Messaggio del Santo Padre
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Pubblichiamo di seguito il Messaggio del Santo Padre Francesco per la 54ma Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali che quest’anno si celebra, in molti Paesi, domenica 24 maggio, Solennità dell’Ascensione del Signore:
Messaggio del Santo Padre
«Perché tu possa raccontare e fissare nella memoria» (Es 10,2).
La vita si fa storia
Desidero dedicare il Messaggio di quest’anno al tema della narrazione, perché credo che per non smarrirci abbiamo bisogno di respirare la verità delle storie buone: storie che edifichino, non che distruggano; storie che aiutino a ritrovare le radici e la forza per andare avanti insieme. Nella confusione delle voci e dei messaggi che ci circondano, abbiamo bisogno di una narrazione umana, che ci parli di noi e del bello che ci abita. Una narrazione che sappia guardare il mondo e gli eventi con tenerezza; che racconti il nostro essere parte di un tessuto vivo; che riveli l’intreccio dei fili coi quali siamo collegati gli uni agli altri.
1. Tessere storie
L’uomo è un essere narrante. Fin da piccoli abbiamo fame di storie come abbiamo fame di cibo. Che siano in forma di fiabe, di romanzi, di film, di canzoni, di notizie…, le storie influenzano la nostra vita, anche se non ne siamo consapevoli. Spesso decidiamo che cosa sia giusto o sbagliato in base ai personaggi e alle storie che abbiamo assimilato. I racconti ci segnano, plasmano le nostre convinzioni e i nostri comportamenti, possono aiutarci a capire e a dire chi siamo.
L’uomo non è solo l’unico essere che ha bisogno di abiti per coprire la propria vulnerabilità (cfr Gen 3,21), ma è anche l’unico che ha bisogno di raccontarsi, di “rivestirsi” di storie per custodire la propria vita. Non tessiamo solo abiti, ma anche racconti: infatti, la capacità umana di “tessere” conduce sia ai tessuti, sia ai testi. Le storie di ogni tempo hanno un “telaio” comune: la struttura prevede degli “eroi”, anche quotidiani, che per inseguire un sogno affrontano situazioni difficili, combattono il male sospinti da una forza che li rende coraggiosi, quella dell’amore. Immergendoci nelle storie, possiamo ritrovare motivazioni eroiche per affrontare le sfide della vita.
L’uomo è un essere narrante perché è un essere in divenire, che si scopre e si arricchisce nelle trame dei suoi giorni. Ma, fin dagli inizi, il nostro racconto è minacciato: nella storia serpeggia il male.
2. Non tutte le storie sono buone
«Se mangerai, diventerai come Dio» (cfr Gen 3,4): la tentazione del serpente inserisce nella trama della storia un nodo duro da sciogliere. “Se possederai, diventerai, raggiungerai…”, sussurra ancora oggi chi si serve del cosiddetto storytelling per scopi strumentali. Quante storie ci narcotizzano, convincendoci che per essere felici abbiamo continuamente bisogno di avere, di possedere, di consumare. Quasi non ci accorgiamo di quanto diventiamo avidi di chiacchiere e di pettegolezzi, di quanta violenza e falsità consumiamo. Spesso sui telai della comunicazione, anziché racconti costruttivi, che sono un collante dei legami sociali e del tessuto culturale, si producono storie distruttive e provocatorie, che logorano e spezzano i fili fragili della convivenza. Mettendo insieme informazioni non verificate, ripetendo discorsi banali e falsamente persuasivi, colpendo con proclami di odio, non si tesse la storia umana, ma si spoglia l’uomo di dignità.
Ma mentre le storie usate a fini strumentali e di potere hanno vita breve, una buona storia è in grado di travalicare i confini dello spazio e del tempo. A distanza di secoli rimane attuale, perché nutre la vita.
In un’epoca in cui la falsificazione si rivela sempre più sofisticata, raggiungendolivelli esponenziali (il deepfake), abbiamo bisogno di sapienza per accogliere e creare racconti belli, veri e buoni. Abbiamo bisogno di coraggio per respingere quelli falsi e malvagi. Abbiamo bisogno di pazienza e discernimento per riscoprire storie che ci aiutino a non perdere il filo tra le tante lacerazioni dell’oggi; storie che riportino alla luce la verità di quel che siamo, anche nell’eroicità ignorata del quotidiano.
3. La Storia delle storie
La Sacra Scrittura è una Storia di storie. Quante vicende, popoli, persone ci presenta! Essa ci mostra fin dall’inizio un Dio che è creatore e nello stesso tempo narratore. Egli infatti pronuncia la sua Parola e le cose esistono (cfr Gen 1). Attraverso il suo narrare Dio chiama alla vita le cose e, al culmine, crea l’uomo e la donna come suoi liberi interlocutori, generatori di storia insieme a Lui. In un Salmo, la creatura racconta al Creatore: «Sei tu che hai formato i miei reni e mi hai tessuto nel seno di mia madre. Io ti rendo grazie: hai fatto di me una meraviglia stupenda […]. Non ti erano nascoste le mie ossa, quando venivo formato nel segreto, ricamato nelle profondità della terra» (139,13-15). Non siamo nati compiuti, ma abbiamo bisogno di essere costantemente “tessuti” e “ricamati”. La vita ci è stata donata come invito a continuare a tessere quella “meraviglia stupenda” che siamo.
In questo senso la Bibbia è la grande storia d’amore tra Dio e l’umanità. Al centro c’è Gesù: la sua storia porta a compimento l’amore di Dio per l’uomo e al tempo stesso la storia d’amore dell’uomo per Dio. L’uomo sarà così chiamato, di generazione in generazione, a raccontare e fissare nella memoria gli episodi più significativi di questa Storia di storie, quelli capaci di comunicare il senso di ciò che è accaduto.
Il titolo di questo Messaggio è tratto dal libro dell’Esodo, racconto biblico fondamentale che vede Dio intervenire nella storia del suo popolo. Infatti, quando i figli d’Israele schiavizzati gridano a Lui, Dio ascolta e si ricorda: «Dio si ricordò della sua alleanza con Abramo, Isacco e Giacobbe. Dio guardò la condizione degli Israeliti, Dio se ne diede pensiero» (Es 2,24-25). Dalla memoria di Dio scaturisce la liberazione dall’oppressione, che avviene attraverso segni e prodigi. È a questo punto che il Signore consegna a Mosè il senso di tutti questi segni: «perché tu possa raccontare e fissare nella memoria di tuo figlio e del figlio di tuo figlio i segni che ho compiuti: così saprete che io sono il Signore!» (Es 10,2). L’esperienza dell’Esodo ci insegna che la conoscenza di Dio si trasmette soprattutto raccontando, di generazione in generazione, come Egli continua a farsi presente. Il Dio della vita si comunica raccontando la vita.
Gesù stesso parlava di Dio non con discorsi astratti, ma con le parabole, brevi narrazioni, tratte dalla vita di tutti i giorni. Qui la vita si fa storia e poi, per l’ascoltatore, la storia si fa vita: quella narrazione entra nella vita di chi l’ascolta e la trasforma.
Anche i Vangeli, non a caso, sono dei racconti. Mentre ci informano su Gesù, ci “performano”[1] a Gesù, ci conformano a Lui: il Vangelo chiede al lettore di partecipare alla stessa fede per condividere la stessa vita. Il Vangelo di Giovanni ci dice che il Narratore per eccellenza – il Verbo, la Parola – si è fatto narrazione: «Il Figlio unigenito, che è Dio ed è nel seno del Padre, è lui che lo ha raccontato» (Gv 1,18). Ho usato il termine “raccontato” perché l’originale exeghésato può essere tradotto sia “rivelato” sia “raccontato”. Dio si è personalmente intessuto nella nostra umanità, dandoci così un nuovo modo di tessere le nostre storie.
4. Una storia che si rinnova
La storia di Cristo non è un patrimonio del passato, è la nostra storia, sempre attuale. Essa ci mostra che Dio ha preso a cuore l’uomo, la nostra carne, la nostra storia, fino a farsi uomo, carne e storia. Ci dice pure che non esistono storie umane insignificanti o piccole. Dopo che Dio si è fatto storia, ogni storia umana è, in un certo senso, storia divina. Nella storia di ogni uomo il Padre rivede la storia del suo Figlio sceso in terra. Ogni storia umana ha una dignità insopprimibile. Perciò l’umanità merita racconti che siano alla sua altezza, a quell’altezza vertiginosa e affascinante alla quale Gesù l’ha elevata.
«Voi – scriveva San Paolo – siete una lettera di Cristo scritta non con inchiostro, ma con lo Spirito del Dio vivente, non su tavole di pietra, ma su tavole di cuori umani» (2 Cor 3,3). Lo Spirito Santo, l’amore di Dio, scrive in noi. E scrivendoci dentro fissa in noi il bene, ce lo ricorda. Ri-cordare significa infatti portare al cuore, “scrivere” sul cuore. Per opera dello Spirito Santo ogni storia, anche quella più dimenticata, anche quella che sembra scritta sulle righe più storte, può diventare ispirata, può rinascere come capolavoro, diventando un’appendice di Vangelo. Come le Confessioni di Agostino. Come il Racconto del Pellegrino di Ignazio. Come la Storia di un’anima di Teresina di Gesù Bambino. Come i Promessi Sposi, come I fratelli Karamazov. Come innumerevoli altre storie, che hanno mirabilmente sceneggiato l’incontro tra la libertà di Dio e quella dell’uomo. Ciascuno di noi conosce diverse storie che profumano di Vangelo, che hanno testimoniato l’Amore che trasforma la vita. Queste storie reclamano di essere condivise, raccontate, fatte vivere in ogni tempo, con ogni linguaggio, con ogni mezzo.
5. Una storia che ci rinnova
In ogni grande racconto entra in gioco il nostro racconto. Mentre leggiamo la Scrittura, le storie dei santi, e anche quei testi che hanno saputo leggere l’anima dell’uomo e portarne alla luce la bellezza, lo Spirito Santo è libero di scrivere nel nostro cuore, rinnovando in noi la memoria di quello che siamo agli occhi di Dio. Quando facciamo memoria dell’amore che ci ha creati e salvati, quando immettiamo amore nelle nostre storie quotidiane, quando tessiamo di misericordia le trame dei nostri giorni, allora voltiamo pagina. Non rimaniamo più annodati ai rimpianti e alle tristezze, legati a una memoria malata che ci imprigiona il cuore ma, aprendoci agli altri, ci apriamo alla visione stessa del Narratore. Raccontare a Dio la nostra storia non è mai inutile: anche se la cronaca degli eventi rimane invariata, cambiano il senso e la prospettiva. Raccontarsi al Signore è entrare nel suo sguardo di amore compassionevole verso di noi e verso gli altri. A Lui possiamo narrare le storie che viviamo, portare le persone, affidare le situazioni. Con Lui possiamo riannodare il tessuto della vita, ricucendo le rotture e gli strappi. Quanto ne abbiamo bisogno, tutti!
Con lo sguardo del Narratore – l’unico che ha il punto di vista finale – ci avviciniamo poi ai protagonisti, ai nostri fratelli e sorelle, attori accanto a noi della storia di oggi. Sì, perché nessuno è una comparsa nella scena del mondo e la storia di ognuno è aperta a un possibile cambiamento. Anche quando raccontiamo il male, possiamo imparare a lasciare lo spazio alla redenzione, possiamo riconoscere in mezzo al male anche il dinamismo del bene e dargli spazio.
Non si tratta perciò di inseguire le logiche dello storytelling, né di fare o farsi pubblicità, ma di fare memoria di ciò che siamo agli occhi di Dio, di testimoniare ciò che lo Spirito scrive nei cuori, di rivelare a ciascuno che la sua storia contiene meraviglie stupende. Per poterlo fare, affidiamoci a una donna che ha tessuto l’umanità di Dio nel grembo e, dice il Vangelo, ha tessuto insieme tutto quanto le avveniva. La Vergine Maria tutto infatti ha custodito, meditandolo nel cuore (cfr Lc 2,19). Chiediamo aiuto a lei, che ha saputo sciogliere i nodi della vita con la forza mite dell’amore:
O Maria, donna e madre, tu hai tessuto nel grembo la Parola divina, tu hai narrato con la tua vita le opere magnifiche di Dio. Ascolta le nostre storie, custodiscile nel tuo cuore e fai tue anche quelle storie che nessuno vuole ascoltare. Insegnaci a riconoscere il filo buono che guida la storia. Guarda il cumulo di nodi in cui si è aggrovigliata la nostra vita, paralizzando la nostra memoria. Dalle tue mani delicate ogni nodo può essere sciolto. Donna dello Spirito, madre della fiducia, ispira anche noi. Aiutaci a costruire storie di pace, storie di futuro. E indicaci la via per percorrerle insieme.
Roma, presso San Giovanni in Laterano, 24 gennaio 2020,
Memoria di San Francesco di Sales
FRANCISCUS
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[1] Cfr Benedetto XVI, Enc. Spe salvi, 2: «Il messaggio cristiano non era solo “informativo”, ma “performativo”. Ciò significa: il Vangelo non è soltanto una comunicazione di cose che si possono sapere, ma è una comunicazione che produce fatti e cambia la vita».
[00107-IT.01] [Testo originale: Italiano]
Traduzione in lingua francese
« Afin que tu puisses raconter à ton fils et au fils de ton fils » (Ex. 10, 2).
