Santa Messa nel Santuario di Şumuleu Ciuc
Omelia del Santo Padre
Traduzione in lingua francese
Traduzione in lingua inglese
Traduzione in lingua tedesca
Traduzione in lingua spagnola
Traduzione in lingua portoghese
Traduzione in lingua polacca
Traduzione in lingua araba
Questa mattina, il Santo Padre Francesco lasciata la Nunziatura Apostolica e si è trasferito in auto all’Aeroporto Internazionale di Bucarest. Al Suo arrivo è stato accolto dal Sindaco della Città, dal Presidente della Regione e dal Prefetto.
Quindi alle ore 7.40 (6.40 ora di Roma), a bordo di un B737 della TAROM, il Santo Padre è partito alla volta di Târgu Mureș. L’aereo papale è atterrato all’Aeroporto di Târgu Mureș alle 8.20 (7.20 ora di Roma). All’arrivo il Papa è stato accolto dal Sindaco di Târgu Mureș, Sig. Dorin Florea; dal Presidente del Consiglio provinciale di Mureș, Sig. Péter Ferenc e dal Prefetto del Consiglio di Mureș, Sig. Mircea Duşa. Subito dopo, a causa delle condizioni atmosferiche, il Santo Padre si è trasferito in auto al Santuario di Şumuleu Ciuc, dove è stato accolto dall’Arcivescovo di Alba Iulia, Mons. György Mklós Jakubinyi e da autorità locali.
Alle ore 11.30 (10.30 ora di Roma) il Santo Padre ha presieduto la Santa Messa votiva di Maria Madre della Chiesa nel corso della quale ha pronunciato l’omelia. Erano presenti circa 100 mila persone. Alla Messa era presente il Primo Ministro Viorica Dăncilă e, come semplice pellegrino, il Presidente d’Ungheria, S.E. il Sig. János Áder.
Al termine della Celebrazione, il Papa ha donato una rosa d’oro alla Vergine. Quindi, dopo il saluto dell’Arcivescovo di Alba Iulia, S.E. Mons. György Miklós Jakubinyi, e la benedizione finale, Papa Francesco si è trasferito in auto alla Casa Arcidiocesana Jakab Antal Ház dove ha pranzato, accolto dal Direttore e da alcuni collaboratori della Casa.
Pubblichiamo di seguito l’omelia che il Santo Padre ha pronunciato nel corso della Santa Messa:
Omelia del Santo Padre
Con gioia e riconoscenza a Dio mi trovo oggi con voi, cari fratelli e sorelle, in questo caro Santuario mariano, ricco di storia e di fede, dove come figli veniamo ad incontrare la nostra Madre e a riconoscerci come fratelli. I santuari, luoghi quasi “sacramentali” di una Chiesa ospedale da campo, custodiscono la memoria del popolo fedele che in mezzo alle sue tribolazioni non si stanca di cercare la fonte d’acqua viva dove rinfrescare la speranza. Sono luoghi di festa e di celebrazione, di lacrime e di suppliche. Veniamo ai piedi della Madre, senza molte parole, a lasciarci guardare da lei e perché con il suo sguardo ci porti a Colui che è «la Via, la Verità e la Vita» (Gv 14,6).
Non lo facciamo in un modo qualsiasi, siamo pellegrini. Qui, ogni anno, il sabato di Pentecoste, voi vi recate in pellegrinaggio per onorare il voto dei vostri antenati e per fortificare la fede in Dio e la devozione alla Madonna, raffigurata nella monumentale statua lignea. Questo pellegrinaggio annuale appartiene all’eredità della Transilvania, ma onora insieme le tradizioni religiose rumena e ungherese; vi partecipano anche fedeli di altre confessioni ed è un simbolo di dialogo, unità e fraternità; un appello a recuperare le testimonianze di fede divenuta vita e di vita fattasi speranza. Pellegrinare è sapere che veniamo come popolo alla nostra casa. È sapere che abbiamo coscienza di essere popolo. Un popolo la cui ricchezza sono i suoi mille volti, mille culture, lingue e tradizioni; il santo Popolo fedele di Dio che con Maria va pellegrino cantando la misericordia del Signore. Se a Cana di Galilea Maria ha interceduto presso Gesù affinché compisse il primo miracolo, in ogni santuario veglia e intercede, non solo davanti a suo Figlio, ma anche davanti a ciascuno di noi, perché non ci lasciamo rubare la fraternità dalle voci e dalle ferite che alimentano la divisione e la frammentazione. Le complesse e tristi vicende del passato non vanno dimenticate o negate, ma non possono nemmeno costituire un ostacolo o un argomento per impedire una agognata convivenza fraterna.
