Sala Stampa

www.vatican.va

Sala Stampa Back Top Print Pdf
Sala Stampa


Viaggio Apostolico di Sua Santità Francesco in Mozambico, Madagascar e Maurizio (4-10 settembre 2019) – Ora Media nel Monastero delle Carmelitane Scalze, 07.09.2019


Recita dell’Ora Media nel Monastero delle Carmelitane Scalze di Antananarivo

Omelia del Santo Padre consegnata

Omelia del Santo Padre a braccio

Alle ore 11.15 locali (10.15 ora di Roma) di questa mattina, il Santo Padre Francesco si è recato al Monastero delle Carmelitane Scalze di Antananarivo per la recita dell’Ora Media.

Al Suo arrivo, il Papa è stato accolto dalla Priora del Monastero, Suor Maria Maddalena dell’Annunciazione, O.C.D., che lo attendeva ai piedi delle scale della Cappella del Monastero. All’interno della Cappella erano riunite circa 100 suore contemplative provenienti da diversi monasteri del Paese. All’esterno erano presenti circa 70 novizie.

Dopo l’indirizzo di saluto della Priora del Monastero ha avuto luogo la recita dell’Ora Media. Al termine della lettura, dopo aver consegnato ai presenti il testo dell’omelia preparato per l’occasione, il Papa si è rivolto a braccio alle suore che partecipavano all’incontro.

Al termine della recita dell’Ora Media, il Papa ha benedetto l’altare della Cattedrale di Morondava, sistemato nel Coro adiacente, dove erano presenti il Vescovo e il Vescovo emerito di Morondava, il Vicario generale e salutato alcuni sacerdoti della diocesi.

Prima di lasciare il Monastero delle Carmelitane Scalze e far rientro in Nunziatura, il Santo Padre ha incontrato i membri sopravvissuti di una famiglia vittima dell’epidemia di morbillo che colpito duramente il Madagascar nei mesi scorsi.

Pubblichiamo di seguito il testo dell’omelia preparato per la circostanza e consegnato dal Santo Padre ai presenti e il testo dell’omelia che ha pronunciato a braccio:

Omelia del Santo Padre consegnata

Omelia del Santo Padre

Traduzione in lingua francese

Traduzione in lingua inglese

Traduzione in lingua tedesca

Traduzione in lingua spagnola

Traduzione in lingua portoghese

Traduzione in lingua polacca

Omelia del Santo Padre consegnata

Cara Madre Maddalena dell’Annunciazione,
Care sorelle!

La ringrazio per la calorosa accoglienza e per le Sue parole, cara Madre, che sono l’eco di tutte le monache contemplative dei vari monasteri di questo Paese. Grazie ad ognuna di voi, care sorelle, che avete lasciato per un momento la clausura, per manifestare la vostra comunione con me e con la vita e la missione di tutta la Chiesa, specialmente quella del Madagascar.

Ringrazio per la vostra presenza, per la vostra fedeltà, per la testimonianza luminosa di Gesù Cristo che offrite alla comunità. In questo Paese c’è povertà, è vero, ma c’è anche tanta ricchezza! Ricco di bellezze naturali, umane e spirituali. Anche voi, sorelle, partecipate a questa bellezza del Madagascar, della sua gente e della Chiesa, perché è la bellezza di Cristo che risplende sui vostri volti e nelle vostre vite. Sì, grazie a voi, la Chiesa in Madagascar è ancora più bella agli occhi del Signore e anche agli occhi di tutto il mondo.

I tre salmi della liturgia odierna esprimono l’angoscia del salmista in un momento di prova e di pericolo. Permettetemi di soffermarmi sul primo, cioè sulla sezione del Salmo 119, il più lungo del Salterio, composto da otto versetti per ciascuna lettera dell’alfabeto ebraico. Senza dubbio il suo autore è un uomo di contemplazione, uno che sa dedicare dei lunghi e bei momenti alla preghiera. Nel brano di oggi, la parola che appare più volte e che dà il tono all’insieme è “consumare”, usata principalmente in due sensi.

L’orante si consuma nel desiderio dell’incontro con Dio. Voi siete la testimonianza vivente di questo desiderio inesauribile che alberga nel cuore di tutti gli uomini. Tra le molteplici offerte che pretendono – senza riuscirvi – di soddisfare il cuore, la vita contemplativa è la fiaccola che porta all’unico fuoco eterno, «la fiamma viva d’amore che ferisce teneramente» (San Giovanni della Croce). Voi rappresentate «visibilmente la meta verso cui cammina l’intera comunità ecclesiale che “avanza sulle strade del tempo con lo sguardo fisso alla futura ricapitola­zione di tutto in Cristo”, preannunciando in questo modo la gloria celeste» (Cost. ap. Vultum Dei quaerere, 2).

Siamo sempre tentati di soddisfare il desiderio di eternità con cose effimere. Siamo esposti ai mari in tempesta che finiscono solo per annegare la vita e lo spirito: «Come il marinaio in alto mare ha bisogno del faro che indichi la rotta per giungere al porto, così il mondo ha bisogno di voi. Siate fari, per i vicini e soprattutto per i lontani. Siate fiaccole che accompagnano il cammino degli uomini e delle donne nella notte oscura del tempo. Siate sentinelle del mattino (cfr Is 21,11-12) che annunciano il sorgere del sole (cfr Lc 1,78). Con la vostra vita trasfigurata e con parole semplici ruminate nel silenzio, indicateci Colui che è via, verità e vita (cfr Gv 14,6), l’unico Signore che offre pienezza alla nostra esistenza e dona vita in abbondanza (cfr Gv 10,10). Gridateci come Andrea a Simone: “Abbiamo trovato il Signore” (cfr Gv 1,40); annunciate, come Maria di Magdala il mattino della risurrezione: “Ho visto il Signore!” (Gv 20,18)» (ibid., 6).

Ma il salmo parla anche di un altro consumare: quello che si riferisce all’intenzione dei malvagi, di coloro che vogliono distruggere il giusto; lo perseguitano, gli tendono trappole e vogliono farlo cadere. Un monastero è sempre un luogo in cui arrivano i dolori del mondo, quelli della vostra gente. Possano i vostri monasteri, nel rispetto del vostro carisma contemplativo e delle vostre costituzioni, essere luoghi di accoglienza e di ascolto, specialmente per persone molto infelici. Oggi sono con noi due mamme che hanno perso i loro figli e riassumono tutti i dolori dei vostri fratelli isolani. Siate attente al grido e alle miserie degli uomini e delle donne intorno a voi, che vengono a voi consumati dalla sofferenza, dallo sfruttamento e dallo scoraggiamento. Non siate di quelli che ascoltano solo per vincere la noia, soddisfare la curiosità o raccogliere argomenti di conversazione.

A questo proposito, avete una missione fondamentale da svolgere. La clausura vi colloca nel cuore di Dio e, di conseguenza, là dove Lui ha posto il suo cuore. Ascoltate il cuore del Signore per ascoltarlo anche nei vostri fratelli e sorelle. Le persone intorno a voi sono spesso molto povere, deboli, aggredite e ferite in mille modi; ma sono piene di fede e riconoscono istintivamente in voi delle testimoni della presenza di Dio, dei preziosi riferimenti per incontrarlo e ottenere il suo aiuto. Per tanto dolore che le consuma interiormente, che ruba loro la gioia e la speranza, che le fa sentire estranee, voi potete essere una via verso quella roccia che evochiamo in un altro salmo: «Ascolta, o Dio, il mio grido, sii attento alla mia preghiera. Dai confini della terra io t’invoco; mentre il mio cuore viene meno, guidami su rupe inaccessibile» (Sal 60,2-3).

La fede è il bene più grande dei poveri! È molto importante che questa fede sia annunciata, rafforzata in loro, che li aiuti davvero a vivere e a sperare. E che la contemplazione dei misteri di Dio, espressa nella vostra liturgia e nei vostri tempi di preghiera, vi permetta di scoprire meglio la sua presenza attiva in ogni realtà umana, compresa la più dolorosa, e di rendere grazie perché, nella contemplazione, Dio vi offre il dono dell’intercessione. Con la vostra preghiera, voi, come delle madri, prendete i figli sulle spalle e li portate verso la terra promessa. «La preghiera sarà più gradita a Dio e più santificatrice se in essa, con l’intercessione, cerchiamo di vivere il duplice comandamento che ci ha lasciato Gesù. L’intercessione esprime l’impegno fraterno con gli altri quando in essa siamo capaci di includere la vita degli altri, le loro angosce più sconvolgenti e i loro sogni più belli. Di chi si dedica generosamente a intercedere si può dire con le parole bibliche: “Questi è l’amico dei suoi fratelli, che prega molto per il popolo” (2 Mac 15,14)» (Esort. ap. Gaudete et exsultate, 154).

Care sorelle contemplative, senza di voi, che ne sarebbe della Chiesa e di quanti vivono nelle periferie umane del Madagascar? Cosa accadrebbe a tutti coloro che lavorano in prima linea nell’evangelizzazione, e qui in particolare in condizioni molto precarie, difficili e talvolta pericolose? Tutti si appoggiano alla vostra preghiera e al dono sempre rinnovato della vostra vita, un dono molto prezioso agli occhi di Dio che vi fa partecipare al mistero della redenzione di questa terra e delle amate persone che vi abitano.

«Io sono come un otre esposto al fumo», dice il salmo (119,83), alludendo al tempo trascorso vivendo questo duplice modo di essere consumati: da Dio e dalle difficoltà del mondo. A volte, quasi senza volerlo, ce ne allontaniamo e cadiamo «nell’apatia, nella routine, nella demotivazione, nell’accidia paralizzante» (Cost. ap. Vultum Dei quaerere, 11). Non importa... non importano gli anni che avete o la difficoltà di camminare o di arrivare in tempo per gli uffici... Non siamo degli otri esposti al fumo ma tronchi che bruciano fino a consumarsi nel fuoco che è Gesù, Colui che non ci delude mai... e che copre ogni debito.

Grazie per questo momento condiviso. Mi affido alle vostre preghiere. E vi affido tutte le intenzioni che porto durante questo viaggio in Madagascar; preghiamo insieme affinché lo Spirito del Vangelo possa germogliare nei cuori di tutto il vostro popolo.

[01360-IT.01] [Testo originale: Italiano]

Traduzione in lingua francese

Chère Mère Madeleine de l’Annonciation
Chères sœurs!

Je vous remercie pour l’accueil chaleureux et pour vos paroles, chère Mère, qui sont l’écho de toutes les moniales contemplatives des différents monastères de ce pays. Merci à chacune de vous, chères sœurs, qui avez quitté pour un moment la clôture, pour manifester votre communion avec moi et avec la vie et la mission de toute l’Eglise, spécialement celle de Madagascar.

Je rends grâce pour votre présence, pour votre fidélité, pour le témoignage lumineux de Jésus-Christ que vous offrez à la communauté. Dans ce pays, il y a de la pauvreté, c’est vrai, mais il y a aussi tant de richesse! Riche en beautés naturelles, humaines et spirituelles. Vous aussi, mes Sœurs, vous participez à cette beauté de Madagascar, de son peuple et de l’Eglise, parce que c’est la beauté du Christ qui brille sur vos visages et dans vos vies. Oui, grâce à vous, l’Eglise à Madagascar est encore plus belle aux yeux du Seigneur et aussi aux yeux du monde entier.

Les trois psaumes de la liturgie d’aujourd’hui expriment l’angoisse du psalmiste dans un moment d’épreuve et de péril. Permettez-moi de m’arrêter sur le premier, c’est-à-dire sur la section du Psaume 119, le plus long du Psautier, composé de huit versets pour chaque lettre de l’alphabet hébreu. Sans doute son auteur est-il un homme de contemplation, quelqu’un qui sait consacrer de longs et beaux moments à la prière. Dans le passage d’aujourd’hui, la parole qui apparaît plusieurs fois et donne le ton à l’ensemble, est “consumer”, utilisée surtout en deux sens.

L’orant se consume en désirs pour la rencontre avec Dieu. Vous êtes le témoignage vivant de ce désir inépuisable dans le cœur de tous les hommes. Au milieu des multiples offres qui prétendent – sans y réussir – satisfaire le cœur, la vie contemplative est le flambeau qui conduit à l’unique feu éternel, «la vive flamme d’amour qui blesse tendrement» (saint Jean de la Croix). Vous représentez «de façon visible le but vers lequel chemine l’ensemble de la communauté ecclésiale qui “marche sur les routes de ce temps le regard fixé sur la récapitulation future de toutes choses dans le Christ” annonçant déjà ainsi la gloire céleste» (Const. ap. Vultum Dei quaerere, n. 2).

Nous sommes toujours tentés de satisfaire le désir de l’éternité avec des choses éphémères. Nous sommes exposés aux mers déchaînées qui finissent seulement par noyer la vie et l’esprit: «Comme le marin en haute mer a besoin du phare qui montre le chemin pour rejoindre le port, ainsi le monde a besoin de vous. Soyez phares, pour ceux qui sont proches et surtout pour ceux qui sont loin. Soyez flambeaux qui accompagnent le chemin des hommes et des femmes dans la nuit obscure du temps. Soyez sentinelles du matin (cf. Is 21, 11-12) qui annoncent le soleil levant (cf. Lc 1, 78). Par votre vie transfigurée et par des paroles simples, ruminées dans le silence, montrez-nous Celui qui est chemin, vérité et vie (cf. Jn 14, 6), l’unique Seigneur qui donne la plénitude à notre existence et la vie en abondance (cf. Jn 10, 10). Criez-nous, comme André à Simon : “Nous avons trouvé le Seigneur !” (cf. Jn 1, 40); annoncez, comme Marie de Magdala au matin de la résurrection: “J’ai vu le Seigneur !”(Jn 20, 18)» (ibid., n. 6).

Mais le psaume parle aussi d’un autre consumer: celui qui se réfère à l’intention des méchants, de ceux qui veulent détruire le juste; le persécutent, lui tendent des pièges et veulent le faire tomber. Un monastère est toujours un espace où arrivent les douleurs du monde, celles de vos gens. Que vos monastères, en respectant votre charisme contemplatif et vos constitutions, soient des lieux d’accueil et d’écoute, spécialement pour les personnes très malheureuses. Aujourd’hui sont avec nous deux mamans qui ont perdu leurs enfants et concentrent toutes les douleurs de vos frères insulaires. Soyez attentifs aux cris et aux misères des hommes et des femmes autour de vous qui viennent à vous consumés par la souffrance, l’exploitation et le découragement. Ne soyez pas de celles qui écoutent seulement pour tuer l’ennui, satisfaire leur curiosité ou recueillir des sujets de conversation. A cet égard, vous avez une mission fondamentale à développer. La clôture vous place dans le cœur de Dieu et, par conséquent, là où Il a mis son cœur. Ecoutez le cœur du Seigneur pour l’écouter aussi en vos frères et sœurs. Les personnes autour de vous sont souvent très pauvres, faibles, agressées et blessées de mille manières; mais elles sont remplies de foi, et reconnaissent instinctivement en vous des témoins de la présence de Dieu, précieuses références pour Le rencontrer et obtenir son aide. Pour tant de douleur qui les consume intérieurement, qui leur vole la joie et l’espérance, qui les fait se sentir étrangères, vous pouvez être un chemin vers ce rocher que nous évoquons dans un autre passage des psaumes: «Dieu, entends ma plainte, exauce ma prière; des terres lointaines je t'appelle quand le cœur me manque. Jusqu'au rocher trop loin de moi tu me conduiras» (Ps 60, 2-3).

La foi est le plus grand bien des pauvres! Il est très important que cette foi soit annoncée, renforcée en eux, qu’elle les aide réellement à vivre et à espérer. Et que la contemplation des mystères de Dieu exprimée dans votre liturgie et dans vos temps de prière, vous permette de mieux découvrir sa présence active dans chaque réalité humaine, y compris la plus douloureuse, et rendre grâce parce que, dans la contemplation, Dieu vous offre le don de l’intercession. Par votre prière, vous prenez comme des mamans vos enfants sur vos épaules et vous les portez vers la terre promise. «La prière sera plus agréable à Dieu et plus sanctifiante si, à travers elle, par l’intercession, nous essayons de vivre le double commandement que Jésus nous a donné. L’intercession exprime l’engagement fraternel envers les autres quand grâce à elle nous sommes capables d’intégrer la vie des autres, leurs plus pressantes angoisses et leurs plus grands rêves. Recourant aux paroles bibliques, on peut dire de celui qui se dévoue généreusement à intercéder : “Celui-ci est l’ami de ses frères, qui prie beaucoup pour le peuple” (2 M15, 14)» (Exort. Ap. Gaudete et exsultate, n. 154).

Chères Sœurs contemplatives, sans vous, que serait l’Eglise et ceux qui vivent dans les périphéries humaines de Madagascar? Qu’arriverait-il à tous ceux qui travaillent en première ligne de l’évangélisation, et ici en particulier dans des conditions très précaires, très difficiles et, parfois, dangereuses? Tous s’appuient sur votre prière et sur le don toujours renouvelé de vos vies, un don très précieux au regard de Dieu et qui vous fait participer au mystère de la rédemption de cette terre et des personnes aimées qui y habitent.

«Bien que je sois comme une outre desséchée par la fumée», dit le psaume (119, 83), en faisant allusion au temps écoulé, en vivant cette double manière d’être consumé: par Dieu et par les difficultés du monde. Parfois, presque sans le vouloir, nous partons, et nous tombons dans «l’apathie, dans la routine, la démotivation, l’acédie paralysante» (Const. ap. Vultum Dei quaerere, n. 11). Peu importe… peu importent les années que vous avez ou la difficulté à marcher ou à arriver à temps pour les offices… nous ne sommes pas des outres exposées à la fumée mais des troncs qui brûlent jusqu’à se consumer dans le feu qu’est Jésus; celui qui jamais ne nous fait défaut… et qui couvre toute dette.

Merci pour ce moment partagé, je me confie à vos prières. Je vous confie toutes les intentions que je porte durant ce voyage à Madagascar; prions ensemble pour que l’Esprit de l’Evangile puisse germer dans les cœurs de tout votre peuple.

[01360-FR.01] [Texte original: Italien]

Traduzione in lingua inglese

Dear Mother Madeleine of the Annunciation,
Dearest Sisters,

Thank you, Mother, for your warm welcome and your kind words, which echo the sentiments of the contemplative nuns of all the different monasteries of this country. I thank every one of you, dear Sisters, for leaving the cloister for a moment in order to show your communion with me and with the life and mission of the entire Church, particularly the Church in Madagascar.

