Testo originale
Traduzione in lingua tedesca
Traduzione in lingua portoghese
Ieri, durante il volo che da Ginevra lo riportava a Roma, al termine del Pellegrinaggio Ecumenico a Ginevra, il Santo Padre Francesco ha incontrato i giornalisti a bordo dell’aereo in una conferenza stampa, la cui trascrizione riportiamo di seguito:
Testo originale
Greg Burke:
Grazie, intanto. “Camminare, pregare, lavorare insieme” [Tema del Viaggio]. Abbiamo camminato, abbiamo pregato, diverse volte, e adesso ci tocca lavorare un po’ – e anche mangiare, dopo. Però, si vede che camminare insieme porta frutto: oggi, l’accoglienza. Abbiamo visto che, dopo tanti anni di dialogo, c’è rispetto mutuo e qualcosa di più: c’è anche amicizia. Però c’è ancora tanto lavoro da fare e tante sfide, e questo ci interessa normalmente: le sfide.
Forse Lei vuole dire qualcosa prima…
Papa Francesco:
Grazie del vostro lavoro! È stata una giornata un po’ pesante, almeno per me. Ma sono contento. Sono contento perché le diverse cose che abbiamo fatto, sia la preghiera all’inizio, poi il dialogo durante il pranzo, che è stato bellissimo, e poi la Messa, sono cose che mi hanno fatto felice. Stancano, ma sono cose buone. Grazie tante. E adesso, sono a vostra disposizione.
Greg Burke:
Bene. Incominciamo con gli svizzeri: Arnaud Bédat, della rivista “L’Illustre”:
Arnaud Bédat:
Santo Padre, estuvo en Ginebra pero también en Suiza. ¿Qué imágenes, qué momentos importantes, fuertes, le han marcado durante esta jornada?
[Santo Padre, è stato a Ginevra ma anche in Svizzera. Che immagine, che momenti importanti, forti, l’hanno colpita durante questa giornata?]
Papa Francesco:
Grazie. Credo che – direi – c’è una parola comune: incontro. È stata una giornata di incontri. Variegati. La parola giusta della giornata è incontro, e quando una persona incontra un’altra e sente piacere dell’incontro, questo tocca sempre il cuore. Sono stati incontri positivi, anche belli, incominciando dal dialogo con il Presidente [della Confederazione Svizzera], all’inizio, che è stato non solo un dialogo di cortesia, normale, ma un dialogo profondo, su argomenti mondiali profondi e con una intelligenza che mi ha colpito. Incominciando da questo. Poi, gli incontri che voi tutti avete visto… E quello che voi non avete visto è l’incontro del pranzo, che è stato molto profondo nel modo di toccare tanti argomenti. Forse l’argomento sul quale siamo rimasti più tempo è quello dei giovani, perché anche tutte le Confessioni sono preoccupate, nel senso buono, per i giovani. E il pre-Sinodo che è stato fatto a Roma, dal 19 marzo in poi, ha attirato abbastanza l’attenzione, perché erano giovani di tutte le Confessioni, anche agnostici, e di tutti i Paesi. Pensate: 315 giovani presenti e 15 mila collegati in rete che “entravano e uscivano”. Questo forse ha svegliato un interesse speciale. Ma la parola che a me dà forse l’insieme del viaggio è che è stato un viaggio di incontro. L’esperienza dell’incontro. Non mera cortesia, nessuna cosa puramente formale, ma incontro umano. E questo, tra protestanti e cattolici, è dire tutto… Grazie.
Greg Burke:
Grazie, Santità. Adesso del gruppo tedesco c’è Roland Juchem, dell’agenzia cattolica tedesca CIC.
Roland Juchem:
Grazie, Santo Padre. Lei parla spesso di passi concreti da fare nell’ecumenismo. Oggi, ad esempio, lo ha nuovamente riferito dicendo: “Vediamo ciò che è possibile fare concretamente, piuttosto che scoraggiarci per ciò che non lo è”. Allora, i vescovi tedeschi, ultimamente, hanno deciso di fare un passo [sulla cosiddetta “inter-Comunione”], e allora ci chiediamo come mai l’arcivescovo Ladaria [Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede] abbia scritto una lettera che sembra un poco come una frenata d’emergenza. Dopo l’incontro dello scorso 3 maggio era stato affermato che i vescovi tedeschi avrebbero dovuto trovare una soluzione, possibilmente all’unanimità. Quali saranno i prossimi passi? Sarà necessario un intervento da parte del Vaticano, per chiarire, o i vescovi tedeschi dovranno trovare un accordo?
Papa Francesco:
Bene. Questa non è una novità, perché nel Codice di diritto canonico è previsto quello di cui i vescovi tedeschi parlavano: la Comunione in casi speciali. E loro guardavano al problema dei matrimoni misti: se è possibile o non è possibile. Però, il Codice dice che il vescovo della Chiesa particolare – questa parola è importante: particolare, se è di una diocesi – deve gestire questa cosa: è nelle sue mani. Questo c’è nel Codice. I vescovi tedeschi, poiché avevano visto che il caso non era chiaro, e anche che alcuni sacerdoti facevano cose non d’accordo con il vescovo, hanno voluto studiare questo tema e hanno fatto questo studio che – non voglio esagerare – è stato uno studio di più di un anno, non so bene ma più di un anno, ben fatto, ben fatto. E lo studio è restrittivo: quello che i vescovi volevano è dire chiaramente quello che c’è nel Codice. E anch’io, che l’ho letto, dico: questo è un documento restrittivo. Non era un “aprire a tutti”. No. Era una cosa ben pensata, con spirito ecclesiale. E hanno voluto farlo per la Chiesa locale: non quella particolare. Non hanno voluto. È scivolata la cosa fino a lì, cioè, dicendo che è per la Conferenza episcopale tedesca. E lì c’è un problema, perché il Codice non prevede questo. Prevede la competenza del vescovo diocesano, ma non della Conferenza episcopale. Perché? Perché una cosa approvata in una Conferenza episcopale, subito diventa universale. E questa è stata la difficoltà della discussione: non tanto il contenuto, ma questo. Hanno inviato il documento; poi ci sono stati due o tre incontri di dialogo e di chiarimento; e l’arcivescovo Ladaria ha inviato quella lettera, ma con il mio permesso, non l’ha fatto da solo. Gli ho detto: “Sì, è meglio fare un passo avanti e dire che il documento ancora non è maturo – questo diceva la lettera – e che si doveva studiare di più la cosa”. Poi c’è stata un’altra riunione, e alla fine studieranno la cosa. Credo che questo sarà un documento orientativo, perché ognuno dei vescovi diocesani possa gestire quello che già il Diritto canonico permette. Non c’è stata nessuna frenata, no. È stato un gestire la cosa perché andasse per la buona strada. Quando ho fatto la visita alla Chiesa luterana di Roma, è stata fatta una domanda del genere e io ho risposto secondo lo spirito del Codice di diritto canonico, quello spirito che loro [i vescovi] cercano adesso. Forse non c’è stata un’informazione giusta nei momenti giusti, c’è un po’ di confusione, ma questa è la cosa. Nella Chiesa particolare, il Codice lo permette; nella Chiesa locale, non può, perché sarebbe universale. È questo.
