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Viaggio Apostolico di Sua Santità Francesco in Mozambico, Madagascar e Maurizio (4-10 settembre 2019) – Visita di Cortesia al Presidente della Repubblica del Mozambico e Incontro con le Autorità, la Società Civile e il Corpo Diplomatico, 05.09.2019


Incontro nella Nunziatura Apostolica di Maputo con la Fondazione Scholas Occurrentes

Visita di cortesia al Presidente della Repubblica del Mozambico presso il Palazzo Ponta Vermelha

Incontro con le Autorità, con la Società Civile e con il Corpo Diplomatico presso il Palazzo Ponta Vermelha

Incontro nella Nunziatura Apostolica di Maputo con la Fondazione Scholas Occurrentes

Parole del Santo Padre

Traduzione in lingua italiana

Questa mattina, nella Nunziatura Apostolica di Maputo, dopo aver celebrato la Santa Messa, il Santo Padre Francesco ha incontrato alcuni responsabili e un gruppo di partecipanti ai programmi attuati dalla Fondazione Scholas Occurrentes in diverse città del Mozambico, accompagnati dal Direttore Enrique Adolfo Palmeyro. Durante l’incontro sono state illustrate al Santo Padre le attività svolte dalla Fondazione in Mozambico, particolarmente nel campo dello sport e della formazione umana.

Riportiamo di seguito le parole che il Papa ha rivolto ai presenti:

Parole del Santo Padre

Les agradezco esta visita que me llega al corazón. Les agradezco todo lo que hacen y cómo se han presentado.

Los de Xai-Xai tienen unas playas famosas, el turismo de África, de Europa, y me parece muy bien que hagan futbol en la playa. Y me parece también muy bien que las chicas vayan a hacer fútbol en la playa.

Pero hay una cosa que me tocó mucho el corazón y es la pelota de trapo. Cuando era chico yo jugué con una pelota de trapo, porque en aquella época eran pelotas de cuero, cosidas con cuero y eran muy caras. Y nosotros, que íbamos a la escuela todos juntos, no teníamos para comprar esas pelotas número 5 que eran muy grandes. Todavía no estaba el plástico ni la pelota de goma. Estaba la pelota de cuero o esta de trapo.

Así que, en la esquina de mi casa donde jugábamos, una placita que todavía está, jugábamos con una pelota de trapo. En Argentina, la pelota de trapo pasó a ser un símbolo cultural de aquella época, a tal punto que un poeta popular argentino escribió una poesía que se llama ‘pelota de trapo’. Y también hay una película que han filmado que se llama ‘pelota de trapo’.

Ustedes con esto están recogiendo toda una historia de artesanía del deporte: trabajo para hacer esto y alegría para el juego. Trabajo y juego. En la vida si no hay trabajo, la vida no sirve, y si no sabes jugar, la vida no sirve. Trabajo y juego, juntos. Pelota de trapo. Sería lindo que hicieran un concurso artístico, canción, dibujo, poesía, prosa sobre el tema pelota de trapo. Y al ganador yo le voy a dar un premio.

[01403-ES.01] [Texto original: Español]

Traduzione in lingua italiana

Vi ringrazio per questa visita che mi tocca il cuore. Vi ringrazio per tutto quello che fate e per come vi siete presentati.

Quelli di Xai-Xai hanno spiagge famose… il turismo dall'Africa, dall'Europa… E mi sembra molto positivo che giochino a calcio sulla spiaggia. E mi sembra anche che vada molto bene che le ragazze giochino a calcio sulla spiaggia.

Ma c'è una cosa che mi ha toccato molto il cuore ed è il pallone di stracci. Quando ero bambino io giocavo con un pallone di stracci. Perché a quel tempo i palloni erano di cuoio, cuciti con il cuoio ed erano molto costosi. E noi, che andavamo a scuola tutti insieme, non avevamo i soldi per comprare quei palloni “numero 5” che erano così grossi. Non c'era ancora né la plastica né il pallone di gomma. C'era il pallone di cuoio o questo di stracci.

Così, nel cortile di casa mia dove giocavamo, dove c’è ancora una piazzetta, giocavamo con un pallone di stracci. In Argentina, il pallone di stracci è diventato un simbolo culturale di quell’epoca, a tal punto che un poeta popolare argentino ha scritto una poesia chiamata "pallone di stracci", e c'è anche un film che hanno girato chiamato "pallone di stracci".

Voi in questo modo raccogliete tutta una storia di artigianato sportivo: lavoro per fare questo, e gioia per il gioco. Lavoro e gioco. Nella vita se non c'è lavoro, la vita non va bene, e se non sai giocare, la vita non va bene. Lavoro e gioco, insieme.

Pallone di stracci. Sarebbe bello che facessero un concorso artistico - canzone, disegno, poesia, prosa… - sul tema del pallone di stracci. E al vincitore io darò un premio.

[01403-IT.01] [Testo originale: Spagnolo]

Visita di cortesia al Presidente della Repubblica del Mozambico presso il Palazzo Ponta Vermelha

Alle ore 9.30, il Santo Padre Francesco si è trasferito al Palazzo Ponta Vermelha per la Visita di Cortesia al Presidente della Repubblica del Mozambico, Sig. Filipe Jacinto Nyusi.

Al Suo arrivo al Palazzo Ponta Vermelha, il Santo Padre è stato accolto dal Presidente della Repubblica e dalla Consorte all’ingresso principale

Insieme hanno raggiunto il Salone Rosso dove, dopo la Firma del Libro d’Onore nell’anticamera dello stesso Salone, ha avuto luogo l’incontro privato.

Concluso l’incontro, dopo la presentazione della famiglia e lo scambio dei doni, il Presidente e il Santo Padre si sono diretti nel Salone Indias per l’Incontro con le Autorità, i Membri del Corpo Diplomatico e i Rappresentanti della Società Civile.

[01383-IT.01] [Testo originale: Italiano]

Incontro con le Autorità, con la Società Civile e con il Corpo Diplomatico presso il Palazzo Ponta Vermelha

Discorso del Santo Padre

Traduzione in lingua italiana

Traduzione in lingua francese

Traduzione in lingua inglese

Traduzione in lingua tedesca

Traduzione in lingua spagnola

Traduzione in lingua polacca

Questa mattina, alle ore 10.00, nel Palazzo Ponta Vermelha, il Santo Padre Francesco ha incontrato le Autorità, i Rappresentanti della Società Civile e i Membri del Corpo Diplomatico.

Dopo il discorso del Presidente della Repubblica del Mozambico, Sig. Filipe Jacinto Nyusi, e la consegna della lapide Opera Matteo 25, il Papa ha pronunciato il Suo discorso.

Al termine, dopo essersi congedato dal Presidente e dalle altre Autorità presenti, il Santo Padre si è recato in papamobile al Pavillon Maxaquene dove si è svolto l’Incontro Interreligioso con i Giovani.

Pubblichiamo di seguito il discorso che Papa Francesco ha pronunciato nel corso dell’Incontro con le Autorità, con i Membri del Corpo Diplomatico e i Rappresentanti della Società Civile:

Discorso del Santo Padre

Senhor Presidente,

Membros do Governo e do Corpo Diplomático,

Distintas Autoridades,

Representantes da sociedade civil,

Senhoras e Senhores:

Obrigado, Senhor Presidente, pelas suas palavras de boas-vindas bem como pelo amável convite a visitar a nação. Sinto-me feliz por me encontrar novamente na África e iniciar esta viagem apostólica por este país, tão abençoado pela sua beleza natural como pela sua grande riqueza cultural que traz, à provada alegria de viver do vosso povo, a esperança num futuro melhor.

Saúdo cordialmente os membros do Governo, do Corpo Diplomático e os representantes da sociedade civil aqui presentes. Em vós, quero abeirar-me e saudar afetuosamente todo o povo moçambicano, do Rovuma a Maputo, que nos abre as suas portas para alimentar um renovado futuro de paz e reconciliação.