I am grateful for your presence, for your fidelity and for the radiant witness to Jesus Christ that you offer to the community. In this country, there may be poverty, but there is also great richness! For here we find a great treasure of natural, human and spiritual beauty. You too, dear Sisters, share in this beauty of Madagascar, its people and its Church, for it is the beauty of Christ that lights up your faces and your lives. Indeed, thanks to you, the Church in Madagascar is all the more beautiful in the Lord’s eyes and in the eyes of the whole world as well.

The three Psalms of today’s liturgy express the anguish of the Psalmist in a moment of trial and danger. Allow me to reflect on the first of them, taken from Psalm 119, the lengthiest of the Psalter, since it devotes eight verses to each letter of the Hebrew alphabet. No doubt, its author was a contemplative, someone familiar with prolonged and beautiful experiences of prayer. In today’s passage, the word “consume” appears several times and, significantly, in two senses.

The one who prays is “consumed” by the desire to encounter God. You yourselves are a living testimony to this insatiable desire present in the heart of all men and women. Amid the many proposals that claim to satisfy the human heart, but prove incapable of doing so, the contemplative life is the torch that leads to the one eternal fire, “the living flame of love that wounds tenderly” (Saint John of the Cross). You are a visible sign of “the goal toward which the entire ecclesial community journeys. For the Church ‘advances down the paths of time with her eyes fixed on the future restoration of all things in Christ’, thus announcing in advance the glory of heaven” (Vultum Dei Quaerere, 2).

We are constantly tempted to satisfy our desire for eternity with fleeting things. We find ourselves adrift on surging seas that only end up overwhelming our lives and our spirit. For this reason, “the world needs you every bit as much as a sailor on the high seas needs a beacon to guide him to a safe haven. Be beacons to those near to you and, above all, to those far away. Be torches to guide men and women along their journey through the dark night of time. Be sentinels of the morning (cf. Is 21:11-12), heralding the dawn (cf. Lk 1:78). By your transfigured life, and with simple words pondered in silence, show us the One who is the way, and the truth and the life (cf. Jn 14:6), the Lord who alone brings us fulfilment and bestows life in abundance (cf. Jn 10:10). Cry out to us, as Andrew did to Simon: ‘We have found the Lord’ (cf. Jn 1:40). Like Mary Magdalene on Easter morning, announce to us: ‘I have seen the Lord!’ (Jn 20:18)” (ibid., 6).

The Psalm also speaks of another way of being “consumed”. It speaks of the malicious, who seek to ruin the just. They persecute them, set traps for them, try to bring them down. A monastery is always a space where people consumed by the pain and sorrows of this world can come and find a hearing. May your monasteries, faithful to your charism of contemplation and your constitutions, also be places of welcome and listening, especially for those in greatest need. With us today are two mothers who have lost their children and who embody all the hurt and pain felt by our brothers and sisters on this island. Please be attentive to the pleas and the grief of those in your midst who, consumed by the experience of suffering, exploitation and discouragement, turn to you. Do not be like those who listen only to pass the time, to satisfy curiosity or to have something else to talk about.

You have a fundamental mission in this regard. The cloister sets you in the heart of God; his heart is thus always present in your midst. Your sensitivity to the heart of the Lord will enable you to hear him speaking in your brothers and sisters. The persons around you are often very poor, weak, troubled and hurting in a thousand ways; yet they are full of faith. In you, they instinctively recognize witnesses of God’s presence and invaluable sources of encouragement on the way to encountering him and receiving his help. However great the pain that consumes them, robbing them of joy and hope, and making them feel isolated and alone, you can be a pathway to that rock evoked in another passage from the Psalms: “Hear my cry, O God, listen to my prayer; from the end of the earth I call to you, when my heart is faint. Lead me to the rock that is higher than I” (Ps 61:1-2).

Faith is the greatest treasure of the poor! How important it is that the faith be proclaimed to them, strengthened within them, and help them to live in hope. May the contemplation of God’s mysteries, which finds expression in your liturgy and your times of prayer, enable you better to discover his active presence in each human situation, even the most troubling, and to be thankful that, in contemplation, God gives you the gift of intercession. Thanks to your prayer, you are like mothers, taking your children upon your shoulders and carrying them towards the promised land. Indeed, “our prayer will be all the more pleasing to God and more effective for our growth in holiness if, through intercession, we attempt to practise the twofold commandment that Jesus left us. Intercessory prayer is an expression of our fraternal concern for others, since we are able to embrace their lives, their deepest troubles and their loftiest dreams. Of those who commit themselves generously to intercessory prayer we can apply the words of Scripture: ‘This is a man who loves the brethren and prays much for the people’ (2 Mac 15:14)” (Gaudete et Exsultate, 154).

Dear contemplative Sisters, what would the Church and those who live on the human peripheries of Madagascar be like without you? What would happen to all those who work in the forefront of evangelization, especially here, in very precarious, difficult and often dangerous conditions? They rely on your prayers and on the ever-renewed gift of your lives, an inestimable gift in the sight of God, one that makes you share in the mystery of the redemption of this land and of the beloved persons who dwell in it.

“For I have become like a wineskin in the smoke”, says the Psalm (119:83), reminding us of how time passes when we experience this two-fold way of being consumed: by God and by the difficulties of the world. At times, almost imperceptibly, we can fall into “listlessness, mere routine, lack of enthusiasm and paralyzing lethargy” (Vultum Dei Quaerere, 11). It makes no difference how old you are, or how difficult it is to walk or to arrive on time for prayers… We are not wineskins drying next to the smoke, but logs burning until they are consumed in the fire which is Jesus. For he never fails us, he covers our every debt.

Thank you for this time we have spent together. I entrust myself to your prayers. To you I entrust all the intentions I carry in my heart during this visit to Madagascar. Let us pray together that the spirit of the Gospel may spring up in the hearts of all your people.

[01360-EN.01] [Original text: Italian]

Traduzione in lingua tedesca

Liebe Mutter Maria Magdalena von der Verkündigung,
liebe Schwestern!

Ich danke Ihnen für den herzlichen Empfang und für Ihre Worte, liebe Mutter, die die Stimme aller kontemplativen Schwestern der verschiedenen Klöster dieses Landes widerspiegeln. Ich danke einer jeden von euch, liebe Schwestern, dass ihr die Klausur für einen Moment verlassen habt, um eure Gemeinschaft mit mir und mit dem Leben und der Sendung der ganzen Kirche, insbesondere der Kirche Madagaskars, zum Ausdruck zu bringen.

Ich danke euch für eure Anwesenheit, für eure Treue, für euer leuchtendes Zeugnis für Jesus Christus, das ihr der Gemeinschaft schenkt. In diesem Land gibt es Armut, das ist wahr, aber es gibt auch so viel Reichtum! Reichtum an natürlicher, menschlicher und geistlicher Schönheit. Auch ihr Schwestern seid ein Teil dieser Schönheit Madagaskars, seiner Menschen und der Kirche; denn es ist die Schönheit Christi, die auf euren Gesichtern und in eurem Leben erstrahlt. Ja, dank euch ist die Kirche in Madagaskar in den Augen des Herrn und auch in den Augen der ganzen Welt noch schöner.

Die drei Psalmen der Hore, die wir gerade gebetet haben, bringen die Angst des Psalmisten in einem Moment der Prüfung und Gefahr zum Ausdruck. Lasst mich auf den ersten Psalm näher eingehen, also auf den Abschnitt des Psalms 119. Dieser Psalm ist der längste des Psalters. Er besteht aus acht Versen für jeden Buchstaben des hebräischen Alphabets. Zweifellos ist sein Autor ein kontemplativer Mensch, der weiß, wie man lange und schöne Momente im Gebet verbringt. Im heutigen Abschnitt gibt es ein Wort, das mehrmals vorkommt und den Grundtenor vorgibt, das Wort „verzehren“, das hauptsächlich in zwei Bedeutungen verwendet wird.

Der Betende verzehrt sich im Verlangen nach der Begegnung mit Gott. Ihr seid ein lebendiges Zeugnis dieses unerschöpflichen Begehrens, das in den Herzen aller Menschen wohnt. Unter den vielen Angeboten, die – wenn auch ohne Erfolg – den Anspruch erheben, das Herz zu befriedigen, ist das kontemplative Leben die Fackel, die zum einen ewigen Feuer führt, »die lebendige Flamme der Liebe, die zärtlich verwundet« (Johannes vom Kreuz). Ihr stellt sichtbar das Ziel dar, »dem die ganze Gemeinschaft der Kirche zustrebt, die „auf den Straßen der Zeit vorwärtsgeht, den Blick fest auf die künftige Erneuerung von allem in Christus gerichtet“. Auf diese Weise kündigt sie die himmlische Herrlichkeit an« (Apostolische Konstitution Vultum Dei quaerere, 2).

Wir sind immer versucht, die Sehnsucht nach Ewigkeit mit vergänglichen Dingen zu befriedigen. Wir sind stürmischen Meeren ausgesetzt, die schließlich das Leben und den Geist ertrinken lassen: »Wie der Matrose auf hoher See den Leuchtturm braucht, der ihm die Route zeigt, um zum Hafen zu gelangen, so braucht die Welt euch. Seid Leuchtfeuer – für die Nahen und vor allem für die Fernen! Seid Fackeln, die den Weg der Menschen in der dunklen Nacht der Zeit begleiten! Seid Wächterinnen am Morgen (vgl. Jes 21,11-12), die den Aufgang der Sonne (vgl. Lk 1,78) ankündigen! Weist uns mit eurem verklärten Leben und mit einfachen, im Schweigen meditierten Worten auf den hin, der der Weg, die Wahrheit und das Leben ist (vgl. Joh 14,6), den einzigen Herrn, der unserem Dasein Erfüllung verleiht und uns Leben in Fülle schenkt (vgl. Joh 10,10)! Ruft uns zu wie einst Andreas dem Simon: „Wir haben den Herrn gefunden!“ (vgl. Joh 1,40); verkündet wie Maria von Magdala am Morgen der Auferstehung: „Ich habe den Herrn gesehen!“ (Joh 20,18)« (ebd., 6).

Aber der Psalm spricht auch von einem anderen Verzehren: dem, das sich auf die Absicht der Bösen bezieht, derer, die den Gerechten zerstören wollen; sie verfolgen ihn, stellen ihm Fallen und wollen ihn zu Fall bringen. Ein Kloster ist immer ein Ort, an dem die Schmerzen der Welt, die Schmerzen eurer Mitmenschen, ankommen. Wenn auch euer kontemplatives Charisma und eure Statuten zu respektieren sind, seien eure Klöster zugleich Orte der Aufnahme und des Zuhörens, besonders für sehr unglückliche Menschen. Unter uns sind heute zwei Mamas, die ihre Kinder verloren haben; sie spiegeln alle Sorgen eurer Brüder und Schwestern auf der Insel wider. Achtet auf den Schrei und das Elend der Männer und Frauen um euch herum, die verzehrt von Leid, Ausbeutung und Entmutigung zu euch kommen. Gehört nicht zu jenen, die zuhören, nur um Langeweile zu überwinden, Neugier zu befriedigen oder Themen für Gespräche zu sammeln.

In dieser Hinsicht habt ihr eine grundlegende Mission zu erfüllen. Die Klausur versetzt euch in das Herz Gottes und damit dorthin, wo er sein Herz hingewendet hat. Hört auf das Herz des Herrn, um es dann auch in euren Brüdern und Schwestern zu hören. Die Menschen um euch herum sind oft sehr arm, schwach, angegriffen und auf tausend Arten verletzt; aber sie sind voller Glauben und erkennen instinktiv Zeugen der Gegenwart Gottes in euch, wertvolle Bezugspunkte, um ihm zu begegnen und seine Hilfe zu erlangen. Für so viel Schmerz, der sie innerlich verzehrt, der ihnen ihre Freude und Hoffnung raubt, der sie sich fremd fühlen lässt, könnt ihr ein Weg zu diesem Felsen sein, den wir in einem anderen Psalm anrufen: »Höre doch, Gott, meinen Schrei, achte doch auf mein Bittgebet! Vom Ende der Erde rufe ich zu dir; denn mein Herz ist verzagt. Führe mich auf den Felsen, der mir zu hoch ist!« (Ps 61,2-3).

Der Glaube ist das größte Gut der Armen! Es ist sehr wichtig, dass dieser Glaube verkündet und in ihnen gestärkt wird, damit er ihnen wirklich hilft, zu leben und zu hoffen. Und die Betrachtung der Geheimnisse Gottes, die in eurer Liturgie und in euren Gebetszeiten zum Ausdruck kommt, befähige euch, seine aktive Gegenwart in jeder menschlichen Realität, auch in der leidvollsten, besser zu entdecken und dafür zu danken, dass Gott euch in der Betrachtung die Möglichkeit zur Fürbitte gibt. Mit eurem Gebet nehmt ihr, wie Mütter, eure Kinder auf eure Schultern und tragt sie zum Land der Verheißung. Das Gebet wird »Gott gefälliger und heiligmachender […], wenn wir darin durch die Fürbitte versuchen, das uns von Jesus hinterlassene Doppelgebot zu leben. Die Fürbitte drückt das brüderliche Engagement für andere aus, wenn wir in ihr fähig sind, das Leben anderer aufzunehmen, mit ihren verstörenden Seelennöten und besten Träumen. Wer sich großmütig der Fürbitte widmet, von dem kann man mit den Worten der Heiligen Schrift sagen: „Dieser ist der Freund seiner Brüder, der viel für das Volk betet“ (2 Makk 15,14)«. (Apostolisches Schreiben Gaudete et exsultate, 154).

Liebe kontemplative Schwestern, was würde ohne euch aus der Kirche und aus all den am Rande stehenden Menschen Madagaskars werden? Was würde mit all denen geschehen, die an vorderster Front für die Evangelisierung arbeiten, und hier insbesondere unter sehr unsicheren, schwierigen und manchmal gefährlichen Bedingungen? Sie alle verlassen sich auf euer Gebet und auf die immer wieder neue Hingabe eures Lebens, die in den Augen Gottes eine sehr wertvolle Gabe ist, die euch teilhaben lässt am Geheimnis der Erlösung dieses Landes und der geliebten Menschen, die da leben.

»Ich bin wie ein Schlauch, der im Rauch hängt«, heißt es im Psalm (119,83), der damit auf Zeiten verweist, in denen man diese doppelte Art des Verzehrtwerdens von Gott und den Widrigkeiten der Welt durchlebt hat. Manchmal, fast unbeabsichtigt, entfernen wir uns davon und verfallen in »Apathie, Routine, Lustlosigkeit und lähmende Trägheit« (vgl. Apostolische Konstitution Vultum Dei quaerere, 11). Das ist nicht so wichtig... es spielt keine Rolle, wie alt ihr seid oder ob ihr Schwierigkeiten habt zu gehen oder rechtzeitig zu den Horen zu kommen... Wir sind keine Schläuche, die im Rauch hängen, sondern Stämme, die brennen, bis sie sich in jenem Feuer verzehren, das Jesus ist, derjenige, der uns nie enttäuscht... und der jede Schuld bereinigt.

Vielen Dank für diesen gemeinsamen Moment. Ich vertraue mich euren Gebeten an. Und ich vertraue euch alle Anliegen an, die ich während dieser Reise in Madagaskar im Herzen trage; beten wir gemeinsam, dass der Geist des Evangeliums in den Herzen eures ganzen Volkes aufkeimt.

[01360-DE.01] [Originalsprache: Italienisch]

Traduzione in lingua spagnola

Querida Madre Magdalena de la Anunciación,
Queridas hermanas:

Agradezco la cálida bienvenida, así como sus palabras, querida Madre, que son como el eco de todas las monjas contemplativas de varios monasterios de este país. Les agradezco, queridas hermanas, por dejar por un momento la clausura, para manifestar vuestra comunión conmigo y con la vida y misión de toda la iglesia, especialmente la de Madagascar.

Doy gracias por vuestra presencia, por vuestra fidelidad, por el testimonio luminoso de Jesucristo que ofrecéis a la comunidad. En este país hay pobreza, es verdad, ¡pero también hay mucha riqueza! Rico en bellezas naturales, humanas y espirituales. Hermanas, vosotras también participáis de esta belleza de Madagascar, de su gente y de la Iglesia, porque es la belleza de Cristo la que brilla en sus rostros y en sus vidas. Sí, gracias a vosotras, la Iglesia en Madagascar es aún más hermosa a los ojos del Señor y también a los ojos de todo el mundo.

Los tres salmos de la liturgia de hoy expresan la angustia del salmista en un momento de prueba y peligro. Permitidme detenerme en el primero, es decir sobre la parte del Salmo 119, el más largo del salterio, compuesto de ocho versos por cada letra del alfabeto hebreo. Sin duda su autor es un hombre de contemplación, alguien que sabe dedicarle tiempos largos y bellos a la oración. En el pasaje de hoy, la palabra que aparece varias veces y le da tonalidad a todo es “consumir”, usada sobre todo en dos sentidos.

El orante se consume por el deseo del encuentro con Dios. Vosotras sois testimonio vivo de ese deseo inextinguible en el corazón de todos los hombres. En medio de las múltiples ofertas que pretenden —pero no pueden— saciar el corazón, la vida contemplativa es la antorcha que lleva al único fuego perenne, «la llama de amor viva que tiernamente hiere» (san Juan de la Cruz). Vosotras representáis «visiblemente la meta hacia la cual camina toda la comunidad eclesial que «se encamina por las sendas del tiempo con la mirada fija en la futura recapitulación de todo en Cristo, preanunciando de este modo la gloria celestial» (Const. ap. Vultum dei quaerere, 2).

Siempre estamos tentados de saciar el deseo de lo eterno con cosas efímeras. Nos vemos expuestos a mares embravecidos que sólo terminan ahogando la vida y el espíritu: «Como el marinero en alta mar necesita el faro que indique la ruta para llegar al puerto, así el mundo os necesita a vosotras. Sed faros, para los cercanos y sobre todo para los lejanos. Sed antorchas que acompañan el camino de los hombres y de las mujeres en la noche oscura del tiempo. Sed centinelas de la aurora (cf. Is 21,11-12) que anuncian la salida del sol (cf. Lc 1,78). Con vuestra vida transfigurada y con palabras sencillas, rumiadas en el silencio, indicadnos a Aquel que es camino, verdad y vida (cf. Jn 14,6), al único Señor que ofrece plenitud a nuestra existencia y da vida en abundancia (cf. Jn 10,10). Como Andrés a Simón, gritadnos: “Hemos encontrado al Señor” (cf. Jn 1,40); como María de Magdala la mañana de la resurrección, anunciad: “He visto al Señor” (Jn 20,18)» (ibíd., 6).

