów pornograficznych przedstawiających małoletnich od 14. do 18. roku życia przez duchownych lub członków instytutów życia konsekrowanego lub stowarzyszeń życia apostolskiego stanowią przestępstwa podlegające kompetencji innych Dykasterii (por. art. 1 i 7 VELM). Od 1 stycznia 2020, w odniesieniu do duchownych, przestępstwa te podlegają kompetencji Kongregacji Nauki Wiary.

7. Należy podkreślić, że te trzy przestępstwa są ścigane kanonicznie dopiero od daty wejścia w życie SST, czyli od dnia 21 maja 2010 roku. Natomiast wytwarzanie materiałów pornograficznych z udziałem osób małoletnich spełnia przesłanki przestępstwa, o którym mowa w pkt. 1-4 niniejszego Vademecum i, jako takie, stanowi czyn karalny również w okresie poprzedzającym tę datę.

8. Według prawa obowiązującego zakonników należących do Kościoła łacińskiego (por. kan. 695 KPK i kolejne), przestępstwo, o którym mowa w pkt 1, może pociągać za sobą wydalenie z instytutu zakonnego. Należy w tym miejscu zauważyć, iż: a/ wydalenie takie nie stanowi kary, lecz akt administracyjny najwyższego przełożonego; b/ aby je zadekretować, należy ściśle przestrzegać odnośnej procedury, opisanej w kan. 695 § 2, 699, 700 KPK; c/ o potwierdzenie dekretu wydalającego, w myśl kan. 700 KPK, należy zwrócić się do KNW; d/ wydalenie z instytutu skutkuje utratą przynależności do instytutu, ustaniem ślubów i zobowiązań wynikających z profesji (por. kan. 701 KPK) oraz zakazem wykonywania święceń, dopóki nie zostaną spełnione warunki, o których mowa w kan. 701 KPK. Te same zasady, odpowiednio dostosowane, stosuje się do definitywnie włączonych członków stowarzyszeń życia apostolskiego (por. kan. 746 KPK).

II. Co zrobić po otrzymaniu informacji o potencjalnym przestępstwie (notitia de delicto)?

a/ Co należy rozumieć pod pojęciem „wiadomość o przestępstwie” (notitia de delicto)?

9. Wiadomość o przestępstwie (por. kan. 1717 § 1 KPK; kan. 1468 § 1 KKKW; art. 16 SST; art. 3 VELM), czasem zwana też notitia criminis, oznacza każdą informację o możliwym przestępstwie, która w jakikolwiek sposób dotrze do ordynariusza lub hierarchy. Nie jest konieczne, aby miała ona formę formalnego zgłoszenia.

10. Wiadomość taka może mieć zatem różne źródła: może być przedstawiona ordynariuszowi lub hierarsze formalnie, ustnie lub pisemnie, przez domniemaną ofiarę, jej opiekunów lub inne osoby, które utrzymują, iż mają wiedzę o zdarzeniach; może dotrzeć do ordynariusza lub hierarchy podczas wykonywania przez niego obowiązku nadzoru; może być przedstawiona ordynariuszowi lub hierarsze przez władze państwowe w trybie przewidzianym lokalnie obowiązującym prawem; może być podana do wiadomości przez środki społecznego przekazu (w tym także media społecznościowe); może dotrzeć do niego w postaci zasłyszanych pogłosek, a także w każdy inny stosowny sposób.

11. Czasami wiadomość o przestępstwie może przyjść z anonimowego źródła, a więc od osób niezidentyfikowanych lub niemożliwych do zidentyfikowania. Anonimowość osoby składającej zawiadomienie nie może sprawiać, że taka wiadomość zostanie automatycznie uznana za fałszywą. Jednakże z łatwo zrozumiałych względów należy zachować wielką ostrożność przy uwzględnianiu tego rodzaju wiadomości i w żadnym razie do takiej praktyki nie zachęcać.

12. Podobnie nie zaleca się odrzucania a priori wiadomości o przestępstwie pochodzącej ze źródeł, których wiarygodność na wstępie wydaje się wątpliwa.

13. Czasami wiadomość o przestępstwie nie zawiera szczegółowych okoliczności zdarzenia (nazwiska, miejsca, czas…). Jednak nawet jeżeli jest niejasna i nieokreślona, musi być odpowiednio oceniona i, na ile to możliwe, z należną uwagą zgłębiona.

14. Trzeba przypomnieć, że wiadomość o delictum gravius powzięta w trakcie spowiedzi podlega najściślejszej tajemnicy spowiedzi (por. kan. 983 § 1 KPK; kan. 733 § 1 KKKW; art. 4 § 1, 5° SST). Zatem spowiednik, który w trakcie sprawowania sakramentu zostanie poinformowany o delictum gravius, powinien starać się przekonać penitenta do ujawnienia tej informacji inną drogą, aby tym samym umożliwić działanie powołanym do tego osobom.

15. Spoczywający na ordynariuszu czy hierarsze obowiązek nadzoru nie przewiduje tego, by prowadził on stałą kontrolę o charakterze dochodzeniowym wobec podległych sobie duchownych. Nie pozwala mu jednakże na zwalnianie się od tego, by być na bieżąco poinformowanym o ich zachowaniu w tym względzie, zwłaszcza jeżeli dowiedział się o podejrzeniach, gorszących zachowaniach czy postępowaniu stanowiącym poważne naruszenie porządku.

b/ Jakie działania należy podjąć po otrzymaniu wiadomości o przestępstwie?

16. Art. 16 SST (por. też kan. 1717 KPK i kan. 1468 KKKW) stanowi, że po otrzymaniu wiadomości o przestępstwie, należy przeprowadzić dochodzenie wstępne, jeżeli wiadomość o przestępstwie jest „przynajmniej prawdopodobna” (saltem verisimilis). W przypadku, gdyby nie znaleziono podstaw dla uznania prawdopodobieństwa przedmiotowej wiadomości o przestępstwie, można dalej nie procedować, pamiętając jednak o zachowaniu dokumentacji i sporządzeniu noty, w której zostaną przedstawione podstawy takiej decyzji.

17. Nawet jeżeli nie ma wyraźnego obowiązku prawnego, władza kościelna powinna zawiadomić właściwe władze państwowe o każdym przypadku, w którym uzna to za niezbędne dla ochrony osoby pokrzywdzonej lub innych osób małoletnich przed ryzykiem narażenia na kolejne przestępstwa.

18. Biorąc pod uwagę delikatność materii (choćby ze względu na fakt, że grzechy przeciwko szóstemu przykazaniu Dekalogu rzadko popełniane są w obecności świadków), uznanie braku prawdopodobieństwa (mogące prowadzić do niewszczynania dochodzenia wstępnego) może nastąpić tylko wówczas, gdy stwierdza się oczywistą niemożność postępowania wegług norm prawa kanonicznego, np. jeżeli okaże się, że w czasie dokonywania czynu osoba, której się go zarzuca, nie była jeszcze duchownym; jeżeli jest oczywiste, że domniemana ofiara nie była małoletnia (w tej kwestii por. pkt 3); jeżeli jest rzeczą wiadomą, że osoba, której dotyczy zgłoszenie, nie mogła być obecna na miejscu przestępstwa w chwili, gdy miało dojść do zarzucanego czynu.

19. Jednak nawet w takich przypadkach zaleca się, by ordynariusz lub hierarcha powiadomił KNW o wiadomości o przestępstwie i decyzji o niewszczynaniu dochodzenia wstępnego ze względu na jawny brak prawdopodobieństwa.

20. Należy pamiętać, że w takim przypadku, choćby nie były spełnione przesłanki przestępstwa przeciwko osobie małoletniej, ale miało miejsce zachowanie niewłaściwe lub nieroztropne, jeżeli jest to konieczne dla ochrony dobra wspólnego i uniknięcia zgorszenia, ordynariuszowi bądź hierarsze przysługuje prawo do podjęcia innych postanowień o charakterze administracyjnym wobec osoby, której zgłoszenie dotyczy (np. ograniczenie posługi) lub nałożenia na nią karnego środka zaradczego, o którym mowa w kan. 1339 KPK, celem zapobieżenia przestępstwu (por. kan. 1312 § 3 KPK), bądź też udzielenia publicznej nagany, o której mowa w kan. 1427 KKKW. Jeżeli ponadto miały miejsce przestępstwa, które nie kwalifikują się jako graviora, ordynariusz lub hierarcha powinien podjąć działania prawne dostosowane do okoliczności.

21. Według kan. 1717 KPK i kan. 1468 KKKW, zadanie dochodzenia wstępnego należy do ordynariusza lub hierarchy, który otrzymał wiadomość o przestępstwie, lub też do osoby przez niego wskazanej. Ewentualne zaniechanie tego obowiązku może stanowić przestępstwo ścigane na podstawie Kodeksu Prawa Kanonicznego i motu proprio „Come una madre amorevole”, jak również art. 1 § 1, b VELM.

22. Ordynariuszem lub hierarchą, na którym spoczywa to zadanie, może być ordynariusz lub hierarcha duchownego, którego zgłoszenie dotyczy lub – jeżeli nie jest to ta sama osoba – ordynariusz lub hierarcha miejsca, gdzie wydarzyły się domniemane czyny przestępcze. W takim przypadku łatwo zrozumieć, że słuszną rzeczą jest, by zainteresowani ordynariusze komunikowali się i współpracowali ze sobą, aby uniknąć konfliktów kompetencji bądź powielania tych samych działań, zwłaszcza jeżeli duchowny, którego sprawa dotyczy, jest zakonnikiem.

23. Jeżeli ordynariusz lub hierarcha napotyka na problemy we wszczęciu lub przeprowadzeniu dochodzenia wstępnego, powinien niezwłocznie zwrócić się do KNW z prośbą o radę lub rozstrzygnięcie ewentualnych wątpliwości.

24. Może zdarzyć się, że wiadomość o przestępstwie dotrze bezpośrednio do KNW, bez pośrednictwa ordynariusza lub hierarchy. W takim przypadku KNW może zwrócić się do niego o przeprowadzenie dochodzenia lub, na mocy art. 17 SST, poprowadzić je sama.

25. KNW może także – zgodnie z własnym osądem, na wyraźny wniosek lub w razie konieczności – zwrócić się do innego ordynariusza lub hierarchy o przeprowadzenie dochodzenia wstępnego.

