Sala Stampa

www.vatican.va

Sala Stampa Back Top Print Pdf
Sala Stampa


Santa Messa nella Solennità di Maria Santissima Madre di Dio e nella 52ma Giornata Mondiale della Pace, 01.01.2019


Omelia del Santo Padre

Traduzione in lingua francese

Traduzione in lingua inglese

Traduzione in lingua tedesca

Traduzione in lingua spagnola

Traduzione in lingua portoghese

Traduzione in lingua polacca

Alle ore 10 di questa mattina, nella Basilica Vaticana, il Santo Padre Francesco ha presieduto la celebrazione della Messa della Solennità di Maria Santissima Madre di Dio nell’ottava di Natale e nella ricorrenza della 52ma Giornata Mondiale della Pace sul tema: «La buona politica è al servizio della pace».

Pubblichiamo di seguito l’omelia che Papa Francesco ha pronunciato nel corso della Celebrazione Eucaristica, dopo la proclamazione del Vangelo:

Omelia del Santo Padre

«Tutti quelli che udivano si stupirono delle cose dette loro dai pastori» (Lc 2,18). Stupirci: a questo siamo chiamati oggi, a conclusione dell’Ottava di Natale, con lo sguardo ancora posato sul Bambino nato per noi, povero di tutto e ricco di amore. Stupore: è l’atteggiamento da avere all’inizio dell’anno, perché la vita è un dono che ci dà la possibilità di ricominciare sempre, anche dalla condizione più bassa.

Ma oggi è anche il giorno in cui stupirsi davanti alla Madre di Dio: Dio è un piccolo bimbo in braccio a una donna, che nutre il suo Creatore. La statua che abbiamo davanti mostra la Madre e il Bambino così uniti da sembrare una cosa sola. È il mistero di oggi, che desta uno stupore infinito: Dio si è legato all’umanità, per sempre. Dio e l’uomo sempre insieme, ecco la buona notizia d’inizio anno: Dio non è un signore distante che abita solitario i cieli, ma l’Amore incarnato, nato come noi da una madre per essere fratello di ciascuno, per essere vicino: il Dio della vicinanza. Sta sulle ginocchia di sua madre, che è anche nostra madre, e da lì riversa sull’umanità una tenerezza nuova. E noi capiamo meglio l’amore divino, che è paterno e materno, come quello di una madre che non smette di credere nei figli e mai li abbandona. Il Dio-con-noi ci ama indipendentemente dai nostri sbagli, dai nostri peccati, da come facciamo andare il mondo. Dio crede nell’umanità, dove si staglia, prima e ineguagliabile, la sua Madre.

All’inizio dell’anno, chiediamo a lei la grazia dello stupore davanti al Dio delle sorprese. Rinnoviamo lo stupore delle origini, quando nacque in noi la fede. La Madre di Dio ci aiuta: la Madre che ha generato il Signore, genera noi al Signore. È madre e rigenera nei figli lo stupore della fede, perché la fede è un incontro, non è una religione. La vita, senza stupore, diventa grigia, abitudinaria; così la fede. E anche la Chiesa ha bisogno di rinnovare lo stupore di essere dimora del Dio vivente, Sposa del Signore, Madre che genera figli. Altrimenti, rischia di assomigliare a un bel museo del passato. La “Chiesa museo”. La Madonna, invece, porta nella Chiesa l’atmosfera di casa, di una casa abitata dal Dio della novità. Accogliamo con stupore il mistero della Madre di Dio, come gli abitanti di Efeso al tempo del Concilio. Come loro la acclamiamo “Santa Madre di Dio”. Da lei lasciamoci guardare, lasciamoci abbracciare, lasciamoci prendere per mano.

Lasciamoci guardare. Questo soprattutto nel momento del bisogno, quando ci troviamo impigliati nei nodi più intricati della vita, giustamente guardiamo alla Madonna, alla Madre. Ma è bello anzitutto lasciarci guardare dalla Madonna. Quando ci guarda, lei non vede dei peccatori, ma dei figli. Si dice che gli occhi sono lo specchio dell’anima; gli occhi della piena di grazia rispecchiano la bellezza di Dio, riflettono su di noi il paradiso. Gesù ha detto che l’occhio è «la lampada del corpo» (Mt 6,22): gli occhi della Madonna sanno illuminare ogni oscurità, riaccendono ovunque la speranza. Il suo sguardo rivolto a noi dice: “Cari figli, coraggio; ci sono io, la vostra madre!”

Questo sguardo materno, che infonde fiducia, aiuta a crescere nella fede. La fede è un legame con Dio che coinvolge tutta intera la persona, e che per essere custodito ha bisogno della Madre di Dio. Il suo sguardo materno ci aiuta a vederci figli amati nel popolo credente di Dio e ad amarci tra noi, al di là dei limiti e degli orientamenti di ciascuno. La Madonna ci radica nella Chiesa, dove l’unità conta più della diversità, e ci esorta a prenderci cura gli uni degli altri. Lo sguardo di Maria ricorda che per la fede è essenziale la tenerezza, che argina la tiepidezza. Tenerezza: la Chiesa della tenerezza. Tenerezza, parola che oggi tanti vogliono cancellare dal dizionario. Quando nella fede c’è posto per la Madre di Dio, non si perde mai il centro: il Signore, perché Maria non indica mai sé stessa, ma Gesù; e i fratelli, perché Maria è madre.

Sguardo della Madre, sguardo delle madri. Un mondo che guarda al futuro senza sguardo materno è miope. Aumenterà pure i profitti, ma non saprà più vedere negli uomini dei figli. Ci saranno guadagni, ma non saranno per tutti. Abiteremo la stessa casa, ma non da fratelli. La famiglia umana si fonda sulle madri. Un mondo nel quale la tenerezza materna è relegata a mero sentimento potrà essere ricco di cose, ma non ricco di domani. Madre di Dio, insegnaci il tuo sguardo sulla vita e volgi il tuo sguardo su di noi, sulle nostre miserie. Rivolgi a noi gli occhi tuoi misericordiosi.

Lasciamoci abbracciare. Dopo lo sguardo, entra qui in gioco il cuore, nel quale, dice il Vangelo odierno, «Maria custodiva tutte queste cose, meditandole» (Lc 2,19). La Madonna, cioè, aveva tutto a cuore, abbracciava tutto, eventi favorevoli e contrari. E tutto meditava, cioè portava a Dio. Ecco il suo segreto. Allo stesso modo ha a cuore la vita di ciascuno di noi: desidera abbracciare tutte le nostre situazioni e presentarle a Dio.

Nella vita frammentata di oggi, dove rischiamo di perdere il filo, è essenziale l’abbraccio della Madre. C’è tanta dispersione e solitudine in giro: il mondo è tutto connesso, ma sembra sempre più disunito. Abbiamo bisogno di affidarci alla Madre. Nella Scrittura ella abbraccia tante situazioni concrete ed è presente dove c’è bisogno: si reca dalla cugina Elisabetta, viene in soccorso agli sposi di Cana, incoraggia i discepoli nel Cenacolo… Maria è rimedio alla solitudine e alla disgregazione. È la Madre della consolazione, che con-sola: sta con chi è solo. Ella sa che per consolare non bastano le parole, occorre la presenza; e lì è presente come madre. Permettiamole di abbracciare la nostra vita. Nella Salve Regina la chiamiamo “vita nostra”: sembra esagerato, perché è Cristo la vita (cfr Gv 14,6), ma Maria è così unita a Lui e così vicina a noi che non c’è niente di meglio che mettere la vita nelle sue mani e riconoscerla “vita, dolcezza e speranza nostra”.

