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Synod18: Cappella Papale per l’apertura della XV Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, 03.10.2018


Omelia del Santo Padre

Traduzione in lingua francese

Traduzione in lingua inglese

Traduzione in lingua tedesca

Traduzione in lingua spagnola

Traduzione in lingua portoghese

Alle ore 10 di questa mattina, il Santo Padre Francesco ha celebrato la Santa Messa sul Sagrato della Basilica Vaticana in occasione dell’apertura della XV Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, dal tema: I giovani, la fede e il discernimento vocazionale.

Dopo la proclamazione del Vangelo, il Papa ha tenuto l’omelia che riportiamo di seguito:

Omelia del Santo Padre

«Lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che vi ho detto» (Gv 14,26).

In questo modo così semplice, Gesù offre ai suoi discepoli la garanzia che accompagnerà tutta l’opera missionaria che sarà loro affidata: lo Spirito Santo sarà il primo a custodire e mantenere sempre viva e attuale la memoria del Maestro nel cuore dei discepoli. È Lui a far sì che la ricchezza e bellezza del Vangelo sia fonte di gioia e novità costanti.

All’inizio di questo momento di grazia per tutta la Chiesa, in sintonia con la Parola di Dio, chiediamo con insistenza al Paraclito che ci aiuti a fare memoria e a ravvivare le parole del Signore che facevano ardere il nostro cuore (cfr Lc 24,32). Ardore e passione evangelica che generano l’ardore e la passione per Gesù. Memoria che possa risvegliare e rinnovare in noi la capacità di sognare e sperare. Perché sappiamo che i nostri giovani saranno capaci di profezia e di visione nella misura in cui noi, ormai adulti o anziani, siamo capaci di sognare e così contagiare e condividere i sogni e le speranze che portiamo nel cuore (cfr Gl 3,1).

Che lo Spirito ci dia la grazia di essere Padri sinodali unti col dono dei sogni e della speranza, perché possiamo, a nostra volta, ungere i nostri giovani col dono della profezia e della visione; ci dia la grazia di essere memoria operosa, viva, efficace, che di generazione in generazione non si lascia soffocare e schiacciare dai profeti di calamità e di sventura né dai nostri limiti, errori e peccati, ma è capace di trovare spazi per infiammare il cuore e discernere le vie dello Spirito. È con questo atteggiamento di docile ascolto della voce dello Spirito che siamo convenuti da tutte le parti del mondo. Oggi, per la prima volta, sono qui con noi anche due confratelli Vescovi dalla Cina Continentale. Diamo loro il nostro caloroso benvenuto: la comunione dell’intero Episcopato con il Successore di Pietro è ancora più visibile grazie alla loro presenza.

Unti nella speranza cominciamo un nuovo incontro ecclesiale capace di allargare orizzonti, dilatare il cuore e trasformare quelle strutture che oggi ci paralizzano, ci separano e ci allontanano dai giovani, lasciandoli esposti alle intemperie e orfani di una comunità di fede che li sostenga, di un orizzonte di senso e di vita (cfr Esort. ap. Evangelii gaudium, 49).

La speranza ci interpella, ci smuove e rompe il conformismo del “si è sempre fatto così”, e ci chiede di alzarci per guardare direttamente il volto dei giovani e le situazioni in cui si trovano. La stessa speranza ci chiede di lavorare per rovesciare le situazioni di precarietà, di esclusione e di violenza, alle quali sono esposti i nostri ragazzi.

I giovani, frutto di molte delle decisioni prese nel passato, ci chiamano a farci carico insieme a loro del presente con maggior impegno e a lottare contro ciò che in ogni modo impedisce alla loro vita di svilupparsi con dignità. Essi ci chiedono ed esigono una dedizione creativa, una dinamica intelligente, entusiasta e piena di speranza, e che non li lasciamo soli nelle mani di tanti mercanti di morte che opprimono la loro vita e oscurano la loro visione.

Questa capacità di sognare insieme, che il Signore oggi regala a noi come Chiesa, esige – secondo quanto ci diceva San Paolo nella prima Lettura – di sviluppare tra di noi un atteggiamento ben preciso: «Ciascuno non cerchi l’interesse proprio, ma anche quello degli altri» (Fil 2,4). E nel contempo punta più in alto chiedendo che con umiltà consideriamo gli altri superiori a noi stessi (cfr v. 3). Con questo spirito cercheremo di metterci in ascolto gli uni degli altri per discernere insieme quello che il Signore sta chiedendo alla sua Chiesa. E questo esige da noi che stiamo attenti e badiamo bene che non prevalga la logica dell’autopreservazione e dell’autoreferenzialità, che finisce per far diventare importante ciò che è secondario e secondario ciò che è importante. L’amore per il Vangelo e per il popolo che ci è stato affidato ci chiede di allargare lo sguardo e non perdere di vista la missione alla quale ci chiama per puntare a un bene più grande che gioverà a tutti noi. Senza questo atteggiamento, tutti i nostri sforzi saranno vani.

Il dono dell’ascolto sincero, orante e il più possibile privo di pregiudizi e condizioni ci permetterà di entrare in comunione con le diverse situazioni che vive il Popolo di Dio. Ascoltare Dio, per ascoltare con Lui il grido della gente; ascoltare la gente, per respirare con essa la volontà a cui Dio ci chiama (cfr Discorso nella veglia di preghiera in preparazione al Sinodo sulla famiglia, 4 ottobre 2014).

Questo atteggiamento ci difende dalla tentazione di cadere in posizioni eticistiche o elitarie, come pure dall’attrazione per ideologie astratte che non corrispondono mai alla realtà della nostra gente (cfr J.M. Bergoglio, Meditaciones para religiosos, 45-46).

