Sala Stampa

www.vatican.va

Sala Stampa Back Top Print Pdf
Sala Stampa


Viaggio Apostolico di Papa Francesco negli Emirati Arabi Uniti (3-5 febbraio 2019) – Visita alla St. Joseph Cathedral e Santa Messa nello Zayed Sports City di Abu Dhabi, 05.02.2019


Visita in privato alla St. Joseph Cathedral

Santa Messa nello Zayed Sports City di Abu Dhabi

Visita in privato alla St. Joseph Cathedral

Questa mattina, prima di lasciare la Residenza, il Santo Padre Francesco ha salutato, oltre al personale dell’Al Mushrif Palace, il Nunzio Apostolico negli Emirati Arabi Uniti e Delegato Apostolico della Penisola Arabica, S.E Mons. Francisco Montecillo Padilla, con i familiari e un gruppo di frati cappuccini e di sacerdoti del Vicariato, accompagnati da S.E. Mons. Paul Hinder, O.F.M. Cap., Vicario Apostolico dell’Arabia del Sud. Quindi si è trasferito in auto alla St. Joseph Cathedral, una delle due chiese cattoliche di Abu Dhabi.

Al Suo arrivo il Papa è stato accolto dal Vicario Apostolico dell’Arabia del Sud, dal Vicario Generale e dal Parroco. Quindi, mentre veniva intonato un canto, Papa Francesco è entrato in processione nella Cattedrale all’interno della quale si trovava una rappresentanza della comunità cattolica composta da circa 300 fedeli. S.E. Mons. Hinder ha presentato al Papa la comunità di fedeli presenti e il Santo Padre, rivolgendo loro un breve saluto, ha affermato che è per lui una grande gioia visitare le giovani chiese come quella presente negli Emirati e ha ringraziato i fedeli per la loro testimonianza.

Dopo aver deposto sull’altare un omaggio floreale donatogli da una famiglia e dopo un breve momento di raccoglimento, Papa Francesco ha benedetto i presenti e si è trasferito in auto allo Zayed Sports City per la celebrazione della Santa Messa.

[00175-IT.01]

Santa Messa nello Zayed Sports City di Abu Dhabi

Omelia del Santo Padre

Saluto finale del Santo Padre

Dopo la visita alla St. Joseph Cathedral di Abu Dhabi, il Santo Padre Francesco si è trasferito allo Zayed Sports City per la celebrazione della Santa Messa, alla quale hanno partecipato fedeli cattolici di 100 diverse nazionalità e circa 4 mila musulmani. Dopo il giro in papamobile tra i fedeli, alle ore 10.30 locali (7.30 ora di Roma), il Papa ha celebrato la Santa Messa “Per la pace e la giustizia” [in inglese e latino]. Dopo la proclamazione del Vangelo, ha pronunciato l’omelia.

Al termine della Celebrazione Eucaristica, S.E. Mons. Paul Hinder, O.F.M. Cap., Vescovo titolare di Macon e Vicario Apostolico dell’Arabia del Sud, ha rivolto un breve saluto al Santo Padre. Quindi, prima della Benedizione finale, il Papa ha rivolto ai circa 180 mila fedeli e pellegrini presenti dentro e fuori lo stadio alcune parole di saluto e di ringraziamento.

Subito dopo il Santo Padre ha lasciato lo Zayed Sports City e si è trasferito in auto all’Aeroporto Presidenziale di Abu Dhabi per la cerimonia di congedo dagli Emirati Arabi Uniti.

Pubblichiamo di seguito l’omelia e il saluto finale che il Papa ha pronunciato nel corso della Santa Messa:

Omelia del Santo Padre

Testo in lingua originale

Traduzione in lingua araba

Traduzione in lingua francese

Traduzione in lingua inglese

Traduzione in lingua tedesca

Traduzione in lingua spagnola

Traduzione in lingua portoghese

Traduzione in lingua polacca

Testo in lingua originale

Beati: è la parola con cui Gesù comincia la sua predicazione nel Vangelo di Matteo. Ed è il ritornello che Egli ripete oggi, quasi a voler fissare nel nostro cuore, prima di tutto, un messaggio basilare: se stai con Gesù, se come i discepoli di allora ami ascoltare la sua parola, se cerchi di viverla ogni giorno, sei beato. Non sarai beato, ma sei beato: ecco la prima realtà della vita cristiana. Essa non si presenta come un elenco di prescrizioni esteriori da adempiere o come un complesso insieme di dottrine da conoscere. Anzitutto non è questo; è sapersi, in Gesù, figli amati del Padre. È vivere la gioia di questa beatitudine, è intendere la vita come una storia di amore, la storia dell’amore fedele di Dio che non ci abbandona mai e vuole fare comunione con noi sempre. Ecco il motivo della nostra gioia, di una gioia che nessuna persona al mondo e nessuna circostanza della vita possono toglierci. È una gioia che dà pace anche nel dolore, che già ora fa pregustare quella felicità che ci attende per sempre. Cari fratelli e sorelle, nella gioia di incontrarvi, questa è la parola che sono venuto a dirvi: beati!

Ora, se Gesù dice beati i suoi discepoli, colpiscono tuttavia i motivi delle singole Beatitudini. In esse vediamo un capovolgimento del pensare comune, secondo cui sono beati i ricchi, i potenti, quanti hanno successo e sono acclamati dalle folle. Per Gesù, invece, beati sono i poveri, i miti, quanti restano giusti anche a costo di fare brutta figura, i perseguitati. Chi ha ragione, Gesù o il mondo? Per capire, guardiamo a come ha vissuto Gesù: povero di cose e ricco di amore, ha risanato tante vite, ma non ha risparmiato la sua. È venuto per servire e non per essere servito; ci ha insegnato che non è grande chi ha, ma chi dà. Giusto e mite, non ha opposto resistenza e si è lasciato condannare ingiustamente. In questo modo Gesù ha portato nel mondo l’amore di Dio. Solo così ha sconfitto la morte, il peccato, la paura e la mondanità stessa: con la sola forza dell’amore divino. Chiediamo oggi, qui insieme, la grazia di riscoprire il fascino di seguire Gesù, di imitarlo, di non cercare altro che Lui e il suo amore umile. Perché sta qui, nella comunione con Lui e nell’amore per gli altri, il senso della vita sulla terra. Credete a questo?

Sono venuto anche a dirvi grazie per come vivete il Vangelo che abbiamo ascoltato. Si dice che tra il Vangelo scritto e quello vissuto ci sia la stessa differenza che esiste tra la musica scritta e quella suonata. Voi qui conoscete la melodia del Vangelo e vivete l’entusiasmo del suo ritmo. Siete un coro che comprende una varietà di nazioni, lingue e riti; una diversità che lo Spirito Santo ama e vuole sempre più armonizzare, per farne una sinfonia. Questa gioiosa polifonia della fede è una testimonianza che date a tutti e che edifica la Chiesa. Mi ha colpito quanto Mons. Hinder disse una volta e cioè che non solo egli si sente vostro Pastore, ma che voi, con il vostro esempio, siete spesso pastori per lui. Grazie di questo!

Vivere da beati e seguire la via di Gesù non significa tuttavia stare sempre allegri. Chi è afflitto, chi patisce ingiustizie, chi si prodiga per essere operatore di pace sa che cosa significa soffrire. Per voi non è certo facile vivere lontani da casa e sentire magari, oltre alla mancanza degli affetti più cari, l’incertezza del futuro. Ma il Signore è fedele e non abbandona i suoi. Un episodio della vita di sant’Antonio abate, il grande iniziatore del monachesimo nel deserto, ci può aiutare. Per il Signore aveva lasciato tutto e si trovava nel deserto. Lì, per vario tempo fu immerso in un’aspra lotta spirituale che non gli dava tregua, assalito da dubbi e oscurità, e pure dalla tentazione di cedere alla nostalgia e ai rimpianti per la vita passata. Poi il Signore lo consolò dopo tanto tormento e sant’Antonio gli chiese: «Dov’eri? Perché non sei apparso prima per liberarmi dalle sofferenze? Dove eri?». Allora percepì distintamente la risposta di Gesù: «Io ero qui, Antonio» (S. Atanasio, Vita Antonii, 10). Il Signore è vicino. Può succedere, di fronte a una prova o ad un periodo difficile, di pensare di essere soli, anche dopo tanto tempo passato col Signore. Ma in quei momenti Egli, anche se non interviene subito, ci cammina a fianco e, se continuiamo ad andare avanti, aprirà una via nuova. Perché il Signore è specialista nel fare cose nuove, sa aprire vie anche nel deserto (cfr Is 43,19).

Cari fratelli e sorelle, vorrei dirvi anche che vivere le Beatitudini non richiede gesti eclatanti. Guardiamo a Gesù: non ha lasciato nulla di scritto, non ha costruito nulla di imponente. E quando ci ha detto come vivere non ha chiesto di innalzare grandi opere o di segnalarci compiendo gesta straordinarie. Ci ha chiesto di realizzare una sola opera d’arte, possibile a tutti: quella della nostra vita. Le Beatitudini sono allora una mappa di vita: non domandano azioni sovraumane, ma di imitare Gesù nella vita di ogni giorno. Invitano a tenere pulito il cuore, a praticare la mitezza e la giustizia nonostante tutto, a essere misericordiosi con tutti, a vivere l’afflizione uniti a Dio. È la santità del vivere quotidiano, che non ha bisogno di miracoli e di segni straordinari. Le Beatitudini non sono per superuomini, ma per chi affronta le sfide e le prove di ogni giorno. Chi le vive secondo Gesù rende pulito il mondo. È come un albero che, anche in terra arida, ogni giorno assorbe aria inquinata e restituisce ossigeno. Vi auguro di essere così, ben radicati in Cristo, in Gesù e pronti a fare del bene a chiunque vi sta vicino. Le vostre comunità siano oasi di pace.

