Sala Stampa

www.vatican.va

Sala Stampa Back Top Print Pdf
Sala Stampa


Lettera ai Vescovi circa la nuova redazione del n. 2267 del Catechismo della Chiesa Cattolica sulla pena di morte a cura della Congregazione per la Dottrina della Fede, 02.08.2018


Testo in lingua italiana

Traduzione in lingua francese

Traduzione in lingua inglese

Traduzione in lingua tedesca

Traduzione in lingua spagnola

Traduzione in lingua portoghese

Testo in lingua italiana

CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE

Lettera ai Vescovi
circa la nuova redazione del n. 2267
del Catechismo della Chiesa Cattolica
sulla pena di morte

1. Il Santo Padre Francesco, nel Discorso in occasione del venticinquesimo anniversario della pubblicazione della Costituzione Apostolica Fidei depositum, con la quale Giovanni Paolo II promulgava il Catechismo della Chiesa Cattolica, ha chiesto che fosse riformulato l’insegnamento sulla pena di morte, in modo da raccogliere meglio lo sviluppo della dottrina avvenuto su questo punto negli ultimi tempi.[1] Questo sviluppo poggia principalmente sulla coscienza sempre più chiara nella Chiesa del rispetto dovuto ad ogni vita umana. In questa linea affermava Giovanni Paolo II: «Neppure l’omicida perde la sua dignità personale e Dio stesso se ne fa garante».[2]

2. In tale luce va compreso l’atteggiamento verso la pena di morte che si è affermato sempre più largamente nell’insegnamento dei pastori e nella sensibilità del popolo di Dio. Se, infatti, la situazione politica e sociale di un tempo rendeva la pena di morte uno strumento accettabile per la tutela del bene comune, oggi la sempre più viva coscienza che la dignità di una persona non viene perduta neanche dopo aver commesso crimini gravissimi, l’approfondita comprensione del senso delle sanzioni penali applicate dallo Stato, e la messa a punto di sistemi di detenzione più efficaci che assicurano la doverosa difesa dei cittadini, hanno dato luogo ad una nuova consapevolezza che ne riconosce l’inammissibilità e perciò chiede la sua abolizione.

3. In questo sviluppo è di grande importanza l’insegnamento della Lettera enciclica Evangelium vitae di Giovanni Paolo II. Il Santo Padre annoverava tra i segni di speranza di una nuova civiltà della vita «la sempre più diffusa avversione dell’opinione pubblica alla pena di morte anche solo come strumento di “legittima difesa” sociale, in considerazione delle possibilità di cui dispone una moderna società di reprimere efficacemente il crimine in modi che, mentre rendono inoffensivo colui che l’ha commesso, non gli tolgono definitivamente la possibilità di redimersi».[3] L’insegnamento di Evangelium vitae è stato raccolto poi nell’editio typica del Catechismo della Chiesa Cattolica. In esso, la pena di morte non si presenta come una pena proporzionata alla gravità del delitto, ma si giustifica solo se fosse «l’unica via praticabile per difendere efficacemente dall'aggressore ingiusto la vita di esseri umani», anche se di fatto «i casi di assoluta necessità di soppressione del reo sono ormai molto rari, se non addirittura inesistenti» (n. 2267).

4. Giovanni Paolo II è intervenuto anche in altre occasioni contro la pena di morte, appellandosi sia al rispetto della dignità della persona sia ai mezzi che possiede la società odierna per difendersi dal criminale. Così, nel Messaggio natalizio del 1998, egli auspicava «nel mondo il consenso nei confronti di misure urgenti ed adeguate ... per bandire la pena di morte».[4] Il mese successivo, negli Stati Uniti, egli ripeteva: «Un segno di speranza è costituito dal crescente riconoscimento che la dignità della vita umana non deve mai essere negata, nemmeno a chi ha fatto del male. La società moderna possiede gli strumenti per proteggersi senza negare in modo definitivo ai criminali la possibilità di ravvedersi. Rinnovo l’appello lanciato a Natale, affinché si decida di abolire la pena di morte, che è crudele e inutile».[5]

5. La spinta ad impegnarsi per l’abolizione della pena di morte è continuata con i Pontefici successivi. Benedetto XVI richiamava «l’attenzione dei responsabili della società sulla necessità di fare tutto il possibile per giungere all’eliminazione della pena capitale».[6] E successivamente auspicava ad un gruppo di fedeli che «le vostre deliberazioni possano incoraggiare le iniziative politiche e legislative, promosse in un numero crescente di Paesi, per eliminare la pena di morte e continuare i progressi sostanziali realizzati per adeguare il diritto penale sia alle esigenze della dignità umana dei prigionieri che all’effettivo mantenimento dell’ordine pubblico».[7]

6. In questa stessa prospettiva Papa Francesco ha ribadito che «oggigiorno la pena di morte è inammissibile, per quanto grave sia stato il delitto del condannato».[8] La pena di morte, quali che siano le modalità dell’esecuzione, «implica un trattamento crudele, disumano e degradante».[9] Va inoltre rifiutata «a motivo della difettosa selettività del sistema penale e di fronte alla possibilità dell’errore giudiziario».[10] È in questa luce che Papa Francesco ha chiesto una revisione della formulazione del Catechismo della Chiesa Cattolica sulla pena di morte, in modo che si affermi che «per quanto grave possa essere stato il reato commesso, la pena di morte è inammissibile perché attenta all’inviolabilità e dignità della persona».[11]

7. La nuova redazione del n. 2267 del Catechismo della Chiesa Cattolica, approvata da Papa Francesco, si situa in continuità con il Magistero precedente, portando avanti uno sviluppo coerente della dottrina cattolica.[12] Il nuovo testo, seguendo le orme dell’insegnamento di Giovanni Paolo II in Evangelium vitae, afferma che la soppressione della vita di un criminale come punizione per un delitto è inammissibile perché attenta alla dignità della persona, dignità che non viene perduta neanche dopo aver commesso dei crimini gravissimi. A questa conclusione si arriva anche tenendo conto della nuova comprensione delle sanzioni penali applicate dallo Stato moderno, che devono orientarsi innanzitutto alla riabilitazione e reintegrazione sociale del criminale. Infine, visto che la società odierna possiede sistemi di detenzione più efficaci, la pena di morte risulta non necessaria come protezione della vita di persone innocenti. Certamente, resta in piedi il dovere della pubblica autorità di difendere la vita dei cittadini, come è stato sempre insegnato dal Magistero e come conferma il Catechismo della Chiesa Cattolica nei numeri 2265 e 2266.

8. Tutto questo mostra che la nuova formulazione del n. 2267 del Catechismo esprime un autentico sviluppo della dottrina, che non è in contraddizione con gli insegnamenti anteriori del Magistero. Questi, infatti, possono spiegarsi alla luce della responsabilità primaria dell’autorità pubblica di tutelare il bene comune, in un contesto sociale in cui le sanzioni penali si comprendevano diversamente e avvenivano in un ambiente in cui era più difficile garantire che il criminale non potesse reiterare il suo crimine.

9. Nella nuova redazione si aggiunge che la consapevolezza sulla inammissibilità della pena di morte è cresciuta «alla luce del Vangelo».[13] Il Vangelo, infatti, aiuta a comprendere meglio l’ordine creaturale che il Figlio di Dio ha assunto, purificato e portato a pienezza. Ci invita anche alla misericordia e alla pazienza del Signore che dà a ciascuno il tempo per convertirsi.

10. La nuova formulazione del n. 2267 del Catechismo della Chiesa Cattolica vuole costituire una spinta a un deciso impegno, anche attraverso un rispettoso dialogo con le autorità politiche, affinché sia favorita una mentalità che riconosca la dignità di ogni vita umana e vengano create le condizioni che consentono di eliminare oggi l’istituto giuridico della pena di morte laddove è ancora in vigore.

 Il Sommo Pontefice Francesco, nell’Udienza concessa al sottoscritto Segretario in data 28 giugno 2018, ha approvato la presente Lettera, decisa dalla Sessione Ordinaria di questa Congregazione il 13 giugno 2018, e ne ha ordinato la pubblicazione.