26. Wstępne dochodzenie kanoniczne należy przeprowadzić niezależnie od tego, czy równolegle prowadzone jest dochodzenie państwowe. Jeżeli jednak prawo krajowe nie zezwala na prowadzenie, równolegle ze swoim, innego dochodzenia, właściwa władza kościelna powinna zaniechać wszczęcia wstępnego dochodzenia i poinformować KNW o tym, co zostało zgłoszone, ewentualnie załączając przydatne materiały. Jeżeli wydaje się stosowne poczekać aż do zakończenia dochodzenia państwowego – czy to by móc skorzystać z jego ustaleń czy z jakichkolwiek innych względów – wskazane jest, by ordynariusz lub hierarcha skonsultował się w tej sprawie z KNW.

27. Dochodzenie należy prowadzić przestrzegając przepisów prawa państwowego obowiązujących w danym kraju (por. art. 19 VELM).

28. Wiadomo, że również w odniesieniu do omawianych przestępstw, istnieją terminy przedawnienia skargi karnej, które ulegały znacznym zmianom na przestrzeni czasu. Obecnie obowiązujące terminy określa art. 7 SST[1]. Jednak ponieważ tenże art. 7 § 1 SST upoważnia KNW do uchylenia przedawnienia w poszczególnych przypadkach, ordynariusz lub hierarcha, który stwierdza, że termin przedawnienia upłynął, powinien mimo wszystko podjąć działania po otrzymaniu wiadomości o przestępstwie i przeprowadzić ewentualne dochodzenie wstępne, a następnie powiadomić o jego wynikach KNW, której przysługuje wyłączny osąd w przedmiocie podtrzymania lub uchylenia przedawnienia. Przekazując akta, jest wskazane, żeby ordynariusz lub hierarcha wyraził swoją opinię na temat ewentualnego uchylenia przedawnienia, uzasadniając ją istniejącymi okolicznościami (np. stanem zdrowia lub wiekiem duchownego, jego możliwością korzystania z prawa do obrony, krzywdą spowodowaną domniemanym przestępstwem, wywołanym zgorszeniem).

29. W tych delikatnych czynnościach wstępnych ordynariusz lub hierarcha może zasięgać rady KNW (co zresztą może mieć miejsce na każdym etapie postępowania w sprawie), jak również według swego uznania konsultować się z ekspertami w dziedzinie kanonicznego prawa karnego. W tym ostatnim przypadku należy jednak uważać, by nie dopuścić do jakiegokolwiek niepotrzebnego i niezgodnego z prawem publicznego rozpowszechnienia informacji, co mogłoby przynieść uszczerbek dalszemu możliwemu dochodzeniu wstępnemu lub stwarzać wrażenie, że fakty czy też wina duchownego zostały już z całą pewnością stwierdzone.

30. Należy zauważyć, że już na tym etapie obowiązuje tajemnica urzędowa. Jednocześnie trzeba przypomnieć, że ani osobie zgłaszającej zdarzenie, ani osobie, która twierdzi, że jest pokrzywdzona, ani świadkom nie wolno narzucać żadnego obowiązku milczenia odnośnie do faktów.

31. Na mocy art. 2 § 3 VELM ordynariusz, który otrzymuje wiadomość o przestępstwie, powinien bezzwłocznie przekazać ją ordynariuszowi lub hierarsze miejsca, w którym miało dojść do zdarzenia, jak również ordynariuszowi lub hierarsze własnemu osoby, której zgłoszenie dotyczy, tj. w przypadku zakonnika, jego przełożonemu wyższemu, jeżeli jest ordynariuszem własnym, a w przypadku duchownego diecezjalnego, ordynariuszowi diecezji lub biskupowi eparchii jego inkardynacji. Jeżeli ordynariusz lub hierarcha miejsca nie jest jednocześnie ordynariuszem lub hierarchą własnym, zalecane jest, by nawiązali oni ze sobą kontakt i ustalili, kto będzie prowadził dochodzenie. Jeżeli zgłoszenie dotyczy członka instytutu życia konsekrowanego lub stowarzyszenia życia apostolskiego, wyższy przełożony powinien poinformować także najwyższego przełożonego, a w przypadku instytutów i stowarzyszeń na prawie diecezjalnym również właściwego biskupa.

III. Jak przebiega dochodzenie wstępne?

32. Dochodzenie wstępne przebiega zgodnie z kryteriami i zasadami wskazanymi w kan. 1717 KPK lub kan.1468 KKKW. Kanony te omówiono w dalszej części dokumentu.

a/ Czym jest dochodzenie wstępne?

33. Należy zawsze pamiętać, że dochodzenie wstępne nie jest procesem, a jego celem nie jest osiągnięcie pewności moralnej odnośnie do przebiegu zdarzeń, będących przedmiotem doniesienia. Ma ono służyć: a/ zebraniu danych potrzebnych do gruntowanego zbadania wiadomości o przestępstwie; oraz b/ ocenie jego prawdopodobieństwa, tj. ustaleniu tego, co nazywa się fumus delicti, czyli dostatecznej podstawy prawnej i faktycznej, w oparciu o którą oskarżenie można uznać za prawdopodobne.

34. Dlatego też, jak wskazują kanony podane w n. 32, dochodzenie wstępne powinno zebrać bardziej szczegółowe niż przedstawione w wiadomości o przestępstwie informacje na temat faktów, okoliczności i poczytalności. Nie ma konieczności, by już na tym etapie skrupulatnie gromadzić dowody (zeznania, ekspertyzy), bowiem jest to zadanie, które będzie przeprowadzone na ewentualnym późniejszym etapie procedury karnej. Ważne, by w miarę możliwości odtworzyć fakty, na których oparte jest oskarżenie, ustalić liczbę czynów przestępnych i czas ich popełnienia, ich okoliczności, dane osobowe domniemanych ofiar, uzupełniając to pierwszą oceną ewentualnej wyrządzonej krzywdy fizycznej, psychicznej i moralnej. Należy też zadbać o wskazanie możliwych związków z sakramentalnym forum wewnętrznym (w tym zakresie jednak należy pamiętać o warunkach sformułowanych w art. 24 SST[2]). Należy także uwzględnić ewentualne inne przestępstwa zarzucane oskarżonemu (por. art. 8 § 2 SST[3]) i wskazać problematyczne fakty w jego sylwetce i życiorysie. Pomocne może być zebranie zeznań i dokumentów, dowolnego rodzaju i pochodzących z dowolnego źródła (w tym wyników dochodzenia lub procesu prowadzonego przez władze państwowe), które mogą okazać się rzeczywiście przydatne do zbadania okoliczności i stwierdzenia prawdopodobieństwa oskarżeń. Już na tym etapie można wskazać ewentualne okoliczności wyjmujące, łagodzące lub obciążające karalność, przewidziane przez prawo. Przydatne może też być zebranie już na tym etapie świadectw wiarygodności osób składających doniesienie i domniemanych ofiar. Załącznikiem do niniejszego Vademecum jest wzór zbiorczego zestawienia przydatnych danych, które powinien uwzględnić i sporządzić prowadzący dochodzenie wstępne (por. n. 69).

35. Jeżeli w toku prowadzonego dochodzenia wstępnego otrzyma się inne wiadomości o przestępstwie, należy je gruntownie zbadać w ramach tego samego dochodzenia.

36. Jak podkreślono, pozyskanie wyników przeprowadzonego dochodzenia państwowego (lub pełnego procesu przed sądem państwowym) może spowodować, że dochodzenie wstępne stanie się zbędne. Jednak osoba odpowiedzialna za przeprowadzenie dochodzenia wstępnego powinna uważnie to przeanalizować, ponieważ warunki prowadzenia postępowania państwowego (np. terminy przedawnienia, typologia przestępstwa, wiek ofiary…) mogą się znacząco różnić od tego, co określają przepisy prawa kanonicznego. Również w takim przypadku, w razie wątpliwości, zalecana może być konsultacja z KNW.

37. Dochodzenie wstępne może okazać się zbędne również w przypadku czynu notoryjnego i niebudzącego wątpliwości (np. w przypadku pozyskania akt postępowania państwowego lub przyznania się duchownego).

b/ Jakie czynności prawne należy przeprowadzić, by rozpocząć dochodzenie wstępne?

38. Jeżeli właściwy ordynariusz lub hierarcha uzna za stosowne powierzyć przeprowadzenie dochodzenia innej odpowiedniej osobie (por. n. 21), powinien wybrać ją według kryteriów wskazanych w kan. 1428 §§ 1-2 KPK lub kan. 1093 KKKW[4].

39. Przy powoływaniu takiej osoby i uwzględniając współpracę, jaką mogą zaoferować osoby świeckie, zgodnie z kan. 228 KPK i kan. 408 KKKW (por. art. 13 VELM), ordynariusz lub hierarcha powinien pamiętać, że zgodnie z kan. 1717 § 3 KPK i kan. 1468 § 3 KKKW, jeżeli w następstwie dochodzenia wszczęty zostanie karny proces sądowy, osoba ta nie będzie mogła pełnić w nim funkcji sędziego. Praktyka podpowiada, by to samo kryterium stosować do powołania delegata i asesorów w przypadku procesu pozasądowego.

40. W myśl kan. 1719 KPK i kan. 1470 KKKW ordynariusz lub hierarcha powinien wydać dekret o wszczęciu dochodzenia wstępnego, w którym powołuje on osobę prowadzącą dochodzenie i wskazuje w tekście, że osobie tej przysługują uprawnienia, o których mowa w kan. 1717 § 3 KPK lub kan. 1468 § 3 KKKW.

41. Mimo że prawo nie wymaga tego wprost, zaleca się powołanie notariusza będącego kapłanem (por. kan. 483 § 2 KPK i kan. 253 § 2 KKKW, zawierające pozostałe kryteria wyboru), który będzie asystował prowadzącemu dochodzenie wstępne, zapewniając tym samym publiczną wiarygodność sporządzanych przez niego akt (por. kan. 1437 § 2 KPK i kan. 1101 § 2 KKKW).

42. Należy jednak zauważyć, że – ponieważ nie są to akta procesowe – obecność notariusza nie jest konieczna do ich ważności.

