Sala Stampa

www.vatican.va

Sala Stampa Back Top Print Pdf
Sala Stampa


Viaggio Apostolico di Papa Francesco in Bulgaria e nella Macedonia del Nord – Visita al Patriarca Neofit e al Santo Sinodo, 05.05.2019


Visita al Patriarca Neofit e al Santo Sinodo

Discorso del Santo Padre

Traduzione in lingua francese

Traduzione in lingua inglese

Traduzione in lingua tedesca

Traduzione in lingua spagnola

Traduzione in lingua portoghese

Traduzione in lingua polacca

Traduzione in lingua araba

Alle ore 12 (11 ora di Roma) il Santo Padre Francesco è arrivato al Palazzo del Sinodo per la visita a Sua Santità Neofit, Metropolita di Sofia e Patriarca di tutta la Bulgaria, e al Santo Sinodo.

Al Suo arrivo, il Papa è stato accolto all’ingresso principale del Palazzo del Sinodo dal Metropolita dell’Europa Occidentale e Centrale Antonij (Mihalev) che lo ha accompagnato nella Sala del primo piano dove lo attendeva il Patriarca Neofit. Erano presenti all’incontro soltanto i Membri del Santo Sinodo, Simeone II, già Re di Bulgaria, e i Membri Ecclesiastici del Seguito Papale.

Dopo il saluto del Patriarca, il Santo Padre ha pronunciato il suo saluto. Quindi, dopo lo scambio dei doni, la presentazione delle Delegazioni e la foto di gruppo, Papa Francesco si è congedato dal Patriarca Neofit e si è recato a piedi, insieme al Metropolita Antonij, alla Cattedrale Patriarcale di San Alexander Nevsky.

Pubblichiamo di seguito le parole di saluto del Santo Padre al Patriarca e al Santo Sinodo:

Discorso del Santo Padre

Santità, venerati Metropoliti e Vescovi, cari fratelli,
Christos vozkrese!

Nella gioia del Signore risorto vi rivolgo il saluto pasquale in questa domenica, che nell’Oriente cristiano è chiamata “domenica di San Tommaso”. Contempliamo l’Apostolo che mette la mano nel costato del Signore e, toccate le sue ferite, confessa: «Mio Signore e mio Dio!» (Gv 20,28). Le ferite che lungo la storia si sono aperte tra noi cristiani sono lacerazioni dolorose inferte al Corpo di Cristo che è la Chiesa. Ancora oggi ne tocchiamo con mano le conseguenze. Ma forse, se mettiamo insieme la mano in queste ferite e confessiamo che Gesù è risorto, e lo proclamiamo nostro Signore e nostro Dio, se nel riconoscere le nostre mancanze ci immergiamo nelle sue ferite d’amore, possiamo ritrovare la gioia del perdono e pregustare il giorno in cui, con l’aiuto di Dio, potremo celebrare allo stesso altare il mistero pasquale.

In questo cammino siamo sostenuti da tanti fratelli e sorelle, ai quali anzitutto vorrei rendere omaggio: sono i testimoni della Pasqua. Quanti cristiani in questo Paese hanno patito sofferenze per il nome di Gesù, in particolare durante la persecuzione del secolo scorso! L’ecumenismo del sangue! Essi hanno diffuso un profumo soave nella “Terra delle rose”. Sono passati attraverso le spine della prova per spandere la fragranza del Vangelo. Sono sbocciati in un terreno fertile e ben lavorato, in un popolo ricco di fede e genuina umanità, che ha dato loro radici robuste e profonde: penso, in particolare, al monachesimo, che di generazione in generazione ha nutrito la fede della gente. Credo che questi testimoni della Pasqua, fratelli e sorelle di diverse confessioni uniti in Cielo dalla carità divina, ora guardino a noi come a semi piantati in terra per dare frutto. E mentre tanti altri fratelli e sorelle nel mondo continuano a soffrire a causa della fede, chiedono a noi di non rimanere chiusi, ma di aprirci, perché solo così i semi portano frutto.

Santità, questo incontro, che ho tanto desiderato, succede a quello di San Giovanni Paolo II col Patriarca Maxim, durante la prima visita di un Vescovo di Roma in Bulgaria, e segue le orme di San Giovanni XXIII, che negli anni qui trascorsi tanto si affezionò a questo popolo «semplice e buono» (Giornale dell’anima, Bologna 1987, 325), apprezzandone l’onestà, la laboriosità e la dignità nelle prove. Mi trovo anch’io qui, ospite accolto con affetto, e provo nel cuore la nostalgia del fratello, quella salutare nostalgia per l’unità tra i figli dello stesso Padre, che Papa Giovanni ebbe certamente modo di maturare in questa città. Proprio durante il Concilio Vaticano II, da lui indetto, la Chiesa ortodossa bulgara inviò i propri osservatori. Da allora i contatti si sono moltiplicati. Penso alle visite di delegazioni bulgare, che da cinquant’anni si recano in Vaticano e che ogni anno ho la gioia di accogliere; nonché alla presenza a Roma di una comunità ortodossa bulgara, che prega in una chiesa della mia diocesi. Mi rallegrano la squisita accoglienza qui riservata ai miei inviati, la cui presenza si è intensificata negli ultimi anni, e la collaborazione con la comunità cattolica locale, soprattutto in ambito culturale. Sono fiducioso che, con l’aiuto di Dio e nei tempi che la Provvidenza disporrà, tali contatti potranno incidere positivamente su tanti altri aspetti del nostro dialogo. Intanto siamo chiamati a camminare e fare insieme per dare testimonianza al Signore, in particolare servendo i fratelli più poveri e dimenticati, nei quali Egli è presente. L’ecumenismo del povero.

A orientarci nel cammino sono soprattutto i santi Cirillo e Metodio, che ci hanno legati sin dal primo millennio e la cui memoria viva nelle nostre Chiese rimane come fonte di ispirazione, perché, nonostante le avversità, essi misero al primo posto l’annuncio del Signore, la chiamata alla missione. Come disse San Cirillo: «Con gioia io parto per la fede cristiana; per quanto stanco e fisicamente provato, io andrò con gioia» (Vita Constantini VI,7; XIV,9). E mentre si presagivano i segni premonitori delle dolorose divisioni che sarebbero avvenute nei secoli successivi, scelsero la prospettiva della comunione. Missione e comunione: due parole sempre declinate nella vita dei due Santi e che possono illuminare il nostro cammino per crescere in fraternità. L’ecumenismo della missione.

Cirillo e Metodio, bizantini di cultura, ebbero l’audacia di tradurre la Bibbia in una lingua accessibile ai popoli slavi, così che la Parola divina precedesse le parole umane. Il loro coraggioso apostolato rimane per tutti un modello di evangelizzazione. Un campo che ci interpella nell’annuncio è quello delle giovani generazioni. Quant’è importante, nel rispetto delle rispettive tradizioni e peculiarità, aiutarci e trovare modi per trasmettere la fede secondo linguaggi e forme che permettano ai giovani di sperimentare la gioia di un Dio che li ama e li chiama! Altrimenti saranno tentati di prestare fiducia alle tante sirene ingannevoli della società dei consumi.

Comunione e missione, vicinanza e annuncio, i Santi Cirillo e Metodio hanno molto da dirci anche per quanto riguarda l’avvenire della società europea. Infatti «sono stati in un certo senso i promotori di un’Europa unita e di una pace profonda fra tutti gli abitanti del continente, mostrando le fondamenta di una nuova arte di vivere insieme, nel rispetto delle differenze, che non sono assolutamente un ostacolo all’unità» (S. Giovanni Paolo II, Saluto alla Delegazione ufficiale della Bulgaria, 24 maggio 1999: Insegnamenti XXII,1 [1999], 1080). Anche noi, eredi della fede dei Santi, siamo chiamati ad essere artefici di comunione, strumenti di pace nel nome di Gesù. In Bulgaria, «crocevia spirituale, terra di incontro e di reciproca comprensione» (Id., Discorso durante la Cerimonia di benvenuto, Sofia, 23 maggio 2002: Insegnamenti XXV,1 [2002], 864), hanno trovato accoglienza varie confessioni, da quella armena a quella evangelica, e diverse espressioni religiose, da quella ebraica a quella musulmana. Incontra accoglienza e rispetto la Chiesa Cattolica, sia nella tradizione latina che in quella bizantino-slava. Sono grato a Vostra Santità e al Santo Sinodo per tale benevolenza. Anche nei nostri rapporti, i Santi Cirillo e Metodio ci ricordano che «una certa diversità di usi e consuetudini non si oppone minimamente all’unità della Chiesa» e che tra Oriente e Occidente «varie formule teologiche non di rado si completano, piuttosto che opporsi» (Conc. Ecum. Vat. II, Decr. Unitatis redintegratio, 16-17). «Quante cose possiamo imparare gli uni dagli altri!» (Esort. ap. Evangelii gaudium, 246).