La vie se fait Histoire
Je veux consacrer le Message de cette année au thème de la narration, parce que je crois que, pour ne pas s’égarer, nous avons besoin de respirer la vérité des bons récits: des récits qui construisent, et non qui détruisent; des récits qui aident à retrouver des racines et la force d'aller de l'avant ensemble. Dans la confusion des voix et des messages qui nous entourent, nous avons besoin d'un récit humain, qui parle de nous et de la beauté qui nous habite. Un récit qui sache regarder le monde et les événements avec tendresse ; qui raconte que nous faisons partie d'un tissu vivant ; qui révèle l'entrelacement des fils par lesquels nous sommes rattachés les uns aux autres.
1. Tisser des récits
L'homme est un être narrateur. Dès notre plus jeune âge, nous avons faim de récits comme nous avons faim de nourriture. Qu'ils soient sous forme de fables, de romans, de films, de chansons, de nouvelles ... les récits affectent nos vies, même si nous n’en sommes pas conscients. Nous décidons souvent ce qui est bien ou mal en fonction des personnages et des récits que nous avons assimilés. Les récits nous marquent, façonnent nos convictions et nos comportements, ils peuvent nous aider à comprendre et à dire qui nous sommes.
L'homme n'est pas seulement le seul être qui ait besoin de vêtements pour couvrir sa vulnérabilité (cf. Gn 3, 21), mais il est aussi le seul qui ait besoin de se raconter, de “se revêtir” d’histoires pour protéger sa vie. Nous tissons non seulement des vêtements, mais aussi des récits : en effet, la capacité humaine à “tisser” conduit à la fois aux tissus et aux textes. Les récits de tous les temps ont un “cadre” commun : la structure prévoit des “héros”, même quotidiens, qui, pour poursuivre un rêve, affrontent des situations difficiles, combattent le mal, stimulés par une force qui les rend courageux, celle de l'amour. En nous immergeant dans les récits, nous pouvons retrouver des motivations héroïques pour faire face aux défis de la vie.
L'homme est un être narrateur parce qu'il est un être en devenir, qui se découvre et s’enrichit dans la trame de ses jours. Mais, depuis les origines, notre récit est menacé : le mal s’insinue dans l'histoire.
2. Tous les récits ne sont pas bons
«Si vous mangez, vous deviendrez comme Dieu» (cf. Gn 3, 4) : la tentation du serpent insère dans la trame du récit un nœud difficile à défaire. "Si tu possèdes, tu deviendras, tu atteindras...", murmurent encore aujourd'hui ceux qui se servent du dit storytelling pour instrumentaliser. Combien de récits nous intoxiquent, en nous persuadant que, pour être heureux, nous aurions constamment besoin d'avoir, de posséder, de consommer. Nous ne réalisons pratiquement pas à quel point nous devenons avides de tapages et de commérages; nous consommons tant de violence et de fausseté. Souvent sur les toiles de la communication, au lieu de récits constructifs, qui sont un vecteur de liens sociaux et de tissu culturel, des récits destructeurs et offensants sont élaborés, détruisant et brisant les fils fragiles de la cohabitation. En rassemblant des informations non vérifiées, en répétant des discours insignifiants et faussement persuasifs, en blessant avec des propos de haine, on ne tisse pas l'histoire humaine, mais on dépouille l'homme de sa dignité.
Cependant, tandis que les récits instrumentalisés et utilisés à des fins de domination ont la vie courte, un bon récit est capable de transcender les frontières de l'espace et du temps. Des siècles plus tard, il reste pertinent, parce qu'il nourrit la vie.
À une époque où la falsification devient de plus en plus sophistiquée, atteignant des niveaux exponentiels (le deepfake), nous avons besoin de sagesse pour accueillir et créer de beaux, de vrais et de bons récits. Nous avons besoin de courage pour repousser ceux qui sont faux et mauvais. Nous avons besoin de patience et de discernement pour redécouvrir des récits qui nous aident à ne pas perdre le fil au milieu des nombreuses afflictions d'aujourd'hui; des récits qui remettent en lumière la vérité de ce que nous sommes, jusque dans l'héroïsme ignoré de la vie quotidienne.
3. Le Récit des récits
L'Écriture Sainte est le Récit des récits. Combien d’événements, de peuples, de personnes nous présente-t-elle! Elle nous montre dès le début un Dieu qui est créateur et en même temps narrateur. En effet, il prononce sa Parole et les choses existent (cf. Gn 1). A travers sa narration, Dieu appelle les choses à la vie et, au sommet, il crée l'homme et la femme comme ses interlocuteurs libres, générateurs de récits avec lui. Dans un Psaume, la créature raconte au Créateur : «C'est toi qui as créé mes reins, qui m'as tissé dans le sein de ma mère. Je reconnais devant toi le prodige, l'être étonnant que je suis [...] Mes os n'étaient pas cachés pour toi quand j'étais façonné dans le secret, modelé aux entrailles de la terre» (Ps 138 (139), 13-15). Nous ne sommes pas nés accomplis, mais nous avons besoin d'être constamment "tissés" et "brodés". La vie nous a été donnée comme une invitation à continuer à tisser cette “étonnante merveille” que nous sommes.
En ce sens, la Bible est la grande histoire d'amour entre Dieu et l'humanité. Au centre se trouve Jésus: son histoire porte à son accomplissement l'amour de Dieu pour l'homme et en même temps l'histoire d'amour de l'homme pour Dieu. Ainsi l'homme sera appelé, de génération en génération, à raconter et à fixer dans la mémoire les épisodes les plus significatifs de ce Récit des récits, ceux qui sont capables de communiquer le sens de ce qui s'est advenu.
Le titre de ce Message est tiré du livre de l'Exode, un récit biblique fondamental où l’on voit Dieu intervenir dans l'histoire de son peuple. En effet, lorsque les enfants d'Israël asservis crient vers lui, Dieu écoute et se souvient : «Dieu entendit leur plainte; Dieu se souvint de son alliance avec Abraham, Isaac et Jacob. Dieu regarda les fils d’Israël, et Dieu les reconnut» (Ex 2, 24-25). De la mémoire de Dieu survient la libération de l'oppression, s’accomplissant à travers des signes et des prodiges. C'est à ce moment-là que le Seigneur donne à Moïse le sens de tous ces signes : «afin que tu puisses raconter et fixer dans la mémoire de ton fils et du fils de ton fils quels signes j’ai accomplis. Alors, vous saurez que je suis le Seigneur!» (Ex 10, 2). L'expérience de l'Exode nous enseigne que la connaissance de Dieu se transmet avant tout en racontant, de génération en génération, comment il continue à être présent. Le Dieu de la vie se communique en racontant la vie.
Jésus lui-même parlait de Dieu, non pas avec des discours abstraits, mais avec des paraboles, des récits courts, tirés de la vie quotidienne. Ici, la vie devient récit et ensuite, pour l'auditeur, le récit prend vie : cette narration entre dans la vie de celui qui l'écoute et la transforme.
Même les évangiles, ce n’est pas un hasard, sont des récits. Alors qu’ils nous informent sur Jésus, ils nous “performent”[1] à Jésus, ils nous conforment à lui : l'Évangile demande au lecteur de participer à la même foi afin de partager la même vie. L'Évangile de Jean nous dit que le Narrateur par excellence - le Verbe, la Parole – s’est fait narration : «Le Fils Unique engendré, lui qui est Dieu, lui qui est dans le sein du Père, c’est lui qui l’a raconté» (Jn 1, 18). J'ai utilisé le terme "raconté" parce que l’original exeghésato peut être traduit par "révélé" ou "raconté". Dieu s’est personnellement inséré dans notre humanité, nous donnant ainsi une nouvelle façon de tisser nos récits.
4. Une histoire qui se renouvelle
L'histoire du Christ n'est pas un patrimoine du passé, c'est notre histoire, toujours actuelle. Elle nous montre que Dieu a pris à cœur l'homme, notre chair, notre histoire, au point de se faire homme, chair et histoire. Il nous dit aussi qu'il n'y a pas d'histoires humaines insignifiantes ou petites. Après que Dieu s’est fait histoire, chaque histoire humaine est, en un certain sens, l'histoire divine. Dans l'histoire de chaque homme, le Père revisite l'histoire de son Fils descendu sur terre. Chaque histoire humaine a une dignité inviolable. Par conséquent, l'humanité mérite des récits qui soient à sa hauteur, à cette hauteur vertigineuse et fascinante à laquelle Jésus l'a élevée.
«De toute évidence – écrit saint Paul – vous êtes cette lettre du Christ, écrite non pas avec de l’encre, mais avec l’Esprit du Dieu vivant, non pas, comme la Loi, sur des tables de pierre, mais sur des tables de chair, sur vos cœurs.» (2 Co 3, 3). L'Esprit Saint, l'amour de Dieu, écrit en nous. Et en écrivant ainsi en nous, il fixe le bien et nous le rappelle. Rappeler signifie en fait reporter au cœur, "écrire" sur le cœur. Par l'œuvre de l'Esprit Saint, chaque histoire, même la plus oubliée, même celle qui semble écrite sur les lignes les plus tordues, peut devenir inspirée, peut renaître comme un chef-d'œuvre, en devenant un prolongement de l'Évangile. Comme les Confessions d'Augustin. Comme le Récit du Pèlerin d'Ignace. Comme l’Histoire d'une âme de Thérèse de l’Enfant Jésus. Comme Les Fiancés, comme les Frères Karamazov. Comme d'innombrables autres récits, qui ont admirablement mis en scène la rencontre entre la liberté de Dieu et celle de l'homme. Chacun de nous connaît diverses histoires qui ont une odeur d'Évangile, qui ont témoigné de l'Amour qui transforme la vie. Ces histoires réclament d’être partagées, racontées, pour les faire vivre en tout temps, avec tout langage, par tous les moyens.
5. Une histoire qui nous renouvelle
Dans chaque grand récit, notre histoire entre en jeu. En lisant l'Écriture, les histoires des saints, ainsi que ces textes qui ont su lire l'âme humaine et mettre en lumière sa beauté, l'Esprit Saint est libre d'écrire dans nos cœurs, en renouvelant en nous la mémoire de ce que nous sommes aux yeux de Dieu. Quand nous faisons mémoire de l'amour qui nous a créés et sauvés, quand nous mettons de l'amour dans nos récits quotidiens, quand nous tissons de miséricorde la trame de nos jours, alors nous tournons la page. Nous ne restons plus attachés aux regrets et aux tristesses, reliés à une mémoire malade qui emprisonne nos cœurs mais, en nous ouvrant aux autres, nous nous ouvrons à la vision même du Narrateur. Raconter à Dieu notre histoire n'est jamais inutile : même si la chronique des événements reste inchangée, le sens et la perspective changent. Se raconter au Seigneur, c'est entrer dans son regard d'amour compatissant envers nous et envers les autres. Nous pouvons lui raconter les histoires que nous vivons, porter les personnes, confier les situations. Nous pouvons avec lui reprendre le tissu de la vie, en recousant les ruptures et les déchirures. Combien en avons-nous besoin, tous !
Avec le regard du Narrateur – le seul qui a l’ultime point de vue – nous nous approchons ensuite des protagonistes, nos frères et sœurs, acteurs à côté de nous de l'histoire d'aujourd'hui. Oui, parce que personne n'est un figurant sur la scène mondiale et l'histoire de chacun est ouverte à un possible changement. Même lorsque nous racontons le mal, nous pouvons apprendre à laisser de l'espace à la rédemption, nous pouvons aussi reconnaître, au milieu du mal, le dynamisme du bien et lui faire de la place.
Il ne s'agit donc pas de poursuivre la logique du storytelling, ni de faire ou de se faire de la publicité, mais de se souvenir de ce que nous sommes aux yeux de Dieu, de témoigner de ce que l'Esprit écrit dans les cœurs, de révéler à chacun que son histoire contient d’étonnantes merveilles. Pour ce faire, confions-nous à une femme qui a tissé l'humanité de Dieu dans son sein et, comme le dit l'Évangile, elle a tissé avec tout ce qui lui arrivait. La Vierge Marie a, en effet, tout conservé, méditant dans son cœur (cf. Lc 2,19). Demandons-lui de l'aide, elle qui a pu défaire les nœuds de la vie avec la douce force de l'amour :
O Marie, femme et mère, tu as tissé dans ton sein la Parole divine, tu as raconté avec ta vie les œuvres magnifiques de Dieu. Écoute nos histoires, conserve-les dans ton cœur, et fais aussi tiennes ces histoires que personne ne veut entendre. Apprends-nous à reconnaître le bon fil qui guide l'histoire. Regarde les nœuds dans lesquels notre vie s’est emmêlée, paralysant notre mémoire. Avec tes mains délicates chaque nœud peut être défait. Femme de l'Esprit, mère de la confiance, inspire-nous aussi. Aide-nous à édifier des histoires de paix, des histoires d'avenir. Et indique-nous le chemin à parcourir ensemble.
Donné à Rome, près de Saint Jean de Latran,
le 24 janvier 2020, Mémoire de Saint François de Sales
FRANCISCUS
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[1] Cf. Benoît XVI, Lettre enc. Spe salvi, n. 2: «Le message chrétien n'était pas seulement « informatif », mais « performatif ». Cela signifie que l'Évangile n'est pas uniquement une communication d'éléments que l'on peut connaître, mais une communication qui produit des faits et qui change la vie.»