Pero también el salmo habla de otro consumir: el que se refiere a la intención de los malvados, de quienes quieren acabar con el justo; ellos lo persiguen, le ponen trampas y lo quieren hacer caer. Un monasterio siempre es un espacio donde llegan los dolores del mundo, los de vuestro pueblo. Que vuestros monasterios, respetando su carisma contemplativo y sus constituciones, sean lugares de acogida y escucha, especialmente de las personas más infelices. Hoy nos acompañan dos madres que han perdido a sus hijos y representan todos los dolores de vuestros hermanos isleños. Estad atentas a los gritos y las miserias de los hombres y mujeres que están a vuestro alrededor y que acuden a vosotras consumidos por el sufrimiento, la explotación y el desánimo. No seáis de aquellas que escuchan sólo para aligerar su aburrimiento, saciar su curiosidad o recoger temas para conversaciones futuras.

En este sentido tenéis una misión fundamental que llevar a cabo. La clausura os sitúa en el corazón de Dios y, por tanto, allí donde Él tiene su corazón. Escucháis el corazón del Señor para escucharlo también en vuestros hermanos y hermanas. La gente que os rodea es a menudo muy pobre, débil, agredida y herida de mil maneras; pero está llena de fe, y reconoce instintivamente en vosotras a testigos de la presencia de Dios, preciosas referencias para encontrarse con Él y obtener su ayuda. Ante tanto dolor que los va consumiendo por dentro, que les roba la alegría y esperanza, y los hace sentir extranjeros, vosotras podéis ser un camino hacia esa roca que evocamos en otro de los salmos: «Escucha, oh Dios, mi clamor, atiende a mi súplica. Te invoco desde el confín de la tierra con el corazón abatido: llévame a una roca inaccesible» (Sal 60, 2,3).

¡La fe es el mayor bien de los pobres! Es de suma importancia que esta fe sea anunciada, fortalecida en ellos, que realmente los ayude a vivir y esperar. Y que la contemplación de los misterios de Dios expresada en vuestra liturgia y en vuestros tiempos de oración, os permita descubrir mejor su presencia activa en cada realidad humana, incluso la más dolorosa, y dar gracias porque en la contemplación Dios os regala el don de la intercesión. Con vuestra oración vosotras como esas madres cargáis a vuestros hijos en vuestros hombros y los lleváis hacia la tierra prometida. «La oración será más agradable a Dios y más santificadora si en ella, por la intercesión, intentamos vivir el doble mandamiento que nos dejó Jesús. La intercesión expresa el compromiso fraterno con los otros cuando en ella somos capaces de incorporar la vida de los demás, sus angustias más perturbadoras y sus mejores sueños. De quien se entrega generosamente a interceder puede decirse con las palabras bíblicas: “Este es el que ama a sus hermanos, el que ora mucho por el pueblo” (2 M 15,14)» (Exhort. ap. Gaudete et exultate, 154).

Queridas hermanas contemplativas: Sin vosotras, ¿qué sería la Iglesia y los que viven en las periferias humanas de Madagascar? ¿Qué pasaría con todos aquellos que trabajan en la vanguardia de la evangelización, y aquí en particular en las condiciones más precarias, las más difíciles y, a veces, las más peligrosas? Todos ellos se apoyan en vuestra oración y en la ofrenda siempre renovada de vuestras vidas, una ofrenda muy preciosa a los ojos de Dios y que os hace partícipes del misterio de la redención de esta tierra y de las personas queridas que viven en ella.

«Estoy como un odre puesto al humo», dice el salmo (119,83), haciendo alusión al largo tiempo transcurrido viviendo este doble modo de ser consumido: por Dios y por las dificultades del mundo. A veces, casi sin querer nos vamos alejando, y caemos en «la apatía, en la rutina, en la desmotivación, en la desidia paralizadora» (Const. ap. Vultum Dei quaerere, 11). No importan, no importan los años que tenéis o la dificultad para caminar o llegar a tiempo para los oficios. No somos odres puestos al lado del humo sino troncos que arden hasta consumirse en el fuego que es Jesús; quien nunca nos defrauda y toda deuda paga.

Gracias por este momento compartido. Me confío a vuestras oraciones. Os confío todas las intenciones que llevo conmigo en este viaje a Madagascar; recemos juntos para que el Espíritu del Evangelio germine en los corazones de todo nuestro pueblo.

[01360-ES.01] [Texto original: Italiano]

Traduzione in lingua portoghese

Dileta Madre Madalena da Anunciação,
Irmãs muito amadas!

Agradeço-vos a receção calorosa e as palavras da Madre que dão voz a todas as monjas contemplativas dos diferentes mosteiros deste país. Obrigado a todas e cada uma de vós, queridas Irmãs, por terdes deixado brevemente a clausura para manifestar a vossa comunhão comigo e com a vida e a missão de toda a Igreja, especialmente a de Madagáscar.

Agradeço a vossa presença, a vossa fidelidade, o testemunho luminoso de Jesus Cristo que ofereceis à comunidade. Neste país, há pobreza; é verdade, mas existe também tanta riqueza! É rico de belezas naturais, humanas e espirituais. Também vós, Irmãs, fazeis parte desta beleza de Madagáscar, do seu povo e da Igreja, pois é a beleza de Cristo que resplandece nos vossos rostos e nas vossas vidas. Graças a vós, a Igreja em Madagáscar é ainda mais bela aos olhos do Senhor e também aos olhos do mundo inteiro.

Os três salmos da Liturgia de hoje expressam a angústia do salmista num momento de provação e perigo. Permiti que me detenha no primeiro salmo, ou seja, numa secção do Salmo 119, o mais longo do Saltério, composto de oito versículos por cada letra do alfabeto hebraico. O autor é, sem dúvida, um homem de contemplação, alguém que sabe dedicar longos e maravilhosos momentos à oração. Na estrofe de hoje (Sal 119/118, 81-88), a palavra que aparece mais vezes e dá o tom ao conjunto é «suspirar», usada principalmente em dois sentidos.

O orante suspira pelo encontro com Deus. Vós sois o testemunho vivo deste anseio inextinguível que habita no coração de todos os homens. No meio das múltiplas ofertas que pretendem – mas não conseguem – satisfazer o coração, a vida contemplativa é a tocha que conduz ao único braseiro eterno, «a chama viva de amor que docemente fere» (São João da Cruz). Vós representais «visivelmente a meta para onde caminha a comunidade eclesial inteira, que avança pelas estradas do tempo com o olhar fixo na futura recapitulação de tudo em Cristo, preanunciando assim a glória celeste» (Francisco, Const. ap. Vultum Dei quaerere, 2).

Somos sempre tentados a satisfazer o anseio de eternidade com coisas efémeras. Estamos expostos aos mares revoltos que acabam apenas por afogar a vida e o espírito: «Como o marinheiro no mar alto precisa do farol que indique a rota para chegar ao porto, assim o mundo tem necessidade de vós. Sede faróis para os que estão perto e sobretudo para os afastados. Sede tochas que acompanham o caminho dos homens e mulheres na noite escura do tempo. Sede sentinelas da manhã (cf. Is 21, 11-12) que anunciam o nascer do sol (cf. Lc 1, 78). Com a vossa vida transfigurada e com palavras simples ruminadas no silêncio, indicai-nos Aquele que é caminho, verdade e vida (cf. Jo 14, 6), o único Senhor que oferece plenitude à nossa existência e dá vida em abundância (cf. Jo 10, 10). Gritai-nos como André a Simão: “Encontramos o Messias” (cf. Jo 1, 40); anunciai, como Maria de Magdala na manhã da ressurreição: “Vi o Senhor!” (Jo 20, 18)» (Ibid., 6).

Mas o salmo fala de «suspirar» também noutro sentido e tem a ver com a intenção dos ímpios, daqueles que pretendem destruir o justo; perseguem-no, preparam-lhe ciladas e querem deitá-lo ao chão. Um mosteiro é sempre um espaço, onde chegam as dores do mundo, as da vossa gente. Sejam os vossos mosteiros – no respeito do vosso carisma contemplativo e das vossas constituições – lugares de guarida e escuta, especialmente para pessoas muito infelizes. Hoje acompanham-nos duas mães que perderam os seus filhos e representam todas as tribulações dos vossos irmãos insulares. Permanecei atentas ao clamor e às misérias dos homens e mulheres ao vosso redor, que vêm ter convosco consumidos pelo sofrimento, a exploração e o desânimo. Não sejais daquelas que escutam apenas para matar o tédio, satisfazer a curiosidade ou arranjar temas de conversa.

A este respeito, tendes uma missão fundamental a desempenhar. A clausura situa-vos no coração de Deus e, consequentemente, no lugar onde Ele colocou o seu coração. Escutais o coração do Senhor para O ouvir também nos vossos irmãos e irmãs. Com frequência, as pessoas ao vosso redor são muito pobres, frágeis, agredidas e feridas de mil maneiras; mas estão cheias de fé e, instintivamente, reconhecem em vós testemunhas da presença de Deus, preciosas referências para O encontrar e obter a sua ajuda. Para tanta tribulação que as consome interiormente, lhes rouba a alegria e a esperança, fá-las sentir-se estrangeiras, vós podeis ser um caminho para aquele rochedo de que fala outro Salmo: «Ó Deus, ouve o meu clamor, atende a minha oração. Dos confins da terra grito por Ti, com o meu coração desfalecido. Coloca-me sobre o rochedo que me é inacessível» (Sal 61/60, 2-3).

A fé é o maior bem dos pobres! É muito importante que esta fé seja anunciada e fortalecida neles, que os ajude realmente a viver e a esperar. E que a contemplação dos mistérios de Deus, manifestada na vossa Liturgia e nos vossos tempos de oração, vos permita descobrir melhor a sua presença ativa em cada realidade humana, mesmo a mais dolorosa, e dar graças porque, na contemplação, Deus vos oferece o dom da intercessão. Pela vossa oração, como mães carregais às costas os vossos filhos, levando-os para a Terra Prometida. «A oração será mais agradável a Deus e mais santificadora, se nela procurarmos, através da intercessão, viver o duplo mandamento que Jesus nos deixou. A intercessão expressa o compromisso fraterno com os outros, quando somos capazes de incorporar nela a vida deles, as suas angústias mais inquietantes e os seus melhores sonhos. A quem se entrega generosamente à intercessão, podem-se aplicar estas palavras bíblicas: “Eis o amigo dos seus irmãos, aquele que reza muito pelo povo” (2 Mac 15, 14)» (Francisco, Exort. ap. Gaudete et exsultate, 154).

Sem vós, queridas Irmãs contemplativas, que seria da Igreja e de quantos vivem nas periferias humanas de Madagáscar? Que aconteceria a todos aqueles que trabalham na vanguarda da evangelização e, lá de modo particular, em condições muito precárias, difíceis e, por vezes, perigosas? Todos se apoiam na vossa oração e no dom sempre renovado da vossa vida; um dom, muito precioso aos olhos de Deus, que vos faz participar no mistério da redenção desta terra e das queridas pessoas que nela vivem.

«Estou como um odre exposto ao fumo»: diz o Salmo (119/118, 83), referindo-se ao tempo decorrido enquanto vive este duplo modo de ser consumido: suspirando por Deus e suspirando por causa das dificuldades do mundo. Às vezes, quase sem querer, afastamo-nos caindo «na apatia, na rotina, na desmotivação, na acédia paralisadora» (Const. ap. Vultum Dei quaerere, 11). Pouco importa os anos que tendes ou a dificuldade em andar ou de chegar a tempo ao serviço! Não somos odres expostos ao fumo, mas troncos que ardem até se consumir no fogo que é Jesus, Aquele que nunca falha e que cobre todas as dívidas.

Obrigado por este tempo de partilha, confio-me às vossas orações. Confio-vos todas as intenções que trago durante esta viagem a Madagáscar; rezemos juntos para que o Espírito do Evangelho possa germinar nos corações de todo o vosso povo.

[01360-PO.01] [Texto original: Italiano]

Traduzione in lingua polacca

Droga Matko Magdaleno od Zwiastowania,
Drogie Siostry!

Dziękuję ci, droga Matko, za serdeczne powitanie i słowa, które odzwierciedlają głos wszystkich mniszek kontemplacyjnych różnych klasztorów tego kraju. Dziękuję wam wszystkim i każdej z osobna, drogie siostry, za opuszczenie na chwilę klauzury, aby wyrazić waszą komunię ze mną oraz z życiem i misją całego Kościoła, zwłaszcza Kościoła Madagaskaru.

Dziękuję za waszą obecność, za waszą wierność, za jasne świadectwo Jezusa Chrystusa, które dajecie wspólnocie. To prawda, że w tym kraju jest ubóstwo, ale jest też wiele bogactwa! Jest bogaty w piękno przyrodnicze, ludzkie i duchowe. Wy także, drogie siostry, macie udział w tym pięknie Madagaskaru, jego ludu i Kościoła, ponieważ na waszych obliczach i w waszym życiu jaśnieje piękno Chrystusa. Tak, dzięki wam Kościół na Madagaskarze jest jeszcze piękniejszy w oczach Pana, a także w oczach całego świata.

Trzy psalmy dzisiejszej liturgii wyrażają niepokój psalmisty w chwili próby i zagrożenia. Pozwólcie, że skupię się na pierwszym, to znaczy nad fragmentem Psalmu 119, najdłuższego w psałterzu, składającego się z ośmiu wersetów na każdą literę alfabetu hebrajskiego. Bez wątpienia jego autor jest człowiekiem kontemplacji, kimś, kto potrafi poświęcić długie i piękne chwile na modlitwę. W dzisiejszym fragmencie słowem, które pojawia się kilka razy i nadaje ton całości, jest „pożerać”, używane głównie w dwóch znaczeniach.

Osobę modlącą się pożera pragnienie spotkania z Bogiem. Jesteście żywym świadectwem tego niewyczerpanego pragnienia, które mieszka w sercach wszystkich ludzi. Wśród wielu ofert, utrzymujących - bez powodzenia - że zaspokoją serce, życie kontemplacyjne jest pochodnią, która prowadzi do jedynego wiecznego ognia, „żywego płomienia miłości, który czule rani” (Święty Jan od Krzyża). Wyraźnie wskazujecie „na cele, ku którym zmierza cała społeczność Kościoła”, który „kroczy drogami czasu, wpatrzony w przyszłe zjednoczenie wszystkiego w Chrystusie, zapowiadając niebieską chwałę” (Konst. apost. Vultum Dei quaerere, 2).

Zawsze jesteśmy kuszeni zaspokojeniem pragnienia wieczności rzeczami ulotnymi. Jesteśmy narażeni na burzliwe morza, które w ostateczności jedynie pogrążają życie i ducha: „jak żeglarz na otwartym morzu potrzebuje latarni morskiej, która zaprowadzi go do bezpiecznej przystani. Bądźcie latarniami dla tych, którzy są blisko Was i, przede wszystkim, dla tych, którzy są daleko. Bądźcie pochodniami oświecającymi mężczyznom i kobietom drogę przez ciemną noc czasu. Bądźcie strażnikami poranka (por. Iz 21, 11-12) obwieszczającymi wschód słońca (por. Łk 1, 78). Przez Wasze przemienione życie i proste słowa rozważane w ciszy ukazujcie nam Jedynego, który jest drogą i prawdą i życiem (por. J 14, 6), Pana, który sam zaspokaja nasze potrzeby i obdarza życiem w obfitości (por. J 10, 10). Mówcie nam, jak Andrzej powiedział do Szymona: «Znaleźliśmy Pana» (por. J 1,40). Jak Maria Magdalena w poranek zmartwychwstania, oznajmiajcie nam: «Widziałam Pana!» (J 20, 18)” (tamże, 6).

Ale psalm mówi także o innym pożeraniu: odnoszącym się do zamiarów niegodziwych, którzy chcą zniszczyć sprawiedliwych. Prześladują ich, zastawiają na nich pułapki i chcą, żeby upadli. Klasztor jest zawsze przestrzenią, do której docierają cierpienia świata, cierpienia waszych ludzi. Niech wasze klasztory, szanując wasz charyzmat kontemplacyjny i wasze konstytucje, będą miejscem gościnności i słuchania, zwłaszcza dla osób bardzo nieszczęśliwych. Dzisiaj są z nami dwie matki, które straciły swoje dzieci i skupiają w sobie wszystkie cierpienia waszych braci z wyspy. Zwracajcie uwagę na krzyk i nędzę mężczyzn i kobiet wokół was, którzy przybywają do was przeżarci cierpieniem, wyzyskiem i zniechęceniem. Nie bądźcie tymi, którzy słuchają jedynie po to, aby przezwyciężyć nudę, zaspokoić ciekawość lub zgromadzić tematy do przyszłych rozmów.

Pod tym względem macie do odegrania misję zasadniczą. Klauzura stawia was w sercu Boga, a zatem tam, gdzie złożył On swoje serce. Słuchajcie serca Pana, aby słuchać go także w swoich braciach i siostrach. Ludzie wokół was są często bardzo ubodzy, słabi, znieważani i poranieni na tysiące sposobów. Ale są oni pełni wiary i instynktownie rozpoznają w was świadków obecności Boga, cenne odniesienia do spotkania z Nim i wyjednania Jego pomocy. Dla wielkiego cierpienia, które pożera ich wewnętrznie, które kradnie im radość i nadzieję, które sprawia, że czują się obco, możecie być drogą do tej skały, którą przywołujemy w innym Psalmie: „Słuchaj, o Boże, mojego wołania, zważ na moją modlitwę! Wołam do Ciebie z krańców ziemi, gdy słabnie moje serce: na skałę zbyt dla mnie wysoką wprowadź mnie” (Ps 60, 2-3).

Wiara jest najwspanialszym dobrem ubogich! Jest bardzo ważne, aby ta wiara była głoszona, umacniana w nich, aby naprawdę pomagała im żyć i mieć nadzieję. Oraz, żeby kontemplacja tajemnic Boga, wyrażona w waszej liturgii i w waszych modlitwach, pozwalała wam lepiej odkryć Jego czynną obecność w każdej ludzkiej sprawie, w tym najbardziej bolesnej, i podziękować, ponieważ w kontemplacji Bóg daje wam dar wstawiennictwa. Poprzez waszą modlitwę, podobnie jak matki, bierzecie wasze dzieci na ramiona i zabieracie je do ziemi obiecanej. „Modlitwa będzie bardziej podobała się Bogu i będzie bardziej uświęcająca, jeśli w niej, poprzez wstawiennictwo, staramy się żyć podwójnym przykazaniem, jakie przekazał nam Jezus. Wstawiennictwo jest wyrazem naszego braterskiego zaangażowania wobec bliźnich, jeśli potrafimy włączyć w nie życie innych, ich najbardziej wstrząsające lęki i ich najpiękniejsze marzenia. O tym, kto wielkodusznie poświęca się wstawiennictwu, można powiedzieć słowami Biblii: «To jest przyjaciel naszych braci, który wiele modli się za naród» (2Mch 15, 14)”(Adhort. apost. Gaudete et exsultate, 154).