Santità, tra poco avrò la possibilità di entrare nella Cattedrale Patriarcale di Sant’Aleksander Nevskij per sostare in preghiera nel ricordo dei Santi Cirillo e Metodio. Sant’Aleksander Nevskij, della tradizione russa, e i Santi fratelli, provenienti dalla tradizione greca e apostoli dei popoli slavi, rivelano quanto la Bulgaria sia un Paese-ponte. Santità, cari Fratelli, assicuro la mia preghiera per voi, per i fedeli di questo amato popolo, per l’alta vocazione di questo Paese, per il nostro cammino in un ecumenismo del sangue, del povero e della missione. A mia volta domando un posto nelle vostre orazioni, nella certezza che la preghiera è la porta che dischiude ogni via di bene. Desidero rinnovare il ringraziamento per l’accoglienza ricevuta e assicurarvi che porterò nel cuore il ricordo di questo incontro fraterno.

Christos vozkrese!

[00741-IT.02] [Testo originale: Italiano]

Traduzione in lingua francese

Sainteté, vénérables Métropolites et Évêques, chers frères,
Christos vozkrese!

Dans la joie du Seigneur ressuscité, je vous adresse le salut pascal en ce dimanche, qui, dans l’Orient chrétien, est appelé “dimanche de Saint Thomas”. Contemplons l’Apôtre qui met la main dans le côté du Seigneur et, touchant ses plaies, confesse: «Mon Seigneur et mon Dieu!» (Jn 20, 28). Les plaies, qui, tout au long de l’histoire, se sont ouvertes entre nous chrétiens, sont des déchirures douloureuses infligées au Corps du Christ qu’est l’Église. Aujourd’hui encore, nous en touchons avec la main les conséquences. Mais peut-être que si nous mettons ensemble la main dans ces plaies et confessons que Jésus est ressuscité, et si nous le proclamons notre Seigneur et notre Dieu, si en reconnaissant nos manques, nous nous immergeons dans ses plaies d’amour, nous pouvons retrouver la joie du pardon et avoir un avant-goût du jour où, avec l’aide de Dieu, nous pourrons célébrer sur le même autel le mystère pascal.

Dans ce cheminement, nous sommes soutenus par de nombreux frères et sœurs, à qui je voudrais avant tout rendre hommage: ce sont les témoins de la Pâque. Combien de chrétiens dans ce pays ont souffert pour le nom de Jésus, en particulier durant la persécution du siècle dernier! L’œcuménisme du sang! Ils ont répandu un doux parfum sur la “Terre des roses”. Ils sont passés à travers les épines de l’épreuve pour répandre la fragrance de l’Évangile. Ils ont germé dans un terrain fertile et bien travaillé, dans un peuple riche de foi et d’humanité authentique qui leur a donné des racines robustes et profondes: je pense, en particulier, au monachisme qui, de génération en génération, a nourri la foi du peuple. Je crois que ces témoins de la Pâque, frères et sœurs de diverses confessions unis dans le Ciel par la charité divine, nous regardent actuellement comme des semences plantées en terre pour donner du fruit. Et pendant que beaucoup de frères et sœurs dans le monde continuent de souffrir à cause de la foi, ils nous demandent de ne pas demeurer fermés, mais de nous ouvrir, parce c’est seulement de cette manière que les semences portent du fruit.

Sainteté, cette rencontre, que j’ai tant désirée, succède à celle de saint Jean-Paul II avec le Patriarche Maxime durant la première visite d’un Évêque de Rome en Bulgarie et suit les pas de saint Jean XXIII qui, dans les années passées ici, s’est attaché à ce peuple «simple et bon» (Giornale dell’anima, Bologna 1987, n. 325), en en appréciant l’honnêteté, les habitudes laborieuses et la dignité dans les épreuves. Je me trouve moi aussi, ici, hôte accueilli avec affection et j’éprouve dans le cœur la nostalgie du frère, cette nostalgie salutaire pour l’unité entre les fils du même Père que le Pape Jean a eu certainement l’occasion de mûrir dans cette ville. Justement, durant le Concile Vatican II convoqué par lui, l’Église orthodoxe bulgare envoya ses observateurs. Depuis lors les contacts se sont multipliés. Je pense aux visites des délégations bulgares qui, depuis cinquante ans, se rendent au Vatican et que j’ai la joie d’accueillir chaque année; ainsi qu’à la présence à Rome d’une communauté orthodoxe bulgare qui prie dans une église de mon diocèse. Je me réjouis de l’accueil exquis réservé, ici, à mes envoyés, dont la présence s’est intensifiée dans les dernières années, et à la collaboration avec la communauté catholique locale, surtout dans le domaine culturel. Je suis confiant que, avec l’aide de Dieu et dans les temps que la Providence disposera, ces contacts pourront avoir des répercussions positives sur de nombreux autres aspects de notre dialogue. En même temps, nous sommes appelés à cheminer et à faire ensemble pour rendre témoignage au Seigneur, en particulier en servant les frères les plus pauvres et oubliés, dans lesquels Il est présent. L’œcuménisme du pauvre.

Ce sont surtout les saints Cyrille et Méthode qui nous orientent sur ce chemin. Ils nous ont liés depuis le premier millénaire et leur mémoire vivante dans nos Églises demeure comme une source d’inspiration parce que, malgré les adversités, ils privilégièrent l’annonce du Seigneur, l’appel à la mission. Comme disait saint Cyrille: «Je pars avec joie pour la foi chrétienne; aussi fatigué et physiquement éprouvé que je suis, j’irai avec joie» (Vita Constantini VI, 7; XIV, 9). Et pendant que s’annonçaient les signes prémonitoires des douloureuses divisions qui allaient survenir dans les siècles suivants, ils choisirent la perspective de la communion. Mission et communion: deux paroles toujours déclinées dans la vie des deux Saints et qui peuvent illuminer notre chemin pour croître dans la fraternité. L’œcuménisme de la mission.

Cyrille et Méthode, byzantins de culture, eurent l’audace de traduire la Bible en une langue accessible aux peuples slaves pour que la Parole divine précédât les paroles humaines. Leur courageux apostolat demeure pour tous un modèle d’évangélisation. L’un des domaines qui nous interpelle dans l’annonce, c’est celui des jeunes générations. Combien il est important, dans le respect des traditions respectives et des particularités, que nous nous aidions et que nous trouvions les moyens pour transmettre la foi selon des langages et des formes qui permettent aux jeunes d’expérimenter la joie d’un Dieu qui les aiment et les appellent! Autrement ils seront tentés de faire confiance aux nombreuses sirènes trompeuses de la société de consommation.

Communion et mission, proximité et annonce, les saints Cyrille et Méthode ont beaucoup à nous dire aussi en ce qui concerne l’avenir de la société européenne. En fait, «ils ont été, dans un sens, les promoteurs d’une Europe unie et d’une paix profonde entre tous les habitants du continent, montrant les fondements d’un nouvel art de vivre ensemble, dans le respect des différences qui ne sont pas absolument un obstacle à l’unité» (St Jean-Paul II, Salut à la Délégation officielle de la Bulgarie, 24 mai 1999: Insegnamenti XXII, n. 1 (1999), 1080). Nous aussi, héritiers de la foi des saints, nous sommes appelés à être artisans de communion, instruments de paix au nom de Jésus. En Bulgarie, «carrefour spirituel, terre de rencontre et de compréhension réciproque» (Id., Discours durant la Cérémonie de bienvenue, Sofia, 23 mai 2002: Insegnamenti XXV, n. 1 (2002), 864), diverses Confessions ont été accueillies, de la Confession arménienne à la Confession évangélique, et diverses expressions religieuses, de la religion juive à la religion musulmane. L’Église catholique trouve accueil et respect, aussi bien dans la tradition latine que dans la tradition byzantino-slave. Je suis reconnaissant à votre Sainteté et au Saint Synode pour cette bienveillance. Dans nos relations aussi, les saints Cyrille et Méthode nous rappellent qu’«une certaine diversité des us et coutumes ne s’oppose pas au minimum à l’unité de l’Église» et que, entre l’Orient et l’Occident, «plusieurs formules théologiques se complètent assez fréquemment, plutôt que de s’opposer» (Conc. Oecum. Vat. II, Décr. Unitatis redintegratio, nn. 16-17). «Nous pouvons apprendre tant de choses les uns des autres!» (Exhort. Ap. Evangelii Gaudium, n. 246).