43. Na etapie dochodzenia wstępnego nie przewiduje się powołania rzecznika sprawiedliwości.

c/ Jakie czynności dodatkowe można lub trzeba przeprowadzić w trakcie dochodzenia wstępnego?

44. Przepisy kan. 1717 § 2 KPK i kan. 1468 § 2 KKKW oraz art. 4 § 2 i 5 § 2 VELM stanowią o ochronie dobrego imienia osób, których sprawa dotyczy (oskarżonego, domniemanych ofiar, świadków), tak, aby doniesienie nie prowadziło do wyrządzenia szkody, retorsji lub dyskryminacji. Prowadzący dochodzenie wstępne powinien zatem szczególnie na to uważać, stosując wszelkie właściwe w tym względzie środki ostrożności, jako że dobre imię jest prawem wiernych, zagwarantowanym na mocy kan. 220 KPK i kan. 23 KKKW. Należy jednak zauważyć, że kanony te chronią przed nieuprawnionym naruszeniem tego prawa – jeżeli zatem zagrożone jest dobro wspólne, rozpowszechnianie informacji o zaistnieniu oskarżeń niekoniecznie musi stanowić naruszenie dobrego imienia. Ponadto należy uprzedzić osoby związane ze sprawą, że w przypadku wydania przez władze państwowe sądowego postanowienia zabezpieczającego lub nakazu udostępnienia akt, Kościół nie będzie już mógł zapewnić poufności zeznań i dokumentacji pozyskanej w toku postępowania kanonicznego.

45. W każdym przypadku, zwłaszcza tam, gdzie zachodzi potrzeba podania informacji do wiadomości publicznej, należy zachować wszelką ostrożność w udzielaniu informacji na temat faktów, np. posługując się jak najbardziej zwięzłą i ograniczoną do najistotniejszej treści formą, unikając szumnych obwieszczeń, powstrzymując się całkowicie od wszelkich przedwczesnych ocen co do winy lub niewinności osoby, której zgłoszenie dotyczy, (ta bowiem będzie mogła być stwierdzona wyłącznie w toku ewentualnego postępowania karnego, którego zadaniem będzie zweryfikowanie zasadności zarzutów) i szanując ewentualną wolę zachowania poufności wyrażoną przez domniemane ofiary.

46. Ponieważ, jak już powiedziano, na tym etapie nie można jeszcze stwierdzić winy osoby, której zgłoszenie dotyczy, z całą starannością i dotyczy to zarówno komunikatów wygłaszanych publicznie, jak i wystąpień prywatnych — należy unikać jakichkolwiek deklaracji w imieniu Kościoła, instytutu czy stowarzyszenia, czy w swoim własnym, które mogłyby stanowić przesłankę do przedwczesnej oceny meritum faktów.

47. Należy też pamiętać, że doniesienia, procesy i decyzje dotyczące przestępstw, o których mowa w art. 6 SST, objęte są tajemnicą urzędową. Nie oznacza to, że osoba składająca doniesienie – zwłaszcza jeżeli ma zamiar zwrócić się do władz państwowych – nie może publicznie mówić o swoich działaniach. Poza tym ponieważ nie wszystkie formy wiadomości o przestępstwie są doniesieniem, można ewentualnie rozważyć, kiedy należy uznać, że obowiązuje tajemnica, uwzględniając zawsze kwestię zachowania dobrego imienia, o której mowa w n. 44.

48. W tym względzie należy też wspomnieć o obowiązku lub braku obowiązku ze strony ordynariusza lub hierarchy zawiadomienia władz państwowych o otrzymanej wiadomości o przestępstwie i wszczętym dochodzeniu wstępnym. Stosuje się tu dwie zasady: a/ istnieje obowiązek przestrzegania prawa danego kraju (por. art. 19 VELM); b/ należy uszanować wolę domniemanej ofiary, o ile nie jest ona sprzeczna z wymogami ustawodawstwa państwowego i — jak będzie o tym mowa niżej (n. 56) — zachęcić ją do wykonania swych praw i obowiązków wobec władz państwowych, pamiętając o zachowaniu w dokumentacji śladu udzielenia takiej sugestii; należy unikać wszelkiego rodzaju zniechęcania domniemanej ofiary od podejmowania działania. W tym względzie należy też zawsze przestrzegać ewentualnych umów (konkordatów, porozumień) zawartych przez Stolicę Apostolską z danym krajem.

49. Jeżeli prawo danego kraju zobowiązuje ordynariusza lub hierarchę do zawiadomienia o wiadomości o przestępstwie, należy tego dokonać, nawet jeżeli przewiduje się, że w oparciu o krajowe przepisy prawa nie będzie to skutkować wszczęciem postępowania (np. ze względu na zaistniałe przedawnienie lub odmienną kwalifikację czynu przestępczego).

50. Jeżeli władze państwowe wydadzą zgodne z prawem postanowienie podlegające wykonaniu z żądaniem wydania dokumentów dotyczących spraw lub postanowienie o ich zabezpieczeniu (zajęciu), ordynariusz lub hierarcha powinien współpracować z władzami państwowymi. Jeżeli są wątpliwości co do zgodności z prawem takiego żądania lub zajęcia, ordynariusz lub hierarcha może skonsultować się ze prawnikami co do środków odwoławczych, przewidzianych w obowiązujących na danym terenie przepisach prawa. W każdym przypadku wskazane jest bezzwłoczne powiadomienie przedstawiciela Stolicy Apostolskiej.

51. Jeżeli zachodzi potrzeba wysłuchania osoby małoletniej lub innej osoby zrównanej z małoletnią, należy stosować się do przepisów państwowych danego kraju i postępować w sposób dostosowany do wieku i stanu tej osoby, umożliwiając na przykład towarzyszenie jej przez osobę pełnoletnią, którą darzy ona zaufaniem, oraz unikając jej bezpośredniego kontaktu z oskarżonym.

52. Szczególnie delikatnym zadaniem ordynariusza lub hierarchy na etapie dochodzenia wstępnego jest zdecydowanie, czy i kiedy powiadomić o nim oskarżonego.

53. W tym zakresie nie ma jednego, wspólnego kryterium, i nie istnieją przepisy prawa, które regulowałyby to jednoznacznie. Należy ocenić wszystkie dobra, jakie wchodzą w grę – oprócz ochrony dobrego imienia osób zainteresowanych, należy też uwzględnić np. ryzyko mataczenia dochodzenia wstępnego, zgorszenie wiernych, możliwość wcześniejszego zebrania wszystkich poszlak, które następnie mogą okazać się przydatne lub niezbędne.

54. Jeżeli zapadłaby decyzja o wysłuchaniu osoby, której zgłoszenie dotyczy, to ponieważ jest to etap poprzedzający rozstrzygnięcie sprawy, nie ma obowiązku powoływania dla niej adwokata z urzędu. Jeżeli jednak sam zainteresowany uzna to za stosowne, może korzystać z pomocy wybranego przez siebie obrońcy. Osobie, której zgłoszenie dotyczy, nie wolno nakazywać składania przysięgi (por. ex analogia kan. 1728 § 2 KPK i kan. 1471 § 2 KKKW).

55. Władze kościelne powinny postarać się o to, by domniemana ofiara i jej rodzina traktowane były z godnością i szacunkiem, i powinny zapewnić im przyjęcie, wysłuchanie i towarzyszenie, również za pośrednictwem właściwych służb, a także pomocy duchowej, medycznej i psychologicznej, w zależności od danego przypadku (por. art. 5 VELM). Tak samo można postępować wobec oskarżonego. Należy jednak unikać stwarzania wrażenia, że w ten sposób chce się przesądzić o wynikach procesowych.

56. Bezwzględnie konieczne na tym etapie jest unikanie wszelkich działań, które przez domniemane ofiary mogłyby być odczytane jako przeszkoda w dochodzeniu ich praw obywatelskich przed władzami państwowymi.

57. Tam, gdzie istnieją struktury państwowe lub kościelne powołane do udzielania informacji lub świadczenia wsparcia domniemanym ofiarom bądź też doradzania władzom kościelnym, pożądane jest skorzystanie z ich pomocy. Struktury takie mają za zadanie udzielać porad, wskazywać kierunki działania i świadczyć pomoc, a ich analizy nie stanowią w żaden sposób kanonicznych decyzji procesowych.

58. Celem ochrony dobrego imienia zaangażowanych w sprawę osób oraz ochrony dobra publicznego, jak również niedopuszczenia do zaistnienia innych zdarzeń (np. wywołanie zgorszenia, ryzyko ukrycia przyszłych dowodów, grożenie lub w inny sposób zniechęcanie domniemanej ofiary od dochodzenia swoich praw, ochrona innych potencjalnych ofiar), na mocy art. 19 SST ordynariuszowi lub hierarsze, od początku dochodzenia wstępnego przysługuje prawo do nałożenia środków zapobiegawczych, wyszczególnionych w kan. 1722 KPK i kan. 1473 KKKW[5].

59. Środki zapobiegawcze wymienione w tych kanonach stanowią wykaz enumeratywny, co oznacza, że można stosować tylko te, które są wymienione, wybierając jeden lub kilka spośród nich.

60. Nie oznacza to, że ordynariusz lub hierarcha nie może zastosować innych środków dyscyplinarnych, zgodnie z przysługującą mu władzą. Te jednak, dla ścisłości terminologii, nie mogą być określane jako „środki zapobiegawcze”.

d/ W jaki sposób nakłada się środki zapobiegawcze?

61. Przede wszystkim trzeba zaznaczyć, że środek zapobiegawczy nie jest karą (tę wymierza się dopiero na końcu procesu karnego), lecz aktem administracyjnym, którego cele opisane są we wspomnianym kan. 1722 KPK i kan. 1473 KKKW. Zainteresowanemu należy jasno przedstawić, że taki środek nie ma charakteru karnego, tak, by nie uznał on, iż został osądzony i ukarany przedwcześnie. Należy też podkreślić, że środki zapobiegawcze należy odwołać z chwilą, gdy ustanie przyczyna ich nałożenia oraz że tracą one moc z chwilą zakończenia ewentualnego procesu karnego. Ponadto, jeżeli wymagają tego okoliczności, mogą one być zmieniane (zaostrzane lub łagodzone). Zaleca się jednak szczególną roztropność i rozeznanie przy ocenie tego, że przyczyna nałożenia środka zapobiegawczego ustała. Nie wyklucza się także – po ich odwołaniu – możliwości ponownego nałożenia tych środków.