Roland Juchem:
La Chiesa locale è la Conferenza?
Papa Francesco:
… è la Conferenza. Ma la Conferenza può studiare e dare linee orientative per aiutare i vescovi nel gestire i casi particolari. Grazie.
Greg Burke:
Adesso, del gruppo spagnolo c’è Eva Fernández della Cope, la Radio spagnola.
Eva Fernández:
Grazie, Santo Padre. Abbiamo visto che anche il Segretario Generale del Consiglio ecumenico delle Chiese ha parlato dell’aiuto ai rifugiati. Ultimamente abbiamo visto l’incidente della nave “Aquarius” e altri casi, come pure la separazione delle famiglie negli Stati Uniti. Pensa che alcuni governi strumentalizzino il dramma dei rifugiati? Grazie.
Papa Francesco:
Ho parlato tanto sui rifugiati e i criteri sono in quello che ho detto: “accogliere, proteggere, promuovere, integrare”. Sono criteri per tutti i rifugiati. Poi ho detto che ogni Paese deve fare questo con la virtù del governo che è la prudenza, perché un Paese deve accogliere tanti rifugiati quanti può e quanti può integrare: integrare, cioè educare, dare lavoro… Questo, direi, è il piano tranquillo, sereno dei rifugiati. Qui stiamo vivendo un’ondata di rifugiati che fuggono dalle guerre e dalla fame. Guerra e fame in tanti Paesi dell’Africa, guerre e persecuzione nel Medio Oriente. L’Italia e la Grecia sono state generosissime ad accogliere. Per il Medio Oriente – riguardo alla Siria – la Turchia ne ha ricevuti tanti; il Libano, tanti: il Libano ha tanti siriani quanti sono i libanesi; e poi la Giordania, e altri Paesi. Anche la Spagna ne aveva accolti. C’è il problema del traffico dei migranti. E c’è anche il problema dei casi in cui ritornano, perché devono ritornare: c’è questo caso… Non conosco bene i termini dell’accordo, ma se sono nelle acque libiche devono tornare… E lì ho visto le fotografie delle carceri dei trafficanti. I trafficanti subito separano donne da uomini: donne e bambini vanno Dio sa dove… Questo fanno i trafficanti. C’è anche un caso, che conosco, in cui i trafficanti si sono avvicinati a una nave che aveva accolto dei profughi dai barconi e hanno detto: “Dateci le donne e i bambini e portate via i maschi”. Questo fanno i trafficanti. E le carceri dei trafficanti, per quelli che sono tornati, sono terribili, sono terribili. Nei lager della II guerra mondiale si vedevano queste cose. Anche mutilazioni, torture…. E poi li buttano nelle fosse comuni, gli uomini. Per questo i governi si preoccupano che non tornino e non cadano nelle mani di questa gente. C’è una preoccupazione mondiale. So che i governi parlano di questo e vogliono trovare un accordo, anche modificare l’Accordo di Dublino. In Spagna, voi avete avuto il caso di questa nave che è approdata a Valencia. Ma tutto questo fenomeno è un disordine. Il problema delle guerre è difficile da risolvere; il problema della persecuzione dei cristiani anche, in Medio Oriente e anche in Nigeria. Ma il problema della fame, si può risolvere. E tanti governi europei stanno pensando a un piano d’urgenza per investire in quei Paesi, investire intelligentemente, per dare lavoro ed educazione, queste due cose. Nei Paesi dai quali provengono queste persone. Perché – senza offendere, ma è la verità – nell’inconscio collettivo c’è un motto brutto: “L’Africa va sfruttata” - Africa es para ser explotada. Questo è nell’inconscio: “Eh, sono africani!…”. Terra di schiavi. E questo deve cambiare con questo piano di investimenti, di educazione, di sviluppo, perché il popolo africano ha tante ricchezze culturali, tante. E hanno un’intelligenza grande: i bambini sono intelligentissimi e possono, con una buona educazione, andare oltre. Questa sarà la strada a medio termine. Ma sul momento devono mettersi d’accordo i governi per andare avanti con questa emergenza. Questo, qui in Europa.
Andiamo in America. In America, c’è un problema migratorio grande, in America Latina, e c’è anche il problema migratorio interno. Nella mia patria c’è un problema migratorio dal nord al sud; la gente lascia la campagna perché non c’è lavoro e va nelle grandi città, e ci sono queste megalopoli, le baraccopoli, e tutte queste cose… Ma c’è anche una migrazione esterna verso altri Paesi che danno lavoro. Parlando concretamente, verso gli Stati Uniti. Io sono d’accordo con quello che dicono i Vescovi di quel Paese. Mi schiero con loro. Grazie.
Greg Burke:
Grazie, Santità. Adesso, il gruppo inglese: Deborah Castellano Lubov, dell’agenzia Zenit.
Deborah Castellano Lubov:
Grazie, Santità. Santità, nel suo discorso di oggi all’Incontro ecumenico, Lei ha fatto riferimento all’enorme forza del Vangelo. Sappiamo che alcune delle Chiese del World Council of Churches sono cosiddette “Chiese della pace”, che credono che un cristiano non possa usare la violenza. Ricordiamo che due anni fa, in Vaticano, c’è stata una conferenza organizzata per riconsiderare la dottrina della “guerra giusta”. Allora, Santità, la domanda è se Lei pensa che sia il caso per la Chiesa Cattolica di unirsi a queste cosiddette “Chiese della pace” e mettere da parte la teoria della “guerra giusta”. Grazie.
Papa Francesco:
Un chiarimento: perché Lei dice che ci sono “Chiese della pace”?
Deborah Castellano Lubov:
Sono considerate “Chiese della pace” perché hanno questa concezione, che una persona utilizza la violenza non può essere più considerata cristiana.