Pellegrinare significa sentirsi chiamati e spinti a camminare insieme chiedendo al Signore la grazia di trasformare vecchi e attuali rancori e diffidenze in nuove opportunità per la comunione; significa disancorarsi dalle nostre sicurezze e comodità nella ricerca di una nuova terra che il Signore vuole donarci. Pellegrinare è la sfida a scoprire e trasmettere lo spirito del vivere insieme, di non aver timore di mescolarsi, di incontrarci e aiutarci. Pellegrinare significa partecipare a quella marea un po’ caotica che può trasformarsi in una vera esperienza di fraternità, carovana sempre solidale per costruire la storia (cfr Esort. ap. Evangelii gaudium, 87). Pellegrinare è guardare non tanto quello che avrebbe potuto essere (e non è stato), ma piuttosto tutto ciò che ci aspetta e non possiamo più rimandare. Significa credere al Signore che viene e che è in mezzo a noi promuovendo e stimolando la solidarietà, la fraternità, il desiderio di bene, di verità e di giustizia (cfr ibid., 71). Pellegrinare è l’impegno a lottare perché quelli che ieri erano rimasti indietro diventino i protagonisti del domani, e i protagonisti di oggi non siano lasciati indietro domani. E questo, fratelli e sorelle, richiede il lavoro artigianale di tessere insieme il futuro. Ecco perché siamo qui per dire insieme: Madre, insegnaci ad imbastire il futuro!
Pellegrinare a questo santuario ci fa volgere lo sguardo a Maria e al mistero della elezione di Dio. Lei, una ragazza di Nazaret, piccola località della Galilea, nella periferia dell’impero romano e anche nella periferia di Israele, con il suo “sì” è stata capace di dare il via alla rivoluzione della tenerezza (cfr ibid., 88). Il mistero della elezione da parte di Dio, che pone i suoi occhi sul debole per confondere i forti, ci spinge e incoraggia anche noi a dire “sì”, come lei, come Maria, per percorrere i sentieri della riconciliazione. Fratelli e sorelle, non dimentichiamo: chi rischia, il Signore non lo delude! Camminiamo, e camminiamo insieme, rischiamo, lasciando che sia il Vangelo il lievito capace di impregnare tutto e di donare ai nostri popoli la gioia della salvezza, nell’unità e nella fratellanza.
[00956-IT.02] [Testo originale: Italiano]
Traduzione in lingua francese
Avec joie et reconnaissance à Dieu, je me trouve aujourd’hui avec vous, chers frères et sœurs, dans ce cher Sanctuaire marial, riche d’histoire et de foi, où, en tant qu’enfants, nous venons rencontrer notre Mère et nous reconnaître comme frères. Les sanctuaires, lieux quasi “sacramentels” d’une Église hôpital de campagne, gardent la mémoire du peuple fidèle qui, au milieu de ses épreuves, ne se lasse pas de chercher la source d’eau vive où rafraîchir son espérance. Ce sont des lieux de fête et de célébration, de larmes et de demandes. Nous venons aux pieds de la Mère, sans beaucoup de paroles, pour nous laisser regarder par elle et pour qu’avec son regard, elle nous mène à Celui qui est le Chemin, la Vérité et la Vie (Jn 14, 6).
Nous ne le faisons pas de n’importe quelle manière, nous sommes des pèlerins. Ici, chaque année, le samedi de Pentecôte, vous vous rendez en pèlerinage pour honorer le vœu de vos aïeux et pour fortifier votre foi en Dieu et votre dévotion à la Vierge, représentée par cette statue monumentale en bois. Ce pèlerinage annuel appartient à l’héritage de la Transylvanie, mais il honore en même temps les traditions religieuses roumaines et hongroises ; y participent aussi des fidèles d’autres confessions et il est un symbole de dialogue, d’unité et de fraternité, un appel à retrouver les témoignages d’une foi devenue vie et d’une vie qui s’est faite espérance. Partir en pèlerinage, c’est savoir que nous venons comme peuple dans notre maison. C’est savoir que nous avons conscience de constituer un peuple. Un peuple dont les mille visages, les mille cultures, langues et traditions sont la richesse ; le saint Peuple fidèle de Dieu qui est en pèlerinage avec Marie, chantant la miséricorde du Seigneur. Si, à Cana en Galilée, Marie a intercédé auprès de Jésus pour qu’il accomplisse le premier miracle, dans chaque sanctuaire, elle veille et intercède non seulement auprès de son Fils mais aussi auprès de chacun de nous pour que nous ne nous laissions pas voler la fraternité par les voix et les blessures qui nourrissent la division et le cloisonnement. Les vicissitudes complexes et tristes du passé ne doivent pas être oubliées ou niées, mais elles ne peuvent pas constituer non plus un obstacle ou un argument pour empêcher une coexistence fraternelle désirée. Partir en pèlerinage signifie se sentir appelés et poussés à marcher ensemble, en demandant au Seigneur la grâce de transformer les rancœurs et les méfiances anciennes et actuelles en de nouvelles opportunités de communion ; c’est quitter nos sécurités et notre confort à la recherche d’une nouvelle terre que le Seigneur veut nous donner. Partir en pèlerinage, c’est le défi de découvrir et de transmettre l’esprit du vivre ensemble, de ne pas avoir peur de nous mélanger, de nous rencontrer et de nous aider. Partir en pèlerinage, c’est participer à cette marée un peu chaotique qui peut se transformer en une véritable expérience de fraternité, en une caravane toujours solidaire pour bâtir l’histoire (cf. Exhort. ap. Evangelii gaudium, n. 87). Partir en pèlerinage, c’est regarder non pas tant ce qui aurait pu être (et n’a pas été) mais tout ce qui nous attend et que nous ne pouvons pas reporter davantage. C’est croire au Seigneur qui vient et qui est au milieu de nous, promouvant et encourageant la solidarité, la fraternité, le désir du bien, de vérité et de justice (cf. ibid., n. 71). Partir en pèlerinage, c’est s’engager à lutter pour que ceux qui hier étaient demeurés en arrière deviennent les protagonistes de demain, et pour que les protagonistes d’aujourd’hui ne soient pas laissés en arrière demain. Et cela, chers frères et sœurs, requiert le travail artisanal de tisser ensemble l’avenir. C’est pourquoi nous sommes ici pour dire ensemble : Mère enseigne-nous à bâtir l’avenir.