62. Stwierdza się, że nadal często stosowana jest dawna terminologia „suspensa a divinis”, dla wskazania zakazu sprawowania posługi nałożonego na duchownego jako środek zapobiegawczy. Terminu tego należy unikać, podobnie jak i terminu „suspensa ad cautelam”, ponieważ w świetle obowiązujących przepisów suspensa stanowi karę, a na tym etapie kara nie może być jeszcze nałożona. Prawidłową nazwą może być np. zakaz sprawowania posługi.

63. Należy unikać rozwiązania polegającego tylko na przeniesieniu duchownego na inny urząd, przeniesieniu go do innego okręgu kościelnego lub innego domu zakonnego, uznając tym samym, że jego oddalenie z miejsca domniemanego przestępstwa i od domniemanych ofiar stanowi zadowalające rozwiązanie sprawy.

64. Środki zapobiegawcze, o których mowa w n. 58, nakładane są w formie poszczególnego nakazu, podanego do wiadomości zgodnie z przepisami prawa (por. kan. 49 i następne w związku z kan. 1319 KPK oraz kan. 1406 w związku z kan. 1510 i następne KKKW).

65. Trzeba przypomnieć, że w przypadku decyzji o zmianie lub odwołaniu środków zapobiegawczych, powinna być ona podjęta w drodze stosownego dekretu, podanego do wiadomości zgodnie z przepisami prawa. Nie ma natomiast takiej konieczności na zakończenie ewentualnego procesu, jako że wraz z jego zakończeniem środki zapobiegawcze przestają obowiązywać mocą samego prawa.

e/ Co należy uczynić, aby zamknąć dochodzenie wstępne?

66. Zaleca się, w imię sprawiedliwości i rozsądnego jej wymierzania, aby czas trwania dochodzenia wstępnego był dostosowany do przyświecającego mu celu, tj. stwierdzenia uzasadnionego prawdopodobieństwa wiadomości o przestępstwie i tego, czy w związku z tym istnieje fumus delicti. Nieuzasadnione przedłużanie dochodzenia wstępnego może stanowić zaniedbanie ze strony władzy kościelnej.

67. Jeżeli dochodzenie prowadziła odpowiednia osoba powołana przez ordynariusza lub hierarchę, powinna ona przekazać mu wszelkie akta dochodzenia wraz z własnym osądem jego wyników.

68. W myśl kan. 1719 KPK i 1470 KKKW, ordynariusz lub hierarcha wydaje dekret o zamknięciu dochodzenia wstępnego.

69. Na podstawie art. 16 SST, po zamknięciu dochodzenia wstępnego i niezależnie od jego wyniku, ordynariusz lub hierarcha ma obowiązek jak najszybciej przesłać do KNW uwierzytelniony odpis odnośnych akt. Do odpisu akt i zbiorczego zestawienia w formie tabeli, stanowiącego Załącznik do niniejszego Vademecum, ordynariusz lub hierarcha powinien dołączyć własną ocenę wyników dochodzenia (votum), dodając również ewentualne sugestie co do trybu dalszego postępowania (np. czy uważa za stosowne wszczęcie postępowania karnego, a jeżeli tak, jakiego rodzaju; czy można uznać za wystarczającą karę nałożoną przez władze państwowe; czy raczej w danym przypadku ordynariusz lub hierarcha powinien zastosować środki administracyjne; czy należy podtrzymać przedawnienie, czy też je uchylić).

70. Jeżeli ordynariusz lub hierarcha prowadzący dochodzenie wstępne jest przełożonym wyższym, wskazane jest, by przekazał kopię akt sprawy również najwyższemu przełożonemu (lub odpowiedniemu biskupowi w przypadku instytutów lub stowarzyszeń na prawie diecezjalnym), ponieważ zazwyczaj to właśnie z tymi przełożonymi nawiązuje następnie kontakt KNW. Ze swej strony najwyższy przełożony wysyła do KNW własne votum, jak w n. 69.

71. Jeżeli ordynariusz, który prowadził dochodzenie wstępne, nie jest ordynariuszem miejsca, w którym doszło do domniemanego przestępstwa, ten pierwszy powinien przekazać drugiemu wyniki dochodzenia.

72. Akta wysyłane są w pojedynczym egzemplarzu; wskazane jest, by były uwierzytelnione przez notariusza, którym powinien być notariusz kurii, chyba że do dochodzenia wstępnego wyznaczono odrębnego notariusza.

73. Przepisy kan. 1719 KPK i kan. 1470 KKKW stanowią, że oryginały wszystkich akt należy przechowywać w tajnym archiwum kurii.

74. Zgodnie z art. 16 SST, po wysłaniu akt dochodzenia wstępnego do KNW, ordynariusz lub hierarcha zawsze czekają na udzielenie im przez KNW dalszych informacji lub instrukcji.

75. Oczywiście, jeżeli w tym czasie pojawiłyby się nowe okoliczności związane z dochodzeniem wstępnym lub nowe oskarżenia, należy jak najszybciej przekazać je do KNW, w celu uzupełnienia materiału będącego już w jej posiadaniu. Jeżeli zaś uznano by za stosowne ponowne otwarcie dochodzenia wstępnego z uwagi na te nowe okoliczności, należy bezzwłocznie powiadomić o tym KNW.

IV. Co na tym etapie może uczynić KNW?

76. Po otrzymaniu akt dochodzenia wstępnego KNW zwykle bezzwłocznie potwierdza ten fakt ordynariuszowi, hierarsze, najwyższemu przełożonemu (w przypadku zakonników również Kongregacji ds. Instytutów Życia Konsekrowanego i Stowarzyszeń Życia Apostolskiego; jeżeli natomiast duchowny należy do Kościoła wschodniego, Kongregacji ds. Kościołów Wschodnich; i wreszcie Kongregacji ds. Ewangelizacji Narodów, jeżeli duchowny należy do terytorium podlegającego tej dykasterii), przekazując – o ile nie uczyniono tego wcześniej – numer protokołu nadany sprawie. We wszelkiej dalszej korespondencji z KNW należy powoływać się na ten numer.

77. W dalszej kolejności, po uważnym zapoznaniu się z aktami, KNW ma różne możliwości działania: może sprawę umorzyć; może zwrócić się o gruntowniejsze przeprowadzenie dochodzenia wstępnego; może nałożyć środki dyscyplinarne niemające charakteru karnego, zwykle poprzez nakaz karny; może nałożyć środki karne lub pokutę bądź też udzielić upomnienia lub nagany; może wszcząć proces karny; może wskazać inne drogi pasterskiej troski. O podjętej decyzji powiadamia się ordynariusza wraz ze stosownymi wskazówkami co do jej wykonania.

a/ Czym są środki dyscyplinarne niemające charakteru karnego?

78. Środki dyscyplinarne niemające charakteru karnego to poszczególne akty administracyjne (czyli akty ordynariusza, hierarchy lub także KNW), poprzez które oskarżonemu coś się nakazuje lub czegoś zakazuje. W tym przypadku jest to na ogół mniejsze lub większe, w zależności od danej sprawy, ograniczenie sprawowania posługi, jak również czasami nakaz zamieszkania w określonym miejscu. Trzeba podkreślić, iż nie są to kary, lecz czynności władzy rządzenia, których celem jest zagwarantowanie i ochrona dobra wspólnego i dyscypliny kościelnej, a także niedopuszczenie do zgorszenia wiernych.

b/ Czym jest nakaz karny?

79. Zwykłą formą, w której nakładane są tego rodzaju środki, jest nakaz karny, o którym mowa w kan. 1319 § 1 KPK i kan. 1406 § 1 KKKW. Przepis kan. 1406 § 2 KKKW zrównuje z nim upomnienie z zagrożeniem karą.

80. Wymogi formalne, które powinien spełniać nakaz, zostały przypomniane wyżej (kan. 49 i następne KPK oraz kan. 1510 i następne KKKW). Jednakże aby można było mówić o nakazie karnym, w jego tekście musi być wyraźnie wskazana kara, grożąca adresatowi nakazu karnego w razie niezachowania nałożonych na niego środków.

81. Należy przypomnieć, że w myśl kan. 1319 § 1 KPK nakaz karny nie może zawierać zagrożenia karą ekspiacyjną wymierzaną na stałe; ponadto kara powinna być jasno wskazana. Wyłączenia kar mające zastosowanie do wiernych obrządku wschodniego określa kan. 1406 § 1 KKKW.

82. Od tego aktu administracyjnego przysługuje rekurs w terminach przepisanych prawem.

c/ Czym są karne środki zaradcze, pokuty i nagany publiczne?

83. Odnośnie do definicji karnych środków zaradczych, pokut i nagan publicznych odsyła się do kan. 1339 i kan.1340 § 1 KPK oraz kan. 1427 KKKW[6].

V. Jakie rozstrzygnięcia mogą zapaść w procesie karnym?

84. Rozstrzygnięcie na zakończenie procesu karnego, czy to sądowego czy pozasądowego, może być trojakie:

- skazanie („constat”), jeżeli z moralną pewnością stwierdzi się winę oskarżonego co do przypisywanego mu przestępstwa. W takim przypadku należy wskazać konkretnie rodzaj kary kanonicznej wymierzonej lub zadeklarowanej;

- uniewinnienie („constat de non”), jeżeli z moralną pewnością stwierdzi się brak winy oskarżonego, ze względu na brak czynu, niepopełnienie go przez oskarżonego, czyn nie jest przewidziany w prawie jako przestępstwo lub popełnienie go przez osobę niepoczytalną;

- uwolnienie („non constat”), jeżeli nie jest możliwe uzyskanie moralnej pewności co do winy oskarżonego z uwagi na brak dowodów, ich niewystarczalność lub sprzeczność odnośnie do zaistnienia czynu, popełnienia go przez oskarżonego, lub uznania, że został on popełniony przez osobę niepoczytalną.

O dobro publiczne i dobro oskarżonego można zadbać w drodze odpowiednich upomnień, środków karnych i innych środków pasterskiej troski (por. kan. 1348 KPK).

Orzeczenie (w formie wyroku lub dekretu) powinno wskazywać, do jakiego z tych trzech rodzajów należy, tak, aby było jasne, czy „uznaje się”, czy „uznaje się, że nie”, czy też „nie uznaje się”.