[00107-FR.01] [Texte original: Italien]
Traduzione in lingua inglese
“That you may tell your children and grandchildren” (Ex 10:2)
Life becomes history
I would like to devote this year’s Message to the theme of storytelling, because I believe that, so as not to lose our bearings, we need to make our own the truth contained in good stories. Stories that build up, not tear down; stories that help us rediscover our roots and the strength needed to move forward together. Amid the cacophony of voices and messages that surround us, we need a human story that can speak of ourselves and of the beauty all around us. A narrative that can regard our world and its happenings with a tender gaze. A narrative that can tell us that we are part of a living and interconnected tapestry. A narrative that can reveal the interweaving of the threads which connect us to one another.
1. Weaving stories
Human beings are storytellers. From childhood we hunger for stories just as we hunger for food. Stories influence our lives, whether in the form of fairy tales, novels, films, songs, news, even if we do not always realize it. Often we decide what is right or wrong based on characters and stories we have made our own. Stories leave their mark on us; they shape our convictions and our behaviour. They can help us understand and communicate who we are.
We are not just the only beings who need clothing to cover our vulnerability (cf. Gen 3: 21); we are also the only ones who need to be “clothed” with stories to protect our lives. We weave not only clothing, but also stories: indeed, the human capacity to “weave” (Latin texere) gives us not only the word textile but also text. The stories of different ages all have a common “loom”: the thread of their narrative involves “heroes”, including everyday heroes, who in following a dream confront difficult situations and combat evil, driven by a force that makes them courageous, the force of love. By immersing ourselves in stories, we can find reasons to heroically face the challenges of life.
Human beings are storytellers because we are engaged in a process of constant growth, discovering ourselves and becoming enriched in the tapestry of the days of our life. Yet since the very beginning, our story has been threatened: evil snakes its way through history.
2. Not all stories are good stories
“When you eat of it … you will be like God” (cf. Gen 3:4): the temptation of the serpent introduces into the fabric of history a knot difficult to undo. “If you possess, you will become, you will achieve…” This is the message whispered by those who even today use storytelling for purposes of exploitation. How many stories serve to lull us, convincing us that to be happy we continually need to gain, possess and consume. We may not even realize how greedy we have become for chatter and gossip, or how much violence and falsehood we are consuming. Often on communication platforms, instead of constructive stories which serve to strengthen social ties and the cultural fabric, we find destructive and provocative stories that wear down and break the fragile threads binding us together as a society. By patching together bits of unverified information, repeating banal and deceptively persuasive arguments, sending strident and hateful messages, we do not help to weave human history, but instead strip others of their dignity.
But whereas the stories employed for exploitation and power have a short lifespan, a good story can transcend the confines of space and time. Centuries later, it remains timely, for it nourishes life.
In an age when falsification is increasingly sophisticated, reaching exponential levels (as in deepfake), we need wisdom to be able to welcome and create beautiful, true and good stories. We need courage to reject false and evil stories. We need patience and discernment to rediscover stories that help us not to lose the thread amid today’s many troubles. We need stories that reveal who we truly are, also in the untold heroism of everyday life.
3. The Story of stories
Sacred Scripture is a Story of stories. How many events, peoples and individuals it sets before us! It shows us from the very beginning a God who is both creator and narrator. Indeed, God speaks his word and things come into existence (cf. Gen 1). As narrator, God calls things into life, culminating in the creation of man and woman as his free dialogue partners, who make history alongside him. In one of the Psalms, the creature tells the creator: “For you formed my inward parts; you knitted me together in my mother’s womb. I praise you, for I am fearfully and wonderfully made … My frame was not hidden from you, when I was being made in secret, intricately woven in the depths of the earth” (139:13-15). We are not born complete, but need to be constantly “woven”, “knitted together”. Life is given to us as an invitation to continue to weave the “wonderful” mystery that we are.
The Bible is thus the great love story between God and humanity. At its centre stands Jesus, whose own story brings to fulfilment both God’s love for us and our love for God. Henceforth, in every generation, men and women are called to recount and commit to memory the most significant episodes of this Story of stories, those that best communicate its meaning.
The title of this year’s Message is drawn from the Book of Exodus, a primordial biblical story in which God intervenes in the history of his people. When the enslaved children of Israel cry out to Him, God listens and remembers: “God remembered His covenant with Abraham, with Isaac and with Jacob. God saw the people of Israel – and God knew” (Ex 2: 24-25). God’s memory brings liberation from oppression through a series of signs and wonders. The Lord then reveals to Moses the meaning of all these signs: “that you may tell in the hearing of your children and grandchildren… what signs I have done among them, that you may know that I am the Lord” (Ex 10:2). The Exodus experience teaches us that knowledge of the Lord is handed down from generation to generation mainly by telling the story of how he continues to make himself present. The God of life communicates with us through the story of life.
Jesus spoke of God not with abstract concepts, but with parables, brief stories taken from everyday life. At this point life becomes story and then, for the listener, story becomes life: the story becomes part of the life of those who listen to it, and it changes them.
The Gospels are also stories, and not by chance. While they tell us about Jesus, they are “performative”[1]; they conform us to Jesus. The Gospel asks the reader to share in the same faith in order to share in the same life. The Gospel of John tells us that the quintessential storyteller – the Word – himself becomes the story: “God’s only Son, who is at the Father’s side, has made him known” (Jn 1: 18). The original verb, exegésato, can be translated both as “revealed” and “recounted”. God has become personally woven into our humanity, and so has given us a new way of weaving our stories.
4. An ever renewed story
The history of Christ is not a legacy from the past; it is our story, and always timely. It shows us that God was so deeply concerned for mankind, for our flesh and our history, to the point that he became man, flesh and history. It also tells us that no human stories are insignificant or paltry. Since God became story, every human story is, in a certain sense, a divine story. In the history of every person, the Father sees again the story of his Son who came down to earth. Every human story has an irrepressible dignity. Consequently, humanity deserves stories that are worthy of it, worthy of that dizzying and fascinating height to which Jesus elevated it.
“You” – Saint Paul wrote – “are a letter from Christ delivered by us, written not with ink but with the Spirit of the living God, not on tablets of stone but on tablets of human hearts” (2 Cor 3:3). The Holy Spirit, the love of God, writes within us. And as he writes within us, he establishes goodness in us and constantly reminds us of it. Indeed, to “re-mind” means to bring to mind, to “write” on the heart. By the power of the Holy Spirit, every story, even the most forgotten one, even the one that seems to be written with the most crooked lines, can become inspired, can be reborn as a masterpiece, and become an appendix to the Gospel. Like the Confessions of Augustine. Like A Pilgrim’s Journey of Ignatius. Like The Story of a Soul of Saint Therese of the Child Jesus. Like The Betrothed, like The Brothers Karamazov. Like countless other stories, which have admirably scripted the encounter between God’s freedom and that of man. Each of us knows different stories that have the fragrance of the Gospel, that have borne witness to the Love that transforms life. These stories cry out to be shared, recounted and brought to life in every age, in every language, in every medium.
5. A story that renews us
Our own story becomes part of every great story. As we read the Scriptures, the stories of the saints, and also those texts that have shed light on the human heart and its beauty, the Holy Spirit is free to write in our hearts, reviving our memory of what we are in God’s eyes. When we remember the love that created and saved us, when we make love a part of our daily stories, when we weave the tapestry of our days with mercy, we are turning another page. We no longer remain tied to regrets and sadness, bound to an unhealthy memory that burdens our hearts; rather, by opening ourselves to others, we open ourselves to the same vision of the great storyteller. Telling God our story is never useless: even if the record of events remains the same, the meaning and perspective are always changing. To tell our story to the Lord is to enter into his gaze of compassionate love for us and for others. We can recount to him the stories we live, bringing to him the people and the situations that fill our lives. With him we can re-weave the fabric of life, darning its rips and tears. How much we, all of us, need to do exactly this!
With the gaze of the great storyteller – the only one who has the ultimate point of view – we can then approach the other characters, our brothers and sisters, who are with us as actors in today’s story. For no one is an extra on the world stage, and everyone’s story is open to possible change. Even when we tell of evil, we can learn to leave room for redemption; in the midst of evil, we can also recognize the working of goodness and give it space.
So it is not a matter of simply telling stories as such, or of advertising ourselves, but rather of remembering who and what we are in God’s eyes, bearing witness to what the Spirit writes in our hearts and revealing to everyone that his or her story contains marvellous things. In order to do this, let us entrust ourselves to a woman who knit together in her womb the humanity of God and, the Gospel tells us, wove together the events of her life. For the Virgin Mary “treasured all these things and pondered them in her heart” (Lk 2: 19). Let us ask for help from her, who knew how to untie the knots of life with the gentle strength of love:
O Mary, woman and mother, you wove the divine Word in your womb, you recounted by your life the magnificent works of God. Listen to our stories, hold them in your heart and make your own the stories that no one wants to hear. Teach us to recognize the good thread that runs through history. Look at the tangled knots in our life that paralyze our memory. By your gentle hands, every knot can be untied. Woman of the Spirit, mother of trust, inspire us too. Help us build stories of peace, stories that point to the future. And show us the way to live them together.
Rome, at Saint John Lateran, 24 January 2020,
the Memorial of Saint Francis de Sales
FRANCISCUS
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[1] Cf. Benedict XVI, Encyclical Letter Spe Salvi, 2: “The Christian message was not only ‘informative’ but ‘performative’. That means: the Gospel is not merely a communication of things that can be known–it is one that makes things happen and is life-changing”.
[00107-EN.01] [Original text: Italian]
Traduzione in lingua tedesca
„Damit du deinem Sohn und deinem Enkel erzählen kannst“ (Ex 10,2).
Das Leben wird Geschichte
Ich möchte die diesjährige Botschaft zum Welttag der sozialen Kommunikationsmittel dem Thema des Erzählens widmen, denn ich glaube, dass wir, wenn wir uns nicht verlieren wollen, die Wahrheit guter Geschichten nötig haben wie den Atem: Geschichten, die erbauen, nicht zerstören; Geschichten, die uns helfen, unsere Wurzeln und die Kraft zu finden, gemeinsam voranzugehen. Im Wirrwarr der uns umgebenden Stimmen und Botschaften brauchen wir ein menschliches Erzählen, das uns von uns und von dem Schönen spricht, das in uns wohnt. Ein Erzählen, das die Welt und die Ereignisse mit Zärtlichkeit zu betrachten versteht; das erzählt, dass wir Teil eines lebendigen Gewebes sind und das zeigt, wie sehr die Fäden, die uns aneinander binden, miteinander verflochten sind.
1. Geschichten weben
Der Mensch ist ein Erzähler. Seit unserer Kindheit hungern wir nach Geschichten, so wie wir nach Nahrung hungern. Ob es nun Märchen, Romane, Filme, Lieder oder Nachrichten sind: Geschichten beeinflussen unser Leben, auch wenn wir uns dessen nicht bewusst sind. Oft entscheiden wir anhand der Charaktere und Geschichten, die wir in uns aufgenommen haben, was richtig oder falsch ist. Geschichten prägen uns, sie formen unsere Überzeugungen und unser Verhalten, sie können uns dabei helfen, zu verstehen und zu sagen, wer wir sind.
Der Mensch ist nicht nur das einzige Lebewesen, das Kleidung braucht, um seine Verwundbarkeit zu verhüllen (vgl. Gen 3,21) – er ist auch das einzige, das von sich erzählen, sich in Geschichten „kleiden“ muss, um sein Leben zu bewahren. Wir weben nicht nur Kleider, sondern auch Erzählungen: die menschliche Fähigkeit zu „weben“ bringt Textilien und Texte hervor. Die Geschichten aller Zeiten haben einen gemeinsamen „Webstuhl“ und die Gewebestruktur sieht „Helden“ vor – auch ganz alltägliche –, die einem Traum nachjagen und dabei schwierige Situationen bewältigen und das Böse bekämpfen, stets getrieben von einer Kraft, die ihnen Mut verleiht: die Kraft der Liebe. Beim Eintauchen in die Geschichten können wir heroische Beweggründe finden, die uns helfen, uns den Herausforderungen des Lebens zu stellen.
Der Mensch ist ein erzählendes Wesen, weil er ein werdendes Wesen ist, das sich im Gewebe des täglichen Lebens entdeckt und darin Bereicherung findet. Doch unsere Erzählung ist von Anfang an bedroht: überall in der Geschichte lauert das Böse.
2. Nicht alle Geschichten sind gut
»Wenn du davon isst, wirst du wie Gott werden« (vgl. Gen 3,4). Die Versuchung durch die Schlange bringt einen nur schwer zu lösenden Knoten in das Gewebe der Geschichte. „Wenn du dieses oder jenes besitzt, dann wirst du, dann erreichst du ...“, flüstern uns auch heute noch jene zu, die das sogenannte storytelling instrumentalisieren. Wie viele Geschichten betäuben uns, machen uns glauben, dass wir, um glücklich zu sein, immer mehr besitzen, immer mehr konsumieren müssen. Wir merken schon gar nicht mehr, wie sehr wir nach Klatsch und Tratsch gieren, wie viel Gewalt und Falschheit wir „konsumieren“. Oft werden auf den „Webstühlen“ der Kommunikation keine konstruktiven Geschichten produziert, die die sozialen Bande und das kulturelle Gewebe zusammenhalten, sondern destruktive und provokative Geschichten, die die zerbrechlichen Fäden des Zusammenlebens abnutzen und zerreißen. Indem man ungeprüfte Informationen zusammenträgt, banales und manipulatives Gerede wiederholt, Hasstiraden auf die anderen entlädt, webt man nicht die Geschichte der Menschen, sondern beraubt sie ihrer Würde.