Dato a Roma, dalla Sede della Congregazione per la Dottrina della Fede, il 1° agosto 2018, Memoria di Sant’Alfonso Maria de’ Liguori.

Luis F. Card. Ladaria, S.I.
Prefetto

+ Giacomo Morandi
Arcivescovo Titolare di Cerveteri
Segretario

___________________________

[1] Cf. Francesco, Discorso ai partecipanti all’incontro promosso dal Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione (11 ottobre 2017): L’Osservatore Romano (13 ottobre 2017), 4.
[2]
Giovanni Paolo II, Lett. enc. Evangelium vitae (25 marzo 1995), n. 9: AAS 87 (1995), 411.
[3]
Ibid., n. 27: AAS 87 (1995), 432.
[4]
Giovanni Paolo II, Messaggio Urbi et Orbi per il Santo Natale (25 dicembre 1998), n. 5: Insegnamenti XXI,2 (1998), 1348.
[5]
Id., Omelia nel Trans World Dome di St. Louis (27 gennaio 1999): Insegnamenti XXII,1 (1999), 269; cf. Omelia nella Messa nella Basilica di Nuestra Señora de Guadalupe a Città del Messico (23 gennaio 1999): «Occorre porre fine al ricorso non necessario alla pena di morte»: Insegnamenti XXII,1 (1999), 123.
[6]
Benedetto XVI, Esort. Ap. postsinodale Africae munus (19 novembre 2011), n. 83: AAS 104 (2012), 276.
[7]
Id., Udienza generale (30 novembre 2011): Insegnamenti VII,2 (2011), 813.
[8]
Francesco, Lettera al Presidente della Commissione internazionale contro la pena di morte (20 marzo 2015): L’Osservatore Romano (20-21 marzo 2015), 7.
[9]
Ibid.
[10]
Ibid.
[11]
Francesco, Discorso ai partecipanti all’incontro promosso dal Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione (11 ottobre 2017): L’Osservatore Romano (13 ottobre 2017), 5.
[12]
Cf. Vincenzo di Lérins, Commonitorium, cap. 23: PL 50, 667-669. In riferimento alla pena di morte, trattando delle specificazioni dei precetti del decalogo, la Pontificia Commissione Biblica ha parlato di “affinamento” delle posizioni morali della Chiesa: «Con il corso della storia e lo sviluppo delle civiltà, la Chiesa ha pure affinato le proprie posizioni morali riguardanti la pena di morte e la guerra in nome di un culto della vita umana che essa nutre senza cessa meditando la Scrittura e che prende sempre più colore di un assoluto. Ciò che sottende queste posizioni apparentemente radicali è sempre la stessa nozione antropologica di base: la dignità fondamentale dell’uomo creato a immagine di Dio» (Bibbia e morale. Radici bibliche dell’agire cristiano, 2008, n. 98).
[13]
Conc. Ecum. Vat. II, Cost. past. Gaudium et spes, n. 4.

[01210-IT.01] [Testo originale: Italiano]

Traduzione in lingua francesce

CONGRÉGATION POUR LA DOCTRINE DE LA FOI

Lettre aux Évêques
à propos de la nouvelle formulation du n.2267
du Catéchisme de l’Église Catholique
sur la peine de mort

1. Dans son Discours à l’occasion du vingt-cinquième anniversaire de la publication de la Constitution apostolique Fidei depositum par laquelle Jean-Paul II avait promulgué le Catéchisme de l’Église Catholique, le Pape François a demandé de reformuler l’enseignement sur la peine de mort, afin de mieux intégrer le développement de la doctrine advenu ces derniers temps sur ce thème.[1] Cette évolution est basée essentiellement sur la prise de conscience, toujours plus claire dans l’Église, du respect dû à chaque vie humaine. Dans cette ligne, Jean-Paul II a affirmé [au sujet de Caïn]: «Meurtrier, il garde sa dignité personnelle et Dieu lui-même s’en fait le garant.[2]

2. C’est dans cette optique qu’il faut comprendre l’affirmation d’une opposition croissante à la peine de mort dans l’enseignement des pasteurs et dans la sensibilité du peuple de Dieu. En réalité, si, dans le passé, la situation politique et sociale faisait de cette peine un instrument acceptable en vue de la sauvegarde du bien commun, on est aujourd’hui de plus en plus conscient que la personne ne perd pas sa dignité, même après avoir commis des crimes très graves. La compréhension profonde du sens des sanctions pénales de la part de l’État ainsi que la mise en place de systèmes de détention plus efficaces pour garantir la sécurité à laquelle ont droit les citoyens, ont donné lieu à une nouvelle prise de conscience qui reconnaît le caractère inadmissible de la peine de mort et en demande donc l’abolition.

3. L’enseignement de l’Encyclique Evangelium vitae de Jean-Paul II est d’une grande importance dans ce développement. Le Saint-Père indique parmi les signes d’espérance d’une nouvelle civilisation de la vie «l’aversion toujours plus répandue de l’opinion publique envers la peine de mort, même si on la considère seulement comme un moyen de “légitime défense” de la société, en raison des possibilités dont dispose une société moderne de réprimer efficacement le crime de sorte que, tout en rendant inoffensif celui qui l’a commis, on ne lui ôte pas définitivement la possibilité de se racheter».[3] L’enseignement d’Evangelium vitae a ensuite été inséré dans l’editio typica du Catéchisme de l’Église Catholique. On n’y présente plus la peine de mort comme une peine proportionnée à la gravité du délit, mais elle n’est justifiée que dans la mesure où c’est «l’unique moyen praticable pour protéger efficacement de l’injuste agresseur la vie d’êtres humains», même si, de fait, «les cas d’absolue nécessité de supprimer le coupable sont désormais assez rares, sinon même pratiquement inexistants» (n.2267).

4. En d’autres occasions, Jean-Paul II s’est également prononcé contre la peine de mort, en faisant appel à la fois au respect de la dignité de la personne et aux moyens dont la société dispose de nos jours pour se défendre contre le criminel. Ainsi, dans son Message de Noël de 1998, il souhaitait voir dans le monde un «consensus en faveur de mesures urgentes et adaptées … pour bannir la peine de mort»[4]. Le mois suivant, aux États-Unis, il affirmait à nouveau: «Un signe d’espérance est constitué par la reconnaissance croissante que la dignité de la vie humaine ne doit jamais être niée, pas même à celui qui a fait le mal. La société moderne a les moyens de se protéger sans nier de façon définitive aux criminels la possibilité de se racheter. Je renouvelle l’appel que j’ai lancé tout récemment à Noël en vue d’un accord visant à mettre un terme à la peine de mort, qui est à la fois cruelle et inutile»[5].

5. La recherche de l’abolition de la peine de mort s’est poursuivie avec les Pontifes suivants. Benoît XVI attirait «l’attention des responsables de la société sur la nécessité de faire tout ce qui est possible pour arriver à l’élimination de la peine capitale»[6]. Par la suite, devant un groupe de fidèles, il a formulé ce vœu: «Que vos débats encouragent les initiatives politiques et législatives actuellement promues dans un nombre croissant de pays en vue d’abolir la peine de mort et de poursuivre les progrès importants accomplis afin de rendre le droit pénal plus conforme à la dignité humaine des prisonniers et au maintien efficace de l’ordre public»[7].

6. Dans cette même perspective, le Pape François a rappelé que «de nos jours, la peine de mort est inadmissible, quelle que soit la gravité du délit commis par le condamné»[8]. Quels qu’en soient les modes d’exécution, cette peine «implique un traitement cruel, inhumain et dégradant»[9]. En outre, on doit s’y opposer «face au défaut d’appréciation du système judiciaire et à la possibilité de l’erreur judiciaire»[10]. Dans cette optique, le Pape François a demandé une révision de la formulation du Catéchisme de l’Église Catholique sur la peine de mort, de manière à affirmer que «quelle que puisse être la gravité de la faute commise, la peine de mort est inadmissible, car elle attente à l’inviolabilité et à la dignité de la personne» [11].