Le pèlerinage dans ce sanctuaire tourne notre regard vers Marie et vers le mystère de l’élection de Dieu. Elle, une jeune fille de Nazareth, petite localité de Galilée, à la périphérie de l’empire romain et aussi à la périphérie d’Israël, a été capable par son ‘oui’ d’engager la révolution de la tendresse (cf. ibid., n.88). Le mystère de l’élection de Dieu qui pose son regard sur le faible pour confondre les forts, nous pousse et nous encourage nous aussi à dire “oui”, comme elle, comme Marie, afin de parcourir les chemins de la réconciliation. Chers frères et sœurs, ne l’oublions pas: celui qui risque, le Seigneur ne le déçoit pas! Marchons et marchons ensemble, prenons des risques, en laissant l’Évangile être le levain capable de tout imprégner et de donner à nos peuples la joie du salut, dans l’unité et dans la fraternité.
[00956-FR.02] [Texte original: Italien]
Traduzione in lingua inglese
With joy and thanksgiving to God, I join you today, dear brothers and sisters, in this beloved Marian shrine, so rich in history and faith. We have come here as children to meet our Mother and to acknowledge that we are all brothers and sisters. Shrines are like “sacraments” of a Church that is a field hospital: they keep alive the memory of God’s faithful people who, in the midst of tribulation, continue to seek the source of living water that renews our hope. They are places of festivity and celebration, of tears and supplication. We come to the feet of our Mother, with few words, to let her gaze upon us, and with that gaze bring us to Jesus, who is the Way, the Truth and the Life (Jn 14:6).
We have come here for a reason: we are pilgrims. Here, every year, on the Saturday before Pentecost, you come on pilgrimage to honour the vow made by your ancestors, and to strengthen your own faith in God and your devotion to Our Lady, before her monumental wooden statue. This annual pilgrimage is part of the heritage of Transylvania, but at the same time it honours Romanian and Hungarian religious traditions. The faithful of other confessions take part in it, and it is thus a symbol of dialogue, unity and fraternity. It invites us to rediscover the witness of living faith and hope-filled life.
To go on pilgrimage is to realize that we are in a way returning home as a people. To realize too, that we are a people. A people whose wealth is seen its myriad faces, its myriad cultures, languages and traditions. The holy and faithful People of God who in union with Mary advance on their pilgrim way singing of the Lord’s mercy. In Cana of Galilee, Mary interceded with Jesus to perform his first miracle; in every shrine, she watches over us and makes intercession, not only with her Son but also with each of us, asking that we not let ourselves be robbed of our fraternal love by those voices and hurts that provoke division and fragmentation. Complicated and sorrow-filled situations from the past must not be forgotten or denied, yet neither must they be an obstacle or an excuse standing in the way of our desire to live together as brothers and sisters.
To go on pilgrimage is to feel called and compelled to journey together, asking the Lord for the grace to change past and present resentments and mistrust into new opportunities for fellowship. It means leaving behind our security and comfort and setting out for a new land that the Lord wants to give us. To go on pilgrimage means daring to discover and communicate the “mystique” of living together, and not being afraid to mingle, to embrace and to support one another. To go on pilgrimage is to participate in that somewhat chaotic sea of people that can give us a genuine experience of fraternity, to be part of a caravan that can together, in solidarity, create history (cf. Evangelii Gaudium, 87).
To go on pilgrimage is to look not so much at what might have been (and wasn’t), but at everything that awaits us and cannot be put off much longer. It is to believe in the Lord who is coming and even now is in our midst, inspiring and generating solidarity, fraternity, and the desire for goodness, truth and justice (cf. Evangelii Gaudium, 71). To go on pilgrimage is to commit ourselves to ensuring that the stragglers of yesterday can become the protagonists of tomorrow, and that today’s protagonists do not become tomorrow’s stragglers. And this, dear brothers and sisters, requires a certain skill, the art of weaving the threads of the future. That is why we are here today, to say together: Mother teach us to weave the future!
As pilgrims to this shrine, we turn our gaze to Mary and to the mystery of God’s election. By saying “yes” to the message of the angel, Mary – a young woman from Nazareth, a small town in Galilee on the fringes of the Roman Empire and of Israel itself – set in motion the revolution of tenderness (cf. Evangelii Gaudium, 88). Such is the mystery of God’s election: he looks to the lowly and confounds the powerful; he encourages and inspires us to say “yes”, like Mary, and to set out on the paths of reconciliation.
Brothers and sisters, let us not forget: the Lord does not disappoint those who take a risk. Let us journey, then, and journey together. Let us take a risk and allow the Gospel to be the leaven that permeates everything and fills our peoples with the joy of salvation, in unity and in fraternity.
