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Conferenza Stampa in vista della Canonizzazione dei Beati Paolo VI e Óscar Arnulfo Romero y Galdámez, 11.10.2018


Alle ore 17.00 di questo pomeriggio, presso la Sala Stampa della Santa Sede, ha avuto luogo una Conferenza Stampa in vista della Canonizzazione dei Beati Paolo VI e Óscar Arnulfo Romero y Galdámez che avrà luogo domenica 14 ottobre.

Sono intervenuti l’Em.mo Card. Giovanni Angelo Becciu, Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, e l’Em.mo Card. Gregorio Rosa Chávez, Vescovo Ausiliare di San Salvador (El Salvador).

Riportiamo di seguito l’intervento del Card. Giovanni Angelo Becciu:

Intervento dell’Em.mo Card. Giovanni Angelo Becciu:

Paolo VI sarà canonizzato il 14 ottobre prossimo dal nostro Papa Francesco. Egli è stato il Papa del Concilio Vaticano II. Se Giovanni XXIII ebbe il coraggio profetico di aprire la grande assise ecumenica, Paolo VI ha avuto la missione di guidarla, di concluderla e di farla entrare nella vita della Chiesa e del mondo. Prima della sua elezione al Sommo Pontificato, Mons. Giovanni Battista Montini era stato il principale collaboratore del Venerabile Pio XII. Poi fu molto vicino a Giovanni XXIII. Diventato Papa, è proprio lui che creò i cardinali che saranno i suoi successori: Albino Luciani, Karol Wojtyła e Joseph Ratzinger. Così la figura e la missione di Paolo VI vanno considerate in questa continuità storica della tradizione viva della Chiesa.

Morto il 6 agosto 1978 nella festa della Trasfigurazione del Signore, Papa Montini è stato un testimone eroico e geniale di Cristo luce del mondo. È proprio questo profondo e convinto cristocentrismo che costituisce il nucleo propulsore del suo profilo spirituale e del suo straordinario magistero. L’amore di Gesù e della sua Chiesa, per il cui rinnovamento si impegnò al di là delle forze, fu condotto usque ad finem. In questa ottica comprendiamo la sua vita come un continuo cammino di santità, dall’infanzia al presbiterato, dall’impegno nella Curia Romana alla cattedra ambrosiana, dall’operosità pastorale al Soglio di Pietro.

Giovanni Battista Montini ha conosciuto personalmente i grandi drammi del XX secolo: le due Guerre Mondiali, i sistemi totalitari del fascismo, del nazismo e del comunismo, e poi la violenza estrema del terrorismo. Ma non mancarono le spinose questioni anche all’interno della comunità cristiana: gli anni dell’immediato post-Concilio furono i più difficili e dolorosi del suo pontificato.

Ma, in tutte queste vicende, fu costantemente sostenuto da quello Spirito di Cristo che alimentava la sua vita interiore e le innumerevoli e coraggiose iniziative. Ne ricordiamo alcune, tra le più evidenti: la riforma liturgica, l’internazionalizzazione della Curia Romana con l’istituzione di nuovi Dicasteri, l’istituzione del Sinodo dei Vescovi. Altra grande novità sono i suoi viaggi apostolici nelle diverse parti del mondo, al servizio dell’evangelizzazione e della pace. Sotto l’aspetto dottrinale il suo magistero non è da meno. Per il loro carattere di immediatezza pastorale, hanno una particolare originalità le sue udienze generali del mercoledì (ancora una sua iniziativa, che sarà seguita dai suoi Successori), che sono una catechesi continua per il Popolo di Dio. I suoi insegnamenti illuminano tanti aspetti della fede e dell’esistenza cristiana e brillano per l’impegno, a volte eroico, nel difendere la verità, la vita, la famiglia, la pace, l’autenticità dell’amore. Fedele al programma della sua prima Enciclica, l’Ecclesiam suam, Paolo VI è stato continuamente il Papa del dialogo con tutti: all’interno della Chiesa Cattolica, con i fratelli cristiani di altre Chiese, con i non cristiani e i non credenti, e sempre con la passione dell’evangelizzazione, per portare ad ogni uomo la luce di Cristo, l’amore di Cristo.