Papa Francesco:
Grazie, ho capito. Lei ha messo il dito nella piaga… Oggi, a pranzo, un Pastore ha detto che forse il primo diritto umano è il diritto alla speranza, e questo mi è piaciuto, e rientra un po’ in questo tema. Abbiamo parlato della crisi dei diritti umani oggi. Credo che devo incominciare da questo per arrivare alla sua domanda. La crisi dei diritti umani appare chiara. Si parla un po’ di diritti umani, ma tanti gruppi o alcuni Paesi prendono le distanze. Sì, abbiamo i diritti umani ma… non c’è la forza, l’entusiasmo, la convinzione non dico di 70 anni fa, ma di 20 anni fa. E questo è grave, perché dobbiamo vedere le cause. Quali sono le cause per le quali siamo arrivati a questo? Che oggi i diritti umani sono relativi. Anche il diritto alla pace è relativo. E’ una crisi dei diritti umani. Questo credo che dobbiamo pensarlo a fondo.
Poi, le cosiddette “Chiese della pace”. Credo che tutte le Chiese che hanno questo spirito di pace debbano riunirsi e lavorare insieme, come abbiamo detto nei discorsi oggi, sia io che le altre persone che hanno parlato, e a pranzo se ne è parlato. L’unità per la pace. Oggi la pace è un’esigenza, perché c’è il rischio di una guerra… Qualcuno ha detto: questa terza guerra mondiale, se si fa, noi sappiamo con quali armi si farà, ma, se ce ne fosse una quarta, si farà con i bastoni, perché l’umanità sarà distrutta. L’impegno per la pace è una cosa seria. Quando si pensa ai soldi che si spendono in armamenti! Per questo, le “Chiese della pace”: ma è il mandato di Dio! La pace, la fratellanza, l’umanità unita… E tutti i conflitti, non bisogna risolverli come Caino, ma risolverli con il negoziato, con il dialogo, con le mediazioni. Per esempio, siamo in crisi di mediazioni! La mediazione, che è una figura giuridica tanto preziosa, oggi è in crisi. Crisi di speranza, crisi di diritti umani, crisi di mediazioni, crisi di pace. Ma poi, se Lei dice che ci sono “Chiese della pace”, io mi domando: ma ci sono “Chiese della guerra”? E’ difficile capire questo, è difficile, ma ci sono certamente alcuni gruppi, e io direi in quasi tutte le religioni, gruppi piccoli, un po’ semplificando dirò “fondamentalisti”, che cercano le guerre. Anche noi cattolici ne abbiamo qualcuno, che cerca sempre la distruzione. E questo è molto importante averlo sotto gli occhi. Non so se ho risposto…
Mi dicono che la gente chiede la cena, che c’è il tempo giusto per arrivare con lo stomaco pieno…
Soltanto, una parola voglio dire chiaramente: che oggi è stata una giornata ecumenica, proprio ecumenica. E a pranzo abbiamo detto una bella cosa, che io lascio a voi perché ci pensiate e riflettiate e facciate una bella considerazione su questo: nel movimento ecumenico dobbiamo togliere dal dizionario una parola: proselitismo. Chiaro? Non può esserci ecumenismo con proselitismo, bisogna scegliere: o sei di spirito ecumenico, o sei un “proselitista”.
Grazie. Io continuerei a parlare perché mi piace, ma…
E adesso, facciamo venire il Sostituto [della Segreteria di Stato] perché è l’ultimo viaggio che fa con noi, perché adesso cambierà di “colore” [diventando Cardinale]: ma non per vergogna! Vogliamo congedarlo e ci sarà la torta sarda per festeggiare.
S.E. Mons. Giovanni Angelo Becciu:
Grazie! È una sorpresa duplice, chiamarmi qui e ringraziarmi davanti a voi. E poi una torta sarda… bene!, l’assaggeremo con piacere. Io ringrazio davvero il Santo Padre per questa occasione, ma per tutto, per tutto, perché mi ha fatto fare questa esperienza magnifica di viaggiare tanto con lui. Agli inizi, mi aveva spaventato, aveva detto: “No, io farò pochi viaggi”, si ricorda? E poi, dopo uno ne aggiungeva un altro, e un altro, e ci dicemmo: “Meno male che aveva detto che sarebbero stati pochi!”, e sono stati tanti. Un’esperienza magnifica: vedere il Santo Padre con coraggio diffondere la Parola di Dio. Il mio servizio è stato solo questo: di aiutarlo in questo. Grazie a tutti voi e a chi ci ha aiutato. Grazie.
Papa Francesco:
Buon appetito, buona cena e grazie tante. E pregate per me, per favore. Grazie.
[01023-IT.01] [Testo originale: Italiano]
Traduzione in lingua tedesca
Greg Burke:
Zu guter Letzt, danke! „Gemeinsam gehen – beten – arbeiten“ [Thema der Reise]. Wir sind gegangen, wir haben gebetet, verschiedene Male, und jetzt sind wir dran, etwas zu arbeiten – und auch zu essen, danach. Doch wir sehen, dass das gemeinsame Gehen Frucht bringt: daran, wie wir heute empfangen worden sind. Wir haben gesehen, dass es nach vielen Jahren des Dialogs einen gegenseitigen Respekt gibt und sogar etwas mehr: Es gibt auch Freundschaft. Doch es gibt noch viel Arbeit, die zu tun ist, und viele Aufgaben. Das interessiert uns normalerweise: die Aufgaben.
Vielleicht wollen Sie zuerst etwas sagen …
Papst Franziskus:
Danke für eure Arbeit! Es war ein etwas anstrengender Tag, zumindest für mich. Aber ich bin froh. Ich bin froh, weil die verschiedenen Dinge, die wir gemacht haben – das Gebet am Anfang, dann das Gespräch während des Essens, das sehr schön war, und dann die Messe – Dinge sind, die mich glücklich gemacht haben. Sie machen müde, aber es sind gute Dinge. Vielen Dank. Jetzt stehe ich zu Ihrer Verfügung.
Greg Burke:
Gut. Beginnen wir mit den Schweizern, mit Arnaud Bédat von der Zeitschrift „L’Illustre“.
Arnaud Bédat:
Heiliger Vater, sie waren in Genf, aber auch in der Schweiz. Was für Eindrücke, was für wichtige, starke Augenblicke haben Sie an diesem Tag erlebt?