[00956-EN.02] [Original text: Italian]
Traduzione in lingua tedesca
Voller Freude und dankbar gegenüber Gott bin ich heute bei euch, liebe Brüder und Schwestern, in diesem geliebten Marienheiligtum, das reich an Geschichte und an Glauben ist. Wir kommen als Söhne und Töchter, um unserer Mutter zu begegnen und zu erkennen, dass wir Geschwister sind. Die Heiligtümer sind gewissermaßen die „sakramentalen“ Orte einer Kirche als Feldlazarett. Sie bewahren das Gedächtnis des gläubigen Volkes, das inmitten seiner Bedrängnisse nicht müde wird, die Quelle lebendigen Wassers zu suchen, wo die Hoffnung aufgefrischt wird. Es sind Orte der Freude und des Feierns, der Tränen und des Flehens. Ohne viele Worte treten wir hin zu Marias Füßen, um uns von ihr anschauen zu lassen. Sie möge uns mit ihrem Blick zu ihm führen, der »der Weg, die Wahrheit und das Leben« ist (Joh 14,6).
Wir machen das nicht irgendwie, sondern wir sind Pilger. Jedes Jahr am Samstag vor Pfingsten begebt ihr euch auf einer Wallfahrt hierher, um das Gelübde eurer Vorfahren zu erfüllen, um den Glauben an Gott zu stärken und die Verehrung der Gottesmutter zu vertiefen, die in der großen Holzstatue dargestellt ist. Diese jährliche Wallfahrt gehört zum Erbe Siebenbürgens; doch sie ehrt zugleich die rumänische wie die ungarische Tradition. Sie achtet auch die Gläubigen anderer Konfessionen und ist ein Symbol des Dialogs, der Einheit und der Brüderlichkeit. Sie ruft dazu auf, erneut einen Glauben zu bezeugen, der Leben geworden ist, und ein Leben, das sich zur Hoffnung macht. Auf Pilgerschaft sein heißt zu wissen, dass wir als Volk zu unserem Haus kommen; es bedeutet, dass wir uns bewusst sind, ein Volk zu sein. Wir kommen als Volk, dessen Reichtum seine tausend Gesichter, tausend Kulturen, Sprachen und Traditionen sind. Es ist das heilige gläubige Volk Gottes, das mit Maria pilgernd unterwegs ist und die Barmherzigkeit Gottes besingt. Wie Maria in Kana in Galiläa sich bei Jesus dafür eingesetzt hat, dass er sein erstes Wunder vollbringe, so wacht sie als Fürsprecherin in jedem Heiligtum – sie wendet sich nicht nur an ihren Sohn, sondern auch an jeden von uns, dass wir uns nicht durch das Gerede und die Verwundungen, die Spaltung und Zersplitterung hervorrufen, unsere gelebte Brüderlichkeit rauben lassen. Die verwickelten und traurigen Geschichten der Vergangenheit sollen nicht vergessen oder geleugnet werden, aber sie dürfen auch kein Hindernis oder ein Argument dafür sein, das ersehnte brüderliche Zusammenleben zu verhindern. Auf Pilgerschaft sein heißt sich gerufen und angespornt zu fühlen, gemeinsam voranzugehen und den Herrn um die Gnade zu bitten, früheren und jetzigen Groll und Argwohn in neue Gelegenheiten für die Gemeinschaft zu verwandeln; auf Pilgerschaft sein heißt sich von unseren Sicherheiten und Bequemlichkeiten zu lösen und die neue Erde zu suchen, die der Herr uns schenken will. Die Pilgerschaft fordert uns dazu heraus, den Geist zu entdecken und weiterzugeben, dass wir zusammen leben können und keine Furcht davor zu haben brauchen, uns zu vermischen, einander zu begegnen und zu helfen. Auf Pilgerschaft sein heißt an dieser etwas chaotischen Menge teilzuhaben, die sich in eine wahre Erfahrung von Brüderlichkeit verwandeln kann, in eine solidarische Karawane, die Geschichte schreibt (vgl. Apostolisches Schreiben Evangelii gaudium, 87). Auf Pilgerschaft sein heißt nicht so sehr auf das zu schauen, was hätte sein können (und es nicht ist), sondern vielmehr auf all das, was uns erwartet und was wir nicht mehr aufschieben können. Pilgern bedeutet, an den Herrn zu glauben, der kommt und in unserer Mitte ist und die Solidarität, die Brüderlichkeit und das Verlangen nach dem Guten, dem Wahren und der Gerechtigkeit fördert und anspornt (vgl. ebd., 71). Pilgern bedeutet, sich dafür einzusetzen und zu kämpfen, dass die, welche gestern zurückgeblieben sind, zu den Protagonisten von morgen werden und die Protagonisten von heute morgen nicht zurückgelassen werden. Und das, Brüder und Schwestern, erfordert das handwerkliche Tun, gemeinsam an der Zukunft zu arbeiten. Ja, dafür sind wir hier, um gemeinsam zu sagen: Mutter, lehre uns, die Zukunft zu entwerfen.