Aber während jene Geschichten, die für irgendwelche Zwecke oder zur Machtausübung instrumentalisiert werden, nur kurzlebig sind, ist eine gute Geschichte in der Lage, die Grenzen von Raum und Zeit zu überwinden. Sie bleibt über Jahrhunderte hin aktuell, weil sie dem Leben Nahrung gibt. In einem Zeitalter, in dem die Kunst der Fälschung immer raffinierter wird und ein unglaubliches Niveau erreicht hat (Deepfake), brauchen wir Weisheit, um schöne, wahre und gute Geschichten aufzunehmen und hervorzubringen. Wir brauchen Mut, um die falschen und bösartigen Geschichten zurückzuweisen. Und wir brauchen Geduld und Unterscheidungsvermögen, um jene Geschichten wiederzuentdecken, die uns helfen, inmitten der Zerrissenheit unserer Zeit nicht den Faden zu verlieren; Geschichten, die die Wahrheit unseres Seins wieder ans Licht bringen – auch in der oft übersehenen Heroik des Alltags.
3. Die Geschichte der Geschichten
Die Heilige Schrift ist eine Geschichte aus Geschichten. Wie vielen Ereignissen, Völkern und Personen begegnen wir in ihr! Sie zeigt uns von Anfang an einen Gott, der Schöpfer und zugleich Erzähler ist: Er spricht sein Wort, und die Dinge sind da (vgl. Gen 1). Durch sein Wort ruft Gott die Dinge ins Leben und als Höhepunkt der Schöpfung erschafft er den Mann und die Frau als seine freien Gesprächspartner, die gemeinsam mit ihm Geschichte hervorbringen. In einem Psalm erzählt das Geschöpf dem Schöpfer: »Du selbst hast mein Innerstes geschaffen, hast mich gewoben im Schoß meiner Mutter. Ich danke dir, dass ich so staunenswert und wunderbar gestaltet bin. […]. Dir waren meine Glieder nicht verborgen, als ich gemacht wurde im Verborgenen, gewirkt in den Tiefen der Erde« (139,13-15). Wir werden nicht vollkommen geboren – wir müssen immerfort „gewoben“ und „gewirkt“ werden. Das Leben ist uns als Einladung geschenkt, auch weiterhin jenes „staunenswert und wunderbar gestaltete“ Wesen zu „weben“, das wir sind.
In diesem Sinne ist die Bibel die große Liebesgeschichte zwischen Gott und der Menschheit. Im Mittelpunkt steht Jesus: seine Geschichte führt die Liebe Gottes zum Menschen und zugleich auch die Liebesgeschichte des Menschen mit Gott zur Vollendung. Und so ist der Mensch, von Generation zu Generation, gerufen, die wichtigsten Episoden dieser Geschichte aus Geschichten zu erzählen und nicht in Vergessenheit geraten zu lassen: jene Episoden, die geeignet sind, den Sinn dessen mitzuteilen, was sich zugetragen hat.
Der Titel dieser Botschaft ist dem Buch Exodus entnommen, jener grundlegenden biblischen Erzählung, die beschreibt, wie Gott in die Geschichte seines Volks eingreift. Als die geknechteten Kinder Israels zu Gott rufen, schenkt er ihnen Gehör und gedenkt ihrer: »Gott gedachte seines Bundes mit Abraham, Isaak und Jakob. Gott blickte auf die Israeliten. Gott hatte es wahrgenommen« (Ex 2,24-25). Das Gedenken Gottes führt durch Zeichen und Wunder zur Befreiung aus der Knechtschaft. Und an dieser Stelle offenbart Gott dem Mose auch den Sinn all dieser Zeichen: »...damit du deinem Sohn und deinem Enkel erzählen kannst, [...] welche Zeichen ich [...] vollbracht habe. Dann werdet ihr erkennen, dass ich der Herr bin!« (Ex 10,2). Die Erfahrung des Exodus lehrt uns, dass die Erkenntnis Gottes vor allem dadurch vermittelt wird, dass man von Generation zu Generation erzählt, wie Gott auch weiterhin seine Präsenz zeigt. Der Gott des Lebens tut sich kund, indem er das Leben erzählt.
Jesus selbst hat nicht in abstrakten Reden von Gott gesprochen, sondern in Gleichnissen, kurzen, dem Alltag entnommenen Erzählungen. Darin wird Leben Geschichte – und für den Zuhörer wird die Geschichte dann zum Leben: diese Erzählung dringt in das Leben eines jeden ein, der ihr lauscht, und verwandelt es.
So ist es kein Zufall, dass auch die Evangelien Erzählungen sind. Sie informieren uns nicht nur über Jesus, sie sind auch „performativ“[1], sie gestalten uns Jesus gleich: das Evangelium fordert den Leser auf, am Glauben Jesu teilzuhaben, um an seinem Leben Anteil zu erhalten. Das Johannesevangelium sagt uns, dass der Erzähler schlechthin – der logos, das ewige Wort – Erzählung geworden ist: »Der Einzige, der Gott ist und am Herzen des Vaters ruht, er hat Kunde gebracht« (Joh 1,18). Ich habe den Begriff „erzählen“ gebraucht, weil der ursprüngliche Begriff exeghésato sowohl mit „Kunde bringen“ als auch „erzählen“ übersetzt werden kann. Gott selbst hat sich in unsere Menschheit „eingewoben“ und uns so eine neue Art und Weise geschenkt, unsere Geschichten zu weben.
4. Eine Geschichte, die sich erneuert
Die Geschichte Christi ist kein Erbe der Vergangenheit, sie ist unsere Geschichte, und sie ist stets aktuell. Sie zeigt uns, dass der Mensch, unser Fleisch, unsere Geschichte, Gott so sehr am Herzen lag, dass er selbst Mensch, Fleisch und Geschichte geworden ist. Und sie sagt uns auch, dass es keine unbedeutenden, „kleinen“ menschlichen Geschichten gibt. Seit Gott Geschichte geworden ist, ist jede menschliche Geschichte in einem gewissen Sinne göttliche Geschichte. In der Geschichte eines jeden Menschen erkennt der Vater die Geschichte seines auf die Erde herabgestiegenen Sohnes wieder. Jede menschliche Geschichte hat eine ununterdrückbare Würde. Und deshalb verdient die Menschheit auch Geschichten, die ihrem Niveau entsprechen, jener schwindelerregenden und faszinierenden Höhe, auf die Jesus sie emporgehoben hat.
»Unverkennbar seid ihr ein Brief Christi – so bemerkte der heilige Paulus –, … geschrieben nicht mit Tinte, sondern mit dem Geist des lebendigen Gottes, nicht auf Tafeln aus Stein, sondern – wie auf Tafeln – in Herzen von Fleisch« (2Kor 3,3). Der Heilige Geist, die Liebe Gottes, schreibt in uns. Und indem er in uns schreibt, verankert er das Gute in uns und ruft es uns in Erinnerung. Erinnern bedeutet nämlich ans Herz legen, ins Herz „schreiben“. Durch die Kraft des Heiligen Geistes kann jede Geschichte, selbst die vergessenste, selbst die, die auf den schiefsten Zeilen geschrieben zu sein scheint, Inspiration finden, als ein Meisterwerk wiedergeboren, zu einem Anhang des Evangeliums werden. Wie die Bekenntnisse des Augustinus. Wie der Bericht des Pilgers von Ignatius. Wie die Geschichte einer Seele der Theresia vom Kinde Jesus. Wie Die Brautleute von Manzoni oder Die Brüder Karamasow von Dostojewski. Und wie unzählige andere Geschichten, die die Begegnung der Freiheit Gottes mit der des Menschen auf bewundernswerte Weise in Szene gesetzt haben. Jeder von uns kennt verschiedene Geschichten, die den Duft des Evangeliums an sich haben und jene Liebe bezeugen, die das Leben verwandelt. Diese Geschichten verlangen danach, zu jeder Zeit, in jeder Sprache, mit jedem Mittel weitergegeben, erzählt und zum Leben erweckt zu werden.
5. Eine Geschichte, die uns erneuert
In jeder großen Geschichte kommt auch unsere eigene Geschichte vor. Wenn wir die Bibel lesen, die Geschichten der Heiligen und auch die Texte, die in der Seele des Menschen zu lesen und deren Schönheit ans Licht zu bringen vermochten, dann ist der Heilige Geist frei, in unser Herz zu schreiben und in uns die Erinnerung an das zu erneuern, was wir in den Augen Gottes sind. Wenn wir der Liebe gedenken, die uns geschaffen und erlöst hat, wenn wir in unsere Alltagsgeschichten Liebe einfließen lassen, wenn wir in das Gewebe unseres täglichen Lebens Barmherzigkeit hineinweben, dann schlagen wir wirklich ein neues Kapitel auf. Dann bleiben wir nicht länger in unserer Wehmut und unserer Traurigkeit gefangen und an eine krankhafte Erinnerung gebunden, die das Herz gefangen hält. Indem wir uns den anderen öffnen, öffnen wir uns auch der Vision des Erzählers selbst. Gott unsere Geschichte zu erzählen, ist nie umsonst: selbst wenn die äußeren Ereignisse unverändert bleiben, ändern sich doch der Sinn und die Perspektive. Dem Herrn von sich zu erzählen bedeutet, seine Sichtweise anzunehmen, die voll barmherziger Liebe für uns und für die anderen ist. Ihm können wir unsere Erlebnisse erzählen, ihm können wir Menschen und Situationen anvertrauen. Mit Gott können wir das Geflecht des Lebens neu weben, seine Brüche und Risse flicken – wie sehr haben wir das alle nötig!
Mit dem Blick des Erzählers – dem Einzigen, der den letzten Überblick hat – nähern wir uns dann den Protagonisten, unseren Brüdern und Schwestern, die wie wir eine Rolle auf der Bühne der Geschichte von heute spielen. Auf der Bühne der Welt ist nämlich niemand ein Statist, und die Geschichte eines jeden ist offen für eine mögliche Veränderung. Auch wenn wir vom Bösen erzählen, können wir lernen, Raum für die Erlösung zu lassen, können wir inmitten des Bösen auch die Dynamik des Guten erkennen und ihr Raum geben.
Es geht also nicht darum, der Logik des storytellings zu folgen und auch nicht darum, Werbung zu machen oder sich selbst zur Schau zu stellen, sondern das Gedenken an das zu bewahren, was wir in den Augen Gottes sind; für das Zeugnis abzulegen, was der Heilige Geist in unsere Herzen schreibt; allen zu offenbaren, dass ihre Geschichten herrliche Wunder enthalten. Vertrauen wir uns, damit wir das tun können, einer Frau an, die die menschliche Natur Christi in ihrem Schoß „gewoben“ hat, und die – wie das Evangelium sagt – alles, was ihr widerfahren ist, zu einem Gewebe zusammengefügt hat. Die Jungfrau Maria hat nämlich alles bewahrt und in ihrem Herzen erwogen (vgl. Lk 2,19). Bitten wir diejenige um ihre Hilfe, die es verstanden hat, die Knoten des Lebens mit der sanften Kraft der Liebe zu lösen:
O Maria, Frau und Mutter, du hast in deinem Schoß das göttliche Wort gewoben, du hast mit deinem Leben vom wunderbaren Wirken Gottes erzählt. Höre unsere Geschichten, bewahre sie in deinem Herzen und mache auch jene Geschichten zu den deinen, die niemand hören will. Lehre uns, den guten Faden zu erkennen, der die Geschichte lenkt. Schaue auf die Unmenge an Knoten, in die unser Leben verstrickt ist und die unsere Erinnerung betäuben. Deine sanften Hände vermögen jeden Knoten zu lösen. Frau des Geistes, Mutter der Zuversicht, inspiriere auch uns. Hilf uns, Geschichten des Friedens, Geschichten der Zukunft zu schaffen. Und zeige uns den Weg, wie wir diese Geschichten gemeinsam leben können.
Rom bei St. Johannes im Lateran, am 24. Januar 2020,
dem Gedenktag des hl. Franz von Sales
FRANCISCUS
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[1] Vgl. BENEDIKT XVI., Enz. Spe salvi, 2: »Die christliche Botschaft war nicht nur „informativ“, sondern „performativ“ – das heißt: Das Evangelium ist nicht nur Mitteilung von Wissbarem; es ist Mitteilung, die Tatsachen wirkt und das Leben verändert. Die dunkle Tür der Zeit, der Zukunft, ist aufgesprengt. Wer Hoffnung hat, lebt anders; ihm ist ein neues Leben geschenkt worden«.
[00107-DE.01] [Originalsprache: Italienisch]
Traduzione in lingua spagnola
Para que puedas contar y grabar en la memoria (cf. Ex 10,2)
La vida se hace historia
Quiero dedicar el Mensaje de este año al tema de la narración, porque creo que para no perdernos necesitamos respirar la verdad de las buenas historias: historias que construyan, no que destruyan; historias que ayuden a reencontrar las raíces y la fuerza para avanzar juntos. En medio de la confusión de las voces y de los mensajes que nos rodean, necesitamos una narración humana, que nos hable de nosotros y de la belleza que poseemos. Una narración que sepa mirar al mundo y a los acontecimientos con ternura; que cuente que somos parte de un tejido vivo; que revele el entretejido de los hilos con los que estamos unidos unos con otros.
1. Tejer historias
El hombre es un ser narrador. Desde la infancia tenemos hambre de historias como tenemos hambre de alimentos. Ya sean en forma de cuentos, de novelas, de películas, de canciones, de noticias…, las historias influyen en nuestra vida, aunque no seamos conscientes de ello. A menudo decidimos lo que está bien o mal hacer basándonos en los personajes y en las historias que hemos asimilado. Los relatos nos enseñan; plasman nuestras convicciones y nuestros comportamientos; nos pueden ayudar a entender y a decir quiénes somos.