7. La nouvelle formulation du n.2267 du Catéchisme de l’Église Catholique, approuvée par le Pape François, se situe dans la continuité du Magistère précédent et atteste un développement cohérent de la doctrine catholique[12]. Dans le sillage de l’enseignement de Jean-Paul II dans Evangelium vitae, cette formulation affirme que la suppression de la vie d’un criminel, comme punition d’un délit, est inadmissible, parce qu’elle attente à la dignité de la personne, laquelle n’est pas perdue même après des crimes très graves. On parvient également à cette conclusion en prenant en compte la nouvelle compréhension des sanctions pénales appliquées par l’État moderne, lesquelles doivent tendre avant tout à la réhabilitation et à la réintégration sociale du criminel. Enfin, étant donné que la société actuelle dispose de systèmes de détention plus efficaces, la peine de mort n’est plus nécessaire pour protéger la vie des personnes innocentes. Certes, il demeure que l’autorité publique a le devoir de défendre la vie des citoyens, comme l’a toujours enseigné le Magistère et comme le confirment les numéros 2265 et 2266 du Catéchisme de l’Église Catholique.

8. Tout cela montre que la nouvelle formulation du n.2267 du Catéchisme s’inscrit dans un développement authentique de la doctrine, qui ne contredit pas les enseignements antérieurs du Magistère. Ceux-ci, en effet, peuvent s’expliquer à la lumière de la grave responsabilité des pouvoirs publics quant à la sauvegarde du bien commun, dans un contexte social où les sanctions pénales étaient comprises de manière différente et se pratiquaient dans des conditions où il était plus difficile de garantir que le criminel ne puisse réitérer son crime.

9. Dans la nouvelle formulation, on ajoute que la conscience du fait que la peine de mort était inadmissible s’est développée «à la lumière de l’Évangile» [13]. En effet, l’Évangile aide à mieux comprendre l’ordre de la création que le Fils de Dieu a assumé, purifié et porté à sa plénitude; il nous invite aussi à la miséricorde et à la patience du Seigneur, qui donne à chacun le temps de se convertir.

10. La nouvelle formulation du n.2267 du Catéchisme de l’Église Catholique veut pousser à un engagement décisif, notamment par un dialogue respectueux et serein avec les autorités politiques, afin de favoriser une mentalité qui reconnaisse la dignité de chaque vie humaine; de même, elle incite à créer les conditions qui permettent d’éliminer dans le monde contemporain l’institution légale de la peine de mort, là où elle est encore en vigueur.

Au cours d’une audience accordée au Secrétaire de la Congrégation pour la Doctrine de la Foi le 28 juin 2018, le Souverain Pontife François a approuvé cette Lettre, décidée lors de la Session Plénière du 13 juin 2018, et en a ordonné la publication.

Donné à Rome, au siège de la Congrégation pour la Doctrine de la Foi, le 1er août 2018, mémoire de saint Alphonse-Marie de Liguori.

Luis F. Card. Ladaria, S. I.
Préfet

+ Giacomo Morandi
Archevêque titulaire de Cerveteri
Secrétaire

_______________________

[1] Cf. François, Discours aux participants à la rencontre organisée par le Conseil Pontifical pour la Promotion de la Nouvelle Évangélisation (11 octobre 2017): L’Osservatore Romano (13 octobre 2017), 4.
[2]
Jean-Paul II, Lettre encyclique Evangelium vitae (25 mars 1995), n.9 : AAS 87 (1995), 411-412; La Documentation catholique, 92 (1995), p. 355.
[3]
Ibid., n.27: AAS 87 (1995), 432; La Documentation catholique, 92 (1995), p. 364.
[4]
Jean-Paul II, Message Urbi et Orbi du 25 décembre 1998, n.5: Insegnamenti XXI,2 (1998), 1348; La Documentation catholique,96 (1999), p. 52.
[5]
Id., Homélie au stade Trans World Dome de Saint-Louis (27 janvier 1999): Insegnamenti XXII,1 (1999), 269; La Documentation catholique, 96 (1999), p. 183; cf., Homélie dans la Basilique Notre-Dame de Guadalupe au Mexique (23 janvier 1999): «Ce doit être la fin de tout recours non nécessaire à la peine de mort!»: InsegnamentiXXII,1 (1999), 123; La Documentation catholique, 96(1999), p. 168.
[6]
Benoît XVI, Exhortation apostolique post synodale Africae munus (19 novembre 2011), n.83: AAS 104 (2012), 276; La Documentation catholique, 109 (2012), p. 70.
[7]
Id., Audience générale du 30 novembre 2011: Insegnamenti VII,2 (2011), 813.
[8]
François, Lettre au Président de la Commission internationale contre la peine de mort (20 mars 2015): L’Osservatore Romano (20-21 mars 2015), 7; La Documentation catholique,2519 (2015), p. 95.
[9]
Ibid., p. 96.
[10]
Ibid., p. 95.
[11]
François, Discours aux participants à la rencontre organisée par le Conseil Pontifical pour la Promotion de la Nouvelle Évangélisation (11 octobre 2017): L’Osservatore Romano (13 octobre 2017), 5.
[12]
Cf. Vincent de Lérins, Commonitorium, 23: PL 50, 667-669. En lien avec la peine de mort, en ce qui concerne les précisions des préceptes du Décalogue, la Commission Biblique Pontificale a parlé d’un «affinement» des positions morales de l’Église: «Avec le cours de l’histoire et le développement des civilisations, l’Église a même affiné ses positions morales concernant la peine de mort et la guerre, au nom d’un culte de la vie humaine qu’elle nourrit sans cesse en méditant l’Écriture et qui prend de plus en plus couleur d’un absolu. Ce qui sous-tend ces positions apparemment radicales, c’est toujours la même notion anthropologique de base: la dignité fondamentale de l’homme créé à l’image de Dieu» (Bible et morale. Les racines bibliques de l’agir chrétien, 2008, n.98).
[13]
Conc. Œcum. Vat. II, Const. past. Gaudium et spes, n.4.

[01210-FR.01] [Texte original: Italien]

Traduzione in lingua inglese

CONGREGATION FOR THE DOCTRINE OF THE FAITH

Letter to the Bishops
regarding the new revision of number 2267
of the Catechism of the Catholic Church
on the death penalty

1. The Holy Father Pope Francis, in his Discourse on the occasion of the twenty-fifth anniversary of the publication of the Apostolic Constitution Fidei depositum, by which John Paul II promulgated the Catechism of the Catholic Church, asked that the teaching on the death penalty be reformulated so as to better reflect the development of the doctrine on this point that has taken place in recent times.[1] This development centers principally on the clearer awareness of the Church for the respect due to every human life. Along this line, John Paul II affirmed: “Not even a murderer loses his personal dignity, and God himself pledges to guarantee this.”[2]

2. It is in the same light that one should understand the attitude towards the death penalty that is expressed ever more widely in the teaching of pastors and in the sensibility of the people of God. If, in fact, the political and social situation of the past made the death penalty an acceptable means for the protection of the common good, today the increasing understanding that the dignity of a person is not lost even after committing the most serious crimes, the deepened understanding of the significance of penal sanctions applied by the State, and the development of more efficacious detention systems that guarantee the due protection of citizens have given rise to a new awareness that recognizes the inadmissibility of the death penalty and, therefore, calling for its abolition.

3. In this development, the teaching of the Encyclical Letter Evangelium vitæ of John Paul II is of great importance. The Holy Father enumerated among the signs of hope for a new culture of life “a growing public opposition to the death penalty, even when such a penalty is seen as a kind of ‘legitimate defense’ on the part of society. Modern society in fact has the means of effectively suppressing crime by rendering criminals harmless without definitively denying them the chance to reform.”[3] The teaching of Evangelium vitæ was then included in the editio typica of the Catechism of the Catholic Church. In it, the death penalty is not presented as a proportionate penalty for the gravity of the crime, but it can be justified if it is “the only practicable way to defend the lives of human beings effectively against the aggressor,” even if in reality “cases of absolute necessity for suppression of the offender today are very rare, if not practically non-existent” (n. 2267).