Infine, vorrei soffermarmi brevemente su due Beatitudini. La prima: «Beati i miti» (Mt 5,5). Non è beato chi aggredisce o sopraffà, ma chi mantiene il comportamento di Gesù che ci ha salvato: mite anche di fronte ai suoi accusatori. Mi piace citare san Francesco, quando ai frati diede istruzioni su come recarsi presso i Saraceni e i non cristiani. Scrisse: «Che non facciano liti o dispute, ma siano soggetti ad ogni creatura umana per amore di Dio e confessino di essere cristiani» (Regola non bollata, XVI). Né liti né dispute – e questo vale anche per i preti – né liti né dispute: in quel tempo, mentre tanti partivano rivestiti di pesanti armature, san Francesco ricordò che il cristiano parte armato solo della sua fede umile e del suo amore concreto. È importante la mitezza: se vivremo nel mondo al modo di Dio, diventeremo canali della sua presenza; altrimenti, non porteremo frutto.

La seconda Beatitudine: «Beati gli operatori di pace» (v. 9). Il cristiano promuove la pace, a cominciare dalla comunità in cui vive. Nel libro dell’Apocalisse, tra le comunità a cui Gesù stesso si rivolge, ce n’è una, quella di Filadelfia, che credo vi assomigli. È una Chiesa alla quale il Signore, diversamente da quasi tutte le altre, non rimprovera nulla. Essa, infatti, ha custodito la parola di Gesù, senza rinnegare il suo nome, e ha perseverato, cioè è andata avanti, pur nelle difficoltà. E c’è un aspetto importante: il nome Filadelfia significa amore tra i fratelli. L’amore fraterno. Ecco, una Chiesa che persevera nella parola di Gesù e nell’amore fraterno è gradita al Signore e porta frutto. Chiedo per voi la grazia di custodire la pace, l’unità, di prendervi cura gli uni degli altri, con quella bella fraternità per cui non ci sono cristiani di prima e di seconda classe.

Gesù, che vi chiama beati, vi dia la grazia di andare sempre avanti senza scoraggiarvi, crescendo nell’amore «fra voi e verso tutti» (1 Ts 3,12).

[00176-IT.02] [Testo originale: Italiano]

Traduzione in lingua araba

طوبى: هي الكلمة التي يبدأ بها يسوع عظته في إنجيل متى. وهي اللازمة التي يكرّرها اليوم، وكأنه يريد ان يثبِّت في قلبنا، قبل كلِّ شيء، رسالة أساسيّة: إذا كنتَ مع يسوع، إن كنتَ كالتلاميذ تحبّ أن تصغي إلى كلمته، إن كنت تسعى لعيشها يوميًّا فأنت قد نلت الطوبى. لن تنال الطوبى في المستقبل وإنما قد نلتها منذ الآن: هذه هي الحقيقة الأولى للحياة المسيحية. فهي ليست لائحة وصفات خارجية ينبغي القيام بها أو مجموعة عقائد علينا أن نعرفها. ليس الأمر هكذا؛ بل هي أن نعرف أننا، بيسوع، أبناء محبوبون من الآب. إنها عيش فرح هذه الطوبى، وفهم الحياة كقصّة حبّ، قصّة حبّ الله الأمين الذي لا يتركنا أبدًا ويريد أن يقيم معنا شركة على الدوام. هذا هو سبب فرحنا، فرح لا يمكن لأيّ شخص في العالم أو لأيّ ظرف أن ينتزعه منّا. إنه فرح يعطي سلامًا حتى في الألم، فرح يجعلنا منذ الآن نتذوّق تلك السعادة التي تنتظرنا للأبد. أيها الإخوة والأخوات الأعزّاء، في فرح لقائكم، هذه هي الكلمة التي جئت لأقولها لكم: طوبى لكم!

لقد وجّه يسوع التطويبات لتلاميذه، لكن ما يدهشنا إنما هو سببُ كلٍّ مِن هذه التطويبات. فيها نرى انقلابًا جذريًّا للفكر العام، الذي وبحسبه ينال الطوبى الأغنياء والمقتدرون والناجحون وتهتف لهم الجموع. أما بالنسبة ليسوع فطوبى للفقراء والودعاء والذين يحافظون على برّهم حتى لو تركوا انطباعًا سيئًا، وطوبى للمُضطهدين. مَن هو على حقّ إذًا، يسوع أم العالم؟ لكي نفهم علينا أن ننظر إلى الطريقة التي عاش فيها يسوع: عاش فقيرًا بالأشياء وغنيًّا بالمحبّة، لقد شفى العديد من الأشخاص ولكنّه لم ينقذ حياته. جاء ليَخدُم ولا ليُخدَم؛ علّمنا أن العظيم ليس الذي يملك وإنما الذي يُعطي. عادل ووديع، لم يقاوم وسمح بأن يُحاكم ظُلمًا. بهذه الطريقة، حمل يسوع إلى العالم محبّة الله. هكذا فقط تغلّب على الموت والخطيئة والخوف وروح العالم: بقوّة المحبّة الإلهيّة فقط. لنطلب اليوم، هنا معًا، نعمة إعادة اكتشاف جمال اتّباع يسوع والتشبُّه به، وعدم البحث عن شيء آخر غيره وغير محبّته المتواضعة. لأنه عبر الشركة معه وعبر محبّة الآخرين نجد معنى الحياة على الأرض. هل تؤمنون بهذا؟

لقد جئت أيضًا كي أشكركم على طريقة عيشكم للإنجيل الذي سمعناه. يُقال إنه بين الإنجيل المكتوب والإنجيل المعاش نجد الفرق عينه بين الموسيقى المكتوبة والموسيقى المعزوفة. أنتم هنا تعرفون لحن الإنجيل وتعيشون حماس نغمته. أنتم جوقة تتضمّن تنوّع جنسيّات ولغات وطقوس؛ تنوّع يحبّه الروح القدس ويريد على الدوام أن ينسّقه ليصنع منه سمفونية. وسمفونية الإيمان الفَرِحَة هذه والمتعدّدة الأصوات هي شهادة تعطونها للجميع، وتبني الكنيسة. لقد تأثرتُ بما قاله لي المطران هيندر ذات مرّة، أي أنه لا يشعر فقط أنّه راعيكم وإنما أنكم بمثالكم غالبًا ما تكونون رعاةً له، شكرًا على هذا!

إن العيش كمن استحقوا الطوبى واتّباع درب يسوع لا يعني أن نكون مبتهجين على الدوام. فالذي يمرّ بضيقة أو يعاني بسبب الظلم أو يجتهد ليكون صانع سلام يعرف ما معنى الألم. من المؤكّد أنه ليس سهلاً بالنسبة لكم أن تعيشوا بعيدين عن البيت وأن تشعروا ربما، بالإضافة إلى افتقاركم للعواطف الغالية، بمستقبل غير أكيد. لكنّ الربّ أمين ولا يترك خاصّته أبدًا. قد يساعدنا حدث من حياة القدّيس أنطونيوس الكبير مؤسّس الحياة الرهبانية في الصحراء. كان قد ترك كلّ شيء من أجل الربّ وذهب إلى الصحراء، وهناك ولزمن طويل غاص في جهادٍ روحيّ متواصل، إذ كانت تعتريه الشكوك والظلمة وكان يتعرّض لتجربة السقوط في الحنين والتحسّر على الحياة الماضية. بعدها عزاه الربّ، بعد عذاب كبير فسأله القدّيس أنطونيوس: "أين كنتَ، لماذا لم تأتِ لتحريري من الآلام؟ أين كنتَ؟". ففهم عندها بوضوح جواب يسوع: "لقد كنتُ هنا يا أنطونيوس" (القديس أثناسيوس، حياة القديس أنطونيوس، 10). إن الربّ قريب. قد يحصل أن نفكّر أننا وحدنا إزاء تجربة ما أو فترة صعبة حتى بعد زمن طويل قضيناه مع الربّ. لكن في تلك اللحظات، حتى ولو لم يتدخّل فورًا، هو يسير إلى جانبنا، وإن تابعنا المضيّ قدمًا فسيفتح دربًا جديدة. لأنّ الربّ اختصاصيٌّ في القيام بأمور جديدة ويعرف كيف يجعل في البرية طريقًا (را. أش 43، 19).

أيها الإخوة والأخوات الأعزاء، أريد أن أقول لكم أيضًا إن عيش التطويبات لا يتطلّب أعمالًا باهرة. لننظر إلى يسوع: لم يترك شيئًا مكتوبًا ولم يبنِ شيئًا مهيبًا. وعندما قال لنا كيف ينبغي أن نعيش، لم يطلب منا أن نقوم بأعمال كبيرة أو بأفعال فائقة الطبيعة. لقد طلب منا أن نحقق تحفة فنيّة واحدة، في متسع الجميع، وهي حياتنا. فالتطويبات إذًا هي خريطة حياة: لا تتطلّب أعمالاً خارقة وإنما أن نتشبّه بيسوع في الحياة اليوميّة. هي تدعو للمحافظة على نقاوة القلب، وللعيش بوداعة وعدالة بالرغم من كلِّ شيء، ولأن نكون رحماء مع الجميع ونعيش الضيقات متّحدين بالله. إنها قداسة الحياة اليوميّة التي لا تحتاج لأعاجيب ولعلامات خارقة. فالتطويبات ليست لبشر خارقين وإنما لمن يواجه تحديات وتجارب كلِّ يوم. والذي يعيشها وفقًا ليسوع يجعل العالم أنقى. إنها كالشجرة التي، حتى في أرض قاحلة، تمتص الهواء الملوّث وتعطي الاوكسجين. أتمنّى لكم أن تكونوا هكذا، متجذّرين جيّدًا في المسيح، في يسوع ومستعدّين لفعل الخير لكلِّ من هم بجواركم. لتكن جماعاتكم واحات سلام.

في الختام، أريد أن أتوقّف بشكل وجيز عند تطويبتين. الأولى "طوبى للودعاء" (متى 5، 5). لا يستحقّ الطوبى من يهاجم أو يتسلَّط، وإنما من يحافظ على تصرّف يسوع الذي خلّصنا: وديع أيضًا إزاء الذين يتّهمونه. يطيب لي أن أذكر القدّيس فرنسيس عندما أعطى الإخوةَ التعليماتِ حول كيفيّة الذهاب إلى المسلمين وغير المسيحيّين إذ كتب: "عليهم أن يبتعدوا عن الشجار والخلافات، ويخضعوا لكلِّ خليقةٍ بشريّةٍ محبّةً بالله ويعترفوا بأنّهم مسيحيّون". لا شجار ولا خلاف -وهذا ينطبق أيضًا على الكهنة- لا شجار ولا خلاف: في ذلك الزمن فيما كانوا ينطلقون لابسين أدرعة ثقيلة، ذكّر القدّيس فرنسيس أنَّ المسيحي ينطلق مسلَّحًا فقط بإيمانه المتواضع ومحبّته الملموسة. إن الوداعة مهمّة: إن عشنا في العالم بحسب أسلوب الله فسنصبح قنوات لحضوره، وإلّا فلن نثمر.