Sainteté, bientôt j’aurai la possibilité d’entrer dans la Cathédrale Patriarcale de Saint Alexandre Nevski pour me recueillir dans le souvenir des saints Cyrille et Méthode. Saint Alexandre Nevski de la tradition russe et les Saints frères provenant de la tradition grecque et apôtres des peuples slaves révèlent combien la Bulgarie est un pays-pont. Sainteté, chers Frères, je vous vous assure de ma prière pour vous, pour les fidèles de ce peuple bien-aimé, pour la haute vocation de ce pays, pour notre cheminement dans un œcuménisme du sang, du pauvre et de la mission. A mon tour, je demande une place dans vos prières, dans la certitude que la prière est la porte qui ouvre tout chemin de bien. Je désire renouveler ma gratitude pour l’accueil reçu et vous assurer que je porterai dans mon cœur le souvenir de cette rencontre fraternelle.

Christos vozkrese!

[00741-FR.02] [Texte original: Italien]

Traduzione in lingua inglese

Your Holiness, Venerable Metropolitans and Bishops, Dear Brothers,
Christos vozkrese!

In the joy of the Risen Saviour, I offer you Easter greetings on this Sunday known in the Christian East as “Saint Thomas Sunday”. Let us consider the Apostle, who puts his hand in the Lord’s side, touches his wounds and proclaims, “My Lord and my God!” (Jn 20:28). The wounds opened in the course of history between us Christians remain painful bruises on the Body of Christ which is the Church. Even today, their effects are tangible; we can touch them with our hands. Yet, perhaps together we can touch those wounds, confess that Jesus is risen, and proclaim him our Lord and our God. Perhaps together we can recognize our failings and immerse ourselves in his wounds of love. And in this way, we can discover the joy of forgiveness and enjoy a foretaste of the day when, with God’s help, we can celebrate the Paschal mystery at one altar.

On this journey, we are sustained by great numbers of our brothers and sisters, to whom I would especially like to render homage: the witnesses of Easter. How many Christians in this country endured suffering for the name of Jesus, particularly during the persecution of the last century! The ecumenism of blood! They spread a pleasing perfume over this “Land of Roses”. They passed through the thicket of trials in order to spread the fragrance of the Gospel. They blossomed in fertile and well-cultivated ground, as part of a people rich in faith and genuine humanity that gave them strong, deep roots. I think in particular of the monastic tradition that from generation to generation has nurtured the faith of the people. I believe that these witnesses of Easter, brothers and sisters of different confessions united in heaven by divine charity, now look to us as seeds planted in the earth and meant to bear fruit. While so many other brothers and sisters of ours throughout the world continue to suffer for their faith, they ask us not to remain closed, but to open ourselves, for only in this way can those seeds bear fruit.

Your Holiness, this meeting, which I have greatly desired, follows that of Saint John Paul II with Patriarch Maxim during the first visit of the Bishop of Rome to Bulgaria. It also follows in the footsteps of Saint John XXIII, who, in the years he lived here, became greatly attached to this people, “so simple and good” (Giornale dell’anima, Bologna, 1987, 325), valuing their honesty, their hard work and their dignity amid trials. Here, as a guest welcomed with affection, I experience a deep fraternal nostalgia, that healthy longing for unity among children of the same Father that was felt with growing intensity by Pope John during his time in this city. During the Second Vatican Council, which he convened, the Bulgarian Orthodox Church sent observers, and from that time on, our contacts have multiplied. I think of the visits that, for fifty years now, Bulgarian delegations have made to the Vatican and which I annually have the joy of receiving; so too, the presence in Rome of an Orthodox Bulgarian community that prays in one of the churches of my Diocese. I appreciate the gracious welcome given to my envoys, whose presence has increased in recent years, and the cooperation shown with the local Catholic community, especially in the area of culture. I am confident that, with the help of God, and in his good time, these contacts will have a positive effect on many other dimensions of our dialogue. In the meantime, we are called to journey and act together in order to bear witness to the Lord, particularly by serving the poorest and most neglected of our brothers and sisters, in whom he is present. The ecumenism of the poor.

Our guides on this journey are, above all, Saints Cyril and Methodius, who have linked us since the first millennium and whose living memory in our Churches continues to be a source of inspiration, for despite adversities they made their highest priority the proclamation of the Lord, the call to mission. As Saint Cyril put it: “With joy I set out for the Christian faith; however weary and physically weak, I will go with joy” (Vita Constantini, VI, 7; XIV, 9). And despite premonitions of the painful divisions which would take place in centuries to come, they chose the prospect of communion. Mission and communion: two words that distinguished the life of these two saints and that can illumine our own journey towards growth in fraternity. The ecumenism of mission.

Cyril and Methodius, Byzantines by culture, were daring enough to translate the Bible into a language accessible to the Slavic peoples, so that the divine Word could precede human words. Their courageous apostolate remains today a model of evangelization and a challenge to proclaim the Gospel to the next generation. How important it is, while respecting our own traditions and distinctive identities, to help one another to find ways of passing on the faith in language and forms that allow young people to experience the joy of a God who loves them and calls them! Otherwise, they will be tempted to put their trust in the deceitful siren songs of a consumerist society.

Communion and mission, closeness and proclamation. Saints Cyril and Methodius also have much to say to us about the future of European society. Indeed, “they were in a certain sense the promoters of a united Europe and of a profound peace among all the continent’s inhabitants, showing the basis for a new art of living together, with respect for differences, which in no way are an obstacle to unity” (SAINT JOHN PAUL II, Greeting to the Official Bulgarian Delegation, 24 May 1999: Insegnamenti XXII, 1 [1999], 1080). We too, as heirs of the faith of the saints, are called to be builders of communion and peacemakers in the name of Jesus. Bulgaria is a “spiritual crossroads, a land of contacts and mutual understanding” (ID., Address at the Arrival Ceremony, Sofia, 23 May 2002: Insegnamenti, XXV, 1 [2002], 864). Here various confessions, from the Armenian to the Evangelical, and different religious traditions, from the Jewish to the Muslim, have found a welcome. The Catholic Church has met with acceptance and respect both in her Latin tradition and in her Byzantine-Slavic tradition. I am grateful to Your Holiness and the Holy Synod for this benevolent reception. In our relationships, too, Saints Cyril and Methodius remind us that, “far from being an obstacle to the Church’s unity, the diversity of customs and observances only adds to her beauty” and that between East and West “various theological formulations are often to be considered complementary rather than conflicting” (Unitatis Redintegratio, 16-17). “We can learn so much from one another (Evangelii Gaudium, 246)!

Your Holiness, shortly I will be able to visit the Patriarchal Cathedral of Saint Aleksander Nevskij and to pray there in memory of Saints Cyril and Methodius. Saint Aleksander Nevskij, from the Russian tradition, and the Holy Brothers, from the Greek tradition and apostles of the Slavic peoples, show us the extent to which Bulgaria is a bridge-country. Your Holiness, dear Brothers, I assure you of my prayers for you, for the faithful of this beloved people, for the lofty location of this nation, and for our journey in an ecumenism of blood, of the poor and of mission. In turn, I ask a place in your prayers, in the certainty that prayer is the door that opens to every path of goodness. I thank you once again for the welcome I have received and I assure you that I will cherish the memory of this fraternal encounter.

Christos vozkrese!

[00741-EN.02] [Original text: Italian]

Traduzione in lingua tedesca

Eure Heiligkeit, verehrte Metropoliten und Bischöfe,liebe Brüder,
Christos woskrese! – Christus ist auferstanden!

In der Freude des auferstandenen Herrn ergeht mein Ostergruß an euch an diesem Sonntag, der im christlichen Osten „Sonntag des Heiligen Thomas“ genannt wird. Betrachten wir den Apostel, der seine Hand in die Seite des Herrn legt, seine Wunden berührt und bekennt: »Mein Herr und mein Gott!« (Joh 20,28). Die Wunden, die sich im Laufe der Geschichte unter uns Christen geöffnet haben, sind schmerzhafte Verletzungen am Leib Christi, der die Kirche ist. Auch heute noch sind die Folgen dieser Verletzungen mit Händen zu greifen. Aber wenn wir gemeinsam unsere Hände in diese Wunden legen und bekennen, dass Jesus auferstanden ist, und wenn wir ihn als unseren Herrn und unseren Gott verkünden, wenn wir unsere Fehler erkennen und so in seine Wunden der Liebe eintauchen, können wir vielleicht die Freude der Vergebung wiederentdecken und den Tag im Voraus verkosten, an dem wir mit Gottes Hilfe das Ostergeheimnis am selben Altar feiern können.