Quero que as minhas primeiras palavras de proximidade e solidariedade sejam dirigidas a todos aqueles sobre quem se abateram recentemente os ciclones Idai e Kenneth, cujas devastadoras consequências continuam a pesar sobre tantas famílias, principalmente nos lugares onde ainda não foi possível a reconstrução, requerendo esta especial atenção. Infelizmente, não poderei ir pessoalmente até junto de vós, mas quero que saibais que partilho a vossa angústia, sofrimento e também o compromisso da comunidade católica para fazer frente a tão dura situação. No meio da catástrofe e da desolação, peço à Providência que não falte a solicitude de todos os atores civis e sociais que, pondo a pessoa no centro, sejam capazes de promover a necessária reconstrução.

Também quero exprimir o reconhecimento, meu e de grande parte da comunidade internacional, pelo esforço que, há decénios, se vem fazendo para que a paz volte a ser a norma, e a reconciliação o melhor caminho para enfrentar as dificuldades e desafios que tendes como nação. Neste espírito e com este propósito, há cerca de um mês assináveis na Serra da Gorongosa o acordo de cessação definitiva das hostilidades militares entre irmãos moçambicanos. Um marco, que saudamos e esperamos decisivo, plantado pelos corajosos na senda da paz que parte daquele Acordo Geral de 1992 [mil novecentos e noventa e dois] em Roma.

Quantas coisas se passaram desde a assinatura do histórico tratado que selou a paz e deu os seus primeiros rebentos! São estes rebentos que sustentam a esperança e dão confiança para não deixar que a maneira de escrever a história seja a luta fratricida, mas a capacidade de se reconhecerem como irmãos, filhos duma mesma terra, administradores dum destino comum. A coragem da paz! Uma coragem de alta qualidade: não a da força bruta e da violência, mas aquela que se concretiza na busca incansável do bem comum (cf. Paulo VI, Mensagem para o Dia Mundial da Paz, 1973)

Conhecestes o sofrimento, o luto e a aflição, mas não deixastes que o critério regulador das relações humanas fosse a vingança ou a repressão, nem que o ódio e a violência tivessem a última palavra. Como recordava o meu antecessor São João Paulo II [segundo] durante a sua visita ao vosso país em 1988 [mil novecentos e oitenta e oito], com a guerra «muitos homens, mulheres e crianças sofrem por não terem casa onde habitar, alimentação suficiente, escolas onde se instruir, hospitais para tratar a saúde, igrejas onde se reunir para rezar e campos onde empregar as forças de trabalho. Muitos milhares de pessoas são forçadas a deslocar-se à procura de segurança e de meios para sobreviver; outras refugiam-se nos países vizinhos. (...) Não à violência e sim à paz!» (Discurso de Chegada, 16 de setembro de 1988, n. 3).

Ao longo de todos estes anos, experimentastes que a busca da paz duradoura – uma missão que envolve a todos – exige um trabalho árduo, constante e sem tréguas, pois a paz é «como uma flor frágil, que procura desabrochar por entre as pedras da violência» (Francisco, Mensagem para o Dia Mundial da Paz, 2019) e, por isso, requer que se continue a afirmar com determinação mas sem fanatismo, com coragem mas sem exaltação, com tenacidade mas de maneira inteligente: não à violência que destrói, sim à paz e à reconciliação.

Como sabemos, a paz não é apenas ausência de guerra, mas o empenho incansável – especialmente daqueles que ocupamos um cargo de maior responsabilidade – de reconhecer, garantir e reconstruir concretamente a dignidade, tantas vezes esquecida ou ignorada, de irmãos nossos, para que possam sentir-se os principais protagonistas do destino da própria nação. Não podemos perder de vista que, «sem igualdade de oportunidades, as várias formas de agressão e de guerra encontrarão um terreno fértil que, mais cedo ou mais tarde, há de provocar a explosão. Quando a sociedade – local, nacional ou mundial – abandona na periferia uma parte de si mesma, não há programas políticos, nem forças da ordem ou serviços secretos que possam garantir indefinidamente a tranquilidade» (Francisco, Exort. ap. Evangelii gaudium, 59).

A paz tornou possível o desenvolvimento de Moçambique em várias áreas. Promissores são os avanços registados no âmbito da educação e da saúde. Encorajo-vos a prosseguir no trabalho de consolidar as estruturas e instituições necessárias para permitir que ninguém se sinta abandonado, especialmente os vossos jovens, que formam grande parte da população. Não são apenas a esperança desta terra, eles são o presente que interpela, busca e precisa de encontrar canais dignos que lhes permitam desenvolver todos os seus talentos; são potencial para semear e desenvolver a tão desejada amizade social.

Uma cultura de paz exige «um processo constante, no qual cada nova geração está envolvida» (Ibid., 220). Por isso, o caminho há de ser aquele que favoreça a cultura do encontro e dela fique todo impregnado: reconhecer o outro, estreitar laços, lançar pontes. Neste sentido, é imprescindível manter viva a memória como caminho que abre futuro; como caminhada, que leve a procurar metas comuns, valores compartilhados, ideias que favoreçam superar interesses setoriais, corporativos ou partidários para que as riquezas da vossa nação sejam colocadas ao serviço de todos, especialmente dos mais pobres. Tendes uma corajosa e histórica missão a cumprir: não cesseis os esforços enquanto houver crianças e adolescentes sem educação, famílias sem teto, trabalhadores sem trabalho, camponeses sem terra... Tais são as bases dum futuro de esperança, porque futuro de dignidade! Tais são as armas da paz.

A paz convida-nos também a olhar pela nossa Casa Comum. Sob esta perspetiva, Moçambique é uma nação abençoada, e vós sois especialmente convidados a cuidar desta bênção. A defesa da terra é também a defesa da vida, que reclama atenção especial quando se constata uma tendência à pilhagem e espoliação, guiada por uma ânsia de acumular que, em geral, não é cultivada sequer por pessoas que habitam estas terras, nem é motivada pelo bem comum do vosso povo. Uma cultura de paz implica um desenvolvimento produtivo, sustentável e inclusivo, onde cada moçambicano possa sentir que este país é seu, e no qual possa estabelecer relações de fraternidade e equidade com o seu vizinho e com tudo o que o rodeia.

Senhor Presidente, distintas Autoridades! Todos vós sois os construtores da obra mais bela a ser realizada: um futuro de paz e reconciliação como garantias do direito ao futuro dos vossos filhos. Peço a Deus que, durante este tempo que transcorrerei convosco, possa – eu também, em comunhão com os meus irmãos bispos e a Igreja Católica que peregrina nesta terra – contribuir para que a paz, a reconciliação e a esperança reinem definitivamente entre vós. Obrigado.

[01353-PO.02] [Texto original: Português]

Traduzione in lingua italiana

Signor Presidente,

Membri del Governo e del Corpo Diplomatico,

Distinte Autorità,

Rappresentanti della società civile,

Signore e Signori!

Grazie, Signor Presidente, per le Sue parole di benvenuto nonché per il gentile invito a visitare la nazione. Sono contento di trovarmi di nuovo in Africa e iniziare questo viaggio apostolico da questo Paese, tanto benedetto per la sua bellezza naturale, come pure per la sua grande ricchezza culturale che aggiunge, alla ben nota gioia di vivere del vostro popolo, la speranza in un futuro migliore.

Saluto cordialmente i membri del Governo e del Parlamento e i rappresentanti della società civile qui presenti. Nelle vostre persone desidero incontrare e salutare con affetto l’intero popolo mozambicano che, dal fiume Rovuma fino a Maputo, ci apre le porte per favorire un rinnovato futuro di pace e riconciliazione.