Fratelli, sorelle, poniamo questo tempo sotto la materna protezione della Vergine Maria. Che lei, donna dell’ascolto e della memoria, ci accompagni a riconoscere le tracce dello Spirito affinché con premura (cfr Lc 1,39), tra i sogni e speranze, accompagniamo e stimoliamo i nostri giovani perché non smettano di profetizzare.

Padri sinodali,

molti di noi eravamo giovani o muovevamo i primi passi nella vita religiosa mentre terminava il Concilio Vaticano II. Ai giovani di allora venne indirizzato l’ultimo messaggio dei Padri conciliari. Ciò che abbiamo ascoltato da giovani ci farà bene ripassarlo di nuovo con il cuore ricordando le parole del poeta: «L’uomo mantenga quello che da bambino ha promesso» (F. Hölderlin).

Così ci parlarono i Padri conciliari: «La Chiesa, durante quattro anni, ha lavorato per ringiovanire il proprio volto, per meglio corrispondere al disegno del proprio Fondatore, il grande Vivente, il Cristo eternamente giovane. E al termine di questa imponente “revisione di vita”, essa si volge a voi: è per voi giovani, per voi soprattutto, che essa con il suo Concilio ha acceso una luce, quella che rischiara l’avvenire, il vostro avvenire. La Chiesa è desiderosa che la società che voi vi accingete a costruire rispetti la dignità, la libertà, il diritto delle persone: e queste persone siete voi. […] Essa ha fiducia […] che voi saprete affermare la vostra fede nella vita e in quanto dà un senso alla vita: la certezza della esistenza di un Dio giusto e buono.

È a nome di questo Dio e del suo Figlio Gesù che noi vi esortiamo ad ampliare i vostri cuori secondo le dimensioni del mondo, ad intendere l’appello dei vostri fratelli, e a mettere arditamente le vostre giovani energie al loro servizio. Lottate contro ogni egoismo. Rifiutate di dare libero corso agli istinti della violenza e dell’odio, che generano le guerre e il loro triste corteo di miserie. Siate generosi, puri, rispettosi, sinceri. E costruite nell’entusiasmo un mondo migliore di quello attuale!» (Paolo VI, Messaggio ai giovani al termine del Concilio Vaticano II, 8 dicembre 1965).

Padri sinodali, la Chiesa vi guarda con fiducia e amore.

[01528-IT.02] [Testo originale: Italiano]

Traduzione in lingua francese

«L’Esprit Saint que le Père enverra en mon nom, vous enseignera tout et il vous fera souvenir de tout ce que je vous ai dit » (Jn 14, 26).

De cette manière très simple, Jésus offre à ses disciples la garantie qu’il accompagnera toute l’œuvre missionnaire qui leur sera confiée: l’Esprit Saint sera le premier à garder et à maintenir toujours vivante et actuelle la mémoire du Maître dans le cœur des disciples. C’est Lui qui permettra que la richesse et la beauté de l’Evangile soient source de joie et de nouveauté constantes.

Au début de ce moment de grâce pour toute l’Église, en syntonie avec la Parole de Dieu, demandons avec insistance au Paraclet qu’il nous aide à faire mémoire et à raviver les paroles du Seigneur qui ont fait brûler notre cœur (cf. Lc 24, 32). Ardeur et passion évangélique qui engendrent l’ardeur et la passion pour Jésus. Mémoire qui puisse réveiller et renouveler en nous la capacité de rêver et d’espérer. Parce que nous savons que nos jeunes seront capables de prophétie et de vision dans la mesure où, désormais adultes ou âgés, nous sommes capables de rêver et ainsi de rendre contagieux et de partager les rêves et les espérances que nous portons dans notre cœur (cf. Jl 3, 1).

Que l’Esprit nous donne la grâce d’être des Pères synodaux oints du don des rêves et de l’espérance, afin que nous puissions, à notre tour, oindre nos jeunes du don de la prophétie et de la vision; qu’il nous donne la grâce d’être une mémoire active, vivante, efficace, qui de génération en génération ne se laisse pas étouffer ni écraser par des prophètes de calamités et de malheur, ni par nos limites, erreurs et péchés, mais qui est capable de trouver des espaces pour enflammer le cœur et discerner les chemins de l’Esprit. C’est avec cette attitude d’écoute docile de la voix de l’Esprit que nous sommes réunis de toutes les parties du monde. Aujourd’hui, pour la première fois, sont aussi ici avec nous deux confrères évêques de la Chine continentale. Nous leur exprimons notre chaleureuse bienvenue: la communion de l’Episcopat tout entier avec le Successeur de Pierre est encore plus visible grâce à leur présence.

Oints dans l’espérance, nous commençons une nouvelle rencontre ecclésiale capable d’élargir les horizons, de dilater le cœur et de transformer ces structures qui aujourd’hui nous paralysent, nous séparent et nous éloignent des jeunes, les laissant exposés aux intempéries et orphelins d’une communauté de foi qui les soutienne, d’un horizon de sens et de vie (cf. Exhort. ap. Evangelii gaudium, n. 49).

L’espérance nous interpelle, nous déplace et rompt avec le conformisme du “on a toujours fait ainsi”, et elle nous demande de nous lever pour regarder directement le visage des jeunes et les situations dans lesquelles ils se trouvent. La même espérance nous demande de travailler pour renverser les situations de précarité, d’exclusion et de violence, auxquelles sont exposés nos enfants.

Les jeunes, qui sont le fruit de nombreuses décisions prises dans le passé, nous appellent à prendre en charge avec eux le présent, en nous engageant davantage et à lutter contre ce qui, de toutes les façons, empêche leur vie de se développer avec dignité. Ils nous demandent et exigent un dévouement créatif, une dynamique intelligente, enthousiaste et pleine d’espérance, et que nous ne les laissions pas seuls aux mains de tant de marchands de mort qui oppriment leur vie et obscurcissent leur vision.