Auf diesem Weg werden wir von vielen Brüdern und Schwestern unterstützt, denen ich vor allem die Ehre erweisen möchte: sie sind die Zeugen des Osterfestes. Wie viele Christen in diesem Land haben für den Namen Jesu gelitten, besonders während der Verfolgung des letzten Jahrhunderts! Die Ökumene des Blutes! Sie haben im „Land der Rosen“ einen süßen Duft verbreitet. Sie gingen durch die Dornen der Prüfung, um den Duft des Evangeliums zu verströmen. Sie sind in einem fruchtbaren und gut bearbeiteten Boden gewachsen, in einem Volk, das reich an Glauben und echter Menschlichkeit ist, die ihnen feste und tiefe Wurzeln gegeben hat. Ich denke insbesondere an das Mönchtum, das von Generation zu Generation den Glauben der Menschen genährt hat. Ich glaube, dass diese Osterzeugen, Brüder und Schwestern verschiedener Konfessionen, die durch die göttliche Liebe im Himmel vereint sind, jetzt auf uns blicken, wie auf Samen, die in den Boden gepflanzt werden, damit sie Früchte hervorbringen. Und während viele andere Brüder und Schwestern in der Welt weiterhin wegen ihres Glauben leiden, bitten sie uns, nicht verschlossen zu bleiben, sondern uns zu öffnen, denn nur so bringen die Samen Früchte.

Eure Heiligkeit, dieses Treffen, das ich mir so gewünscht habe, folgt auf die Begegnung des heiligen Johannes Paul II. mit dem Patriarchen Maxim, jenen ersten Besuch eines Bischofs von Rom in Bulgarien, und es folgt auch den Spuren des heiligen Johannes XXIII., der in den Jahren, die er hier verbrachte, dieses »einfache und gute« Volk so lieb gewonnen hat (vgl. Geistliches Tagebuch, Klagenfurt 1983, 246) und seine Ehrlichkeit, seinen Fleiß und seine Würde in den Prüfungen schätzte. Auch ich befinde mich hier als ein Gast, der mit Zuneigung empfangen wird, und ich spüre in meinem Herzen die Sehnsucht nach dem Bruder, jene gesunde Sehnsucht nach Einheit unter den Söhnen desselben Vaters, die bei Papst Johannes XXIII. sicherlich in dieser Stadt reifen konnte.

Während des von ihm einberufenen Zweiten Vatikanischen Konzils entsandte die bulgarisch-orthodoxe Kirche eigene Beobachter. Seither haben sich die Kontakte vervielfacht. Ich denke an die Besuche der bulgarischen Delegationen, die seit fünfzig Jahren in den Vatikan kommen und die ich jedes Jahr gerne begrüße, und an die Anwesenheit einer bulgarisch-orthodoxen Gemeinschaft in Rom, die in einer Kirche meiner Diözese betet. Ich freue mich über die exzellente Aufnahme meiner Gesandten, deren Präsenz sich in den letzten Jahren intensiviert hat, und über die Zusammenarbeit mit der lokalen katholischen Gemeinschaft, insbesondere im kulturellen Bereich. Ich bin zuversichtlich, dass sich diese Kontakte mit Hilfe Gottes und in der Zeit, die die Vorsehung bestimmen wird, positiv auf viele andere Aspekte unseres Dialogs auswirken werden. In der Zwischenzeit sind wir gerufen, gemeinsam unterwegs zu sein und zu handeln, um Zeugnis vom Herrn abzulegen, insbesondere indem wir den ärmsten und vergessensten Brüdern und Schwestern dienen, in denen er gegenwärtig ist. Die Ökumene der Armen.

Diesen Weg weisen uns insbesondere die Heiligen Cyrill und Methodius, die uns seit dem ersten Jahrtausend miteinander verbinden und deren lebendiges Gedächtnis in unseren Kirchen als Quelle der Inspiration erhalten bleibt, weil sie trotz aller Widrigkeiten der Glaubensverkündigung, dem Ruf zur Mission den ersten Platz einräumten. Der heilige Cyrill sagte einmal: »Mit Freude mache ich mich für den christlichen Glauben auf den Weg; egal wie müde und körperlich geplagt ich auch bin, ich werde mit Freude gehen« (Vita Constantini VI,7; XIV,9). Und als die warnenden Vorzeichen der schmerzhaften Spaltungen, die sich in den folgenden Jahrhunderten ereignen würden, bereits vorhersehbar waren, wählten sie die Option der Gemeinschaft. Mission und Gemeinschaft: zwei Worte, die im Leben der beiden Heiligen vielfachen Ausdruck fanden und die unseren Weg eines Wachstums in der Brüderlichkeit erleuchten können. Missionarische Ökumene.

Cyrill und Methodius, die dem byzantinischen Kulturraum entstammten, besaßen die Kühnheit, die Bibel in eine den slawischen Völkern zugängliche Sprache zu übersetzen, so dass das göttliche Wort dem menschlichen Wort vorausging. Ihr mutiges Apostolat bleibt ein Modell der Evangelisierung für alle. Ein Bereich, der uns in der Verkündigung besonders fordert, ist der der jüngeren Generationen. Wie wichtig ist es, dass wir uns in Respekt vor den jeweiligen Traditionen und Eigenheiten helfen und Wege finden, den Glauben in Sprachen und Formen zu vermitteln, die es jungen Menschen ermöglichen, Freude an einem Gott zu erleben, der sie liebt und ruft! Andernfalls werden sie versucht sein, den vielen irreführenden Sirenen der Konsumgesellschaft zu vertrauen.

Gemeinschaft und Mission, Nähe und Verkündigung. Die Heiligen Cyrill und Methodius haben uns viel zur Zukunft der europäischen Gesellschaft zu sagen. In gewisser Weise »waren sie die Förderer eines geeinten Europas und eines tiefen Friedens unter allen Bewohnern des Kontinents, die die Grundlagen für eine neue Kunst des Zusammenlebens aufzeigten, welche die Unterschiede respektiert, die für die Einheit keineswegs ein Hindernis sind« (Johannes Paul II., Grußwort an die offizielle Delegation Bulgariens, 24. Mai 1999: Insegnamenti XXII,1 [1999], 1080). Auch wir, die Erben des Glaubens der Heiligen, sind gerufen, Stifter von Gemeinschaft und Werkzeuge des Friedens zu sein im Namen Jesu. In Bulgarien, das »ein geistiger Kreuzungspunkt, ein Land der Begegnung und des gegenseitigen Verständnisses« ist (vgl. Id., Ansprache bei der Begrüßungszeremonie, Sofia, 23. Mai 2002: Insegnamenti XXV,1[2002], 864), haben verschiedene Konfessionen, von der armenischen bis zur evangelischen und verschiedene Religionen, von der jüdischen bis zur muslimischen, Aufnahme gefunden. Die katholische Kirche erfährt Aufnahme und Respekt sowohl in ihrer lateinischen als auch in ihrer byzantinisch-slawischen Tradition. Ich bin Eurer Heiligkeit und dem Heiligen Synod für dieses Wohlwollen dankbar. Auch in unseren Beziehungen erinnern uns die Heiligen Cyrill und Methodius daran, dass »eine gewisse Verschiedenheit der Sitten und Gebräuche […] nicht im geringsten der Einheit der Kirche entgegensteht« und dass man zwischen Ost und West bei »verschiedenartigen theologischen Formeln oft mehr von einer Ergänzung als von einer Gegensätzlichkeit« sprechen muss. (Zweites Vatikanisches Konzil, Dekret Unitatis redintegratio, 16-17). »Wie viele Dinge können wir voneinander lernen!« (Apostolisches Schreiben Evangelii gaudium, 246).

Eure Heiligkeit, bald werde ich die Gelegenheit haben, die Alexander-Newski- Patriarchalkathedrale zu betreten, um im Gedenken an die Heiligen Cyrill und Methodius im Gebet innezuhalten. Der heilige Alexander Newski aus der russischen Tradition wie auch die heiligen Brüder aus der griechischen Tradition, die zugleich Apostel der slawischen Völker sind, zeigen, wie sehr Bulgarien ein Brückenland ist. Eure Heiligkeit, liebe Brüder, ich versichere euch meiner Gebete für euch, für die Gläubigen dieses geliebten Volkes, für die hohe Berufung dieses Landes, für unseren Weg einer Ökumene des Blutes, der Armen und der Mission. Ich wiederum bitte um einen Platz in euren Gebeten, in der Gewissheit, dass das Gebet die Tür ist, die jeden Weg zum Guten öffnet. Ich möchte mich nochmals für den mir zuteilgewordenen Empfang bedanken und euch versichern, dass ich die Erinnerung an diese brüderliche Begegnung in meinem Herzen bewahren werde.

Christos woskrese!

[00741-DE.02] [Originalsprache: Italienisch]

Traduzione in lingua spagnola

Santidad, venerados Metropolitas y Obispos, queridos hermanos,
Christos vozkrese!