Papst Franziskus:
Danke. Ich denke, es lässt sich – würde ich sagen – mit einem gemeinsamen Wort beschreiben: Begegnung. Es war ein Tag der Begegnungen. Vielfältige Begegnungen. Das treffende Wort für diesen Tag ist Begegnung, und wenn ein Mensch einem anderen begegnet und er an der Begegnung Freude hat, dann berührt es immer das Herz. Es waren positive, auch schöne Begegnungen, angefangen bei dem Gespräch mit dem Bundespräsidenten, zu Beginn; es war nicht nur ein höflicher, normaler Dialog, sondern ein tiefes Gespräch zu gravierenden Themen des Weltgeschehens und mit einer Intelligenz, die mich beeindruckt hat. Damit hat es begonnen. Dann gab es die Begegnungen, bei denen Sie alle dabei waren … Was Sie nicht erlebt haben, war die Begegnung beim Mittagessen, das sehr tiefgehend war in der Weise, wie es viele Themen angesprochen hat. Das Thema, das wir am längsten behandelt haben, war das der jungen Menschen, weil auch alle Konfessionen um die Jugendlichen – im guten Sinn – besorgt sind. Die Vorsynode, die in Rom um den 19. März stattfand, hat einige Aufmerksamkeit erregt, weil dort junge Menschen aller Konfessionen, und auch Agnostiker, aus allen Ländern teilgenommen haben. Denkt mal: 315 junge Menschen und 15000 über das Netz mit ihnen verbunden, die „hineinkamen und herausgingen“. Das hat vielleicht ein besonders Interesse geweckt. Doch das Wort, was für mich den Gesamteindruck der Reise wiedergibt, ist: eine Reise der Begegnung. Die Erfahrung der Begegnung. Nicht einfach Höflichkeit, keine rein formale Angelegenheit, sondern menschliche Begegnung. Und das zwischen Protestanten und Katholiken, das sagt alles … Danke.
Greg Burke:
Danke, Heiligkeit. Jetzt kommt für die deutsche Sprachgruppe Roland Juchem von der katholischen Nachrichtenagentur CIC.
Roland Juchem:
Danke, Heiliger Vater. Sie sprechen oft von konkreten Schritten, was die Ökumene betrifft. Heute zum Beispiel haben Sie das erneut angesprochen, als Sie sagten: „Sehen wir das, was konkret machbar ist, anstatt uns durch das entmutigen zu lassen, was nicht getan werden kann“. Nun haben die deutschen Bischöfe kürzlich entschieden, einen solchen Schritt [hinsichtlich der sogenannten Interkommunion] zu tun. Daher fragen wir uns, wieso Erzbischof Ladaria [Präfekt der Glaubenskongregation] einen Brief geschrieben hat, der ein wenig wie eine Notbremsung zu sein scheint. Nach der Begegnung vom vergangenen 3. Mai hat man gesagt, dass die deutschen Bischöfe eine möglichst einmütige Lösung finden sollten. Was sind die nächsten Schritte? Wird eine Intervention seitens des Vatikans zur Klärung notwendig sein, oder werden die deutschen Bischöfe eine Einigung finden müssen?
Papst Franziskus:
Gut. Das ist nichts Neues, denn im Codex des Kirchenrechts ist der Fall vorgesehen, über den die deutschen Bischöfe gesprochen haben, nämlich die Kommunion in Ausnahmefällen. Und sie betrachteten die Frage der Mischehen: ob es da möglich ist oder nicht. Der Codex sagt jedoch, dass der Bischof der Teilkirche – dieses Wort ist wichtig: Teilkirche, wenn es sich um eine Diözese handelt – diese Angelegenheit behandeln muss: Sie liegt in seinen Händen. Das steht im Codex. Die deutschen Bischöfe haben dieses Thema untersucht, weil sie gemerkt hatten, dass die Sache nicht klar war und dass einige Priester nicht in Abstimmung mit dem Bischof handelten. Und sie haben diese Studie gemacht, die – ich will nicht übertreiben – eine Studie von mehr als einem Jahr war, ich weiß nicht genau wie lange, aber mehr als ein Jahr. Sie ist gut gemacht, wirklich gut gemacht. Die Studie gibt einen strikten Rahmen vor: Die Bischöfe wollten klar sagen, was im Codex steht. Ich habe es gelesen und sage ebenso: Das ist ein „restriktives“ Dokument. Es war keine „Öffnung für alle“. Nein. Es war eine gut durchdachte Sache mit kirchlichem Geist. Sie wollten es für die Ortskirche machen, nicht für die Teilkirche. Das wollten sie nicht. Die Sache ist dann gewissermaßen entglitten, als man sagte, dass es für die deutsche Bischofskonferenz gilt. Hier liegt ein Problem, weil der Codex das nicht vorsieht. Er behandelt die Kompetenz des Diözesanbischofs, aber nicht die der Bischofskonferenz. Warum? Weil eine Sache, die von einer Bischofskonferenz approbiert wird, sofort universal wird. Das war die Schwierigkeit bei der Diskussion: nicht so sehr der Inhalt, als eben das. Sie haben das Dokument geschickt. Dann gab es zwei oder drei Gesprächsrunden zur Klärung; und Erzbischof Ladaria hat jenen Brief geschickt, aber mit meiner Erlaubnis, er hat ihn nicht allein gemacht. Ich habe ihm gesagt: „Ja, es ist besser, einen Schritt weiterzugehen und zu sagen, dass das Dokument noch nicht reif ist – das sagte der Brief – und dass man die Angelegenheit noch mehr studieren muss“. Dann gab es ein weiteres Treffen und schließlich werden sie die Angelegenheit studieren. Ich denke, es wird ein Dokument zur Orientierung sein, weil damit jeder Diözesanbischof das durchführen kann, was das Kirchenrecht schon zulässt. Es gab keine Bremsung, nein. Die Sache wurde angegangen, damit sie auf einem guten Weg bleibt. Bei meinem Besuch der evangelischen Kirche in Rom wurde eine Frage dieser Art gestellt, und ich habe im Sinne des Codex des Kirchenrechts geantwortet, in jenem Geist, den sie [die Bischöfe] jetzt suchen. Vielleicht gab es nicht die rechte Information zur rechten Zeit. Es gibt ein wenig Verwirrung; aber das ist die Sachlage. In der Teilkirche erlaubt es der Codex, in der Ortskirche jedoch nicht. Denn das wäre universal. Darum geht es.
Roland Juchem:
Die Ortskirche, ist das die Konferenz?