VI. Jakie są możliwe tryby postępowania karnego?

85. Zgodnie z prawem są trzy możliwe procedury karne: sądowy proces karny; pozasądowy proces karny; procedura wprowadzona na mocy art. 21 § 2, 2° SST.

86. Procedura określona w art. 21 § 2, 2° SST[7] jest zastrzeżona do najcięższych przypadków i kończy się bezpośrednią decyzją Ojca Świętego. Jednak nawet tam, gdzie popełnienie przestępstwa jest całkowicie oczywiste, przewiduje ona, by oskarżonemu zapewnione było prawo do obrony.

87. Jeżeli chodzi o sądowy proces karny, należy uwzględnić stosowne przepisy prawa, zarówno te zawarte w odpowiednich Kodeksach, jak i w art. 8-15, 18-19, 21 § 1, 22-31 SST.

88. W sądowym procesie karnym nie jest wymagany podwójny zgodny wyrok, toteż rozstrzygnięcie podjęte w ewentualnej drugiej instancji w formie wyroku stanowi res iudicata (por. też art. 28 SST). Od wyroku, który przeszedł w stan rzeczy osądzonej, przysługuje jedynie restitutio in integrum, pod warunkiem przedstawienia elementów jasno wskazujących na jego niesprawiedliwość (por. kan. 1645 KPK, kan. 1326 KKKW) lub skarga o nieważność wyroku (por. kan. 1619 i następne KPK, kan. 1302 i następne KKKW). Trybunał powołany do tego rodzaju procesu jest zawsze kolegialny i składa się z co najmniej trzech sędziów. Prawo apelacji od wyroku pierwszej instancji przysługuje nie tylko stronie oskarżonej, która czuje się niesłusznie pokrzywdzona wyrokiem, ale także rzecznikowi sprawiedliwości KNW (por. art. 26 § 2 SST).

89. W myśl art. 16 i 17 SST, sądowy proces karny może odbywać się w KNW lub być powierzony niższemu Trybunałowi. O podjętej w tym zakresie decyzji informowani są w drodze odpowiedniego pisma podlegającego wykonaniu wszyscy zainteresowani.

90. Również w trakcie trwania procesu karnego, czy to sądowego czy pozasądowego, na oskarżonego można nałożyć środki zapobiegawcze, o których mowa w n. 58-65.

a/ Czym jest pozasądowy proces karny?

91. Pozasądowy proces karny, zwany czasem „procesem administracyjnym”, to forma procesu karnego, która ogranicza ilość formalności wymaganych w procesie sądowym po to, by przyspieszyć bieg postępowania, jednak bez znoszenia gwarancji procesowych wymaganych dla sprawiedliwego procesu (por. kan. 221 KPK i kan. 24 KKKW).

92. W przypadku przestępstw zastrzeżonych dla KNW, art. 21 § 2, 1° SST, uchylając kan. 1720 KPK i kan. 1486 KKKW, stanowi, że jedynie KNW, w poszczególnych przypadkach, ex officio bądź na wniosek ordynariusza lub hierarchy, może podjąć decyzję co do wyboru tego trybu postępowania.

93. Podobnie jak proces sądowy, również pozasądowy proces karny może odbywać się w KNW lub być powierzony niższej instancji, tj. ordynariuszowi lub hierarsze oskarżonego, bądź też osobom trzecim wskazanym do tego przez KNW, na ewentualny wniosek ordynariusza lub hierarchy. O podjętej w tym zakresie decyzji informowani są wszyscy zainteresowani w drodze odpowiedniego pisma podlegającego wykonaniu.

94. Pozasądowy proces karny jest prowadzony według nieco odmiennych wymogów obu Kodeksów. W przypadku wątpliwości co do tego, który z Kodeksów stosować (np. w przypadku duchownych obrządku łacińskiego posługujących w Kościołach wschodnich lub duchownych obrządku wschodniego posługujących na terytoriach łacińskich), należy wyjaśnić z KNW, który Kodeks ma być podstawą postępowania, a następnie skrupulatnie decyzji tej przestrzegać.

b/ Jak przebiega pozasądowy proces karny według KPK?

95. Gdy ordynariusz otrzymuje od KNW zadanie przeprowadzenia pozasądowego procesu karnego, przede wszystkim musi podjąć decyzję, czy będzie prowadził ten proces osobiście, czy też powoła swojego delegata. Ponadto musi powołać dwóch asesorów, którzy będą wspomagali jego samego lub jego delegata na etapie rozważania dowodów i argumentów. Przy ich wyborze może być wskazane dostosowanie się do kryteriów, o których mowa w kan. 1424 i kan. 1448 § 1 KPK. Konieczne jest ponadto powołanie notariusza, spełniającego kryteria, o których mowa w n. 41. Nie jest przewidziane powołanie rzecznika sprawiedliwości.

96. Powyższych nominacji dokonuje się w formie dekretu. Od powołanych osób należy zażądać złożenia przysięgi, iż będą wiernie wypełniały powierzone im zadanie, z zachowaniem tajemnicy. Złożenie przysięgi powinno być odnotowane w aktach.

97. Następnie ordynariusz (lub jego delegat) powinien wszcząć proces dekretem wzywającym oskarżonego do stawiennictwa. W dekrecie tym musi być zawarte: precyzyjne wskazanie wzywanej osoby, miejsce i czas stawiennictwa, cel, dla którego jest wzywana, tj. podanie do wiadomości aktu oskarżenia (poprzez ogólne opisanie w tekście podstaw oskarżenia) i stosownych dowodów (których w dekrecie nie trzeba jeszcze wymieniać), zapewniając oskarżonemu skorzystanie z prawa do obrony.

98. Choć w przypadku procesu pozasądowego nie jest to wprost przewidziane prawem, jednak – ponieważ chodzi o materię karną – jest ze wszech miar stosowne, by oskarżony, zgodnie z przepisem kan. 1723 i kan. 1481 §§ 1-2 KPK, posiadał reprezentującego go pełnomocnika i/lub adwokata, wybranego przez siebie lub – jeżeli tego nie uczyni – ustanowionego z urzędu. Nazwisko adwokata należy podać ordynariuszowi (lub jego delegatowi) przed posiedzeniem, na którym mają być przedstawione zarzuty i dowody, wraz z uwierzytelnionym pełnomocnictwem, zgodnie z kan. 1484 § 1 KPK, celem koniecznej weryfikacji, czy spełnione są wymogi określone w kan. 1483 KPK[8].

99. Jeżeli oskarżony odmówi lub zaniecha stawiennictwa, ordynariusz (lub jego delegat) powinien ocenić, czy wezwać go ponownie.

100. Oskarżonego, który odmówi lub zaniecha stawiennictwa za pierwszym bądź za drugim wezwaniem, należy pouczyć, że proces będzie toczył się dalej pomimo jego nieobecności. Pouczenia takiego można udzielić już w chwili pierwszego wezwania. Jeżeli oskarżony zaniechał lub odmówił stawiennictwa, należy to odnotować w protokole i procedować dalej.

101. W ustalonym dniu i godzinie posiedzenia, na którym mają być przedstawione zarzuty i dowody, oskarżonemu i jego adwokatowi, jeżeli mu towarzyszy, okazuje się akta dochodzenia wstępnego. Należy pouczyć o obowiązku zachowania tajemnicy urzędowej.

102. Szczególną uwagę należy zwrócić na fakt, że jeżeli dany przypadek obejmuje sakrament pokuty, należy przestrzegać art. 24 SST, który stanowi, że nie wolno ujawnić nazwiska domniemanej ofiary oskarżonemu, chyba że sama ofiara wyrazi na to jednoznaczną zgodę.

103. Nie ma obowiązku, by w posiedzeniu przedstawiającym zarzuty i dowody uczestniczyli asesorzy.

104. Podanie oskarżonemu do wiadomości oskarżenia i dowodów służy daniu mu możliwości obrony (por. kan. 1720, 1° KPK).

105. Pod pojęciem „oskarżenia” rozumie się przestępstwo, do którego miało dojść według doniesienia domniemanej ofiary lub innej osoby zgodnie z ustaleniami dochodzenia wstępnego. Przedstawienie oskarżenia oznacza zatem powiadomienie oskarżonego o tym, jakie przestępstwo mu się zarzuca wraz z jego opisem (np. miejsce zdarzenia, liczba i ewentualnie nazwiska domniemanych ofiar, okoliczności).

106. Pod pojęciem „dowodów” rozumie się całość materiału zgromadzonego w toku dochodzenia wstępnego, jak również innych ewentualnie pozyskanych materiałów. Przede wszystkim jest to protokół z przyjęcia doniesienia złożonego przez domniemane ofiary, następnie dokumenty dotyczące sprawy (np. karty choroby, korespondencja, w tym elektroniczna, zdjęcia, dowody zakupów, wyciągi z rachunków bankowych), protokoły z zeznań ewentualnych świadków i wreszcie ewentualne ekspertyzy biegłych (lekarskie - w tym psychiatryczne - psychologiczne, grafologiczne), które prowadzący dochodzenie wstępne uznał za stosowne pozyskać lub zlecić. Jeżeli według prawodawstwa państwowego obowiązują w tym względzie szczególne zasady poufności, należy ich przestrzegać.

107. Całość wyżej wymienionych materiałów nazywana jest „dowodami”, bowiem, choć zostały zgromadzone na etapie poprzedzającym proces, w chwili wszczęcia procesu pozasądowego automatycznie stają się materiałem dowodowym.

108. Na dowolnym etapie procesu ordynariusz lub jego delegat mogą zarządzić zebranie dalszych dowodów, jeżeli uznają w oparciu o wyniki dochodzenia wstępnego taką potrzebę. Może się tak zdarzyć również na wniosek oskarżonego na etapie obrony. Wyniki należy oczywiście przedstawić oskarżonemu w jej trakcie. Wszystko, co zostanie zgromadzone w następstwie wniosków złożonych przez obronę, należy przedstawić oskarżonemu na wyznaczonym nowym posiedzeniu, podczas którego zostaną przedstawione oskarżenia i dowody, w przypadku pojawienia się nowych elementów oskarżenia lub dowodów. W przeciwnym razie materiał taki należy uznać po prostu za element uzupełniający obronę.