Wenn wir zu diesem Heiligtum pilgern, wird unser Blick auf Maria gelenkt und auf das Geheimnis ihrer Erwählung durch Gott. Sie war ein Mädchen aus Nazaret, einem kleinen Ort in Galiläa, am Rand des Römischen Reiches und auch am Rand Israels. Mit ihrem „Ja“ hat sie es vermocht, die Revolution der zärtlichen Liebe (vgl. ebd., 88) in Gang zu setzen. Das Geheimnis der Berufung seitens Gottes, der seine Augen auf den Schwachen richtet, um die Starken zu zerstreuen, treibt und ermutigt auch uns, so wie sie, wie Maria „Ja“ zu sagen, um die Pfade der Versöhnung einzuschlagen.
Brüder und Schwestern, vergessen wir nicht: Wer etwas wagt, den enttäuscht der Herr nicht. Gehen wir voran, gehen wir gemeinsam voran, wagen wir etwas. So lassen wir zu, dass das Evangelium der Sauerteig ist, der alles zu durchdringen vermag und unseren Völkern die Freude der Erlösung schenkt. Tun wir das in Einheit und Brüderlichkeit.
[00956-DE.02] [Originalsprache: Italienisch]
Traduzione in lingua spagnola
Con alegría y agradecimiento a Dios, me encuentro hoy con vosotros, queridos hermanos y hermanas, en este querido Santuario mariano, rico de historia y de fe, donde como hijos venimos a encontrarnos con nuestra Madre y a reconocernos como hermanos. Los santuarios, lugares casi “sacramentales” de una Iglesia hospital de campaña, guardan la memoria del pueblo fiel que en medio de sus tribulaciones no se cansa de buscar la fuente de agua viva donde refrescar la esperanza. Son lugares de fiesta y celebración, de lágrimas y petición. Venimos a los pies de la Madre, sin muchas palabras, a dejarnos mirar por ella y que con su mirada nos lleve a aquel que es el Camino, la Verdad y la Vida (Jn 14,6).
No lo hacemos de cualquier manera, somos peregrinos. Aquí, cada año, el sábado de Pentecostés, peregrináis para honrar el voto de vuestros antepasados y para fortalecer la fe en Dios y la devoción a la Virgen, representada en su imponente talla. Esta peregrinación anual pertenece a la herencia de la Transilvania, pero honra de forma conjunta las tradiciones religiosas rumanas y húngaras, en la que participan también fieles de otras confesiones, y es un símbolo de diálogo, unidad y fraternidad; una llamada a recuperar los testimonios de fe hecha vida y de vida hecha esperanza. Peregrinar es saber que venimos como pueblo a nuestra casa. Es saber que tenemos conciencia de ser pueblo. Un pueblo cuya riqueza son sus mil rostros, mil culturas, lenguas y tradiciones; el santo Pueblo fiel de Dios que con María peregrina cantando la misericordia del Señor. Si en Caná de Galilea, María intercedió ante Jesús para que realizara el primer milagro, en cada santuario vela e intercede no sólo ante su Hijo sino también ante cada uno de nosotros para que no nos dejemos robar la fraternidad por las voces y las heridas que alimentan la división y fragmentación. Los complejos y tristes acontecimientos del pasado no se deben olvidar o negar, pero tampoco pueden constituir un obstáculo o un motivo para impedir una anhelada convivencia fraterna. Peregrinar significa sentirse convocados e impulsados a caminar juntos pidiéndole al Señor la gracia de transformar viejos y actuales rencores y desconfianzas en nuevas oportunidades para la comunión; es desinstalarse de nuestras seguridades y comodidades en la búsqueda de una nueva tierra que el Señor nos quiere regalar. Peregrinar es el desafío de descubrir y transmitir la mística de vivir juntos, de no tener miedo a mezclarnos, encontrarnos y ayudarnos. Peregrinar es participar de esa marea algo caótica que puede convertirse en una verdadera experiencia de fraternidad, caravana siempre solidaria para construir la historia (cf. Exhort. ap. Evangelii gaudium, 87). Peregrinar es mirar no tanto lo que podría haber sido —y no fue—, sino todo aquello que nos está esperando y no podemos dilatar más. Es creerle al Señor que viene y que está en medio de nosotros promoviendo e impulsando la solidaridad, la fraternidad, el deseo de bien, de verdad y justicia (cf. ibíd., 71). Peregrinar es el compromiso de luchar para que los rezagados de ayer, sean los protagonistas del mañana, y los protagonistas de hoy no se vuelvan los rezagados del mañana. Y esto, hermanos y hermanas, requiere el trabajo artesanal de tejer juntos el futuro. Por eso estamos aquí para decir juntos: Madre enséñanos a hilvanar el futuro.
Peregrinar a este santuario nos hace volver la mirada a María y al misterio de la elección de Dios. Ella, una muchacha de Nazaret, pequeña localidad de Galilea, en la periferia del imperio romano y también en la periferia de Israel, con su “sí” fue capaz de poner en marcha la revolución de la ternura (cf. ibíd., 88). El misterio de la elección de Dios que pone sus ojos en lo débil para confundir a los fuertes nos impulsa y anima también a nosotros a decir sí, como ella, como María, para transitar los senderos de la reconciliación.