En la alegría del Señor resucitado os dirijo el saludo pascual en este domingo, que el Oriente cristiano llama “domingo de santo Tomás”. Contemplamos al Apóstol que mete la mano en el costado del Señor y que, tocando sus heridas, confiesa: «¡Señor mío y Dios mío!» (Jn 20,28). Las heridas que a lo largo de la historia se han abierto entre nosotros, los cristianos, son desgarros dolorosos causados al Cuerpo de Cristo que es la Iglesia. Todavía hoy palpamos las consecuencias. Pero, si ponemos juntos las manos sobre esas heridas y confesamos que Jesús ha resucitado, y lo proclamamos como nuestro Señor y nuestro Dios, si al reconocer nuestras faltas nos sumergimos en sus heridas de amor, tal vez podamos volver a encontrar la alegría del perdón y pregustar el día en que, con la ayuda de Dios, podremos celebrar el misterio pascual en el mismo altar.

En este camino estamos sostenidos por tantos hermanos y hermanas, a quienes quisiera ante todo rendir homenaje: son los testigos de la Pascua. Cuántos cristianos en este país sufrieron por el nombre de Jesús, en particular durante la persecución del siglo pasado. El ecumenismo de la sangre. Ellos esparcieron un suave perfume en la “Tierra de las rosas”. Pasaron a través de las espinas de la prueba para que se extienda la fragancia del Evangelio. Florecieron en un terreno fértil y bien labrado, en un pueblo rico de fe y humanidad genuina, que les dio raíces robustas y profundas. Pienso en la vida monástica que, de modo especial, alimentó la fe de la gente de generación en generación. Creo que estos testigos de la Pascua, hermanos y hermanas de distintas confesiones unidos en el cielo por la caridad divina, ahora nos miran como si fuéramos semillas plantadas en la tierra para dar fruto. Y mientras muchos otros hermanos y hermanas en el mundo siguen sufriendo a causa de la fe, nos piden que no nos quedemos encerrados, sino que nos abramos, porque solo así las semillas dan fruto.

Santidad, este encuentro, que tanto he deseado, está en continuación al de san Juan Pablo II con el Patriarca Maxim, durante la primera visita de un Obispo de Roma en Bulgaria, y sigue las huellas de san Juan XXIII, que se encariñó en los años que aquí pasó con este pueblo «sencillo y bueno» (Diario del alma, Bologna 1987, 325), apreciando su honestidad, su laboriosidad y su dignidad en las pruebas. También yo me encuentro aquí como un huésped acogido con afecto, y siento en el corazón la nostalgia del hermano, esa saludable nostalgia por la unidad entre los hijos del mismo Padre, que el papa Juan pudo ciertamente madurar en esta ciudad. Por eso, durante el Concilio Vaticano II, que él convocó, la Iglesia ortodoxa búlgara envió a sus observadores. Desde entonces, los contactos se multiplicaron. Me refiero a las visitas de delegaciones búlgaras que desde hace cincuenta años acuden al Vaticano y que cada año tengo la alegría de recibir; así como la presencia en Roma de una comunidad ortodoxa búlgara, que reza en una iglesia de mi diócesis. Me alegra la acogida exquisita que aquí dispensan a mis enviados, cuya presencia se ha intensificado en los últimos años, y la colaboración con la comunidad católica local, sobre todo en el ámbito cultural. Confío en que, con la ayuda de Dios y en los tiempos que la Providencia disponga, esos contactos incidan positivamente en tantos otros aspectos de nuestro diálogo. Mientras tanto, estamos llamados a caminar y a actuar juntos para dar testimonio del Señor, sirviendo especialmente a los hermanos más pobres y olvidados, en los que Él está presente. El ecumenismo del pobre.

Nos guían en el camino sobre todo los santos Cirilo y Metodio, que nos han unido desde el primer milenio y cuya memoria viva perdura en nuestras Iglesias como fuente de inspiración, porque, a pesar de las adversidades, ellos pusieron en primer lugar el anuncio del Señor, la llamada a la misión. Como dijo san Cirilo: «A pesar de estar cansado y físicamente débil, iré con alegría a aquel país. Yo marcho con alegría por la fe cristiana» (Vida de Constantino VI,7; XIV,9). Y mientras los signos premonitorios presagiaban las dolorosas divisiones que sucederían en los siglos posteriores, eligieron la perspectiva de la comunión. Misión y comunión: dos palabras que se entrelazan siempre en la vida de los dos santos y que pueden iluminarnos el camino para crecer en fraternidad. El ecumenismo de la misión.

Cirilo y Metodio, bizantinos de cultura, tuvieron la audacia de traducir la Biblia en una lengua accesible a los pueblos eslavos, para que la Palabra divina precediese a las palabras humanas. Su valiente apostolado permanece como un modelo de evangelización para todos. Un ámbito del anuncio que nos interpela es el de las jóvenes generaciones. Es importante que, respetando las respectivas tradiciones y peculiaridades, nos ayudemos y encontremos modos para transmitir la fe con el lenguaje y las formas que permitan a los jóvenes experimentar la alegría de un Dios que los ama y los llama. De lo contrario se sentirán tentados a confiar en tantas sirenas engañosas de la sociedad de consumo.

Comunión y misión, cercanía y anuncio, los santos Cirilo y Metodio tienen mucho que decirnos también en lo que se refiere al futuro de la sociedad europea. En efecto, «fueron en cierto modo promotores de una Europa unificada y de una paz profunda entre todos los habitantes del continente, mostrando los fundamentos de un nuevo arte de vivir juntos, en el respeto de las diferencias, que no constituyen un obstáculo para la unidad» (S. Juan Pablo II, Saludo a la Delegación oficial de Bulgaria, 24 mayo 1999: Insegnamenti XXII,1 [1999], 1080). También nosotros, herederos de la fe de los santos, estamos llamados a ser artífices de comunión, instrumentos de paz en el nombre de Jesús. En Bulgaria, «encrucijada espiritual, tierra de encuentro y de comprensión recíproca» (Id., Discurso durante la Ceremonia de bienvenida, Sofía, 23 mayo 2002: Insegnamenti XXV,1 [2002], 864), han encontrado acogida varias confesiones, desde la armena a la evangélica, y diversas expresiones religiosas, desde la judía a la musulmana. La Iglesia católica encuentra acogida y respeto, tanto en la tradición latina como bizantina-eslava. Agradezco a Su Santidad y al Santo Sínodo su benevolencia. También en nuestras relaciones, los santos Cirilo y Metodio nos recuerdan que «no se opone a la unidad de la Iglesia una cierta variedad de ritos y costumbres» y que entre Oriente y Occidente «las diversas fórmulas teológicas, más bien que oponerse entre sí, se completan y perfeccionan unas a otras» (Conc. Ecum. Vat. II, Decr. Unitatis redintegratio, 16-17). «¡Cuántas cosas podemos aprender unos de otros!» (Exhort. apost. Evangelii gaudium, 246).

Santidad, dentro de poco tendré la posibilidad de entrar en la Catedral Patriarcal de San Alejandro Nevski para detenerme a rezar recordando a los santos Cirilo y Metodio. San Alejandro Nevski, de la tradición rusa, y los santos hermanos, provenientes de la tradición griega y apóstoles de los pueblos eslavos, nos revelan que Bulgaria es un país puente. Santidad, queridos hermanos, los aseguro mi oración por vosotros, por los fieles de este amado pueblo, por la alta vocación de este país, por nuestro caminar en un ecumenismo de la sangre, del pobre y de la misión. A su vez, los pido un lugar en vuestras oraciones, con la certeza de que la oración es la puerta que hace posible todo camino de bien. Deseo renovar mi agradecimiento por la acogida recibida y aseguraros que guardaré en el corazón el recuerdo de este encuentro fraterno.

Christos vozkrese!

[00741-ES.02] [Texto original: Italiano]

Traduzione in lingua portoghese

Santidade, venerados Metropolitas e Bispos, queridos irmãos,
Christos vozkrese
!

Na alegria do Senhor ressuscitado, vos dirijo a saudação pascal, neste domingo designado no Oriente cristão como «domingo de São Tomé». Contemplamos o Apóstolo que mete a mão no lado do Senhor e, tocadas as suas feridas, confessa: «Meu Senhor e meu Deus!» (Jo 20, 28). As feridas que se abriram entre nós, cristãos, ao longo da história são dolorosos golpes infligidos no Corpo de Cristo que é a Igreja. Ainda hoje, tocamos com a mão as suas consequências. Mas, se metermos juntos a mão nestas feridas, confessarmos que Jesus ressuscitou e O proclamarmos nosso Senhor e nosso Deus, se, no reconhecimento das nossas faltas, nos deixarmos imergir nas suas feridas de amor, talvez possamos reencontrar a alegria do perdão e antegozar o dia em que poderemos, com a ajuda de Deus, celebrar o mistério pascal no mesmo altar.