E poi, nel cammino della vita, lasciamoci prendere per mano. Le madri prendono per mano i figli e li introducono con amore nella vita. Ma quanti figli oggi, andando per conto proprio, perdono la direzione, si credono forti e si smarriscono, liberi e diventano schiavi. Quanti, dimentichi dell’affetto materno, vivono arrabbiati con sé stessi e indifferenti a tutto! Quanti, purtroppo, reagiscono a tutto e a tutti con veleno e cattiveria! La vita è così. Mostrarsi cattivi talvolta pare persino sintomo di fortezza. Ma è solo debolezza. Abbiamo bisogno di imparare dalle madri che l’eroismo sta nel donarsi, la fortezza nell’aver pietà, la sapienza nella mitezza.

Dio non ha fatto a meno della Madre: a maggior ragione ne abbiamo bisogno noi. Gesù stesso ce l’ha data, non in un momento qualsiasi, ma dalla croce: «Ecco tua madre!» (Gv 19,27) ha detto al discepolo, ad ogni discepolo. La Madonna non è un optional: va accolta nella vita. È la Regina della pace, che vince il male e conduce sulle vie del bene, che riporta l’unità tra i figli, che educa alla compassione.

Prendici per mano, Maria. Aggrappati a te supereremo i tornanti più angusti della storia. Portaci per mano a riscoprire i legami che ci uniscono. Radunaci insieme sotto il tuo manto, nella tenerezza dell’amore vero, dove si ricostituisce la famiglia umana: “Sotto la tua protezione cerchiamo rifugio, Santa Madre di Dio”. Lo diciamo tutti insieme alla Madonna: “Sotto la tua protezione cerchiamo rifugio, Santa Madre di Dio”.

[00001-IT.02] [Testo originale: Italiano]

Traduzione in lingua francese

«Tous ceux qui entendirent s’étonnaient de ce que leur racontaient les bergers» (Lc 2, 18). S’étonner: c’est à cela que nous sommes conviés aujourd’hui, en conclusion de l’Octave de Noël, le regard encore posé sur l’enfant né pour nous, pauvre de tout et riche en amour. Etonnement: c’est l’attitude qu’il convient d’avoir en début d’année, parce que la vie est un don qui nous donne la possibilité de toujours recommencer, même de très bas.

Mais aujourd’hui c’est aussi le jour de s’étonner devant la Mère de Dieu: Dieu est un petit enfant dans les bras d’une femme qui nourrit son Créateur. La statue qui se trouve devant représente la Mère et l’Enfant unis au point de sembler n’être qu’une seule chose. C’est le mystère de ce jour qui suscite un étonnement infini: Dieu s’est lié à l’humanité pour toujours. Dieu et l’homme toujours ensemble: voilà la bonne nouvelle de début d’année. Dieu n’est pas un maître distant qui habite, solitaire, dans les cieux, mais il est l’Amour incarné, né comme nous d’une mère pour être le frère de chacun, pour être proche: le Dieu de la proximité. Il est sur les genoux de sa mère, qui est aussi notre mère, et, de là, il reverse sur l’humanité une tendresse nouvelle. Et nous comprenons mieux l’amour divin - qui est paternel et maternel - comme celui d’une mère qui ne cesse de croire en ses fils et qui ne les abandonne jamais. Le Dieu-avec-nous nous aime indépendamment de nos erreurs, de nos péchés, de la manière dont nous faisons aller le monde. Dieu croit en l’humanité dont se détache, première et inégalable, sa Mère.

Au début de l’année, demandons-lui la grâce de l’étonnement devant le Dieu des surprises. Renouvelons l’étonnement des origines, quand la foi est née en nous. La Mère de Dieu nous aide: la Mère, qui a engendré le Seigneur, nous engendre au Seigneur. Elle est mère, et elle régénère chez ses enfants l’étonnement de la foi, parce que la foi est une rencontre, ce n’est pas une religion. La vie sans étonnement devient grise, routinière; il en est de même de la foi. Et l’Eglise aussi a besoin de renouveler son étonnement d’être la demeure du Dieu vivant, l’Epouse du Seigneur, la Mère qui engendre des fils. Autrement, elle risque de ressembler à un beau musée du passé. L’“Eglise musée”. La Vierge, au contraire, apporte dans l’Eglise l’atmosphère de la maison, d’une maison habitée par le Dieu de la nouveauté. Accueillons avec étonnement le mystère de la Mère de Dieu, comme les habitants d’Ephèse à l’époque du Concile. Comme eux, acclamons-la: “Sainte Mère de Dieu”. Laissons-nous regarder par elle, laissons-nous embrasser, laissons-nous prendre par la main.

Laissons-nous regarder. Cela, surtout dans les moments de besoin, quand nous nous trouvons empêtrés dans les nœuds les plus compliqués de la vie, regardons à juste titre vers la Vierge vers la Mère. Mais il est beau, surtout, de se laisser regarder par la Vierge. Quand elle nous regarde, elle ne voit pas des pécheurs, mais des fils. On dit que les yeux sont le miroir de l’âme; les yeux de la pleine de grâce reflètent la beauté de Dieu, ils réfléchissent sur nous le paradis. Jésus a dit que l’œil est «la lampe du corps» (Mt 6, 22): les yeux de la Vierge savent éclairer toute obscurité, ils rallument partout l’espérance. Son regard,tourné vers nous, nous dit: “Chers enfants courage; je suis là, votre mère!”.

Ce regard maternel, qui donne confiance, aide à grandir dans la foi. La foi est un lien avec Dieu qui engage la personne tout entière, et qui, pour être gardée, a besoin de la Mère de Dieu. Son regard maternel nous aide à nous voir comme des enfants aimés dans le peuple croyant de Dieu, et à nous aimer entre nous, au-delà des limites et des orientations de chacun. La Vierge nous enracine dans l’Eglise où l’unité compte plus que la diversité, et elle nous exhorte à prendre soin les uns des autres. Le regard de Marie rappelle que la tendresse, qui remédie à la tiédeur, est essentielle pour la foi. Tendresse: l’Eglise de la tendresse. Tendresse, parole qu’aujourd’hui beaucoup veulent effacer du dictionnaire. Quand, dans la foi, il y a de la place pour la Mère de Dieu, on ne perd jamais le centre, le Seigneur, car Marie ne se désigne jamais elle-même, mais Jésus; et les frères, parce que Marie est mère.

Regard de la Mère, regard des mères. Un monde qui regarde l’avenir sans regard maternel est myope. Peut-être, les profits augmenteront ils, mais il ne saura plus voir, dans les hommes, des enfants. Il y aura des gains, mais ils ne seront pas pour tous. Nous habiterons la même maison, mais non comme des frères. La famille humaine se fonde sur les mères. Un monde dans lequel la tendresse maternelle est reléguée à un pur sentiment pourra être riche de choses, mais pas riche de lendemains. Mère de Dieu, enseigne-nous ton regard sur la vie, et tourne ton regard vers nous, vers nos misères. Tourne vers nous tes yeux miséricordieux.

Laissons-nous embrasser. Après le regard, entre ici en jeu le cœur dans lequel, dit l’Evangile de ce jour, «Marie, retenait tous ces événements et les méditait» (Lc 2, 19). Cela veut dire que la Vierge avait tout à cœur, elle embrassait tout, évènements favorables et contraires. Et elle méditait tout, c’est-à-dire portait tout à Dieu. Voilà son secret. De la même manière, elle tient à cœur la vie de chacun de nous: elle désire embrasser toutes nos situations et les présenter à Dieu.