Cette capacité de rêver ensemble, qu’aujourd’hui le Seigneur nous offre à nous comme Église, exige – selon ce que disait Saint Paul dans la première Lecture – de développer entre nous une attitude bien précise: «Que chacun de vous ne soit pas préoccupé de ses propres intérêts; pensez aussi à ceux des autres» (Ph 2, 4). Et en même temps, il vise plus haut, demandant qu’avec humilité nous considérions les autres supérieurs à nous-mêmes (cf. v. 3). Avec cet esprit nous chercherons à nous mettre à l’écoute les uns des autres pour discerner ensemble ce que le Seigneur demande à son Église. Et cela exige de nous que nous soyons attentifs et veillions bien à ce que ne prévale pas la logique de l’auto-préservation et de l’autoréférentialité, qui finit par faire devenir important ce qui est secondaire et secondaire ce qui est important. L’amour pour l’Evangile et pour le peuple qui nous a été confié nous demande d’élargir le regard et de ne pas perdre de vue la mission à laquelle il nous appelle pour viser un plus grand bien qui profitera à nous tous. Sans cette attitude, tous nos efforts seront vains.

Le don de l’écoute sincère, priante et le plus possible sans préjugés ni conditions nous permettra d’entrer en communion avec les diverses situations que vit le Peuple de Dieu. Ecouter Dieu, pour écouter avec lui le cri des gens; écouter les gens pour respirer avec eux la volonté à laquelle Dieu nous appelle (cf. Discours lors de la veillée de prière en préparation au Synode sur la famille, 4 octobre 2014).

Cette attitude nous défend de la tentation de tomber dans une position moralisante ou élitiste, comme aussi de l’attraction pour des idéologies abstraites qui ne correspondent jamais à la réalité de nos gens (cf. J.M. Bergoglio, Meditaciones para religiosos, 45-46).

Frères et sœurs, plaçons ce temps sous la protection maternelle de la Vierge Marie. Femme de l’écoute et de la mémoire, qu’elle nous accompagne pour reconnaître les traces de l’Esprit afin que, avec empressement (cf. Lc 1, 39), entre les rêves et espérances, nous accompagnions et stimulions nos jeunes afin qu’ils ne cessent pas de prophétiser.

Pères synodaux,

beaucoup d’entre nous étaient jeunes ou faisaient leurs premiers pas dans la vie religieuse alors que se terminait le Concile Vatican II. Aux jeunes d’alors a été adressé le dernier message des Pères conciliaires. Cela nous fera du bien de repasser de nouveau dans notre cœur ce que nous avons entendu lorsque nous étions jeunes en rappelant les paroles du poète: que «l’homme conserve ce qu’il a promis lorsqu’il était enfant » (F. Hölderlin)

Les Pères conciliaires nous ont ainsi parlé: «L’Église, quatre années durant, vient de travailler à rajeunir son visage, pour mieux répondre au dessein de son Fondateur, le grand Vivant, le Christ éternellement jeune. Et au terme de cette imposante “révision de vie”, elle se tourne vers vous. C’est pour vous, les jeunes, pour vous surtout, qu’elle vient, par son Concile, d’allumer une lumière: lumière qui éclaire l’avenir, votre avenir. L’Église est soucieuse que cette société que vous allez constituer respecte la dignité, la liberté, le droit des personnes: et ces personnes, c’est vous […] Elle a confiance […] que vous saurez affirmer votre foi dans la vie et dans ce qui donne un sens à la vie: la certitude de l’existence d’un Dieu juste et bon.

C’est au nom de ce Dieu et de son Fils Jésus que nous vous exhortons à élargir vos cœurs aux dimensions du monde, à entendre l’appel de vos frères et à mettre hardiment à leur service vos jeunes énergies. Luttez contre tout égoïsme. Refusez de laisser libre cours aux instincts de violence et de haine, qui engendrent les guerres et leur cortège de misères. Soyez généreux, purs, respectueux, sincères. Et construisez dans l’enthousiasme un monde meilleur que celui de vos aînés!» (Paul VI, Message aux jeunes à la fin du Concile Vatican II, 8 décembre 1965).

Pères synodaux, l’Église vous regarde avec confiance et amour.

[01528-FR.02] [Texte original: Italien]

Traduzione in lingua inglese

“The Counsellor, the Holy Spirit, whom the Father will send in my name, he will teach you all things, and bring to remembrance all that I have said to you” (Jn 14:26).

In this straightforward way, Jesus offers his disciples the assurance that will accompany all the missionary work to be entrusted to them: the Holy Spirit will be the first to preserve, to keep alive and relevant, the memory of the Lord in the heart of his disciples. It is the Spirit who ensures that the richness and beauty of the Gospel will be a source of constant joy and freshness.

At the start of this moment of grace for the whole Church, and following God’s word, we ask the Paraclete to help us preserve the memory of the Lord and rekindle in us his words that have made our hearts burn (cf. Lk 24:32). A Gospel ardour and passion which lead to an ardour and passion for Jesus. A memory that can rekindle and renew in us the capacity to dream and to hope. For we know that our young people will be capable of prophesy and vision to the extent that we, who are already adult or elderly, can dream and thus be infectious in sharing those dreams and hopes that we carry in our hearts (cf. Joel 2:28).