Neste caminho, somos sustentados por muitos irmãos e irmãs, a quem, antes de mais nada, gostaria de prestar homenagem: são as testemunhas da Páscoa. Quantos cristãos, neste país, sofreram tribulações pelo nome de Jesus, especialmente durante a perseguição do século passado! O ecumenismo do sangue! Eles espargiram um suave perfume na «Terra das Rosas». Passaram através dos espinhos da provação para difundir a fragrância do Evangelho. Desabrocharam num terreno fértil e bem trabalhado, num povo rico de fé e humanidade genuína, que lhes deu raízes robustas e profundas: penso de modo particular no monaquismo, que, de geração em geração, alimentou a fé do povo. Creio que agora estas testemunhas da Páscoa, irmãos e irmãs de diferentes confissões unidos no Céu pela caridade divina, nos contemplam como sementes lançadas à terra para dar fruto. E, enquanto muitos outros irmãos e irmãs espalhados pelo mundo continuam a sofrer por causa da fé, pedem-nos para não ficar fechados, mas abrir-nos, pois só assim é que as sementes dão fruto.

Santidade, este encontro, que tanto desejei, acontece depois do encontro de São João Paulo II com o Patriarca Maxim, durante a primeira visita dum Bispo de Roma à Bulgária, e segue os passos de São João XXIII, que, nos anos aqui transcorridos, tanto se afeiçoou a este povo «simples e bom» (Jornal da alma, Bolonha 1987, 325), admirando a sua honestidade, laboriosidade e dignidade nas provações. Também eu me encontro aqui, hóspede recebido com afeto, e sinto no coração a nostalgia do irmão, aquela nostalgia salutar pela unidade entre os filhos do mesmo Pai, que o Papa João pôde certamente maturar nesta cidade. Precisamente durante o Concílio Vaticano II, por ele convocado, a Igreja Ortodoxa Búlgara enviou os seus Observadores. Desde então, têm-se multiplicado os contactos. Penso nas visitas de delegações búlgaras que, desde há cinquenta anos, vão ao Vaticano e que tenho a alegria de receber todos os anos; bem como a presença em Roma duma comunidade ortodoxa búlgara, que reza numa igreja da minha diocese. Enchem-me de alegria a requintada receção reservada aos meus enviados, cuja presença se intensificou nos últimos anos, e a colaboração com a comunidade católica local, sobretudo na área cultural. Tenho confiança que tais contactos, com a ajuda de Deus e nos tempos predispostos pela Providência, poderão incidir positivamente sobre muitos outros aspetos do nosso diálogo. Entretanto somos chamados a caminhar e agir juntos para dar testemunho do Senhor, em particular servindo aos irmãos mais pobres e esquecidos em quem Ele está presente. O ecumenismo do pobre.

Para nos orientar no caminho, temos sobretudo os Santos Cirilo e Metódio, que nos uniram desde o primeiro milénio e cuja recordação nas nossas Igrejas permanece viva como fonte de inspiração, porque eles, apesar das adversidades, colocaram em primeiro lugar o anúncio do Senhor, a chamada à missão. Como disse São Cirilo, «com alegria, parto para a fé cristã; embora cansado e fisicamente provado, irei com alegria» (Vita Constantini VI, 7; XIV, 9). E, quando já se pressentiam os sinais premonitórios das dolorosas divisões que ocorreriam nos séculos seguintes, escolheram a perspetiva da comunhão. Missão e comunhão: duas palavras sempre presentes na vida dos dois Santos e que podem iluminar o nosso caminho para crescermos em fraternidade. O ecumenismo da missão.

Cirilo e Metódio, bizantinos de cultura, tiveram a audácia de traduzir a Bíblia para uma língua acessível aos povos eslavos, de modo que a Palavra divina antecedesse as palavras humanas. O seu corajoso apostolado continua a ser para todos um modelo de evangelização. No anúncio, um campo que nos interpela é o das novas gerações. Como é importante – no respeito pelas respetivas tradições e peculiaridades – ajudar-nos a encontrar maneiras de transmitir a fé segundo linguagens e formas que permitam aos jovens experimentar a alegria dum Deus que os ama e chama! Caso contrário, serão tentados a confiar nas inúmeras sereias enganadoras da sociedade consumista.

Comunhão e missão, proximidade e anúncio: os Santos Cirilo e Metódio têm muito a dizer-nos também sobre o futuro da sociedade europeia. De facto, «foram de alguma forma promotores de uma Europa unificada e de uma paz profunda entre todos os habitantes do continente, proporcionando os fundamentos de uma nova arte de viver em conjunto, no respeito das diferenças, que não são absolutamente um obstáculo à unidade» [S. João Paulo II, Saudação à Delegação oficial da Bulgária, 24 de maio de 1999: Insegnamenti XXII/1 (1999), 1080]. Herdeiros da fé dos Santos, também nós somos chamados a ser construtores de comunhão, instrumentos de paz no nome de Jesus. Na Bulgária – «encruzilhada espiritual, terra de encontro e de compreensão recíproca» [Idem, Discurso durante a cerimónia de boas-vindas, Sófia, 23 de maio de 2002: Insegnamenti XXV/1 (2002), 864] –, encontraram abrigo várias confissões, desde a arménia à evangélica, e diferentes expressões religiosas, desde a hebraica à muçulmana. Encontra abrigo e respeito a Igreja Católica tanto de tradição latina como bizantino-eslava. Agradeço a Vossa Santidade e ao Santo Sínodo tal benevolência. Mesmo nas nossas relações, os Santos Cirilo e Metódio lembram-nos que não «obsta à unidade da Igreja uma certa diversidade de costumes e usos» e que, entre Oriente e Ocidente, «várias fórmulas teológicas, em vez de se oporem, não poucas vezes se completam mutuamente» (Conc. Ecum. Vat. II, Decr. Unitatis redintegratio, 16.17). «Quantas coisas pudemos aprender uns com os outros!» (Francisco, Exort. ap. Evangelii gaudium, 246).

Santidade, daqui a pouco, terei a possibilidade de entrar na Catedral Patriarcal de Santo Aleksander Nevskij para uma oração em memória dos Santos Cirilo e Metódio. Santo Aleksander Nevskij, da tradição russa, e os Santos irmãos, vindos da tradição grega e apóstolos dos povos eslavos, revelam como a Bulgária é um país-ponte. Santidade, queridos Irmãos, asseguro a minha oração por vós, pelos fiéis deste amado povo, pela sublime vocação deste país, pelo nosso caminho num ecumenismo do sangue, do pobre e da missão. Por minha vez, peço um lugar nas vossas orações, certo de que a oração é a porta que abre todo o bom caminho. Desejo renovar-vos a gratidão pela receção que tive e assegurar-vos que levarei no coração a lembrança deste encontro fraterno.

Christos vozkrese!

[00741-PO.02] [Texto original: Italiano]

Traduzione in lingua polacca

Wasza Świątobliwość, czcigodni metropolici i biskupi, drodzy bracia,
Christos vozkrese!

            W radości zmartwychwstałego Pana zwracam się do was z życzeniami wielkanocnymi w tę niedzielę, która na chrześcijańskim Wschodzie jest nazywana „Niedzielą św. Tomasza”. Rozważamy gest Apostoła wkładającego rękę w bok Pana i dotykającego Jego ran, który wyznaje: „Pan mój i Bóg mój!” (J 20,28). Rany, które otworzyły się między nami chrześcijanami na przestrzeni dziejów, to bolesne rany zadane Ciału Chrystusa, którym jest Kościół. Także dzisiaj własnymi rękoma dotykamy ich następstw. Ale może, jeśli włożymy wspólnie rękę w te rany i wyznamy, że Jezus zmartwychwstał, i ogłosimy, że jest naszym Panem i Bogiem, jeśli uznając nasze niedostatki zanurzymy się w Jego ranach miłości, będziemy mogli odkryć na nowo radość przebaczenia i zasmakować dnia, w którym z Bożą pomocą będziemy mogli celebrować tajemnicę paschalną przy tym samym ołtarzu.

            W tym pielgrzymowaniu wspiera nas wielu braci i sióstr, którym najpierw chciałbym oddać hołd: są to świadkowie wydarzenia paschalnego. Jakże wielu chrześcijan w tym kraju znosiło cierpienia z powodu imienia Jezusa, zwłaszcza podczas prześladowań ubiegłego wieku! Ekumenizm krwi! W „Krainie róż” upowszechnili słodką woń. Przeszli przez ciernie próby, aby rozniecić miłą woń Ewangelii. Zakwitli na glebie żyznej i dobrze uprawianej, pośród ludu bogatego wiarą i autentycznym humanizmem, który dał im mocne i głębokie korzenie: mam na myśli w szczególności monastycyzm, który z pokolenia na pokolenie karmił wiarę ludzi. Sądzę, że ci świadkowie Paschy, bracia i siostry różnych wyznań, zjednoczeni w Niebie Boską miłością, teraz patrzą na nas, jak na ziarna zasiane na ziemi, aby przynieść owoce. I podczas gdy wielu innych braci i sióstr na świecie cierpi z powodu wiary, proszą nas, abyśmy nie trwali zamknięci, ale abyśmy się otworzyli, ponieważ tylko w ten sposób ziarna przynoszą owoc.

