Discorso del Santo Padre
Traduzione in lingua inglese
Traduzione in lingua tedesca
Alle ore 12.10 di oggi, nella Sala Clementina del Palazzo Apostolico Vaticano, il Santo Padre Francesco ha ricevuto in Udienza i membri della “Fondazione Vaticana Joseph Ratzinger - Benedetto XVI”, per il conferimento del Premio Ratzinger 2018, giunto alla sua ottava edizione.
Dopo il saluto di Padre Federico Lombardi, S.J., Presidente della Fondazione, l’Em.mo Card. Angelo Amato S.D.B., Prefetto Emerito della Congregazione delle Cause dei Santi e Presidente del Comitato Scientifico della medesima Fondazione, ha illustrato il profilo dei due Premiati di questa edizione. Quindi, Papa Francesco ha consegnato ai Premiati il riconoscimento.
I vincitori di quest’anno sono: Marianne Schlosser, teologa cattolica tedesca, medievista specialista di San Bonaventura, ordinario di Teologia della spiritualità nella Facoltà di Teologia cattolica dell’Università di Vienna dal 2004; e Mario Botta, architetto svizzero, che ha costruito numerosi edifici sacri e diverse chiese.
Pubblichiamo di seguito il testo del discorso che il Santo Padre ha rivolto ai presenti nel corso della cerimonia:
Discorso del Santo Padre
Cari fratelli e sorelle,
sono lieto di partecipare anche quest’anno alla cerimonia di conferimento dei Premi alle eminenti personalità che mi sono state presentate dalla Fondazione vaticana Joseph Ratzinger – Benedetto XVI su proposta del suo Comitato Scientifico. Saluto i due Premiati: la Professoressa Marianne Schlosser e l’Architetto Mario Botta, come pure i membri e gli amici della Fondazione qui presenti; e ringrazio il Cardinale Angelo Amato e Padre Federico Lombardi che hanno delineato il senso di questo evento e il profilo dei Premiati.
È questa una bella occasione per rivolgere insieme il nostro pensiero affettuoso e grato al Papa emerito Benedetto XVI. Come estimatori della sua eredità culturale e spirituale, voi avete ricevuto la missione di coltivarla e continuare a farla fruttificare, con quello spirito fortemente ecclesiale che ha contraddistinto Joseph Ratzinger fin dai tempi della sua feconda attività teologica giovanile, quando diede già frutti preziosi nel Concilio Vaticano II, e poi in modo sempre più impegnativo nelle successive tappe della sua lunga vita di servizio, come professore, Arcivescovo, Capo Dicastero e infine Pastore della Chiesa universale. Il suo è uno spirito che guarda con consapevolezza e con coraggio ai problemi del nostro tempo, e sa attingere dall’ascolto della Scrittura nella tradizione viva della Chiesa la sapienza necessaria per un dialogo costruttivo con la cultura di oggi. In questa linea vi incoraggio a continuare a studiare i suoi scritti, ma anche ad affrontare i nuovi temi su cui la fede viene sollecitata al dialogo, come quelli che sono stati da voi evocati e che considero attualissimi, della cura del creato come casa comune e della difesa della dignità della persona umana.
Ma oggi desidero esprimere il mio particolare apprezzamento per le due personalità insignite del Premio. Sono veramente lieto che il Premio per la ricerca e l’insegnamento della teologia sia attribuito a una donna, la Professoressa Marianne Schlosser. Non è la prima volta – perché già la Prof.ssa Anne-Marie Pelletier lo ha ricevuto –, ma è molto importante che venga riconosciuto sempre di più l’apporto femminile nel campo della ricerca teologica scientifica e dell’insegnamento della teologia, a lungo considerati territori quasi esclusivi del clero. È necessario che tale apporto venga incoraggiato e trovi spazio più ampio, coerentemente con il crescere della presenza femminile nei diversi campi di responsabilità della Chiesa, in particolare, e non solo nel campo culturale. Da quando Paolo VI proclamò Teresa d’Avila e Caterina da Siena dottori della Chiesa non è permesso più alcun dubbio sul fatto che le donne possono raggiungere le vette più alte nell’intelligenza della fede. Anche Giovanni Paolo II e Benedetto XVI lo hanno confermato, inserendo nella serie dei dottori i nomi di altre donne, Santa Teresa di Lisieux e Ildegarda di Bingen.