التطويب الثاني: "طوبى لِلسَّاعينَ إِلى السَّلام". إنَّ المسيحي يعزّز السلام، بدءًا من الجماعة التي يعيش فيها. في سفر الرؤيا، ومن بين الجماعات التي يتوجّه إليها يسوع، نجد جماعة فيلادلفيا، التي أعتقد أنها تشبهكم. إنها كنيسة لا يوبِّخها الربّ على شيء بعكس الكنائس الأخرى. فهي في الواقع قد حفظت كلمة يسوع بدون أن تُنكر اسمه، وثابرت أي مضت قُدمًا حتى في الصعوبات. وهناك جانب مهمّ: الاسم فيلادلفيا يعني المحبّة بين الإخوة. المحبّة الأخويّة. إن الكنيسة التي تثابر على كلمة يسوع وعلى المحبة الأخوية هي مقبولة من الربّ وتثمر. أطلب لكم نعمة المحافظة على السلام والوحدة والاعتناء ببعضكم البعض عبر تلك الأخوّة الجميلة التي لا يوجد فيها مسيحيون من فئة أولى وآخرون من فئة ثانية.

وليمنحكم يسوع، هو الذي يوجّه إليكم التطويبات، نعمة المضي قدمًا على الدوام بدون أن تفقدوا العزيمة، فتنموا في المحبة "لبَعضِكم الِبَعْضٍ ولِجَميعِ النَّاسِ" (1 تس 3، 12).

[00176-AR.02] [Testo originale: Italiano]

Traduzione in lingua francese

Heureux: c’est la parole avec laquelle Jésus commence sa prédication dans l’Evangile de Matthieu. Et c’est le refrain qu’il répète aujourd’hui, presqu’à vouloir fixer dans notre cœur, avant tout, un message de base: si tu es avec Jésus, si, comme les disciples d’alors, tu aimes écouter sa parole, si tu cherches à la vivre chaque jour, tu es heureux. Non tu seras heureux, mais tu es heureux.: voilà la première réalité de la vie chrétienne. Elle ne se présente pas comme une liste de prescriptions extérieures à accomplir ou comme un ensemble complexe de doctrines à connaître. Ce n’est surtout pas cela; c’est se savoir, en Jésus, enfants aimés du Père. C’est vivre la joie de cette béatitude, c’est entendre la vie comme une histoire d’amour, l’histoire de l’amour fidèle de Dieu qui ne nous abandonne jamais et veut être en communion avec nous toujours. Voici le motif de notre joie, d’une joie que personne au monde et qu’aucune circonstance de la vie ne peuvent nous enlever. C’est une joie qui donne de la paix même dans la souffrance, [une joie] qui déjà nous donne un avant-goût de ce bonheur qui nous attend pour toujours. Chers frères et sœurs, dans la joie de vous rencontrer, c’est la parole que je suis venu vous dire, heureux!

Maintenant, si Jésus dit heureux ses disciples, les motifs de chacune des Béatitudes frappent toutefois. En elles nous voyons un renversement de la pensée commune, selon laquelle sont heureux les riches, les puissants, ceux qui ont du succès et sont acclamés par les foules. Pour Jésus, au contraire, heureux sont les pauvres, les doux, ceux qui restent justes même au prix de faire triste figure, les persécutés. Qui a raison, Jésus ou le monde? Pour comprendre, regardons comment a vécu Jésus: pauvre de choses et riche d’amour, il a guéri tant de vies, mais n’a pas épargné la sienne. Il est venu pour servir, non pour être servi; il nous a enseigné que ce n’est pas celui qui a qui est grand, mais celui qui donne. Juste et doux, il n’a pas opposé de résistance et s’est laissé condamner injustement. De cette façon, Jésus a porté dans le monde l’amour de Dieu. Seulement ainsi, il a vaincu la mort, le péché, la peur et la mondanité elle-même: avec la seule force de l’amour divin. Demandons aujourd’hui, ici ensemble, la grâce de redécouvrir l’attrait de suivre Jésus, de l’imiter, de ne pas chercher quelqu’un d’autre que Lui et son humble amour. Parce que c’est là que se tient, dans la communion avec Lui et dans l’amour pour les autres, le sens de la vie sur la terre. Croyez-vous à cela?

Je suis venu aussi pour vous dire merci pour la manière dont vous vivez l’Evangile que nous avons entendu. On dit qu’entre l’Evangile écrit et l’Evangile vécu il y a la même différence qui existe entre la musique écrite et celle jouée. Vous connaissez ici la mélodie de l’Evangile et vous vivez l’enthousiasme de son rythme. Vous êtes un chœur qui comprend une variété de nations, de langues et de rites; une diversité que l’Esprit Saint aime et veut toujours plus harmoniser, pour en faire une symphonie. Cette joyeuse polyphonie de la foi est un témoignage que vous donnez à tous et qui construit l’Eglise. J’ai été touché par ce que Monseigneur Hinder a dit une fois c’est-à-dire que non seulement il se sent votre Pasteur, mais que vous, par votre exemple, vous êtes souvent des pasteurs pour lui. Merci pour cela.

Vivre en bienheureux et suivre la voie de Jésus ne signifie pas toutefois être toujours dans l’allégresse. Celui qui est affligé, qui subit des injustices, qui se dépense pour être un artisan de paix sait ce que signifie souffrir. Pour vous, ce n’est certes pas facile de vivre loin de la maison et de sentir bien sûr, en plus de l’absence de l’affection des personnes les plus chères, l’incertitude de l’avenir. Mais le Seigneur est fidèle et il n’abandonne pas les siens. Un épisode de la vie de saint Antoine, abbé, le grand initiateur du monachisme dans le désert, peut nous aider. Pour le Seigneur, il avait tout laissé et se trouvait dans le désert. Là pendant un certain temps, il fut aux prises avec une âpre lutte spirituelle qui ne lui laissait pas de répit, assailli par des doutes et l’obscurité, et même par la tentation de céder à la nostalgie et aux regrets pour la vie passée. Le Seigneur le consola ensuite après tant de tourments et saint Antoine lui demanda: «Où étais-tu? Pourquoi n’es-tu pas apparu avant pour me libérer des souffrances?» «Où étais-tu? ». « Alors il entendit distinctement la réponse de Jésus: «J’étais là, Antoine» (S. Athanase, Vita Antonii, 10). Le Seigneur est proche. Il peut arriver, devant une épreuve ou dans une période difficile, de penser être seul même après tant de temps passé avec le Seigneur. Mais dans ces moments, même s’il n’intervient pas tout de suite, il marche à nos côtés, si nous continuons à aller de l’avant, il ouvrira un chemin nouveau. Parce que le Seigneur est un spécialiste pour faire des choses nouvelles, il sait ouvrir des voies même dans le désert (cf. Is 43, 19).

Chers frères et sœurs, je voudrais vous dire aussi que vivre les Béatitudes ne demande pas de gestes éclatants. Regardons Jésus: il n’a rien laissé d’écrit, il n’a rien construit d’imposant. Et lorsqu’il nous a dit comment vivre il ne nous a pas demandé d’élever de grandes œuvres ou de nous signaler en accomplissant des gestes extraordinaires. Il nous a demandé de réaliser une seule œuvre d’art, possible pour tous: celle de notre vie. Les Béatitudes sont alors un plan de vie: elles ne demandent pas des actions surhumaines, mais d’imiter Jésus dans la vie de tous les jours. Elles invitent à tenir son cœur propre, à pratiquer la douceur et la justice malgré tout, à être miséricordieux avec tous, à vivre l’affliction en étant unis à Dieu. C’est la sainteté du vivre-au-quotidien, qui n’a pas besoin de miracles et de signes extraordinaires. Les Béatitudes ne sont pas pour des superhommes, mais pour qui affronte les défis et les épreuves de chaque jour. Celui qui les vit selon Jésus rend propre le monde. Il est comme un arbre qui, même en terre aride, absorbe chaque jour de l’air pollué et le restitue oxygéné. Je vous souhaite d’être ainsi, bien enracinés en Christ et prêts à faire du bien à quiconque vous est proche. Que vos communautés soient des oasis de paix.

Enfin, je voudrais m’arrêter brièvement sur deux Béatitudes. La première: «Heureux les doux» (Mt 5, 5). N’est pas heureux celui qui agresse ou écrase, mais celui qui garde le comportement de Jésus qui nous a sauvé: doux aussi devant ses accusateurs. J’aime citer saint François, quand il donne aux frères des instructions sur la manière de se rendre auprès des Sarrasins et des non chrétiens. Il a écrit: «Ne faire ni procès ni disputes, être soumis à toute créature humaine à cause de Dieu et confesser simplement qu’ils sont chrétiens » (Première Règle, XVI). Ni procès, ni disputes - et cela vaut aussi pour le prêtres – ni querelles, ni disputes: à cette époque, tandis que beaucoup partaient revêtus de pesantes armures, saint François a rappelé que le chrétien part armé seulement de sa foi humble et de son amour concret. Elle est importante la douceur: si nous vivons dans le monde à la manière de Dieu, nous deviendrons des canaux de sa présence; autrement, nous ne porterons pas de fruit.

Le seconde Béatitude: «Heureux les artisans de paix» (v.9) Le chrétien promeut la paix, à commencer par la communauté dans laquelle il vit. Dans le livre de l’Apocalypse, parmi les communautés à qui Jésus lui-même s’adresse, il y en a une, celle de Philadelphie, qui je crois vous ressemble. C’est une Eglise que le Seigneur, à la différence de toutes autres, ne réprimande en rien. En effet, elle a gardé la parole de Jésus, sans renier son nom, et elle a persévéré, c’est-à-dire qu’elle est allée de l’avant, même dans les difficultés. Et c’est un aspect important: le nom Philadelphie signifie amour entre les frères. L’amour fraternel. Donc, une Eglise qui persévère dans la parole de Jésus et dans l’amour fraternel est appréciée du Seigneur et porte du fruit. Je demande pour vous la grâce de garder la paix, l’unité, de prendre ici soin les uns des autres, avec cette belle fraternité pour laquelle il n’y a pas de chrétiens de première et de seconde classe.