May the Spirit grant us the grace to be synodal Fathers anointed with the gift of dreaming and of hoping. We will then, in turn, be able to anoint our young people with the gift of prophecy and vision. May the Spirit give us the grace to be a memory that is diligent, living and effective, that does not allow itself from one generation to the next to be extinguished or crushed by the prophets of doom and misfortune, by our own shortcomings, mistakes and sins. Rather may it be a memory capable of enkindling our hearts and of discerning the ways of the Spirit. With this attitude of docile listening to the voice of the Spirit, we have gathered from all parts of the world. Today, for the first time, we have also with us two bishops from mainland China. We offer them our warm welcome: the communion of the entire Episcopate with the Successor of Peter is yet more visible thanks to their presence.

Anointed by hope, let us begin a new ecclesial meeting. One that can broaden our horizons, expand our hearts and transform those frames of mind that today paralyze, separate and alienate us from young people, leaving them exposed to stormy seas, orphans without a faith community that should sustain them, orphans devoid of a sense of direction and meaning in life (cf. Apostolic Exhortation Evangelii Gaudium, 49).

Hope challenges us, moves us and shatters that conformism which says, “it’s always been done like this”. Hope asks us to get up and look directly into the eyes of young people and see their situations. This same hope asks us to make efforts to reverse situations of uncertainty, exclusion and violence, to which our young people are exposed.

Having been formed by so many choices taken in the past, young people now call us to join them in facing the present with greater commitment and to work against whatever prevents their lives from growing in a dignified way. They ask us and demand of us a creative dedication, a dynamism which is intelligent, enthusiastic and full of hope. They ask us not to leave them alone in the hands of so many pedlars of death who oppress their lives and darken their vision.

This capacity to dream together that our Lord offers the Church today as a gift, requires, as Saint Paul expresses in the first reading, that we cultivate one specific attitude: “Let each of you look not only to his own interests, but also to the interests of others” (Phil 2:4). And it requires that we aim even higher, humbly considering others to be better than ourselves (cf. v.3). In this spirit we will try to listen to one another, in order to discern together what the Lord is asking of his Church. And this demands that we be really careful against succumbing to a self-preservation and self-centredness which gives importance to what is secondary yet makes secondary what is important. Love for the Gospel and for the people who have been entrusted to us, challenges us to broaden our horizons and not lose sight of the mission to which we are called. In this way we shall aim for an even greater good that will benefit all of us. Without this disposition, all of our efforts will be in vain.

The gift of that ability to listen, sincerely and prayerfully, as free as possible from prejudice and conditioning, will help us to be part of those situations which the People of God experience. Listening to God, so that with him we can listen to the cry of the people; listening to our people, so that we can breathe in with them the desire to which God calls us (cf. Address during the Prayer Vigil in preparation for the Synod on the Family, 4 October 2014).

This disposition protects us from the temptation of falling into moralistic or elitist postures, and it protects us from the lure of abstract ideologies that never touch the realities of our people (cf. J.M. Bergoglio, Meditations for Religious, 45-46).

Dear brothers and sisters, let us entrust this time to the maternal protection of Our Lady. May she, the woman who listens and cherishes memories, accompany us in recognizing the signs of the Spirit, so that with a sense of urgency (cf. Lk 1:39), with our dreams and hopes, we may accompany and encourage our young people to always continue prophesying.

Dear Synod Fathers,

Many of us were young or taking our first steps in the religious life while the Second Vatican Council was drawing to a close. The final message of the Council Fathers was addressed to the youth of that time. That message which we ourselves heard in our youth will do us much good if we revisit it in our hearts with the help of the poet’s words: “May the man hold fast to what the child has promised” (Friedrich Hölderlin, Poems).

This is how the Council Fathers spoke to us: “For four years the Church has been working to rejuvenate her image in order to respond the better to the design of her Founder, the great Living One, the Christ who is eternally young. At the term of this imposing re-examination of life, she now turns to you. It is for you, youth, especially for you that the Church now comes through her council to enkindle your light, the light which illuminates the future, your future. The Church is anxious that this society that you are going to build up should respect the dignity, the liberty and the rights of individuals. These individuals are you. […] She trusts […] that you will express your faith in life and in what gives meaning to life: the certainty of the existence of a good and just God. It is in the name of this God and of His Son, Jesus, that we exhort you to open your hearts to the dimensions of the world, to heed the appeal of your brothers, to place your youthful energies at their service. Fight against all egoism. Refuse to give free course to the instincts of violence and hatred which beget wars and all their train of miseries. Be generous, pure, respectful and sincere, and build in enthusiasm a better world than your elders had” (Paul VI, Closing of the Second Vatican Ecumenical Council, Address to Young Men and Women of the World, 8 December 1965).

Dear Synod Fathers, the Church looks to you with confidence and love.

[01528-EN.02] [Original text: Italian]

Traduzione in lingua tedesca

»Der Beistand aber, der Heilige Geist, den der Vater in meinem Namen senden wird, der wird euch alles lehren und euch an alles erinnern, was ich euch gesagt habe« (Joh 14,26).

Auf diese so einfache Weise versichert Jesus seinen Jüngern, dass er ihre Sendung, mit der er sie beauftragt hat, begleiten wird: Vor allem der Heilige Geist wird die Erinnerung an den Meister in den Herzen der Jünger bewahren, sie lebendig und präsent halten. Er ist es, der dafür sorgt, dass der Reichtum und die Schönheit des Evangeliums ein Quell beständiger Freude und Neuheit sind.