Dans la vie dispersée d’aujourd’hui, où nous risquons de perdre le fil, l’étreinte de la Mère est essentielle. Il y a partout tant d’éparpillement et de solitude: le monde est entièrement connecté, mais il semble être de plus en plus désuni. Nous avons besoin de nous confier à la Mère. Dans l’Ecriture elle embrasse beaucoup de situations concrètes et elle est présente là où il y a besoin: elle se rend chez sa cousine Elisabeth, elle porte secours aux époux de Cana, elle encourage les disciples au Cénacle… Marie est un remède à la solitude et à la désagrégation. Elle est la Mère de la consolation, qui con-sole: elle est avec celui qui est seul. Elle sait que, pour consoler, les paroles ne suffisent pas, il faut la présence; là elle est présente comme mère. Permettons-lui d’embrasser notre vie. Dans le Salve Regina nous l’appelons“notre vie”: cela paraît exagéré car c’est le Christ qui est notre vie (cf. Jn 14, 6); mais Marie est si unie à lui et si proche de nous qu’il n’y a rien de mieux que de mettre notre vie entre ses mains et de la reconnaître comme“notre vie, notre douceur, et notre espérance”.

Et puis, sur le chemin de la vie, laissons-nous prendre par la main. Les mères prennent par la main les enfants et les introduisent avec amour dans la vie. Mais combien d’enfants aujourd’hui, allant à leur propre compte, perdent la direction, se croient forts et s’égarent, de libres ils deviennent esclaves. Combien, oublieux de l’affection maternelle, vivent fâchés avec eux-mêmes et indifférents à tout! Combien, malheureusement, réagissent à tout et à tous avec venin et méchanceté! La vie est ainsi. Se montrer méchant semble même être parfois un signe de force. Mais c’est seulement de la faiblesse. Nous avons besoin d’apprendre des mères que l’héroïsme réside dans le fait de se donner; la force, dans le fait d’avoir de la pitié; la sagesse, dans la douceur.

Dieu ne s’est pas passé de sa Mère: à plus forte raison en avons-nous besoin. Jésus lui-même nous l’a donnée, non pas à n’importe quel moment, mais de la croix; il dit au disciple, à tout disciple: «Voici ta mère» (Jn 19,27). La Vierge n’est pas optionnelle: elle doit être accueillie dans la vie. Elle est la Reine de la paix, qui vainc le mal et conduit sur les voies du bien, qui rétablit l’unité entre ses enfants, qui éduque à la compassion.

Prends-nous par la main, Marie. Agrippés à toi nous passerons les virages les plus difficiles de l’histoire. Par la main, amène-nous à redécouvrir les liens qui nous unissent. Rassemble-nous tous sous ton manteau, dans la tendresse de l’amour vrai, où se reconstitue la famille humaine: “Sous ta protection nous cherchons refuge, Sainte Mère de Dieu”. Disons-le tous ensemble à la Vierge: “Sous ta protection nous cherchons refuge, Sainte Mère de Dieu”.

[00001-FR.02] [Texte original: Italien]

Traduzione in lingua inglese

“All who heard were amazed at what the shepherds told them” (Lk 2:18). To be amazed: this is what is asked of us today, at the conclusion of the Octave of Christmas, as we continue to contemplate the Child born for us, lacking everything yet abounding in love. Amazement is what we should feel at the beginning of each year, for life is a gift that constantly gives us a chance to make a new start, even from the most lowly of circumstances.

Today is also a day to be amazed by the Mother of God. God appears as a little child, held in the arms of a woman who feeds her Creator. The statue before our eyes depicts the Mother and Child so close as to appear as one. That is the mystery we celebrate today, which gives rise to boundless amazement: God has become one with humanity forever. God and man, always together, that is the good news of this new year. God is no distant lord, dwelling in splendid isolation above the heavens, but love incarnate, born like us of a mother, in order to be a brother to each of us, to be close to us: the God of closeness. He rests on the lap of his mother, who is also our mother, and from there he pours out upon humanity a new tenderness. Thus we come to understand more fully God’s love, which is both paternal and maternal, like that of a mother who never stops believing in her children and never abandons them. God-with-us, Emmanuel, loves us despite our mistakes, our sins, and the way we treat our world. God believes in mankind, because its first and preeminent member is his own Mother.

At the beginning of the year, let us implore from Mary the grace to be amazed at the God of surprises. Let us renew the amazement we felt when faith was first born in us. The Mother of God helps us: the Mother who gave birth to the Lord, now presents us, reborn, to the Lord. She is a mother who generates in her children the amazement of faith, because faith is an encounter, not a religion. Without amazement, life becomes dull and routine, and so it is with faith. The Church too needs to renew her amazement at being the dwelling place of the living God, the Bride of the Lord, a Mother who gives birth to her children. Otherwise, she risks turning into a beautiful museum of the past. A “Church museum”. Our Lady instead gives the Church the feel of a home, a home in which the God of newness dwells. Let us receive with amazement the mystery of the Mother of God, as the inhabitants of Ephesus did at the time of the Council. Like them, let us acclaim her “Holy Mother of God”. From her, let us allow ourselves to be gazed upon, to be embraced, to be taken by the hand.

Let us allow ourselves to be gazed upon. Especially in times of need, when we are entangled in life’s knots, we rightly lift our eyes to Our Lady, to Our Mother. Yet first, we should let ourselves be gazed upon by Our Lady. When she gazes upon us, she does not see sinners but children. It is said that the eyes are the mirror of the soul; the eyes of Mary, full of grace, reflect the beauty of God, they show us a reflection of heaven. Jesus himself said that the eye is “the lamp of the body” (Mt 6:22): the eyes of Our Lady are able to bring light to every dark corner; everywhere they rekindle hope. As she gazes upon us, she says: “Take heart, dear children; here I am, your Mother!”

This maternal gaze, which instils confidence and trust, helps us to grow in faith. Faith is a bond with God that engages the whole person; to be preserved, it needs the Mother of God. Her maternal gaze helps us see ourselves as beloved children in God’s faithful people, and to love one another regardless of our individual limitations and approaches. Our Lady keeps us rooted in the Church, where unity counts more than diversity; she encourages us to care for one another. Mary’s gaze reminds us that faith demands a tenderness that can save us from becoming lukewarm. Tenderness: the Church of tenderness. Tenderness is a word that today many want to remove from the dictionary. When faith makes a place for the Mother of God, we never lose sight of the centre: the Lord, for Mary never points to herself but to Jesus; and our brothers and sisters, for Mary is mother.

The gaze of the Mother, and the gaze of every mother. A world that looks to the future without a mother’s gaze is shortsighted. It may well increase its profits, but it will no longer see others as children. It will make money, but not for everyone. We will all dwell in the same house, but not as brothers and sisters. The human family is built upon mothers. A world in which maternal tenderness is dismissed as mere sentiment may be rich materially, but poor where the future is concerned. Mother of God, teach us to see life as you do. Turn your gaze upon us, upon our misery, our poverty. Turn to us thine eyes of mercy.

Let us allow ourselves to be embraced. From Mary’s gaze, we now turn to her heart, in which, as today’s Gospel recounts, she “treasured all these things and pondered them” (Lk 2:19). Our Lady, in other words, took everything to heart; she embraced everything, events both good and bad. And she pondered all these things; she brought them before God. This was her secret. In the same way, she now takes to heart the life of each of us: she wants to embrace our every situation and to present it to God.