            Wasza Świątobliwość. Obecne spotkanie, którego tak bardzo pragnąłem, ma miejsce po spotkaniu św. Jana Pawła II z patriarchą Maksymem podczas pierwszej wizyty Biskupa Rzymu w Bułgarii i podąża śladami św. Jana XXIII, który podczas lat spędzonych tutaj, tak bardzo umiłował ten naród „prosty i dobry” (Dziennik duszy, Kraków 1965, 250), ceniąc jego uczciwość, pracowitość i godność w trudnych doświadczeniach. Jestem także tutaj, jako gość przyjęty z miłością i odczuwam w sercu tęsknotę za bratem, tę zbawienną tęsknotę za jednością między dziećmi tego samego Ojca, którą z pewnością miał okazję rozwijać w tym mieście Papież Jan. To właśnie podczas zwołanego przez niego II Soboru Watykańskiego Bułgarski Kościół Prawosławny wysłał swoich obserwatorów. Od tej pory kontakty się nasiliły. Myślę o wizytach delegacji bułgarskich, które od pięćdziesięciu lat udają się do Watykanu, i które z radością witam co roku, a także obecności w Rzymie bułgarskiej wspólnoty prawosławnej, która modli się w jednym z kościołów mojej diecezji. Cieszę się ze wspaniałej gościnności z jaką przyjmowani są tutaj moi wysłannicy, których obecność nasiliła się w ostatnich latach, i ze współpracy z lokalną wspólnotą katolicką, zwłaszcza w dziedzinie kultury. Jestem przekonany, że dzięki Bożej pomocy i w czasach, w których Opatrzność zdecyduje, takie kontakty mogą pozytywnie wpłynąć na wiele innych aspektów naszego dialogu. Tymczasem jesteśmy wezwani do wspólnego podążania i czynienia, aby dawać świadectwo Panu, w szczególności służąc braciom najuboższym i najbardziej zapomnianym, w których jest On obecny. Jest to ekumenizm ubogiego.

            Kierunek pielgrzymowania wyznaczają nam przede wszystkim święci Cyryl i Metody, którzy nas powiązali ze sobą od pierwszego tysiąclecia i których żywa pamięć w naszych Kościołach trwa jako źródło inspiracji, bo pomimo przeciwności, na pierwszym miejscu postawili głoszenie Pana, powołanie do misji. Jak powiedział święty Cyryl: „Z radością stanę za wiarę chrześcijańską; choć zmęczony i chory ciałem, pójdę z radością” (Życie Konstantyna,  Warszawa 1988, tłum. Tadeusz Lehr-Spławiński, VI, 7; XIV, 9). I chociaż pojawiały się znaki ostrzegawcze bolesnych podziałów, które miały miejsce w następnych stuleciach, wybrali perspektywę komunii. Misja i komunia: dwa słowa, które były zawsze obecne w życiu obydwu Świętych i które mogą rzucić światło na nasze pielgrzymowanie, aby wzrastać w braterstwie. To jest ekumenizm misyjny.

            Cyryl i Metody, należąc do kultury bizantyjskiej mieli odwagę przetłumaczyć Biblię na język dostępny dla ludów słowiańskich, aby słowo Boże poprzedzało słowa ludzkie. Ich odważny apostolat jest nadal dla wszystkich wzorem ewangelizacji. Dziedziną, która stawia przed nami wyzwanie jest apostolat młodych pokoleń. Jakże ważne jest, szanując poszczególne tradycje i właściwości, dopomożenie sobie w znajdowaniu sposobów przekazywania wiary zgodnie z językami i formami, pozwalającymi ludziom młodym doświadczyć radości Boga, który ich miłuje i powołuje! W przeciwnym razie będą kuszeni, by pokładać ufność w wielu zwodniczych trendach społeczeństwa konsumpcyjnego.

            Komunia i misja, bliskość i głoszenie. Święci Cyryl i Metody mają nam wiele do powiedzenia również na temat przyszłości wspólnoty Europy. Istotnie: „Byli oni w pewnym sensie promotorami zjednoczonej Europy i głębokiego pokoju między wszystkimi mieszkańcami kontynentu, ukazując podstawy nowej sztuki życia razem, szanując różnice, które nie są absolutnie przeszkodą dla jedności” (Św. Jan Paweł II, Saluto alla Delegazione ufficiale della Bulgaria, 24 maggio 1999: Insegnamenti XXII, 1 [1999], 1080). Również my, spadkobiercy wiary Świętych, jesteśmy powołani do bycia budowniczymi komunii, narzędziami pokoju w imię Jezusa. W Bułgarii „swoistym skrzyżowaniu duchowych dróg, ziemi spotkania i wzajemnego zrozumienia” (Tenże, Przemówienie podczas ceremonii powitalnej, Sofia, 23 maja 2002 r.: L'Osservatore Romano, wyd. polskie n. 7-8 (245)/2002), znalazły gościnę różne wyznania, od ormiańskiego po ewangelickiego i różne religie od judaizmu po islam. Z gościnnością i szacunkiem spotyka się Kościół katolicki zarówno tradycji łacińskiej, jak i bizantyjsko-słowiańskiej. Jestem wdzięczny Waszej Świątobliwości i Świętemu Synodowi za tę życzliwość. Także w naszych relacjach święci Cyryl i Metody przypominają nam, że „pewna różnorodność w obyczajach i zwyczajach wcale nie przeszkadza jedności Kościoła”, a między Wschodem i Zachodem, „odmienne sformułowania teologiczne nierzadko się raczej wzajemnie uzupełniają, niż przeciwstawiają” (Sobór Watykański II, Dekret Unitatis redintegratio, 16-17). „Ileż możemy się nauczyć od innych!” (Adhort. apost. Evangelii gaudium, 246).

            Wkrótce będę mógł wejść do katedry patriarchalnej św. Aleksandra Newskiego, aby pozostać na modlitwie, wspominając  świętych Cyryla i Metodego. Święty Aleksander Newski, z tradycji rosyjskiej, i święci bracia, wywodzący się z tradycji greckiej,  apostołowie narodów słowiańskich, ukazują jak bardzo Bułgaria jest krajem - mostem. Wasza Świątobliwość, drodzy Bracia, zapewniam was o moich modlitwach za was, za wiernych tego umiłowanego narodu, za wzniosłe powołanie tego kraju, za naszą drogę w ekumenizmie krwi, ubogich i misji. Z mojej strony proszę o pamięć w waszych modlitwach, będąc pewnym, że modlitwa jest bramą otwierającą wszelką drogę dobra. Pragnę ponownie wyrazić wdzięczność za przyjęcie, jakie otrzymałem, i zapewnić was, że będę nosił w sercu wspomnienie tego braterskiego spotkania.

            Christos vozkrese!

[00741-PL.02] [Testo originale: Italiano]

Traduzione in lingua araba

كلمة قداسة البابا فرنسيس

خلال اللقاء مع البطرك نيوفيت ومجلس الأساقفة المقدّس

صوفيا

الزيارة الرّسولية إلى بلغاريا

الأحد 5 مايو / أيار 2019

صاحب الغبطة،

أصحاب السعادة المطارنة الكرام،

أيها الإخوة والأخوات الأعزاء،

خريستوس فوسكريسي! المسيح قام!

في فرح الرب القائم من الموت، أوجّه إليكم تحيّة الفصح في يوم الأحد هذا، والذي يسمّى في الشرق المسيحي "أحد القدّيس توما". جميلٌ أن نتأمّل بالرسول الذي وضع يده في جنب الربّ، ولمس جراحه، واعترف: "ربي وإلهي!" (يو 20، 28). إن الجروح التي فتحت بيننا نحن المسيحيين عبر التاريخ هي جروح مؤلمة تلحق بجسد المسيح الذي هو الكنيسة. ويمكننا أن نلمس عواقبها بأيدينا حتى في يومنا هذا. ولكن ربما، إذا وضعنا أيدينا معًا في هذه الجروح واعترفنا بأن يسوع قد قام، وأعلنا أنه ربّنا وإلهنا، وإذا اعترفنا بعيوبنا ونحن ننغمس في جروح محبّته، يمكننا أن نستعيد فرح الغفران وأن نستطعم مسبقًا باليوم الذي يمكننا فيه، بعون الله، الاحتفال بسرّ الفصح على نفس المذبح.