Que Jésus, qui vous appelle heureux, vous donne la grâce d’aller toujours de l’avant sans vous décourager, en grandissant dans l’amour «entre vous et envers tous» (1 Th 3, 12).

[00176-FR.02] [Texte original: Italien]

Traduzione in lingua inglese

Blessed: this is the word with which Jesus begins his preaching in Matthew’s Gospel. And it is the refrain he repeats today, as if to fix in our hearts, more than anything, an essential message: if you are with Jesus, if you love to listen to his word as the disciples of that time did, if you try to live out this word every day, then you are blessed. Not you will be blessed, but you are blessed; this is the first truth we know about the Christian life. It is not simply a list of external prescriptions to fulfil or a set of teachings to know. The Christian life, first and foremost, is not this; rather, it is the knowledge that, in Jesus, we are the Father’s beloved children. The Christian life means living out the joy of this blessedness, wanting to live life as a love story, the story of God’s faithful love, he who never abandons us and wishes to be in communion with us always. This is the reason for our joy, a joy that no one in the world and no circumstance in our lives can take from us. It is a joy that gives peace also in the midst of pain, a joy that already makes us participate in that eternal happiness which awaits us. Dear brothers and sisters, in the joy of meeting you, this is the word I have come to say to you: blessed!

Even as Jesus calls his own disciples blessed, we are yet struck by the reasons for the individual Beatitudes. We see in them an overturning of that popular thinking, according to which it is the rich and the powerful who are blessed, those who are successful and acclaimed by the crowds. For Jesus, on the other hand, blessed are the poor, the meek, those who remain just even at the cost of appearing in a bad light, those who are persecuted. Who is correct here: Jesus or the world? To understand this, let us look at how Jesus lived: poor in respect to things, but wealthy in love; he healed so many lives, but did not spare his own. He came to serve and not to be served; he taught us that greatness is not found in having but rather in giving. Just and meek, he did not offer resistance, but allowed himself to be condemned unjustly. In this way Jesus brought God’s love into the world. Only in this way did he defeat death, sin, fear and even worldliness: only by the power of divine love. Let us together ask here today for the grace of rediscovering the attraction of following Jesus, of imitating him, of not seeking anyone else but him and his humble love. For here is the meaning of our life: in communion with him and in our love for others. Do you believe in this?

I have also come to say thank you for the way in which you live the Gospel we heard. People say that the difference between the written Gospel and the lived Gospel is the same difference between written music and performed music. You who are here know the Gospel’s tune and you follow its rhythm with enthusiasm. You are a choir composed of numerous nations, languages and rites; a diversity that the Holy Spirit loves and wants to harmonize ever more, in order to make a symphony. This joyful polyphony of faith is a witness that you give everyone and that builds up the Church. It struck me what Bishop Hinder once said: that he not only feels himself to be your shepherd, but that you, by your example, are often shepherds to him. Thank you for that!

To live the life of the blessed and following the way of Jesus does not, however, mean always being cheerful. Someone who is afflicted, who suffers injustice, who does everything he can to be a peacemaker, knows what it means to suffer. It is most certainly not easy for you to live far from home, missing the affection of your loved ones, and perhaps also feeling uncertainty about the future. But the Lord is faithful and does not abandon his people. A story from the life of Saint Anthony the Abbot, the great founder of monasticism in the desert, may be helpful to us. He left everything for the Lord and found himself in the desert. There, for a time, he was immersed in a bitter spiritual struggle that gave him no peace; he was assaulted by doubts and darkness, and even by temptation to give in to nostalgia and regrets about his earlier life. But then, after all this torment the Lord consoled him, and Saint Anthony asked him: “Where were you? Why did you not appear before to free me from my suffering? Where were you?” But then he clearly heard Jesus’ answer: “I was here, Anthony” (Saint Athanasius, Vita Antonii, 10). The Lord is close. It can happen that, when faced with fresh sorrow or a difficult period, we think we are alone, even after all the time we have spent with the Lord. But in those moments, where he might not intervene immediately, he walks at our side. And if we continue to go forward, he will open up a new way for us; for the Lord specializes in doing new things; he can even open paths in the desert (cf. Is 43:19).

Dear brothers and sisters, I want to tell you that living out the Beatitudes does not require dramatic gestures. Look at Jesus: he left nothing written, built nothing imposing. And when he told us how to live, he did not ask us to build great works or draw attention to ourselves with extraordinary gestures. He asked us to produce just one work of art, possible for everyone: our own life. The Beatitudes are thus aroadmap for our life: they do not require superhuman actions, but rather the imitation of Jesus in our everyday life. They invite us to keep our hearts pure, to practice meekness and justice despite everything, to be merciful to all, to live affliction in union with God. This is the holiness of daily life, one that has no need of miracles or of extraordinary signs. The Beatitudes are not for supermen, but for those who face up to the challenges and trials of each day. Those who live out the Beatitudes according to Jesus are able to cleanse the world. They are like a tree that even in the wasteland absorbs polluted air each day and gives back oxygen. It is my hope that you will be like this, rooted in Christ, in Jesus and ready to do good to those around you. May your communities be oases of peace.

Finally, I would like to consider for a moment two of the Beatitudes. First: “Blessed are the meek” (Mt 5:5). Those who attack or overpower others are not blessed, but rather those that uphold Jesus’ way of acting, he who saved us, and who was meek even towards his accusers. I like to quote Saint Francis, when he gave his brothers instructions about approaching the Saracens and non-Christians. He wrote: “Let them not get into arguments or disagreements, but be subject to every human creature out of love for God, and let them profess that they are Christians” (Regula Non Bullata, XVI).Neither arguments nor disagreements -and this also applies to priests - neither arguments nor disagreements: at that time, as many people were setting out, heavily armed, Saint Francis pointed out that Christians set out armed only with their humble faith and concrete love. Meekness is important: if we live in the world according to the ways of God, we will become channels of his presence; otherwise, we will not bear fruit.

Second: “Blessed are the peacemakers” (v. 9). The Christian promotes peace, starting with the community where he or she lives. In the Book of Revelation, among the communities that Jesus himself addresses, there is one, namely Philadelphia, that I think bears a likeness to you. It is a Church which, unlike almost all the others, the Lord does not reproach for anything. Indeed, that Church kept Jesus’ word without renouncing his name and persevered, went forward, even in the midst of difficulties. There is also a significant detail: the name Philadelphia meansbrotherlylove. Fraternal love. Thus a Church which perseveres in Jesus’ word and fraternal love is pleasing to the Lord and bears fruit. I ask for you the grace to preserve peace, unity, to take care of each other, with that beautiful fraternity in which there are no first or second class Christians.

May Jesus, who calls you blessed, give you the grace to go forward without becoming discouraged, abounding in love “to one another and to all” (1 Thess 3:12).

[00176-EN.02] [Original text: Italian]

Traduzione in lingua tedesca

Selig: Das ist das Wort, mit dem Jesus seine Predigt im Matthäusevangelium beginnt. Und es ist der Refrain, den er heute wiederholt, gleichsam um in unserem Herzen vor allem eine grundlegende Botschaft zu verankern: Wenn Du mit Jesus bist, wenn du wie die Jünger von damals es liebst, seinem Wort zuzuhören, wenn du versuchst, es täglich zu leben, dann bist du selig. Du wirst nicht selig sein, aber du bist selig: Das ist die primäre Charakteristik des Lebens des Christen. Es stellt sich nicht als Katalog von äußeren Vorschriften dar, die man erfüllen muss, oder wie ein komplexes Gefüge von Lehren, die man kennen muss. Das ist es nicht. Es bedeutet vielmehr, sich in Jesus als geliebte Kinder des Vaters zu wissen. Es bedeutet, die Freude dieser Seligpreisung zu leben; es bedeutet, das Leben als Liebesgeschichte zu begreifen, die Geschichte der treuen Liebe Gottes, der uns niemals aufgibt und immer mit uns Gemeinschaft haben will. Hier liegt der Grund unserer Freude, einer Freude, die uns keine Person auf der Erde und kein Lebensumstand nehmen kann. Es ist eine Freude, die auch im Schmerz Frieden gibt, die schon jetzt jenes Glück vorauskosten lässt, das uns für immer erwartet. Liebe Brüder und Schwestern, begegnet euch in der Freude, ich bin gekommen, euch dieses Wort zu sagen: Selig!

Wenn nun Jesus seine Jünger selig nennt, so beeindrucken doch die Gründe der einzelnen Seligpreisungen. In ihnen sehen wir eine Umkehrung des gewöhnlichen Denkens, demgemäß die Reichen, die Mächtigen, die Erfolgreichen selig sind und von den Massen bejubelt werden. Für Jesus hingegen sind die Armen, die Sanftmütigen, diejenigen, die auch auf das Risiko hin, sich zu blamieren, gerecht bleiben, und die Verfolgten selig. Wer hat Recht, Jesus oder die Welt? Um zu verstehen, schauen wir darauf, wie Jesus gelebt hat: arm an Materiellem und reich an Liebe hat er viele Leben geheilt, aber sein eigenes nicht geschont. Er ist gekommen, um zu dienen und nicht um bedient zu werden; er hat uns gelehrt, dass nicht der groß ist, der hat, sondern derjenige, der gibt. Gerecht und sanftmütig hat er keinen Widerstand geleistet und sich zu Unrecht verurteilen lassen. Auf diese Weise hat Jesus die Liebe Gottes in die Welt gebracht. Nur so hat er den Tod, die Sünde, die Angst und die Weltlichkeit selbst besiegen können: allein mit der Kraft der göttlichen Liebe. Bitten wir heute hier gemeinsam um die Gnade, die Faszination zu verspüren, Jesus nachzufolgen, ihn nachzuahmen, nichts anderes als ihn und seine demütige Liebe zu suchen. Denn hierin, in der Gemeinschaft mit ihm und in der Liebe zu den Mitmenschen, liegt der Sinn des Lebens auf der Erde. Glaubt ihr das?