In today’s fragmented world, where we risk losing our bearings, a Mother’s embrace is essential. How much dispersion and solitude there is all around us! The world is completely connected, yet seems increasingly disjointed. We need to entrust ourselves to our Mother. In the Scriptures, Our Lady embraces any number of concrete situations; she is present wherever she is needed. She visits her cousin Elizabeth; she comes to the aid of the newlyweds in Cana; she encourages the disciples in the Upper Room… Mary is a cure for solitude and dispersion. She is the Mother of con-solation: she stands “with” those who are “alone”. She knows that words are not enough to console; presence is needed, and she is present as a mother. Let us allow her to embrace our lives. In the Salve Regina, we call her “our life”. This may seem exaggerated, for Christ himself is “life” (cf. Jn 14:6), yet Mary is so closely united to him, and so close to us, that we can do no better than to put our hands in hers and to acknowledge her as “our life, our sweetness and our hope.”

And in the journey of life, let us allow ourselves to be taken by the hand. Mothers take their children by the hand and lovingly introduce them to life. But how many children today wander off on their own and lose their way. Thinking they are strong, they get lost; thinking they are free, they become slaves. How many, forgetting a mother’s affection, live in anger with themselves and indifference to everything! How many, sad to say, react to everything and everyone with bitterness and malice! Life is such. Showing oneself “malicious” even seems at times to be a sign of strength. Yet it is nothing more than weakness. We need to learn from mothers that heroism is shown in self-giving, strength in compassion, wisdom in meekness.

God himself needed a Mother: how much more so do we! Jesus himself gave her to us, from the cross: “Behold your mother!” (Jn 19:27). He said this to the beloved disciple and to every disciple. Our Lady is not an optional accessory: she has to be welcomed into our life. She is the Queen of peace, who triumphs over evil and leads us along paths of goodness, who restores unity to her children, who teaches us compassion.

Mary, take us by the hand. Clinging to you, we will pass safely through the straits of history. Lead us by the hand to rediscover the bonds that unite us. Gather us beneath your mantle, in the tenderness of true love, where the human family is reborn: “We fly to thy protection, O Holy Mother of God”. Let us together pray these words to Our Lady: “We fly to thy protection, O Holy Mother of God”.

[00001-EN.02] [Original text: Italian]

Traduzione in lingua tedesca

»Und alle, die es hörten, staunten über das, was ihnen von den Hirten erzählt wurde« (Lk 2,18). Staunen: Dazu werden wir heute am Ende der Weihnachtsoktav angeregt, wenn wir noch einmal das Göttliche Kind betrachten, das uns geboren wurde, arm an allem, aber reich an Liebe. Das Staunen ist das für den Jahresanfang angemessene Verhalten, weil das Leben ein Geschenk ist, das uns die Möglichkeit gibt, immer wieder neu anzufangen, auch von der schwierigsten Lage.

Doch heute ist auch der Tag, um über die Mutter Gottes zu staunen: Gott ist ein kleines Kind auf dem Arm einer Frau, die ihrem Schöpfer Nahrung gibt. Die Statue hier vor uns zeigt die Mutter und das Kind so miteinander verbunden, als wären sie eins. Das heutige Geheimnis erweckt ein grenzenloses Staunen: Gott hat sich an die Menschheit gebunden, für immer. Gott und Mensch sind immer zusammen, das ist die gute Nachricht zum Jahresbeginn: Gott ist kein Herr, der fern ist und einsam im Himmel wohnt, sondern er ist Fleisch gewordene Liebe. Er wurde wie wir von einer Mutter geboren, um unser aller Bruder zu sein, um nahe zu sein: der Gott der Nähe. Er steht auf den Knien seiner Mutter, die auch unsere Mutter ist, und von dort gießt er eine neue Zärtlichkeit über die Menschheit aus. Und wir verstehen die göttliche Liebe besser, die väterlich und mütterlich ist, wie jene einer Mutter, die nicht aufhört, an ihre Kinder zu glauben und sie nie im Stich lässt. Der Gott-mit-uns liebt uns trotz unserer Fehler, trotz unserer Sünden, trotz der Weise, wie wir die Dinge drehen. Gott glaubt an die Menschheit, von der sich zuerst und unvergleichlich seine Mutter abhebt.

Zu Beginn des Jahres bitten wir sie um die Gnade des Staunens vor dem Gott der Überraschungen. Erneuern wir das anfängliche Staunen, als in uns der Glaube erwachte. Die Mutter Gottes hilft uns: die Mutter, die den Herrn geboren hat, gebiert uns für den Herrn. Sie ist Mutter und bringt die Kinder zum gläubigen Staunen, weil der Glaube eine Begegnung und nicht eine Religion ist. Das Leben ohne Staunen wird grau und eintönig, ebenso der Glaube. Und auch die Kirche muss immer neu das Staunen über die Tatsache lernen, Wohnung des lebendigen Gottes, Braut des Herrn, Kinder gebärende Mutter zu sein. Sonst gleicht sie allzu leicht einem schönen Museum der Vergangenheit. Die „Kirche als Museum“. Maria dagegen bringt eine häusliche Atmosphäre in die Kirche, die Atmosphäre von einem Haus, das der Gott des Neuen bewohnt. Nehmen wir mit Staunen das Geheimnis der Mutter Gottes auf wie die Bewohner von Ephesus zur Zeit des Konzils. Wie sie wollen auch wir sie anrufen als „heilige Mutter Gottes“. Von ihr wollen wir uns anschauen, umarmen und an der Hand nehmen lassen.

Lassen wir uns anschauen. Besonders in Zeiten der Not, wenn wir uns in den verwickelten Knoten des Lebens verfangen haben, schauen wir zu Recht auf Maria, auf die Mutter. Vor allem ist es aber schön, sich von Maria anschauen zu lassen. Wenn sie uns ihren Blick zuwendet, sieht sie nicht die Sünder, sondern die Kinder. Man sagt, dass die Augen ein Spiegel der Seele sind. Die Augen der Gnadenvollen spiegeln die Schönheit Gottes wider und lassen über uns das Paradies aufscheinen. Jesus hat gesagt, dass das Auge »die Leuchte des Leibes« (Mt 6,22) ist: die Augen Marias machen alle Dunkelheit hell und entfachen überall die Hoffnung. Ihr auf uns gerichteter Blick sagt: „Liebe Kinder, habt Mut; ich bin da, eure Mutter!“

Dieser mütterliche Blick, der Vertrauen einflößt, hilft zum Wachstum im Glauben. Der Glaube ist eine Verbindung mit Gott, die den ganzen Menschen einbezieht und die zu ihrem Bestand die Mutter Gottes braucht. Ihr mütterlicher Blick hilft uns, uns als geliebte Kinder im gläubigen Volk Gottes zu sehen und uns untereinander über unsere jeweiligen Grenzen und Ausrichtungen hinaus zu lieben. Maria verwurzelt uns in der Kirche, wo die Einheit mehr zählt als die Verschiedenheit, und ermahnt uns, füreinander Sorge zu tragen. Der Blick Marias erinnert daran, dass für den Glauben die Sanftmut wesentlich ist, die die Lauheit fernhält. Zärtlichkeit: die Kirche der Zärtlichkeit. Zärtlichkeit, ein Wort, das heute viele aus dem Wörterbuch tilgen wollen. Wenn im Glauben ein Platz für die Mutter Gottes ist, wird man nie die Mitte, den Herrn, verlieren; denn Maria weist nie auf sich selbst hin, sondern auf Jesus und auf die Geschwister, weil sie Mutter ist.

Der Blick der Mutter und der Blick der Mütter. Eine Welt, die ohne den mütterlichen Blick in die Zukunft schaut, ist kurzsichtig. Selbst wenn sie den Profit mehrt, wird sie es nicht verstehen, in den Menschen Söhne und Töchter zu sehen. Es wird Gewinne geben, aber sie werden nicht allen zukommen. Wir werden im selben Haus wohnen, aber nicht als Geschwister. Die menschliche Familie gründet auf den Müttern. Eine Welt, in der die mütterliche Zärtlichkeit auf ein schlichtes Gefühl beschränkt wird, mag reich an Gütern sein, aber nicht reich an Zukunft. Mutter Gottes, lehre uns deinen Blick auf das Leben und blicke auf uns und auf unser Elend. Wende deine barmherzigen Augen uns zu.