Hermanos y hermanas, no olvidemos: al que arriesga, el Señor no lo defrauda. Caminemos y caminemos juntos, arriesguemos, dejando que sea el Evangelio la levadura que lo impregne todo y regale a nuestros pueblos la alegría de la salvación, en la unidad y en la fraternidad.
[00956-ES.02] [Texto original: Italiano]
Traduzione in lingua portoghese
Com alegria e gratidão a Deus, encontro-me hoje convosco, amados irmãos e irmãs, neste querido santuário mariano, rico de história e fé, tendo vindo aqui, como filhos, para encontrar a nossa Mãe e reconhecer-nos como irmãos. Os santuários, lugares quase «sacramentais» duma Igreja-hospital-de-campanha, guardam a memória do povo fiel, que, no meio das suas tribulações não se cansa de procurar a fonte de água viva onde avivar a esperança. São lugares de festa e celebração, de lágrimas e súplicas. Vimos aos pés da Mãe, sem muitas palavras, a fim de nos deixarmos olhar por Ela e para que, com o seu olhar, nos conduza Àquele que é «o Caminho, a Verdade e a Vida» (Jo 14, 6).
Não o fazemos de qualquer modo; somos peregrinos. Aqui vindes em peregrinação cada ano, no sábado de Pentecostes, para honrar o voto dos vossos antepassados e fortalecer a fé em Deus e a devoção a Nossa Senhora, representada na sua estátua monumental de madeira. Esta peregrinação anual pertence à herança da Transilvânia, mas honra conjuntamente as tradições religiosas romena e húngara; e participam nela também fiéis doutras confissões, sendo um símbolo de diálogo, unidade e fraternidade; um apelo a recuperar os testemunhos de fé tornada vida e de vida feita esperança. Peregrinar é saber que vimos como povo à nossa casa. É saber que temos consciência de ser um povo. Um povo, cuja riqueza são os seus mil rostos, mil culturas, línguas e tradições; o santo Povo fiel de Deus que, com Maria, caminha peregrino cantando a misericórdia do Senhor. Se, em Caná da Galileia, Maria intercedeu junto de Jesus para que realizasse o primeiro milagre, em cada santuário, vela e intercede não só diante do seu Filho, mas também diante de cada um de nós, para não deixarmos que nos seja roubada a fraternidade pelas vozes e as feridas que alimentam a divisão e a fragmentação. As complexas e tristes vicissitudes do passado não devem ser esquecidas nem negadas, mas também não podem constituir um obstáculo ou um argumento para impedir a ansiada convivência fraterna. Peregrinar significa sentir-se chamados e impelidos a caminhar juntos, pedindo ao Senhor a graça de transformar rancores e desconfianças, antigos e atuais, em novas oportunidades de comunhão; significa desligar-se das nossas seguranças e comodidades e partir à procura duma nova terra que o Senhor nos quer dar. Peregrinar é desafio a descobrir e transmitir o espírito de viver juntos, de não ter medo de se misturar, de nos encontrarmos e ajudarmos. Peregrinar significa participar naquela maré um pouco caótica que se pode transformar numa verdadeira experiência de fraternidade, caravana sempre solidária para construir a história (cf. Francisco, Exort. ap. Evangelii gaudium, 87). Peregrinar é ver não tanto aquilo que poderia ter sido (e não foi), como sobretudo aquilo que nos espera e não podemos adiar mais. Significa crer no Senhor que vem e está no meio de nós promovendo e estimulando a solidariedade, a fraternidade, o desejo de bem, verdade e justiça (cf. ibid., 71). Peregrinar é o compromisso de lutar para que, quantos ontem tinham ficado para trás, se tornem os protagonistas do amanhã, e os protagonistas de hoje não sejam deixados para trás amanhã. E isto, irmãos e irmãs, requer o trabalho artesanal de tecer juntos o futuro. Eis o motivo por que estamos aqui! Para dizer juntos: Mãe, ensinai-nos a esboçar o futuro.
Peregrinar a este santuário faz-nos voltar o olhar para Maria e para o mistério da sua eleição por Deus. Ela, uma jovem de Nazaré, pequena localidade da Galileia, na periferia do Império Romano e também na periferia de Israel, com o seu «sim», foi capaz de fazer partir a revolução da ternura (cf. ibid., 88). O mistério da sua eleição por parte de Deus, que pousa os seus olhos sobre o fraco para confundir os fortes, impele-nos e encoraja-nos também a nós a dizer «sim», como Ela, como Maria, para percorrer as sendas da reconciliação.
Irmãos e irmãs, não esqueçamos isto: a quem arrisca, o Senhor não dececiona. Caminhemos, e caminhemos juntos, arrisquemos, deixando que o Evangelho seja o fermento capaz de impregnar tudo e dar aos nossos povos a alegria da salvação, na unidade e na fraternidade.
[00956-PO.02] [Texto original: Italiano]
Traduzione in lingua polacca
Z radością i wdzięcznością Bogu stoję dzisiaj z wami, drodzy bracia i siostry, w tym drogim sanktuarium maryjnym, bogatym w dzieje i wiarę, gdzie jako dzieci przychodzimy na spotkanie naszej Matki oraz by uznać siebie za braci. Sanktuaria, miejsca niemal „sakramentalne” Kościoła - szpitala polowego, przechowują pamięć wiernego ludu, który pośród swoich trosk niestrudzenie poszukuje źródła wody żywej, gdzie można odświeżyć nadzieję. Są to miejsca świętowania i celebracji, łez i błagania. Przychodzimy do stóp Matki, bez wielu słów, aby mogła na nas spojrzeć i aby swoim spojrzeniem prowadziła nas do Tego, który jest „Drogą, Prawdą i Życiem” (J 14, 6).