Papst Franziskus:
… ist die Konferenz. Aber die Konferenz kann studieren und Orientierungslinien vorgeben, um den Bischöfen zu helfen, Ausnahmefälle zu behandeln. Danke.
Greg Burke:
Jetzt haben wir aus der spanischen Gruppe Eva Fernández von der Cope, dem spanischen Radio.
Eva Fernández:
Danke, Heiliger Vater. Wir haben gesehen, dass auch der Generalsekretär des ökumenischen Rates der Kirchen über die Flüchtlingshilfe gesprochen hat. Zuletzt haben wir den Vorfall des Schiffs „Aquarius“ und andere Fälle gesehen wie auch die Trennung von Familien in den Vereinigten Staaten. Denken sie, dass einige Regierungen das Flüchtlingsdrama instrumentalisieren? Danke.
Papst Franziskus:
Ich habe viel über die Flüchtlinge gesprochen und die Kriterien finden sich in dem, was ich gesagt habe: „Aufnehmen, beschützen, fördern und integrieren“. Es sind Kriterien für alle Flüchtlinge. Dann habe ich gesagt, dass jedes Land dies mit der Tugend des Regierens, die die Klugheit ist, tun müssen, weil ein Land so viele Flüchtlinge aufnehmen muss, wie es kann und integrieren kann: integrieren, also ausbilden, Arbeit geben… Dies, so würde ich sagen, ist der stille, ruhige Weg der Flüchtlinge. Hier erleben wir gerade eine Flüchtlingswelle, die vor den Kriegen und dem Hunger fliehen. Krieg und Hunger in vielen Ländern Afrikas, Kriege und Verfolgung im Nahen Osten. Italien und Griechenland sind in der Aufnahme überaus großzügig gewesen. Für den Nahen Osten hat die Türkei – im Hinblick auf Syrien – viele aufgenommen; der Libanon nahm viele auf: Im Libanon leben so viele Syrier wie Libanesen; und dann Jordanien und andere Länder. Auch Spanien hatte Flüchtlinge aufgenommen. Es gibt das Problem des Flüchtlingshandels. Und es gibt auch das Problem der Fälle, in denen sie zurückkehren, weil sie zurückkehren müssen: Es gibt diesen Fall… Ich kenne die Bedingungen der Vereinbarung nicht gut, aber wenn sie in libyschen Gewässern sind, müssen sie zurückkehren… Und dort habe ich die Fotografien der Gefängnisse der Schlepper gesehen. Die Schlepper trennen sofort Frauen von Männern: Frauen und Kinder gehen weiß Gott wohin… Das tun die Schlepper. Es gibt auch einen mir bekannten Fall, in dem sich die Schlepper einem Schiff genähert haben, das Flüchtlinge aus den Booten aufgenommen hatte, und gesagt haben: „Gebt uns die Frauen und Kinder und bringt die Männer weg“. Das tun die Schlepper. Und die Schleppergefängnisse für diejenigen, die zurückgekommen sind, sind furchtbar, sie sind furchtbar… Man sah diese Dinge in den Lagern des Zweiten Weltkriegs. Auch Verstümmelungen, Folterungen… Und dann werfen sie sie in Massengräber, die Männer. Deshalb sorgen sich die Regierungen darum, dass sie nicht zurückkehren und in die Hände dieser Leute fallen. Es gibt eine weltweite Besorgnis. Ich weiß, dass die Regierungen darüber sprechen und eine Vereinbarung finden wollen, auch das Dubliner Übereinkommen abändern wollen. In Spanien habt ihr den Fall dieses Schiffs gehabt, das in Valencia angelegt hat. Aber all das ist ein Phänomen der Unordnung. Das Problem der Kriege ist schwer zu lösen; das Problem der Christenverfolgung auch, im Nahen Osten wie in Nigeria. Aber das Problem des Hungers kann man lösen. Und viele europäische Regierungen denken zur Zeit an einen Dringlichkeitsplan, um in jene Länder zu investieren, intelligent zu investieren, um ihnen Arbeit und Bildung zu geben, diese zwei Dinge; in die Länder, aus denen diese Personen kommen. Denn, ohne beleidigen zu wollen, aber es ist die Wahrheit, im allgemeinen Unterbewusstsein gibt es einen hässlichen Leitspruch: „Afrika muss ausgebeutet werden“. Das ist im Unterbewusstsein: „Ach, es sind Afrikaner!...“ Sklavenland. Und das muss sich mit diesem Plan der Investition, der Bildung, der Entwicklung ändern, weil das afrikanische Volk viele kulturelle Reichtümer hat. Und sie haben eine große Intelligenz: Die Kinder sind sehr intelligent und sie können mit einer guten Bildung weiterkommen. Dies wird mittelfristig der Weg sein. Aber im Augenblick müssen sich die Regierungen verständigen, um mit in dieser Notlage voranzukommen. Dies hier in Europa.
Gehen wir nach Amerika. In Amerika gibt es ein großes Migrationsproblem, in Lateinamerika, und es gibt auch das innere Migrationsproblem. In meiner Heimat gibt es ein Migrationsproblem vom Norden in den Süden; die Menschen verlassen die ländlichen Gegenden, weil es keine Arbeit gibt, und gehen in die Großstädte und es gibt diese Riesenmetropolen, Barackensiedlungen und all diese Dinge… Aber es gibt auch eine äußere Migration in die anderen Länder, die Arbeit geben. Konkret gesagt, in die Vereinigten Staaten. Ich bin mit dem, was die Bischöfe dieses Landes sagen, einverstanden. Ich stelle mich auf ihre Seite. Danke.
Greg Burke:
Danke, Heiligkeit. Jetzt die englische Gruppe: Deborah Castellano Lubov von der Agentur Zenit.
Deborah Castellano Lubov:
Danke, Heiligkeit. Heiligkeit, in ihrer heutigen Ansprache bei der ökumenischen Begegnung haben sie auf die gewaltige Kraft des Evangeliums Bezug genommen. Wir wissen, dass einige der Kirchen des World Council of Churches sogenannte „Friedenskirchen“ sind, die meinen, dass ein Christ keine Gewalt anwenden darf. Wir erinnern uns daran, dass vor zwei Jahren im Vatikan eine Konferenz stattgefunden hat, die organisiert wurde, um die Lehre vom „gerechten Krieg“ zu überdenken. Die Frage ist also, Heiligkeit, ob sie denken, dass es für die katholische Kirche an der Zeit wäre, sich diesen sogenannten „Friedenskirchen“ anzuschließen und die Theorie vom „gerechten Krieg“ beiseite zu legen. Danke.