Lassen wir uns umarmen. Neben dem Blick kommt hier das Herz ins Spiel, denn, so sagt das heutige Evangelium, »Maria bewahrte alle diese Worte und erwog sie in ihrem Herzen« (Lk 2,19). Maria trug also alles im Herzen und umfing alles, die guten und die schlechten Ereignisse. Und sie erwog alles, das heißt, sie brachte es zu Gott. Hier liegt ihr Geheimnis. Ebenso trägt sie das Leben eines jeden von uns im Herzen: Sie möchte alle unsere Situationen umfangen und sie vor Gott bringen.

Im aufgesplitterten Leben von heute, wo wir Gefahr laufen, den Faden zu verlieren, ist die Umarmung der Mutter wesentlich. Es ist so viel Zersplitterung und Einsamkeit vorhanden: Die Welt ist ganz vernetzt, aber scheint immer uneiniger zu werden. Da ist es nötig, dass wir uns der Mutter anvertrauen. In der Heiligen Schrift setzt sie sich in vielen konkreten Situationen ein; sie ist da, wo es nottut: Sie begibt sich zu ihrer Verwandten Elisabeth; sie kommt den Brautleuten in Kana zur Hilfe; sie ermutigt die Jünger im Abendmahlssaal … Maria ist das Heilmittel gegen die Einsamkeit und die Zersplitterung. Sie ist die Mutter des Beistands; sie steht bei; sie ist bei dem, der allein ist. Sie weiß, dass für den Beistand die Worte nicht genügen. Es bedarf der Gegenwart. Und da sie ist als Mutter zur Stelle. Gestatten wir ihr, unser Leben zu umfangen. Im Salve Regina nennen wir sie „unser Leben“: Dies scheint übertrieben, denn Christus ist das Leben (vgl. Joh 14,6). Doch Maria ist so eins mit ihm und uns so nahe, dass es nichts Besseres gibt, als unser Leben in ihre Hände zu geben und sie als „unser Leben, unsre Wonne und unsre Hoffnung“ zu bekennen.

Und dann lassen wir uns auf dem Lebensweg an der Hand nehmen. Die Mütter nehmen ihre Kinder an der Hand und führen sie mit Liebe in das Leben. Doch wie viele Söhne und Töchter gehen heute eigene Wege und verlieren die Orientierung. Sie glauben, stark zu sein, und sie verirren sich. Sie wähnen sich frei und werden zu Sklaven. Wie viele, die die mütterliche Zuneigung verdrängt haben, leben zornig auf sich selbst und gleichgültig gegenüber allem! Wie viele reagieren auf alles und auf alle mit Gift und Bosheit! So ist das Leben. Sich als böse zu gebärden scheint zuweilen sogar ein Synonym für Stärke zu sein. Doch es ist nur Schwäche. Wir müssen von den Müttern lernen, dass der Heroismus in der Hingabe besteht, die Stärke im Mitleidhaben, die Weisheit in der Milde.

Gott ist nicht ohne die Mutter ausgekommen: umso mehr haben wir sie nötig. Jesus selbst hat sie uns gegeben, nicht bei irgendeiner Gelegenheit, sondern vom Kreuz aus: »Siehe, deine Mutter!« (Joh 19,27), hat er zu dem Jünger gesagt und sagt er zu jedem Jünger. Maria ist kein optional: Sie ist im Leben anzunehmen. Sie ist die Königin des Friedens, die das Böse besiegt und uns auf den Wegen des Guten leitet, die die Einheit unter den Kindern wiederherstellt und zum Mitgefühl erzieht.

Nimm uns an der Hand, Maria. Wenn wir uns an dich klammern, werden wir die bedrückendsten Wechselfälle der Geschichte meistern. Führe uns an der Hand, damit wir die Verbindungen wiederentdecken, die uns zusammenhalten. Sammle uns alle unter deinem Mantel, in der Zärtlichkeit der wahren Liebe, wo sich die menschliche Familie wieder zusammenfindet: „Unter deinen Schutz und Schirm fliehen wir, o heilige Gottesmutter“. Sagen wir es alle zusammen der Gottesmutter: „Unter deinen Schutz und Schirm fliehen wir, o heilige Gottesmutter.“

[00001-DE.02] [Originalsprache: Italienisch]

Traduzione in lingua spagnola

«Todos los que lo oían se admiraban de lo que les habían dicho los pastores» (Lc 2,18). Admirarnos: a esto estamos llamados hoy, al final de la octava de Navidad, con la mirada puesta aún en el Niño que nos ha nacido, pobre de todo y rico de amor. Admiración: es la actitud que hemos de tener al comienzo del año, porque la vida es un don que siempre nos ofrece la posibilidad de empezar de nuevo, incluso en las peores situaciones.

Pero hoy es también un día para admirarse delante de la Madre de Dios: Dios es un niño pequeño en brazos de una mujer, que nutre a su Creador. La imagen que tenemos delante nos muestra a la Madre y al Niño tan unidos que parecen una sola cosa. Es el misterio de este día, que produce una admiración infinita: Dios se ha unido a la humanidad, para siempre. Dios y el hombre siempre juntos, esta es la buena noticia al inicio del año: Dios no es un señor distante que vive solitario en los cielos, sino el Amor encarnado, nacido como nosotros de una madre para ser hermano de cada uno, para estar cerca: el Dios de la cercanía. Está en el regazo de su madre, que es también nuestra madre, y desde allí derrama una ternura nueva sobre la humanidad. Y nosotros entendemos mejor el amor divino, que es paterno y materno, como el de una madre que nunca deja de creer en los hijos y jamás los abandona. El Dios-con-nosotros nos ama independientemente de nuestros errores, de nuestros pecados, de cómo hagamos funcionar el mundo. Dios cree en la humanidad, donde resalta, primera e inigualable, su Madre.

Al comienzo del año, pidámosle a ella la gracia del asombro ante el Dios de las sorpresas. Renovemos el asombro de los orígenes, cuando nació en nosotros la fe. La Madre de Dios nos ayuda: Madre que ha engendrado al Señor, nos engendra a nosotros para el Señor. Es madre y regenera en los hijos el asombro de la fe, porque la fe es un encuentro, no es una religión. La vida sin asombro se vuelve gris, rutinaria; lo mismo sucede con la fe. Y también la Iglesia necesita renovar el asombro de ser morada del Dios vivo, Esposa del Señor, Madre que engendra hijos. De lo contrario, corre el riesgo de parecerse a un hermoso museo del pasado. La “Iglesia museo”. La Virgen, en cambio, lleva a la Iglesia la atmósfera de casa, de una casa habitada por el Dios de la novedad. Acojamos con asombro el misterio de la Madre de Dios, como los habitantes de Éfeso en el tiempo del Concilio. Como ellos, la aclamamos «Santa Madre de Dios». Dejémonos mirar, dejémonos abrazar, dejémonos tomar de la mano por ella.

Dejémonos mirar. Especialmente en el momento de la necesidad, cuando nos encontramos atrapados por los nudos más intrincados de la vida, hacemos bien en mirar a la Virgen, a la Madre. Pero es hermoso ante todo dejarnos mirar por la Virgen. Cuando ella nos mira, no ve pecadores, sino hijos. Se dice que los ojos son el espejo del alma, los ojos de la llena de gracia reflejan la belleza de Dios, reflejan el cielo sobre nosotros. Jesús ha dicho que el ojo es «la lámpara del cuerpo» (Mt 6,22): los ojos de la Virgen saben iluminar toda oscuridad, vuelven a encender la esperanza en todas partes. Su mirada dirigida hacia nosotros nos dice: “Queridos hijos, ánimo; estoy yo, vuestra madre”.