Oltre alla teologia, dallo scorso anno i Premi Ratzinger sono stati opportunamente conferiti anche nel campo delle arti cristianamente ispirate. Mi congratulo perciò con l’Architetto Mario Botta. In tutta la storia della Chiesa gli edifici sacri sono stati richiamo concreto a Dio e alle dimensioni dello spirito ovunque l’annuncio cristiano si è diffuso nel mondo; hanno espresso la fede della comunità credente, l’hanno accolta contribuendo a dar forma e ispirazione alla sua preghiera. L’impegno dell’architetto creatore di spazio sacro nella città degli uomini è quindi di valore altissimo, e va riconosciuto e incoraggiato dalla Chiesa, in particolare quando si rischia l’oblio della dimensione spirituale e la disumanizzazione degli spazi urbani.
Sullo sfondo e nel contesto dei grandi problemi del nostro tempo, la teologia e l’arte devono dunque continuare ad essere animate ed elevate dalla potenza dello Spirito, sorgente di forza, di gioia e di speranza. Permettetemi perciò di concludere ricordando le parole con cui il nostro Papa emerito ci invitava alla speranza evocando l’elevazione spirituale di un grande teologo e santo particolarmente caro a lui e ben conosciuto dalla nostra premiata, la professoressa Schlosser. In occasione della sua visita a Bagnoregio, patria di San Bonaventura, Benedetto XVI così si esprimeva: «Una bella immagine della speranza la troviamo in una delle sue prediche di Avvento dove paragona il movimento della speranza al volo dell’uccello, che dispiega le ali nel modo più ampio possibile, e per muoverle impiega tutte le sue forze. Rende, in un certo senso, tutto se stesso movimento per andare in alto e volare. Sperare è volare, dice San Bonaventura. Ma la speranza esige che tutte le nostre membra si facciano movimento e si proiettino verso la vera altezza del nostro essere, verso le promesse di Dio. Chi spera – egli afferma – “deve alzare il capo, rivolgendo verso l’alto i suoi pensieri, verso l’altezza della nostra esistenza, cioè verso Dio” (Sermo XVI, Dom. I Adv., Opera Omnia IX, 40°)» (Discorso a Bagnoregio, 6 settembre 2009).
Ringrazio i teologi e gli architetti che ci aiutano ad alzare il capo e a rivolgere i nostri pensieri verso Dio. Auguri a tutti voi per il vostro nobile lavoro, perché sia sempre indirizzato a questo fine.
[01846-IT.02] [Testo originale: Italiano]
Traduzione in lingua inglese
Dear brothers and sisters,
I am pleased to be taking part once again this year, at the award ceremony for the eminent personalities presented to me by the Vatican Foundation Joseph Ratzinger – Benedict XVI, upon the proposal of the Foundation’s Scientific Committee. I greet the two Prize-winners: Professor Marianne Schlosser and Architect Mario Botta, as well as the members and friends of the Foundation present here, and I thank Cardinal Angelo Amato and Fr. Federico Lombardi, SJ, who outlined the significance of this event and the profiles of the Prize winners.
This is a lovely occasion on which to offer our affectionate and grateful thought to the Pope-emeritus, Benedict XVI. As admirers of his cultural and spiritual legacy, you have received the mission to cultivate it and continue to make it bear fruit, with that strongly ecclesial spirit that has distinguished Joseph Ratzinger, ever since the days of his richly fertile theological activity in his youth, when already he gave precious fruits in the Vatican Council II, and then in an increasingly demanding manner in the successive stages of his long life of service, as a professor, Archbishop, Head of the Dicastery, and finally as Pastor of the Universal Church. His is a spirit that views the problems of our time with awareness and courage, and knows how to draw, from attention to Scripture in the living tradition of the Church, the wisdom necessary for a constructive dialogue with today’s culture. In this line, I encourage you to continue to study his writings, but also to face the new themes on which faith is called to dialogue, like those that have been evoked by you and which I consider very current, of the care for creation as our common home and the defense of the dignity of the human person.
Today, however, I would like to express my particular appreciation for the two personalities awarded the Prize. I am very pleased that the award for research and teaching in theology is attributed to a woman, Professor Marianne Schlosser. It is not the first time — Prof. Anne-Marie Pelletier has already received it — but it is very important that the contribution of women to the scientific field of theological research and that of the teaching of theology — for so long considered almost exclusive territories of the clergy — be recognized more and more. It is necessary that this contribution be encouraged, and that it find a wider space, in keeping with with the growing presence of women in the various fields of responsibility of the Church, in particular, though not only, in the cultural field. Since Paul VI proclaimed Teresa of Avila and Catherine of Siena Doctors of the Church, no doubt may be permitted regarding the fact that women can reach the highest peaks in the understanding of the faith. John Paul II and Benedict XVI also confirmed this by including the names of other women in the series of Doctors: St. Therese of Lisieux and St. Hildegard of Bingen.