Ich bin gekommen, um euch danke dafür zu sagen, wie ihr das Evangelium lebt, das wir gehört haben. Man sagt, dass zwischen dem geschriebenen Evangelium und dem gelebten der gleiche Unterschied besteht wie zwischen der geschriebenen und der gespielten Musik. Ihr kennt hier die Melodie des Evangeliums und lebt den Enthusiasmus seines Rhythmus. Ihr seid ein Chor, der eine Vielfalt von Nationen, Sprachen und Riten umfasst; eine Verschiedenartigkeit, die der Heilige Geist liebt und immer mehr in Harmonie bringen will, um daraus eine Sinfonie zu machen. Diese freudige Polyphonie des Glaubens ist ein Zeugnis, das ihr allen gebt und das die Kirche aufbaut. Mich hat beeindruckt, was Bischof Hinder einmal sagte, nämlich, dass er sich nicht nur als euer Hirte fühlt, sondern dass ihr mit eurem Beispiel oftmals Hirten für ihn seid. Danke dafür!

Als Selige zu leben und dem Weg Jesu zu folgen bedeutet jedoch nicht, immer fröhlich zu sein. Wer betrübt ist, wer unter Ungerechtigkeiten leidet, wer sich aufopferungsvoll als Friedensstifter einsetzt, weiß, was Leiden bedeutet. Für euch ist es gewiss nicht einfach, weit weg von zu Hause zu leben und vielleicht über das Fehlen der Zuneigung eurer Liebsten hinaus die Ungewissheit der Zukunft zu verspüren. Aber der Herr ist treu und lässt die Seinen nicht im Stich. Eine Begebenheit aus dem Leben des heiligen Eremiten Antonius, des großen Wüstenvaters, kann uns hier helfen. Für den Herrn hatte er alles verlassen und er befand sich in der Wüste. Dort war er für geraume Zeit in einen erbitterten geistigen Kampf verwickelt, der ihm keine Ruhe ließ. Er war von Zweifeln und Dunkelheit angefochten und sogar von der Versuchung, der Sehnsucht und der Wehmut nach dem früheren Leben nachzugeben. Der Herr tröstete ihn schließlich nach vielen Qualen, und der heilige Antonius fragte ihn: »Wo warst du? Warum bist du nicht von Anfang an erschienen, um mich von meinen Qualen zu befreien? Wo warst du?« Sodann vernahm er deutlich die Stimme Jesu: »Antonius, ich war hier« (Hl. Athanasius, Vita Antonii, 10). Der Herr ist nahe. Es kann passieren, dass man angesichts einer Prüfung oder einer schwierigen Zeit denkt, allein zu sein, auch nachdem man lange Zeit mit dem Herrn verbracht hat. Aber in diesen Augenblicken geht er an unserer Seite, auch wenn er nicht sofort eingreift, und wenn wir weiter mit ihm vorangehen, wird er einen neuen Weg eröffnen. Weil der Herr darin spezialisiert ist, Neues zu machen, kann er auch in der Wüste Wege anlegen (vgl. Jes 43,19).

Liebe Brüder und Schwestern, ich möchte euch auch sagen, dass das Leben der Seligpreisungen keine Aufsehen erregenden Handlungen erfordert. Schauen wir auf Jesus: Er hat nichts Schriftliches hinterlassen, er hat nichts Prächtiges erbaut. Und als er uns gesagt hat, wie wir leben sollen, hat er nicht verlangt, große Werke zu errichten oder uns dadurch auszuzeichnen, dass wir Außerordentliches vollbringen. Er hat von uns verlangt, ein einziges Kunstwerk zu verwirklichen, das allen möglich ist: jenes unseres Lebens. Die Seligpreisungen sind somit eine Landkarte des Lebens: Sie fordern nicht, Übermenschliches zu leisten, sondern Jesus im alltäglichen Leben nachzufolgen. Sie laden dazu sein, das Herz sauber zu halten, die Sanftmut und die Gerechtigkeit trotz allem zu üben, und mit allen barmherzig zu sein, in der Betrübnis vereint mit Gott zu leben. Es ist die Heiligkeit des alltäglichen Lebens, die keiner Wunder und außerordentlichen Zeichen bedarf. Die Seligpreisungen sind nicht für Übermenschen, aber für denjenigen, der sich den Herausforderungen und Prüfungen des Alltags stellt.

Wer Jesus gemäß lebt, macht die Welt sauber. Er ist wie ein Baum, der auch in trockenem Boden jeden Tag verschmutzte Luft aufnimmt und Sauerstoff zurückgibt. Ich wünsche euch, so zu sein, gut verwurzelt in Christus, in Jesus und bereit, jedem Gutes zu tun, der euch nahe ist. Eure Gemeinschaften seien Oasen des Friedens.

Schließlich möchte ich kurz bei zwei Seligpreisungen verweilen. Die erste: »Selig die Sanftmütigen« (Mt 5,5). Es ist nicht der selig, der angreift und überwältigt, sondern derjenige, der das Verhalten Jesu bewahrt, das uns gerettet hat: sanftmütig auch angesichts seiner Ankläger. Ich zitiere gern den heiligen Franziskus, als er den Brüdern Anweisungen gab, wie sie die Sarazenen und die Nichtchristen aufsuchen sollten. Er schrieb, »dass sie weder Zank noch Streit beginnen, sondern um Gottes willen jeder menschlichen Kreatur untertan sind und bekennen, dass sie Christen sind« (Nicht bullierte Regel, XVI,6). Weder Zank noch Streit – und das gilt auch für die Priester – weder Zank noch Streit: In jener Zeit, als viele mit schweren Rüstungen angetan loszogen, erinnerte der heilige Franziskus daran, dass der Christ nur mit seinem demütigen Glauben und seiner konkreten Liebe gerüstet aufbricht. Die Sanftmut ist wichtig: Wenn wir in der Welt in der Weise Gottes leben werden, werden wir zu Kanälen seiner Gegenwart werden; ansonsten werden wir keine Frucht tragen.

Die zweite Seligpreisung: »Selig, die Frieden stiften« (V. 9). Der Christ fördert den Frieden, angefangen von den Gemeinschaften, in denen er lebt. Im Buch der Offenbarung des Johannes gibt es unter den Gemeinschaften, an die Jesus selbst sich wendet, eine, die von Philadelphia, die euch meines Erachtens ähnelt. Sie ist eine Kirche, der der Herr im Unterschied zu allen anderen nichts vorzuwerfen hat. Denn sie hat das Wort Jesu bewahrt, ohne seinen Namen zu verleugnen, und sie hat selbst in den Schwierigkeiten ausgeharrt, sie ist vorwärtsgegangen. Und es gibt einen wichtigen Aspekt: Der Name Philadelphia bedeutet Geschwisterliebe. Die geschwisterliche Liebe. Ja, eine Kirche, die im Wort Jesu und der geschwisterlichen Liebe verharrt, ist dem Herrn wohlgefällig und bringt Frucht. Ich bitte für euch um die Gnade, den Frieden zu bewahren, die Einheit, euch umeinander zu kümmern mit jener schönen Geschwisterlichkeit, für die es Christen erster und zweiter Klasse nicht gibt.

Jesus, der euch ruft, selig zu sein, möge euch die Gnade geben, immer voranzugehen, ohne den Mut zu verlieren, und dabei in der Liebe »zueinander und zu allen« (1 Thess 3,12) zu wachsen.

[00176-DE.02] [Originalsprache: Italienisch]

Traduzione in lingua spagnola

Bienaventurados: es la palabra con la que Jesús comienza su predicación en el Evangelio de Mateo. Y es el estribillo que él repite hoy, casi como queriendo fijar en nuestro corazón, ante todo, un mensaje fundamental: si estás con Jesús; si amas escuchar su palabra como los discípulos de entonces; si buscas vivirla cada día, eres bienaventurado. No serás bienaventurado, sino que eres bienaventurado: esa es la primera realidad de la vida cristiana. No consiste en un elenco de prescripciones exteriores para cumplir o en un complejo conjunto de doctrinas que hay que conocer. Ante todo, no es esto; es sentirse, en Jesús, hijos amados del Padre. Es vivir la alegría de esta bienaventuranza, es entender la vida como una historia de amor, la historia del amor fiel de Dios que nunca nos abandona y quiere vivir siempre en comunión con nosotros. Este es el motivo de nuestra alegría, de una alegría que ninguna persona en el mundo y ninguna circunstancia de la vida nos puede quitar. Es una alegría que da paz incluso en el dolor, que ya desde ahora nos hace pregustar esa felicidad que nos aguarda para siempre. Queridos hermanos y hermanas, en la alegría de encontraros, esta es la palabra que he venido a deciros:bienaventurados.

Ahora bien, Jesús llama bienaventurados a sus discípulos, sin embargo, llaman la atención los motivos de las diversas bienaventuranzas. En ellas vemos una transformación total en el modo de pensar habitual, que considera bienaventurados a los ricos, los poderosos, los que tienen éxito y son aclamados por las multitudes. Para Jesús, en cambio, son bienaventurados los pobres, los mansos, los que se mantienen justos aun corriendo el riesgo de ser ridiculizados, los perseguidos. ¿Quién tiene razón, Jesús o el mundo? Para entenderlo, miremos cómo vivió Jesús: pobre de cosas y rico de amor, devolvió la salud a muchas vidas, pero no se ahorró la suya. Vino para servir y no para ser servido; nos enseñó que no es grande quien tiene, sino quien da. Fue justo y dócil, no opuso resistencia y se dejó condenar injustamente. De este modo, Jesús trajo al mundo el amor de Dios. Solo así derrotó a la muerte, al pecado, al miedo y a la misma mundanidad, solo con la fuerza del amor divino. Todos juntos, pidamos hoy en este lugar, la gracia de redescubrir la belleza de seguir a Jesús, de imitarlo, de no buscar más que a él y a su amor humilde. Porque el sentido de la vida en la tierra está aquí, en la comunión con él y en el amor por los otros. ¿Creéis esto?