109. Obrona może dokonywać się na dwa sposoby: a/ może być przedstawiona na tym samym posiedzeniu i zaprotokołowana, a protokół podpisany przez wszystkich obecnych (jednak w szczególności przez: ordynariusza lub jego delegata; oskarżonego i, jeżeli występuje, jego adwokata; notariusza); b/ poprzez wyznaczenie rozsądnego terminu, w którym obrona będzie przedstawiona ordynariuszowi lub jego delegatowi w formie pisemnej.

110. Należy koniecznie pamiętać, że zgodnie z kan. 1728 § 2 KPK, oskarżony nie musi przyznać się do popełnienia przestępstwa i nie wolno żądać od niego przysięgi de veritate dicenda.

111. Obrona oskarżonego może oczywiście posługiwać się wszystkimi godziwymi środkami, np. składać wnioski o przesłuchanie świadków stron, przedstawiać dokumenty czy ekspertyzy biegłych.

112. Jeżeli chodzi o dopuszczenie tych dowodów (a w szczególności odebranie zeznań od ewentualnych świadków), obowiązują kryteria uznaniowości przysługujące sędziemu według przepisów prawa ogólnego dotyczącego procesu spornego[9].

113. Jeżeli w danym przypadku zaistnieje taka konieczność, ordynariusz lub jego delegat powinien ocenić wiarygodność osób występujących w procesie[10]. Jednak, w myśl art. 24 § 2 SST, ma taki obowiązek względem osoby składającej doniesienie, jeżeli sprawa dotyczy sakramentu pokuty.

114. Ponieważ jest to proces karny, nie ma obowiązku, by osoba składająca doniesienie występowała na etapie procesowym. W rzeczywistości bowiem wykonała ona już swoje prawo poprzez to, że przyczyniła się do sformułowania oskarżenia i zgromadzenia dowodów. Od tego momentu oskarżenie prowadzone jest dalej przez ordynariusza lub jego delegata.

c/ Jak kończy się pozasądowy proces karny według KPK?

115. Ordynariusz lub jego delegat wzywa obu asesorów do sporządzenia oceny dowodów i argumentów obrony, o czym mowa w kan. 1720, 2° KPK, wyznaczając im na to rozsądny termin. W swoim dekrecie może też wezwać ich na wspólne posiedzenie, podczas którego sporządzą taką ocenę. Celem takiego posiedzenia jest oczywiście ułatwienie analizy, dyskusja i konfrontacja. Posiedzenie takie jest fakultatywne, ale zalecane. Prawo nie przewiduje dla niego żadnych szczególnych wymogów formalnych.

116. Asesorom należy wcześniej dostarczyć całość akt procesowych i przyznać im odpowiedni czas na ich przestudiowanie i sformułowanie osobistej oceny. Wskazane jest przypomnienie im o obowiązku zachowania tajemnicy urzędowej.

117. Choć prawo tego nie wymaga, wskazane jest, by opinia asesorów została sporządzona na piśmie, co ułatwi później przygotowanie dekretu pozasądowego (decreto conclusivo) przez tego, kto jest do tego zobowiązany.

118. Jednocześnie, jeżeli ocena dowodów i argumentów obrony następuje na posiedzeniu wspólnym, zaleca się, by poszczególne wypowiedzi i cała dyskusja były notowane, np. w formie protokołu podpisanego przez uczestników. Notatki te objęte są tajemnicą urzędową i nie wolno ich rozpowszechniać.

119. Jeżeli ordynariusz lub jego delegat z pewnością stwierdza przestępstwo (por. kan. 1720, 3° KPK), powinien wydać dekret zamykający proces, w którym wymierza karę, środek karny lub pokutę, jakie uzna za najwłaściwsze dla naprawienia zgorszenia, przywrócenia naruszonej sprawiedliwości i poprawy sprawcy.

120. Ordynariusz powinien zawsze pamiętać, że, jeżeli zamierza wymierzyć karę ekspiacyjną na stałe, zgodnie z art. 21 § 2, 1° SST musi wcześniej uzyskać do tego upoważnienie KNW. Tym samym uchylony zostaje, ale tylko w odniesieniu do tych przypadków, zakaz nakładania kar ekspiacyjnych wymierzanych na stałe w drodze dekretu, o którym mowa w kan. 1342 § 2 KPK.

121. Do kar wymierzanych na stałe należą tylko te wymienione w wykazie zawartym w kan. 1336 § 1 KPK[11], z zastrzeżeniem treści kan. 1337 i kan. 1338 KPK[12].

122. Ponieważ jest to proces pozasądowy, należy pamiętać, że dekret karny nie jest wyrokiem – ten bowiem może zapaść jedynie w wyniku procesu sądowego, choć, podobnie jak wyrok, również dekret wymierza karę.

123. Dekret taki stanowi czynność dokonaną osobiście przez ordynariusza lub jego delegata, dlatego też nie musi być podpisany przez asesorów, a jedynie uwierzytelniony przez notariusza.

124. Poza ogólnymi wymogami formalnymi obowiązującymi dla każdego dekretu (por. kan. 48-56 KPK), dekret karny musi wskazywać w ogólnym zarysie główne podstawy oskarżenia, przebieg procesu, a przede wszystkim przynajmniej pokrótce przedstawić racje, na których opiera się rozstrzygnięcie: prawne (a więc powołanie się na kanony, na których opiera się decyzja – np. te, w których zdefiniowane jest przestępstwo, te, które określają ewentualne okoliczności wyjmujące, łagodzące lub obciążające – i, przynajmniej w podstawowym zakresie, opis rozumowania prawnego, które doprowadziło do ich zastosowania), oraz faktyczne.

125. Uzasadnienie faktyczne stanowi oczywiście część wymagającą największej staranności, ponieważ autor dekretu musi przedstawić racje, na podstawie których w drodze porównania materiału oskarżenia i stwierdzeń obrony, co też powinien skrótowo przedstawić, doszedł do uznania tego, iż ma pewność, że przestępstwo zostało lub nie zostało popełnione, bądź też nie uzyskał co do tego wystarczającej pewności moralnej.

126. Rozumiejąc doskonale, że nie wszyscy posiadają dogłębną znajomość prawa kanonicznego i jego formalnego języka, wymaga się, aby dekret karny przede wszystkim wyraźnie naświetlał przeprowadzone rozumowanie, a ścisłą precyzję terminologiczną uznaje się za mniej istotną. W razie potrzeby należy zwrócić się o pomoc do kompetentnych osób.

127. Podanie dekretu do wiadomości w całej jego treści (a zatem nie tylko części rozstrzygającej) winno nastąpić poprzez przewidziane prawem środki (por. kan. 54-56 KPK[13]) i w wymaganej formie.

128. W każdym przypadku należy jednak przesłać do KNW uwierzytelnioną kopię akt procesowych (jeżeli wcześniej nie zostały one przekazane) oraz dekretu podanego do wiadomości.

129. Jeżeli KNW postanowi o przejęciu prowadzenia przez siebie pozasądowego procesu karnego, wszelkie wymogi, o których mowa począwszy od n. 91, będą oczywiście ciążyły na niej, z zastrzeżeniem prawa do zwrócenia się o współpracę do niższych instancji, jeżeli będzie to konieczne.

d/ Jak przebiega pozasądowy proces karny według KKKW?

130. Jak powiedziano w n. 94, pozasądowy proces karny prowadzony według KKKW zawiera kilka elementów specyficznych, właściwych temu prawu. Aby nie obciążać niniejszego tekstu i uniknąć zbędnych powtórzeń, poniżej wskazane zostaną tylko te specyficzne elementy. Dlatego też do opisanej dotąd praktyki, wspólnej z KPK, należy dostosować niżej opisane różnice.

131. Przede wszystkim trzeba przypomnieć o obowiązku ścisłego stosowania się do przepisu kan. 1486 KKKW, pod rygorem nieważności dekretu karnego.

132. W pozasądowym procesie karnym prowadzonym według KKKW nie jest przewidziany udział asesorów, natomiast obowiązkowy jest udział rzecznika sprawiedliwości.

133. Posiedzenie, na którym oskarżonemu zostają podane do wiadomości oskarżenie i dowody, powinno odbywać się obowiązkowo w obecności rzecznika sprawiedliwości i notariusza.

134. W myśl kan. 1486 § 1, 2° KKKW, posiedzenie, na którym oskarżony zaznajamiany jest z zarzutami, a następnie przedstawia swoją obronę, odbywa się jedynie w formie ustnej dyskusji. Nie oznacza to jednak, że obrona nie może być przedstawiona w formie pisemnej.

135. Wzywa się do szczególnie uważnego rozważenia, w oparciu o ciężar przestępstwa, czy kary, o których mowa w kan. 1426 § 1 KKKW, są rzeczywiście właściwe dla uzyskania tego, co stanowi kan. 1401 KKKW. Przy podejmowaniu decyzji co do wymierzanej kary należy stosować się do przepisu kan. 1429[14] i kan. 1430[15] KKKW.

136. Hierarcha lub jego delegat powinien zawsze pamiętać, że na podstawie art. 21 § 2, 1° SST zniesione są zakazy, o których mowa w kan. 1402 § 2 KKKW. Dlatego też w drodze dekretu może on wymierzyć karę ekspiacyjną na stałe, uzyskując jednak do tego celu wcześniejsze upoważnienie KNW, wymagane w tymże art. 21 § 2, 1° SST.

137. Przy sporządzaniu dekretu karnego obowiązują kryteria wskazane w n. 119-126.

138. Podanie dekretu do wiadomości odbywa się zgodnie z zasadami ustalonymi w kan. 1520 KKKW i musi mieć właściwą formę.

139. W zakresie wszelkich innych kwestii, nieomówionych w powyższych numerach, należy odnieść się do objaśnień podanych odnośnie do procesu pozasądowego prowadzonego według KPK, w tym również w zakresie ewentualnego prowadzenia procesu przez KNW.

e/ Czy dekret karny objęty jest tajemnicą urzędową?

140. Jak już zostało powiedziane (por. n. 47), akta procesu oraz rozstrzygnięcie objęte są tajemnicą urzędową. Należy cały czas przypominać o tym wszystkim uczestnikom procesu, biorącym w nim udział z jakiegokolwiek tytułu.