Drogie siostry kontemplacyjne, czym byłby bez was Kościół i ci, którzy mieszkają na ludzkich obrzeżach Madagaskaru? Co stałoby się z tymi wszystkimi, którzy pracują na pierwszym polu ewangelizacji, a zwłaszcza tutaj w warunkach bardzo niepewnych, trudnych, a czasami niebezpiecznych? Wszyscy bazują na waszej modlitwie i nieustanie ponawianym darze waszego życia, darze bardzo cennym w oczach Boga, który pozwala wam uczestniczyć w tajemnicy odkupienia tej ziemi i umiłowanych mieszkających na niej ludzi.

„Jestem jak bukłak wśród dymu”, mówi Psalm (119, 83), czyniąc aluzję do czasu, który upłynął, przeżywając ten podwójny sposób bycia pożartym: przez Boga i trudności świata. Czasami, niemal tego nie chcąc, oddalamy się od Niego i popadamy w „zobojętnienia, rutyny, braku entuzjazmu i paraliżujący letarg” (List apost. Vultum Dei quaerere, 11). To nie ma znaczenia... nie liczy się wasz wiek, czy trudności w chodzeniu lub punktualnym przychodzeniu na wspólne modlitwy... Nie jesteśmy bukłakami wśród dymu, ale płonącymi pniami, aż spalą się w ogniu, którym jest Jezus, Ten, który nas nigdy nie zawodzi... i pokrywa wszelkie długi.

Dziękuję za tę wspólną chwilę. Powierzam się waszym modlitwom. I zawierzam wam wszystkie intencje, które noszę podczas tej podróży na Madagaskar. Módlmy się wspólnie, aby Duch Ewangelii rozkwitał w sercach całego waszego ludu.

[01360-PL.01] [Testo originale: Italiano]

Omelia del Santo Padre a braccio

Omelia del Santo Padre a braccio

Traduzione in lingua francese

Traduzione in lingua inglese

Traduzione in lingua tedesca

Traduzione in lingua spagnola

Traduzione in lingua portoghese

Traduzione in lingua polacca

Traduzione in lingua araba

Omelia del Santo Padre a braccio

Vi daranno per iscritto quello che ho preparato, così voi potrete leggerlo, meditarlo tranquille. Adesso io vorrei dirvi qualcosa dal cuore.

La Lettura del Primo Libro dei Re (2,2b-3), rivolta a Giosuè, incominciava con un appello al coraggio: “Sois courageux, montre-toi un homme!”. Coraggio. E per seguire il Signore ci vuole il coraggio, sempre, un po’ di coraggio. È vero che il lavoro più pesante lo fa Lui, ma ci vuole coraggio per lasciarlo fare. E mi viene in mente un’immagine, che mi ha aiutato tanto nella mia vita di sacerdote e di vescovo. Una tarda serata, due suore, una giovanissima e una vecchia camminavano dal coro, dove avevano pregato i Vespri, al refettorio. La vecchietta faceva fatica a camminare, era quasi paralitica, e la giovane cercava di aiutarla, ma la vecchietta si innervosiva, diceva: “Non toccarmi! Non fare questo che cado!”. E, Dio sa, ma sembra che la malattia avesse reso la vecchietta un po’ nevrotica. Ma la giovane sempre col sorriso la accompagnava. Alla fine arrivavano al refettorio, la giovane cercava di aiutarla a sedersi, e la vecchietta: “No, no, mi fa male, fa male qui…”, ma alla fine si sedeva. Una giovane, di fronte a questo, sicuramente avrebbe avuto voglia di mandarla a passeggio! Ma quella giovane sorrideva, prendeva il pane, lo preparava e glielo dava. Questa non è una favola, è una storia vera: la vecchia si chiamava Suor San Pietro, e la giovane Suor Teresa di Gesù Bambino.

Questa è una storia vera, che riflette un pezzetto della vita comunitaria, che fa vedere lo spirito con cui si può vivere una vita comunitaria. La carità nelle piccole e nelle grandi cose. Quella giovane avrebbe potuto pensare: “Sì, ma domani andrò dalla priora e dirò che invii una più forte ad aiutare questa vecchia perché non ce la faccio”. Non pensò così. Credette nell’obbedienza: “L’obbedienza mi ha dato questo mestiere e lo farò”. Con la forza dell’obbedienza faceva con carità squisita questo lavoro. So che tutte voi, suore di clausura, siete venute per stare vicine al Signore, per cercare la via della perfezione; ma la via della perfezione si trova in questi piccoli passi sulla strada dell’obbedienza. Piccoli passi di carità e di amore. Piccoli passi che sembrano niente, ma sono piccoli passi che attirano, che “fanno schiavo” Dio, piccoli fili che “imprigionano” Dio. Questo pensava la giovane: ai fili con cui imprigionava Dio, alle corde, corde di amore, che sono i piccoli atti di carità, piccoli, piccolissimi, perché la nostra piccola anima non può fare grandi cose.

Sii coraggiosa! Il coraggio di fare i piccoli passi, il coraggio di credere che, attraverso la mia piccolezza, Dio è felice, e compie la salvezza del mondo. “No ma io penso che deve cambiare la vita religiosa, deve essere più perfetta, più vicina a Dio, e per questo io voglio diventare priora, capitolare, per cambiare le cose!...”. Non dico che qualcuna di voi pensi questo… Ma il diavolo si insinua in questi pensieri. Se tu vuoi cambiare non solo il monastero, non solo la vita religiosa - cambiare e salvare con Gesù -, salvare il mondo incomincia con questi piccoli atti di amore, di rinuncia a sé stessi, che imprigionano Dio e lo portano tra noi.

Torniamo alla storia della giovane e della vecchia. Una di quelle sere, prima di cena, mentre andavano dal coro al refettorio – uscivano dieci minuti prima dal coro per andare al refettorio, passo passo – Teresa sentì una musica, da fuori…: c’era musica di festa, di ballo… E pensò a una festa dove le giovani e i giovani ballavano, onestamente, una bella festa di famiglia… forse nozze, compleanno… Pensò alla musica, a tutto quello… E sentì qualcosa dentro; forse ha sentito: “Sarebbe bello stare lì”, non so… E subito, decisa, disse al Signore che mai, mai avrebbe cambiato per quella festa mondana uno solo dei suoi gesti con la suora vecchietta. Questi la rendevano più felice di tutti i balli del mondo.

Sicuramente, a voi, la mondanità arriverà in tante forme nascoste. Sappiate discernere, con la priora, con la comunità in capitolo, discernere le voci della mondanità, perché non entrino in clausura. La mondanità non è una suora di clausura, anzi, è una capra che va per le sue strade, porta fuori dalla clausura… Quando ti vengono pensieri di mondanità, chiudi la porta e pensa ai piccoli atti di amore: questi salvano il mondo. Teresa preferì custodire la vecchietta e andare avanti.

Questo che vi dirò adesso, lo dirò non per spaventarvi, ma è una realtà, l’ha detto Gesù, e mi permetto di dirlo anch’io. Ognuna di voi, per entrare in convento, ha dovuto lottare, ha fatto tante cose buone e ha vinto, ha vinto: ha vinto lo spirito mondano, ha vinto il peccato, ha vinto il diavolo. Forse, il giorno in cui tu sei entrata in convento, il diavolo è rimasto sulla porta, triste: “Ho perso un’anima”, e se n’è andato. Ma poi è andato a chiedere consiglio a un altro diavolo più furbo, un diavolo vecchio, che sicuramente gli ha detto: “Abbi pazienza, aspetta…”. È un modo abituale di procedere del demonio. Gesù lo dice. Quando il demonio lascia libera un’anima, se ne va; poi, dopo un po’ di tempo, ha voglia di tornare, e vede quell’anima così bella, così ben sistemata, tanto bella, e ha voglia di entrare. E Gesù cosa ci dice? Quel diavolo va, ne cerca altri sette peggiori di lui e torna con quei sette, e vogliono entrare in quella casa sistemata. Ma non possono entrare facendo rumore, come se fossero ladri, devono entrare educatamente. E così i diavoli “educati” suonano il campanello: “Vorrei entrare…, cerco questo aiuto, quell’altro, quell’altro…”. E lo fanno entrare. Sono diavoli educati, entrano in casa, ti risistemano e poi, dice Gesù, la fine di quell’uomo o di quella donna è peggiore dell’inizio. Ma non ti sei accorta che quello era uno spirito cattivo? “No, era tanto educato, tanto buono! E adesso, no, io me ne vado a casa perché non posso tollerare questo…”. È troppo tardi ormai, tu l’hai lasciato entrare troppo dentro al tuo cuore. Non ti sei accorta, non hai parlato con la priora, non hai parlato con il capitolo, con qualche sorella della comunità? Il tentatore non vuole essere scoperto, per questo viene travestito da persona nobile, educata, a volte da padre spirituale, a volte... Per favore, sorella, quando tu senti qualcosa di strano, parla subito! Parla subito! Manifestalo. Se Eva avesse parlato in tempo, se fosse andata dal Signore a dirgli: “Questo serpente mi dice queste cose, tu cosa ne pensi?”. Se avesse parlato in tempo! Ma Eva non parlò, e venne il disastro. Questo consiglio vi do: parlate subito, parlate in tempo, quando c’è qualcosa che vi toglie la tranquillità; non dico la pace, ma prima ancora la tranquillità, poi la pace. Questo è l’aiuto, questa è la difesa che voi avete in comunità: una aiuta l’altra per fare un fronte unito, per difendere la santità, per difendere la gloria di Dio, per difendere l’amore, per difendere il monastero. “Ma noi ci difendiamo bene dalla mondanità spirituale, ci difendiamo bene dal diavolo perché abbiamo doppia grata, e in mezzo anche una tenda!”. La doppia grata e la tenda non sono sufficienti. Potreste averne cento di tende! Ci vuole la carità, la preghiera. La carità di chiedere consiglio in tempo, di ascoltare le sorelle, di ascoltare la priora. E la preghiera con il Signore, la preghiera: “Signore, è vero questo che sto sentendo, questo che mi dice il serpente, è vero?”. Quella giovane Teresa, appena sentiva qualcosa dentro, ne parlava con la priora…, che non la voleva, non le voleva bene la priora! “Ma come faccio ad andare dalla priora se lei ogni volta che mi vede mi fa vedere i denti!”. Sì, ma la priora è Gesù. “Ma, padre, la priora non è buona, è cattiva”. Lascia che lo dica il Signore, per te è Gesù la priora. “Ma la priora è un po’ anziana, non le funzionano bene le cose…”. Lascia che decida il capitolo; tu, se vuoi dire questo, lo dici in capitolo, ma tu vai dalla priora, perché è Gesù. Sempre la trasparenza del cuore! Sempre parlando si vince.

E questa Teresa, che sapeva di essere antipatica alla priora, andava da lei. È vero, bisogna riconoscere che non tutte le priore sono il premio Nobel della simpatia! Ma sono Gesù. La via obbedienziale è quella che ti assoggetta nell’amore, ci fa soggetti all’amore.

Poi, questa Teresa si è ammalata. Si è ammalata e, a poco a poco, le sembrava di aver perso la fede. Questa poveretta, che nella sua vita aveva saputo mandar via i diavoli “educati”, all’ora della morte non sapeva come farcela con il demonio che le girava attorno. Diceva: “Lo vedo: gira, gira…”. È l’oscurità degli ultimi giorni, degli ultimi mesi della vita. Per la tentazione, la lotta spirituale, l’esercizio della carità non si va in pensione: fino alla fine tu dovrai lottare. Fino alla fine. Anche nell’oscurità. Lei pensava di aver perso la fede! E chiamava le suore perché buttassero acqua santa sul suo letto, perché portassero le candele benedette… La lotta nel monastero è fino alla fine. Ma è bella, perché in questa lotta – crudele ma bella – quando è vera, non si perde la pace.

Questo Papa – voi direte – è un po’ “folklorico”, perché invece di parlarci di cose teologiche, ci ha parlato come a delle bambine. Magari foste tutte bambine nello spirito, magari! Con quella dimensione di fanciullezza che il Signore ama tanto.

Vorrei finire la storia di Teresa con la vecchietta. Questa Teresa, adesso, accompagna un vecchio. E voglio dare testimonianza di questo, voglio dare testimonianza perché lei mi ha accompagnato, in ogni passo mi accompagna. Mi ha insegnato a fare i passi. A volte sono un po’ nevrotico e la mando via, come la Madre San Pietro. A volte l’ascolto; a volte i dolori non me la fanno ascoltare bene… Ma è un’amica fedele. Per questo non ho voluto parlarvi di teorie, ho voluto parlarvi della mia esperienza con una Santa, e dirvi cosa è capace di fare una santa e qual è la strada per diventare sante.

Avanti! E coraggiose!

[01405-IT.01] [Testo originale: Italiano]

Traduzione in lingua francese

On vous donnera par écrit ce que j’ai préparé, ainsi vous pourrez le lire, le méditer, tranquillement. Maintenant je voudrais vous dire quelque chose de mon cœur.

La Lecture du Premier Livre des Rois (2, 2b-3), adressée à Josué, commençait par un appel au courage: «Sois courageux, montre-toi un homme». Courage. Et pour suivre le Seigneur il faut du courage, toujours, un peu de courage. Il est vrai que le travail le plus dur c’est lui qui le fait, mais il faut du courage pour le laisser faire. Et me vient à l’esprit une image, qui m’a beaucoup aidé dans ma vie de prêtre et d’évêque. Un soir, deux sœurs, une très jeune et une âgée marchaient du chœur, où elles avaient prié les Vêpres, jusqu’au réfectoire. La petite vieille avait du mal à marcher, elle était presque paralytique, et la jeune cherchait à l’aider, mais la petite vieille s’énervait, elle disait: «Ne me touche pas! Ne fais pas cela pour que je tombe!» Et, Dieu sait, mais il me semble que la maladie avait rendu la petite vieille un peu névrotique. Mais la jeune, toujours avec le sourire, l’accompagnait. A la fin, elles arrivent au réfectoire, la jeune cherchait à l’aider à s’asseoir, et la petite vieille: «Non, non, tu me fais mal, tu me fais mal ici…», mais à la fin elle s’asseyait. Une jeune, face à cela, aurait surement eu envie de l’envoyer promener! Mais cette jeune souriait, prenait le pain, le préparait et le lui donnait. Cela n’est pas une fable, c’est une histoire vraie: la vieille s’appelait Sœur Saint-Pierre, et la jeune Sœur Thérèse de l’Enfant-Jésus.

C’est une histoire vraie, qui reflète un petit morceau de la vie communautaire, qui fait voir l’esprit avec lequel on peut vivre une vie communautaire. La charité dans les petites et dans les grandes choses. Cette jeune aurait pu penser: «Oui, mais demain j’irai chez la prieure et je lui dirai d’envoyer une plus forte pour aider cette vieille, parce que je n’en peux plus». Elle n’a pas pensé ainsi. Elle a cru dans l’obéissance: «L’obéissance m’a donné ce métier et je le ferai». Avec la force de l’obéissance elle faisait ce travail avec une délicieuse charité. Je sais que vous toutes, sœurs de clôture, vous êtes venues pour demeurer proches du Seigneur, pour chercher le chemin de la perfection; mais le chemin de la perfection se trouve dans ces petits pas sur la route de l’obéissance. Des petits pas de charité et d’amour. Des petits pas qui semblent rien, mais qui sont des petits pas qui attirent, qui «font esclave» Dieu, des petits fils qui «emprisonnent» Dieu. Ceci pensait la jeune: aux fils avec lesquels elle emprisonnait Dieu, aux cordes, cordes d’amour, que sont les petits actes de charité, petits, très petits, parce que notre petite âme ne peut pas faire de grandes choses.

Sois courageuse! Le courage de faire les petits pas, le courage de croire que, à travers ma petitesse, Dieu est heureux, et réalise le salut du monde. «Non mais je pense que la vie religieuse doit changer, doit être plus parfaite, plus proche de Dieu, et pour cela je veux devenir prieure, capitulaire, pour changer les choses!...». Je ne dis pas que quelqu’une de vous pense cela… Mais le diable s’insinue dans ces pensées. Si tu veux changer non seulement le monastère, non seulement la vie religieuse – changer et sauver avec Jésus – , sauver le monde commence par ces petits actes d’amour, de renoncement à soi-même, qui emprisonnent Dieu et le portent parmi nous.

Revenons à l’histoire de la jeune et de la vieille. Un de ces soirs, avant le dîner, alors qu’elles allaient du chœur au réfectoire – elles sortaient du chœur dix minutes avant pour aller au réfectoire, pas à pas – Thérèse entendit une musique, de dehors…: c’était une musique de fête, de bal… et elle pensa à une fête où les jeunes gens et les jeunes filles dansaient, honnêtement, une belle fête de famille… peut-être des noces, un anniversaire… Elle pensa à la musique, à tout cela… Et elle entendit quelque chose à l’intérieur; peut-être qu’elle a entendu: «Ce serait bien d’être là», je ne sais pas…Et aussitôt, résolue, elle dit au Seigneur que jamais, jamais elle aurait changé pour cette fête mondaine un seul de ses gestes avec la sœur petite vieille. Ceux-ci la rendaient plus heureuse que tous les bals du monde.

Sûrement, à vous, la mondanité arrivera sous de nombreuses formes cachées. Sachez discerner, avec la prieure, avec la communauté en chapitre, discerner les voix de la mondanité, pour qu’elles n’entrent pas en clôture. La mondanité n’est pas une sœur de clôture, au contraire, c’est une chèvre qui va par ses chemins, conduit en dehors de la clôture… Quand te viennent des pensées de mondanité, ferme la porte et pense aux petits actes d’amour: ceux-ci sauvent le monde. Thérèse a préféré garder la petite vieille et avancer.