Come sintesi e vertice di tutto il suo cammino, notiamo in Paolo VI, in modo veramente profetico, la grande linea della carità, sostenuta e motivata da una fede viva e solida. Ad un sacerdote di Milano che gli aveva chiesto quale era la cosa più importante per la formazione dei seminaristi, aveva risposto: «Educarli a trattare Gesù come l’amico del cuore; il prete deve essere innamorato di Gesù». È da questo amore, vissuto e testimoniato, che sgorga la grande dinamica da lui universalmente proposta: Cristo, Chiesa, Mondo. Bisogna amare la Chiesa – diceva Papa Montini – nella sua realtà, simul sancta et semper purificanda (LG 8). È la più grande “antinomia” che la carità deve saper superare e risolvere. Il cuore di Paolo VI traboccava nell’espressione della più pura spiritualità del Concilio: una “riforma interiore” della Chiesa, tutta orientata verso la santità, che unisce preghiera e dogma, carità e verità, e che anima il Popolo di Dio nella diversità delle vocazioni, nel dialogo ecumenico, nella sua vera apertura al mondo per comunicare meglio la luce di Cristo. Tutta la vita di Paolo VI è stata animata da un grande amore verso il prossimo, da giovane laico, poi da sacerdote, vescovo e Papa. È come una continua crescita e dilatazione di carità fino alla carità del Papa come Pastore Universale, Vicario di Cristo Buon Pastore. Esercitò in modo particolare questa carità a Roma, durante la seconda guerra mondiale, favorendo l’assistenza caritativa e di ospitalità per i perseguitati dal nazifascismo, in modo rilevante per gli ebrei, e poi nel suo episcopato milanese. Da Papa, sarà sempre impegnato per la giustizia e la pace, nella dinamica del Vangelo.

Famosissima è una sua espressione, divenuta quasi un proverbio: «L’uomo contemporaneo ascolta più volentieri i testimoni che i maestri, o se ascolta i maestri lo fa perché sono dei testimoni» (Evangelii Nuntiandi, 41). Ebbene, proprio questa frase sembra essere la più autentica biografia dello stesso Pontefice che l’ha pronunziata: Paolo VI, lui stesso messaggero della luce Cristo ed eccezionale maestro della fede in Dio e nell’uomo.

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Sacerdote Francesco Spinelli. Nato a Milano il 14 aprile 1853, visse il periodo, così difficile ma allo stesso tempo creativo, della costruzione della nuova società italiana, nata dopo l’Unità. In tale contesto ecclesiale e sociale intuì l’urgenza della formazione del mondo femminile. Perciò si attivò a favore delle ragazze più indigenti e, intensificando il suo impegno nel servire Cristo negli ultimi della società, diede vita a scuole, oratori, assistenza ai malati, ai disabili, agli anziani soli. A Roma ebbe l’ispirazione di dare inizio a una comunità di giovani donne che consacrassero la propria vita al Signore presente nell’Eucaristia: in tal modo prendeva ulteriore consistenza e visibilità l’intrinseca relazione che lega il culto divino all’esercizio della solidarietà e dell’amore fraterno. Nel 1889, in seguito ad un dissesto economico al quale era del tutto estraneo, si trasferì in diocesi di Cremona. Chiuse serenamente la sua giornata terrena il 6 febbraio 1913. Fu beatificato da Giovanni Paolo II nel 1992.

Presbitero Vincenzo Romano. Nato a Torre del Greco presso Napoli il 3 giugno 1751, ricevette l’ordinazione sacerdotale nel 1775. Se fin da subito riversò il suo ministero in un costante servizio agli ultimi e all’impegno educativo dei ragazzi e dei giovani, fu soprattutto la disastrosa eruzione del Vesuvio del 15 giugno 1794 che lo vide protagonista della rinascita materiale, spirituale e morale della sua città, della quale divenne parroco nel 1799. Profondità e rigore nella ricerca della volontà di Dio si coniugavano, in lui, con una carica di entusiasmante carità che lo accompagnò fino agli ultimi giorni della sua vita. Si spense il 20 dicembre 1831. Il Sommo Pontefice Paolo VI lo dichiarò Beato nel 1963.