Papst Franziskus:
Eine Klarstellung: Warum sagen sie, dass es „Friedenskirchen“ gibt?
Deborah Castellano Lubov:
Sie werden als „Friedenskirchen“ betrachtet, weil sie diese Auffassung haben, dass eine Person, die Gewalt anwendet, nicht mehr als Christ betrachtet werden kann.
Papst Franziskus:
Danke, ich habe verstanden. Sie haben den Finger in die Wunde gelegt… Heute hat beim Mittagessen ein Pastor gesagt, dass das vielleicht erste Menschenrecht das Recht auf die Hoffnung ist, und das hat mir gefallen und fällt etwas unter dieses Thema. Wir haben von der Krise der Menschenrechte heute gesprochen. Ich denke, dass ich von dort ansetzen muss, um zu ihrer Frage zu gelangen. Die Krise der Menschenrechte erscheint klar. Man spricht etwas über Menschenrechte, aber viele Gruppen oder einige Länder nehmen Abstand. Ja, wir haben die Menschenrechte, aber… es gibt nicht die Kraft, den Enthusiasmus, die Überzeugung. Ich sage nicht die von vor 70 Jahren, sondern die vor 20 Jahren. Und das ist schwerwiegend, weil wir die Gründe sehen müssen. Welches sind die Gründe, weshalb wir so weit gekommen sind? Dass die Menschenrechte heute relativ sind. Auch das Recht auf den Frieden ist relativ. Es ist eine Krise der Menschenrechte. Ich meine, dass wir dies bis auf den Grund durchdenken müssen.
Dann, die sogenannten „Friedenskirchen“. Ich glaube, dass alle Kirchen, die diesen Friedensgeist haben, sich verbinden und zusammenarbeiten sollten, wie wir in den Ansprachen von heute gesagt haben, sowohl ich wie auch die anderen Personen, die gesprochen haben, und beim Mittagessen wurde darüber gesprochen. Die Einheit für den Frieden. Heute ist der Friede ein Bedürfnis, weil das Risiko eines Krieges besteht…Jemand hat gesagt: Wenn dieser dritte Weltkrieg stattfindet, wissen wir, mit welchen Waffen er geführt werden wird, aber wenn es einen vierten gäbe, wird er mit Stöcken geführt werden, weil die Menschheit zerstört sein wird. Der Einsatz für den Frieden ist eine ernste Angelegenheit. Wenn man an das Geld denkt, das für die Aufrüstung ausgegeben wird! Deshalb, die „Friedenskirchen“: Aber es ist das Gebot Gottes! Der Friede, die Brüderlichkeit, die vereinte Menschheit… Und keinen Konflikt darf man wie Kain lösen, sondern durch Verhandlungen, durch Dialog, durch Mediation. Zum Beispiel sind wir in einer Krise der Mediation! Die Mediation, die ein so wertvolles rechtlich3es Konzept ist, ist heute in der Krise. Krise der Hoffnung, Krise der Menschenrechte, Krise der Mediation, Krise des Friedens. Wenn sie jedoch sagen, dass es „Friedenskirchen“ gibt, frage ich mich sodann: Gibt es denn „Kriegskirchen“? Es ist schwer, dies zu verstehen, es ist schwer, aber es gibt gewiss einige Gruppen, und ich würde sagen in fast allen Religionen, kleine Gruppen, etwas vereinfacht gesagt „Fundamentalisten“, die nach Kriegen suchen. Auch wir Katholiken haben ein paar, die immer die Zerstörung suchen. Und es ist sehr wichtig, dies immer vor Augen zu haben. Ich weiß nicht, ob ich geantwortet habe…
Man sagt mir, dass die Leute nach dem Abendessen fragen, dass wir gerade die Zeit haben, um mit vollem Bauch anzukommen…
Nur möchte ich ein Wort klar sagen: Heute war ein ökumenischer Tag, wirklich ökumenisch. Und beim Mittagessen haben wir etwas Schönes gesagt, das ich euch überlasse, um darüber nachzudenken und eine schöne Erwägung darüber anzustellen: in der ökumenischen Bewegung müssen wir aus dem Wörterbuch ein Wort streichen: Proselytismus. Klar? Es kann keine Ökumene mit Proselytismus geben, man muss wählen: entweder hat man den ökumenischen Geist oder man ist ein „Proselytenmacher“.
Danke. Ich würde weiterreden, weil es mir gefällt, aber…
Und jetzt lassen wir den Substituten [des Staatssekretariats] kommen, weil es die letzte Reise ist, die er mit uns macht, weil er jetzt „Farbe“ wechseln wird, [wenn er Kardinal wird]: Aber nicht aus Scham. Wir wollen uns von ihm verabschieden und es wird den sardischen Kuchen geben, um zu feiern.
S.E. Mons. Giovanni Angelo Becciu:
Danke! Es ist eine doppelte Überraschung, mich hierher zu rufen und mir vor euch zu danken. Und dann ein sardischer Kuchen… gut! Wir werden ihn gerne kosten. Ich danke dem Heiligen Vater wirklich für diese Gelegenheit, aber auch für alles, für alles, weil er mir diese wunderbare Erfahrung ermöglicht hat, so viel mit ihm zu reisen. Am Anfang hatten sie mich erschreckt, sie hatten gesagt: „Nein, ich werde wenige Reisen machen“, erinnern sie sich? Und dann fügten sie die eine nach der anderen hinzu und wir sagten: „Gut, dass er gesagt hatte, dass es wenige sein würden!“, und es waren viele. Eine wunderbare Erfahrung, zu sehen, wie der Heilige Vater mutig das Wort Gottes verbreitet. Mein Dienst war nur dies: ihm darin zu helfen. Danke an euch alle und an diejenigen, die uns geholfen haben. Danke.
Papst Franziskus:
Guten Appetit, gutes Abendessen und vielen Dank. Und betet bitte für mich. Danke.
[01023-DE.01] [Originalsprache: Italienisch]
Traduzione in lingua portoghese
Greg Burke:
Obrigado, para começar! «Caminhar, rezar, trabalhar juntos» [o tema da viagem]. Caminhamos, rezamos várias vezes e, agora, temos de trabalhar um pouco. E também comer… mas depois. Entretanto vê-se que caminhar juntos dá fruto: hoje, a hospitalidade. Vimos que, depois de tantos anos de diálogo, há respeito mútuo e algo mais: há também amizade. Porém há ainda muito trabalho a fazer e tantos desafios e, naturalmente, interessa-nos isto: os desafios.