He venido también a daros las gracias por el modo como vivís el Evangelio que hemos escuchado. Se dice que entre el Evangelio escrito y el que se vive existe la misma diferencia que entre la música escrita y la interpretada. Vosotros aquí conocéis la melodía del Evangelio y vivís el entusiasmo de su ritmo. Sois un coro compuesto por una variedad de naciones, lenguas y ritos; una diversidad que el Espíritu Santo ama y quiere armonizar cada vez más, para hacer una sinfonía. Esta alegre sinfonía de la fe es un testimonio que dais a todos y que construye la Iglesia. Me ha impactado lo que Mons. Hinder dijo una vez, que no solo él se siente vuestro Pastor, sino que vosotros, con vuestro ejemplo, sois a menudo pastores para él. ¡Gracias por esto!

Ahora bien, vivir como bienaventurados y seguir el camino de Jesús no significa estar siempre contentos. Quien está afligido, quien sufre injusticias, quien se entrega para ser artífice de la paz sabe lo que significa sufrir. Ciertamente, para vosotros no es fácil vivir lejos de casa y quizá sentir la ausencia de las personas más queridas y la incertidumbre por el futuro. Pero el Señor es fiel y no abandona a los suyos. Nos puede ayudar un episodio de la vida de san Antonio abad, el gran fundador del monacato en el desierto. Él había dejado todo por el Señor y se encontraba en el desierto. Allí, durante un largo tiempo, sufrió una dura lucha espiritual que no le daba tregua, asaltado por dudas y oscuridades, tentado incluso de ceder a la nostalgia y a las cosas de la vida pasada. Después de tanto tormento, el Señor lo consoló y san Antonio le preguntó: «¿Dónde estabas? ¿Por qué no apareciste antes para detener los sufrimientos? ¿Dónde estabas?». Entonces percibió con claridad la respuesta de Jesús: «Antonio, yo estaba aquí» (S. Atanasio, Vida de Antonio, 10). El Señor está cerca. Frente a una prueba o a un período difícil, podemos pensar que estamos solos, incluso después de estar tanto tiempo con el Señor. Pero en esos momentos, aun si no interviene rápidamente, él camina a nuestro lado y, si seguimos adelante, abrirá una senda nueva. Porque el Señor es especialista en hacer nuevas las cosas, y sabe abrir caminos en el desierto (cf.Is43,19).

Queridos hermanos y hermanas: Quisiera deciros también que para vivir las Bienaventuranzas no se necesitan gestos espectaculares. Miremos a Jesús: no dejó nada escrito, no construyó nada imponente. Y cuando nos dijo cómo hemos de vivir no nos ha pedido que levantemos grandes obras o que nos destaquemos realizando hazañas extraordinarias. Nos ha pedido que llevemos a cabo una sola obra de arte, al alcance de todos: la de nuestra vida. Las Bienaventuranzas son una ruta de vida: no nos exigen acciones sobrehumanas, sino que imitemos a Jesús cada día. Invitan a tener limpio el corazón, a practicar la mansedumbre y la justicia a pesar de todo, a ser misericordiosos con todos, a vivir la aflicción unidos a Dios. Es la santidad de la vida cotidiana, que no tiene necesidad de milagros ni de signos extraordinarios. Las Bienaventuranzas no son para súper-hombres, sino para quien afronta los desafíos y las pruebas de cada día. Quien las vive al modo de Jesús purifica el mundo. Es como un árbol que, aun en la tierra árida, absorbe cada día el aire contaminado y devuelve oxígeno. Os deseo que estéis así, arraigados en Cristo, en Jesús y dispuestos a hacer el bien a todo el que está cerca de vosotros. Que vuestras comunidades sean oasis de paz.

Por último, quisiera detenerme brevemente en dos Bienaventuranzas. La primera: «Bienaventurados los mansos» (Mt 5,4). No es bienaventurado quien agrede o somete, sino quien tiene la actitud de Jesús que nos ha salvado: manso, incluso ante sus acusadores. Me gusta citar a san Francisco, cuando da instrucciones a sus hermanos sobre el modo como han de presentarse ante los sarracenos y los no cristianos. Escribe: «No entablen litigios ni contiendas, sino que estén sometidos a toda humana criatura por Dios y confiesen que son cristianos» (Regla no bulada, XVI). No entablen litigios ni contiendas —y esto vale también para los sacerdotes— ni litigios ni contiendas: en ese tiempo, mientras tantos marchaban revestidos de pesadas armaduras, san Francisco recordó que el cristiano va armado solo de su fe humilde y su amor concreto. Es importante la mansedumbre: si vivimos en el mundo al modo de Dios, nos convertiremos en canales de su presencia; de lo contrario, no daremos frutos.

La segunda Bienaventuranza: «Bienaventurados los que trabajan por la paz» (v. 9). El cristiano promueve la paz, comenzando por la comunidad en la que vive. En el libro del Apocalipsis, hay una comunidad a la que Jesús se dirige, la de Filadelfia, que creo se parece a la vuestra. Es una Iglesia a la que el Señor, a diferencia de casi todas las demás, no le reprocha nada. En efecto, ella ha conservado la palabra de Jesús, sin renegar de su nombre, y ha perseverado, es decir que, a pesar de las dificultades, ha seguido adelante. Y hay un aspecto importante: el nombre Filadelfia significaamor entre hermanos. El amor fraterno. Una Iglesia que persevera en la palabra de Jesús y en el amor fraterno es agradable a Dios y da fruto. Pido para vosotros la gracia de conservar la paz, la unidad, de haceros cargo los unos de los otros, con esa hermosa fraternidad que hace que no haya cristianos de primera y de segunda clase.

Jesús, que os llama bienaventurados, os da la gracia de seguir siempre adelante sin desanimaros, creciendo en el amor mutuo y en el amor a todos (cf. 1 Ts 3,12).

[00176-ES.02] [Texto original: Italiano]

Traduzione in lingua portoghese

Felizes: é a palavra com que Jesus começa a sua pregação no Evangelho de Mateus. E é o refrão que Ele repete hoje, como se quisesse antes de mais nada fixar no nosso coração uma mensagem basilar: se estás com Jesus, se gostas – como os discípulos de então – de escutar a sua palavra, se procuras vivê-la cada dia, és feliz. Não serás feliz, mas és feliz: aqui está a primeira realidade da vida cristã. Esta não aparece como uma lista de prescrições exteriores para se cumprir, nem como um conjunto complexo de doutrinas para se conhecer. Primariamente, não é isso, mas saber que somos, em Jesus, filhos amados do Pai. É viver a alegria desta bem-aventurança, é compreender a vida como uma história de amor: a história do amor fiel de Deus, que nunca nos abandona e quer fazer comunhão connosco sempre. Eis o motivo da nossa alegria, uma alegria que nenhuma pessoa no mundo nem nenhuma circunstância da vida pode tirar-nos. É uma alegria que dá paz mesmo na dor, que já agora nos faz saborear a felicidade que nos espera para sempre. Amados irmãos e irmãs, na alegria de vos encontrar, esta é a palavra que vim dizer-vos: Felizes!

Embora Jesus designe felizes os seus discípulos, todavia não deixa de surpreender o motivo de cada uma das Bem-aventuranças. Neles, vemos uma inversão do pensar comum, segundo o qual são felizes os ricos, os poderosos, aqueles que têm sucesso e são aclamados pela multidão. Para Jesus, ao contrário, felizes são os pobres, os mansos, os que permanecem justos, mesmo à custa de fazerem má figura, os perseguidos. Quem tem razão: Jesus ou o mundo? Para compreender, vejamos como viveu Jesus: pobre de coisas e rico de amor, curou muitas vidas, mas não poupou a sua. Veio para servir e não para ser servido; ensinou que não é grande quem tem, mas quem dá. Justo e manso, não opôs resistência e deixou-Se condenar injustamente. E, assim, Jesus trouxe o amor de Deus ao mundo. Só assim derrotou a morte, o pecado, o medo e o próprio mundanismo: unicamente com a força do amor divino. Peçamos hoje, aqui juntos, a graça de voltar a descobrir o encanto de seguir Jesus, de O imitar, de nada mais procurar senão a Ele e seu amor humilde. Com efeito, é na comunhão com Ele e no amor pelos outros que está o sentido da vida na terra. Acreditais nisto?

Vim também para vos agradecer pelo modo como viveis o Evangelho que ouvimos. Diz-se que, entre o Evangelho escrito e o Evangelho vivido há a mesma diferença que existe entre a música escrita e a música tocada. Vós aqui conheceis a melodia do Evangelho, e viveis o entusiasmo do seu ritmo. Formais um coro que engloba uma variedade de nações, línguas e ritos; uma diversidade que o Espírito Santo ama e quer harmonizar cada vez mais para fazer uma sinfonia. Esta jubilosa polifonia da fé é um testemunho que dais a todos e que edifica a Igreja. Impressionou-me aquilo que uma vez me disse D. Hinder: não só ele se sente vosso Pastor, mas também vós, com o vosso exemplo, fazeis muitas vezes de pastor para ele. Obrigado por isso!

Mas, viver como «felizes» e seguir o caminho de Jesus não significa estar sempre alegres. Quem está aflito, quem padece injustiças, quem se prodigaliza como pacificador sabe o que significa sofrer. Com certeza não é fácil, para vós, viver longe de casa e talvez sentir, além da falta das afeições mais queridas, a incerteza do futuro. Mas o Senhor é fiel e não abandona os seus. A propósito, pode ajudar-nos um episódio da vida do Abade Santo Antão, o grande iniciador do monaquismo no deserto. Deixara tudo pelo Senhor, e encontrava-se no deserto. Aqui, durante um bom período de tempo, viveu mergulhado numa áspera luta espiritual que não lhe dava tréguas, assaltado por dúvidas e obscuridades e ainda pela tentação de ceder à nostalgia e suspiros pela vida passada. Quando depois de tanto tormento o Senhor o consolou, Santo Antão perguntou-lhe: «Onde estáveis? Porque não aparecestes antes para me libertar dos sofrimentos?» Onde estavas?». Então ouviu distintamente a resposta de Jesus: «Eu estava aqui, Antão» (Santo Atanásio, Vita Antonii, 10). O Senhor está perto. Confrontados com a provação ou um período difícil, pode acontecer de pensar que estamos sozinhos, mesmo depois de ter passado muito tempo com o Senhor; nesses momentos, porém, ainda que Ele não intervenha imediatamente, caminha ao nosso lado e, se continuarmos a avançar, o Senhor abrirá um caminho novo. Pois Ele é especialista em fazer coisas novas, sabe abrir caminhos mesmo no deserto (cf. Is 43, 19).