Zu Beginn dieses Gnadenmoments für die ganze Kirche bitten wir in Übereinstimmung mit dem Wort Gottes inständig um den Beistand des Heiligen Geistes. Er möge uns helfen, die Worte des Herrn, die unsere Herzen brennen machten, zu erinnern und neu zu beleben (vgl. Lk 24,32). Er schenke evangelischen Eifer und Leidenschaft, aus denen dann der Eifer und die Leidenschaft für Jesus erwachsen. Er schenke uns ein Gedächtnis, das in uns die Fähigkeit zu träumen und zu hoffen erwecken und erneuern möge. Denn wir wissen, dass unsere jungen Menschen in dem Maße prophetisch und visionär sein werden, in dem wir als mittlerweile Erwachsene oder Ältere zum Träumen fähig sind und in dem wir mit unseren Hoffnungen und Träumen, die wir im Herzen tragen, ansteckend sind (vgl. Joël 3,1).

Der Geist möge uns Synodenväter mit der Gabe der Hoffnung und des Träumens begnaden, so dass wir wiederum unsere jungen Menschen mit der Gabe prophetischen Weitblicks salben können; er schenke uns die Gnade, über die Generationen hinweg ein aktives, lebendiges und wirksames Gedächtnis zu sein, das sich nicht von den Unglücks- und Schreckenspropheten oder von unseren Grenzen, Irrtümern und Sünden ersticken und zerdrücken lässt, sondern in der Lage ist, Räume zu finden, wo das Herz entbrennt und die Wege des Heiligen Geistes erkannt werden können. Mit dieser Haltung bereitwilligen Hörens auf die Stimme des Geistes sind wir aus allen Teilen der Welt zusammengekommen. Heute sind zum ersten Mal auch zwei Mitbrüder im Bischofsamt aus Kontinental-China hier bei uns. Wir heißen sie herzlich willkommen: die Gemeinschaft des ganzen Bischofskollegiums mit dem Nachfolger Petri ist dank ihrer Präsenz nun noch stärker sichtbar.

Vereint in der Hoffnung beginnen wir eine neue kirchliche Versammlung, die in der Lage ist, die Horizonte zu erweitern, das Herz zu öffnen und jene Strukturen zu verändern, die uns heute lähmen, von der Jugend trennen und entfernen und dazu führen, dass sie im Regen stehen und sich selbst überlassen bleiben ohne eine Glaubensgemeinschaft, die sie unterstützt und ohne einen Horizont von Sinn und Leben (vgl. Apostolisches Schreiben Evangelii gaudium, 49).

Die Hoffnung fordert uns heraus, rüttelt uns auf, zerbricht den Konformismus des „Das war schon immer so“ und verlangt von uns, aufzustehen, um den jungen Menschen direkt ins Gesicht zu schauen und zu sehen, in welchen Situationen sie sich befinden. Ebendiese Hoffnung fordert unser Engagement zur Überwindung von Situationen der Unsicherheit, Ausgrenzung und Gewalt, denen unsere Jugendlichen ausgesetzt sind.

In der Vergangenheit wurde oft über die Jugendlichen entschieden, aber sie wollen, dass wir gemeinsam mit ihnen die Aufgaben der Gegenwart mit mehr Engagement angehen und gegen das ankämpfen, was ihr Leben in irgendeiner Weise daran hindert, sich in Würde zu entwickeln. Sie verlangen und brauchen von uns eine kreative Hingabe, eine intelligente, begeisternde und hoffnungsvolle Dynamik und dass wir sie nicht allein lassen in den Händen so vieler mörderischer Geschäftemacher, die ihr Leben unterdrücken und ihre Zukunftsvision verdunkeln.

Diese Fähigkeit zum gemeinsamen Träumen, die der Herr uns heute als Kirche schenkt, verlangt – wie uns der heilige Paulus in der ersten Lesung sagte –, dass wir eine ganz spezifische Haltung im Umgang miteinander entwickeln: »Jeder achte nicht nur auf das eigene Wohl, sondern auch auf das der anderen« (Phil 2,4). Und gleichzeitig geht es ihm um noch Höheres, wenn er fordert, dass wir in Demut die anderen höher einschätzen sollen als uns selbst (vgl. V. 3). In dieser Gesinnung werden wir versuchen, aufeinander zu hören, um gemeinsam herauszufinden, was der Herr von seiner Kirche verlangt. Und das erfordert von uns, dass wir aufmerksam sind und gut darauf achten, dass sich nicht die Logik der Selbsterhaltung und Selbstbezogenheit durchsetzt, die letztendlich dazu führt, dass Unwichtiges wichtig und Wichtiges unwichtig wird. Die Liebe zum Evangelium und zu den uns anvertrauten Menschen verlangt von uns, dass wir den Blick weiten und die Mission, zu der es uns ruft, nicht aus den Augen verlieren, nämlich ein höheres Gut anzustreben, das uns allen zugutekommt. Ohne diese Haltung werden alle unsere Anstrengungen umsonst sein.

Die Gabe des aufrichtigen, betenden und von Vorurteilen und Vorbedingungen möglichst freien Zuhörens wird uns erlauben, uns in die verschiedenen Situationen hineinzuversetzen, in denen das Volk Gottes lebt. Auf Gott hören, um mit ihm auf den Schrei des Volkes zu hören; auf das Volk hören, um mit ihm den Willen wahrzunehmen, zu dem Gott uns ruft (vgl. Rede während der Gebetswache zur Vorbereitung der Familiensynode, 4. Oktober 2014).

Diese Haltung bewahrt uns vor der Versuchung in moralistische oder elitäre Positionen zu verfallen, wie auch vor einer Neigung zu abstrakten Ideologien, die nie der Realität unseres Volkes entsprechen (vgl. J.M. Bergoglio, Meditaciones para religiosos, 45-46).

Brüder und Schwestern, lasst uns diese Zeit unter den mütterlichen Schutz der Jungfrau Maria stellen. Möge sie uns als Frau des Zuhörens und des Gedächtnisses beistehen, damit wir die Spuren des Geistes erkennen, so dass wir unsere jungen Menschen über die Träume und Hoffnungen hinaus auch mit unserer Aufmerksamkeit (vgl. Lk 1,39) begleiten und ermutigen, damit sie nicht aufhören prophetisch zu sein.