Esta mirada materna, que infunde confianza, ayuda a crecer en la fe. La fe es un vínculo con Dios que involucra a toda la persona, y que para ser custodiado necesita de la Madre de Dios. Su mirada materna nos ayuda a sabernos hijos amados en el pueblo creyente de Dios y a amarnos entre nosotros, más allá de los límites y de las orientaciones de cada uno. La Virgen nos arraiga en la Iglesia, donde la unidad cuenta más que la diversidad, y nos exhorta a cuidar los unos de los otros. La mirada de María recuerda que para la fe es esencial la ternura, que combate la tibieza. Ternura: la Iglesia de la ternura. Ternura, palabra que muchos quieren hoy borrar del diccionario. Cuando en la fe hay espacio para la Madre de Dios, nunca se pierde el centro: el Señor, porque María jamás se señala a sí misma, sino a Jesús; y a los hermanos, porque María es Madre.

Mirada de la Madre, mirada de las madres. Un mundo que mira al futuro sin mirada materna es miope. Podrá aumentar los beneficios, pero ya no sabrá ver a los hombres como hijos. Tendrá ganancias, pero no serán para todos. Viviremos en la misma casa, pero no como hermanos. La familia humana se fundamenta en las madres. Un mundo en el que la ternura materna ha sido relegada a un mero sentimiento podrá ser rico de cosas, pero no rico de futuro. Madre de Dios, enséñanos tu mirada sobre la vida y vuelve tu mirada sobre nosotros, sobre nuestras miserias. Vuelve a nosotros tus ojos misericordiosos.

Dejémonos abrazar. Después de la mirada, entra en juego el corazón, en el que, dice el Evangelio de hoy, «María conservaba todas estas cosas, meditándolas» (Lc 2,19). Es decir, la Virgen guardaba todo en el corazón, abrazaba todo, hechos favorables y contrarios. Y todo lo meditaba, es decir, lo llevaba a Dios. Este es su secreto. Del mismo modo se preocupa por la vida de cada uno de nosotros: desea abrazar todas nuestras situaciones y presentarlas a Dios.

En la vida fragmentada de hoy, donde corremos el riesgo de perder el hilo, el abrazo de la Madre es esencial. Hay mucha dispersión y soledad a nuestro alrededor, el mundo está totalmente conectado, pero parece cada vez más desunido. Necesitamos confiarnos a la Madre. En la Escritura, ella abraza numerosas situaciones concretas y está presente allí donde se necesita: acude a la casa de su prima Isabel, ayuda a los esposos de Caná, anima a los discípulos en el Cenáculo… María es el remedio a la soledad y a la disgregación. Es la Madre de la consolación, que consuela porque permanece con quien está solo. Ella sabe que para consolar no bastan las palabras, se necesita la presencia; allí está presente como madre. Permitámosle abrazar nuestra vida. En la Salve Regina la llamamos “vida nuestra”: parece exagerado, porque Cristo es la vida (cf. Jn 14,6), pero María está tan unida a él y tan cerca de nosotros que no hay nada mejor que poner la vida en sus manos y reconocerla como “vida, dulzura y esperanza nuestra”.

Entonces, en el camino de la vida, dejémonos tomar de la mano. Las madres toman de la mano a los hijos y los introducen en la vida con amor. Pero cuántos hijos hoy van por su propia cuenta, pierden el rumbo, se creen fuertes y se extravían, se creen libres y se vuelven esclavos. Cuántos, olvidando el afecto materno, viven enfadados consigo mismos e indiferentes a todo. Cuántos, lamentablemente, reaccionan a todo y a todos, con veneno y maldad. La vida es así. En ocasiones, mostrarse malvados parece incluso signo de fortaleza. Pero es solo debilidad. Necesitamos aprender de las madres que el heroísmo está en darse, la fortaleza en ser misericordiosos, la sabiduría en la mansedumbre.

Dios no prescindió de la Madre: con mayor razón la necesitamos nosotros. Jesús mismo nos la ha dado, no en un momento cualquiera, sino en la cruz: «Ahí tienes a tu madre» (Jn 19,27) dijo al discípulo, a cada discípulo. La Virgen no es algo opcional: debe acogerse en la vida. Es la Reina de la paz, que vence el mal y guía por el camino del bien, que trae la unidad entre los hijos, que educa a la compasión.

Tómanos de la mano, María. Aferrados a ti superaremos los recodos más estrechos de la historia. Llévanos de la mano para redescubrir los lazos que nos unen. Reúnenos juntos bajo tu manto, en la ternura del amor verdadero, donde se reconstituye la familia humana: “Bajo tu protección nos acogemos, Santa Madre de Dios”. Digámoslo todos juntos a la Virgen: “Bajo tu protección nos acogemos, Santa Madre de Dios”.

[00001-ES.02] [Texto original: Italiano]

Traduzione in lingua portoghese

 

«Todos os que ouviram se maravilhavam com o que lhes diziam os pastores» (Lc 2, 18). Maravilhar-nos: a isto somos chamados hoje, na conclusão da Oitava de Natal, com o olhar ainda fixo no Menino que nasceu para nós, pobre de tudo e rico de amor. Maravilha: é a atitude que devemos ter no começo do ano, porque a vida é um dom que nos possibilita começar sempre de novo, mesmo da condição mais baixa.

Mas hoje é também o dia para nos maravilharmos diante da Mãe de Deus: Deus é um bebé nos braços duma mulher, que alimenta o seu Criador. A imagem que temos à nossa frente mostra a Mãe e o Menino tão unidos que parecem um só. Tal é o mistério de hoje, que suscita uma maravilha infinita: Deus ligou-Se à humanidade para sempre. Deus e o homem sempre juntos: eis a boa notícia no início do ano. Deus não é um senhor distante que habita solitário nos céus, mas o Amor encarnado, nascido como nós duma mãe para ser irmão de cada um, para estar próximo: o Deus da proximidade. Está nos joelhos de sua mãe, que é também nossa mãe, e de lá derrama uma nova ternura sobre a humanidade. E nós compreendemos melhor o amor divino, que é paterno e materno, como o duma mãe que não cessa de crer nos filhos e nunca os abandona. O Deus-connosco ama-nos independentemente dos nossos erros, dos nossos pecados, do modo como fazemos caminhar o mundo. Deus crê na humanidade, da qual sobressai, primeira e incomparável, a sua Mãe.

No início do ano, pedimos-Lhe a graça de nos maravilharmos perante o Deus das surpresas. Renovamos a maravilha das origens, quando nasceu em nós a fé. A Mãe de Deus ajuda-nos: a Mãe que gerou o Senhor, gera-nos para o Senhor. É mãe e gera sempre de novo, nos filhos, a maravilha da fé, porque a fé é um encontro, não é uma religião. A vida, sem nos maravilharmos, torna-se cinzenta, rotineira; e de igual modo a fé. Também a Igreja precisa de renovar a sua maravilha por ser casa do Deus vivo, Esposa do Senhor, Mãe que gera filhos; caso contrário, corre o risco de assemelhar-se a um lindo museu do passado. A «Igreja museu». Mas, Nossa Senhora introduz na Igreja a atmosfera de casa, duma casa habitada pelo Deus da novidade. Acolhamos maravilhados o mistério da Mãe de Deus, como os habitantes de Éfeso no tempo do Concílio lá realizado! Como eles, aclamemo-La «Santa Mãe de Deus»! Deixemo-nos olhar, deixemo-nos abraçar, deixemo-nos tomar pela mão… por Ela.