Amados irmãos e irmãs, gostaria ainda de vos dizer que viver as Bem-aventuranças não requer gestos fulgurantes. Olhemos para Jesus: não deixou nada escrito, não construiu nada de imponente. E, quando nos disse como viver, não pediu para erguermos grandes obras ou nos salientarmos realizando feitos extraordinários. Uma única obra de arte, possível a todos, nos pediu para realizarmos: a da nossa vida. Então as Bem-aventuranças são um mapa de vida: não pedem ações sobre-humanas, mas a imitação de Jesus na vida de cada dia. Convidam-nos a manter puro o coração, a praticar a mansidão e a justiça venha o que vier, a ser misericordiosos com todos, a viver a aflição unidos a Deus. É a santidade da vida diária, que não precisa de milagres nem de sinais extraordinários. As Bem-aventuranças não são para super-homens, mas para quem enfrenta os desafios e provações de cada dia. Quem as vive à maneira de Jesus torna puro o mundo. É como uma árvore que, mesmo em terra árida, diariamente absorve ar poluído e restitui oxigénio. Faço votos de que sejais assim, bem enraizados em Cristo, em Jesus e prontos a fazer bem a quem está perto de vós. Que as vossas comunidades sejam oásis de paz.

Por fim, queria deter-me brevemente sobre duas Bem-aventuranças. A primeira: «Felizes os mansos» (Mt 5, 5). Não é feliz quem agride ou subjuga, mas quem mantem o comportamento de Jesus que nos salvou: manso, mesmo diante dos seus acusadores. Gosto de citar São Francisco, quando deu instruções aos frades sobre o modo como se apresentarem aos sarracenos e não-cristãos. Escreveu ele: «Que não entrassem em lutas nem disputas, mas se mantivessem sujeitos a toda a criatura humana por amor de Deus e confessassem que eram cristãos» (Regola non bollata, XVI). Nem lutas nem disputas: e isso vale também para os padres – nem brigas nem disputas: naquele tempo em que muitos partiam revestidos de pesadas armaduras, São Francisco lembrou que o cristão parte armado apenas com a sua fé humilde e o seu amor concreto. É importante a mansidão: se vivermos no mundo à maneira de Deus, tornar-nos-emos canais da sua presença; caso contrário, não daremos fruto.

A segunda Bem-aventurança: «Felizes os pacificadores» (Mt 5, 9). O cristão promove a paz, a começar pela comunidade onde vive. No livro do Apocalipse, entre as comunidades a que se dirige o próprio Jesus, acho que há uma parecida com a vossa: a de Filadélfia. É uma Igreja à qual o Senhor – ao contrário do que sucede com quase todas as outras – não censura nada. De facto, ela guardou a palavra de Jesus, sem renegar o seu nome, e perseverou (isto é, caminhou para diante) mesmo nas dificuldades. E há um aspeto importante: o termo Filadélfia significa amor entre os irmãos; o amor fraterno. Então uma Igreja que persevera na palavra de Jesus e no amor fraterno é agradável ao Senhor e produz fruto. Para vós, peço a graça de preservar a paz, a unidade, de cuidar uns dos outros numa bela fraternidade, onde não haja cristãos de primeira classe e de segunda.

Jesus, que vos chama «felizes», vos conceda a graça de caminhardes sempre para diante sem vos desencorajar, crescendo no amor «uns para com os outros e para com todos» (1 Ts 3, 12).

[00176-PO.02] [Texto original: Italiano]

Traduzione in lingua polacca

Błogosławieni: tym słowem Jezus rozpoczyna swoje nauczanie w Ewangelii św. Mateusza. I to jest refren, który powtarza On dzisiaj, tak jak gdyby chciał utrwalić w naszym sercu przede wszystkim podstawowe przesłanie: jeśli jesteś z Jezusem, jeśli podobnie jak ówcześni uczniowie lubisz słuchać Jego słowa, jeśli starasz się nim żyć każdego dnia, jesteś błogosławiony. Nie będziesz błogosławiony, ale jesteś błogosławiony: oto pierwsza rzeczywistość życia chrześcijańskiego. Nie ukazuje się ono jako lista zewnętrznych nakazów, które należy wypełnić, lub jako złożony zestaw doktryn, które trzeba poznać. To nie jest przede wszystkim to. To wiedzieć, że w Jezusie jesteśmy umiłowanymi dziećmi Ojca. To żyć radością tego błogosławieństwa, to rozumieć życie jako historię miłości, historię wiernej miłości Boga, który nigdy nas nie opuszcza i zawsze pragnie nawiązywać z nami komunię. Oto powód naszej radości, radości, której nie może nam odebrać żadna osoba na świecie, ani żadne okoliczności życia. To radość, która daje pokój, nawet w bólu, radość która już obecnie pozwala nam zasmakować tego szczęścia, jakie czeka nas na zawsze. Drodzy bracia i siostry, w radości spotkania z wami, to jest właśnie słowo, które przybyłem wam powiedzieć: błogosławieni!

Otóż, jeśli Jezus nazywa swoich uczniów błogosławionymi, to jednak uderzają motywy poszczególnych Błogosławieństw. Widzimy w nich odwrócenie powszechnej mentalności, według której błogosławieni są bogaci, możni, ci, którym się powodzi i są podziwiani przez tłumy. Natomiast dla Jezusa, przeciwnie, błogosławionymi są ubodzy, łagodni, którzy pozostają sprawiedliwi nawet za cenę sprawiania złego wrażenia, prześladowani. Kto ma rację, Jezus czy świat? Aby to zrozumieć, spójrzmy, jak żył Jezus: ubogi w rzeczy i bogaty miłością, uzdrawiał tak wiele istnień ludzkich, ale nie oszczędził własnego życia. Przyszedł, by służyć, a nie, aby Mu służono; nauczył nas, że nie jest wielkim ten, kto posiada, ale ten, kto daje. Sprawiedliwy i łagodny, nie opierał się i był niesprawiedliwie skazany. W ten sposób Jezus wniósł w świat miłość Boga. Tylko tak zwyciężył śmierć, grzech, lęk i samą światowość: jedynie mocą Bożej miłości. Prośmy dzisiaj, tutaj razem, o łaskę, by na nowo odkryć fascynację pójścia za Jezusem, naśladowania Go, nie szukania niczego innego oprócz Niego i Jego pokornej miłości. Ponieważ na tym, w komunii z Nim i w miłości dla innych, polega sens życia na ziemi. Czy w to wierzycie?

Przybyłem także, by podziękować wam za to, jak żyjecie Ewangelią, którą usłyszeliśmy. Powiada się, że między Ewangelią pisaną a przeżytą jest taka sama różnica, jak między muzyką pisaną a graną. Znacie tutaj melodię Ewangelii i żyjecie entuzjazmem jej rytmu. Jesteście chórem, który obejmuje różne narody, języki i obrządki; różnorodność, którą kocha Duch Święty i chce ją coraz bardziej zharmonizować, aby z niej uczynić symfonię. Ta radosna polifonia wiary jest świadectwem, które dajecie wszystkim i które buduje Kościół. Uderzyło mnie, co kiedyś powiedział bp Hinder, że mianowicie czuje się nie tylko waszym pasterzem, ale że wy, waszym przykładem, często jesteście dla niego pasterzami. Dziękuję wam za to!

Życie jako błogosławieni i podążanie drogą Jezusa nie oznacza jednak bycia zawsze wesołymi. Kto cierpi, kto znosi niesprawiedliwość, kto stara się być budowniczym pokoju, wie, co to znaczy cierpieć. Z pewnością nie jest wam łatwo żyć z dala od domu i być może odczuwać, oprócz braku uczuć osób najdroższych, niepewność przyszłości. Ale Pan jest wierny i nie porzuca swoich. Może nam pomóc pewne wydarzenie z życia św. Antoniego Opata, wielkiego inicjatora monastycyzmu na pustyni. Opuścił wszystko dla Pana i przebywał na pustyni. Tam, przez pewien czas był pogrążony w uciążliwej walce duchowej, która nie dawała mu wytchnienia, atakowany przez wątpliwości i ciemności, a nawet pokusę, by poddać się tęsknocie i żalom za minionym życiem. Wówczas Pan pocieszył go po wielu udrękach, a św. Antoni zapytał go: „Gdzie byłeś? Dlaczego nie zjawiłeś się na początku, aby mnie uwolnić od cierpień? Gdzie byłeś?”. Potem wyraźnie dostrzegł odpowiedź Jezusa: „Tutaj byłem, Antoni” (ŚW. ATANAZY, Żywot św. Antoniego, 10, Warszawa 1987, s. 63). Pan jest blisko. Może się zdarzyć, że w obliczu jakiejś próby lub okresu trudnego myślimy, że jesteśmy sami, nawet po długim czasie spędzonym z Panem. Ale On w takich chwilach, nawet jeśli nie interweniuje natychmiast, idzie obok nas, a jeśli nadal będziemy iść naprzód, otworzy nową drogę. Ponieważ Pan jest specjalistą w tworzeniu rzeczy nowych, potrafi otwierać drogi nawet na pustyni (por. Iz 43.19).

Drodzy bracia i siostry, chciałbym wam również powiedzieć, że życie Błogosławieństwami nie wymaga wielkich gestów. Spójrzmy na Jezusa: nie zostawił nic na piśmie, nie zbudował niczego imponującego. A kiedy nam powiedział, jak żyć, nie żądał wznoszenia wielkich dzieł, ani byśmy się wyróżnili, dokonując niezwykłych czynów. Poprosił nas, abyśmy stworzyli jedno arcydzieło, możliwe dla wszystkich: arcydzieło naszego życia. Błogosławieństwa są zatem mapą życia: nie żądają nadludzkich czynów, lecz naśladowania Jezusa w życiu codziennym. Zachęcają do tego, aby zachować serce czyste, aby praktykować łagodność i sprawiedliwość mimo wszystko, aby być miłosiernymi dla wszystkich, aby przeżywać cierpienia w zjednoczeniu z Bogiem. Jest to świętość codziennego życia, która nie potrzebuje cudów i niezwykłych znaków. Błogosławieństwa nie są dla nadludzi, ale dla tych, którzy zmagają się z wyzwaniami i próbami każdego dnia. Ten, kto je przeżywa według Jezusa, czyni świat czystym. Jest jak drzewo, które nawet na ziemi jałowej codziennie pochłania zanieczyszczone powietrze i oddaje tlen. Życzę wam, abyście byli takimi, dobrze zakorzenionymi w Chrystusie, w Jezusie i gotowymi czynić dobro każdemu, kto jest blisko was. Niech wasze wspólnoty będą oazami pokoju.