Liebe Synodenväter,

viele von uns waren noch jung oder machten ihre ersten Schritte im religiösen Leben, als das Zweite Vatikanische Konzil zu Ende ging. Die letzte Botschaft der Konzilsväter richtete sich an die damaligen Jugendlichen. Es wird uns guttun, das, was wir als Jugendliche gehört haben, mit dem Herzen noch einmal durchzugehen, und dabei an die Worte des Dichters zu denken: »Dass dir halte der Mann, was er als Knabe gelobt« (F. Hölderlin).

Und das sagten die Konzilsväter zu uns: »Vier Jahre arbeitete die Kirche daran, ihr Antlitz zu verjüngen, um dem Entwurf ihres Gründers, des Lebendigen schlechthin, des ewig jungen Christus, besser zu entsprechen. Und am Ende dieser beeindruckenden „révision de vie“ wendet sie sich an euch: Für euch junge Menschen, für euch vor allem, hat sie mit ihrem Konzil ein Licht entzündet, das die Zukunft, eure Zukunft erhellt. Die Kirche begehrt, dass die Gesellschaft, die ihr aufbauen werdet, die Würde, die Freiheit und das Recht der Menschen respektiert: und diese Menschen seid ihr. […] Sie vertraut darauf, dass ihr verstehen werdet, euren Glauben im Leben zu bezeugen, den Glauben an das, was dem Leben Sinn verleiht: die Gewissheit der Existenz eines gerechten und guten Gottes.

Im Namen dieses Gottes und seines Sohnes Jesus ermahnen wir euch, eure Herzen auf die Vielgestaltigkeit der Welt hin zu weiten, den Ruf eurer Brüder und Schwestern zu verstehen und eure jugendlichen Energien mutig in ihren Dienst zu stellen. Kämpft gegen jeden Egoismus. Weigert euch, den Instinkten von Gewalt und Hass, die Kriege und ihre traurigen Begleiterscheinungen des Elends hervorrufen, freien Lauf zu lassen. Seid großzügig, rein, respektvoll, aufrichtig. Und errichtet mit eurer Begeisterung eine bessere Welt als die heutige!« (Paul VI, Botschaft an die Jugendlichen am Ende des Zweiten Vatikanischen Konzils, 8. Dezember 1965).

Verehrte Synodenväter, die Kirche schaut mit Vertrauen und Liebe auf euch.

[01528-DE.02] [Originalsprache: Italien

Traduzione in lingua spagnola

«El Espíritu Santo, que enviará el Padre en mi nombre, será quien os lo enseñe todo y os vaya recordando todo lo que os he dicho» (Jn 14,26).

De esta forma tan sencilla, Jesús les ofrece a sus discípulos la garantía que acompañará toda la obra misionera que les será encomendada: el Espíritu Santo será el primero en custodiar y mantener siempre viva y actuante la memoria del Maestro en el corazón de los discípulos. Él es quien hace que la riqueza y hermosura del Evangelio sea fuente de constante alegría y novedad.

Al iniciar este momento de gracia para toda la Iglesia, en sintonía con la Palabra de Dios, pedimos con insistencia al Paráclito que nos ayude a hacer memoria y a reavivar esas palabras del Señor que hacían arder nuestro corazón (cf. Lc 24,32). Ardor y pasión evangélica que engendra el ardor y la pasión por Jesús. Memoria que despierte y renueve en nosotros la capacidad de soñar y esperar. Porque sabemos que nuestros jóvenes serán capaces de profecía y de visión en la medida que nosotros, ya mayores o ancianos, seamos capaces de soñar y así contagiar y compartir esos sueños y esperanzas que anidan en el corazón (cf. Jl 3,1).

Que el Espíritu nos dé la gracia de ser Padres sinodales ungidos con el don de los sueños y de la esperanza para que podamos, a su vez, ungir a nuestros jóvenes con el don de la profecía y la visión; que nos dé la gracia de ser memoria operante, viva, eficaz, que de generación en generación no se deja asfixiar ni aplastar por los profetas de calamidades y desventuras ni por nuestros propios límites, errores y pecados, sino que es capaz de encontrar espacios para encender el corazón y discernir los caminos del Espíritu. Con esta actitud de dócil escucha de la voz del Espíritu, hemos venido de todas partes del mundo. Hoy, por primera vez, están también aquí con nosotros dos hermanos obispos de China Continental. Démosles nuestra afectuosa bienvenida: gracias a su presencia, la comunión de todo el Episcopado con el Sucesor de Pedro es aún más visible.

Ungidos en la esperanza comenzamos un nuevo encuentro eclesial capaz de ensanchar horizontes, dilatar el corazón y transformar aquellas estructuras que hoy nos paralizan, nos apartan y alejan de nuestros jóvenes, dejándolos a la intemperie y huérfanos de una comunidad de fe que los sostenga, de un horizonte de sentido y de vida (cf. Exhort. ap. Evangelii gaudium, 49).

La esperanza nos interpela, moviliza y rompe el conformismo del «siempre se hizo así» y nos pide levantarnos para mirar de frente el rostro de nuestros jóvenes y las situaciones en las que se encuentran. La misma esperanza nos pide trabajar para revertir las situaciones de precariedad, exclusión y violencia a las que están expuestos nuestros muchachos.

Nuestros jóvenes, fruto de muchas de las decisiones que se han tomado en el pasado, nos invitan a asumir junto a ellos el presente con mayor compromiso y luchar contra todas las formas que obstaculizan sus vidas para que se desarrollen con dignidad. Ellos nos piden y reclaman una entrega creativa, una dinámica inteligente, entusiasta y esperanzadora, y que no los dejemos solos en manos de tantos mercaderes de muerte que oprimen sus vidas y oscurecen su visión.