Mas talvez o Santo Padre queira dizer alguma coisa antes...
Papa Francisco:
Obrigado pelo vosso trabalho! Foi um dia um pouco pesado, ao menos para mim. Mas estou contente. Estou contente porque as várias coisas que fizemos – a oração no começo, o diálogo durante o almoço que foi muito belo e, depois, a Missa – foram coisas que me deixaram feliz. Cansam, mas são coisas boas. Muito obrigado. E agora estou à vossa disposição.
Greg Burke:
Começamos com os suíços: Arnaud Bédat, da revista «L'Illustre».
Arnaud Bédat:
Santo Padre, esteve em Genebra, mas também na Suíça. Quais foram as imagens, os momentos importantes e intensos que mais o impressionaram durante este dia?
Papa Francisco:
Obrigado. Penso – diria – que há uma palavra comum: encontro. Foi um dia de encontros. Variegados. A palavra justa a propósito do dia é encontro; e, quando uma pessoa encontra outra e se compraz no encontro, isso toca sempre o coração. Foram encontros positivos, mesmo belos, a começar pelo diálogo com o Presidente [da Confederação Suíça], no início, que se revelou um diálogo não apenas de cortesia, normal, mas um diálogo profundo, sobre temas mundiais profundos e com uma inteligência que me impressionou. A começar por este. Depois os encontros que vós todos vistes... E aquele que vós não vistes, isto é, o encontro do almoço, que foi muito profundo no modo de abordar tantos assuntos. O tema sobre o qual nos demoramos mais talvez tenha sido o dos jovens, porque todas as Confissões também estão preocupadas, no bom sentido, com os jovens. E o pré-Sínodo feito em Roma, de 19 de março para diante, chamou bastante a atenção, porque eram jovens de todas as Confissões, inclusive agnósticos, e de todos os países. Pensai: 315 jovens presentes e 15 mil conectados em rede que «entravam e saíam». Foi isto talvez que despertou um interesse especial. Mas a palavra que me parece resumir o conjunto da viagem seria esta: foi uma viagem de encontro. A experiência do encontro. Não mera cortesia, nada de puramente formal, mas encontro humano. E isto, entre protestantes e católicos… está tudo dito! Obrigado.
Greg Burke:
Obrigado, Santidade. Agora, do grupo alemão, temos Roland Juchem, da agência católica alemã CIC.
Roland Juchem:
Obrigado, Santo Padre. Vossa Santidade fala frequentemente que se devem dar passos concretos no ecumenismo. Hoje, por exemplo, voltou a referir-se a isso quando disse: «Vejamos o que é possível fazer concretamente, em vez de nos desencorajar pelo que não o é». Ora nós perguntamo-nos como é possível que, tendo os bispos alemães decidido recentemente dar um passo [na chamada «intercomunhão»], o arcebispo Ladaria [Prefeito da Congregação para a Doutrina da Fé] lhes tenha escrito uma carta que lembra de certo modo o acionar um travão de emergência. Depois do encontro de 3 de maio passado, afirmara-se que os bispos alemães deveriam encontrar uma solução, possivelmente por unanimidade. Quais serão os próximos passos? Será necessária uma intervenção do Vaticano para esclarecer ou os bispos alemães deverão encontrar um acordo?
Papa Francisco:
Certamente não se trata duma novidade, porque, no Código de Direito Canónico, está previsto aquilo de que falavam os bispos alemães: a Comunhão em casos especiais. Eles, tendo em mente o problema dos matrimónios mistos, perguntavam-se se aquela é possível ou não. Entretanto o Código diz que o bispo da Igreja particular – é importante esta palavra «particular», se é bispo duma diocese – deve decidir sobre o problema: está nas suas mãos. Isto está no Código. Os bispos alemães, vendo que o caso não era claro e que alguns sacerdotes procediam à revelia do bispo, quiseram debruçar-se sobre este tema estudando-o – não quero exagerar – durante mais de um ano; não sei ao certo, mas mais de um ano. Estudaram-no bem; um estudo bem feito. E a conclusão é restritiva: aquilo que os bispos pretendiam era dizer claramente o que está no Código. E também eu, que o li, digo: este é um documento restritivo. Não era para «abrir a todos»; não. Trata-se duma coisa bem pensada, com espírito eclesial. E quiseram fazer o estudo para a Igreja local: não para a particular. Não estava na vontade deles, mas a questão deslizou para outro nível, ou seja, dizendo que é para a Conferência Episcopal Alemã. E aqui há um problema, porque o Código não prevê isto. Prevê a competência do bispo diocesano, mas não da Conferência Episcopal. Porquê? Porque uma coisa aprovada numa Conferência Episcopal torna-se imediatamente universal. E esta foi a dificuldade da discussão: não tanto o conteúdo, mas isto. Eles enviaram o documento; depois houve dois ou três encontros de diálogo e esclarecimento; e o arcebispo Ladaria enviou esta carta, mas com a minha autorização, não o fez sozinho. Disse-lhe: «Sim, é melhor dar um passo em frente, dizendo que o documento ainda não está maduro (isto dizia a carta!) e deve-se estudar melhor o assunto». Depois houve outra reunião para estudar definitivamente a questão. Creio que este será um documento orientador, para que cada um dos bispos diocesanos possa decidir aquilo que o direito canónico já permite. Não houve qualquer travão; não. Tratou-se de decidir a questão para que seguisse pelo bom caminho. Quando visitei a Igreja Luterana de Roma, foi feita uma pergunta deste género e eu respondi segundo o espírito do Código de Direito Canónico, o espírito que eles [os bispos] procuram agora. Talvez não tenha havido a informação correta na hora certa… Deu lugar a um pouco de confusão, mas a situação é esta. Para a Igreja particular, o Código permite-o; para a Igreja local não, porque seria universal. É isto.
Roland Juchem:
Para a Igreja local, é a Conferência?
Papa Francisco:
É a Conferência. Mas a Conferência pode estudar e oferecer diretrizes para ajudar os bispos a decidir os casos particulares. Obrigado.
Greg Burke:
Agora, do grupo espanhol, temos Eva Fernández, da Cope a rádio espanhola.