Na koniec chciałbym pokrótce zastanowić się nad dwoma Błogosławieństwami. Pierwsze: „Błogosławieni cisi” (Mt 5,5). Nie jest błogosławionym ten, kto atakuje lub przytłacza, lecz ten kto zachowuje postawę Jezusa, który nas zbawił: cichy także w obliczu swoich oskarżycieli. Chciałbym zacytować św. Franciszka, kiedy przekazał braciom nauki, jak iść do Saracenów i niechrześcijan. Napisał: „nie wdawać się w kłótnie ani w spory, lecz być poddanymi wszelkiemu ludzkiemu stworzeniu ze względu na Boga (1 P 2, 13) i przyznawać się do wiary chrześcijańskiej” (Reguła niezatwierdzona, XVI). Ani kłótnie, ani spory – i to dotyczy również księży – ani kłótnie, ani spory: w owych czasach, podczas gdy liczni wyruszali przyodziani w ciężką zbroję, święty Franciszek przypomniał, że chrześcijanin wyrusza uzbrojony jedynie w swoją pokorną wiarę i swoją konkretną miłość. Łagodność jest ważna: jeśli będziemy żyli w świecie na Boży sposób, staniemy się kanałami Jego obecności; w przeciwnym razie nie wydamy owoców.

Drugie błogosławieństwo: „Błogosławieni, którzy wprowadzają pokój” (w. 9). Chrześcijanin krzewi pokój, zaczynając od wspólnoty, w której żyje. W Księdze Apokalipsy, wśród wspólnot, do których zwraca się sam Jezus, jest wspólnota z Filadelfii, która, jak sądzę, jest do was podobna. Jest to Kościół, któremu Pan, w przeciwieństwie do niemal wszystkich innych, nie ma nic do zarzucenia. On rzeczywiście strzegł słowa Jezusa, nie zapierając się Jego imienia i wytrwał, to znaczy, że się rozwijał, nawet w trudnościach. I jest pewien ważny aspekt: nazwa Filadelfia oznacza miłość między braćmi. Miłość braterską. Oto Kościół, który trwa w słowie Jezusa i w braterskiej miłości podoba się Panu i przynosi owoce. Proszę dla was o łaskę zachowania pokoju, jedności, troszczenia się o siebie nawzajem, z tym pięknym braterstwem, ze względu na które nie ma chrześcijan pierwszej i drugiej klasy.

Niech Jezus, który nazywa was błogosławionymi, da wam łaskę, byście szli zawsze naprzód, nie zniechęcając się, wzrastając w miłości „wzajemnej i w miłości do wszystkich ludzi” (1 Tes 3,12).

[00176-PL.02] [Testo originale: Italiano]

Saluto finale del Santo Padre

Testo in lingua originale

Traduzione in lingua araba

Traduzione in lingua francese

Traduzione in lingua inglese

Traduzione in lingua tedesca

Traduzione in lingua spagnola

Traduzione in lingua portoghese

Traduzione in lingua polacca

Testo in lingua originale

Prima di concludere questa celebrazione, che mi ha dato tanta gioia, desidero rivolgere il mio saluto affettuoso a tutti voi che avete partecipato: fedeli caldei, copti, greco-cattolici, greco-melchiti, latini, maroniti, siro-cattolici, siro-malabaresi, siro-malancaresi.

Ringrazio vivamente Monsignor Hinder per la preparazione di questa visita e per tutto il suo lavoro pastorale. Un “grazie” caloroso ai Patriarchi, agli Arcivescovi Maggiori e agli altri Vescovi presenti, ai Sacerdoti, alle persone consacrate e ai tanti laici impegnati con generosità e spirito di servizio nelle comunità e con i più poveri.

Saluto e ringrazio “eyal Zayid fi dar Zayid / i figli di Zayid nella casa di Zayid”.

La nostra Madre Maria Santissima vi custodisca nell’amore alla Chiesa e nella gioiosa testimonianza del Vangelo. Per favore, non dimenticatevi di pregare per me.

[00182-IT.02] [Testo originale: Italiano]

Traduzione in lingua araba

قبل أن أختتم هذا الاحتفال، الذي سرّني للغاية، أودّ أن أوجّه تحيّاتي القلبيّة لكم جميعًا أنتم الذين شاركتم به: المؤمنين الكلدان، والأقباط، والروم-الكاثوليك، والروم-الملكيّين، واللاتين، والموارنة، والسريان-الكاثوليك، والسريان-المالابار، والسريان-المالانكار.

أشكر بحرارة المطران هيندر على التحضير لهذه الزيارة، وعلى جميع أعماله الرعوية.

"شكرًا" جزيلًا للبطاركة، ولرؤساء الأساقفة، وللأساقفة الآخرين الموجودين، وللكهنة، وللأشخاص المكرّسين، وللعديد من العلمانيّين الملتزمين بسخاءٍ وبروح الخدمة، في الجماعات وتجاه الفقراء. أشكر عِيال زايِد في دارِ زايَد.

لتحفظكم أمّنا مريم الكليّة القداسة في حبّ الكنيسة وفي الشهادة الفرحة للإنجيل. من فضلكم لا تنسوا أن تصلّوا من أجلي. شكرًا!

[00182-AR.02] [Testo originale: Italiano]

Traduzione in lingua francese

 Avant de conclure cette célébration, qui m’a donné tant de joie, je désire adresser un affectueux salut à vous tous qui avez participé : fidèles chaldéens, coptes, grecs-catholiques, grecs-melchites, latins, maronites, syro-catholiques, syro-malabars, syro-malankars.

Je remercie vivement Monseigneur Hinder pour la préparation de cette visite et pour tout son travail pastoral. Un « merci » chaleureux aux Patriarches, aux Archevêques majeurs, et aux autres évêques présents, aux prêtres, aux personnes consacrées et aux nombreux laïcs engagés avec générosité et esprit de service dans les communautés et avec les plus pauvres.

Je salue et je remercie "eyal Zayid fi dar Zayid /les fils de Zayid dans la maison de Zayid".

Que notre Mère, la très sainte Vierge Marie, vous garde dans l’amour de l’Église et dans le témoignage joyeux de l’Evangile. S’il vous plaît, n’oubliez pas de prier pour moi.  

[00182-FR.02] [Texte original: Italien]

Traduzione in lingua inglese

Before concluding this celebration, which has been a source of great joy to me, I wish to extend my affectionate greeting to all of you who have participated; the Chaldean, Coptic, Greek-Catholic, Greek-Melchite, Latin, Maronite, Syro-Catholic, Syro-Malabar and the Syro-Malankar faithful.

I sincerely thank Bishop Hinder for the preparations of this visit and for all his pastoral work. A warm thanks also to the Patriarchs, Major Archbishops and all the other Bishops present, to the priests, consecrated persons and to so many lay faithful who are deeply committed, with generosity and a spirit of service, to their communities and to the poorest.

I greet and thank “eyal Zayid fi dar Zayid / the sons of Zayid in the home of Zayid”.

May Our Most Blessed Mother Mary sustain you in your love of the Church and in your joyful witness to the Gospel. Please, do not forget to pray for me.

[00182-EN.02] [Original text: Italian]

Traduzione in lingua tedesca

Bevor wir diese Feier beschließen, die mir viel Freude bereitet hat, möchte ich einen herzlichen Gruß an euch alle richten, die ihr teilgenommen habt: chaldäische, koptische, griechisch-katholische, melkitische, lateinische, maronitische, syrisch-katholische, syro-malabarische, syro-malankarische Gläubige.

Ich danke Bischof Hinder sehr für die Vorbereitung dieses Besuchs und für all seine pastorale Arbeit. Ein herzliches „Dankeschön“ den Patriarchen, den Großerzbischöfen und den anderen anwesenden Bischöfen, den Priestern, den gottgeweihten Personen und den vielen Laien, die sich großzügig und im Geist des Dienens in den Gemeinschaften und für die Ärmsten einsetzen.

Ich grüße „eyal Zayid fi dar Zayid – die Kinder Zayids im Haus Zayids“ und danke ihnen.

Unsere heilige Mutter Maria möge euch in der Liebe zur Kirche und im freudigen Zeugnis für das Evangelium bewahren. Bitte, vergesst nicht, für mich zu beten! Danke!

[00182-DE.02] [Originalsprache: Italienisch]

Traduzione in lingua spagnola

Antes de concluir esta celebración, que me ha dado mucha alegría, quisiera extender mi saludo cordial a todos los que habéis participado: fieles caldeos, coptos, greco-católicos, greco-melquitas, latinos, maronitas, sirio-católicos, siro-malabares, siro-malankares.

Agradezco sinceramente a Monseñor Hinder la preparación de esta visita y todo su trabajo pastoral. Un “gracias” sentido a los patriarcas, a los arzobispos mayores y a los otros obispos presentes, a los sacerdotes, a los consagrados y a tantos laicos comprometidos con generosidad y espíritu de servicio en las comunidades y con los más pobres.

Saludo y doy las gracias a “eyal Zayid fi dar Zayid / a los hijos de Zayid en la casa de Zayid”.

Que Nuestra Madre María Santísima os mantenga en el amor por la Iglesia y en el testimonio gozoso del Evangelio. Por favor, no os olvidéis de rezar mí.

[00182-ES.02] [Texto original: Italiano]

Traduzione in lingua portoghese

…….

[00182-PO.02] [Texto original: Italiano]

Traduzione in lingua polacca

........

[00182-PL.02] [Testo originale: Italiano]

[B0099-XX.02]