Esta capacidad de soñar juntos que el Señor hoy nos regala como Iglesia, reclama, como nos decía san Pablo en la primera lectura, desarrollar entre nosotros una actitud definida: «No os encerréis en vuestros intereses, sino buscad todos el interés de los demás» (Flp 2,4). E inclusive apunta más alto al pedir que con humildad consideremos estimar a los demás superiores a nosotros mismos (cf. v. 3). Con este espíritu intentaremos ponernos a la escucha los unos de los otros para discernir juntos lo que el Señor le está pidiendo a su Iglesia. Y esto nos exige estar alertas y velar para que no domine la lógica de autopreservación y autorreferencialidad que termina convirtiendo en importante lo superfluo y haciendo superfluo lo importante. El amor por el Evangelio y por el pueblo que nos fue confiado nos pide ampliar la mirada y no perder de vista la misión a la que nos convoca para apuntar a un bien mayor que nos beneficiará a todos. Sin esta actitud, vanos serán todos nuestros esfuerzos.

El don de la escucha sincera, orante y con el menor número de prejuicios y presupuestos nos permitirá entrar en comunión con las diferentes situaciones que vive el Pueblo de Dios. Escuchar a Dios, hasta escuchar con él el clamor del pueblo; escuchar al pueblo, hasta respirar en él la voluntad a la que Dios nos llama (cf. Discurso durante el encuentro para la familia, 4 octubre 2014).

Esta actitud nos defiende de la tentación de caer en posturas «eticistas» o elitistas, así como de la fascinación por ideologías abstractas que nunca coinciden con la realidad de nuestros pueblos (cf. J. M. Bergoglio, Meditaciones para religiosos, 45-46).

Hermanos y hermanas: Pongamos este tiempo bajo la materna protección de la Virgen María. Que ella, mujer de la escucha y la memoria, nos acompañe a reconocer las huellas del Espíritu para que, «sin demora» (cf. Lc 1,39), entre los sueños y esperanzas, acompañemos y estimulemos a nuestros jóvenes para que no dejen de profetizar.

Padres sinodales:

Muchos de nosotros éramos jóvenes o comenzábamos los primeros pasos en la vida religiosa al finalizar el Concilio Vaticano II. A los jóvenes de aquellos años les fue dirigido el último mensaje de los padres conciliares. Lo que escuchamos de jóvenes nos hará bien volverlo repasar en el corazón recordando las palabras del poeta: «Que el hombre mantenga lo que de niño prometió» (F. Hölderlin).

Así nos hablaron los Padres conciliares: «La Iglesia, durante cuatro años, ha trabajado para rejuvenecer su rostro, para responder mejor a los designios de su fundador, el gran viviente, Cristo, eternamente joven. Al final de esa impresionante “reforma de vida” se vuelve a vosotros. Es para vosotros los jóvenes, sobre todo para vosotros, porque la Iglesia acaba de alumbrar en su Concilio una luz, luz que alumbrará el porvenir. La Iglesia está preocupada porque esa sociedad que vais a constituir respete la dignidad, la libertad, el derecho de las personas, y esas personas son las vuestras […]

En el nombre de este Dios y de su hijo, Jesús, os exhortamos a ensanchar vuestros corazones a las dimensiones del mundo, a escuchar la llamada de vuestros hermanos y a poner ardorosamente a su servicio vuestras energías. Luchad contra todo egoísmo. Negaos a dar libre curso a los instintos de violencia y de odio, que engendran las guerras y su cortejo de males. Sed generosos, puros, respetuosos, sinceros. Y edificad con entusiasmo un mundo mejor que el de vuestros mayores» (Pablo VI, Mensaje a los jóvenes, con ocasión de la clausura del Concilio Vaticano II, 8 diciembre 1965).

Padres sinodales: la Iglesia los mira con confianza y amor.

[01528-ES.02] [Texto original: Italiano]

Traduzione in lingua portoghese

«O Espírito Santo que o Pai enviará em meu nome, Esse é que vos ensinará tudo, e há de recordar-vos tudo o que Eu vos disse» (Jo 14, 26).

Desta maneira tão simples, Jesus oferece aos seus discípulos a garantia de que acompanhará todo o trabalho missionário que lhes será confiado: o Espírito Santo será o primeiro a guardar e manter sempre viva e atual no coração dos discípulos a memória do Mestre. Ele faz com que a riqueza e beleza do Evangelho seja fonte de constante alegria e novidade.

No início deste momento de graça para toda a Igreja, em sintonia com a Palavra de Deus, peçamos insistentemente ao Paráclito que nos ajude a trazer à memória e à reavivar as palavras do Senhor que faziam arder o nosso coração (cf. Lc 24, 32). Ardor e paixão evangélica que geram o ardor e a paixão por Jesus. Memória que possa despertar e renovar em nós a capacidade de sonhar e esperar. Porque sabemos que os nossos jovens serão capazes de profecia e visão, na medida em que nós, adultos ou já idosos, formos capazes de sonhar e assim contagiar e partilhar os sonhos e as esperanças que trazemos no coração (cf. Jl 3, 1).