Ce que je vous dirai maintenant, je ne le dirai pas pour vous faire peur, mais c’est une réalité, Jésus l’a dit, et je me permets de le dire moi aussi. Chacune de vous, pour entrer au couvent, a dû lutter, a fait tant de bonnes choses et a vaincu, a vaincu: elle a vaincu l’esprit mondain, elle a vaincu le péché, elle a vaincu le diable. Peut-être, le jour où tu es entrée au couvent, le diable est resté à la porte, triste: «J’ai perdu une âme», et il s’en est allé. Mais ensuite il est allé demander conseil à un autre diable plus rusé, un vieux diable, qui sûrement lui a dit: «Aie patience, attends…». C’est une façon habituelle de procéder du démon. Jésus le dit. Quand le démon laisse libre une âme, il s’en va; puis, après un peu de temps, il veut revenir, et il voit cette âme si belle, si bien rangée, tellement belle, et il veut entrer. Et que nous dit Jésus? Ce diable va, il en cherche sept autres pires que lui et revient avec ces sept, et ils veulent entrer dans cette maison bien rangée. Mais ils ne peuvent pas entrer en faisant du bruit, comme s’ils étaient des voleurs, ils doivent entrer poliment. Et ainsi les diables «polis» sonnent la cloche: «Je voudrais entrer…, je cherche cette aide, cette autre, cette autre…». Et on le fait entrer. Ce sont des diables polis, ils entrent à la maison, te retapent et ensuite, dit Jésus, la fin de cet homme ou de cette femme est pire qu’au début. Mais tu ne t’es pas aperçu que c’était un esprit mauvais? «Non, il était si poli, si bon! et maintenant, non, je m’en vais chez moi parce que je ne peux pas tolérer cela…». Désormais il est trop tard, tu l’as laissé entrer trop à l’intérieur de ton cœur. Tu ne t’es pas aperçu, tu n’as pas parlé avec la prieure, tu n’as pas parlé avec le chapitre, avec quelque sœur de la communauté? Le tentateur ne veut pas être découvert, c’est pourquoi il vient déguisé en personne noble, polie, parfois en père spirituel, parfois… S’il te plaît, sœur, quand tu sens quelque chose d’étrange, parle tout de suite! Parle tout de suite! Manifeste-le. Si Eve avait parlé à temps, si elle était allé chez le Seigneur pour lui dire:«Ce serpent me dit ces choses, toi qu’en penses-tu?». Si elle avait parlé à temps. Mais Eve n’a pas parlé et le désastre est arrivé. Je vous donne ce conseil: parlez tout de suite, parlez à temps, quand c’est quelque chose qui vous enlève la tranquillité; je ne dis pas la paix, mais avant encore la tranquillité, puis la paix. Cela est l’aide, cela est la défense que vous avez en communauté: l’une aide l’autre pour faire un front uni, pour défendre la sainteté, pour défendre la gloire de Dieu, pour défendre l’amour, pour défendre le monastère. «Mais nous nous défendons bien de la mondanité spirituelle, nous nous défendons bien du diable parce que nous avons une double grille, et au milieu aussi un rideau!» La double grille et le rideau ne sont pas suffisants. Vous pourriez en avoir cent de rideaux! Il faut la charité, la prière. La charité de demander conseil à temps, d’écouter les sœurs, d’écouter la prieure. Et la prière avec le Seigneur, la prière: «Seigneur ce que j’entends est-ce vrai, ce que me dit le serpent est-ce vrai? » Cette jeune Thérèse, dès qu’elle entendait quelque chose à l’intérieur, en parlait avec la prieure…, qui ne la voulait pas, elle ne lui voulait pas du bien la prieure! «Mais comment je fais pour aller chez la prieure si chaque fois qu’elle me voit elle me montre les dents!». Oui, mais la prieure c’est Jésus. «Mais, père, la prieure n’est pas bonne, elle est mauvaise». Laisse dire le Seigneur, pour toi la prieure c’est Jésus. «Mais la prieure est un peu âgée, les choses ne vont pas bien…». Laisse le chapitredécider; toi, si tu veux dire cela, dis-le en chapitre, mais tu vas chez la prieure, parce que c’est Jésus. Toujours la transparence du cœur! En parlant, on vainc toujours.

Et cette Thérèse, qui savait être antipathique à la prieure, allait chez elle. C’est vrai, il faut reconnaître que toutes les prieures ne sont pas le prix Nobel de la sympathie! Mais elles sont Jésus. La vie d’obéissance est celle qui t’assujettit dans l’amour, qui nous rend soumis à l’amour.

Ensuite, cette Thérèse est tombée malade. Elle est tombée malade et, peu à peu, il lui semblait avoir perdu la foi. Cette pauvre, qui dans sa vie avait su renvoyer les diables «polis», à l’heure de la mort elle ne savait pas comment réussir avec le démon qui lui tournait autour. Elle disait: «Je le vois: il tourne, il tourne…». C’est l’obscurité des derniers jours, des derniers mois de la vie. Pour la tentation, la lutte spirituelle, l’exercice de la charité, on ne va pas à la retraite: jusqu’à la fin tu devras lutter. Jusqu’à la fin. Même dans l’obscurité. Elle pensait avoir perdu la foi! Et elle appelait les sœurs pour qu’elles jettent de l’eau bénite sur son lit, pour qu’elles portent les bougies bénies… La lutte dans le monastère est jusqu’à la fin. Mais elle est belle, parce que dans cette lutte – cruelle mais belle – quand elle est vraie, on ne perd pas la paix.

Vous direz, ce Pape est un peu «folklorique», parce qu’au lieu de nous parler de choses théologiques, il nous a parlé comme à des enfants. Si vous pouviez être toutes des enfants dans l’esprit! Avec cette dimension de l’enfance que le Seigneur aime tant.

Je voudrais finir l’histoire de Thérèse avec la petite vieille. Cette Thérèse, maintenant, accompagne un vieux. Et je veux témoigner de cela, je veux témoigner parce qu’elle m’a accompagné, à chaque pas elle m’accompagne. Elle m’a enseigné à faire les pas. Parfois je suis un peu névrotique et je l’envoie promener, comme la Mère Saint-Pierre. Parfois je l’écoute; parfois les douleurs ne me la font pas bien écouter…Mais elle est une amie fidèle. C’est pourquoi je n’ai pas voulu vous parler de théories, j’ai voulu vous parler de mon expérience avec une sainte, et vous dire ce qu’est capable de faire une sainte et quel est le chemin pour devenir des saintes.

En avant! et soyez courageuses!

[01405-FR.01] [Texte original: Italien]

Traduzione in lingua inglese

You will be given a copy of the text I prepared, so that you can read and ponder it quietly.  But right now I would like to speak to you from the heart.

The reading from the First Book of Kings (2:2b-3) was addressed to Joshua.  It begins with an appeal to be courageous: “Be strong, and show yourself a man!”  Courageous.  To follow the Lord, we always need courage, a bit of courage.  It is true that the Lord does the heavy work, yet courage is required to let him do it.  

I recall something that has helped me greatly in my life as a priest and as a bishop.  Late one evening, two nuns, one very young and the other very old, were walking from the chapel, where they had just prayed vespers, towards the refectory.  The old nun had difficulty walking and the young nun tried to help her, but the old nun was irritable.  She said: “Don’t touch me! Don’t make me fall!”  God knows, maybe sickness made the old nun a bit irascible.  Smiling, the young nun accompanied her.  Eventually they arrived in the refectory and the young nun tried to help her sit down, and the old nun said: “Stop it, you’re hurting me, you’re hurting me here...”, but in the end, she sat down.  A young person experiencing all this surely would have loved to send her packing!  But that young woman smiled, took a piece of bread, prepared it and gave it to her.  This is not some edifying story; it happened.  The old nun was called Sister Saint Pierre, and the young nun, Sister Therese of the Child Jesus.

A true story, and one that gives us a glimpse into community life; it shows the spirit with which one can live in community.  Charity in little things and in big things.  That young woman could have thought, “Tomorrow I will go to the Prioress and ask if she could send someone stronger to help this old woman because I can’t do it”.  But she didn’t think like that.  She believed in obedience: “I have been given this job and in obedience I will do it”.  With the strength born of obedience, she did this work with exquisite charity.  I know that all of you, cloistered nuns, have come here to be close to the Lord, to seek the way of perfection; but the way of perfection can be found in these small steps along the path of obedience.  Small steps of charity and love.  Small steps that look like nothing, yet small steps that attract, that “seduce” God; little threads that “disarm” God.  This young woman was thinking about the thread with which she can disarm God; she was thinking about the cords – the cords of love – which are the small acts of charity.  Small, very small, because our little soul cannot do great things.

Be strong!  Have the courage to take little steps, the courage to believe that your littleness makes God happy and brings salvation to the world.  - “No, but I think religious life should be changed, it should be made more perfect and more divine, and for this I want to become a Prioress, a Superior, in order to bring about the change!...”  I’m not saying that some of you think like this...  But the devil instils these thoughts.  If you want to transform and save the world with Jesus – and not just the monastery and religious life – it begins with these little acts of love and self-sacrifice, which “trap” God and bring him close to us.

Let’s go back to the story of the young nun and the old nun.  One of those nights, before dinner, while they were going from the chapel to the refectory – they used to leave the chapel ten minutes early, to walk slowly to the refectory – Therese heard the sound of music from outside the convent, the sound of a party and dancing...  And she imagined a party where young men and women were dancing, a nice family party, like a wedding or a birthday.  She thought about the music and everything else, and she felt something inside.  Maybe she felt: “It would be nice to be there”.  I don’t know.  But immediately, and firmly, she said to the Lord that she would never, ever trade any of her kindnesses to the old nun for that worldly party.  Those kindnesses made her happier than all the dances in the world.

Worldliness will surely approach you in many hidden guises.  Together with your Prioress and the monastic community, learn how to discern the voices of worldliness, so that they don’t make their way into the cloister.  Worldliness is not like a cloistered nun; rather, it is like a goat that wanders in and leads you away from the cloister...  When thoughts of worldliness come to you, close the door and think of small acts of love: these are what save the world.  Therese chose to take care of the old nun and to keep moving ahead.

What I’m going to tell you now is not to frighten you, but it is a reality.  Jesus himself said it, so allow me to say it too.  To enter the monastery, each of you had to fight; you did so many good things and you conquered the worldly spirit, sin, and the devil.  Perhaps, on the day you entered the monastery, the devil stopped at the monastery door, dejected, and said: “I have lost a soul”, and then left.  But then he went and sought the advice of another devil, one older and more astute, who surely told him: “Just be patient, wait...”  This is the devil’s typical way of acting.  Jesus says so.  When a devil loses a soul, he leaves and comes back later and sees that beautiful, orderly and wonderful soul, and he wants to return to it.  

What does Jesus tell us?  That devil then goes and looks for seven others worse than he is and comes back with them to enter the orderly house.  But they don’t enter loudly, like thieves; they enter politely.  These “polite” devils ring the bell and say: “Might I come in?  Could you help me with this or that?”  Then they are allowed in.  They are polite devils, they come into the house, settle in and then, Jesus says, the end of that man or woman is worse than the beginning.  - But didn’t you realize that this was an evil spirit?  - “No, he was so polite, so nice!  And now, no, I’m going home because I can’t take it any more”.  Now it’s too late; you let him enter too deeply into your heart.  Didn’t you realize, couldn’t you have talked to the Prioress, couldn’t you have talked with the Superior or with some of the Sisters in the community?  

The tempter does not want to be discovered; that is why he disguises himself as a noble, educated person, and even  at times as a spiritual father...  Please, Sister, when you feel something strange, talk right away!  Speak up!  Make it known.  If Eve had spoken up in time, if she had gone to the Lord to tell him: “This snake is telling me such and such; what do you think?”  If only she had spoken up on time!  But Eve did not speak up, and then disaster struck.  So this is my advice: when there is something that troubles your tranquility, speak up immediately, speak on time. I do not say your peace, but even before peace, your tranquility.  This is the help, the defense you have in community, that each of you helps the other to form a united front, to defend holiness, to defend the glory of God, to defend love, to defend the monastery.

- “But shouldn’t feel well protected from spiritual worldliness and from the devil because we have double grill and a curtain!”  The double grill and the curtain are not enough.  You could have hundreds of curtains!  Charity and prayer are required.  The charity needed to ask in time for advice from the Sisters and from the Prioress.  But also say a prayer to the Lord: “Lord, is it real, what I am feeling; what the serpent is telling me, is it true?”  The young Therese, as soon as she felt something inside, spoke about it with her Prioress, the Prioress, who didn’t like her!  - “But how can I go to the Prioress if she snarls at me every time I go to her!”  Yes, but the Prioress is Jesus.  - “But, Father, the Prioress is not a good person, she’s bad”.  Let the Lord decide that; for you, the Prioress is Jesus.  - “But the Prioress is a bit old, things are not working well...”.  Let the chapter decide; if you want to bring this forward, say it at the chapter, but you have to report to the Prioress, because she is Jesus.  There should always be transparency of the heart!  You always win by speaking up.

So then, Therese, who knew that the Prioress did not like her that much, would go to her anyway.  Well, we have to realize that not all Prioresses get the Nobel Prize for sympathy!  But they are Jesus.  The path of obedience is one that submits you to love, that makes us submissive to love.

Then, Therese got sick.  She fell ill and little by little she thought she was losing her faith.  The poor thing, who in her life knew how to deal with the “polite” devils, was, at the time of her death, at a loss; she couldn’t cope with the devil that was besetting her.  She would say: “I can see him circling around me”.  The darkness of the last days and months of life.  When it comes to temptation and spiritual warfare, charity does not go into retirement: you have to keep fighting to the end.  To the very end.  Even when you are surrounded by darkness.  Therese thought she had lost her faith!  So she called for the nuns to sprinkle holy water on her bed and to bring blessed candles...  In the monastery, the battle continues to the end.  But it is a beautiful battle, for in this cruel but magnificent battle, when it is real, peace is never lost.

I’m sure you are going say: “This Pope is a bit ‘folksy’; instead of talking theology, he talked to us like children.  Would that you were all children, at least in spirit.  With that aspect of being a child that the Lord loves so dearly!

I would like to finish the story of Therese and that old woman.  That same Therese now accompanies an old man.  I would like to give a testimony about this, because she has accompanied me at every step of the way.  She taught me how to walk.  Sometime I am a little irritable and I send her away, as Mother Saint Pierre did.  Sometimes I listen to her; sometimes my troubles keep me from listening carefully...  But she is a faithful friend.  That is why I didn’t want to talk to you in the abstract; I wanted to share with you my experience with a saint, and in doing so, to tell you about what a saint can do and about the path to becoming saints.

Be strong!  And keep going!

[01405-EN.01] [Original text: Italian]

Traduzione in lingua tedesca

Man wird euch das, was ich vorbereitet habe, schriftlich geben, damit ihr es lesen und in Die Lesung aus dem ersten Buch der Könige (2,2-3), die an Salomo gerichtet ist, beginnt mit einem Aufruf zum Mut: „Sei also stark und mannhaft!“ Stark und mannhaft sein, beherzt sein, Mut haben. Und um dem Herrn zu folgen, braucht es Mut, immer, etwas Mut. Es ist wahr, dass er den schwierigsten Teil der Arbeit übernehmen wird, aber es braucht Mut, um ihn arbeiten zu lassen. Und es kommt mir ein Bild in den Sinn, das mir sehr in meinem Leben als Priester geholfen hat. Eines späten Abends gingen zwei Schwestern, die eine von ihnen war sehr jung und die andere alt, vom Chor, wo sie die Vesper gebetet hatten, zum Refektorium. Die ältere Schwester hatte Mühe zu laufen, sie war fast gelähmt und die Junge versuchte, ihr zu helfen, aber die Ältere wurde nervös und sagte: „Berühre mich nicht! Bring mich nicht dazu, dass ich falle!“. Und Gott weiß es, aber es scheint, dass die Krankheit die alte Schwester etwas neurotisch gemacht hatte. Aber die junge Schwester begleitete sie immer mit einem Lächeln. Am Ende kamen sie im Refektorium an, die Junge versuchte, ihr beim Hinsetzen zu helfen, und die Alte: „Nein, nein, es tut mir weh, es tut hier weh…“, aber am Ende setzte sie sich. Manche Jugendliche hätte sie angesichts eines solchen Verhaltens sicher gern dahin geschickt, wo der Pfeffer wächst! Aber diese junge Schwester lächelte, nahm das Brot, bereitete es zu und gab es ihr. Das ist kein Märchen, es ist eine wahre Geschichte: die alte Schwester hieß Schwester vom heiligen Petrus und die junge Schwester Teresa vom Kinde Jesu.

Dies ist eine wahre Geschichte, die ein Stück des Gemeinschaftslebens widerspiegelt, das den Geist zeigt, in dem man ein Gemeinschaftsleben führen kann. Die Liebe, in den kleinen wie in den großen Dingen. Die junge Schwester hätte denken können: „Ja, aber morgen werde ich zur Priorin gehen und ihr sagen, dass sie eine Stärkere schickt, um dieser Alten zu helfen, weil ich es nicht schaffe“. Sie dachte nicht so. Sie glaubte an den Gehorsam: „Der Gehorsam hat mir diesen Beruf gegeben und ich werde ihn ausführen“. Mit der Kraft des Gehorsams vollbrachte sie diese Arbeit mit ausgesuchter Liebe. Ich weiß, dass ihr alle als Klausurschwestern gekommen seid, um dem Herrn nahe zu sein, um den Weg der Vollkommenheit zu suchen; aber der Weg der Vollkommenheit findet sich in diesen kleinen Schritten auf dem Weg des Gehorsams. Kleine Schritte der Liebe und der Nächstenliebe. Kleine Schritte, die nichts zu sein scheinen, aber es sind kleine Schritte, die anziehen, die Gott „zum Sklaven machen“, kleine Fäden, die Gott „einsperren“. Die Junge dachte an dies: an die Fäden, mit denen sie Gott einsperrte, an die Schnüre, Schnüre der Liebe, die die kleinen Akte der Liebe sind, kleine, ganz kleine, weil unsere kleine Seele keine Großen Dinge tun kann.

Sei mutig! Der Mut, kleine Schritte zu machen, der Mut zu glauben, dass durch meine Kleinheit Gott glücklich ist und das Heil der Welt vollbringt. „Nein, aber ich denke, dass das Ordensleben sich ändern muss, es muss vollkommener sein, näher bei Gott, und deswegen will ich Priorin werden, Kapitularin, um die Dinge zu ändern!...“ Ich sagte nicht, dass jemand von euch dies denkt… Aber der Teufel schleicht sich in diese Gedanken ein. Wenn du nicht nur das Kloster ändern willst, nicht nur das Ordensleben – mit Jesus verändern und retten -, dann beginnt die Rettung der Welt mit diesen kleinen Akten der Liebe, der Selbstverleugnung, die Gott einsperren und unter uns bringen.

Kehren wir zur Geschichte der Jungen und der Alten zurück. Während sie an einem dieser Abende vor dem Essen zum Refektorium gingen – sie verließen den Chor zehn Minuten früher, um Schritt für Schritt zum Refektorium zu gehen – hörte Teresa eine Musik von draußen…: es gab Fest- und Tanzmusik… Und sie dachte an ein Fest, wo alle jungen Frauen und Männer tanzten, anständig, bei einem schönen Familienfest… vielleicht eine Hochzeit, ein Geburtstag… Sie dachte an die Musik, an all das… Und sie hörte etwas im Inneren; vielleicht hat sie gehört: „Es wäre schön, dort zu sein“, ich weiß es nicht…und sofort sagte sie entschlossen zum Herrn, dass sie niemals, niemals eine einzige der Taten für die alte Schwester gegen jenes weltliche Fest eintauschen würde. Diese machten sie glücklicher als alle Tänze der Welt.