Voglio che le mie prime parole di vicinanza e di solidarietà siano rivolte a tutti coloro sui quali si sono abbattuti recentemente i cicloni Idai e Kenneth, le cui devastanti conseguenze continuano a pesare su tante famiglie, specialmente nei luoghi in cui la ricostruzione non è stata ancora possibile e richiede una speciale attenzione. Purtroppo non potrò recarmi personalmente da voi, ma voglio che sappiate che condivido la vostra angoscia, il vostro dolore e anche l’impegno della comunità cattolica nell’affrontare una così dura situazione. In mezzo alla catastrofe e alla desolazione, chiedo alla Provvidenza che non manchi la sollecitudine di tutti gli attori civili e sociali che, ponendo la persona al centro, siano in grado di promuovere la necessaria ricostruzione.

Desidero anche esprimere l’apprezzamento, mio e di gran parte della comunità internazionale, per gli sforzi che, da decenni, si vanno compiendo affinché la pace torni ad essere la norma, e la riconciliazione la via migliore per affrontare le difficoltà e le sfide che incontrate come nazione. In questo spirito e con questo proposito, circa un mese fa avete firmato nella Serra della Gorongosa l’accordo di cessazione definitiva delle ostilità militari tra fratelli mozambicani. Una pietra miliare, che salutiamo e speriamo come decisiva, fissata da persone coraggiose sulla via della pace, che parte da quell’Accordo Generale del 1992 a Roma.

Quante cose sono passate dalla firma dello storico trattato che ha sigillato la pace e ha dato i suoi primi germogli! Sono questi germogli che sostengono la speranza e danno fiducia per non lasciare che il modo di scrivere la storia sia la lotta fratricida, bensì la capacità di riconoscersi come fratelli, figli di una stessa terra, amministratori di un destino comune. Il coraggio della pace! Un coraggio di alta qualità: non quello della forza bruta e della violenza, ma quello che si attua nella ricerca instancabile del bene comune (cfr Paolo VI, Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace, 1973).

Voi conoscete la sofferenza, il lutto e l’afflizione, ma non avete voluto che il criterio regolatore delle relazioni umane fosse la vendetta o la repressione, né che l’odio e la violenza avessero l’ultima parola. Come ricordava il mio predecessore San Giovanni Paolo II durante la sua visita nel vostro Paese nel 1988, con la guerra «molti uomini, donne e bambini soffrono perché non hanno una casa dove abitare, un’alimentazione sufficiente, delle scuole dove istruirsi, degli ospedali dove curarsi, delle chiese dove riunirsi a pregare e dei campi dove impiegare la manodopera. Molte migliaia di persone sono costrette a spostarsi alla ricerca di sicurezza e di mezzi di sopravvivenza; altre si rifugiano nei Paesi vicini. [...] “No alla violenza e sì alla pace!”» (Discorso nella visita al Presidente della Repubblica, 16 settembre 1988, n. 3).

Durante tutti questi anni, avete sperimentato che la ricerca della pace duratura – una missione che coinvolge tutti – richiede un lavoro duro, costante e senza sosta, poiché la pace è «come un fiore fragile, che cerca di sbocciare tra le pietre della violenza» (Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace, 2019), e quindi richiede che si continui ad affermare con determinazione ma senza fanatismo, con coraggio ma senza esaltazione, con tenacia ma in maniera intelligente: no alla violenza che distrugge, sì alla pace e alla riconciliazione.

Come sappiamo, la pace non è solo assenza di guerra, ma l’impegno instancabile – soprattutto di quanti occupiamo un ufficio di maggiore responsabilità – di riconoscere, garantire e ricostruire concretamente la dignità, spesso dimenticata o ignorata, dei nostri fratelli, perché possano sentirsi protagonisti del destino della propria nazione. Non possiamo perdere di vista che, «senza uguaglianza di opportunità, le diverse forme di aggressione e di guerra troveranno un terreno fertile che prima o poi provocherà l’esplosione. Quando la società – locale, nazionale o mondiale – abbandona nella periferia una parte di sé, non vi saranno programmi politici, né forze dell’ordine o di intelligence che possano assicurare illimitatamente la tranquillità» (Esort. ap. Evangelii gaudium, 59).

La pace ha reso possibile lo sviluppo del Mozambico in diversi settori. Promettenti sono i progressi compiuti nell’istruzione e nella salute. Vi incoraggio a portare avanti il lavoro di consolidamento delle strutture e delle istituzioni necessarie per far sì che nessuno si senta abbandonato, in particolare i vostri giovani, che costituiscono gran parte della popolazione. Essi sono non solo la speranza di questa terra, sono il presente che interpella, ricerca e ha bisogno di trovare strade dignitose che consentano loro di sviluppare tutti i loro talenti; sono un potenziale per seminare e far crescere la tanto desiderata amicizia sociale.

Una cultura di pace richiede «un costante processo nel quale ogni nuova generazione si vede coinvolta» (ibid., 220). Perciò il percorso dev’essere tale da favorire la cultura dell’incontro e da esserne totalmente impregnato: riconoscere l’altro, stringere legami, gettare ponti. In questo senso, è essenziale mantenere viva la memoria, quale via che apre al futuro, quale sentiero che conduce a cercare obiettivi comuni, valori condivisi, idee che favoriscano il superamento di interessi settoriali, corporativi o di parte, affinché le ricchezze della vostra Nazione siano messe al servizio di tutti, specialmente dei più poveri. Voi avete una coraggiosa e storica missione da compiere: non smettete di impegnarvi finché ci saranno bambini e adolescenti senza istruzione, famiglie senza casa, lavoratori senza occupazione, contadini senza terra... Queste sono le basi di un futuro di speranza, perché futuro di dignità! Queste sono le armi della pace.

La pace ci invita anche a curare la nostra casa comune. Da questo punto di vista, il Mozambico è una nazione benedetta, e voi in modo speciale siete invitati a prendervi cura di questa benedizione. La difesa della terra è anche la difesa della vita, che richiede speciale attenzione quando si constata una tendenza a saccheggiare e depredare, spinta da una bramosia di accumulare che, in genere, non è neppure coltivata da persone che abitano queste terre, né viene motivata dal bene comune del vostro popolo. Una cultura di pace implica uno sviluppo produttivo, sostenibile e inclusivo, in cui ogni mozambicano possa sentire che questo Paese è suo, e in cui possa stabilire rapporti di fraternità ed equità con il proprio vicino e con tutto ciò che lo circonda.

Signor Presidente, distinte Autorità! Voi tutti siete i costruttori dell’opera più bella che si possa compiere: un futuro di pace e riconciliazione quali garanzie del diritto dei vostri figli al futuro. Chiedo a Dio che, nel periodo che trascorrerò in mezzo a voi, possa anch’io – in comunione con i miei fratelli vescovi e la Chiesa cattolica che pellegrina su questa terra – contribuire affinché la pace, la riconciliazione e la speranza regnino definitivamente tra di voi. Grazie.

[01353-IT.02] [Testo originale: Portoghese]

Traduzione in lingua francese

Monsieur le Président,

Membres du Gouvernement et du Corps Diplomatique,

Distinguées Autorités,

Représentants de la société civile,

Mesdames et Messieurs,

Merci, Monsieur le Président, pour vos paroles de bienvenue comme pour l’aimable invitation à visiter cette Nation. Je suis heureux de me trouver de nouveau en Afrique et de commencer ce voyage apostolique par ce pays, si béni par sa beauté naturelle comme par sa grande richesse culturelle qui ajoute, à la joie de vivre éprouvée de votre peuple, l’espérance d’un avenir meilleur.

Je salue cordialement les membres du Gouvernement et du Corps diplomatique ainsi que les représentants de la société civile ici présents. À travers vous, je voudrais approcher et saluer affectueusement tout le peuple mozambicain qui, de Rovuma jusqu’à Maputo, nous ouvre ses portes pour préparer un avenir redessiné de paix et de réconciliation.