El hombre no es solamente el único ser que necesita vestirse para cubrir su vulnerabilidad (cf. Gn 3,21), sino que también es el único ser que necesita “revestirse” de historias para custodiar su propia vida. No tejemos sólo ropas, sino también relatos: de hecho, la capacidad humana de “tejer” implica tanto a los tejidos como a los textos. Las historias de cada época tienen un “telar” común: la estructura prevé “héroes”, también actuales, que para llevar a cabo un sueño se enfrentan a situaciones difíciles, luchan contra el mal empujados por una fuerza que les da valentía, la del amor. Sumergiéndonos en las historias, podemos encontrar motivaciones heroicas para enfrentar los retos de la vida.
El hombre es un ser narrador porque es un ser en realización, que se descubre y se enriquece en las tramas de sus días. Pero, desde el principio, nuestro relato se ve amenazado: en la historia serpentea el mal.
2. No todas las historias son buenas
«El día en que comáis de él, […] seréis como Dios» (cf. Gn 3,5). La tentación de la serpiente introduce en la trama de la historia un nudo difícil de deshacer. “Si posees, te convertirás, alcanzarás...”, susurra todavía hoy quien se sirve del llamado storytelling con fines instrumentales. Cuántas historias nos narcotizan, convenciéndonos de que necesitamos continuamente tener, poseer, consumir para ser felices. Casi no nos damos cuenta de cómo nos volvemos ávidos de chismes y de habladurías, de cuánta violencia y falsedad consumimos. A menudo, en los telares de la comunicación, en lugar de relatos constructivos, que son un aglutinante de los lazos sociales y del tejido cultural, se fabrican historias destructivas y provocadoras, que desgastan y rompen los hilos frágiles de la convivencia. Recopilando información no contrastada, repitiendo discursos triviales y falsamente persuasivos, hostigando con proclamas de odio, no se teje la historia humana, sino que se despoja al hombre de la dignidad.
Pero mientras que las historias utilizadas con fines instrumentales y de poder tienen una vida breve, una buena historia es capaz de trascender los límites del espacio y del tiempo. A distancia de siglos sigue siendo actual, porque alimenta la vida. En una época en la que la falsificación es cada vez más sofisticada y alcanza niveles exponenciales (el deepfake), necesitamos sabiduría para recibir y crear relatos bellos, verdaderos y buenos. Necesitamos valor para rechazar los que son falsos y malvados. Necesitamos paciencia y discernimiento para redescubrir historias que nos ayuden a no perder el hilo entre las muchas laceraciones de hoy; historias que saquen a la luz la verdad de lo que somos, incluso en la heroicidad ignorada de la vida cotidiana.
3. La Historia de las historias
La Sagrada Escritura es una Historia de historias. ¡Cuántas vivencias, pueblos, personas nos presenta! Nos muestra desde el principio a un Dios que es creador y narrador al mismo tiempo. En efecto, pronuncia su Palabra y las cosas existen (cf. Gn 1). A través de su narración Dios llama a las cosas a la vida y, como colofón, crea al hombre y a la mujer como sus interlocutores libres, generadores de historia junto a Él. En un salmo, la criatura le dice al Creador: «Tú has creado mis entrañas, me has tejido en el seno materno. Te doy gracias porque son admirables tus obras […], no desconocías mis huesos. Cuando, en lo oculto, me iba formando, y entretejiendo en lo profundo de la tierra» (139,13-15). No nacemos realizados, sino que necesitamos constantemente ser “tejidos” y “bordados”. La vida nos fue dada para invitarnos a seguir tejiendo esa “obra admirable” que somos.
En este sentido, la Biblia es la gran historia de amor entre Dios y la humanidad. En el centro está Jesús: su historia lleva al cumplimiento el amor de Dios por el hombre y, al mismo tiempo, la historia de amor del hombre por Dios. El hombre será llamado así, de generación en generación, a contar y a grabar en su memoria los episodios más significativos de esta Historia de historias, los que puedan comunicar el sentido de lo sucedido.
El título de este Mensaje está tomado del libro del Éxodo, relato bíblico fundamental, en el que Dios interviene en la historia de su pueblo. De hecho, cuando los hijos de Israel estaban esclavizados clamaron a Dios, Él los escuchó y rememoró: «Dios se acordó de su alianza con Abrahán, Isaac y Jacob. Dios se fijó en los hijos de Israel y se les apareció» (Ex 2, 24-25). De la memoria de Dios brota la liberación de la opresión, que tiene lugar a través de signos y prodigios. Es entonces cuando el Señor revela a Moisés el sentido de todos estos signos: «Para que puedas contar [y grabar en la memoria] de tus hijos y nietos […] los signos que realicé en medio de ellos. Así sabréis que yo soy el Señor» (Ex 10,2). La experiencia del Éxodo nos enseña que el conocimiento de Dios se transmite sobre todo contando, de generación en generación, cómo Él sigue haciéndose presente. El Dios de la vida se comunica contando la vida.
El mismo Jesús hablaba de Dios no con discursos abstractos, sino con parábolas, narraciones breves, tomadas de la vida cotidiana. Aquí la vida se hace historia y luego, para el que la escucha, la historia se hace vida: esa narración entra en la vida de quien la escucha y la transforma.
No es casualidad que también los Evangelios sean relatos. Mientras nos informan sobre Jesús, nos “performan”[1] a Jesús, nos conforman a Él: el Evangelio pide al lector que participe en la misma fe para compartir la misma vida. El Evangelio de Juan nos dice que el Narrador por excelencia —el Verbo, la Palabra— se hizo narración: «El Hijo único, que está en el seno del Padre, Él lo ha contado» (cf. Jn 1,18). He usado el término “contado” porque el original exeghésato puede traducirse sea como “revelado” que como “contado”. Dios se ha entretejido personalmente en nuestra humanidad, dándonos así una nueva forma de tejer nuestras historias.
4. Una historia que se renueva
La historia de Cristo no es patrimonio del pasado, es nuestra historia, siempre actual. Nos muestra que a Dios le importa tanto el hombre, nuestra carne, nuestra historia, hasta el punto de hacerse hombre, carne e historia. También nos dice que no hay historias humanas insignificantes o pequeñas. Después de que Dios se hizo historia, toda historia humana es, de alguna manera, historia divina. En la historia de cada hombre, el Padre vuelve a ver la historia de su Hijo que bajó a la tierra. Toda historia humana tiene una dignidad que no puede suprimirse. Por lo tanto, la humanidad se merece relatos que estén a su altura, a esa altura vertiginosa y fascinante a la que Jesús la elevó.
Escribía san Pablo: «Sois carta de Cristo […] escrita no con tinta, sino con el Espíritu de Dios vivo; no en tablas de piedra, sino en las tablas de corazones de carne» (2 Co 3,3). El Espíritu Santo, el amor de Dios, escribe en nosotros. Y, al escribir dentro, graba en nosotros el bien, nos lo recuerda. Re-cordar significa efectivamente llevar al corazón, “escribir” en el corazón. Por obra del Espíritu Santo cada historia, incluso la más olvidada, incluso la que parece estar escrita con los renglones más torcidos, puede volverse inspirada, puede renacer como una obra maestra, convirtiéndose en un apéndice del Evangelio. Como las Confesiones de Agustín. Como El Relato del Peregrino de Ignacio. Como la Historia de un alma de Teresita del Niño Jesús. Como Los Novios, como Los Hermanos Karamazov. Como tantas innumerables historias que han escenificado admirablemente el encuentro entre la libertad de Dios y la del hombre. Cada uno de nosotros conoce diferentes historias que huelen a Evangelio, que han dado testimonio del Amor que transforma la vida. Estas historias requieren que se las comparta, se las cuente y se las haga vivir en todas las épocas, con todos los lenguajes y por todos los medios.
5. Una historia que nos renueva
En todo gran relato entra en juego el nuestro. Mientras leemos la Escritura, las historias de los santos, y también esos textos que han sabido leer el alma del hombre y sacar a la luz su belleza, el Espíritu Santo es libre de escribir en nuestro corazón, renovando en nosotros la memoria de lo que somos a los ojos de Dios. Cuando rememoramos el amor que nos creó y nos salvó, cuando ponemos amor en nuestras historias diarias, cuando tejemos de misericordia las tramas de nuestros días, entonces pasamos página. Ya no estamos anudados a los recuerdos y a las tristezas, enlazados a una memoria enferma que nos aprisiona el corazón, sino que abriéndonos a los demás, nos abrimos a la visión misma del Narrador. Contarle a Dios nuestra historia nunca es inútil; aunque la crónica de los acontecimientos permanezca inalterada, cambian el sentido y la perspectiva. Contarse al Señor es entrar en su mirada de amor compasivo hacia nosotros y hacia los demás. A Él podemos narrarle las historias que vivimos, llevarle a las personas, confiarle las situaciones. Con Él podemos anudar el tejido de la vida, remendando los rotos y los jirones. ¡Cuánto lo necesitamos todos!
Con la mirada del Narrador —el único que tiene el punto de vista final— nos acercamos luego a los protagonistas, a nuestros hermanos y hermanas, actores a nuestro lado de la historia de hoy. Sí, porque nadie es un extra en el escenario del mundo y la historia de cada uno está abierta a la posibilidad de cambiar. Incluso cuando contamos el mal podemos aprender a dejar espacio a la redención, podemos reconocer en medio del mal el dinamismo del bien y hacerle sitio.
No se trata, pues, de seguir la lógica del storytelling, ni de hacer o hacerse publicidad, sino de rememorar lo que somos a los ojos de Dios, de dar testimonio de lo que el Espíritu escribe en los corazones, de revelar a cada uno que su historia contiene obras maravillosas. Para ello, nos encomendamos a una mujer que tejió la humanidad de Dios en su seno y —dice el Evangelio— entretejió todo lo que le sucedía. La Virgen María lo guardaba todo, meditándolo en su corazón (cf. Lc 2,19). Pidamos ayuda a aquella que supo deshacer los nudos de la vida con la fuerza suave del amor:
Oh María, mujer y madre, tú tejiste en tu seno la Palabra divina, tú narraste con tu vida las obras magníficas de Dios. Escucha nuestras historias, guárdalas en tu corazón y haz tuyas esas historias que nadie quiere escuchar. Enséñanos a reconocer el hilo bueno que guía la historia. Mira el cúmulo de nudos en que se ha enredado nuestra vida, paralizando nuestra memoria. Tus manos delicadas pueden deshacer cualquier nudo. Mujer del Espíritu, madre de la confianza, inspíranos también a nosotros. Ayúdanos a construir historias de paz, historias de futuro. Y muéstranos el camino para recorrerlas juntos.
Roma, junto a San Juan de Letrán, 24 de enero de 2020,
fiesta de san Francisco de Sales.
FRANCISCUS
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[1] Cf. Benedicto XVI, Carta enc. Spe salvi, 2: «El mensaje cristiano no era sólo “informativo”, sino “performativo”. Eso significa que el Evangelio no es solamente una comunicación de cosas que se pueden saber, sino una comunicación que comporta hechos y cambia la vida».
[00107-ES.01] [Texto original: Italiano]
Traduzione in lingua portoghese
« “Para que possas contar e fixar na memória” (Ex 10, 2).
A vida faz-se história »
Desejo dedicar a Mensagem deste ano ao tema da narração, pois, para não nos perdermos, penso que precisamos de respirar a verdade das histórias boas: histórias que edifiquem, e não as que destruam; histórias que ajudem a reencontrar as raízes e a força para prosseguirmos juntos. Na confusão das vozes e mensagens que nos rodeiam, temos necessidade duma narração humana, que nos fale de nós mesmos e da beleza que nos habita; uma narração que saiba olhar o mundo e os acontecimentos com ternura, conte a nossa participação num tecido vivo, revele o entrançado dos fios pelos quais estamos ligados uns aos outros.
1. Tecer histórias
O homem é um ente narrador. Desde pequenos, temos fome de histórias, como a temos de alimento. Sejam elas em forma de fábula, romance, filme, canção, ou simples notícia, influenciam a nossa vida, mesmo sem termos consciência disso. Muitas vezes, decidimos aquilo que é justo ou errado com base nos personagens e histórias assimiladas. As narrativas marcam-nos, plasmam as nossas convicções e comportamentos, podem ajudar-nos a compreender e dizer quem somos.
O homem não só é o único ser que precisa de vestuário para cobrir a própria vulnerabilidade (cf. Gn 3, 21), mas também o único que tem necessidade de narrar-se a si mesmo, «revestir-se» de histórias para guardar a própria vida. Não tecemos apenas roupa, mas também histórias: de facto, servimo-nos da capacidade humana de «tecer» quer para os tecidos, quer para os textos. As histórias de todos os tempos têm um «tear» comum: a estrutura prevê «heróis» – mesmo do dia-a-dia – que, para encalçar um sonho, enfrentam situações difíceis, combatem o mal movidos por uma força que os torna corajosos, a força do amor. Mergulhando dentro das histórias, podemos voltar a encontrar razões heroicas para enfrentar os desafios da vida.
O homem é um ente narrador, porque em devir: descobre-se e enriquece-se com as tramas dos seus dias. Mas, desde o início, a nossa narração está ameaçada: na história, serpeja o mal.