Deixemo-nos olhar. Acontece sobretudo nos momentos de necessidade, quando nos encontramos enredados nos nós mais intricados da vida, que justamente olhemos para Nossa Senhora, para a Mãe. Mas é lindo, antes de mais nada, deixar-se olhar por Nossa Senhora. Quando nos olha, Ela não vê pecadores, mas filhos. Diz-se que os olhos são o espelho da alma; os olhos da Cheia de Graça espelham a beleza de Deus, refletem sobre nós o paraíso. Jesus disse que os olhos são «a lâmpada do corpo» (Mt 6, 22): os olhos de Nossa Senhora sabem iluminar toda a escuridão, reacendem por todo o lado a esperança. O seu olhar, voltado para nós, diz: «Queridos filhos, coragem! Estou aqui Eu, a vossa mãe».

Este olhar materno, que infunde confiança, ajuda a crescer na fé. A fé é um vínculo com Deus que envolve a pessoa inteira, mas, para ser guardado, precisa da Mãe de Deus. O seu olhar materno ajuda a vermo-nos como filhos amados no povo crente de Deus e a amarmo-nos entre nós, independentemente dos limites e opções de cada um. Nossa Senhora enraíza-nos na Igreja, onde a unidade conta mais que a diversidade, e exorta-nos a cuidarmos uns dos outros. O olhar de Maria lembra que, para a fé, é essencial a ternura, que impede a apatia. Ternura: a Igreja da ternura. Ternura, palavra que hoje muitos querem cancelar do dicionário. Quando há lugar na fé para a Mãe de Deus, nunca se perde o centro: o Senhor. Com efeito, Maria nunca aponta para Si mesma, mas para Jesus e os irmãos, porque Maria é mãe.

Olhar da Mãe, olhar das mães. Um mundo que olha para o futuro, privado de olhar materno, é míope. Aumentará talvez os lucros, mas jamais será capaz de ver, nos homens, filhos. Haverá ganhos, mas não serão para todos. Habitaremos na mesma casa, mas não como irmãos. A família humana fundamenta-se nas mães. Um mundo, onde a ternura materna acaba desclassificada a mero sentimento, poderá ser rico de coisas, mas não rico de amanhã. Mãe de Deus, ensinai-nos o vosso olhar sobre a vida e volvei o vosso olhar para nós, para as nossas misérias. Esses vossos olhos misericordiosos a nós volvei.

Deixemo-nos abraçar. Depois do olhar, entra em cena o coração, no qual Maria – diz o Evangelho de hoje – «conservava todas estas coisas, ponderando-as» (Lc 2, 19). Por outras palavras, Nossa Senhora tomava tudo a peito, abraçava tudo, eventos favoráveis e contrários. E tudo ponderava, isto é, levava a Deus. Eis o seu segredo. Da mesma forma, tem a peito a vida de cada um de nós: deseja abraçar todas as nossas situações e apresentá-las a Deus.

Na vida fragmentada de hoje, onde nos arriscamos a perder o fio à meada, é essencial o abraço da Mãe. Há tanta dispersão e solidão em giro! O mundo está todo conectado, mas parece cada vez mais desunido. Precisamos de nos confiar à Mãe. Na Sagrada Escritura, Ela abraça muitas situações concretas e está presente onde há necessidade: vai encontrar a prima Isabel, socorre os esposos de Caná, encoraja os discípulos no Cenáculo... Maria é remédio para a solidão e a desagregação. É a Mãe da consolação, a Mãe que “con-sola”: está com quem se sente só. Ela sabe que, para consolar, não bastam as palavras; é necessária a presença. Lá Maria está presente como mãe. Consintamos-Lhe que abrace a nossa vida. Na Salvé Rainha, chamamos-Lhe «vida nossa»: parece exagerado, porque a vida é Cristo (cf. Jo 14, 6), mas Maria está tão unida a Ele e tão perto de nós que não há nada melhor do que colocar a vida nas suas mãos e reconhecê-La «vida, doçura e esperança nossa».

E, depois, no caminho da vida, deixemo-nos tomar pela mão. As mães tomam pela mão os filhos e introduzem-nos amorosamente na vida. Mas hoje, quantos filhos, seguindo por conta própria, perdem a direção, creem-se fortes e extraviam-se, livres e tornam-se escravos! Quantos, esquecidos do carinho materno, vivem zangados com eles mesmos e indiferentes a tudo! Quantos, infelizmente, reagem a tudo e a todos com veneno e malvadez! A vida é assim. Mostrar-se mau, às vezes, até parece um sinal de fortaleza; mas é só fraqueza! Precisamos de aprender com as mães que o heroísmo está em doar-se, a fortaleza em ter piedade, a sabedoria na mansidão.

Deus não prescindiu da Mãe: por maior força de razão, precisamos nós d’Ela. O próprio Jesus no-La deu; e não num momento qualquer, mas quando estava pregado na cruz: «Eis a tua mãe» (Jo 19, 27) – disse Ele ao discípulo, a cada discípulo. Nossa Senhora não é opcional: deve ser acolhida na vida. É a Rainha da paz, que vence o mal e guia pelos caminhos do bem, repõe a unidade entre os filhos, educa para a compaixão.

Tomai-nos pela mão, Maria. Agarrados a Vós, superaremos as curvas mais fechadas da história. Levai-nos pela mão a descobrir os laços que nos unem. Reuni-nos, todos juntos, sob o vosso manto, na ternura do amor verdadeiro, onde se reconstitui a família humana: «À vossa proteção, recorremos, Santa Mãe de Deus». Digamo-lo, todos juntos, a Nossa Senhora: «À vossa proteção, recorremos, Santa Mãe de Deus».

[00001-PO.02] [Texto original: Italiano]

Traduzione in lingua polacca

„Wszyscy, którzy to słyszeli, dziwili się temu, co im pasterze opowiadali” (Łk 2, 18). Zadziwić się: do tego jesteśmy wezwani dzisiaj, pod koniec Oktawy Bożego Narodzenia, ze spojrzeniem wciąż skierowanym na Dzieciątko dla nas zrodzone, ubogie we wszystko, a bogate w miłość. Zadziwienie: taką postawę powinniśmy przyjąć na początku roku, ponieważ życie jest darem, który daje nam możliwość, by zawsze zaczynać od nowa, również ze straconej pozycji.

Ale dzisiaj jest również dzień, w którym trzeba się zadziwić stając przed Matką Boga: Bóg jest małym dzieckiem w ramionach kobiety, która karmi swojego Stwórcę. Figura stojąca przed nami ukazuje Matkę i Dzieciątko tak ściśle zjednoczonych, że wydają się jednością. Jest to tajemnica dnia dzisiejszego, która budzi nieskończone zdumienie: Bóg związał się z ludzkością na zawsze. Bóg i człowiek zawsze razem, oto dobra nowina początku roku: Bóg nie jest odległym panem, który żyje samotnie w niebie, lecz Miłością wcieloną, zrodzoną tak, jak my z matki, aby być bratem każdego z nas, by być blisko: Bóg bliskości. Siedzi na kolanach swojej matki, która jest także naszą matką, i stamtąd obdarza ludzkość nową czułością. A my lepiej rozumiemy Bożą miłość, która jest miłością ojcowską i macierzyńską, jak miłość matki, która nigdy nie przestaje wierzyć w swoje dzieci i nigdy ich nie opuszcza. Bóg-z-nami kocha nas niezależnie od naszych błędów, naszych grzechów, od tego jak kierujemy biegiem świata. Bóg wierzy w ludzkość, w której wyróżnia się jako pierwsza i niezrównana Jego Matka.