Je veux que mes premières paroles de proximité et de solidarité aillent à tous ceux sur qui se sont récemment abattus les cyclones Idai et Kenneth, dont les conséquences dévastatrices continuent de peser sur de nombreuses familles, surtout dans des endroits où la reconstruction n’a pas encore été possible, requérant une attention spéciale. Malheureusement, je ne pourrai pas me rendre personnellement auprès de vous, mais je veux que vous sachiez que je partage votre angoisse, votre souffrance ainsi que l’engagement de la communauté catholique pour faire face à une situation si dure. Au sein de la catastrophe et de la désolation, je demande à la Providence que ne vous fasse pas défaut la sollicitude de tous les acteurs civils et sociaux qui, en mettant la personne au centre, seront capables de promouvoir la reconstruction nécessaire.

Je désire également exprimer ma reconnaissance et celle d’une grande partie de la communauté internationale pour les efforts qui, depuis des décennies, sont accomplis afin que la paix redevienne la norme et la réconciliation, le meilleur chemin pour affronter les difficultés et les défis que vous avez en tant que Nation. Dans cet esprit et à cet effet, vous avez signé, il y a environ un mois, dans le Parc national de Gorongosa, l’accord du cessez-le-feu définitif entre frères mozambicains. C’est un jalon, que nous saluons et espérons décisif, posé par des personnes courageuses sur la voie de la paix qui part de cet Accord général de 1992 conclu à Rome.

Que d’événements se sont succédé depuis la signature du traité historique qui a scellé la paix et produit ses premières pousses! Ce sont ces pousses qui soutiennent l’espérance et donnent confiance pour empêcher que la manière d’écrire l’histoire ne soit une lutte fratricide, mais plutôt la capacité de se reconnaître comme frères, fils d’une même terre, administrateurs d’un destin commun. Le courage de la paix! Un courage de haute volée: non pas celui de la force brute et de la violence, mais celui qui se concrétise dans la recherche inlassable du bien commun (cf. Paul VI, Message pour la journée mondiale de la paix, 1973)

Vous avez connu la souffrance, le deuil et l’affliction, mais nous n’avez pas voulu que le critère régulateur des relations humaines soit la vengeance ou la répression, ni que la haine et la violence aient le dernier mot. Comme le rappelait mon prédécesseur saint Jean-Paul II durant sa visite dans votre pays en 1988, avec la guerre « beaucoup d’hommes, de femmes et d’enfants souffrent de ne pas avoir une maison où habiter, assez de nourriture, d’écoles pour s’instruire, d’hôpitaux pour se soigner, d’églises où se réunir pour prier et de champs où déployer la main-d’œuvre. Des milliers de personnes sont contraintes à se déplacer en quête de sécurité et de moyens pour survivre ; d’autres se réfugient dans des pays voisins (...) Non à la violence et oui à la paix! » (Discours lors de la visite au Président de la République, 16 septembre 1988, n. 3).

Durant toutes ces années, vous avez fait l’expérience que la recherche d’une paix durable – une mission qui engage tous – exige un travail ardu, constant et sans trêve, car la paix «est comme une fleur fragile qui cherche à s’épanouir au milieu des pierres de la violence» (Message pour la journée mondiale de la paix, 2019) et, pour cela, elle demande que l’on continue d’affirmer, avec détermination mais sans fanatisme, avec courage mais sans exaltation, avec ténacité mais de manière intelligente: non à la violence qui détruit, oui à la paix et à la réconciliation!

Comme nous le savons, la paix n’est pas seulement l’absence de guerre, mais l’engagement inlassable – surtout de la part de nous autres qui exerçons une charge liée à une plus grande responsabilité – de reconnaître, de garantir et de reconstruire concrètement la dignité, bien des fois oubliée ou ignorée, de nos frères, pour qu’ils puissent se sentir les principaux protagonistes du destin de leur Nation. Nous ne pouvons pas perdre de vue que « sans égalité de chances, les différentes formes d’agression et de guerre trouveront un terrain fertile qui tôt ou tard provoquera l’explosion. Quand la société – locale, nationale ou mondiale – abandonne dans la périphérie une partie d’elle-même, il n’y a ni programmes politiques, ni forces de l’ordre ou d’intelligence qui puissent assurer sans fin la tranquillité » (Exhort. ap. Evangelii gaudium, n. 59).

La paix a rendu possible le développement du Mozambique dans beaucoup de domaines. Les progrès enregistrés dans le domaine de l’éducation et de la santé sont prometteurs. Je vous encourage à poursuivre le travail de consolidation des structures et des institutions nécessaires pour que personne ne se sente abandonné, surtout vos jeunes, qui constituent la majorité de la population. Ils ne sont pas seulement l’espérance de cette terre, ils sont le présent qui interpelle, cherche et a besoin de trouver des moyens dignes leur permettant de développer leurs talents; ils sont un potentiel pour semer et développer l’amitié sociale tant désirée.

Une culture de paix exige « un processus constant dans lequel chaque nouvelle génération se trouve engagée » (Ibid., n. 220). C’est pourquoi, le chemin doit être tel qu’il puisse favoriser une culture de la rencontre, de sorte que tout en soit imprégné : reconnaître l’autre, nouer des liens, construire des ponts. Dans ce sens, il est indispensable de garder vivante la mémoire comme chemin qui ouvre à l’avenir ; comme cheminement, qui conduit à rechercher des objectifs communs, des valeurs partagées, des idées qui aident à surmonter des intérêts sectoriels, corporatifs ou de parties afin que les richesses de votre nation soient mises au service de tous, surtout des plus pauvres. Vous avez une mission exigeante et historique à accomplir : ne relâchez pas l’effort tant qu’il y aura des enfants et des adolescents sans éducation, des familles sans toit, des travailleurs en chômage, des paysans sans terre… Voilà les fondements d’un avenir d’espérance, parce qu’avenir de dignité! Voilà les armes de la paix!

La paix nous invite également à prendre soin de notre Maison Commune. À cet égard, le Mozambique est une nation bénie, et vous êtes particulièrement invités à sauvegarder cette bénédiction. La protection de la terre est aussi la protection de la vie, qui demande une attention spéciale quand on constate la tendance au pillage et à la spoliation, causée par l’obsession d’accumuler qui, en général, n’est même pas nourrie par des personnes qui habitent ce pays, ni motivée par le bien commun de votre peuple. Une culture de paix implique un développement productif, substantiel et inclusif, où chaque mozambicain puisse sentir que ce pays est sien, et dans lequel il puisse établir des relations de fraternité et d’équité avec son voisin et avec tout ce qui l’entoure.

Monsieur le Président, distinguées Autorités! Vous êtes tous des constructeurs de la plus belle œuvre à réaliser: un avenir de paix et de réconciliation comme garanties du droit à un avenir de paix pour vos enfants. Je demande à Dieu que, durant ce temps que je passerai avec vous – moi aussi, en communion avec mes frères évêques et avec l’Église catholique qui pérégrine dans ce pays – je puisse contribuer à ce que la paix, la réconciliation et l’espérance règnent définitivement parmi vous. Merci.

[01353-FR.02] [Texte original: Portugais]

Traduzione in lingua inglese

Mr President,

Members of the Government and Diplomatic Corps,

Distinguished Authorities,

Representatives of Civil Society,

Ladies and Gentlemen,

I thank you, Mr President, for your words of welcome and for your kind invitation to visit this nation. I am happy once more to be in Africa and to inaugurate this Apostolic Journey in your country, so blessed by its natural beauty and by a great cultural richness born of the evident joy in life of your people and their hope in a better future.

I cordially greet the Members of the Government and the Diplomatic Corps, and the Representatives of civil society here present. Through you, I wish to approach and affectionately greet the entire Mozambican people, from Rovuma to Maputo, who have opened their doors to us in order to foster a renewed future of peace and reconciliation.

I would like my first words of closeness and solidarity to be addressed to all those struck by cyclones Idai and Kenneth, whose devastating effects continue to be felt by so many families, especially in those places where it is not yet possible to rebuild, because they require this special attention. Sadly, I will not be able to go personally to visit you, but I want you to know of my own participation in your anguish and suffering, and the commitment of the Catholic community to respond to this most difficult situation. Amid the catastrophe and desolation, I pray that, in God’s providence, constant concern will be shown by all those civil and social groups who make people their priority and are in a position to promote the necessary rebuilding.