Gewiss wird die Weltlichkeit zu euch unter vielen versteckten Formen gelangen. Versteht es, zu unterscheiden, mit der Priorin, mit der Gemeinschaft im Kapitel, die Stimmen der Weltlichkeit zu unterscheiden, damit sie nicht in die Klausur hineinkommen. Die Weltlichkeit ist nicht eine Klausurschwester, im Gegenteil, sie ist eine Ziege, die auf ihren eigenen Wegen geht und aus der Klausur hinaus führt… Wenn dir Gedanken der Weltlichkeit in den Sinn kommen, schließe die Tür und denke an die kleinen Akte der Liebe: Diese retten die Welt. Teresa zog es vor, die alte Schwester zu hüten und weiterzugehen.

Was ich euch jetzt sagen werde, werde ich nicht sagen, um euch zu erschrecken, aber es ist eine Wirklichkeit; Jesus hat es gesagt, und auch ich erlaube mir, es zu sagen. Jede von euch musste kämpfen, um ins Kloster einzutreten, jede von euch hat viel Gutes getan und hat gesiegt, sie hat gesiegt: Sie hat den weltlichen Geist besiegt, sie hat die Sünde besiegt, sie hat den Teufel besiegt. Vielleicht ist an dem Tag, als du ins Kloster eingetreten bist, der Teufel traurig an der Tür stehen geblieben: „Ich habe eine Seele verloren“, und ist weggegangen. Aber dann hat er einen anderen listigeren Teufel um Rat gefragt, einen alten Teufel, der ihm sicherlich gesagt hat: „Hab Geduld, warte…“. Es ist eine übliche Vorgehensweise des Dämons. Jesus sagt es. Wenn der Dämon eine Seele freilässt, geht er weg; dann hat er nach einiger Zeit Lust zurückzukehren und sieht jene so schöne, so wohlgeordnete Seele, ganz schön, und er hat Lust einzutreten. Und was sagt Jesus? Jener Teufel geht, sucht sieben andere, die schlimmer sind als er, und kehrt mit diesen sieben zurück und sie wollen in jenes aufgeräumte Haus eintreten. Aber sie können nicht mit Lärm eintreten, als ob sie Diebe wären, sie müssen höflich eintreten. Und so klingeln die „gut erzogenen Teufel“ an: „Ich würde gerne hineinkommen…, ich suche nach dieser, nach jener und jener anderen Hilfe…“. Und man lässt ihn hineinkommen. Es sind wohlerzogene Teufel, sie kommen in das Haus hinein, sie ordnen dich etwas neu und dann, sagt Jesus, wird das Ende jenes Mannes oder jener Frau schlimmer sein als der Anfang. Aber hast du nicht bemerkt, dass dieser ein böser Geist war? „Nein, er war so höflich, so gut! Und jetzt, nein, gehe ich nach Hause, weil ich das nicht ertragen kann…“. Es ist schon zu spät, du hast ihn zu sehr in dein Herz eintreten lassen. Hast du nicht bemerkt, hast du nicht mit der Priorin gesprochen, hast du nicht mit dem Kapitel gesprochen, mit einer Schwester aus der Gemeinschaft? Der Versucher will nicht entdeckt werden, deshalb kommt er als edle, höfliche Person verkleidet, zuweilen als geistlicher Vater, zuweilen… Bitte, Schwester, wenn du etwas Eigenartiges verspürst, rede sofort! Rede sofort! Lege es offen. Und wenn Eva rechtzeitig gesprochen hätte, wenn sie zum Herrn gegangen wäre, um ihm zu sagen: „Diese Schlange sagt mir dies, was denkst du darüber?“ Wenn sie rechtzeitig gesprochen hätte! Aber Eva sprach nicht, und es kam die Katastrophe. Diesen Rat gebe ich euch: Redet sofort, redet rechtzeitig, wenn es etwas gibt, das euch die Ruhe nimmt; ich sage nicht den Frieden, aber vorher noch die Ruhe, dann den Frieden. Dies ist die Hilfe, dies ist der Schutz, den ihr in der Gemeinschaft habt; eine hilft der anderen, um eine geschlossene Front zu bilden, um die Heiligkeit zu verteidigen, um die Ehre Gottes zu verteidigen, um die Liebe zu verteidigen, um das Kloster zu verteidigen. „Aber wir verteidigen uns gut gegen die geistliche Weltlichkeit, wir verteidigen uns gut gegen den Teufel, weil wir ein doppeltes Gitter und dazwischen noch einen Vorhang haben!“. Das doppelte Gitter und der Vorhang sind nicht ausreichend. Ihr könntet hundert Vorhänge haben! Es bedarf der Liebe, des Gebets. Die Liebe, rechtzeitig um Rat zu fragen, den Schwestern zuzuhören, der Priorin zuzuhören. Und das Gebet mit dem Herrn, das Gebet: „Herr, ist das wahr, was ich spüre, was die Schlange zu mir sagt, ist es wahr?“. Sobald jene junge Teresa etwas im Inneren verspürte, sprach sie darüber mit der Priorin…, die sie nicht mochte, die Priorin mochte sie nicht! „Aber wie kann ich zur Priorin gehen, wenn sie jedes Mal, wenn sie mich sieht, mir die Zähne zeigt?“. Ja, aber die Priorin ist Jesus. „Aber, Pater, die Priorin ist nicht gut, sie ist böse“. Lass, dass der Herr dies sagt, für dich ist die Priorin Jesus. „Aber die Priorin ist etwas alt, sie funktioniert nicht mehr richtig…“. Das muss das Kapitel entscheiden; wenn du dies sagen willst, sagst du es im Kapitel; aber du gehst zur Priorin, weil sie Jesus ist. Immer die Transparenz des Herzens. Immer wenn man spricht, siegt man.

Und diese Teresa, die wusste, dass sie der Priorin unsympathisch war, ging zu ihr. Es ist wahr, man muss einräumen, dass nicht alle Priorinnen den Nobelpreis für die Freundlichkeit verdienen. Aber sie sind Jesus. Der Weg des Gehorsams ist jener, der dich in der Liebe bezwingt, der uns der Liebe unterwirft.

Dann wurde diese Teresa krank. Sie ist krank geworden, und nach und nach schien es ihr, den Glauben verloren zu haben. Diese Arme, die in ihrem Leben die „höflichen“ Teufel zu verjagen wusste, wusste in der Todesstunde nicht, wie sie den Dämon, der sie umkreiste, überwältigen sollte. Sie sagte: „Ich sehe ihn: er geht umher, er geht umher…“. Es ist die Dunkelheit der letzten Tage, der letzten Monate des Lebens. Für die Versuchung, für den geistlichen Kampf, für die Übung der Liebe geht man nicht in Pension: Du wirst bis zum Ende kämpfen müssen. Bis zum Ende. Auch in der Dunkelheit. Sie dachte, den Glauben verloren zu haben! Und sie rief die Schwestern, dass sie ihr Bett mit Weihwasser besprengen, dass sie gesegnete Kerzen bringen… Der Kampf im Kloster geht bis zum Ende. Aber er ist schön, weil man in diesem grausamen, aber schönen Kampf, wenn er echt ist, den Frieden nicht verliert.

Dieser Papst, so werdet ihr sagen, ist etwas „folkloristisch“, weil er anstatt über theologische Dinge zu sprechen, zu uns wie zu Mädchen gesprochen hat. Wäret ihr doch alle Mädchen im Geiste, das wäre schön! Mit jener Dimension des Kindseins, die der Herr so sehr liebt.

Ich möchte die Geschichte von Teresa mit der alten Schwester zu Ende bringen. Diese Teresa begleitet jetzt einen alten Mann. Und ich möchte dies bezeugen, weil sie mich begleitet hat, bei jedem Schritt begleitet sie mich. Sie hat mich gelehrt, die Schritte zu gehen. Manchmal bin ich etwas neurotisch und schicke sie weg wie die Mutter vom heiligen Petrus. Manchmal höre ich ihr zu; manchmal lassen mich die Schmerzen ihr nicht gut zuhören… Aber sie ist eine treue Freundin. Deshalb wollte ich nicht über Theorien zu euch sprechen, ich wollte zu euch über meine Erfahrung mit einer Heiligen sprechen und euch sagen, was eine Heilige im Stande ist zu tun und welcher der Weg ist, um heilig zu werden.

Vorwärts mit Mut und Zuversicht!

[01405-DE.01] [Originalsprache: Italienisch]

Traduzione in lingua spagnola

Os darán por escrito lo que he preparado, así lo podéis leer y meditarlo tranquilas. Ahora yo quisiera deciros algo desde el corazón.

La lectura del primer libro de los Reyes (2,2b-3), dirigida a Josué, comenzaba con una llamada al valor: «¡Ánimo sé un hombre!». Ánimo, y para seguir al Señor es necesario el valor, siempre, un poco de ánimo. Es verdad que el trabajo más pesado lo hace él, pero se necesita ánimo para dejarle hacer. Y me viene a la mente una imagen, que me ha ayudado mucho en mi vida de sacerdote y de cura. Una noche tarde, dos religiosas, una muy joven y una anciana iban desde el coro, donde habían rezado vísperas, al refectorio. A la anciana le costaba caminar, estaba casi paralítica, y la joven intentaba ayudarla, pero la anciana se ponía nerviosa, decía: “No me toques. No hagas eso que me caigo”. Y, Dios sabe, pero parece que la enfermedad había vuelto a la anciana un poco neurótica. Pero la joven siempre con la sonrisa la acompañaba. Al final, llegaron al refectorio, la joven intentaba ayudarla a sentarse, y la anciana: “No, no, me haces daño, me duele aquí…”, pero al final se sentaba. Una joven, ante esta situación, seguramente hubiese estado tentada de mandarla a paseo. Pero aquella joven sonreía, cogía el pan, lo preparaba y se lo daba. Esta no es una fábula, es una historia auténtica: la anciana se llamaba sor San Pedro, y la joven sor Teresa del Niño Jesús.

Esta es una historia auténtica, que refleja una pequeña parte de la vida comunitaria, que hace ver el espíritu con el que se puede vivir una vida comunitaria. La caridad en las pequeñas y en las grandes cosas. Aquella joven habría podido pensar: “Sí, pero mañana iré a la priora y le diré que envíe a una más fuerte a ayudar a esta anciana, porque yo no soy capaz”. No pensó así. Creyó en la obediencia: “La obediencia me ha dado esta tarea y la cumpliré”. Con la fuerza de la obediencia hacía con caridad exquisita este trabajo. Sé que todas vosotras, monjas de clausura, habéis venido para estar cerca del Señor, para buscar el camino de la perfección; pero el camino de la perfección se encuentra en estos pequeños pasos en el camino de la obediencia. Pequeños pasos de caridad y de amor. Pequeños pasos que parecen nada, pero son pequeños paso que atraen, que “hacen esclavo” a Dios, pequeños hilos que “apresan” a Dios. Esto pensaba la joven: a los hilos con los que apresaba a Dios, a las cuerdas, cuerdas de amor, que son los pequeños actos de caridad, pequeños, pequeñísimos, porque nuestra pequeña alma no puede hacer grandes cosas.

Sé valiente. El valor de dar pequeños pasos, el valor de creer que, a través de la pequeñez, Dios es feliz, y consuma la salvación del mundo. “No pero yo pienso que debe cambiar la vida religiosa, debe ser más perfecta, más cercana a Dios, y por esto yo quiero ser priora, capitular, para cambiar las cosas… No digo que alguna de vosotras piense esto… Pero el diablo se insinúa en estos pensamientos. Si tú quieres cambiar no solo el monasterio, no solo la vida religiosa —cambiar y salvar con Jesús—, salvar el mundo comenzando con estos pequeños actos de amor, de renuncia a sí mismo, que aprisionan a Dios y lo traen entre nosotros.

Volvamos a la historia de la joven y de la anciana. Una de estas tardes, antes de cenar, mientras iban del coro al refectorio —salían diez minutos antes del coro para ir al refectorio, paso a paso— Teresa sintió una música, de fuera… Era una música de fiesta, de baile… Y pensó en una fiesta en la que las jóvenes y los jóvenes bailaban, honestamente, una hermosa fiesta de familia… tal vez un matrimonio, un cumpleaños… Pensó en la música, en todo aquello… Y sintió algo dentro, tal vez ha sentido: “Sería hermoso estar allí”, no sé… Y enseguida, decidida, dijo al Señor que nunca, nunca habría cambiado por esa fiesta mundana uno solo de sus gestos con la hermana anciana. Estos la hacían más feliz que todos los bailes del mundo.

Seguramente, a vosotras, la mundanidad os llegará de muchas formas escondidas. Sabed discernir, con la priora, con la comunidad en capítulo, discernir las voces de la mundanidad, porque no entren en la clausura. La mundanidad no es una monja de clausura, más aun, es una cabra que va por su camino, lleva fuera de la clausura… Cuando te vienen pensamientos de mundanidad, cierra la puerta y piensa a los pequeños actos de amor, estos salvan el mundo. Teresa prefirió custodiar la anciana y seguir adelante.

Esto que os diré ahora, lo diré no para asustaros, sino que es una realidad, lo ha dicho Jesús, y me permito de decirlo también yo. Cada una de vosotras, para entrar en el convento, ha debido luchar, ha hecho tantas cosas buenas y ha vencido, ha vencido: ha vencido el espíritu mundano, ha vencido el pecado, ha vencido el diablo. Tal vez, el día en que tú has entrado en el convento, el diablo se ha quedado en la puerta, triste: “He perdido un alma”, y se ha ido. Pero después ha ido a pedir consejo a otro diablo más astuto, un diablo viejo, que seguramente le ha dicho: “Ten paciencia, espera”. Es un modo habitual de actuar del demonio. Jesús lo dice. Cuando el demonio deja libre un alma, se va; después, pasado un poco de tiempo, tiene ganas de volver, y ve aquel alma tan hermosa, tan bien dispuesta, tan bella, y quiere entrar. ¿Y qué dice Jesús? Que el diablo va, y busca otros siete peores que él y vuelve con los siete, y quieren entrar en esa casa dispuesta. Pero no pueden entrar haciendo ruido, como si fuesen ladrones, deben entrar educadamente. Y así los diablos “educados” llaman a la puerta: “Quisiera entrar…, busco esta ayuda, o esto otro, o lo de más allá”. Y les dejan entrar. Son diablos educados, entran en casa, cambian la disposición y después, dice Jesús, el final de ese hombre o de esa mujer es peor que el inicio. ¿Pero no te has dado cuenta que ese era un espíritu maligno? “No, era educado, muy bueno”. Y ahora, no, yo me voy a casa porque no puedo tolerar esto…” Es demasiado tarde ya, tú lo has dejado entrar demasiado dentro de tu corazón. ¿No te has dado cuenta, no has hablado con la priora, no has hablado con el capítulo, con alguna de las hermanas de la comunidad? El tentador no quiere ser descubierto, por eso se disfraza de persona noble, educada, a veces de padre espiritual, a veces… Por favor, hermana, cuando tu sientes algo extraño, habla enseguida. Habla enseguida. Manifiéstalo. Si Eva hubiese hablado a tiempo, si hubiese ido al Señor para decirle: “Esta serpiente me dice estas cosas, ¿tú que crees?” Si hubiese hablado a tiempo. Pero Eva no habló, y vino el desastre. Este consejo os doy: hablar enseguida, hablar a tiempo, cuando hay algo que os quita la tranquilidad; no digo la paz, sino todavía antes la tranquilidad, después la paz. Esto es ayuda, esta es la defensa que tenéis en la comunidad: una ayuda a la otra para hacer un frente común, para defender la santidad, para defender la gloria de Dios, para defender el amor, para defender el monasterio. “Pero nosotras nos defendemos bien de la mundanidad espiritual, nos defendemos bien del diablo porque tenemos doble reja, y en medio también una cortina”. La doble reja y la cortina no son suficientes. Podríais tener cien cortinas. Es necesaria la caridad, la oración. La caridad de pedir consejo a tiempo, de escuchar a las hermanas, de escuchar a la priora. Y la oración con el Señor, la oración: “Señor, es verdad que esto que siento, esto que me dice la serpiente, ¿es verdad?” Aquella joven Teresa, apenas sentía algo dentro, lo hablaba con la priora…, que no la quería, no la amaba la priora. “Pero como puedo ir a hablar con la priora si cada vez que me ve me enseña los dientes”. Sí, pero es la priora, es Jesús. “Pero, padre, la priora no es buena, es mala”. Deja que lo diga el Señor, para ti es Jesús la priora. “Pero la priora es un poco anciana, no le funcionan bien las cosas…”. Deja que lo decida el capítulo; tú, si quieres decir esto, lo dices en el capítulo, pero tú ve a la priora, porque es Jesús. Siempre la trasparencia del corazón. Siempre hablando se vence.

Y esta Teresa, que sabía que era antipática a la priora, iba con ella. Es verdad, es necesario reconocer que no todas las prioras son el premio Nobel de la simpatía. Pero son Jesús. El camino de la obediencia es el que te sujeta al amor, nos sujeta al amor.

Después, Teresa se enfermó. Se enfermó y, poco a poco, le parecía haber perdido la fe. Esta pobrecita, que en su vida había sabido espantar los diablos “educados”, a la hora de la muerte no sabía cómo actuar con el demonio que la rondaba. Decía: “Lo veo: gira, gira…”. Es la oscuridad de los últimos días, de los últimos meses de la vida. Para la tentación, la lucha espiritual, el ejercicio de la caridad no se jubila, hasta el final tú debes luchar. Hasta el final. Ella pensaba haber perdido la fe. Y llamaba a las hermanas para que echaran agua santa en su cama, para que llevaran las velas bendecidas… La lucha del monasterio es hasta el final. Pero es hermosa, porque en esa lucha —cruel pero bella—, cuando es auténtica, no se pierde la paz.

Este Papa —diréis— es un poco “folclórico”, porque en vez de hablarnos de cosas teológicas, nos ha hablado como a las niñas. Ojalá fuesen todas niñas en el espíritu, ojalá. Con esa dimensión de infancia que el Señor tanto ama.

Quisiera terminar la historia de Teresa con la anciana. Teresa, ahora, acompaña a un anciano. Y quiero dar testimonio de esto, quiero dar testimonio porque ella me ha acompañado, en cada paso me acompaña. Me ha enseñado a dar pasos. A veces soy un poco neurótico y la echo fuera, como Madre San Pedro. A veces la escucho; a veces los dolores no me dejan escucharla bien… Pero es una amiga fiel. Por eso no he querido hablaros de teorías, he querido hablaros de mi experiencia con una Santa, y de deciros lo que es capaz de hacer una santa y cuál es el camino para ser santos. Ánimo, adelante.