Madre Maria Caterina Kasper. Nacque il 26 maggio 1820 a Dernbach, piccolo villaggio della Germania. Forte ed estroversa, trascorse l’adolescenza lavorando nei campi e perfino spaccando pietre per la costruzione di strade. In lei brilla la virtù della speranza, che la spinse a «guardare avanti», superando la tentazione della mediocrità e incamminandosi sulla strada della perfezione evangelica. Nel suo contesto indubbiamente disagiato, prese l’iniziativa di fondare un Istituto di suore a servizio delle classi sociali più umili: nacque così, nel 1845, il primo nucleo delle “Povere Ancelle di Gesù Cristo”, impegnate nell’accoglienza e nella promozione dei poveri. Visitava di continuo le case, sempre più numerose, per conoscere di persona problemi e difficoltà, e vi arrivava inaspettata, per non ricevere onori, spostandosi a piedi e spesso in condizioni precarie. Madre Maria Caterina, colpita da infarto, morì il 2 febbraio 1898. Il Sommo Pontefice Paolo VI nel 1978 la annoverò tra i Beati.

Madre Nazaria Ignazia di Santa Teresa di Gesù March Mesa. Era nata a Madrid il 10 gennaio 1889; ma, nel 1905, la sua numerosa famiglia si trasferì in Messico. Eppure non era ancora questa l’ultima meta del suo percorso. Infatti, se nel Messico avvertì i segni della vocazione alla vita religiosa ed entrò nell’Istituto delle Suore degli Anziani Abbandonati, il suo campo d’azione più significativo sarà la Bolivia, dove nel 1912 venne inviata. Qui entrò in contatto con una realtà di povertà estrema e di autentico degrado. Nazaria Ignazia mise le sue doti naturali e i talenti della grazia a servizio della promozione umana di quell’ambiente e, nel 1926, diede vita alla Congregazione delle Suore Missionarie Crociate della Chiesa, per il servizio dei poveri e la promozione della donna, per l’annunzio della Parola di Dio e la formazione religiosa di bambini e adulti, anche mediante le missioni, gli esercizi spirituali e la stampa. La sua vita corse grave pericolo sia in Bolivia che in Spagna durante la guerra civile (1936-1939): infatti per un certo periodo aveva fatto ritorno nella sua nazione di origine. Nel 1942 dalla Spagna si recò a Buenos Aires, ma le sue condizioni di salute, già preoccupanti, andarono improvvisamente peggiorando. Morì il 6 luglio 1943. Il Sommo Pontefice Giovani Paolo II nel 1992 ne celebrò la beatificazione.

Nunzio Sulprizio. Nato il 13 aprile del 1817 a Pescosansonesco in provincia di Pescara, fin dall’infanzia conobbe l’esperienza del dolore, rimanendo ben presto orfano di ambedue i genitori. Sarà la nonna materna a educarlo umanamente e cristianamente. Ma, dopo la morte della nonna, Nunzio fu accolto in casa da uno zio, Domenico Luciani, il quale non ebbe particolari riguardi per la sua giovane età e per le sue condizioni di salute, che, già precarie, si aggravarono a causa del duro lavoro come fabbro che gli aveva imposto. La tubercolosi ossea lo costrinse a trasferirsi a Napoli, dove fu ben assistito da un ufficiale dell’esercito borbonico, il colonnello Felice Wochinger; ma, in secondo momento, dovette essere ricoverato all’Ospedale degli Incurabili. Qui potette finalmente ricevere la Prima Comunione tanto desiderata. In un crescendo di fede, Nunzio partecipò al mistero della croce di Cristo, chiudendo il suo cammino terreno il 5 maggio del 1836, a soli diciannove anni. Il Sommo Pontefice Leone XIII ne riconobbe l’eroicità delle virtù nel 1890, proponendolo come modello ai giovani. Il 1 Dicembre 1963 Paolo VI lo proclamò Beato. Il Sinodo dei Vescovi, che in questi giorni sta riflettendo sulle incalzanti problematiche del mondo giovanile, potrà scoprire in lui le linee di un percorso perennemente attuale.

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