141. Dekret należy w całości podać do wiadomości oskarżonego. Jeżeli oskarżonego reprezentuje pełnomocnik, można go doręczyć temu pełnomocnikowi.

VII. Co może się wydarzyć kiedy kończy się procedura karna?

142. W zależności od rodzaju wszczętej procedury istnieją różne możliwości przysługujące osobom występującym w niej jako strony.

143. Jeżeli wszczęta została procedura, o której mowa w art. 21 § 2, 2° SST, ponieważ chodzi tu o akt Papieża, jest on niezaskarżalny (por. kan. 333 § 3 KPK i 45 § 3 KKKW).

144. Jeżeli przeprowadzony został sądowy proces karny, otwierają się możliwości zaskarżenia przewidziane w prawie, którymi są: skarga o nieważność, restitutio in integrum i apelacja.

145. W myśl art. 20, 1° SST, jedynym trybunałem drugiej instancji, do którego można sprawę skierować, jest Trybunał KNW.

146. Przy składaniu apelacji należy przestrzegać przepisów prawa, pamiętając o tym, że art. 28, 2° SST zmienia termin na złożenie apelacji, ustanawiając termin zawity jednego miesiąca, którego bieg należy liczyć zgodnie z dyspozycją kan. 202 § 1 KPK i kan. 1545 § 1 KKKW.

147. Jeżeli przeprowadzony został pozasądowy proces karny, istnieje możliwość złożenia rekursu od kończącego go dekretu, z zachowaniem wymogów, o których mowa w przepisach prawa, tj. kan. 1734 i następne KPK oraz kan. 1487 KKKW (por. część VIII).

148. Apelacje i rekursy, zgodnie z kan. 1353 KPK oraz kan. 1319 i kan. 1487 § 2 KKKW, mają skutek zawieszający karę.

149. Ponieważ kara zostaje zawieszona i następuje powrót do fazy analogicznej do etapu przedprocesowego, pozostają w mocy środki zapobiegawcze, z zachowaniem ograniczeń i trybu opisanych w n. 58-65.

VIII. Co należy uczynić w przypadku rekursu od dekretu karnego?

150. Prawo przewiduje różny tryb postępowania dla każdego z Kodeksów.

a/ Co przewiduje KPK w przypadku rekursu od dekretu karnego?

151. Osoba zamierzająca wnieść rekurs od dekretu karnego, zgodnie z kan. 1734 KPK, powinna najpierw, w terminie zawitym dziesięciu dni użytecznych od zawiadomienia o dekrecie, prosić autora (ordynariusza lub jego delegata) o jego zmianę.

152. Zgodnie z kan. 1735 KPK autor dekretu w terminie trzydziestu dni od otrzymania prośby może na nią odpowiedzieć, poprawiając swój dekret (w takim przypadku jednak wskazane jest, by bezzwłocznie skonsultował się w tej sprawie z KNW) lub odrzucając prośbę. Może również w ogóle na prośbę nie odpowiedzieć.

153. Występując przeciwko poprawionemu dekretowi, odrzuceniu prośby lub brakowi odpowiedzi ze strony autora, składający rekurs może zwrócić się do KNW bezpośrednio, za pośrednictwem autora dekretu (por. kan. 1737 § 1 KPK) lub za pośrednictwem pełnomocnika, w zawitym terminie piętnastu dni użytecznych, o którym mowa w kan. 1737 § 2 KPK[16].

154. Jeżeli rekurs hierarchiczny został złożony autorowi dekretu, ma on obowiązek bezzwłocznie przekazać go do KNW (por. kan. 1737 § 1 KPK). Następnie (podobnie, jak wówczas, gdy rekurs został złożony bezpośrednio do KNW), autor dekretu powinien jedynie czekać na ewentualne instrukcje lub wnioski ze strony KNW, która w każdym przypadku poinformuje go o wyniku rozpatrzenia rekursu.

b/ Co przewiduje KKKW w przypadku rekursu od dekretu karnego?

155. W porównaniu do KPK, procedura oparta na KKKW jest prostsza. Kan. 1487 § 1 KKKW stanowi bowiem jedynie, że rekurs należy przesłać do KNW w terminie dziesięciu dni użytecznych od podania dekretu do wiadomości.

156. Autor dekretu w takim przypadku nie musi nic robić, a jedynie czekać na ewentualne instrukcje lub wnioski ze strony KNW, która w każdym przypadku poinformuje go o wyniku rozpatrzenia rekursu. Jeżeli chodzi o ordynariusza, powinien on przyjąć do wiadomości zawieszający skutek rekursu, o którym mowa w n. 148.

IX. Czy jest coś, o czym trzeba pamiętać zawsze?

157. Od momentu otrzymania wiadomości o przestępstwie oskarżonemu przysługuje prawo do złożenia prośby o zwolnienie ze wszystkich obowiązków związanych ze stanem duchownym, w tym od celibatu, i jednocześnie, z ewentualnych ślubów zakonnych. Ordynariusz lub hierarcha powinien wyraźnie poinformować go o tym prawie. Jeżeli duchowny zdecyduje się skorzystać z tej możliwości, musi napisać stosowną prośbę, skierowaną do Ojca Świętego, w której przedstawi się i wyłoży pokrótce swoje powody. Prośba musi być jasno oznaczona datą i podpisana przez petenta. Należy przekazać ją do KNW wraz z votum ordynariusza lub hierarchy. KNW ze swej strony zajmie się przekazaniem jej i – jeżeli Ojciec Święty przychyli się do prośby – przekaże ordynariuszowi lub hierarsze reskrypt udzielający dyspensy, prosząc go o zgodne z wymogami prawa ogłoszenie go proszącemu.

158. Od wszystkich poszczególnych aktów administracyjnych, wydanych lub zatwierdzonych przez KNW, przysługuje rekurs na podstawie art. 27 SST[17]. Aby rekurs mógł być uznany za dopuszczalny, musi w jasny sposób określać żądanie (petitum) i zawierać uzasadnienie prawne (in iure) oraz faktyczne (in facto), na których się opiera. Składający rekurs musi zawsze korzystać z pomocy adwokata, posiadającego stosowne pełnomocnictwo.

159. Jeżeli dana konferencja biskupów przygotowała wytyczne odnośnie do postępowania w przypadkach seksualnego wykorzystywania osób małoletnich, do czego w 2011 roku zachęcała KNW, niniejszy tekst należy w tych wytycznych uwzględnić.

160. Zdarza się czasami, że wiadomość o przestępstwie dotyczy duchownego już zmarłego. W takim przypadku nie może być wszczęte żadne postępowanie karne.

161. Jeżeli duchowny, którego dotyczy zgłoszenie, umrze w trakcie dochodzenia wstępnego, nie ma możliwości wszczęcia w jego następstwie postępowania karnego. Zaleca się jednak ordynariuszowi lub hierarsze, by tak czy inaczej poinformowali o sprawie KNW.

162. Jeżeli oskarżony duchowny umrze w trakcie prowadzenia procesu karnego, należy o tym powiadomić KNW.

163. Jeżeli w trakcie trwania dochodzenia wstępnego oskarżony duchowny utraci swój stan kanoniczny na skutek udzielenia dyspensy lub wymierzenia kary w innym postępowaniu, ordynariusz lub hierarcha powinien ocenić, czy właściwe jest kontynuowanie dochodzenia wstępnego, z punktu widzenia miłości pasterskiej i uwzględniając potrzebę sprawiedliwości wobec domniemanych ofiar. Jeżeli natomiast tak się wydarzy już po wszczęciu procesu karnego, może być on mimo wszystko doprowadzony do końca, choćby po to, aby ustalić odpowiedzialność za ewentualne przestępstwo i wymierzyć ewentualną karę. Należy przypomnieć, że dla kwalifikacji czynu jako delictum gravius, istotne jest, czy osoba oskarżana była osobą duchowną w chwili popełnienia ewentualnego przestępstwa, a nie w chwili prowadzenia postępowania.

164. Mając na uwadze przepisy zawarte w Instrukcji Sulla riservatezza delle cause z dnia 6 grudnia 2019 r., właściwa władza kościelna (ordynariusz lub hierarcha) powinna odpowiednio informować domniemaną ofiarę oraz osobę oskarżaną, jeżeli zgłoszą taką potrzebę, na temat poszczególnych etapów postępowania, dbając o to, by nie ujawniać informacji objętych sekretem papieskim lub tajemnicą urzędową, których rozpowszechnienie mogłoby przynieść uszczerbek osobom trzecim.

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Zamierzeniem niniejszego Vademecum nie jest zastąpienie formacji specjalistów w sprawach prawa kanonicznego, zwłaszcza w zakresie dotyczącym materii karnej i procesowej. Jedynie pogłębiona znajomość prawa i jego interpretacji może odpowiednio przysłużyć się prawdzie i sprawiedliwości, do których szczególnie starannie należy dążyć w sprawach delicta graviora z uwagi na to, jak głęboką ranę stanowią one dla wspólnoty Kościoła.

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[1] Art. 7 SST - § 1. Przy utrzymaniu w mocy prawa Kongregacji Nauki Wiary do uchylenia przedawnienia w poszczególnych przypadkach, skarga karna odnośnie do przestępstw osądzanych tylko przez Kongregację Nauki Wiary wygasa na skutek przedawnienia po upływie dwudziestu lat. § 2. Przedawnienie liczy się zgodnie z kan. 1362 § 2 Kodeksu Prawa Kanonicznego oraz z kan. 1152 § 3 Kodeksu Kanonów Kościołów Wschodnich. Natomiast w przypadku przestępstwa, o którym w art. 6 § 1, n. 1, przedawnienie zaczyna się liczyć od dnia, w którym nieletni skończył osiemnaście lat.

[2] Art. 24 SST - § 1. W sprawach dotyczących przestępstw, o których mowa w art. 4, § 1, trybunał nie może ujawnić nazwiska oskarżyciela ani oskarżonemu, ani też jego obrońcy, jeśli oskarżyciel nie udzielił wyraźnej zgody. § 2. Tenże trybunał powinien szczególnie uważnie ocenić wiarygodność oskarżyciela. § 3. W każdym wypadku trzeba starać się całkowicie uniknąć jakiegokolwiek niebezpieczeństwa naruszenia tajemnicy sakramentalnej.