4. John Paul II also intervened on other occasions against the death penalty, appealing both to respect for the dignity of the person as well as to the means that today’s society possesses to defend itself from criminals. Thus, in the Christmas Message of 1998, he wished “the world the consensus concerning the need for urgent and adequate measures … to end the death penalty.”[4] The following month in the United States, he repeated, “A sign of hope is the increasing recognition that the dignity of human life must never be taken away, even in the case of someone who has done great evil. Modern society has the means of protecting itself, without definitively denying criminals the chance to reform. I renew the appeal I made most recently at Christmas for a consensus to end the death penalty, which is both cruel and unnecessary.”[5]

5. The motivation to be committed to the abolition of the death penalty was continued with the subsequent Pontiffs. Benedict XVI recalled “the attention of society’s leaders to the need to make every effort to eliminate the death penalty.”[6] He later wished a group of the faithful that “your deliberations will encourage the political and legislative initiatives being promoted in a growing number of countries to eliminate the death penalty and to continue the substantive progress made in conforming penal law both to the human dignity of prisoners and the effective maintenance of public order.”[7]

6. In this same prospective, Pope Francis has reaffirmed that “today capital punishment is unacceptable, however serious the condemned’s crime may have been.”[8] The death penalty, regardless of the means of execution, “entails cruel, inhumane, and degrading treatment.”[9] Furthermore, it is to be rejected “due to the defective selectivity of the criminal justice system and in the face of the possibility of judicial error.”[10] It is in this light that Pope Francis has asked for a revision of the formulation of the Catechism of the Catholic Church on the death penalty in a manner that affirms that “no matter how serious the crime that has been committed, the death penalty is inadmissible because it is an attack on the inviolability and the dignity of the person.”[11]

7. The new revision of number 2267 of the Catechism of the Catholic Church, approved by Pope Francis, situates itself in continuity with the preceding Magisterium while bringing forth a coherent development of Catholic doctrine.[12] The new text, following the footsteps of the teaching of John Paul II in Evangelium vitæ, affirms that ending the life of a criminal as punishment for a crime is inadmissible because it attacks the dignity of the person, a dignity that is not lost even after having committed the most serious crimes. This conclusion is reached taking into account the new understanding of penal sanctions applied by the modern State, which should be oriented above all to the rehabilitation and social reintegration of the criminal. Finally, given that modern society possesses more efficient detention systems, the death penalty becomes unnecessary as protection for the life of innocent people. Certainly, it remains the duty of public authorities to defend the life of citizens, as has always been taught by the Magisterium and is confirmed by the Catechism of the Catholic Church in numbers 2265 and 2266.

8. All of this shows that the new formulation of number 2267 of the Catechism expresses an authentic development of doctrine that is not in contradiction with the prior teachings of the Magisterium. These teachings, in fact, can be explained in the light of the primary responsibility of the public authority to protect the common good in a social context in which the penal sanctions were understood differently, and had developed in an environment in which it was more difficult to guarantee that the criminal could not repeat his crime.

9. The new revision affirms that the understanding of the inadmissibility of the death penalty grew “in the light of the Gospel.”[13] The Gospel, in fact, helps to understand better the order of creation that the Son of God assumed, purified, and brought to fulfillment. It also invites us to the mercy and patience of the Lord that gives to each person the time to convert oneself.

10. The new formulation of number 2267 of the Catechism of the Catholic Church desires to give energy to a movement towards a decisive commitment to favor a mentality that recognizes the dignity of every human life and, in respectful dialogue with civil authorities, to encourage the creation of conditions that allow for the elimination of the death penalty where it is still in effect.

The Sovereign Pontiff Francis, in the Audience granted to the undersigned Secretary of the Congregation for the Doctrine of the Faith on 28 June 2018, has approved the present Letter, adopted in the Ordinary Session of this Congregation on 13 June 2018, and ordered its publication.

Rome, from the Office of the Congregation for the Doctrine of the Faith, 1 August 2018, Memorial of Saint Alphonsus Liguori.

Luis F. Card. Ladaria, S.I.
Prefect

X Giacomo Morandi
Titular Archbishop of Cerveteri
Secretary

_________________________

[1] Cf. Francis, Address to participants in the meeting promoted by the Pontifical Council for Promoting the New Evangelization (11 October 2017): L’Osservatore Romano (13 October 2017), 4.
[2]
John Paul II, Encyclical Letter Evangelium vitæ (25 March 1995), n. 9: AAS 87 (1995), 411.
[3]
Ibid., n. 27: AAS 87 (1995), 432.
[4]
John Paul II, Urbi et Orbi Message of His Holiness Pope John Paul II: Christmas 1998 (25 December 1998), n. 5: Insegnamenti XXI,2 (1998), 1348.
[5]
Id., Homily in the Trans World Dome of St. Louis (27 January 1999): Insegnamenti XXII,1 (1999), 269; cf. Homily for Mass in the Basilica of Nuestra Señora de Guadalupe in Mexico City (23 January 1999): “There must be an end to the unnecessary recourse to the death penalty”: Insegnamenti XXII,1 (1999), 123.
[6]
Benedict XVI, Postsynodal Apostolic Exhortation Africæ munus (19 November 2011), n. 83: AAS 104 (2012), 276.
[7]
Id., General Audience (30 November 2011): Insegnamenti VII,2 (2011), 813.
[8]
Francis, Letter to the President of the International Commission Against the Death Penalty (20 March 2015): L’Osservatore Romano (20-21 March 2015), 7.
[9]
Ibid.
[10]
Ibid.
[11]
Francis, Address to participants in the meeting promoted by the Pontifical Council for Promoting the New Evangelization (11 October 2017): L’Osservatore Romano (13 October 2017), 5.
[12]
Cf. Vincent of Lérins, Commonitorium, cap. 23: PL 50, 667-669. In reference to the death penalty, treating the stipulations of the precepts of the Decalogue, the Pontifical Biblical Commission spoke of the “refinement” of the moral positions of the Church: “In the course of history and of the development of civilization, the Church too, meditating on the Scriptures, has refined her moral stance on the death penalty and on war, which is now becoming more and more absolute. Underlying this stance, which may seem radical, is the same anthropological basis, the fundamental dignity of the human person, created in the image of God.” (The Bible and Morality: Biblical Roots of Christian Conduct, 2008, n. 98).
[13] Second Vatican Ecumenical Council, The Pastoral Constitution Gaudium et spes, n. 4.

[01210-EN.01] [Original text: Italian]

Traduzione in lingua tedesca

KONGREGATION FÜR DIE GLAUBENSLEHRE

Schreiben an die Bischöfe
über die neue Formulierung der Nr. 2267
des Katechismus der Katholischen Kirche
bezüglich der Todesstrafe

1. In der Ansprache zum 25. Jahrestag der Veröffentlichung der Apostolischen Konstitution Fidei depositum, mit der Johannes Paul II. den Katechismus der Katholischen Kirche promulgierte, hat Papst Franziskus dazu aufgerufen, die Lehre über die Todesstrafe neu zu formulieren, um die in jüngster Zeit erfolgte Entwicklung der Lehre zu diesem Thema besser zusammenzufassen.[1] Diese Entwicklung beruht hauptsächlich darauf, dass es in der Kirche ein immer klareres Bewusstsein der Achtung gibt, die jedem menschlichen Leben geschuldet wird. In diesem Sinn stellte Johannes Paul II. fest: «Nicht einmal der Mörder verliert seine Personwürde, und Gott selber leistet dafür Gewähr».[2]

2. In diesem Licht ist die Haltung zur Todesstrafe zu verstehen, die sich in der Lehre der Hirten und im Empfinden des Volkes Gottes immer mehr durchgesetzt hat. Wenn nämlich die politische und soziale Lage früherer Zeiten die Todesstrafe zu einem annehmbaren Mittel für die Wahrung des Gemeinwohls machte, so haben heute die wachsende Einsicht, dass die Menschenwürde auch durch das Begehen schwerster Verbrechen nicht verloren geht, ein vertieftes Verständnis vom Sinn der Strafsanktionen durch den Staat sowie das Vorhandensein von wirksameren Haftsystemen, die den erforderlichen Schutz der Bürger sicherstellen, zu einem neuen Bewusstsein geführt, das die Unzulässigkeit der Todesstrafe anerkennt und deshalb ihre Abschaffung fordert.