ويدعمنا في هذه المسيرة، العديد من الإخوة والأخوات، الذين أودّ أن أشيد بهم أولًا: إنهم شهود الفصح. كم من المسيحيّين في هذا البلد قد عانوا من أجل اسم يسوع، وخاصّة خلال اضطهاد القرن الماضي! مسكونية الدمّ! لقد نشروا رائحة طيبة في "أرض الورود". مرّوا عبر أشواك المحن كي ينشروا رائحة الإنجيل. لقد نبتوا في تربة خصبة ومُعدّة، في شعب غنيّ بالإيمان وبإنسانية حقيقية، منحهم جذورا قويّة وعميقة: أفكّر بشكل خاص في الحياة الرهبانية، التي غذّت إيمان الناس من جيل إلى جيل. أعتقد أن شهود الفصح هؤلاء، الإخوة والأخوات من الطوائف المختلفة المتّحدين في السماء بالمحبة الإلهية، ينظرون إلينا الآن كبذور زرعت في الأرض كي تثمر. وبينما لا يزال الكثير من الإخوة والأخوات في العالم يعانون بسبب الإيمان، فإنهم يطلبون منّا ألّا نبقى منغلقين، إنما أن ننفتح، لأنه بهذه الطريقة فقط تثمر البذور.

إن هذا اللقاء الذي تشوّقت إليه كثيرا، يعقب لقاء القدّيس يوحنا بولس الثاني مع البطريرك مكسيم، خلال الزيارة الأولى لأسقف روما إلى بلغاريا، ويتبع ذلك خطى القدّيس يوحنا الثالث والعشرين، الذي خلال السنوات التي أمضاها هنا أحبّ هذا الشعب "البسيط والصالح" (يوميات الروح، بولونيا 1987، 325)، وقدّر صدقه وعمله الجاد وكرامته في المحن. وها أنا أيضًا ضيف هنا تستقبلوني بمحبّة، وأشعر في قلبي بحنين أخي، ذلك الحنين السليم إلى الوحدة بين أبناء الآب نفسه، الحنين الذي استطاع البابا يوحنا بالتأكيد أن يجعله ينضج في هذه المدينة. خلال المجمع الفاتيكاني الثاني، الذي دعا إليه هو، أرسلت الكنيسة الأرثوذكسية البلغارية مراقبيها. ومنذ ذلك الحين، تضاعفت الاتّصالات. أشير إلى زيارات الوفود البلغارية، التي تذهب إلى الفاتيكان منذ خمسين عامًا، والتي يسرّني أن أستقبلها كلّ عام؛ وكذلك حضور جماعة أرثوذكسية بلغارية في روما، تصلّي في كنيسة من أبرشيتي. أنا مسرور بالاستقبال الرائع الذي يلقاه مبعوثي هنا، والذين تكثّف وجودهم في السنوات الأخيرة، وكذلك بالتعاون مع الجماعة الكاثوليكية المحلية، وخاصّة في المجال الثقافي. أنا واثق من أن هذه الاتّصالات، بمساعدة الله وفي الأوقات التي تحدّدها العناية الإلهية، يمكن أن تؤثّر بشكل إيجابيّ على العديد من الجوانب الأخرى لحوارنا. في هذه الأثناء، نحن مدعوّون للسير معًا وللتعاون كي نشهد للربّ، ولا سيما من خلال خدمة الإخوة الأشدّ فقرًا والمنسيّين الذين هو حاضر فيهم. مسكونية الفقراء.

إن من يرشدنا على طول الطريق، هما قبل كلّ شيء القدّيسين كيرلس وميثوديوس، اللذان جمعانا منذ الألفية الأولى ويظلّ ذكراهما الحيّ في كنائسنا مصدرًا للإلهام، لأنهما، وعلى الرغم من المحن، وضعا في المقام الأوّل بشارة الربّ، والدعوة إلى الرسالة. كما قال القدّيس كيرلس: "إني أذهب بفرح من أجل الإيمان المسيحي؛ بالرغم من التعب والمحن الجسدية، أذهب بفرح" (حياة قسطنطين السادس، 7؛ XIV، 9). وعلى الرغم من أن العلامات المسبقة للانقسامات المؤلمة التي ستحدث في القرون التالية قد تمّ التنبؤ بها، فقد اختاروا آفاق الشركة. الرسالة والشركة: كلمتان اقترنت دومًا بحياة القدّيسين ويمكنها أن تنير مسيرتنا كي ننمو في الأخوّة.

كان لدى كيرلس وميثوديوس الجرأة، وهما من ثقافة بيزنطية، أن يترجما الكتاب المقدّس إلى لغة يفهمها الشعوب السلافية، فسبقت الكلمةُ الإلهية الكلماتَ البشرية. وتبقى شجاعتهما الرسولية نموذجًا للجميع في حمل البشارة. فالمجال الذي يستحثّنا في حمل البشارة هو مجال الأجيال الصاعدة. كم هو مهمّ، مع احترام التقاليد والخصائص ذات الصلة، أن نتعاون ونجد الطرق لنقل الإيمان وفقًا للغات والأشكال التي تسمح للشبيبة أن يختبروا فرح إله يحبّهم ويدعوهم! وإلّا فسوف يميلوا لأن يضعوا ثقتهم بالعديد من "صفارات الإنذار" المضللة في المجتمع الاستهلاكي.

شركة ورسالة، تقارب وبشارة: لدى القدّيسين كيرلس وميثوديوس الكثير ليقولاه لنا أيضًا فيما يتعلّق بمستقبل المجتمع الأوروبي. في الواقع "لقد كانا، بمعنى ما، مروّجين لأوروبا موحّدة ولسلام عميق بين جميع سكّان القارة، إذ أظهرا أسسَ طريقةٍ جديدة للعيش معًا، عبر احترام الاختلافات، التي لا تشكّل عقبة أمام الوحدة على الإطلاق" (يوحنا بولس الثاني، تحية إلى وفد بلغاريا الرسمي، 24 مايو/أيار 1999: تعاليم XXII، 1[1999] ، 1080). نحن أيضًا، ورثة لإيمان القدّيسين، مدعوّون لأن نكون بنّائي شركة، وأدوات للسلام باسم يسوع. وقد استُضيفت في بلغاريا، "ملتقى طرق روحي، أرض اللقاء والتفاهم المتبادل" (نفس المرجع، كلمة البابا خلال حفل الاستقبال، صوفيا، 23 مايو/أيار 2002: تعاليم XXV، 1[2002] ، 864)، طوائفُ مختلفة: من طائفة الأرمن إلى الطائفة الإنجيلية، كما وديانات مختلفة، من اليهودية إلى الإسلامية. وتلقى الكنيسة الكاثوليكية، في تقليدها اللاتيني والبيزنطي-السلافي، الضيافة والاحترام. أنا ممتن لقداستكم وللمجلس الأسقفي المقدّس على هذا اللطف. حتى في علاقاتنا، يذكّرنا القدّيسان كيرلس وميثوديوس بأن "تنوعًا معينًا من العادات والتقاليد لا يتعارض أبدًا مع وحدة الكنيسة" وأنه بين الشرق والغرب "تُستكمل الصيغ اللاهوتية المختلفة في كثير من الأحيان، بدلًا من أن تتعارض" (المجمع الفاتيكاني الثاني، القرار استعادة الوحدة، 16- 17). "كم من الأشياء يمكن أن نتعلّمها من بعضنا البعض!" (الإرشاد الرسولي فرح الإنجيل، 246).

ستتاح لي الفرصة بعد قليل لدخول كاتدرائية القدّيس ألكسندر نيفسكي البطريركية للتوقّف للصلاة في ذكرى القدّيسين كيرلس وميثوديوس. يظهر القدّيس ألكساندر نيفسكي، من التقاليد الروسية، والأخوان القدّيسان، القادمان من التقاليد اليونانية ورسلا الشعوب السلافية، إلى أيّ مدى تشكّل بلغاريا بلدًا-جسرًا.

صاحب الغبطة، أيها الأخوة الأعزاء، أؤكّد لكم صلواتي من أجلكم، ومن أجل مؤمني هذا الشعب الحبيب، ومن أجل رسالة هذا البلد السامية، ومن أجل مسيرتنا في مسكونية الدماء، والفقير والرسالة. وأطلب بدوري، مكانًا لي في صلواتكم، وأنا على يقين من أن الصلاة هي الباب الذي يفتح كلّ طريق إلى الخير. أودّ أن أعرب عن امتناني للاستقبال الذي تلقّيته وأن أؤكّد لكم أنني سأحمل في قلبي ذكرى هذا اللقاء الأخوي.

خريستوس فوسكريسي! المسيح قام!

[00741-AR.01] [Testo originale: Italiano]

[B0370-XX.02]