[3] Art. 8 SST - § 2. Ten Najwyższy Trybunał sądzi również inne przestępstwa […] ze względu na powiązania osoby i wspólnictwo.

[4] Kan. 1428 KPK - § 1. Sędzia lub przewodniczący trybunału kolegialnego może dla przeprowadzenia instrukcji sprawy wyznaczyć audytora, dobierając go spośród sędziów trybunału albo z osób zatwierdzonych przez biskupa do tej funkcji. § 2. Do sprawowania funkcji audytora biskup może zatwierdzić duchownych lub świeckich, odznaczających się dobrymi obyczajami, roztropnością i wiedzą. Kan. 1093 KKKW - § 1. Sędzia lub przewodniczący trybunału kolegialnego może dla prowadzenia instrukcji sprawy wyznaczyć audytora, dobierając go albo spośród sędziów trybunału albo z chrześcijan dopuszczonych do tego urzędu przez Biskupa eparchialnego. § 2. Biskup eparchialny może dopuścić do urzędu audytora chrześcijan, którzy wyróżniają się dobrymi obyczajami, roztropnością i wiedzą.

[5] Kan. 1722 KPK - Celem uniknięcia zgorszenia, ochrony wolności świadków i gwarancji wymiaru sprawiedliwości, ordynariusz […] może […] oddalić oskarżonego od świętej posługi lub jakiegoś urzędu i zadania kościelnego, oraz nakazać lub zakazać pobytu w jakimś miejscu lub terytorium, a nawet zabronić publicznego uczestnictwa w Najświętszej Eucharystii […]. Kan. 1473 KKKW - Celem uniknięcia zgorszenia, ochrony wolności świadków i gwarancji wymiaru sprawiedliwości, Hierarcha […] może […] zabronić oskarżonemu wykonywania święceń, urzędu, posługi lub innego zadania, nakazać lub zakazać pobytu w jakimś miejscu lub terytorium, a nawet zabronić publicznego przyjmowania Najświętszej Eucharystii […].

[6] Kan. 1339 KPK - § 1. Tego, kto znajduje się w bardzo bliskiej okazji popełnienia przestępstwa lub na kogo w wyniku przeprowadzonego dochodzenia pada poważne podejrzenie popełnienia przestępstwa, ordynariusz może osobiście lub przez innego upomnieć. § 2. Temu, którego postępowanie powoduje zgorszenie lub poważne naruszenie porządku publicznego, może także udzielić nagany, w sposób dostosowany do szczególnych warunków osoby i faktu. § 3. Upomnienie lub nagana powinny być zawsze możliwe do stwierdzenia przynajmniej na podstawie jakiegoś dokumentu przechowywanego w tajnym archiwum kurii. Kan. 1340 § 1 KPK: Pokutą, która może być nałożona w zakresie zewnętrznym, jest obowiązek wykonania jakiegoś aktu religijności, pobożności lub miłości. Kan. 1427 KKKW - § 1. Z zachowaniem prawa partykularnego, publiczna nagana udzielana jest w obecności notariusza lub wobec dwóch świadków, lub w formie pisemnej, tak jednak, aby przyjęcie i treść pisma były możliwe do stwierdzenia na podstawie jakiegoś dokumentu. § 2. Należy się wystrzegać, aby owa nagana publiczna nie spowodowała większej niesławy sprawcy niż jest to proporcjonalne do czynu.

[7] Art. 21 § 2, 2° SST - Kongregacja Nauki Wiary może: […] 2° pozostawić w najcięższych przypadkach bezpośrednio do decyzji Papieża kwestię wydalenia ze stanu duchownego lub pozbawienia urzędu, wraz z dyspensą od prawa celibatu, gdy jest oczywiste popełnienie przestępstwa, po daniu winnemu prawa do obrony.

[8] Kan. 1483 KPK - Pełnomocnik i adwokat winni być pełnoletni i nienaruszonej sławy. Adwokat ma być ponadto katolikiem, chyba że biskup diecezjalny zezwoli inaczej, doktorem prawa kanonicznego lub skądinąd prawdziwie biegłym i zatwierdzonym przez tegoż biskupa.

[9] Ex analogia kan. 1527 KPK - § 1. Mogą być przytoczone dowody jakiegokolwiek rodzaju, które wydają się pożyteczne do poznania sprawy i są godziwe.

[10] Ex analogia kan. 1572 KPK - Przy ocenie zeznań, sędzia, żądając w razie potrzeby świadectw kwalifikacyjnych, winien wziąć pod uwagę: 1) jaki jest stan osoby i jaka jej uczciwość; 2) czy zeznanie jest na podstawie własnej wiedzy, zwłaszcza z osobistego widzenia i słyszenia, czy jest opinią świadka, opiera się na pogłoskach lub na zasłyszeniu od innych; 3) czy świadek jest stały i trwale ze sobą zgodny, czy też zmienny, niepewny lub chwiejny; 4) czy ma współświadków zeznania i czy jest potwierdzony lub nie przez inne elementy dowodowe.

[11] Kan. 1336 KPK - § 1. Kary ekspiacyjne, które mogą obowiązywać przestępcę albo na stałe, albo na czas określony lub nieokreślony, oprócz innych, ustanowionych ewentualnie ustawą, są następujące: 1) zakaz lub nakaz przebywania na określonym miejscu lub terytorium; 2) pozbawienie władzy, urzędu, zadania, prawa, przywileju, uprawnienia, łaski, tytułu, odznaczenia, nawet czysto honorowego; 3) zakaz korzystania z tego, co wyliczono w n. 2, lub zakaz korzystania z tego w określonym miejscu lub poza określonym miejscem; tego rodzaju zakazy nigdy nie powodują nieważności; 4) karne przeniesienie na inny urząd; 5) wydalenie ze stanu duchownego.

[12] Kan. 1337 KPK - § 1. Zakaz przebywania na określonym miejscu lub terytorium może dotyczyć zarówno duchownych, jak i zakonników; natomiast nakaz przebywania - duchownych diecezjalnych oraz zakonników w ramach ich konstytucji. § 2. Do wydania nakazu przebywania na określonym miejscu lub terytorium, wymagana jest zgoda ordynariusza tego miejsca, chyba że chodzi o dom przeznaczony również dla duchownych spoza diecezji, odbywających pokutę lub podejmujących poprawę. Kan. 1338 KPK - § 1. Pozbawienia i zakazy, wyliczone w kan. 1336, § 1, n. 2 i 3, nigdy nie obejmują władzy, urzędów, zadań, praw, przywilejów, uprawnień, łask, tytułów, odznaczeń, które nie podlegają władzy przełożonego ustanawiającego karę. § 2. Nie można pozbawić władzy święceń, lecz jedynie zakazać jej wykonywania lub niektórych jej aktów; również nie można pozbawić kogoś stopni akademickich. § 3. Odnośnie do zakazów wyliczonych w kan. 1336, 1, n. 3 należy zachować normę odnoszącą się do cenzur, podaną w kan. 1335.

[13] Kan. 54 KPK - § 1. Poszczególny dekret, powierzony do realizacji wykonawcy, osiąga swój skutek w momencie wykonania; poza tym od momentu powiadomienia osoby powagą wydającego decyzję. § 2. Tylko wtedy można się domagać wykonania poszczególnego dekretu, gdy został zgodnie z przepisem prawa doręczony jako prawomocny dokument. Kan. 55 KPK - Zachowując przepisy kan. 37 i 51, gdy bardzo poważna przyczyna nie pozwala na doręczenie tekstu dekretu na piśmie, wtedy powiadomienie o dekrecie ma miejsce przez odczytanie temu, dla którego jest przeznaczony, wobec notariusza lub dwóch świadków. Zredagowany dokument o tym fakcie winien być podpisany przez wszystkich obecnych. Kan. 56 KPK - Powiadomienie o dekrecie ma miejsce, jeżeli osoba, dla której jest przeznaczony, prawnie wezwana po odbiór dekretu lub wysłuchanie jego treści, nie mając słusznego powodu nie stawiła się albo odmówiła złożenia podpisu.

[14] Kan. 1429 KKKW - § 1. Zakaz przebywania na określonym miejscu lub terytorium może dotyczyć tylko duchownych, zakonników lub członków stowarzyszeń życia wspólnego na wzór zakonników; natomiast nakaz przebywania na określonym miejscu lub terytorium tylko duchownych należących do eparchii, z zachowaniem prawa instytutów życia konsekrowanego. § 2. Do wydania nakazu przebywania na określonym miejscu lub terytorium wymagana jest zgoda Hierarchy miejsca, chyba że odnosi się to albo do domu instytutu życia konsekrowanego na prawie papieskim lub patriarszym, w którym to przypadku wymagana jest zgoda właściwego przełożonego, albo do domu wyznaczonego dla wielu duchownych eparchialnych dla pokuty lub poprawy.

[15] Kan. 1430 KKKW - § 1. Pozbawienia karne mogą dotyczyć tylko tej władzy, urzędów, posług, zadań, praw, przywilejów, uprawnień, łask, tytułów, odznaczeń, które znajdują się pod władzą przełożonego ustanawiającego karę lub Hierarchy, który ustanowił sąd karny lub je wymierzył dekretem; to samo dotyczy karnego przeniesienia na inny urząd. § 2. Nie można pozbawić władzy święceń, lecz tylko zabronić wykonywania wszystkich lub niektórych jej aktów według norm prawa wspólnego; również nie można pozbawić kogoś stopni akademickich.

[16] Kan. 1737 § 2 KPK - Rekurs należy wnieść w zawitym terminie piętnastu użytecznych dni, które […] biegną według przepisu kan. 1735.

[17] Art. 27 SST - Przeciw poszczególnym aktom administracyjnym, wydanym lub zatwierdzonym przez Kongregację Nauki Wiary w przypadkach przestępstw, które osądza tylko ona, dopuszcza się odwołanie, które winno zostać przedłożone w nieprzekraczalnym terminie sześćdziesięciu dni użytecznych Kongregacji Zwyczajnej (czyli Feria IV) tejże dykasterii, która osądza zasadność i zgodność z prawem, eliminując jakiekolwiek dalsze odwołanie, o czym w art. 123 Konstytucji apostolskiej „Pastor bonus”.

[00874-PL.01] [Testo originale: Italiano]