3. In dieser Entwicklung ist die Lehre der Enzyklika Evangelium vitae von Johannes Paul II. von großer Bedeutung. Dieser Papst erwähnte unter den Hoffnungszeichen für eine neue Zivilisation des Lebens «die immer weiter verbreitete Abneigung der öffentlichen Meinung gegen die Todesstrafe selbst als Mittel sozialer „Notwehr“, in Anbetracht der Möglichkeiten, über die eine moderne Gesellschaft verfügt, um das Verbrechen wirksam mit Methoden zu unterdrücken, die zwar den Täter unschädlich machen, ihm aber nicht endgültig die Möglichkeit der Besserung nehmen».[3] Die Lehre von Evangelium vitae wurde in der editio typica des Katechismus der Katholischen Kirche aufgegriffen. Darin ist die Todesstrafe nicht als eine der Schwere des Verbrechens entsprechende Strafe dargestellt, sondern wird nur dann gerechtfertigt, wenn sie «der einzig gangbare Weg wäre, um das Leben von Menschen wirksam gegen einen ungerechten Angreifer zu verteidigen», auch wenn heute «die Fälle, in denen die Beseitigung des Schuldigen absolut notwendig ist, schon sehr selten oder praktisch überhaupt nicht mehr gegeben» sind (Nr. 2267).

4. Johannes Paul II. äußerte sich auch bei anderen Gelegenheiten gegen die Todesstrafe und berief sich dabei auf die Achtung vor der Würde der Person wie auch auf die Mittel der modernen Gesellschaft, um sich vor Verbrechern zu schützen. So brachte er in der Weihnachtsbotschaft 1998 den Wunsch zum Ausdruck, dass «in der Welt der Konsens über dringende und angemessene Maßnahmen erhalten (bleibe) mit dem Ziel , die Todesstrafe abzuschaffen».[4] Im darauf folgenden Monat wiederholte er in den Vereinigten Staaten: «Ein Zeichen der Hoffnung ist die zunehmende Einsicht, dass die Würde des menschlichen Lebens niemals in Abrede gestellt werden darf, auch dann nicht, wenn jemand ein Verbrechen begangen hat. Die moderne Gesellschaft hat die Mittel, sich selbst zu schützen, ohne Verbrechern die Möglichkeit der Besserung endgültig zu nehmen. Ich rufe erneut dazu auf, wie ich es kürzlich an Weihnachten getan habe, zu einer Übereinstimmung bezüglich der Abschaffung der Todesstrafe, die grausam und unnötig ist, zu kommen».[5]

5. Der entschiedene Einsatz für die Abschaffung der Todesstrafe ging unter den nachfolgenden Päpsten weiter. Benedikt XVI. machte «die Verantwortlichen der Gesellschaft … auf die Notwendigkeit aufmerksam, alles im Bereich des Möglichen zu tun, um die Abschaffung der Todesstrafe zu erlangen».[6] Später brachte er vor einer Gruppe von Gläubigen den Wunsch zum Ausdruck, dass «eure Entscheidungen die politischen und gesetzgeberischen Initiativen fördern, die in einer wachsenden Zahl von Ländern vorangetrieben werden, um die Todesstrafe abzuschaffen und wesentliche Fortschritte zu unterstützen, damit das Strafrecht den Ansprüchen der Menschenwürde der Gefangenen wie auch der wirksamen Erhaltung der öffentlichen Ordnung angeglichen werden».[7]

6. Auf derselben Linie bekräftigte Papst Franziskus: «In der heutigen Zeit ist die Todesstrafe unzulässig, so schwer das Verbrechen des Verurteilten auch sein mag».[8] Auf welche Weise die Todesstrafe auch vollzogen wird, immer schließt sie «eine grausame, unmenschliche und erniedrigende Behandlung» ein.[9] Sie ist auch «wegen der mangelhaften Selektivität des Strafrechtssystems und angesichts der Möglichkeit des Justizirrtums» abzulehnen.[10] In diesem Licht rief Papst Franziskus dazu auf, den Abschnitt über die Todesstrafe im Katechismus der Katholischen Kirche neu zu formulieren, um zu betonen, «dass, egal wie schwer das begangene Verbrechen auch war, die Todesstrafe unzulässig ist, weil sie gegen die Unverletzbarkeit und Würde des Menschen verstößt».[11]

7. Die neue Formulierung der Nr. 2267 des Katechismus der Katholischen Kirche, die Papst Franziskus approbiert hat, liegt auf der Linie des vorausgehenden Lehramts und führt eine konsequente Entwicklung der katholische Lehre weiter.[12] Der neue Text folgt den Spuren der Lehre von Johannes Paul II. in Evangelium vitae und bekräftigt, dass die Unterdrückung des Lebens eines Verbrechers als Strafe für ein Vergehen unzulässig ist, weil sie gegen die Würde der Person verstößt, eine Würde, die auch dann nicht verloren geht, wenn jemand schwerste Verbrechen begangen hat. Zu diesem Schluss gelangt man auch, wenn man die vom modernen Staat angewandten Strafsanktionen in Betracht zieht, die vor allem auf die Besserung und soziale Wiedereingliederung des Verbrechers abzielen müssen. Schließlich ist die Todesstrafe unter Berücksichtigung der wirksameren Haftsysteme der modernen Gesellschaft nicht notwendig, um das Leben unschuldiger Personen zu schützen. Selbstverständlich bleibt die Pflicht der öffentlichen Autorität bestehen, das Leben der Bürger zu verteidigen, wie das Lehramt immer bestätigt hat und wie der Katechismus der Katholischen Kirche in den Nummern 2265 und 2266 bekräftigt.

8. All das zeigt, dass die neue Formulierung der Nr. 2267 des Katechismus eine authentische Entwicklung der Lehre ausdrückt, die nicht im Widerspruch zu früheren Aussagen des Lehramts steht. Diese Aussagen können nämlich im Licht der vorrangigen Verantwortung der öffentlichen Autorität für die Wahrung des Gemeinwohls in einem sozialen Umfeld verstanden werden, in dem die Strafsanktionen eine andere Bedeutung hatten und in einem Milieu erfolgten, in dem es schwerer war zu garantieren, dass der Verbrecher sein Vergehen nicht mehr wiederholen kann.

9. In der neuen Formulierung wird hinzugefügt, dass das Bewusstsein über die Unzulässigkeit der Todesstrafe «im Licht des Evangeliums»[13] gewachsen ist. Das Evangelium trägt nämlich zu einem besseren Verständnis der geschaffenen Ordnung bei, die der Sohn Gottes angenommen, gereinigt und zur Fülle gebracht hat. Es lädt uns auch ein, die Barmherzigkeit und die Geduld des Herrn zu üben, der jedem Zeit schenkt, sich zu bekehren.

10. Die neue Formulierung der Nr. 2267 des Katechismus der Katholischen Kirche möchte, auch durch einen respektvollen Dialog mit den politischen Autoritäten, zu einem entschiedenen Einsatz dafür anspornen, dass eine Mentalität gefördert wird, welche die Würde jedes menschlichen Lebens anerkannt, und die Bedingungen entstehen können, um die Todesstrafe heute abzuschaffen, wo sie noch in Kraft ist.

Papst Franziskus hat in der dem unterzeichneten Sekretär am 28. Juni 2018 gewährten Audienz das vorliegende Schreiben, das von der Ordentlichen Versammlung dieser Kongregation am 13. Juni 2018 beschlossen worden war, gutgeheißen und seine Veröffentlichung angeordnet.

Gegeben zu Rom, am Sitz der Kongregation für die Glaubenslehre, am 1. August 2018, dem Gedenktag des heiligen Alfons Maria von Liguori.