2. Nem todas as histórias são boas
«Se comeres, tornar-te-ás como Deus» (cf. Gn 3, 4): esta tentação da serpente introduz, na trama da história, um nó difícil de desfazer. «Se possuíres…, tornar-te-ás…, conseguirás…»: sussurra ainda hoje a quem se utiliza do chamado storytelling para fins instrumentais. Quantas histórias nos narcotizam, convencendo-nos de que, para ser felizes, precisamos continuamente de ter, possuir, consumir. Quase não nos damos conta de quão ávidos nos tornamos de bisbilhotices e intrigas, de quanta violência e falsidade consumimos. Frequentemente, nos «teares» da comunicação, em vez de narrações construtivas, que solidificam os laços sociais e o tecido cultural, produzem-se histórias devastadoras e provocatórias, que corroem e rompem os fios frágeis da convivência. Quando se misturam informações não verificadas, repetem discursos banais e falsamente persuasivos, percutem com proclamações de ódio, está-se, não a tecer a história humana, mas a despojar o homem da sua dignidade.
Mas, enquanto as histórias utilizadas para proveito próprio ou ao serviço do poder têm vida curta, uma história boa é capaz de transpor os confins do espaço e do tempo: à distância de séculos, permanece atual, porque nutre a vida.
Numa época em que se revela cada vez mais sofisticada a falsificação, atingindo níveis exponenciais (o deepfake), precisamos de sapiência para patrocinar e criar narrações belas, verdadeiras e boas. Necessitamos de coragem para rejeitar as falsas e depravadas. Precisamos de paciência e discernimento para descobrirmos histórias que nos ajudem a não perder o fio, no meio das inúmeras lacerações de hoje; histórias que tragam à luz a verdade daquilo que somos, mesmo na heroicidade oculta do dia a dia.
3. A História das histórias
A Sagrada Escritura é uma História de histórias. Quantas vicissitudes, povos, pessoas nos apresenta! Desde o início, mostra-nos um Deus que é simultaneamente criador e narrador: de facto, pronuncia a sua Palavra e as coisas existem (cf. Gn 1). Deus, através deste seu narrar, chama à vida as coisas e, no apogeu, cria o homem e a mulher como seus livres interlocutores, geradores de história juntamente com Ele. Temos um Salmo onde a criatura se conta ao Criador: «Tu modelaste as entranhas do meu ser e teceste-me no seio de minha mãe. Dou-Te graças por me teres feito uma maravilha estupenda (…). Quando os meus ossos estavam a ser formados, e eu, em segredo, me desenvolvia, recamado nas profundezas da terra, nada disso Te era oculto» (Sal 139/138, 13-15). Não nascemos perfeitos, mas necessitamos de ser constantemente «tecidos» e «recamados». A vida foi-nos dada como convite a continuar a tecer a «maravilha estupenda» que somos.
Neste sentido, a Bíblia é a grande história de amor entre Deus e a humanidade. No centro, está Jesus: a sua história leva à perfeição o amor de Deus pelo homem e, ao mesmo tempo, a história de amor do homem por Deus. Assim, o homem será chamado, de geração em geração, a contar e fixar na memória os episódios mais significativos desta História de histórias: os episódios capazes de comunicar o sentido daquilo que aconteceu.
O título desta Mensagem é tirado do livro do Êxodo, narrativa bíblica fundamental que nos faz ver Deus a intervir na história do seu povo. Com efeito, quando os filhos de Israel, escravizados, clamam por Ele, Deus ouve e recorda-Se: «Deus recordou-Se da sua aliança com Abraão, Isaac e Jacob. Deus viu os filhos de Israel e reconheceu-os» (Ex 2, 24-25). Da memória de Deus brota a libertação da opressão, que se verifica através de sinais e prodígios. E aqui o Senhor dá a Moisés o sentido de todos estes sinais: «Para que possas contar e fixar na memória do teu filho e do filho do teu filho (…) os meus sinais que Eu realizei no meio deles. E vós conhecereis que Eu sou o Senhor» (Ex 10, 2). A experiência do Êxodo ensina-nos que o conhecimento de Deus se transmite sobretudo contando, de geração em geração, como Ele continua a tornar-Se presente. O Deus da vida comunica-Se, narrando a vida.
O próprio Jesus falava de Deus, não com discursos abstratos, mas com as parábolas, breves narrativas tiradas da vida de todos os dias. Aqui a vida faz-se história e depois, para o ouvinte, a história faz-se vida: tal narração entra na vida de quem a escuta e transforma-a.
Também os Evangelhos – não por acaso – são narrações. Enquanto nos informam acerca de Jesus, «performam-nos»[1] à imagem de Jesus, configuram-nos a Ele: o Evangelho pede ao leitor que participe da mesma fé para partilhar da mesma vida. O Evangelho de João diz-nos que o Narrador por excelência – o Verbo, a Palavra – fez-Se narração: «O Filho unigénito, que é Deus e está no seio do Pai, foi Ele quem O contou» (1, 18). Usei o termo «contou», porque o original exeghésato tanto se pode traduzir «revelou» como «contou». Deus teceu-Se pessoalmente com a nossa humanidade, dando-nos assim uma nova maneira de tecer as nossas histórias.
4. Uma história que se renova
A história de Cristo não é um património do passado; é a nossa história, sempre atual. Mostra-nos que Deus tomou a peito o homem, a nossa carne, a nossa história, a ponto de Se fazer homem, carne e história. E diz-nos também que não existem histórias humanas insignificantes ou pequenas. Depois que Deus Se fez história, toda a história humana é, de certo modo, história divina. Na história de cada homem, o Pai revê a história do seu Filho descido à terra. Cada história humana tem uma dignidade incancelável. Por isso, a humanidade merece narrações que estejam à sua altura, àquela altura vertiginosa e fascinante a que Jesus a elevou.
Vós «sois uma carta de Cristo – escrevia São Paulo aos Coríntios –, confiada ao nosso ministério, escrita, não com tinta, mas com o Espírito do Deus vivo; não em tábuas de pedra, mas em tábuas de carne que são os vossos corações» (2 Cor 3, 3). O Espírito Santo, o amor de Deus, escreve em nós. E, escrevendo dentro de nós, fixa em nós o bem, recorda-no-lo. De facto, re-cordar significa levar ao coração, «escrever» no coração. Por obra do Espírito Santo, cada história, mesmo a mais esquecida, mesmo aquela que parece escrita em linhas mais tortas, pode tornar-se inspirada, pode renascer como obra-prima, tornando-se um apêndice de Evangelho. Assim as Confissões de Agostinho, o Relato do Peregrino de Inácio, a História de uma alma de Teresinha do Menino Jesus, os Noivos prometidos (Promessi sposi) de Alexandre Manzoni, os Irmãos Karamazov de Fiódor Dostoevskij… e inumeráveis outras histórias, que têm representado admiravelmente o encontro entre a liberdade de Deus e a do homem. Cada um de nós conhece várias histórias que perfumam de Evangelho: testemunham o Amor que transforma a vida. Estas histórias pedem para ser partilhadas, contadas, feitas viver em todos os tempos, com todas as linguagens, por todos os meios.
5. Uma história que nos renova
Em cada grande história, entra em jogo a nossa história. Ao mesmo tempo que lemos a Escritura, as histórias dos Santos e outros textos que souberam ler a alma do homem e trazer à luz a sua beleza, o Espírito Santo fica livre para escrever no nosso coração, renovando em nós a memória daquilo que somos aos olhos de Deus. Quando fazemos memória do amor que nos criou e salvou, quando metemos amor nas nossas histórias diárias, quando tecemos de misericórdia as tramas dos nossos dias, nesse momento estamos a mudar de página. Já não ficamos atados a lamentos e tristezas, ligados a uma memória doente que nos aprisiona o coração, mas, abrindo-nos aos outros, abrimo-nos à própria visão do Narrador. Nunca é inútil narrar a Deus a nossa história: ainda que permaneça inalterada a crónica dos factos, mudam o sentido e a perspetiva. Narrarmo-nos ao Senhor é entrar no seu olhar de amor compassivo por nós e pelos outros. A Ele podemos narrar as histórias que vivemos, levar as pessoas, confiar situações. Com Ele, podemos recompor o tecido da vida, cosendo as ruturas e os rasgões. Quanto nós, todos, precisamos disso!
Com o olhar do Narrador – o único que tem o ponto de vista final –, aproximamo-nos depois dos protagonistas, dos nossos irmãos e irmãs, atores juntamente connosco da história de hoje. Sim, porque ninguém é mero figurante no palco do mundo; a história de cada um está aberta a possibilidades de mudança. Mesmo quando narramos o mal, podemos aprender a deixar o espaço à redenção; podemos reconhecer, no meio do mal, também o dinamismo do bem e dar-lhe espaço.
Por isso, não se trata de seguir as lógicas do storytelling, nem de fazer ou fazer-se publicidade, mas de fazer memória daquilo que somos aos olhos de Deus, testemunhar aquilo que o Espírito escreve nos corações, revelar a cada um que a sua história contém maravilhas estupendas. Para o conseguirmos fazer, confiemo-nos a uma Mulher que teceu a humanidade de Deus no seio e – diz o Evangelho – teceu conjuntamente tudo o que Lhe acontecia. De facto, a Virgem Maria tudo guardou, meditando-o no seu coração (cf. Lc 2, 19). Peçamos-Lhe ajuda a Ela, que soube desatar os nós da vida com a força suave do amor:
Ó Maria, mulher e mãe, Vós tecestes no seio a Palavra divina, Vós narrastes com a vossa vida as magníficas obras de Deus. Ouvi as nossas histórias, guardai-as no vosso coração e fazei vossas também as histórias que ninguém quer escutar. Ensinai-nos a reconhecer o fio bom que guia a história. Olhai o cúmulo de nós em que se emaranhou a nossa vida, paralisando a nossa memória. Pelas vossas mãos delicadas, todos os nós podem ser desatados. Mulher do Espírito, Mãe da confiança, inspirai-nos também a nós. Ajudai-nos a construir histórias de paz, histórias de futuro. E indicai-nos o caminho para as percorrermos juntos.
Roma, em São João de Latrão, na Memória de São Francisco de Sales,
24 de janeiro de 2020.
FRANCISCUS
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[1] Cf. Bento XVI, Carta enc. Spe salvi (30/XI/2007), 2: «A mensagem cristã não era só "informativa", mas "performativa". Significa isto que o Evangelho não é apenas uma comunicação de realidades que se podem saber, mas uma comunicação que gera factos e muda a vida».
[00107-PO.01] [Texto original: Italiano]
Traduzione in lingua polacca
„Obyś mógł opowiadać i utrwalić w pamięci” (por. Wj 10, 2)
Życie staje się historią
Chciałbym Orędzie na ten rok poświęcić tematowi narracji, ponieważ wierzę, że aby się nie zagubić, powinniśmy oddychać prawdą dobrych historii, takich, które budują, a nie niszczą; historii, które pomagają odnaleźć korzenie i siłę, aby iść razem naprzód. W zamieszaniu otaczających nas głosów i przesłań, potrzebujemy ludzkiej narracji, która opowie nam o nas oraz o pięknie w nas mieszkającym; narracji, która potrafi oglądać świat i wydarzenia z czułością; opowiadającej o naszym istnieniu, jako o żywej tkance ukazującej splot powiązań, poprzez które jesteśmy złączeni jedni z drugimi.
1. Tkanie historii
Człowiek jest bytem opowiadającym. Od małego mamy głód historii, tak jak mamy pragnienie jedzenia. Mogą one mieć formę bajek, powieści, filmów, pieśni, wiadomości... Te historie wpływają na nasze życie, nawet jeśli nie jesteśmy tego świadomi. Często decydujemy, co jest właściwe albo co jest błędne, w oparciu o osoby lub historie, które sobie przyswoiliśmy. Opowiadania mają na nas wpływ, utrwalają nasze przekonania i nasze postawy, mogą pomóc nam zrozumieć siebie i powiedzieć kim jesteśmy.
Człowiek jest nie tylko jedynym bytem, który potrzebuje ubrania, aby ukryć swoją nagość (por. Rdz 3, 21), ale pozostaje także jedynym, który potrzebuje wypowiedzenia siebie, „wyrażenia siebie” poprzez historie, aby utrwalić swoje życie. Nie tkamy jedynie ubrań, ale również historie. Ludzka zdolność do „tkania”, prowadzi zarówno do tkanin, jak i tekstów. Historie wszystkich czasów mają wspólny „szkielet”: struktura zakłada obecność „bohaterów”, także tych zwyczajnych, którzy, by podążać za marzeniem, mierzą się z trudnymi sytuacjami, podejmują walkę ze złem, wzmocnieni siłą miłości, która czyni ich odważnymi. Zanurzając się w tych historiach, możemy odnaleźć heroiczne motywacje, aby zmierzyć się z życiowymi wyzwaniami.
Człowiek pozostaje bytem narracyjnym, ponieważ jest bytem stającym się, który odkrywa siebie i ubogaca się treściami swoich dni. Ale od samych początków, nasze opowiadanie jest zagrożone: w historii wije się zło.
2. Nie wszystkie historie są dobre
„Jeśli spożyjesz, będziesz jak Bóg” (por. Rdz 3, 4): pokusa węża wchodzi w samą treść historii jako węzeł trudny do rozplątania. „Jeśli posiądziesz, staniesz się, osiągniesz…”, podpowiada jeszcze dzisiaj ten, kto posługuje się opowiadanymi historiami (storytelling) instrumentalnie. Ile historii narkotyzuje nas, próbując przekonać, że aby być szczęśliwymi ciągle potrzebujemy mieć, posiadać i konsumować. Prawie nie zdajemy sobie sprawy z tego, jak bardzo stajemy się żądnymi plotek i obmów, ile przemocy i fałszu pochłaniamy. Często w sieci komunikacyjnej, zamiast budujących opowiadań, które są spoiwem więzi społecznych i kulturowych, powstają historie destrukcyjne i prowokacyjne, które niszczą i rwą delikatne nici współistnienia. Zestawiają one razem niesprawdzone informacje, powtarzając wypowiedzi banalne i fałszywie przekonujące, uderzając hasłami nienawiści. Nie tworzy się wtedy ludzkiej historii, ale odziera się człowieka z jego godności.