I want also to express my personal gratitude, and that of the larger international community, for the efforts made in recent decades to ensure that peace is once more the norm, and reconciliation the best path to confront the difficulties and challenges that you face as a nation. In this spirit and with this intent, a month ago you signed in Serra da Gorongosa the Agreement for a definitive cessation of military hostilities between brother Mozambicans. A landmark that we greet with the hope that it will prove decisive and a further courageous step on the path of peace that began with the General Peace Agreement of 1992 in Rome.

How much has happened since the signing of the historic treaty that sealed the peace and has gradually begun to bear fruit! Those first fruits sustain hope and the determination to make your future not one of conflict, but of the acknowledgement that you are all brothers and sisters, sons and daughters of a single land, stewards with a shared destiny. Courage brings peace! Genuine courage: not the courage of brute force and violence, but one expressed concretely in the tireless pursuit of the common good (cf. PAUL VI, Message for the 1973 World Day of Peace).

You have experienced suffering, sorrow and affliction, but you have refused to let human relationships be governed by vengeance or repression, or to allow hatred and violence to have the final word. As my Predecessor Saint John Paul II recalled during his visit to your country in 1988: “Many men, women and children suffer from lack of housing, adequate food, schools for instruction, hospitals for health care, churches in which to meet and to pray, and fields to provide workers with labour. Thousands of persons are forced to relocate in order to find security and the means of survival; others have taken refuge in nearby countries… No to violence, and yes to peace!” (Visit to the President of the Republic, 16 September 1988, 3).

In the course of these years, you have come to realize how the pursuit of lasting peace – a mission incumbent upon all – calls for strenuous, constant and unremitting effort, for peace is “like a delicate flower, struggling to blossom on the stony ground of violence” (Message for the 2019 World Day of Peace). As a result, it demands that we continue, with determination but without fanaticism, with courage but without exaltation, with tenacity but in an intelligent way, to promote peace and reconciliation, not the violence that brings only destruction.

As we know, peace is not merely absence of war but a tireless commitment – especially on the part of those of us charged with greater responsibility – to recognize, protect and concretely restore the dignity, so often overlooked or ignored, of our brothers and sisters, so that they can see themselves as the principal protagonists of the destiny of their nation. Nor can we neglect the fact that “without equal opportunities, the different forms of aggression and conflict will find a fertile terrain for growth and eventually explode. When a society – whether local, national or global – is willing to leave part of itself on the fringes, no political programs or resources spent on law enforcement or surveillance systems can indefinitely guarantee tranquility” (Evangelii Gaudium, 59).

Peace has made possible the development of Mozambique in a number of areas. Promising advances have been made in the fields of education and health care. I encourage you to continue your efforts to build up the structures and institutions needed to ensure that no one feels abandoned, especially the young who make up so great a part of your country’s population. They are not only the hope of this land; they are also its present, a present that challenges, seeks out and needs to find worthy channels that can allow them to make good use of all of their talents. They have the potential to sow the seeds for the growth of that social harmony desired by all.

A culture of peace requires “an ongoing process in which every new generation must take part” (ibid., 220). For this reason the path to be taken must be one that favours and is fully imbued with a culture of encounter: acknowledging others, creating bonds and building bridges. In this regard, it is essential to cherish memory as a path opening up towards the future, as a journey leading to the attainment of common goals, shared values and ideas that can help to overcome narrow corporative or partisan interests. In this way, the true wealth of your nation can be found in the service of others, especially the poor. You have a courageous historical mission to undertake. May you not desist as long as there are children and young people without schooling, families that are homeless, unemployed workers, farmers without land to cultivate. These are the foundations for a future of hope, because it will be a future of dignity! These are the weapons of peace.

Peace invites us also to look to the earth, our common home. From this standpoint, Mozambique is a nation greatly blessed, and you have a special responsibility to care for this blessing. The protection of the land is also the protection of life, which demands particular attention whenever we see a tendency towards pillaging and exfoliation driven by a greed generally not cultivated even by the inhabitants of these lands, nor motivated by the common good of your people. A culture of peace implies a productive, sustainable and inclusive development, where all Mozambicans can feel that this land is theirs, where they can establish relations of fraternity and equity with their neighbours and all their surroundings.

Mr President, distinguished Authorities! All of you are meant to help create a magnificent work of art: the dawn of peace and reconciliation which can safeguard the right of your sons and daughters to the future. It is my prayer that, in this time that I will spend with you, I too, in communion with my brother bishops and the Catholic Church in this land, can help make peace, reconciliation and hope reign definitively in your midst. Thank you.

[01353-EN.01] [Original text: Portuguese]

Traduzione in lingua tedesca

Herr Präsident,

sehr geehrte Mitglieder der Regierung und des diplomatischen Korps,

werte Verantwortungsträger,

Vertreter der Zivilgesellschaft,

meine Damen und Herren!

Danke, Herr Präsident, für Ihre Begrüßungsworte wie auch für die freundliche Einladung zum Besuch Ihrer Nation. Ich freue mich, wieder in Afrika zu sein und meine Apostolische Reise in diesem Land zu beginnen, das mit Naturschönheiten gesegnet ist und einen großen kulturellen Reichtum besitzt, welcher mit der wohlbekannten Lebensfreude Ihres Volkes die Aussicht auf eine bessere Zukunft verheißt.

Herzlich grüße ich die hier anwesenden Mitglieder der Regierung und des diplomatischen Korps sowie die Vertreter der Zivilgesellschaft. Mit Ihnen möchte ich das ganze Volk Mozambiks einbeziehen und es herzlich begrüßen, das uns vom Fluss Rovuma bis Maputo die Türen öffnet, um eine neue Zeit des Friedens und der Versöhnung zu beginnen.

Meine ersten Worte der Verbundenheit und Solidarität möchte ich an alle richten, die vor kurzem von den tropischen Wirbelstürmen Idai und Kenneth heimgesucht wurden. Die verheerenden Folgen lasten weiterhin auf vielen Familien, vor allem an den Orten, wo ein Wiederaufbau bisher nicht möglich war und dieser besondere Sorgfalt erfordert. Leider werde ich nicht persönlich zu euch kommen können. Doch ihr sollt wissen, dass ich eure Not und euren Schmerz teile sowie den Einsatz der katholischen Gemeinschaft bei der Bewältigung einer so gravierenden Situation begleite. Inmitten der Katastrophe und der Trostlosigkeit bitte ich die göttliche Vorsehung, dass die zivilen Kräfte und sozialen Dienste es nicht an Sorge fehlen lassen werden, die Menschen in den Vordergrund zu stellen und den nötigen Wiederaufbau anzugehen.

Ich möchte auch meine Wertschätzung und die des Großteils der internationalen Gemeinschaft für die Anstrengungen zum Ausdruck bringen, die seit Jahrzehnten unternommen werden, um zu friedlichen Verhältnissen zurückzukehren und die besseren Wege der Versöhnung zu beschreiten, um die Schwierigkeiten und Herausforderungen, denen Sie als Nation begegnen, anzupacken. In diesem Geist und mit diesem Vorsatz haben Sie vor ungefähr einem Monat in den Gorongosa-Bergen ein Abkommen zur endgültigen Einstellung der militärischen Feindseligkeiten zwischen mosambikanischen Brüdern unterzeichnet. Es ist ein Meilenstein, den wir in der Hoffnung begrüßen, dass er entscheidend ist, und wurde von mutigen Personen auf dem Weg zum Frieden vereinbart, der mit Allgemeinen Friedensabkommen von Rom im Jahr 1992 begonnen wurde.