Que o Espírito nos dê a graça de ser Padres sinodais ungidos com o dom dos sonhos e da esperança, para podermos, por nossa vez, ungir os nossos jovens com o dom da profecia e da visão; que nos dê a graça de ser memória operosa, viva e eficaz, que, de geração em geração, não se deixa sufocar e esmagar pelos profetas de calamidades e desgraças, nem pelos nossos limites, erros e pecados, mas é capaz de encontrar espaços para inflamar o coração e discernir os caminhos do Espírito. É com esta disposição de dócil escuta da voz do Espírito que nos congregamos aqui de todas as partes do mundo. Hoje, pela primeira vez, estão connosco também dois irmãos Bispos da China continental, a quem damos as nossas calorosas boas-vindas. Graças à sua presença, é ainda mais visível a comunhão de todo o Episcopado com o Sucessor de Pedro.

Ungidos na esperança, começamos um novo encontro eclesial capaz de ampliar horizontes, dilatar o coração e transformar as estruturas que hoje nos paralisam, separam e afastam dos jovens, deixando-os expostos às intempéries e órfãos duma comunidade de fé que os apoie, dum horizonte de sentido e de vida (cf. Exort. ap. Evangelii gaudium, 49).

A esperança interpela-nos, move-nos e destroça o conformismo ditado pelo «sempre se fez assim» e pede que nos ergamos para fixar olhos nos olhos o rosto dos jovens e ver as situações em que se encontram. A mesma esperança pede que trabalhemos por derrubar as situações de precariedade, exclusão e violência, a que está exposta a nossa juventude.

Fruto de muitas das decisões tomadas no passado, os jovens chamam-nos a cuidar, com maior empenho e juntamente com eles, do presente e a lutar contra aquilo que de algum modo impede a sua vida de crescer com dignidade. Pedem-nos e exigem-nos uma dedicação criativa, uma dinâmica inteligente, entusiasta e cheia de esperança, e que não os deixemos sozinhos nas mãos de tantos traficantes de morte que oprimem a sua vida e obscurecem a sua visão.

Esta capacidade de sonhar juntos, que hoje o Senhor nos dá de presente a nós como Igreja, exige – conforme nos dizia São Paulo, na primeira Leitura – que desenvolvamos entre nós uma atitude muito concreta: «Cada um não tenha em vista os próprios interesses, mas todos e cada um exatamente os interesses dos outros» (Flp 2, 4). E, ao mesmo tempo, aponta para mais alto pedindo que, humildemente, consideremos os outros superiores a nós mesmos (cf. 2, 3). Com este espírito, procuraremos colocar-nos à escuta uns dos outros para discernirmos, juntos, aquilo que o Senhor está a pedir à sua Igreja. Isto exige de nós que estejamos atentos e nos precavamos bem para não prevalecer a lógica da auto-preservação e da autorreferência, que acaba por tornar importante o que é secundário, e secundário o que é importante. O amor ao Evangelho e ao povo que nos foi confiado pede-nos que alarguemos o olhar e não percamos de vista a missão a que nos chama a fim de apostar num bem maior que será de proveito para todos nós. Sem esta atitude, serão vãos todos os nossos esforços.

O dom da escuta sincera, orante e, o mais possível, livre de preconceitos e condições permitir-nos-á entrar em comunhão com as diferentes situações que vive o povo de Deus. Ouvir a Deus, para escutar com Ele o clamor do povo; ouvir o povo, para respirar com ele a vontade a que Deus nos chama (cf. Discurso na Vigília de Oração preparatória para o Sínodo sobre a família, 4 de outubro de 2014).

Esta atitude defende-nos da tentação de cair em posições moralistas ou elitistas, bem como da atração por ideologias abstratas que nunca correspondem à realidade do nosso povo (cf. J. M. Bergoglio, Meditações para religiosos, 45-46).

Irmãos e irmãs,, coloquemos este tempo sob a proteção materna da Virgem Maria. Que Ela, mulher da escuta e da memória, nos acompanhe no reconhecimento dos vestígios do Espírito, a fim de que solicitamente (cf. Lc 1, 39), entre os sonhos e esperanças, acompanhemos e estimulemos os nossos jovens para que não cessem de profetizar.

Padres sinodais!

Muitos de nós éramos jovens ou dávamos os primeiros passos na vida religiosa, quando terminou o Concílio Vaticano II. Aos jovens de então, foi dirigida a última mensagem dos Padres conciliares. O que ouvimos quando éramos jovens far-nos-á bem repassá-lo com o coração, lembrados das palavras do poeta: «O homem mantenha o que, em criança, prometeu» (F. Hölderlin).

Assim nos falaram os Padres conciliares: «A Igreja, durante quatro anos, tem estado a trabalhar para um rejuvenescimento do seu rosto, para melhor responder à intenção do seu fundador, o grande vivente, o Cristo eternamente jovem. E no termo desta importante “revisão de vida”, volta-se para vós. É para vós, os jovens, especialmente para vós, que ela acaba de acender, pelo seu Concílio, uma luz: luz que iluminará o futuro, o vosso futuro. A Igreja deseja que esta sociedade que vós ides construir respeite a dignidade, a liberdade, o direito das pessoas: e estas pessoas, sois vós. (…) Tem confiança que (…) vós sabereis afirmar a vossa fé na vida e no que dá um sentido à vida: a certeza da existência de um Deus justo e bom.

É em nome deste Deus e de seu Filho Jesus que vos exortamos a alargar os vossos corações a todo o mundo, a escutar o apelo dos vossos irmãos e a pôr corajosamente ao seu serviço as vossas energias juvenis. Lutai contra todo o egoísmo. Recusai dar livre curso aos instintos da violência e do ódio, que geram as guerras e o seu cortejo de misérias. Sede generosos, puros, respeitadores, sinceros. E construí com entusiasmo um mundo melhor que o dos vossos antepassados» (Conc. Ecum. Vat. II, Mensagem aos jovens, 8 de dezembro de 1965).

Padres sinodais, a Igreja olha-vos com confiança e amor.

[01528-PO.01] [Texto original: Italiano]

[B0719-XX.02]