Na początku roku prosimy Ją o łaskę zadziwienia w obliczu Boga niespodzianek. Odnówmy zadziwienie początków, kiedy zrodziła się w nas wiara. Niech nam pomaga Matka Boża: niech Matka, która zrodziła Pana, zrodzi nas dla Pana. Jest matką i odradza w dzieciach zadziwienie wiarą, bo wiara jest spotkaniem, nie religią. Życie, bez zadziwienia staje się szare, nawykowe; podobnie jest z wiarą. I także Kościół potrzebuje odnowy zadziwienia, że jest domem żywego Boga, Oblubienicą Pana, Matką rodzącą dzieci. W przeciwnym razie grozi mu, że będzie przypominał piękne muzeum przeszłości. „Kościół muzeum”. Natomiast Matka Boża wnosi do Kościoła atmosferę domu, domu zamieszkanego przez Boga nowości. Przyjmijmy ze zdumieniem tajemnicę Matki Bożej, tak jak mieszkańcy Efezu w czasie Soboru. Podobnie jak oni oddajmy Jej cześć jako „Świętej Matce Boga”. Pozwólmy, aby Ona na nas patrzyła, brała w objęcia, pozwólmy się Jej prowadzić za rękę.

Pozwólmy, by na nas patrzyła. Zwłaszcza w chwilach potrzeby, kiedy jesteśmy uwikłani w najbardziej skomplikowane zawiłości życia, słusznie spoglądamy na Matkę Bożą, na Matkę. Wspaniale jest jednak przede wszystkim pozwolić, by Matka Boża patrzyła na nas. Kiedy na nas spogląda, nie widzi grzeszników, ale dzieci. Mówi się, że oczy są zwierciadłem duszy; oczy Łaski Pełnej odzwierciedlają piękno Boga, odzwierciedlają nad nami niebo. Jezus powiedział, że oko jest „światłem ciała” (Mt 6, 22): oczy Matki Bożej potrafią rozświetlać każdą ciemność, rozpalając wszędzie nadzieję. Jej spojrzenie zwrócone na nas mówi: „Drogie dzieci, odwagi; jestem tutaj, wasza matka!”.

To macierzyńskie spojrzenie, które wzbudza zaufanie, pomaga wzrastać w wierze. Wiara jest więzią z Bogiem, która obejmuje całą osobę i która wymaga opieki Matki Bożej. Jej matczyne spojrzenie pomaga nam postrzegać siebie jako umiłowane dzieci w wiernym ludzie Bożym i miłować się nawzajem, niezależnie od ograniczeń i nastawienia każdego. Matka Boża zakorzenia nas w Kościele, gdzie jedność liczy się bardziej, niż różnorodność i zachęca nas do troszczenia się o siebie nawzajem. Spojrzenie Maryi przypomina, że dla wiary istotna jest czułość, która stawia tamę letniości. Czułość: Kościół czułości. Czułość, słowo, które dziś wielu chiałoby wymazać ze słownika. Kiedy w wierze jest miejsce dla Matki Bożej, nigdy nie traci się centrum: Pana, ponieważ Maryja nigdy nie wskazuje na siebie, ale Jezusa; i na braci, ponieważ Maryja jest matką.

Spojrzenie Matki, spojrzenie matek. Świat, który patrzy w przyszłość bez spojrzenia matczynego jest krótkowzroczny. Być może powiększy zyski, ale nie będzie już umiał widzieć w ludziach dzieci. Będą korzyści, ale nie dla wszystkich. Będziemy mieszkać w tym samym domu, ale nie jako bracia. Rodzina ludzka opiera się na matkach. Świat, w którym macierzyńska czułość jest zdegradowana do zwykłego uczucia, może być bogaty w rzeczy, ale nie bogaty w przyszłość. Matko Boża, naucz nas spojrzenia na życie i zwróć swoje spojrzenie na nas, na nasze niedole. Miłosierne oczy Twoje na nas zwróć.

Pozwólmy się wziąć w objęcia. Po spojrzeniu, w grę wchodzi serce, w którym, jak głosi dzisiejsza Ewangelia, „Maryja zachowywała wszystkie te sprawy i rozważała je” (Łk 2,19). To znaczy, że Matce Bożej wszystko leżało na sercu, obejmowała wszystko, wydarzenia pomyślne i niepomyślne. I wszystko rozważała, to znaczy zanosiła do Boga. Oto Jej tajemnica. W ten sam sposób troszczy się o życie każdego z nas: pragnie objąć wszystkie nasze sytuacje i przedstawić je Bogu.

W dzisiejszym zdezintegrowanym życiu, w którym grozi nam utrata wątku istotne znaczenie ma objęcie Matki. Wokół jest tyle rozproszenia i samotności: świat jest ze sobą całkowicie połączony, ale wydaje się coraz bardziej rozdarty. Musimy powierzyć się Matce. W Piśmie Świętym obejmuje ona wiele konkretnych sytuacji i jest obecna tam, gdzie istnieje potrzeba: udaje się do swojej kuzynki Elżbiety, przychodzi z pomocą małżonkom z Kany, dodaje otuchy uczniom w Wieczerniku... Maryja jest lekarstwem na samotność i dezintegrację. Jest Matką pocieszenia, która jest z tym, kto jest sam. Wie, że aby pocieszyć nie wystarczają słowa, potrzebna jest obecność i jest tam obecna jako matka. Pozwólmy Jej ogarnąć nasze życie. W Salve Regina nazywamy ją „naszym życiem”: wydaje się to przesadą, ponieważ Chrystus jest życiem (por. J 14,6), ale Maryja jest tak z Nim zjednoczona i tak bliska nam, że nie ma nic lepszego, niż złożenie życia w Jej rękach i uznanie Jej za nasze „życie, słodycz i nadzieję”.

A na drodze życia pozwólmy wziąć się za rękę. Matki biorą swoje dzieci za rękę i z miłością wprowadzają je w życie. Ale jakże wiele dzieci dzisiaj, idąc na własną rękę, traci orientację, uważa siebie za mocnych, a gubią się, za wolnych, a stają się niewolnikami. Jak wielu, zapominając o miłości matczynej, żyje zagniewanych na siebie samych i obojętnych na wszystko! Iluż niestety reaguje na wszystko i na wszystkich z gniewem i złośliwością! Takie jest życie. Przejawianie zła czasami wydaje się nawet oznaką siły. Ale to tylko słabość. Musimy uczyć się od matek, że heroizm polega na dawaniu siebie, siła na okazaniu litości, mądrość na łagodności.

Bóg nie obył się bez Matki: tym bardziej my Jej potrzebujemy. Dał nam Ją sam Jezus i to nie w chwili obojętnej, ale z krzyża: „Oto Matka twoja!” (J 19, 27) powiedział do ucznia, do każdego ucznia. Matka Boża nie jest kwestią opcjonalną: musi być przyjęta w życiu. Jest Królową Pokoju, która zwycięża zło i prowadzi drogami dobra, która wprowadza jedność między dzieci, która wychowuje do współczucia.

Weź nas za rękę, Maryjo. Trzymając się Ciebie, pokonamy najciaśniejsze zakręty historii. Weź nas za rękę, abyśmy odkryli łączące nas więzy. Zgromadź nas razem pod swym płaszczem, w czułości prawdziwej miłości, w której odtwarza się ludzka rodzina: „Pod Twoją obronę uciekamy się Święta Boża Rodzicielko”. Powiedzmy to wszyscy razem Matce Bożej: „Pod Twoją obronę uciekamy się Święta Boża Rodzicielko”.

[00002-PL.02] [Testo originale: Italiano]

[B0001-XX.02]