Nie czynimy tego byle jak, ale jesteśmy pielgrzymami. Tutaj, co roku, w sobotę Pięćdziesiątnicy, udajecie się w pielgrzymkę, aby oddać cześć ślubom waszych przodków i umocnić swoją wiarę w Boga oraz przywiązanie do Matki Bożej, przedstawionej w monumentalnej figurze drewnianej. Ta coroczna pielgrzymka należy do dziedzictwa Siedmiogrodu, ale przynosi zaszczyt zarówno Rumunii jak i Węgrom, a także wiernym innych wyznań, i jest symbolem dialogu, jedności i braterstwa. Jest wezwaniem do odnowienia świadectwa wiary, która staje się życiem, oraz życia, które staje się nadzieją. Pielgrzymowanie to świadomość, że przychodzimy jako lud do naszego domu. To wiedzieć, że mamy świadomość bycia ludem. Jest to lud, którego bogactwem są tysiące twarzy, tysiące kultur, języków i tradycji; święty wierny lud Boży, który wraz z Maryją pielgrzymuje opiewając miłosierdzie Pana. Jeśli w Kanie Galilejskiej Maryja wstawiała się u Jezusa, aby dokonał pierwszego cudu, to w każdym sanktuarium czuwa i wstawia się nie tylko u swego Syna, ale także przed każdym z nas, abyśmy nie pozwolili sobie ukraść braterstwa przez głosy i rany, które podsycają podział i rozszczepienie. Nie można zapomnieć ani zaprzeczać złożonym i smutnym wydarzeniom z przeszłości, ale nie mogą też one stanowić przeszkody ani argumentu, aby uniemożliwić upragnione braterskie współżycie. Pielgrzymowanie oznacza poczucie się wezwanymi i pobudzonymi, by podążać razem, prosząc Pana o łaskę przemienienia starych i obecnych urazów i nieufności w nowe szanse na rzecz jedności; oznacza to wyzwolenie się od naszych pewników i wygody w poszukiwaniu nowej ziemi, którą Pan chce nam dać. Pielgrzymka to wyzwanie, by odkryć i przekazać ducha życia wspólnego, nie obawiać się wymieszania, spotkania i wzajemnej pomocy. Pielgrzymowanie oznacza udział w tej nieco chaotycznej fali, która może przekształcić się w prawdziwe doświadczenie braterstwa, karawanę zawsze solidarną, żeby budować historię (por. Adhort. apost. Evangelii gaudium, 87). Pielgrzymowanie to nie tyle patrzenie na to, co mogło by być (a się nie stało), ale raczej to wszystko, co nas oczekuje i czego nie możemy już odłożyć na później. Oznacza wiarę w Pana, który przychodzi i który jest pośród nas, krzewi i pobudza solidarność, braterstwo, pragnienie dobra, prawdy i sprawiedliwości (por. tamże, 71). Pielgrzymowanie, to trud zmagania, aby ci, którzy wczoraj zostali z tylu, stali się protagonistami jutra, a protagoniści dnia dzisiejszego jutro nie zostawali z tyłu. A to, bracia i siostry, wymaga kunsztu, aby razem kształtować przyszłość. Dlatego jesteśmy tutaj, aby powiedzieć razem: Matko, naucz nas tworzyć przyszłość!
Pielgrzymowanie do tego sanktuarium sprawia, że kierujemy wzrok ku Maryi i tajemnicy wyboru Boga. Ona, dziewczyna z Nazaretu, małego miasteczka w Galilei, na obrzeżach Cesarstwa Rzymskiego, a także na obrzeżach Izraela, ze swoim „tak” była w stanie rozpocząć rewolucję czułości (por. tamże, 88). Tajemnica wyboru Boga, który spogląda na słabych, by zawstydzić mędrców, pobudza i zachęca także i nas, by powiedzieć „tak”, podobnie jak Maryja, żeby kroczyć ścieżkami pojednania. Bracia i siostry, nie zapominajmy: Pan nie zawiedzie tego, kto podejmuje ryzyko! Pielgrzymujmy, i pielgrzymujmy razem, ryzykujmy, pozwalając, aby Ewangelia była zaczynem zdolnym przenikać wszystko i dawać naszym narodom radość zbawienia, w jedności i braterstwie.