Wie viele Dinge sind seit der Unterzeichnung jenes historischen Abkommens geschehen, das den Frieden besiegelt und seine ersten Früchte gezeigt hat! Diese Früchte stärken die Hoffnung und geben Zuversicht, dass man nicht zulasse, Geschichte in der Weise eines Bruderkriegs zu schreiben, sondern in der Fähigkeit, sich als Brüder zu begreifen, als Kinder der gleichen Erde und als Verwalter eines gemeinsamen Erbes. Der Mut zum Frieden! Das ist ein Mut hoher Qualität, nicht der der rohen Gewalt und der Nötigung, sondern jener, der sich in der unermüdlichen Suche des Gemeinwohls betätigt (vgl. Paul VI., Botschaft zum Weltfriedenstag 1973).

Sie kennen das Leiden, die Trauer und die Trübsal, aber Sie wollten nicht Rache und Vergeltung zu dem Kriterium machen, das die menschlichen Beziehungen regelt, oder dem Hass und der Gewalt das letzte Wort geben. Wie schon mein Vorgänger der heilige Johannes Paul II. während seines Besuchs in Ihrem Land im Jahr 1988 anmerkte, führt der Krieg dazu, dass »viele Männer, Frauen und Kinder leiden, weil sie kein Haus haben, in dem sie wohnen können, keine ausreichende Nahrung, keine Schulen zum Lernen, keine Krankenhäuser zur Gesundheitspflege, keine Kirchen, in denen man zum Gebet zusammenkommen kann, und keine Felder, auf denen man die Arbeitskraft einsetzen kann. Viele Tausende von Personen sind auf der Suche nach Sicherheit und Mitteln zum Überleben zum Ortswechsel gezwungen; andere flüchten in die Nachbarländer. […] „Nein zur Gewalt und Ja zum Frieden!“« (Ansprache an den Präsidenten der Republik Mosambik und die übrigen Repräsentanten von Staat und Regierung, 16. September 1988, Nr. 3, in: L’Osservatore Romano [dt.], 18. Jg. [1988], Nr. 45, S. 10).

Während all dieser Jahre haben Sie erfahren, dass die Suche nach einem dauerhaften Frieden – eine Aufgabe, die alle miteinbezieht – ein hartes Stück Arbeit erfordert, das mit Beständigkeit und ohne Pause zu verrichten ist, denn der Frieden ist »wie eine zarte Blume, die versucht, mitten unter den Steinen der Gewalt aufzugehen« (Botschaft zum Weltfriedenstag 2019). Es ist daher erforderlich, dass mit Entschiedenheit, doch ohne Fanatismus, mit Mut, doch ohne Hysterie, mit Beharrlichkeit, doch auf intelligente Weise weiter verkündet wird: Nein zur Gewalt, die zerstört, ja zum Frieden und zur Versöhnung.

Wie wir wissen, ist der Friede nicht nur die Abwesenheit von Krieg, sondern der unermüdliche Einsatz – vor allem von Menschen, die Ämter von höherer Verantwortung bekleiden –, die oft vergessene und unbeachtete Würde unserer Brüder und Schwestern anzuerkennen, zu gewährleisten und konkret wiederherzustellen, damit sie sich als Hauptakteure des Schicksals ihrer Nation empfinden können. Wir dürfen die Tatsache nicht aus dem Auge verlieren, dass »ohne Chancengleichheit die verschiedenen Formen von Aggression und Krieg einen fruchtbaren Boden [finden], der früher oder später die Explosion verursacht. Wenn die lokale, nationale oder weltweite Gesellschaft einen Teil ihrer selbst in den Randgebieten seinem Schicksal überlässt, wird es keine politischen Programme, noch Ordnungskräfte oder Intelligence geben, die unbeschränkt die Ruhe gewährleisten können« (Apostolisches Schreiben Evangelii gaudium, 59).

Der Frieden hat die Entwicklung in Mosambik in verschiedenen Bereichen möglich gemacht. Vielversprechend sind die erreichten Fortschritte in der Bildung und im Gesundheitswesen. Ich ermutige Sie, die Arbeit zur Konsolidierung der Strukturen und Einrichtungen weiterzuführen, die notwendig sind, damit niemand sich im Stich gelassen fühlt, und das gilt besonders für die jungen Menschen, die einen großen Teil der Bevölkerung ausmachen. Sie sind nicht nur die Hoffnung dieses Landes, sie sind die Gegenwart, die danach verlangt, sucht und das Bedürfnis hat, würdige Straßen zu finden, die es ihnen erlauben, alle ihre Talente zu entwickeln; sie sind ein Potential, um die so ersehnte soziale Freundschaft auszusäen und heranwachsen zu lassen.

Eine Kultur des Friedens verlangt »einen fortschreitenden Prozess, an dem sich jede neue Generation beteiligen muss« (ebd., 220). Daher muss die Entwicklung eine Kultur der Begegnung fördern und von ihr ganz eingenommen werden: sie muss den Nächsten anerkennen, Bande knüpfen, Brücken bauen. In diesem Sinn ist es wesentlich, dass die Erinnerung lebendig gehalten wird, denn sie ist der Weg, der Zukunft erschließt, der Pfad, auf dem man zu gemeinsamen Zielen aufbricht, Werte und Ideen miteinander teilt, mit denen die Fach-, Gruppen- oder Teilinteressen überwunden werden. Auf diese Weise werden die Reichtümer Ihrer Nation in den Dienst aller und besonders der Ärmsten gestellt. Sie haben eine historische Aufgabe zu erfüllen, die Mut erfordert: Lassen Sie in Ihrem Einsatz nicht nach, solange es Kinder und Jugendliche ohne Schulbildung, obdachlose Familien, beschäftigungslose Arbeiter, Bauern ohne Land gibt … Das sind die Grundlagen für eine hoffnungsvolle Zukunft, eine Zukunft in Würde! Das sind die Waffen des Friedens!

Der Friede lädt uns auch ein, für unser gemeinsames Haus zu sorgen. Unter diesem Gesichtspunkt ist Mosambik ein gesegnetes Land, und besonders Sie hier sind eingeladen, sich dieses Segens anzunehmen. Der Schutz der Erde ist zugleich Schutz des Lebens, der besondere Aufmerksamkeit verlangt, wenn man eine Neigung zum Rauben und Plündern feststellt, die getrieben ist von einer Raffgier, die weder der örtlichen Bevölkerung üblicherweise eigen ist, noch dem Allgemeinwohl Ihres Volkes dient. Eine Kultur des Friedens bringt eine produktive, nachhaltige und inklusive Entwicklung mit sich, durch die jeder Einwohner Mosambiks erfahren kann, dass dieses Land sein ist, und dank der er geschwisterliche und gleichberechtigte Beziehungen mit seinem Nachbarn und seiner ganzen Umgebung knüpfen kann.

Herr Präsident, verehrte Autoritäten! Sie alle sind Erbauer des schönsten Werks, das man errichten kann: eine Zukunft in Frieden und Versöhnung, welche die Garantie für das Recht Ihrer Kinder auf Zukunft sind. Ich bitte Gott, dass in dieser Zeit meines Aufenthalts bei Ihnen auch ich – in Gemeinschaft mit meinen Mitbrüdern im Bischofsamt und der pilgernden katholischen Kirche in diesem Land – dazu beitragen kann, dass der Frieden, die Versöhnung und die Hoffnung endgültig unter Ihnen walten. Danke.

[01353-DE.02] [Originalsprache: Portugiesisch]

Traduzione in lingua spagnola

Señor Presidente,

Miembros del Gobierno y del Cuerpo Diplomático,

Distinguidas Autoridades,

Representantes de la sociedad civil,

Señoras y señores:

Gracias, señor Presidente, por sus palabras de bienvenida, así como su amable invitación a visitar vuestra Nación. Me alegra estar nuevamente en África y comenzar este viaje apostólico por este País, tan bendecido por su belleza natural como por su gran riqueza cultural que le aporta, a la tan probada alegría de vivir de vuestro Pueblo, la esperanza en un mañana mejor.

Saludo cordialmente a los miembros del Gobierno, del Cuerpo Diplomático y a los representantes de la sociedad civil aquí presentes. En vosotros, quiero acercarme y saludar afectuosamente a todo el pueblo mozambiqueño que, desde el Rovuma a Maputo, nos abre sus puertas para alimentar un renovado futuro de paz y reconciliación.