[01405-ES.02] [Texto original: Italiano]

Traduzione in lingua portoghese

O testo que preparei ser-vos-á dado escrito. Assim, podereis lê-lo, meditá-lo tranquilamente. Pois eu, agora, gostaria de vos dizer algo que me vem do coração.

A leitura do I Livro dos Reis (2, 2b-3), com instruções do rei David para seu filho Salomão, começava com um apelo à coragem: «Tem coragem e sê um homem!» Coragem. E, para seguir o Senhor, é preciso coragem: sempre um pouco de coragem! É verdade que, o trabalho mais pesado, fá-lo Ele; mas é preciso coragem para O deixar fazer. Vem-me à mente uma imagem, que me ajudou tanto na minha vida de sacerdote, de padre. Um dia, pelo fim da tarde, duas irmãs – uma ainda muito jovem e a outra idosa – seguiam do coro, onde rezaram Vésperas, para o refeitório. A velhinha custava-lhe a andar – estava quase paralítica – e a jovem procurava ajudá-la, mas a velhinha enervava-se e dizia: «Não me toques! Não faças isto, que caio!» Deus é que sabe, mas parece que a doença tivesse tornado a velhinha um pouco nevrótica. Mas a jovem, sempre com o sorriso, acompanhava-a. Finalmente chegavam ao refeitório e a jovem procurava ajudá-la a sentar-se, mas a velhinha protestava: «Não! Não, que me trilha, dói-me aqui!», mas acabava por se sentar. Qualquer jovem, perante isto, de certeza teria vontade de a abandonar! Mas aquela jovem sorria, pegava no pão, preparava-o e dava-lho. Não se trata duma fábula, é uma história verdadeira: a idosa chamava-se Irmã São Pedro, e a jovem Irmã Teresa do Menino Jesus.

Esta é uma história verdadeira, que espelha um pedacinho da vida comunitária, que faz ver o espírito com que se pode viver uma vida comunitária: a caridade, nas pequenas coisas e nas grandes. Aquela jovem poderia ter pensado: «Amanhã, irei ter com a Prioresa para lhe dizer que envie uma mais forte para ajudar esta velhinha, porque eu não aguento mais». Não pensou assim. Acreditava na obediência: «A obediência deu-me este serviço e fá-lo-ei». Com a força da obediência, fazia este trabalho com fina caridade. Sei que todas vós, irmãs de clausura, viestes para estar perto do Senhor, para buscar o caminho da perfeição; mas o caminho da perfeição encontra-se nestes pequenos passos ao longo da senda da obediência. Pequenos passos de caridade e de amor. Parecem não valer nada, mas são pequenos passos que atraem, que «fazem escravo» Deus, pequenos fios que «prendem» Deus. Nisto pensava a jovem: nos fios com que prendia Deus, pensava nos vínculos, vínculos de amor, que são os pequenos atos de caridade; pequenos, pequeníssimos, porque a nossa alma pequena não pode fazer grandes coisas.

Sê corajosa! A coragem de realizar os pequenos passos, a coragem de acreditar que, através da minha pequenez, Deus é feliz e realiza a salvação do mundo. «Mas não! Eu penso que deve mudar a vida religiosa, deve ser mais perfeita, mais próxima de Deus, e por isso quero tornar-me prioresa, capitular, para mudar as coisas». Não quero dizer que alguma de vós pense isto; mas o diabo insinua-se com estes pensamentos. Se queres mudar – mudar e salvar com Jesus – não apenas o mosteiro, não apenas a vida religiosa, mas salvar o próprio mundo, começa por estes pequenos atos de amor, de renúncia a ti mesma, que prendem Deus e O trazem até nós.

Voltemos à história da jovem e da idosa. Numa daquelas tardes, antes do jantar, enquanto seguiam do coro para o refeitório (elas saíam do coro dez minutos antes, para chegarem passo a passo ao refeitório), Teresa ouviu uma música, que vinha de fora: era música de festa, de dança. E imaginou uma festa onde as jovens e os jovens dançavam honestamente; uma bela festa de família: talvez um casamento, ou um aniversário. Pensou na música, em tudo isto e sentiu algo no seu íntimo. Quem sabe tivesse sentido «seria bom estar lá!» E imediatamente, decidida, disse ao Senhor que nunca, jamais teria trocado por aquela festa mundana um só dos seus gestos com a irmã velhinha. Isto tornava-a mais feliz do que todos os bailes do mundo.

Com certeza, chegar-vos-á a mundanidade em tantas formas sub-reptícias. Sabei discernir, com a prioresa, com a comunidade em capítulo… Sabei discernir as vozes da mundanidade, para que não entrem na clausura. A mundanidade não é uma irmã de clausura; pelo contrário, é uma cabra que segue pelas suas veredas, leva para fora da clausura. Quando te vêm pensamentos de mundanidade, fecha a porta e pensa nos pequenos atos de amor: estes salvam o mundo. Teresa preferiu velar pela velhinha e continuar para diante.

Aquilo que agora vou dizer-vos, não é para vos assustar, mas é uma realidade. Disse-o Jesus, e ouso dizê-lo também eu. Cada uma de vós, para entrar no convento, teve que lutar, fez tantas coisas boas e venceu, venceu: venceu o espírito mundano, venceu o pecado, venceu o diabo. No dia em que entraste no convento, talvez o diabo tenha ficado à porta, triste: «Perdi uma alma». E foi-se embora. Mas, depois foi pedir conselho a outro diabo mais manhoso, um diabo velho, que lhe terá dito seguramente: «Tem paciência! Espera». É uma forma habitual do diabo proceder. Assim no-lo diz Jesus. Quando o demónio deixa livre uma alma, vai embora; mas, depois de algum tempo, tem vontade de tornar. Vê aquela alma tão bela, tão bem arrumada e muito bonita, e quer entrar. E que diz Jesus? Aquele diabo vai, procura outros sete diabos piores do que ele e volta com eles. Querem entrar naquela casa arrumada, mas, para o conseguirem, como se fossem ladrões, não podem fazer barulho, devem entrar educadamente. E assim os diabos «educados» tocam à campainha: «Gostava de entrar; procuro ajuda para isto, aquilo e aqueloutro». E fazem-no entrar. São diabos educados, entram em casa, reorganizam-te e depois – diz Jesus – o fim daquele homem ou daquela mulher é pior que o anterior. Mas não te apercebeste de que aquele era um espírito mau? «Não! Era tão educado, tão bom! E agora… Não, vou-me embora; não posso tolerar isto». É demasiado tarde. Deixaste-lo entrar demasiado dentro do teu coração. Não te apercebeste, não falaste com a prioresa, não falaste com o capítulo, com alguma irmã da comunidade? O tentador não quer ser descoberto; por isso, vem disfarçado de pessoa nobre, educada, às vezes como diretor espiritual, às vezes... Por favor, irmã, quando sentires algo de estranho, fala imediatamente. Fala imediatamente. Manifesta-o. Se Eva tivesse falado a tempo, se tivesse ido ter com o Senhor dizendo-Lhe: «A serpente disse-me estas coisas, que pensais disto, Senhor?» Se tivesse falado a tempo… Mas Eva não falou, e deu-se o desastre. Dou-vos este conselho: falai imediatamente, falai a tempo, quando houver algo que vos tira a tranquilidade; não digo a paz, mas, antes ainda, a tranquilidade, depois a paz. Esta é a ajuda, esta é a defesa que tendes em comunidade: uma irmã ajuda a outra para fazerem uma frente unida, para defenderem a santidade, para defenderem a glória de Deus, para defenderem o amor, para defenderem o mosteiro. «Mas, nós defendemo-nos bem da mundanidade espiritual, defendemo-nos bem do diabo, porque temos grade dupla e ainda uma cortina no meio!» A grade dupla e a cortina não são suficientes. Poderíeis ter uma centena de cortinas! É preciso a caridade, a oração. A caridade para pedir conselho a tempo, escutar as irmãs, ouvir a prioresa. E a oração com o Senhor. A oração: «Senhor, é verdade isto que estou a sentir? Isto que me diz a serpente, é verdade?» Aquela jovem Teresa, logo que sentia algo dentro, falava sobre isso com a prioresa... que aliás não a amava, não lhe queria bem! «Mas, como posso ir ter com a prioresa, se cada vez que me vê ela range os dentes!» Sim; mas a prioresa é Jesus. «Mas, padre, a prioresa não é boa; é má». Deixa que o diga o Senhor; para ti, a prioresa é Jesus. «Mas, a prioresa já está velha; as coisas não funcionam bem». Deixa que decida o capítulo; tu, se quiseres dizer isso, di-lo no capítulo, mas tu vai ter com a prioresa, porque é Jesus. Sempre a transparência do coração! Falando, sempre se vence.

E esta Teresa, que sabia que era antipática à prioresa, ia igualmente ter com ela. É verdade, temos de reconhecer que nem todas as prioresas são o prémio Nobel de simpatia! Mas são Jesus. A via da obediência é aquela que te submete no amor, nos mantém submetidos ao amor.

Depois, esta Teresa adoeceu. Adoeceu e pouco a pouco parecia-lhe ter perdido a fé. Ela, coitada, que na vida soubera mandar embora os diabos «educados», na hora da morte, não sabia como livrar-se do diabo que lhe girava em redor. Dizia ela: «Vejo-o; gira, gira...» É a obscuridade dos últimos dias, dos últimos meses da vida. Quanto à tentação, à luta espiritual, ao exercício da caridade, não se chega jamais à reforma: até ao fim, terás que lutar. Até ao fim. Mesmo na obscuridade. Ela pensava que perdera a fé! E chamava as irmãs para que aspergessem com água benta a sua cama, para que trouxessem velas benzidas... A luta no mosteiro é até ao fim. Mas é gloriosa – cruel, mas gloriosa – esta luta, quando é verdadeira: não se perde a paz.

Este Papa – direis vós – é um bocado «folclórico», porque, em vez de nos falar de coisas teológicas, falou-nos como a meninas. Oxalá todas vós fôsseis meninas no espírito! Quem dera tivésseis aquela dimensão de infância de que o Senhor gosta tanto!

Quero terminar a história de Teresa com a velhinha. Agora, esta Teresa acompanha um idoso. E quero dar testemunho disto, quero dar testemunho, porque ela me acompanhou; acompanha-me em todos os passos. Ensinou-me a dar os passos. Às vezes, sou um bocado nevrótico e mando-a embora, como a Irmã São Pedro. Às vezes escuto-a; às vezes as dores não me deixam escutá-la bem... Mas é uma amiga fiel. Por isso, não quis falar-vos de teorias. Quis falar-vos da minha experiência com uma Santa e dizer-vos aquilo de que é capaz uma Santa e qual é a estrada para se tornar santo.

Avante! E com coragem!

[01405-PO.01] [Texto original: Italiano]

Traduzione in lingua polacca

Dadzą wam na piśmie to, co przygotowałem, abyście mogły to przeczytać i spokojnie przemyśleć. Teraz chciałbym powiedzieć coś od serca.

Fragment czytania z Pierwszej Księgi Królewskiej (2.2b-3), skierowany do Jozuego, zaczął się od wezwania do odwagi: „Bądź mocny i okaż się mężem!” Odwaga. Aby podążać za Panem, potrzebujemy odwagi, zawsze odrobiny odwagi. To prawda, że On wykonuje najcięższą pracę, ale potrzeba odwagi, aby pozwolić mu ją wypełniać. Przychodzi mi na myśl pewien obraz, który bardzo mi pomógł w życiu, jako kapłana i biskupa. Pewnego późnego wieczoru dwie siostry zakonne, jedna bardzo młoda i druga stara, szły z chóru, gdzie odmawiały nieszpory, do refektarza. Staruszce trudno było chodzić, była niemal sparaliżowana, a młoda  próbowała jej pomóc, ale staruszka się denerwowała i powiedziała: „Nie dotykaj mnie! Nie rób tego, bo upadnę!”. I, Bóg wie, ale zdaje się, iż choroba sprawiła, że staruszka była trochę znerwicowana. Ale młoda stale jej towarzyszyła z uśmiechem. W końcu dotarły do refektarza, młoda próbowała pomóc jej usiąść, a staruszka: „Nie, nie, boli mnie, boli tutaj ...”, ale w końcu usiadła. Wobec tego młoda z pewnością miała by ochotę posłać ją na spacer! Ale ta młoda uśmiechnęła się, wzięła chleb, przygotowała i podała jej. To nie jest bajka, to historia prawdziwa: staruszka nazywała się siostra od świętego Piotra, a młoda - siostra Teresa od Dzieciątka Jezus.

To prawdziwa historia, która odzwierciedla fragment życia wspólnotowego, ukazuje ducha, z jakim można przeżywać życie wspólnotowe. Miłosierdzie w sprawach małych i dużych. Ta młoda mogłaby pomyśleć: „Tak, ale jutro pójdę do przeoryszy i powiem, by posłała silniejszą, by pomogła tej staruszce, bo ja nie daję rady”. On tak nie pomyślała. Wierzyła w posłuszeństwo: „Posłuszeństwo dało mi tę pracę i ja to uczynię”. Z mocą posłuszeństwa wykonała to dzieło z wyjątkową miłością. Wiem, że wy wszystkie siostry klauzurowe przyszłyście, aby być blisko Pana, aby dążyć do doskonałości; ale droga doskonałości polega na tych małych krokach na drodze posłuszeństwa. Małych krokach miłosierdzia i miłości. Małych krokach, które zdają się niczym, ale są to małe kroki, które przyciągają, które „zniewalają” Boga, małe nici, które „wiążą” Boga. Tak myślała młoda: o niciach, którymi uwięziła Boga, o linach, sznurkach miłości, którymi są małe akty miłosierdzia, małe, bardzo małe, ponieważ nasza mała dusza nie może czynić wielkich rzeczy.

Bądź odważna! Odwaga stawiania małych kroków, odwaga, by wierzyć, że poprzez moją małość Bóg jest szczęśliwy i dokonuje zbawienia świata. „Nie, ale myślę, że musi zmienić się życie zakonne, musi być doskonalsze, bliższe Bogu, i dlatego chcę zostać przeoryszą, uczestniczką kapituły, aby zmieniać sprawy!”. Nie twierdzę, że którakolwiek z was tak myśli ... Ale diabeł wkrada się w te myśli. Jeśli chcesz zmienić nie tylko klasztor, nie tylko życie zakonne - zmienić i zbawiać wraz z Jezusem – zbawiać świat, zacznij od tych małych aktów miłości, wyrzeczenia się siebie, które więzią Boga i wprowadzają Go między nas.

Wróćmy do historii młodej zakonnicy i staruszki. Któregoś wieczoru, przed kolacją, kiedy szły z chóru do refektarza – wychodziły z chóru dziesięć minut wcześniej, aby iść do refektarza, krok po kroku - Teresa słyszała muzykę z zewnątrz ...: była to muzyka świąteczna, taneczna ... I pomyślała o święcie, na którym młodzi ludzie tańczyli, szczerze, pięknym święcie rodzinnym ... może weselu, urodzinach ... Myślała o muzyce, o tym wszystkim ... I poczuła coś w środku; może odczuła: „Miło byłoby tam być”, nie wiem ... I natychmiast, zdecydowanie, powiedziała Panu, że nigdy, przenigdy nie zmieniłby tylko jednego ze swoich gestów wobec starszej siostry na przyjęcie towarzyskie. Dzięki temu była szczęśliwsza, niż wszystkie bale na świecie.

Z pewnością dla was światowość przyjdzie w wielu ukrytych formach. Umiejcie rozeznać z przełożoną, ze wspólnotą na kapitule, rozeznać głosy doczesności, aby nie wchodziły za klauzurę. Światowość nie jest zakonnicą klauzurową, wręcz przeciwnie, to koza, która chodzi swoimi drogami, wyprowadza poza klauzurę ... Kiedy nachodzą cię myśli o światowości, zamknij drzwi i pomyśl o małych aktach miłości: to one zbawiają świat. Teresa wolała opiekować się staruszką i iść dalej.

To, co wam teraz powiem, chcę powiedzieć nie po to, aby was przestraszyć, ale taka jest rzeczywistość, powiedział to Jezus i ja też ośmielę się to powiedzieć. Każda z was, aby wstąpić do klasztoru musiała walczyć, uczyniła wiele dobrych rzeczy i zwyciężyła: pokonała ducha świata, pokonała grzech, pokonała diabła. Być może w dniu, w którym wstąpiłaś do klasztoru, diabeł pozostał przy drzwiach, smutny: „Straciłem duszę”, i poszedł sobie. Ale potem poszedł poprosić innego sprytniejszego diabła o radę, starego diabła, który z pewnością powiedział mu: „Miej cierpliwość, czekaj ...”. Tak zwykle postępuje diabeł. Jezus to mówi. Kiedy diabeł opuści duszę, która jest wolna, odchodzi; potem po jakimś czasie chce wrócić i widzi duszę tak piękną, wymiecioną, jakże piękną i chce wejść. A co Jezus nam mówi? Ten diabeł idzie, i bierze ze sobą siedmiu innych duchów, złośliwszych niż on sam i chcą wejść do tego uporządkowanego domu. Ale nie mogą wejść, czyniąc zgiełk, jak gdyby byli złodziejami, muszą wejść grzecznie. I tak „uprzejme” diabły dzwonią: „Chciałbym wejść ... szukam tej pomocy, tamtej, tamtej ...”. I pozwalają mu wejść. Są uprzejmymi diabłami, wchodzą do domu, ustawiają cię po swojemu, a potem, jak mówi Jezus, koniec tego mężczyzny lub kobiety jest gorszy niż początek. Ale czy nie zauważyłaś, że to zły duch? „Nie, był taki uprzejmy, taki dobry! A teraz nie, idę do domu, ponieważ nie mogę tego znieść...”. Jest już zbyt późno, za bardzo wpuściłaś go do swojego serca. Nie zauważyłaś, nie rozmawiałaś z przeoryszą, nie rozmawiałaś z kapitułą, z którąś z sióstr ze wspólnoty? Kusiciel nie chce zostać odkryty, dlatego przychodzi przebrany za człowieka szlachetnego, uprzejmego, czasem ojca duchownego, a czasem ... Proszę, siostro, kiedy poczujesz coś dziwnego, od razu mów! Mów natychmiast! Ukaż to. Gdyby Ewa powiedziała w porę, gdyby poszła do Pana, by Jemu powiedzieć: „Ten wąż mówi mi takie rzeczy, co o tym sądzisz?”. Gdyby powiedziała w porę! Ale Ewa nie odezwała się i nadeszła katastrofa. Dam wam następującą radę: mówcie natychmiast, mówcie w porę, gdy jest coś, co odbiera tobie spokój. Nie mówię odbiera wam pokój, ale przede wszystkim spokój, a następnie pokój. To jest pomoc, to jest obrona, jaką macie we wspólnocie: jedna pomaga drugiej aby stworzyć wspólny front, bronić świętości, bronić chwały Bożej, bronić miłości, bronić klasztoru. „Ale bronimy się dobrze przed światowością duchową, bronimy się dobrze przed diabłem, bo mamy podwójną kratę, a pośrodku także zasłonę!”. Podwójna krata i zasłona to za mało. Możesz mieć sto zasłon! Potrzebna jest miłość, modlitwa. Miłość proszenia o radę na czas, wysłuchania sióstr, słuchania przeoryszy. I modlitwa z Panem, modlitwa: „Panie, czy to prawda, co czuję, to co mówi mi wąż, czy to prawda?”. Ta młoda Teresa, gdy tylko usłyszała coś w środku, rozmawiała o tym z przeoryszą ... która jej nie lubiła, przeorysza jej nie lubiła! „Ale jak mogę pójść do przeoryszy, jeśli za każdym razem, gdy mnie widzi szczerzy do mnie zęby!”. Tak, ale przeorysza to Jezus. „Ale ojcze, przeorysza nie jest dobra, jest zła”. Pozwól, niech tak mówi Pan, bo dla ciebie przeorysza jest Jezusem. „Ale przeorysza jest trochę stara, sprawy nie funkcjonują dobrze ...”. Pozwól, niech zdecyduje kapituła. Jeśli chcesz to powiedzieć, powiedz na kapitule, ale idź do przeoryszy, bo to jest Jezus. Zawsze dbaj o przejrzystość serca! Zawsze mówiąc wygrywamy.