Podczas gdy opowiadania używane dla celów instrumentalnych oraz podporządkowujących umysły mają krótki żywot, dobra historia jest w stanie przekroczyć granice czasu i przestrzeni. Pomimo upływu wieków pozostaje aktualna, ponieważ daje pokarm życiu.
W epoce, w której fałszerstwo ukazuje się jako coraz bardziej wyrafinowane i osiąga zastraszający poziom (deepfake), potrzebujemy mądrości, aby zebrać i stworzyć opowiadania piękne, prawdziwe, i dobre. Potrzebujemy odwagi, aby odrzucić te fałszywe i złowrogie. Potrzebujemy cierpliwości i rozeznania, aby odkryć historie, które pomogą nam nie zagubić się pośród tylu dzisiejszych utrapień; historii, które postawią w świetle prawdę o tym, kim jesteśmy, także w niedostrzeganym, codziennym heroizmie.
3. Historia historii
Pismo Święte jest Historią historii. Ile zdarzeń, ludów, osób nam przedstawia! Ona ukazuje od samego początku Boga, który jest równocześnie Stworzycielem i Narratorem. Gdy On wypowiada swoje Słowo, rzeczy stają się (por. Rdz 1). Poprzez swoją narrację Bóg powołuje do życia rzeczy i na końcu stwarza mężczyznę i kobietę jako wolnych partnerów, twórców historii razem z Nim. W jednym z psalmów, stworzenie opowiada Stwórcy: „Ty bowiem utworzyłeś moje nerki i utkałeś mnie w łonie mej matki. Dziękuję Ci, żeś mnie stworzył tak cudownie […]. Nie tajna Ci moja istota, kiedy w ukryciu powstawałem, utkany w głębi ziemi” (Ps 139, 13-15). Nie urodziliśmy się dokończeni, potrzebujemy być nieustannie „tworzeni” i „stający się”. Życie zostało nam dane jako zaproszenie, aby nieustannie tkać ten „wspaniały cud”, którym jesteśmy.
W tym znaczeniu Biblia jest wielką historią miłości między Bogiem a ludzkością. W jej centrum znajduje się Jezus: Jego życie jest spełnieniem planu miłości Boga do człowieka i równocześnie historii miłości człowieka do Boga. Człowiek będzie w ten sposób wezwany, z pokolenia na pokolenie, do opowiedzenia i zachowania w pamięci najważniejszych wydarzeń tej Historii historii, tych narracji, zdolnych do przekazania sensu tego, co się wydarzyło.
Tytuł tego Orędzia został wzięty z Księgi Wyjścia, podstawowego opowiadania biblijnego, które jest świadkiem interwencji Boga w historii swojego ludu. W istocie, kiedy zniewoleni synowie Izraela wołają do Niego, to On słucha i przypomina sobie: „Bóg wspomniał na swoje przymierze z Abrahamem, Izaakiem i Jakubem. Wejrzał Bóg na położenie Izraelitów i pomyślał o nich” (Wj 2, 24-25). Z pamięci Boga wypływa wyzwolenie z uciemiężenia, które przychodzi poprzez znaki i cuda. I w tym miejscu Pan odsłania przed Mojżeszem sens wszystkich znaków: „abyś opowiadał dzieciom i utrwalał w pamięci twojego syna i wnuka znaki, jakie zdziałałem: abyście wiedzieli, że Ja jestem Panem!” (Wj 10, 2). Doświadczenie Wyjścia uczy nas, że znajomość Boga jest przekazywana przede wszystkim przez opowiadanie, z pokolenia na pokolenie, o tym, jak On nieustannie pozostaje obecny. Bóg życia komunikuje się opowiadając życie.
Sam Jezus opowiadał o Bogu nie poprzez abstrakcyjne wywody, ale poprzez przypowieści, krótkie opowiadania, historie wzięte z codziennego życia. Tutaj życie staje się historią, a następnie dla słuchacza historia staje się życiem: to opowiadanie wchodzi w życie tego, który słucha i je przekształca.
Także same Ewangelie, co nie jest przypadkiem, są opowiadaniami. Podczas, gdy informują nas o Jezusie, przemieniają nas[1], upodabniają nas do Niego: Ewangelia wzywa czytelnika do uczestnictwa w tej samej wierze, aby dzielić to samo życie. Ewangelia Jana mówi nam, że Narrator w sensie właściwym – Słowo – stał się narracją: „Jednorodzony Bóg, który jest w łonie Ojca, o Nim opowiedział” (J 1, 18). Użyłem określenia „opowiedział”, ponieważ orginał exeghésato może być przetłumaczony bądź jako „objawiony” lub jako „opowiedziany”. Bóg osobiście włączył się w naszą historię, dając nam nowy sposób tworzenia naszych historii.
4. Historia, która się odnawia
Historia Chrystusa nie jest dziedzictwem przeszłości, jest naszą historią, zawsze aktualną. Ona mówi nam, że Bóg wziął sobie do serca człowieka – nasze ciało, naszą historię, aż do stania się człowiekiem, ciałem i historią. Mówi nam także, że nie istnieją historie ludzkie nieznaczące i małe. Po tym, jak Bóg stał się historią, każda ludzka historia jest w pewnym sensie historią boską. W historii każdego człowieka Bóg objawia historię swojego Syna, który zszedł na ziemię. Każda ludzka historia posiada niepodważalną godność. Dlatego ludzkość zasługuje na opowieści, które sięgają jej poziomu, tego oszałamiającego i fascynującego poziomu, do jakiego wyniósł ją Jezus.
„Wy – pisał św. Paweł – jesteście listem Chrystusowym, napisanym nie atramentem, ale Duchem Boga żywego, nie na kamiennych tablicach, ale na żywych tablicach serc” (2 Kor 3, 3). Duch Święty, miłość Boga, pisze w nas. I pisząc w nas, utwierdza w nas dobro, przypomina o nim. Przypominać oznacza w istocie nieść do serca (wł: ri-cordare - red.), „pisać” w sercu. Poprzez działanie Ducha Świętego każda historia, także ta najbardziej zapomniana, również ta zapisana na bardzo krzywych liniach, może stać się inspirująca, może odrodzić się jako arcydzieło, stając się dodatkiem do Ewangelii. Tak jak Wyznania Augustyna. Jak Opowieść Pielgrzyma Ignacego. Jak Dzieje duszy Teresy od Dzieciątka Jezus. Jak Narzeczeni (wł: Promessi sposi – red.), jak Bracia Karamazow. Jak wiele innych historii, które przedziwnie stały się sceną spotkania pomiędzy wolnością Boga a wolnością człowieka. Każdy z nas zna różne historie pachnące Ewangelią, które dały świadectwo Miłości przemieniającej życie. Te historie zasługują na dzielenie się nimi, na opowiadanie ich, na ożywianie ich w każdym czasie, w każdym języku, poprzez wszystkie środki komunikowania.
5. Historia, która nas odnawia
W każde wielkie opowiadanie wkracza nasze opowiadanie. Kiedy czytamy Pismo Święte, historie świętych, także te teksty, które potrafiły odczytać duszę człowieka i wydobyć na światło jej piękno, Duch Święty może pisać w naszych sercach, odnawiając w nas pamięć tego, kim jesteśmy w oczach Boga. Kiedy przypominamy sobie o miłości, która nas stworzyła i zbawiła, kiedy wsączamy miłość w nasze codzienne historie, kiedy tkamy miłosierdziem ramy naszych dni, wtedy przekładamy kolejną stronę. Nie jesteśmy już więcej wplątani w narzekanie i smutki, powiązane z chorą pamięcią, która zamyka serce, ale otwieramy je na innych, otwieramy się na wizję samego Narratora. Opowiadanie Bogu naszej historii nigdy nie jest bezużyteczne, nawet wtedy, gdy kronika wydarzeń pozostaje niezmienna, zmienia się jednak sens i perspektywa. Opowiadać o sobie Panu, to wejść w jego współczujące spojrzenie miłości dla nas i dla innych. Jemu możemy opowiedzieć historie, które przeżywamy, zanieść Mu osoby, powierzyć różne sytuacje. Z Nim możemy ponownie połączyć tkankę życia, zszyć pęknięcia i wyrwy. Jak bardzo tego wszyscy potrzebujemy!
Pod spojrzeniem Narratora – jedynego, który ma ostateczny punkt widzenia – przybliżmy się z kolei do bohaterów, do naszych braci i sióstr, stojących obok nas, uczestników dzisiejszych historii. Tak, ponieważ nikt nie jest statystą na scenie świata i historia każdego jest otwarta na możliwą zmianę. Także, kiedy opowiadamy o złych rzeczach, możemy nauczyć się pozostawiania przestrzeni dla odkupienia, możemy rozpoznać pośród zła także dynamizm dobra, aby pozwolić mu zaistnieć.
Dlatego nie chodzi o gonienie za logiką opowiadanych historii (storytelling), ani o robienie im czy sobie reklamy, ale o przypominanie o tym, kim jesteśmy w oczach Boga, oraz o świadczenie o tym, co Duch Święty pisze w sercach, o objawianie każdemu, że jego historia zawiera rzeczy wspaniałe. Aby móc to czynić, powierzmy się Kobiecie, która tkała w swoim łonie człowieczeństwo Boga i, jak mówi Ewangelia, rozważała wszystko, co się wydarzało. Dziewica Maryja w istocie zachowywała wszystko, rozważając w sercu (por. Łk 2, 19). Prośmy o pomoc Tę, która umiała rozwiązywać życiowe węzły łagodną siłą miłości:
Maryjo, Niewiasto i Matko, Ty tkałaś w łonie Słowo Boże, Ty opowiadałaś swoim życiem wspaniałe dzieła Boga. Wysłuchaj naszych historii, zachowaj je w swoim sercu i uczyń swoimi, również wtedy, gdy nikt nie chce ich słuchać. Naucz nas rozpoznawać dobry wątek, który kieruje historią. Wejrzyj na cały splot węzłów, w które uwikłane jest nasze życie, paraliżujących naszą pamięć. Twoje delikatne ręce mogą rozwiązać każdy węzeł. Niewiasto Ducha, Matko zaufania, inspiruj także nas. Pomagaj nam tworzyć historie pokoju, historie przyszłości. I wskazuj nam drogę wspólnego podążania.
Rzym, u św. Jana na Lateranie, 24 stycznia 2020 roku,
we wspomnienie św. Franciszka Salezego.
FRANCISCUS
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[1] Por. Benedykt XVI, Enc. Spe salvi, 2: „Orędzie chrześcijańskie jest nie tylko «informujące, ale przemieniające». To znaczy: Ewangelia nie jest jedynie komunikowaniem rzeczy, o których można się dowiedzieć, ale to komunikowanie, które wywołuje wydarzenia oraz zmienia życie”.
[00107-PL.01] [Testo originale: Italiano]
Traduzione in lingua araba
"لكي تُخبر وتحفظ في ذاكرتك" (را. خر 10، 2)
الحياة تصبح قصة
أرغب في أن أخصص رسالة هذا العام لموضوع الرواية والسرد، لأنني أعتقد أنَّه، ولكي لا نضيع، نحن بحاجة لأن نتنفّس حقيقة القصص الجيّدة: قصص تبني ولا تدمّر؛ قصص تساعدنا لكي نجد مجدّدًا الجذور والقوّة كي نسير معًا قدمًا. ففي بلبلة الأصوات والرسائل التي تحيط بنا نحن بحاجة لرواية بشريّة تحدّثنا عن أنفسنا وعن الجمال الذي يسكن في داخلنا. رواية تعرف كيف تنظر إلى العالم والأحداث بحنان، وتروي عن كوننا جزءًا من نسيج حيّ، يُظهر تشابك الخيوط التي تربطنا ببعضنا البعض.
1. نسج القصص
الإنسان هو كائن راوي. ومنذ صغرنا نتوق للقصص كما نجوع للطعام. أكانت تحت شكل أسطورة أو رواية أو فيلم أو أغنية أو خبر... إن القصص تؤثر على حياتنا حتى وإن لم نكن مدركين لهذا الأمر. غالبًا ما نقرّر ما هو الصح أو الخطأ بناءً على الشخصيات والقصص التي تعلّمناها. فالروايات تطبعنا وتصوغ قناعاتنا وتصرفاتنا، ويمكنها أن تساعدنا لكي نفهم أنفسنا ونعبّر عنها.
الإنسان ليس هو الكائن الوحيد الذي يحتاج للملابس لكي يغطّي هشاشته (را. تك 3، 21)، ولكنّه الوحيد أيضًا الذي يحتاج لأن يخبر عن ذاته، وأن "يكسُوَها" قصصًا ليحفظ حياته. نحن لا ننسج الملابس وحسب وإنما الروايات أيضًا: في الواقع، إنَّ قدرة الإنسان على "النسج" تقود إما إلى الأقمشة وإما إلى النصوص. فقصص كل زمن تملك "نولاً" مشتركًا: تتوقّع "أبطالاً"، وبشكل يوميٍّ أيضًا، الذين ولكي يحققوا حلمًا ما، يواجهون أوضاعًا صعبة ويحاربون الشرّ مدفوعين بقوّة تجعلهم شجعانًا، وهي قوّة الحب. وإذ نغوص في القصص يمكننا أن نجد مجدّدًا الدوافع البطوليّة لمواجهة تحديات الحياة.