Quiero dirigir mis primeras palabras de cercanía y solidaridad a todos los que padecieron recientemente los ciclones Idai y Kenneth, cuyas devastadoras consecuencias siguen golpeando a tantas familias, principalmente a aquellas donde la reconstrucción todavía no ha sido posible y que reclama una especial atención. Lamentablemente, no podré llegar personalmente hasta vosotros, pero quiero que sepáis que comparto vuestra angustia, vuestro dolor y también el compromiso de la comunidad católica para enfrentar una situación tan dura. En medio de la catástrofe y la desolación pido a la Providencia que no falte la solicitud de todos los actores civiles y sociales que, poniendo la persona en el centro, sean capaces de promover la necesaria reconstrucción.

También quiero expresar mi reconocimiento, mío y de gran parte de la comunidad internacional, por el esfuerzo que desde hace décadas realizáis para que la paz se vuelva la norma, y la reconciliación el mejor camino para enfrentar las dificultades y desafíos que tenéis como Nación. En este espíritu y con este propósito, hace aproximadamente un mes, firmasteis en Sierra de la Gorongosa el acuerdo para el cese definitivo de las hostilidades militares entre los hermanos mozambiqueños. Un hito, que agradecemos y esperamos decisivo, realizado por personas valientes en el camino de la paz que inició con el Acuerdo General de 1992 en Roma.

¡Cuánto ha pasado desde la firma del tratado histórico que selló la paz y que ha dado sus primeros brotes! Esos brotes que sostienen la esperanza y brindan la confianza para no dejar que la lucha fratricida sea la manera de escribir la historia, sino la capacidad de reconocerse como hermanos, hijos de una misma tierra, gestores de un destino común. ¡La valentía de la paz! Una valentía de gran altura, no la de la fuerza bruta y la violencia, sino la que se gesta en la incansable búsqueda del bien común (cf. Pablo VI, Mensaje para la Jornada Mundial de la Paz, 1973).

Vosotros conocéis el sufrimiento, el luto y el desconsuelo, pero no habéis dejado que el criterio regulador de las relaciones humanas fuera la venganza o la represión, ni que el odio y la violencia tuvieran la última palabra. Como recordaba mi predecesor san Juan Pablo II en su visita a vuestro País en 1988, con la guerra «hombres, mujeres y niños sufren porque les falta hogar, alimentación suficiente, escuelas donde instruirse, hospitales para tratar su salud, iglesias donde reunirse para rezar y campos donde desarrollar su trabajo. Muchos millares de personas se ven obligados a desplazarse en busca de seguridad y medios para subsistir; otros se refugian en países vecinos. […] “¡No a la violencia y sí a la paz!”» (Discurso en la visita al Presidente de la República, 16 septiembre 1988, n. 3).

En el transcurso de todos estos años, habéis experimentado que la búsqueda de la paz duradera —una misión que compromete a todos— pide un trabajo arduo, constante y sin tregua, que «como una flor frágil, trata de florecer entre las piedras de la violencia» (Mensaje para la Jornada Mundial de la Paz, 2019) y, por tanto, reclama seguir diciendo con determinación, pero sin fanatismos; con valentía, pero sin exaltación; con tenacidad, pero inteligentemente: no a la violencia que destruye, sí a la paz y a la reconciliación.

Y la paz, sabemos, no sólo es ausencia de guerra sino el compromiso incansable —especialmente de aquellos que ocupamos un cargo de más amplia responsabilidad— de reconocer, garantizar y reconstruir concretamente la dignidad tantas veces olvidada o ignorada de hermanos nuestros, para que puedan sentirse los principales protagonistas del destino de su nación. No podemos perder de vista que «sin igualdad de oportunidades, las diversas formas de agresión y de guerra encontrarán un caldo de cultivo que tarde o temprano provocará su explosión. Cuando la sociedad —local, nacional o mundial— abandona en la periferia una parte de sí misma, no habrá programas políticos ni recursos policiales o de inteligencia que puedan asegurar indefinidamente la tranquilidad» (Exhort. ap. Evangelii gaudium, 59).

La paz hizo posible el desarrollo de Mozambique en distintas áreas. Son prometedores los avances registrados en el ámbito de la educación y la salud. Os animo a seguir trabajando para consolidar las estructuras e instituciones necesarias que posibiliten que nadie se sienta rezagado, especialmente vuestros jóvenes, que conforman gran parte de la población. Ellos no son solamente la esperanza de esta tierra, son el presente que interpela, busca y necesita encontrar canales dignos que les permitan desarrollar todos sus talentos; ellos son potencial para sembrar y desarrollar la tan deseada amistad social.

Una cultura de paz «requiere un proceso constante en el cual cada nueva generación se ve involucrada» (ibíd., 220). Por eso el camino tiene que ser el que propicie la cultura del encuentro y pueda impregnarlo todo: reconocer al otro, estrechar lazos, tender puentes. En este sentido, es imprescindible mantener viva la memoria como camino que abre futuro; como caminar que lleve a buscar metas comunes, valores compartidos, ideas que favorezcan levantar la mirada sobre intereses sectoriales, corporativos, o partidarios de manera tal que las riquezas de vuestra nación sean puestas al servicio de todos, especialmente de los más pobres. Vosotros tenéis una valerosa e histórica misión que cumplir: ¡Que no cesen los esfuerzos hasta que deje de haber niños y adolescentes sin educación, familias sin techo, operarios sin trabajo, campesinos sin tierra; bases de un futuro de esperanza porque es futuro de dignidad! Estas son las armas de la paz.

La paz nos invita también a mirar nuestra casa común. En este sentido, Mozambique es una nación bendecida, que estáis invitados especialmente a cuidar. La defensa de la tierra, es también la defensa de la vida que reclama una especial atención cuando se constata una tendencia a la expoliación y al despojo guiados por un afán acumulativo que, en general, ni siquiera es de personas que habitan estas tierras, y no está motivado por el bien común de vuestro pueblo. Una cultura de paz implica un desarrollo productivo, sustentable e inclusivo, donde cada mozambiqueño pueda sentir que este país es suyo y en el cual puede establecer relaciones de fraternidad y equidad con su prójimo y con todo lo que lo rodea.

Señor Presidente, distinguidas Autoridades, todos vosotros sois los constructores de la obra más bella a ser realizada: un futuro de paz y reconciliación como garantías del derecho al futuro de vuestros hijos. Pido a Dios para que este tiempo que estaré entre vosotros pueda, yo también, en comunión con mis hermanos obispos y la Iglesia católica que peregrina en esta tierra, aportar para que la paz, la reconciliación y la esperanza reinen definitivamente entre vosotros. Gracias.

[01353-ES.02] [Texto original: Portugués]

Traduzione in lingua polacca

Panie Prezydencie,

Członkowie rządu i korpusu dyplomatycznego,

Szanowni przedstawiciele władz,

Przedstawiciele społeczeństwa obywatelskiego,

Panie i Panowie!

Dziękuję, Panie Prezydencie, za Pańskie słowa powitania, a także za uprzejme zaproszenie do odwiedzenia waszego państwa. Cieszę się, że ponownie jestem w Afryce i że mogę rozpocząć tę podróż apostolską od tego kraju, tak bogatego w piękno naturalne, a także wspaniałe bogactwo kulturowe, które do dobrze znanej radości życia waszego narodu dodają nadzieję na lepszą przyszłość.

Serdecznie pozdrawiam członków rządu, korpusu dyplomatycznego i obecnych tu przedstawicieli społeczeństwa obywatelskiego. W waszych osobach pragnę spotkać i pozdrowić z miłością wszystkich mieszkańców Mozambiku, który od rzeki Rovuma do Maputo otwiera nam drzwi, aby umożliwić na nowo pokojową i pojednaną przyszłość.