Luis F. Card. Ladaria, S.I.
Präfekt

+ Giacomo Morandi
Titularerzbischof von Cerveteri
Sekretär

________________________

[1] Vgl. Franziskus, Ansprache zum 25. Jahrestag der Veröffentlichung des Katechismus der Katholischen Kirche (11. Oktober 2017): L’Osservatore Romano (13. Oktober 2017), 4.
[2] Johannes Paul II., Enzyklika Evangelium vitae (25. März 1995), Nr. 9: AAS 87 (1995), 411.
[3] Ebd., Nr. 27: AAS 87 (1995), 432.
[4] Johannes Paul II., Botschaft Urbi et Orbi (25. Dezember 1998), Nr. 5: Insegnamenti XXI,2 (1998), 1348.
[5] Ders., Homilie in St. Louis (27. Januar 1999): Insegnamenti XXII,1 (1999), 269; vgl. Homilie in Mexiko (23. Januar 1999): «Dem unnötigen Rückgriff auf die Todesstrafe muss ein Ende gesetzt werden!»: Insegnamenti XXII,1 (1999), 123.
[6] Benedikt XVI., Nachsynodales Apostolisches Schreiben Africae munus (19. November 2011), Nr. 83: AAS 104 (2012), 276.
[7] Ders., Generalaudienz (30. November 2011): Insegnamenti VII,2 (2011), 813.
[8] Franziskus, Schreiben an den Präsidenten der Internationalen Kommission gegen die Todesstrafe (20. März 2015): L’Osservatore Romano (20.-21. März 2015), 7.
[9] Ebd.
[10] Ebd.
[11] Franziskus, Ansprache zum 25. Jahrestag der Veröffentlichung des Katechismus der Katholischen Kirche (11. Oktober 2017): L’Osservatore Romano (13. Oktober 2017), 5.
[12] Vgl. Vinzenz von Lérins, Commonitorium, cap. 23: PL 50, 667-669. In Bezug auf die Todesstrafe hat die Päpstliche Bibelkommission bei der Erörterung der spezifischen Ausformungen der Gebote des Dekalogs von einer “Verfeinerung” der moralischen Positionen der Kirche gesprochen: «Im Lauf der Geschichte und mit der Entwicklung der Zivilisation hat die Kirche auch ihre eigene moralische Stellungnahme verfeinert, was die Todesstrafe und den Krieg angeht. Das geschah im Namen der Achtung des menschlichen Lebens, die in ihr lebendig ist auf Grund der unablässigen Meditation der Schrift und die immer mehr zu einem absoluten Wert wird. Was diese anscheinend radikalen Positionen trägt, ist immer derselbe anthropologische Grundbegriff: die fundamentale Würde des Menschen, der als Bild Gottes geschaffen ist» (Bibel und Moral. Biblische Wurzeln des christlichen Handelns, 2008, Nr. 98).
[13] II. Ökumenisches Vatikanisches Konzil, Pastoralkonstitution Gaudium et spes, Nr. 4.

[01210-DE.01] [Originalsprache: Italienisch]

Traduzione in lingua spagnola

CONGREGACIÓN PARA LA DOCTRINA DE LA FE

Carta a los Obispos
acerca de la nueva redacción del n. 2267
del Catecismo de la Iglesia Católica
sobre a pena de muerte

1. El Santo Padre Francisco, en el Discurso con ocasión del vigésimo quinto aniversario de la publicación de la Constitución Apostólica Fidei depositum, con la cual Juan Pablo II promulgó el Catecismo de la Iglesia Católica, pidió que fuera reformulada la enseñanza sobre la pena de muerte, para recoger mejor el desarrollo de la doctrina que este punto ha tenido en los últimos tiempos.[1] Este desarrollo descansa principalmente en la conciencia cada vez más clara en la Iglesia del respeto que se debe a toda vida humana. En esta línea, Juan Pablo II afirmó: «Ni siquiera el homicida pierde su dignidad personaly Dios mismo se hace su garante».[2]

2. En este sentido, debe comprenderse la actitud hacia la pena de muerte que se ha afirmado cada vez más en la enseñanza de los pastores y en la sensibilidad del pueblo de Dios. En efecto, si de hecho la situación política y social del pasado hacía de la pena de la muerte un instrumento aceptable para la tutela del bien común, hoy es cada vez más viva la conciencia de que la dignidad de la persona no se pierde ni siquiera luego de haber cometido crimines muy graves. Además, se ha extendido una nueva comprensión acerca del sentido de las sanciones penales por parte del Estado. En fin se han implementado sistemas de detención más eficaces, que garantizan la necesaria defensa de los ciudadanos, han dado lugar a una nueva conciencia que reconoce la inadmisibilidad de la pena de muerte y por lo tanto pide su abolición.

3. En este desarrollo, es de gran importancia la enseñanza de la Carta Encíclica Evangelium vitae de Juan Pablo II. El Santo Padre enumeraba entre los signos de esperanza de una nueva civilización de la vida «laaversión cada vez más difundida en la opinión pública a la pena de muerte,incluso como instrumento de “legítima defensa” social, al considerar las posibilidades con las que cuenta una sociedad moderna para reprimir eficazmente el crimen de modo que, neutralizando a quien lo ha cometido, no se le prive definitivamente de la posibilidad de redimirse».[3] La enseñanza de Evangelium vitae fue recogida más tarde en la editio typica del Catecismo de la Iglesia Católica. En este, la pena de muerte no se presenta como una pena proporcional a la gravedad del delito, sino que se justifica solo si fuera «el único camino posible para defender eficazmente del agresor injusto las vidas humanas», aunque si de hecho «los casos en los que sea absolutamente necesario suprimir al reo suceden muy rara vez, si es que ya en realidad se dan algunos» (n. 2267).

4. Juan Pablo II también intervino en otras ocasiones contra la pena de muerte, apelando tanto al respeto de la dignidad de la persona como a los medios que la sociedad actual posee para defenderse del criminal. Así, en el Mensaje navideño de 1998, auguraba «en el mundo el consenso sobre medidas urgentes y adecuadas… para desterrar la pena de muerte».[4] Un mes después, en los Estados Unidos, repitió: «Un signo de esperanza es elreconocimiento cada vez mayor de que nunca hay que negar la dignidad de la vida humana, ni siquiera a alguien que haya hecho un gran mal. La sociedad moderna posee los medios para protegerse, sin negar definitivamente a los criminales la posibilidad de enmendarse. Renuevo el llamamiento que hice recientemente, en Navidad, para que se decida abolir la pena de muerte, que es cruel e innecesaria». [5]

5. El impulso de comprometerse con la abolición de la pena de muerte continuó con los sucesivos Pontífices. Benedicto XVI llamaba «la atención de los responsables de la sociedad sobre la necesidad de hacer todo lo posible para llegar a la eliminación de la pena capital». [6] Y luego auguraba a un grupo de fieles que «sus deliberaciones puedan alentar iniciativas políticas y legislativas, promovidas en un número cada vez mayor de países, para eliminar la pena de muerte y continuar los progresos sustanciales realizados para adecuar el derecho penal tanto a las necesidades de la dignidad humana de los prisioneros como al mantenimiento efectivo del orden público». [7]

6. En esta misma perspectiva, el Papa Francisco reiteró que «hoy día la pena de muerte es inadmisible, por cuanto grave haya sido el delito del condenado».[8] La pena de muerte, independientemente de las modalidades de ejecución, «implica un trato cruel, inhumano y degradante».[9] Debe también ser rechazada «en razón de la defectiva selectividad del sistema penal y frente a la posibilidad del error judicial».[10] Es en este sentido en el que el Papa Francisco ha pedido una revisión de la formulación del Catecismo de la Iglesia Católica sobre la pena de muerte, de modo que se afirme que «por muy grave que haya sido el crimen, la pena de muerte es inadmisible porque atenta contra la inviolabilidad y la dignidad de la persona».[11]

7. La nueva redacción del n. 2267 del Catecismo de la Iglesia Católica, aprobado por el Papa Francisco, se sitúa en continuidad con el Magisterio precedente, llevando adelante un desarrollo coherente de la doctrina católica.[12] El nuevo texto, siguiendo los pasos de la enseñanza de Juan Pablo II en Evangelium vitae, afirma que la supresión de la vida de un criminal como castigo por un delito es inadmisible porque atenta contra la dignidad de la persona, dignidad que no se pierde ni siquiera después de haber cometido crímenes muy graves. A esta conclusión se llega también teniendo en cuenta la nueva comprensión de las sanciones penales aplicadas por el Estado moderno, que deben estar orientadas ante todo a la rehabilitación y la reinserción social del criminal. Finalmente, dado que la sociedad actual tiene sistemas de detención más eficaces, la pena de muerte es innecesaria para la protección de la vida de personas inocentes. Ciertamente, queda en pie el deber de la autoridad pública de defender la vida de los ciudadanos, como ha sido siempre enseñado por el Magisterio y como lo confirma el Catecismo de la Iglesia Católica en los números 2265 y 2266.