الإنسان هو كائن راوي لأنه كائن في تحوّل، يكتشف نفسه ويغتني في أحداث أيامه. ولكن روايتنا مهدّدة منذ البداية لأن الشرّ ينتشر في التاريخ.
2. ليست كلُّ القصص صالحة
"إن أكلتَ تصبح كالله" (را. تك 3، 4): تُدخل تجربة الحيّة في مجرى التاريخ عقدة يصعب حلّها. "إن امتلكتَ تُصبح وتبلغ..." وما زال يهمس اليوم أيضًا من يستعين بما يُعرف بالـ "storytelling" (أسلوب رواية القصص) من أجل أهداف احتياليّة وخادعة. كم من القصص تُخدِّرنا وتُقنعنا بأنّه لكي نكون سعداء نحن بحاجة على الدوام للامتلاك والاستهلاك. قد لا ننتبه أيضًا لِكَم أصبحنا جشعاء للثرثرة والإشاعات، وللعنف والخداع اللذين نعيشهما. وغالبًا على أنوال التواصل، بدلاً من الروايات البنّاءة التي تشكّل لاصقًا للروابط الاجتماعية والنسيج الثقافي، يتمُّ إنتاج قصص مدمِّرة ومثيرة، تُضعف وتكسر خيوط التعايش الهشّة. فمن خلال جمع معلومات لم يتمّ التحقق منها وتكرار خطابات تافهة ومقنعة بطريقة زائفة، تترك أثرًا من خلال التعبير عن الحقد، لا يُنسج التاريخ البشري بل يُجرّد الإنسان من كرامته.
لكن فيما تكون قصيرة حياة القصص التي تُستعمل لأهداف احتياليّة وخادعة، يمكن للقصّة الجيّدة أن تتخطى حدود المكان والزمان، وتبقى آنيّة بالرغم من مرور العصور لأنها تغذّي الحياة. وفي مرحلة يظهر فيها التزييف أكثر حنكة ليبلغ مستويات مذهلة (الـ deepfake) نحن بحاجة للحكمة لكي نقبل ونخلق روايات جميلة وحقيقية وصالحة. نحن بحاجة للشجاعة لكي نرفض تلك الروايات المزيفة والشريرة. نحن بحاجة للصبر والتمييز لكي نكتشف مجدّدًا قصصًا تساعدنا لكي نستمر وسط العديد من جراح اليوم؛ قصص تعيد إلى النور حقيقة ما نحن عليه حتى في بطوليّة الحياة اليومية التي يتمُّ تجاهلها.
3. قصّة القصص
الكتاب المقدّس هو قصّة القصص. ما أكثر الأحداث والشعوب والأشخاص التي يقدّمها لنا! هو يُظهر لنا منذ البداية أنَّ الله هو خالق وفي الوقت عينه راوي. فهو في الواقع يلفظ كلمته فتُخلق الأمور (را. تك 1). من خلال سرده يدعو الله الأشياء إلى الحياة، وفي الذروة، يخلق الرجل والمرأة كمحاورَين حرَّين له ومولِّدَين لقصة معه. ففي أحد المزامير تُخبر الخليقة خالقها: "لِأَنَّكَ أَنتَ اقتَنَيتَ كُليَتَيَّ. نَسَجتَنِي فِي بَطنِ أُمِّي. أَحمَدُكَ مِن أَجلِ أَنِّي قَدِ امتَزتُ عَجَبًا... لَم تَختَفِ عَنكَ عِظَامِي حِينَمَا صُنِعتُ فِي الخَفَاءِ، وَرُقِمتُ فِي أَعمَاقِ الأَرضِ" (مز 139، 13-15). نحن لم نولد كاملين، بل نحن بحاجة لأن "نُننسج" و"نُنمّق" باستمرار. إن الحياة قد أُعطيت لنا كدعوة لنستمرّ في نسج تلك "المعجزة الرائعة" التي هي نحن.
بهذا المعنى يشكّل الكتاب المقدّس أكبر قصّة حب بين الله والبشريّة. في محورها نجد يسوع وقصّته تتمّم محبّة الله للإنسان وفي الوقت عينه قصّة حب الإنسان لله. ولذلك سيُدعى الإنسان هكذا، من جيل إلى جيل، ليخبر ويحفظ في ذاكرته الأحداث المهمّة من قصّة القصص هذه، تلك الأحداث القادرة على نقل معنى ما قد حصل.
إن عنوان هذه الرسالة قد أُخذ من سفر الخروج، رواية بيبليّة أساسية تقدّم الله الذي يتدخّل في تاريخ شعبه. في الواقع، عندما صرخ إليه أبناء إسرائيل المُستعبدين، أصغى الله إليهم وتذكّر: "تَذَكَّرَ اللهُ مِيثَاقَهُ مَعَ إِبرَاهِيمَ وَإِسحَاقَ وَيَعقُوبَ. وَنَظَرَ اللهُ بَنِي إِسرَائِيلَ وَعَلِمَ اللهُ" (خر 2، 24-25). من ذاكرة الله ينبعث التحرّر من الاضطهاد ويتمُّ ذلك من خلال علامات وآيات. وهنا يسلّم الرب موسى معنى جميع هذه العلامات: "لِكَي تُخبِرَ فِي مَسَامِعِ ابنِكَ وَابنِ ابنِكَ بِمَا فَعَلتُهُ فِي مِصرَ، وَبِآيَاتِي الَّتِي صَنَعتُهَا بَينَهُم، فَتَعلَمُونَ أَنِّي أَنَا الرَّبُّ" (خر 10، 2). تعلّمنا خبرة الخروج أن معرفة الله تُنقل بشكل خاص من خلال السرد، من جيل إلى جيل، كما لا يزال حاضرًا. إن إله الحياة ينقل نفسه ساردًا الحياة.
لم يكن يسوع يتحدّث عن الله بواسطة خطابات مجرّدة وإنما بواسطة الأمثال، روايات قصيرة مأخوذة من الحياة اليوميّة. هنا تصبح الحياة قصة ومن ثمَّ، وبالنسبة للسامع، تصبح القصّة حياة: تدخل تلك الرواية في حياة من يسمعها وتحوّلها.
حتى الأناجيل، وليس من باب الصدفة، هي روايات أيضًا. فبينما تخبرنا عن يسوع، تضعنا في مسيرة اتباع له وتجعلنا نتشبّه به: إن الإنجيل يطلب من القارئ أن يشارك في الإيمان عينه لكي يتقاسم الحياة عينها. يخبرنا إنجيل يوحنا أن الراوي بامتياز – أي الكلمة – قد صار رواية: "الابنُ الوَحيدُ الَّذي في حِضْنِ الآب هو الَّذي أَخبَرَ عَنه" (يو 1، 18). لقد استعملتُ الفعل "أخبر" لأن الفعل الأصلي "exeghésato" يمكن ترجمته إما بالفعل "أظهر" أو "أخبر". إن الله قد نسج نفسه في بشريّتنا معطيًا لنا هكذا أسلوبًا جديدًا لكي ننسج قصصنا.
4. قصّة تتجدّد
إنّ قصة المسيح ليست إرثًا من الماضي، بل هي قصتنا الآنية على الدوام. هي تُظهر لنا أنّ الله قد أحبّ الإنسان، وأحب جسدنا وتاريخنا حتى أصبح إنسانًا وجسدًا وتاريخًا. تقول لنا أيضًا إنه لا وجود لقصص بشريّة بلا معنى أو صغيرة. فبعد أن أصبح الله قصة، أصبحت كل قصّة بشريّة، بمعنى ما، قصة إلهية؛ وفي قصة كل إنسان يرى الآب قصة ابنه الذي نزل إلى الأرض. إنَّ كل قصة بشرية تملك كرامة لا يمكن إلغاءها.
لذلك تستحقُّ البشرية روايات تكون على مستواها، على ذلك المستوى والرائع الذي رفعها يسوع إليه. يكتب القديس بولس: "لَقدِ اتَّضَحَ أَنَّكُم رِسالَةٌ مِنَ المسيح، أُنشِئَت عن يَدِنا، ولم تُكتَبْ بِالحِبْر، بل بِرُوحِ اللهِ الحَيّ، لا في أَلواحٍ مِن حَجَر، بل في أَلواحٍ هي قُلوبٌ مِن لَحْم" (2قور 3، 3). إن الروح القدس، محبة الله، يكتب فينا؛ وعندما يكتب في داخلنا يثبّت الخير فينا ويذكّرنا به. في الواقع يعني فعل ذكّر أن نحمل إلى القلب و"الكتابة" على القلب. بفضل عمل الروح القدس يمكن لكل قصّة، حتى تلك المنسيّة والتي يبدو أنها قد كُتبت على سطور معوجّة أن تصبح مُلهمة وأن تولد مجدّدًا كتحفة فنيّة وتصبح مُلحقًا للإنجيل. كاعترافات أغسطينوس، ورواية الحاج للقديس اغناطيوس؛ وكقصّة نفس للقديسة تريزيا الطفل يسوع؛ كقصة المخطوبون والإخوة كرامازوف، وكالعديد من القصص الأخرى التي صوّرت بشكل رائع اللقاء بين حرية الله وحرية الإنسان. كل منا يعرف قصصًا عديدة تفوح بعبير الإنجيل وتشهد للحب الذي يحوّل الحياة. هذه القصص تطلب أن تتمّ مشاركتها وسردها وأن يتمّ إحياءها، في جميع الأوقات، بواسطة جميع اللغات وجميع الوسائل.
5. قصّة تجدّدنا
في كلِّ رواية كبيرة تدخل أيضًا قصّتنا. وفيما نقرأ الكتاب المقدّس وقصص القديسين وكذلك تلك النصوص التي عرفت كيف تقرأ نفس الإنسان وتُظهر جمالها، يكون الروح القدس حرًّا ليكتب في قلوبنا ويجدّد فينا ذكرى ما نمثّله في عيني الله. عندما نتذكّر المحبّة التي خلقتنا وخلّصتنا، وعندما نملك المحبة في قصصنا اليومية، وعندما ننسج بالرحمة أحداث حياتنا عندها نطوي الصفحة. فلا نبقى مربوطين بالتحسُّر والحزن ومتعلّقين بذكرى مريضة تحبس قلبنا، بل ننفتح على الآخرين وننفتح على رؤية الراوي. أن نخبر الله قصّتنا ليس أبدًا أمرًا بلا فائدة: حتى وإن لم تتغيّر رواية الأحداث، لكن المعنى والمنظار يتغيّران. أن نخبر الرب يسوع عن ذواتنا يعني أن ندخل في نظرة محبّته الشفوقة نحونا ونحو الآخرين. وبالتالي يمكننا أن نخبره القصص التي نعيشها ونحمل إليه الأشخاص ونوكله الحالات. معه يمكننا أن نعيد ربط نسيج الحياة ونعيد تخييط الشقوق والتمزقات. وما أحوجنا جميعًا لهذا الأمر! مع نظرة الراوي – الوحيد الذي يملك وجهة النظر الأخيرة – نقترب من روّاد القصة، من إخوتنا وأخواتنا، الذين يمثلون إلى جانبنا قصّة اليوم. نعم، لأنّه لا أحد هو مجرّد مُمثل ثانوي على مسرح العالم وقصّة كل فرد منا مفتوحة على تغيير ممكن. حتى عندما نخبر عن الشر يمكننا أن نتعلّم كيف نترك فسحة للفداء، ويمكننا أن نرى، حتى وسط الشر، ديناميكية الخير وأن نفسح له المجال.
إن الأمر لا يتعلّق باتباع منطق الـ "storytelling" ولا أن نقوم بترويج أنفسنا، وإنما بأن نتذكّر ما نمثّله في عيني الله ونشهد لما يكتبه الروح القدس في القلوب ونظهر لكل فرد أنَّ قصّته تحتوي على عجائب رائعة. ولكي نتمكّن من القيام بذلك نوكل أنفسنا لامرأة نسجت بشريّة الله في حشاها، ويقول الإنجيل، إنها قد نسجت معها كل ما كان يحصل لها. في الواقع إن العذراء مريم كانت تحفظ كل شيء وتتأمّل به في قلبها (را. لو 2، 19). لنطلب منها المساعدة هي التي عرفت كيف تفكّ عقد الحياة بقوة الحب المتواضعة:
يا مريم، الامرأة والأم، لقد نسجت الكلمة الإلهي في حشاك، وأخبرتِ بواسطة حياتك أعمال الله العظيمة. أصغي إلى قصصنا واحفظيها في قلبك واصنعي أنتِ أيضًا تلك القصص التي لا يريد أحد أن يصغي إليها. علمينا أن نرى الخيط الصالح الذي يقود التاريخ. أنظري إلى كومة العقد التي اشتبكت بها حياتنا وشلّت ذاكرتنا. بيديك الرقيقتين تُحلُّ جميع العقد. يا امرأة مملوءةً من الروح القدس وأم الثقة ألهمينا وساعدينا لكي نبني قصص سلام وقصص مستقبل؛ ودلّينا إلى الدرب لكي نسيرها معًا.
أعطي في روما، قرب القدّيس يوحنا اللاتيراني، 24 يناير / كانون الثاني 2020، تذكار القديس فرنسيس دي سال
FRANCISCUS
[00107-AR.01] [Testo originale: Italiano]
[B0046-XX.02]