In addition to theology, the Ratzinger Prizes have since last year been appropriately conferred also in the field of Christian-inspired arts. I therefore congratulate the architect, Mario Botta. Throughout the history of the Church, sacred buildings have been a concrete call to God and to the dimensions of the spirit wherever the Christian proclamation has spread throughout the world. They expressed the faith of the believing community, they welcomed that community, helping to give form and inspiration to the prayer of that community. The commitment of the architect, creator of sacred space in the city of men, is therefore of highest value, and must be recognized and encouraged by the Church, especially when we risk the oblivion of the spiritual dimension and the dehumanization of urban spaces.
Against the backdrop and in the context of the great problems of our time, theology and art must therefore continue to be animated and elevated by the power of the Spirit, which is the source of strength, joy and hope. So, allow me to conclude by recalling the words with which our Pope-emeritus invited us to hope, by evoking the spiritual elevation of a great theologian and saint particularly dear to him, and well known by our Prize-winner, Professor Schlosser. On the occasion of his visit to Bagnoregio, home of St. Bonaventure, Benedict XVI expressed himself thus: «We find a beautiful image of hope in one of his sermons for Advent, in which he compares the movement of hope with the flight of a bird that spreads its wings to their maximum capacity and draws on all its strength to flap them. In a certain sense it makes its whole self-movement, to soar upwards and fly. Hoping is flying, St Bonaventure says. But hope requires that all our limbs become movement, projected to the true height of our being, towards the promises of God. Whoever hopes, he affirms, “must lift his head, turning his thoughts aloft, to the heights of our existence, namely to God.” (Sermo XVI, Dominica I Adv., Opera omnia, IX, 40a)» (Address in Bagnoregio, 6 september 2009).
I thank the theologians and the architects who help us to lift our heads and turn our thoughts to God. My very best wishes to all of you for your noble work. Let it always be addressed to this end.
[01846-EN.02] [Original text: Italian]
Traduzione in lingua tedesca
Liebe Brüder und Schwestern,
ich freue mich, auch dieses Jahr wieder an der Verleihung der Preise an die herausragenden Persönlichkeiten teilnehmen zu können, die mir auf Vorschlag des wissenschaftlichen Beirats der Vatikanischen Stiftung „Joseph Ratzinger - Benedikt XVI.“ vorgestellt wurden. Ich grüße die beiden Preisträger – Professor Marianne Schlosser und Architekt Mario Botta – sowie alle hier anwesenden Mitglieder und Freunde der Stiftung. Mein Dank geht an Kardinal Angelo Amato und Pater Federico Lombardi, die uns die Bedeutung dieser Veranstaltung nahegebracht und uns die Preisträger vorgestellt haben.
Dies ist eine schöne Gelegenheit, gemeinsam einen herzlichen und dankbaren Gruß an den emeritierten Papst Benedikt XVI. zu richten. Als Bewunderer seines kulturellen und geistlichen Erbes haben Sie die Sendung erhalten, dieses Erbe zu bewahren und weiter Frucht tragen zu lassen. Ich lade Sie ein, dies in jenem zutiefst kirchlichen Geist zu tun, der Joseph Ratzinger schon seit jungen Jahren auszeichnete, als sein fruchtbares theologisches Schaffen beim Zweiten Vatikanischen Konzil zum Tragen kam, und dann später im Verlauf seines langjährigen, immer verantwortungsvolleren Wirkens als Professor, Erzbischof, Präfekt und schließlich Oberster Hirte der universalen Kirche. Dieser Geist stellt sich mutig und bewusst den Problemen unserer Zeit und weiß aus dem Hören der Schrift in der lebendigen Tradition der Kirche die Weisheit zu schöpfen, die für einen konstruktiven Dialog mit der Kultur von heute unabdingbar ist. In diesem Sinne ermutige ich Sie, seine Schriften weiter zu studieren. Gleichzeitig möchte ich Ihnen aber auch ans Herz legen, die neuen Themen zu vertiefen, die Sie angesprochen haben und die ich für sehr aktuell halte, – Themen, die den Glauben zum Dialog auffordern: die Sorge um die Schöpfung als unserem gemeinsamen Haus und die Verteidigung der Menschenwürde.