I Teresa, która wiedziała, że  dla przeoryszy jest antypatyczna, chodziła do niej. To prawda, musimy uznać, że nie wszystkie przeorysze są laureatkami Nobla w dziedzinie sympatii! Ale są Jezusem. Droga posłuszeństwa podporządkowuje cię miłości, czyni nas poddanymi miłości.

Potem Teresa zachorowała. Zachorowała i stopniowo zadawało się jej, że straciła wiarę. Ta biedna kobieta, która w swoim życiu umiała wypędzić „uprzejme” diabły, w chwili śmierci nie wiedziała, jak poradzić sobie z krążącym wokół niej diabłem. Powiedziała: „Widzę go: krąży, krąży ...”. To jest ciemność ostatnich dni, ostatnich miesięcy życia. Z powodu pokusy, walki duchowej, pełnienia czynów miłosierdzia nie można pójść na emeryturę: do końca będziesz musiała walczyć. Do końca. Nawet w ciemnościach. Myślała, że straciła wiarę! I wezwała siostry, aby wylały wodą święconą na jej łóżko, by przyniosły gromnice ... Walka w klasztorze toczy się aż do samego końca. Ale jest piękna, ponieważ w tej walce - okrutnej, ale pięknej - gdy jest prawdziwą, nie traci się pokoju.

Ten Papież - powiecie - jest trochę „folklorystyczny”, ponieważ zamiast mówić o sprawach teologicznych, mówił do nas jak do małych dziewczynek. Obyście wszystkie były dziewczynkami w duchu! Z tym wymiarem dzieciństwa, który Pan tak bardzo miłuje.

Chciałbym zakończyć historię Teresy ze staruszką. Ta Teresa teraz towarzyszy starcowi. Chcę o tym zaświadczyć, chcę dawać świadectwo, ponieważ ona mi towarzyszyła, towarzyszy mi na każdym kroku. Nauczyła mnie stawiać kroki. Czasami jestem trochę znerwicowany i ją odsyłam, jak Matka od świętego Piotra. Czasem jej słucham; czasami ból nie sprawia, że ​​słucham dobrze ... Ale to wierna przyjaciółka. Właśnie dlatego nie chciałem wam mówić o teoriach, chciałem z wami porozmawiać o moim doświadczeniu z pewną świętą i powiedzieć wam, co może uczynić święta i jaka jest droga, aby zostać świętymi.

Idźcie naprzód! I to odważnie!

[01405-PL.01] [Testo originale: Italiano]

Traduzione in lingua araba

الزيارة الرّسولية إلى مدغشقر

كلمة مرتجلة ألقاها قداسة البابا فرنسيس

خلال اللقاء مع الراهبات التأمّليات

أنتاناناريفو-مدغشقر

السبت 7 سبتمبر/أيلول 2019

سوف يوزعون عليكنّ نصًّا مكتوبًا أعددتُه من أجلكن، لتتمكنَّ من قراءته، والتأمّل فيه بهدوء. والآن أودّ أن أقول لكنّ شيئًا من القلب.

بدأت قراءة كتاب الملوك الأوّل (2، 2-3)، الموجّهة إلى يشوع، بمناشدة للشجاعة: "تَشَدَّدْ وكنْ رَجُلاً". تشجّعن. لاتّباع الرب نحتاج إلى الشجاعة دائمًا، إلى قليل من الشجاعة، نحتاج إلى الشجاعة دائمًا. صحيح أنه هو من يقوم بالعمل الأثقل، إنه هو الله، ولكن يتطلّب منّا الشجاعة كي نسمح له بالقيام به. تتبادر إلى ذهني الآن صورة، ساعدتني كثيرًا في حياتي ككاهن وكمكرس. كانت راهبتان تسيران، في وقت متأخّر ليلا، من الكنيسة حيث صليِّن الراهبات صلاة الغروب نحو قاعة الطعام، وكانت إحداهما شابّة والأخرى مسنّة. كانت المسنّة تواجه صعوبة في المشي، كانت شبه مقعدة، فحاولت الشابّة أن تساعدها، لكن المسنّة توترت، وقالت لها: "لا تلمسيني! لا تفعلي هذا سوف أقع! يبدو أن المرض -الله أعلم-، قد جعل من الراهبة المسنّة عصبيّة بعض الشيء. لكن الراهبة الشابّة رافقتها دائمًا بابتسامة. في النهاية وصلتا إلى قاعة الطعام، وحاولت الشابّة أن تساعدها على الجلوس، فقالت المسنّة لها: "لا، لا، هذا يؤلمني، يؤلمني هنا..."، ولكنها في النهاية جلست. من المؤكّد أن الراهبة الشابّة، إزاء هذا الوضع، قد رغبت في تركها! لكن تلك الشابّة ابتسمت وأخذت الخبز وحضّرته وأعطته لها. هذه ليست حكاية، إنها قصّة حقيقية: كانت الراهبة المسنّة تُدعى الأخت القدّيس-بطرس، والأخت الشابّة تيريزا الطفل يسوع.

هذه قصّة حقيقية، تعكس جزءًا من الحياة الجماعيّة، وتُظهر الروح التي يمكننا أن نعيش بها الحياة الجماعيّة. المحبّة في الأشياء الصغيرة والكبيرة. كان يمكن لهذه الراهبة الشابّة أن تفكّر: "نعم، لكنني سأذهب غدًا إلى المسؤولة وأطلب منها أن ترسل راهبة أقوى منّي لمساعدة هذه الراهبة المسنّة لأنني لا أستطيع فعل ذلك". ولكنها لم تفكّر بهذه الطريقة. لقد آمنت بالطاعة: "لقد أعطتني الطاعة هذه المهمّة وسوف أقوم بها". كانت تقوم بهذا العمل بمحبّة رائعة بقوّة الطاعة. أعلم أن جميعكنّ قد أتيتنّ، أنتنّ الراهبات المحصّنات، كي تكنّ قريبات من الربّ، كي تبحثن عن طريق الكمال؛ لكن طريق الكمال يكمن في هذه الخطوات الصغيرة على طريق الطاعة. خطوات صغيرة من المحبّة. خطوات صغيرة تبدوا وكأنها لا شيء، لكنها خطوات صغيرة جذّابة، "تحبس" الله، خيوط صغيرة "تأسر" الله. هذا ما فكّرت به الشابّة: في الخيوط التي أسِرت بها الله، في الحبال، في حبال المحبّة، التي هي أعمال المحبّة الصغيرة، البسيطة، الصغيرة للغاية، لأن أروحنا الصغيرة لا تستطيع فعل أشياء عظيمة.

كوني شجاعة! شجاعة القيام بخطوات صغيرة، وشجاعة الاعتقاد بأن الله، من خلال صغري، هو سعيد، ويفدي العالم. "لا، أنا أعتقد أن الحياة الرهبانية عليها أن تتغيّر، يجب أن تكون أكثر كمالًا، أقرب إلى الله، ولذا أريد أن أصبح مسؤولة، وأجمع المجلس، كي أغيّر الأشياء!". أنا لا أقول إن أحداكنّ تعتقد هذا... لكن الشيطان يتسلّل عبر هذه الأفكار. إذا كنت ترغبين في التغيير، ليس فقط تغيير الدير، وليس فقط الحياة الرهبانية، تعلمي أن التغيير -والفداء مع يسوع، فداء العالم- يبدأ بهذه الأعمال الصغيرة من المحبّة، وبالتخلّي عن الذات، التي تأسر الله وتأتي به وسطنا.

دعونا نعود إلى قصّة الشابّة والمسنّة. في إحدى الليالي، قبل العشاء، بينما كانا في طريقهما من الكنيسة إلى قاعة الطعام –كانا قد خرجنا قبل عشر دقائق من الكنيسة للذهاب إلى قاعة الطعام، وكانا يذهبان خطوة خطوة- سمعت تيريزا صوت موسيقى قادم من الخارج ...: كان هناك موسيقى احتفال ورقص... وفكّرت في حفلة يرقص فيها الشبّان والشابات، بصراحة، حفلة عائليّة لطيفة... أو ربما حفل زفاف، أو عيد ميلاد... فكّرت في الموسيقى، وفي كلّ ذلك... وشعرت بشيء في داخلها؛ ربما سمعت: "يحلو لي أن أكون هناك"، لا أدري... وفورًا، بكلّ حزم، قالت للربّ إنها ما كانت أبدًا أبدًا لتستبدل عملًا واحدًا من أعمالها تجاه الأخت المسنّة بهذا الاحتفال الدنيوي. كانت هذه الأعمال تجعلها أكثر سعادة من كلّ رقصات العالم.

ستصل إليكن بالتأكيد الروح الدنيويّة، في أشكال كثيرة وخفيّة. تعلمنَّ كيفية التميّزن، مع المسؤولة، ومع الجماعة في المجلس، تميّزن أصوات الدنيويّة، حتى لا يتدخل الحصن. إن الدنيويّة ليست راهبة محصّنة، بل على العكس، إنها "تجربة" تحاول أن تدفعكن خارج الحصن... عندما تأتي إليك أفكار الدنيويّة، اغلقي الباب وفكّري في أعمال المحبّة الصغيرة: هذه تنقذ العالم. فضّلت تيريزا الحفاظ على المسنّة والمضيّ قدمًا.

هذا ما سأقوله لَكُنّ الآن، لن أقوله لأخيفكن، لكنه حقيقة، قالها يسوع، وأجرؤ على قولها أنا أيضًا. كلّ واحدة منكنّ، كي تدخل الدير، كان عليها أن تجاهد، وقد صنعت الكثير من الأشياء الجيّدة وانتصرت، انتصرت: انتصرت على الروح الدنيوية، انتصرت على الخطيئة، وانتصرت على الشيطان. ربما، في اليوم الذي دخلت فيه الدير، بقي الشيطان على الباب، حزينًا: "لقد فقدت نفسًا"، وغادر. لكنه ذهب بعد ذلك ليسأل شيطانًا ذكيًا آخر للحصول على المشورة، شيطانًا شيخًا، والذي بالتأكيد قال له: "اصبر، انتظر...". إنها طريقة تصرّفٍ معتادة للشيطان. هذا ما يقوله يسوع. عندما يترك الشيطان روحًا حرّة، يغادر؛ بعد ذلك، بعد فترة من الوقت، يرغب بالعودة، ويرى تلك الروح جميلة للغاية، في وضع جيّد، جميلة جدًّا، ويريد الدخول. وماذا يقول لنا يسوع؟ يذهب هذا الشيطان، ويبحث عن سبعة شياطين آخرين أسوأ منه ويعود مع هؤلاء السبعة، ويحاولون الدخول إلى هذا المنزل الجميل. لكنهم لا يستطيعون الدخول عن طريق الضوضاء، كما لو كانوا لصوص، يجب عليهم الدخول بأدب. وهكذا فإن الشياطين "المؤدّبين" يدقّون الجرس: "أودّ أن أدخل...، أنا بحاجة إلى هذه المساعدة، وإلى تلك الأخرى، وتلك الأخرى...". فيسمح له بالدخول. إنهم شياطين مؤدّبون، ويدخلون المنزل، ويغيّرونك بعض الشيء، ثم يقول يسوع، إن حالة ذلك الرجل أو تلك المرأة تكون في النهاية أَسوأ منها في البداية. ألم تلاحظي أن هذه كانت روحًا سيّئة؟ "لا، لقد كان مهذّبًا جدًّا، جيّدا جدًّا! والآن، لا، أنا ذاهبة إلى المنزل لأنني لا أستطيع تحمّل هذا...". لقد فات الأوان الآن، لقد سمحت له بدخول قلبك أكثر من اللازم. أولم تلاحظي، لم تكلّمي إلى المسؤولة، لم تكلّمي المجلس، أو بعض الأخوات في الجماعة؟ إن المجرّب لا يريد أن يتمّ اكتشافه، ولهذا السبب يتنكّر بشخص نبيل، مؤدّب، وأحيانًا بشخص أب روحيّ، أحيانًا... من فضلك، أيتها الأخت، عندما تشعرين بشيء غريب، تكلّمي على الفور! تكلّمي فورًا! أظهريه. لو أن حوّاء تكلّمت في الوقت المناسب، لو ذهبت إلى الربّ وقالت: "هذه الحيّة قالت لي هذه الأشياء، ما رأيك؟". لو تكلّمت في الوقت المناسب! لكن حوّاء لم تتكلّم، ولذا حدثت الكارثة. أعطيكنّ هذه النصيحة: تكلّمن فورًا، وتكلّمن في الوقت المناسب، عندما يكون هناك شيء يسلب منكن الطمأنينة؛ أنا لا أقول السلام، ولكن أوّلًا وقبل كلّ شيء الطمأنينة، ثم السلام. هذه هي المساعدة، هذه هي الحماية الموجودة في الجماعة: تساعد أحداكن الأخرى كي تتكوّن جبهة واحدة، ولحماية القداسة، ولحماية مجد الله، ولحماية المحبّة، ولحماية الدير. "نحن نحمي أنفسنا جيّدًا من الدنيويّة الروحيّة، نحمي أنفسنا جيّدًا من الشيطان لأن لدينا فاصل مزدوج، وهناك ستار في وسطه أيضًا!". الفاصل المزدوج والستار لا يكفون. يمكن أن يكون لديك مائة ستار! من الضروريّ المحبّة والصلاة. المحبّة من أجل طلب المشورة في الوقت المناسب، وللإصغاء إلى الأخوات، وللإصغاء إلى المسؤولة. والصلاة للربّ، الصلاة: "يا ربّ، صحيح ما أسمعه، ما تقوله لي الحيّة، هل هو صحيح؟" كانت تيريزا الصغيرة، بمجرّد سماعها شيئًا ما في داخلها، تتكلّم عن الأمر مع المسؤولة...، التي لم تكن تحبّها، لم تكن تحبّها المسؤولة. "لكن كيف يمكنني الذهاب إلى المسؤولة إذا كانت تغضب كلّ مرّة تراني بها!" نعم، لكن المسؤولة تمثل يسوع. "لكن، أبتي، المسؤولة ليست صالحة، إنها سيئة". دع الربّ يقول ذلك، بالنسبة لك المسؤولة تمثل يسوع. "لكن المسؤولة مسنّة بعض الشيء، ولم تعد لديها الكفاءة...". دع المجلس يقرّر؛ أنتِ، إذا كنت تريدين أن تقولي هذا، فقوليه في المجلس، لكن اذهبي إلى المسؤولة، لأنها تمثل يسوع، شفافية القلب على الدوام! ننتصر دومًا حين نتكلّم.

وذهبت تيريزا إلى المسؤولة، وكانت تعرف أنها غير لطيفة. صحيح، يجب أن ندرك أن المسؤولة ليست دومًا ممّن نالوا جائزة نوبل للطف! لكنهن يمثلن يسوع. درب الطاعة هي الدرب التي تجعلك تنقاد بالمحبّة، وتجعلنا موضوعًا للمحبّة.

ثم مرضت تيريزا. أصبحت مريضة وبدا لها وكأنها تفقد شيئًا فشيئًا إيمانها. هذه المسكينة، التي عرفت كيف تطرد الشياطين "المؤدّبين" في حياتها، لم تعرف كيف تتعامل مع الشيطان الذي كان يدور حولها ساعة موتها. قالت: "أراه: يدور، يدور...". إنه ظلام الأيام الأخيرة، في الأشهر الأخيرة من الحياة. فنحن لا نتقاعد أبدًا أمام التجارب: علينا أن نجاهد حتى النهاية: ضد التجارب، وفي الجهاد الروحي، ومن أجل ممارسة المحبّة. حتى النهاية. حتى أثناء الظلام. لقد ظنّت أنها فقدت إيمانها! ودعت الراهبات حتى يرشنَّ سريرها بالمياه المقدّسة ويحضرنَّ لها الشموع المباركة... الجهاد في الدير هو جهاد حتى النهاية. إنه أمر جميل، لأنه في هذا الجهاد- القاسي ولكن الجميل- عندما يكون أصيلًا، لا نفقد السلام.

هذا البابا -سوف تقلن- هو "فولكلوري" بعض الشيء، لأنه بدلًا من أن يحدّثنا عن الأشياء اللاهوتية، يحدّثنا كما يحدّث الفتيات الصغيرات. ربما أنتنّ جميعًا صغيرات في الروح، يا ليت! ببُعدِ الطفولة هذا الذي يحبّه الربّ للغاية.

أودّ إنهاء قصّة تيريزا مع المسنّة. إن تيريزا ترافق الآن رجلًا عجوزًا. وأريد أن أشهد على ذلك، أريد أن أشهد لأنها رافقتني، في كلّ خطوة ترافقني. علّمتني كيف اتّخذ الخطوات. أكون أحيانًا عصابيًا بعض الشيء وأرسلها بعيدًا، مثل الأخت القدّيس-بطرس. وأحيانًا أصغي لها. أحيانًا يمنعني الألم من الاصغاء لها جيّدًا... لكنها صديقة مخلصة. لهذا السبب لم أرغب في التحدّث إليكنّ حول النظريّات، أردت التحدّث إليكنّ عن تجربتي مع القدّيسة، وأقول لكنّ ما يمكن للقدّيسة أن تفعله، وما هو سبيل القداسة.

إلى الأمام! بشجاعة!

[01405-AR.01] [Testo originale: Italiano]

[B0669-XX.03]