8. Todo esto muestra que la nueva formulación del n. 2267 del Catecismo expresa un auténtico desarrollo de la doctrina que no está en contradicción con las enseñanzas anteriores del Magisterio. De hecho, estos pueden ser explicados a la luz de la responsabilidad primaria de la autoridad pública de tutelar el bien común, en un contexto social en el cual las sanciones penales se entendían de manera diferente y acontecían en un ambiente en el cual era más difícil garantizar que el criminal no pudiera reiterar su crimen.

9. En la nueva redacción se agrega que la conciencia de la inadmisibilidad de la pena de muerte ha crecido «a la luz del Evangelio».[13] El Evangelio, en efecto, ayuda a comprender mejor el orden de la Creación que el Hijo de Dios ha asumido, purificado y llevado a plenitud. Nos invita también a la misericordia y a la paciencia del Señor que da tiempo a todos para convertirse.

10. La nueva formulación del n. 2267 del Catecismo de la Iglesia Católica quiere ser un impulso para un compromiso firme, incluso a través de un diálogo respetuoso con las autoridades políticas, para que se favorezca una mentalidad que reconozca la dignidad de cada vida humana y se creen las condiciones que permitan eliminar hoy la institución jurídica de la pena de muerte ahí donde todavía está en vigor.

El Sumo Pontífice Francisco, en la audiencia concedida al infrascrito Secretario el 28 de junio de 2018, ha aprobado la presente Carta, decidida en la Sesión Ordinaria de esta Congregación el 13 de junio de 2018, y ha ordenado su publicación.

Dado en Roma, en la sede de la Congregación para la Doctrina de la Fe, el 1º de agosto de 2018, Memoria de San Alfonso María de Ligorio.

Luis F. Card. Ladaria, S.I.
Prefecto

+ Giacomo Morandi
Arzobispo titular de Cerveteri
Secretario

_____________________________

[1] Cf. Francisco, Discurso del Santo Padre Francisco con motivo del XXV Aniversario del Catecismo de la Iglesia Católica (11 de octubre de 2017): L’Osservatore Romano (13 de octubre de 2017), 4.
[2]
Juan Pablo II, Carta enc. Evangelium vitae (25 de marzo de 1995), n. 9: AAS 87 (1995), 411.
[3]
Ibíd., n. 27: AAS 87 (1995), 432.
[4]
Juan Pablo II, Mensaje Urbi et Orbi de Navidad (25 de diciembre de 1998), n. 5: Insegnamenti XXI, 2 (1998), 1348.
[5]
Id., Homilía en el Trans World Dome de St. Louis (27 de enero de 1999): Insegnamenti XXII, 1 (1999), 269; cf. Homilía durante la Misa en la Basílica de Nuestra Señora de Guadalupe en Ciudad de México (23 de enero de 1999): «Renuevo el llamamiento que hice recientemente, en Navidad, para que se decida abolir la pena de muerte, que es cruel e innecesaria»: Insegnamenti XXII, 1 (1990), 123.
[6]
Benedicto XVI, Exhort. Ap. postsinodal Africae munus (19 de noviembre de 2011), n. 83: AAS 104 (2012), 276.
[7]
Id., Audiencia general (30 de noviembre de 2011): Insegnamenti VII, 2 (2011), 813.
[8]
Francisco, Carta al Presidente de la Comisión internacional contra la pena di muerte (20 de marzo de 2015): L’Osservatore Romano (20-21 de marzo de 2015), 7.
[9]
Ibíd.
[10]
Ibíd.
[11]
Francisco, Discurso del Santo Padre Francisco con motivo del XXV Aniversario dela Catecismo de la Iglesia Católica (11 de octubre de 2017): L’Osservatore Romano (13 de octubre 2017), 5.
[12]
Cf. Vincenzo di Lérins, Commonitorium, cap. 23: PL 50, 667-669. En referencia a la pena de muerte, tratando acerca de las especificaciones de los preceptos del decálogo, la Pontificia Comisión Bíblica ha hablado de “afinamiento” de las posiciones morales de la Iglesia: «Con el curso de la historia y el desarrollo de la civilización, la Iglesia ha afinado también las propias posiciones morales con respecto a la pena de muerte y a la guerra en nombre de un culto a la vida humana que ella alimenta sin cesar meditando la Escritura y que toma siempre más color de un absoluto. Lo que está debajo de estas posiciones aparentemente radicales es siempre la misma noción antropológica de base: la dignidad fundamental del hombre creado a imagen de Dios» (Biblia y moral. Raíces bíblicas del comportamiento cristiano, 2008, n. 98).
[13]
Conc. Ecum. Vat. II, Const. past. Gaudium et spes, n. 4.

[01210-ES.01] [Texto original: Italiano]

Traduzione in lingua portoghese

CONGREGAÇÃO PARA A DOUTRINA DA FÉ

Carta aos Bispos
a respeito da nova redação do n. 2267
do Catecismo da Igreja Católica
sobre a pena de morte

1. O Santo Padre Francisco, no Discurso por ocasião do vigésimo quinto aniversário da publicação da Constituição Apostólica Fidei depositum, com a qual João Paulo II promulgou o Catecismo da Igreja Católica, pediu que fosse reformulado o ensinamento sobre a pena de morte, a fim de reunir melhor o desenvolvimento da doutrina sobre este ponto nos últimos tempos.[1] Este desenvolvimento apoia-se na consciência cada vez mais clara na Igreja do respeito devido a toda vida humana. Nesta linha, João Paulo II afirmou: «Nem sequer o homicida perde a sua dignidade pessoal e o próprio Deus Se constitui seu garante».[2]

2. É nesta perspectiva que se deve compreender a postura em relação a pena de morte, afirmada largamente no ensinamento dos pastores e na sensibilidade do povo de Deus. Se, de fato, a situação política e social do passado tornava a pena de morte um instrumento aceitável para a proteção do bem comum, hoje a consciência cada vez maior de que a dignidade de uma pessoa não se perde nem mesmo depois de ter cometido crimes gravíssimos, a compreensão aprofundada do sentido das sanções penais aplicadas pelo Estado e o desenvolvimento dos sistemas de detenção mais eficazes que garantem a indispensável defesa dos cidadãos, contribuíram para uma nova compreensão que reconhece a sua inadmissibilidade e, portanto, apela à sua abolição.

3. Neste desenvolvimento, o ensinamento da Carta encíclica Evangelium vitae de João Paulo II é de grande importância. O Santo Padre incluiu entre os sinais de esperança de uma nova civilização da vida «a aversão cada vez mais difusa na opinião pública à pena de morte, mesmo vista só como instrumento de “legítima defesa” social, tendo em consideração as possibilidades que uma sociedade moderna dispõe para reprimir eficazmente o crime, de forma que, enquanto torna inofensivo aquele que o cometeu, não lhe tira definitivamente a possibilidade de se redimir».[3] O ensinamento da Evangelium vitae foi proposto na editio typica do Catecismo da Igreja Católica. No mesmo, a pena de morte não se apresenta como uma pena proporcional à gravidade do delito, mas justifica-se somente se fosse «a única solução possível para defender eficazmente vidas humanas de um injusto agressor», mesmo se de fato «os casos em que se torna absolutamente necessário suprimir o réu são já muito raros, se não mesmo praticamente inexistentes» (n. 2267).