Chcę, aby moje pierwsze słowa bliskości i solidarności były skierowane do tych wszystkich, którzy zostali ostatnio dotknięci cyklonami Idai i Kenneth. Ich katastrofalne następstwa w dalszym ciągu ciążą na wielu rodzinach, szczególnie w miejscach, gdzie odbudowa nie była jeszcze możliwa i wymaga szczególnej uwagi. Niestety nie będę mógł udać się do was osobiście, ale chcę, abyście wiedzieli, że dzielę wasze obawy, wasze cierpienie, a także starania wspólnoty katolickiej w zmaganiu się z tak trudną sytuacją. Proszę Opatrzność, aby pośród katastrof i spustoszenia nie zabrakło troski wszystkich podmiotów życia obywatelskiego i społecznego, którzy stawiając osobę w centrum, byliby w stanie rozwijać niezbędną odbudowę.

Pragnę również wyrazić uznanie moje i większości wspólnoty międzynarodowej dla wysiłków podejmowanych od dziesięcioleci, aby pokój znów stał się normą, a pojednanie najlepszą drogą zmierzenia się z trudnościami i wyzwaniami, które napotykacie jako państwo. W tym duchu i w tym celu około miesiąc temu w Serra da Gorongosa podpisano umowę o ostatecznym zaprzestaniu działań wojennych między braćmi Mozambijczykami. Znak ten z radością witamy i ufamy, że jest ostatecznym krokiem podejmowanym przez ludzi odważnych na drodze pokoju, która wychodzi z Układu Ogólnego podpisanego w 1992 r. w Rzymie.

Jakże wiele wydarzyło się od podpisania historycznego traktatu, który przypieczętował pokój i wydał swoje pierwsze latorośle! To te pędy wspierają nadzieję i dają ufność, by nie pozwolić, żeby sposobem pisania historii była bratobójcza walka, lecz zdolność do uznania siebie za braci, dzieci tej samej ziemi, zarządców wspólnego losu. Męstwo pokoju! Męstwo wysokiej jakości: nie męstwo brutalnej siły i przemocy, ale to, które realizuje się w niestrudzonym poszukiwaniu wspólnego dobra (por. PAWEŁ VI, Orędzie na Światowy Dzień Pokoju, 1973).

Znacie co to cierpienie, żałoba i udręka, ale nie chcieliście, aby kryterium regulującym relacje międzyludzkie była zemsta lub prześladowanie, ani też, aby nienawiść i przemoc miały ostatnie słowo. Jak wspominał mój poprzednik, święty Jan Paweł II podczas wizyty w waszym kraju w 1988 r., wraz z wojną „wielu mężczyzn, wiele kobiet i dzieci cierpi z powodu braku dachu nad głową, wystraczającej ilości pożywienia, szkół, gdzie mogliby się uczyć, szpitali, by się leczyć, kościołów, w których mogliby się zbierać na modlitwę oraz pól, na których mogliby z pożytkiem pracować. Wiele tysięcy ludzi jest zmuszonych do przenoszenia się w poszukiwaniu bezpieczeństwa i środków koniecznych do przeżycia; inni chronią się w krajach sąsiednich [...] «Nie wobec przemocy, tak wobec pokoju!» (Przemówienie podczas wizyty u Prezydenta Republiki, 16 września 1988 r., 3, w: „L’Osservatore Romano”, wyd. polskie 9/1988, s. 18).

Przez te wszystkie lata doświadczyliście, że poszukiwanie trwałego pokoju, będące misją angażującą wszystkich, wymaga ciężkiej, stałej i nieprzerwanej pracy, ponieważ pokój jest „jak kruchy kwiat, który usiłuje zakwitnąć pośród kamieni przemocy” (Orędzie na Światowy Dzień Pokoju, 2019), a zatem wymaga, aby był umacniany z determinacją, lecz bez fanatyzmu, odważnie, ale bez egzaltacji, wytrwale, choć w sposób inteligentny: mówimy „nie” przemocy, która niszczy, „tak” dla pokoju i dla pojednania.

Jak wiemy, pokój to nie tylko brak wojny, ale niestrudzone starania – przede wszystkim tych, którzy zajmują stanowiska o większej odpowiedzialności – aby uznać, zapewnić i konkretnie odbudować często zapomnianą lub lekceważoną godność naszych braci, aby mogli poczuć się protagonistami losu własnego narodu. Nie możemy stracić z oczu faktu, że „bez równych szans różne formy agresji i wojny znajdą żyzną glebę, która wcześniej czy później doprowadzi do wybuchu. Gdy społeczność – lokalna, krajowa czy światowa – pozostawia na peryferiach część siebie, nie będzie programów politycznych ani sił porządkowych czy bezpieczeństwa, które mogłyby w sposób nieograniczony zapewnić spokój” (Adhort. apost. Evangelii gaudium, 59).

Pokój umożliwił rozwój Mozambiku w różnych dziedzinach. Obiecujące są postępy dokonane w dziedzinie edukacji i ochrony zdrowia. Zachęcam was do kontynuowania prac nad umacnianiem struktur i instytucji niezbędnych do tego, aby nikt nie czuł się opuszczony, zwłaszcza ludzie młodzi, którzy stanowią znaczną część ludności. Są oni nie tylko nadzieją tej ziemi, ale jej teraźniejszością, która stawia wyzwania, poszukuje i potrzebuje znalezienia godnych dróg, które pozwolą im rozwinąć wszystkie swoje talenty. Są oni potencjałem, by zasiewać i rozwijać tak pożądaną przyjaźń społeczną.

Kultura pokoju wymaga „stałego procesu, w którym bierze udział każde nowe pokolenie” (tamże, 220). Dlatego trzeba tak podążać, by sprzyjać kulturze spotkania i być nią całkowicie przenikniętymi: uznawanie innych, nawiązywanie więzi, budowanie mostów. Stąd konieczne jest podtrzymywanie pamięci, jako drogi otwierającej przyszłość, jako ścieżki prowadzącej do poszukiwania wspólnych celów, wspólnych wartości, pomysłów sprzyjających przezwyciężaniu interesów pewnych sektorów, korporacyjnych lub części społeczeństwa, aby bogactwa waszego państwa były oddane do dyspozycji wszystkich, zwłaszcza najuboższych. Macie do spełnienia odważną i historyczną misję: nieustannie starajcie się, aby nie było dzieci i młodzieży bez wykształcenia, rodzin bez domu, bezrobotnych ludzi pracy, rolników bez ziemi... Są to podstawy przyszłości pełnej nadziei, bo godnej przyszłości! To jest oręże pokoju.

Pokój wzywa nas także do troski o nasz wspólny dom. Z tego punktu widzenia Mozambik jest krajem dorodnym i jesteście szczególnie wezwani do zatroszczenia się o to błogosławieństwo. Obrona ziemi jest także obroną życia, które wymaga szczególnej uwagi, gdy dostrzegamy skłonność do plądrowania i grabieży, pobudzaną żądzą wzbogacenia się, której na ogół nie kultywują nawet ludzie zamieszkujący te ziemie, ani nie jest też motywowana dobrem wspólnym waszego narodu. Kultura pokoju oznacza rozwój produktywny, zrównoważony i sprzyjający integracji społecznej, w którym każdy mieszkaniec Mozambiku mógłby poczuć, że ten kraj jest jego, i że może w nim nawiązać relacje braterstwa i sprawiedliwości ze swoim bliźnim i ze wszystkim, co go otacza.

Panie Prezydencie, szanowni przedstawiciele władz! Wy wszyscy jesteście budowniczymi najpiękniejszego dzieła, jakiego można dokonać: przyszłości pokoju i pojednania jako gwarancji prawa waszych dzieci do przyszłości. Proszę Boga, abym i ja, w czasie, który spędzę między wami, mógł również – w komunii z moimi braćmi biskupami i Kościołem katolickim, który pielgrzymuje na tej ziemi – przyczynił się do tego, aby pokój, pojednanie i nadzieja ostatecznie zapanowały między wami. Dzięki

[01353-PL.02] [Testo originale: Portoghese]

[B0660-XX.02]