[00956-PL.02] [Testo originale: Italiano]
Traduzione in lingua araba
الزيارة الرّسولية إلى رومانيا
عظة قداسة البابا فرنسيس
خلال القدّاس الإلهي
في معبد تشيكشوميو (في اللغة الهنغارية) - مييركوريا تشيوك
السبت 1 يونيو / حزيران 2019
أنا موجود معكم اليوم أيّها الإخوة والأخوات الأعزّاء، بكلّ فرح وامتنان لله، في هذا المعبد المريمي العزيز، الغنيّ بالتاريخ والإيمان، حيث نأتي كأبناء للقاء أمّنا وللاعتراف بأخوّتنا. إن المعابد، وهي أماكن تكاد أن تكون "مقدّسة" في كنيسة ميدانيّة مضيافة، تحافظ على ذاكرة الشعب المؤمن الذي لا يكلّ، وسط محنه، عن البحث عن مصدر الماء الحيّ حيث يجدّد رجاءه. إنها أماكن أعياد واحتفالات، ودموع وتوسّلات. نأتي عند أقدام الأمّ، دون كثرة كلام، كيما تهدينا، وتقودنا بنظرها إلى الذي هو "الطريق والحقّ والحياة" (يو 14، 6).
ولا نأتي إلى هنا بأية حال، بل نحن حجّاج. وأنتم تأتون إلى هنا، حاجّين كلّ عام، يوم سبت العنصرة، من أجل أن تفوا بنذر أسلافكم وتقوّوا إيمانكم بالله وتكريمكم للسيّدة العذراء، الممثّلة بالتمثال الخشبي الضخم. وينتمي هذا الحجّ السنويّ إلى تراث ترانسيلفانيا، لكنه يفي التقاليد الدينيّة الرومانية والهنغارية على حدّ السواء، ويشارك فيه أيضًا مؤمنين من طوائف أخرى، ويرمز للحوار والوحدة والأخوّة؛ إنه نداء لاسترجاع شهادات إيمان أصبحت حياة وحياة أصبحت رجاء. أن نحجّ هو أن ندرك أننا نأتي كشعب إلى بيتنا. هو أن نعيَ إدراكنا بأننا شعب. شعبٌ، ثروته هي تعدّد وجوهه وثقافاته ولغاته وتقاليده؛ شعب الله المؤمن، الذي يذهب بحجّ مع مريم وهو يرنّم بمراحم الربّ.
إذا كانت مريم قد توسّطت عند يسوع في قانا الجليل من أجل أن يقوم بالمعجزة الأولى، فهي تسهر وتتوسّط في كلّ معبد، ليس فقط عند ابنها، ولكن أيضًا عند كلّ واحد منّا، حتى لا نسمح للأصوات وللجروح التي تذكي نار التقسيم والتفتيت، بأن تسرق منّا الأخوّة. إن أحداث الماضي المعقّدة والحزينة يجب ألّا تُنسى أو تُنكر، ولكن لا يجب أن تُشكّل عقبة أو سببًا لمنع تعايش أخويّ طال انتظاره. أن نحجّ يعني الشعور بأننا مدعوون ومدفوعون لأن نسير معًا سائلين الربّ نعمة تحويل الأحقاد الماضية والحالية إلى فرص شركة جديدة؛ وهذا يعني التخلص من ضماناتنا وراحتنا ساعين إلى أرض جديدة يريد الربّ أن يمنحها لنا.
الحجّ هو التحدّي المتمثّل في اكتشاف ونقل روح العيش معًا، وعدم الخوف من الاختلاط، ومن الالتقاء ومن مساعدة بعضنا البعض. الحجّ يعني المشاركة في هذا الحشد الفوضويّ بعض الشيء الذي يمكن أن يتحوّل إلى تجربة أخوّة حقيقية، وقافلة متّحدة دائما من أجل بناء التاريخ (را. الإرشاد الرسولي فرح الإنجيل، 87). إن الحجّ هو النظر، لا إلى ما كان يمكن أن يكون (ولم يكن)، بل إلى كلّ ما ينتظرنا ولا يمكننا تأجيله. يعني الإيمان بالربّ الآتي، والذي هو في وسطنا، يشجّع ويحفّز التضامن والإخاء والرغبة في الصلاح والحقيقة والعدل (را. نفس المرجع، 71). إنه الالتزام بالنضال من أجل أن يصبح الذين تُركوا يوم أمس بالخلف، روّاد الغد، ومن أجل ألّا يترك روّاد اليوم في الخلف غدًا. وهذا، أيها الإخوة والأخوات، يتطلّب براعة لنسج المستقبل معًا. هذا هو السبب في أننا هنا لنقول معًا: يا أمّنا، علّمينا أن نصمّم المستقبل!
الحجّ إلى هذا المعبد يجعلنا نرفع نظرنا نحو مريم ونحو سرّ انتقاء الله. فقد استطاعت، هي فتاة الناصرة، وهي بلدة صغيرة في الجليل، على مشارف الإمبراطورية الرومانية وفي ضواحي إسرائيل أيضًا، عبر قولها "نعم" أن تطلق ثورة الحنان (را. نفس المرجع، 88). إن سرّ انتقاء الله، الذي ينظر إلى الضعفاء ليربك الأقوياء، يدفعنا ويشجّعنا على قول "نعم"، على غرار مريم، كيما نسير في طرق المصالحة. أيها الإخوة والأخوات لا ننسينّ: إن الربّ لا يخيّب مَن يخاطر. دعونا نسير، نسير معًا، نخاطر، جاعلين من الإنجيلُ الخميرَ الذي يضع ختمه على كلّ شيء ويمنح شعوبنا فرح الخلاص، في الوحدة والأخوّة.
[00956-AR.01] [Testo originale: Italiano]
[B0470-XX.02]