4. João Paulo II interveio também em outras ocasiões contra a pena de morte, apelando seja em relação ao respeito à dignidade da pessoa quanto aos meios que a sociedade possui hoje para se defender do criminoso. Assim, na Mensagem natalícia de 1998, ele esperava «no mundo o consenso quanto a medidas urgentes e adequadas … para acabar com a pena de morte».[4] No mês successivo, nos Estados Unidos, ele repetiu: «Um sinal de esperança é constituído pelo crescente reconhecimento de que a dignidade da vida humana nunca deve ser negada, nem sequer a quem praticou o mal. A sociedade moderna possui os instrumentos para se proteger, sem negar de modo definitivo aos criminosos a possibilidade de se redimirem. Renovo o apelo lançado no Natal, a fim de que se decida abolir a pena de morte, que é cruel e inútil».[5]

5. O esforço em comprometer-se com a abolição da pena de morte continuou com os sucessivos Pontífices. Bento XVI chamou «a atenção dos responsáveis da sociedade para a necessidade de fazer todo o possível a fim de se chegar à eliminação da pena capital».[6] E sucessivamente desejou a um grupo de fiéis que «suas deliberações possam encorajar as iniciativas políticas e legislativas, promovidas em um número crescente de países, a eliminar a pena de morte e continuar os progressos substanciais realizados para adequar a lei penal tanto às exigências da dignidade humana dos prisioneiros quanto à efetiva manutenção da ordem pública».[7]

6. Nesta mesma perspectiva, o Papa Francisco reiterou que «hoje a pena de morte é inadmissível, por mais grave que seja o delito do condenado».[8] A pena de morte, quaisquer que sejam as modalidades de execução, «implica um tratamento cruel, desumano e degradante».[9] Deve também ser recusada «por causa da seletividade defeituosa do sistema penal e da possibilidade de erro judicial».[10] É neste horizonte que o Papa Francisco pediu uma revisão da formulação do Catecismo da Igreja Católica sobre a pena de morte, de modo que se afirme que «por muito grave que possa ter sido o delito cometido, a pena de morte é inadmissível, porque atenta contra a inviolabilidade e dignidade da pessoa».[11]

7. A nova redação do n. 2267 do Catecismo da Igreja Católica, aprovada pelo Papa Francisco, situa-se em continuidade com o Magistério anterior, levando adiante um desenvolvimento coerente da doutrina católica.[12] O novo texto, seguindo os passos do ensinamento de João Paulo II na Evangelium vitae, afirma que a supressão da vida de um criminoso como punição por um delito é inadmissível, pois atenta contra a dignidade da pessoa. Tal dignidade não se perde nem mesmo depois de ter cometido delitos gravíssimos. Chega-se também a essa conclusão levando em conta a nova compreensão das sanções penais aplicadas pelo Estado moderno, que deve antes de tudo, orientar-se para a reabilitação e reinserção social do criminoso. Enfim, dado que a sociedade de hoje possui sistemas de detenção mais eficazes, a pena de morte é desnecessária como proteção da vida de pessoas inocentes. Certamente, permanece o dever do poder público de defender a vida dos cidadãos, como sempre foi ensinado pelo Magistério e confirmado pelo Catecismo da Igreja Católica nos números 2265 e 2266.

8. Tudo isso mostra que a nova formulação do n. 2267 do Catecismo expressa um autêntico desenvolvimento da doutrina, que não está em contradição com os ensinamentos anteriores do Magistério. De fato, tais ensinamentos podem ser explicados à luz da responsabilidade primária do poder público em tutelar o bem comum, num contexto social em que as sanções penais eram compreendidas diversamente e se davam num ambiente em que era mais difícil garantir que o criminoso não pudesse repetir o seu crime.

9. Na nova redação, se acrescenta que a conscientização sobre a inadmissibilidade da pena de morte cresceu «à luz do Evangelo».[13] De fato, o Evangelho ajuda a compreender melhor a ordem da criação que o Filho de Deus assumiu, purificou e levou à plenitude. O Evangelho também nos convida à misericórdia e à paciência do Senhor, que oferece a todos, tempo para se converterem.

10. A nova formulação do n. 2267 do Catecismo da Igreja Católica quer impulsionar um firme compromisso, também através de um diálogo respeitoso com as autoridades políticas, a fim que seja fomentada uma mentalidade que reconheça a dignidade de toda vida humana e sejam criadas as condições que permitam eliminar hoje o instituto jurídico da pena de morte, onde ainda está em vigor.

O Sumo Pontífice Francisco, na Audiência concedida ao subscrito Secretário no dia 28 de junho de 2018, aprovou a presente Carta, decidida na Sessão Ordinária desta Congregação no dia 13 de junho de 2018, e ordenou a sua publicação.

Dado em Roma, na Sede da Congregação para a Doutrina da Fé, no dia 1º de agosto de 2018, Memória de Santo Afonso Maria de Ligório.

Luis F. Card. Ladaria, S.I.
Prefeito

+ Giacomo Morandi
Arcebispo Titular de Cerveteri
Secretário

__________________________

[1] Cf. Francisco, Discurso aos participantes no encontro promovido pelo Pontifício Conselho para a Promoção da Nova Evangelização (11 de outubro de 2017): L’Osservatore Romano (13 de outubro de 2017), 4.
[2]
João Paulo II, Carta enc. Evangelium vitae (25 de março de 1995), n. 9: AAS 87 (1995), 411.
[3]
Ibid., n. 27: AAS 87 (1995), 432.
[4]
João Paulo II, Messagem Urbi et Orbi por ocasião do Santo Natal (25 de dezembro de 1998), n. 5: Ensinamentos XXI,2 (1998), 1348.
[5]
Id., Homilia no Trans World Dome de St. Louis (27 de janeiro de 1999): Ensinamentos XXII,1 (1999), 269; cf. Homilia da Missa na Basílica de Nuestra Señora de Guadalupe na Cidade do México (23 de janeiro de 1999): «Deve haver um fim para o recurso desnecessário à pena de morte»: Ensinamentos XXII,1 (1999), 123.
[6]
Bento XVI, Exort. Apost. Pós-Sinodal Africae munus (19 de novembro de 2011), n. 83: AAS 104 (2012), 276.
[7]
Id., Audiência geral (30 de novembro de 2011): Ensinamentos VII,2 (2011), 813.
[8]
Francisco, Carta ao Presidente da Comissão internacional contra a pena de morte (20 de março de 2015): L’Osservatore Romano (20-21 de março de 2015), 7.
[9]
Ibid.
[10]
Ibid.
[11]
Francisco, Discurso aos participantes no encontro promovido pelo Pontifício Conselho para a Promoção da Nova Evangelização (11 de outubro de 2017): L’Osservatore Romano (13 de outubro de 2017), 5.
[12]
Cf. Vincenzo di Lérins, Commonitorium, cap. 23: PL 50, 667-669. Em referência a pena de morte, tratando sobre as especificações dos mandamentos do Decálogo, a Pontifícia Comissão Bíblica falou em “refinar” as posições morais da Igreja: «No curso da história e com o desenvolvimento das civilizações, a Igreja também refinou as próprias posições morais referentes à pena de morte e à guerra, em nome de uma reverência pela vida humana que ela acalenta sem cessar meditando a Escritura, reverência que toma sempre mais a cor de um absoluto. O que subentende essas posições aparentemente radicais é sempre a mesma noção antropológica de base: a dignidade fundamental do ser humano criado à imagem de Deus» (Bíblia e moral. Raízes bíblicas do agir cristão, 2008, n. 98).
[13]
Conc. Ecum. Vat. II, Const. past. Gaudium et spes, n. 4.

[01210-PO.01] [Texto original: Italiano]

[B0556-XX.01]