Heute aber möchte ich vor allem meine besondere Wertschätzung der beiden Persönlichkeiten zum Ausdruck bringen, die ausgezeichnet werden. Ich freue mich sehr, dass der Preis für theologische Forschung und Lehre an eine Frau geht, an Professor Marianne Schlosser. Es ist nicht das erste Mal, dass der Preis an eine Frau vergeben wird – er ging bereits an Frau Professor Anne-Marie Pelletier. Wichtig ist aber, dass der Beitrag von Frauen auf dem Gebiet der wissenschaftlichen theologischen Forschung und Lehre, die lange Zeit als fast ausschließlich dem Klerus vorbehaltene Bereiche galten, immer mehr anerkannt wird. Es ist notwendig, dass dieser Beitrag in Übereinstimmung mit der zunehmend weiblichen Präsenz in verschiedenen Verantwortungspositionen der Kirche – besonders, aber nicht nur im kulturellen Bereich – gefördert und ausgebaut wird. Seit Paul VI. Teresa von Avila und Katharina von Siena zu Kirchenlehrerinnen erhoben hat, kann kein Zweifel mehr daran bestehen, dass Frauen die höchsten Stufen der Glaubensweisheit erreichen können. Das haben auch Johannes Paul II. und Benedikt XVI. bestätigt und Frauen wie die heilige Thérèse von Lisieux und Hildegard von Bingen in die Reihe der Kirchenlehrer aufgenommen.
Neben der Theologie werden die Ratzinger-Preise seit letztem Jahr auch in der Kategorie „christlich inspirierte Kunst“ vergeben. So gratuliere ich dem Architekten Mario Botta. In der Geschichte der Kirche waren sakrale Bauten überall dort, wo sich die christliche Verkündigung auf der Welt verbreiten konnte, ein konkreter Verweis auf Gott und die Dimensionen des Geistes. Sie waren Ausdruck des Glaubens der Christengemeinde, haben diese aufgenommen und dazu beigetragen, dem Gebet der Gläubigen Form und Inspiration zu geben. Die Arbeit des Architekten, der in der Stadt der Menschen einen sakralen Raum schafft, ist daher von höchstem Wert und muss von der Kirche anerkannt und gefördert werden. Und dies gilt ganz besonders dann, wenn man Gefahr läuft, die geistliche Dimension zu vergessen und die städtischen Räume zu entmenschlichen.
Vor dem Hintergrund und im Kontext der großen Probleme unserer Zeit müssen Theologie und Kunst daher weiterhin von der Kraft des Geistes – Quelle der Stärke, Freude und Hoffnung – belebt und „erhoben“ werden. Lassen Sie mich daher mit den Worten schließen, mit denen uns unser emeritierter Papst Benedikt XVI. an die geistliche Erhabenheit eines großen Theologen und Heiligen erinnert und zur Hoffnung eingeladen hat. Gemeint ist ein Heiliger, der ihm besonders am Herzen liegt und der auch unserer Preisträgerin, Frau Professor Schlosser, gut vertraut ist. Beim Pastoralbesuch in Bagnoregio, der Heimat des heiligen Bonaventura, hat Benedikt XVI. gesagt: »Ein schönes Bild der Hoffnung finden wir in einer seiner Adventspredigten, wo er die Bewegung der Hoffnung mit dem Flug eines Vogels vergleicht, der die Flügel so weit wie möglich spreizt und seine ganze Kraft aufwendet, um sie zu bewegen. Er macht gewissermaßen sich selbst zur Bewegung, um aufzusteigen und zu fliegen. Hoffen heißt fliegen, sagt der heilige Bonaventura. Aber die Hoffnung verlangt, dass alle unsere Glieder zur Bewegung werden und nach der wahren Höhe unseres Seins streben, nach Gottes Verheißungen. Wer hofft – so sagt er – „muss das Haupt erheben, indem er seine Gedanken nach oben richtet, zur Höhe unserer Existenz, zu Gott“ (Sermo XVI, Dominica I Adv., Opera omnia, IX, 40a)« (Ansprache in Bagnoregio, 6. September 2009).
Ich danke den Theologen und Architekten, die uns helfen, unser Haupt zu erheben und unsere Gedanken auf Gott zu richten. Ich wünsche Ihnen alles Gute für Ihre edle Arbeit: möge sie immer auf dieses Ziel ausgerichtet sein!
[01846-DE.01] [Originalsprache: Italienisch]
[B0850-XX.02]