Eva Fernández:
Obrigado, Santo Padre. Vimos que o próprio Secretário-Geral do Conselho Ecuménico das Igrejas falou sobre a ajuda aos refugiados. Recentemente vimos o incidente do navio «Aquarius» e outros casos, bem como a separação das famílias nos Estados Unidos. Vossa Santidade acha que alguns governos instrumentalizam o drama dos refugiados? Obrigado.
Papa Francisco:
Tenho falado muito sobre os refugiados, e os critérios resumem-se naquilo que eu disse: «acolher, proteger, promover, integrar». São critérios para todos os refugiados. Depois disse que cada país deve fazer isto com a virtude de governança que é a prudência, porque um país deve acolher tantos refugiados quantos possa, isto é, quantos possa integrar; integrar, ou seja, educar, dar emprego... Diria que isto é o plano tranquilo, sereno dos refugiados. Hoje estamos a viver uma vaga de refugiados, que fogem das guerras e da fome. Guerra e fome em muitos países da África, guerras e perseguição no Médio Oriente. A Itália e a Grécia foram muito generosas no acolhimento. Quanto ao Médio Oriente – em relação à Síria – a Turquia recebeu tantos; o Líbano, tantos: o Líbano tem tantos sírios como libaneses; e depois a Jordânia e outros países. A própria Espanha os acolhera. Existe o problema do tráfico dos migrantes. E há também o problema dos casos em que retornam, porque devem voltar: temos este caso. Não conheço bem os termos do acordo, mas, se estiverem nas águas líbias, devem voltar. E vi fotografias de lá, das prisões geridas pelos traficantes. Estes separam imediatamente as mulheres dos homens (as mulheres e crianças vão só Deus sabe para onde!). Isto, fazem-no os traficantes. Conheço também um caso em que os traficantes se aproximaram dum navio que acolhera refugiados das barcaças e disseram: «Dai-nos as mulheres e as crianças e levai convosco os homens». É o que fazem os traficantes. E as prisões geridas pelos traficantes, para aqueles que retornaram, são terríveis, são horríveis. Nos campos de concentração da II Guerra Mundial, viam-se estas coisas. Inclusive mutilações, torturas... E, os homens, depois jogam-nos nas valas comuns. Por isso, os governos temem fazê-los voltar, para não caírem nas mãos dessas pessoas. Esta preocupação é mundial. Sei que os governos falam disto e querem encontrar um acordo, inclusive alterar o Acordo de Dublin. Na Espanha, tivestes o caso deste navio que atracou em Valência. Mas todo este fenómeno é uma tropelia. O problema das guerras é difícil de resolver; o problema da perseguição dos cristãos também, no Médio Oriente e mesmo na Nigéria. Mas o problema da fome pode ser resolvido. E muitos governos europeus estão a pensar num plano urgente para investir nesses países; investir de forma inteligente para lhes dar estas duas coisas – trabalho e educação –, nos países donde provêm os migrantes. Porque – sem ofender, mas é a verdade – no inconsciente coletivo, há um lema feio: «A África é para ser explorada». Isto está no inconsciente: «Eh, são africanos!...» Terra de escravos. E isto deve mudar com este plano de investimentos, de educação, de desenvolvimento, porque o povo africano possui tantas riquezas culturais, tantas. E tem uma grande inteligência: as crianças são inteligentíssimas e podem, com uma boa educação, ir mais além. Este será o caminho a médio prazo. Mas, por agora, devem os governos pôr-se de acordo a fim de levar por diante esta emergência. Isto, aqui na Europa.
Passemos à América. Existe um grande problema de migração na América Latina, e há também o problema migratório interno. Na minha pátria, há um problema migratório de norte a sul; as pessoas deixam o campo, porque não há trabalho, e vão para as grandes cidades, e temos estas megalópolis que são as favelas e tudo o mais... Mas há também uma migração externa para outros países que dão emprego. Falando concretamente da migração para os Estados Unidos, estou de acordo com o que dizem os bispos daquele país. Apoio-os. Obrigado!
Greg Burke:
Obrigado, Santidade. Agora, do grupo inglês, Deborah Castellano Lubov, da agência Zenit.
Deborah Castellano Lubov:
Obrigado, Santidade. No seu discurso de hoje durante o Encontro Ecuménico, fez referência à força enorme do Evangelho. Sabemos que algumas das Igrejas do Conselho Ecuménico são chamadas «Igrejas da Paz», por acreditarem que um cristão não pode usar a violência. Lembramo-nos de que há dois anos, no Vaticano, houve uma conferência organizada para reconsiderar a doutrina da «guerra justa». A pergunta é se Vossa Santidade pensa que seja o caso, para a Igreja Católica, de se juntar a estas chamadas «Igrejas da Paz» e deixar de lado a teoria da «guerra justa». Obrigado.
Papa Francisco:
Um esclarecimento: Por que diz que existem «Igrejas da Paz»?
Deborah Castellano Lubov:
São consideradas «Igrejas da Paz», porque têm esta conceção segundo a qual uma pessoa que usa violência já não pode ser considerada cristã.
Papa Francisco:
Obrigado, compreendi. Colocou o dedo na chaga... Hoje, ao almoço, um Pastor disse que o primeiro direito humano talvez seja o direito à esperança; gostei daquilo e tem a ver de algum modo com este tema. Conversamos sobre a crise atual dos direitos humanos. Creio que devo começar disto para chegar à sua pergunta. A crise dos direitos humanos é clara. Fala-se um pouco de direitos humanos, mas muitos grupos ou alguns países distanciam-se. Sim, temos os direitos humanos, mas não existe a força, o entusiasmo, a convicção – não digo de há 70 anos – mas de 20 anos atrás. E isto é grave, porque devemos ver as causas. Quais são as causas que nos fizeram chegar a isto? É que hoje os direitos humanos são relativos. O próprio direito à paz é relativo. É uma crise dos direitos humanos. Creio que temos de nos debruçar profundamente sobre isto.
Depois, as chamadas «Igrejas da Paz». Penso que todas as Igrejas com este espírito de paz se devem reunir e trabalhar juntas, como dissemos nos discursos de hoje (eu e as outras pessoas que falaram) e ao almoço falamos disso. A unidade em prol da paz: hoje a paz é uma necessidade, porque há o risco duma guerra... Alguém disse: se se fizer esta terceira guerra mundial, não sabemos as armas com que será combatida, mas uma quarta será seguramente a pedra e pau… Porque a humanidade acabaria destruída. O compromisso em prol da paz é um assunto sério. Quando se pensa no dinheiro que se gasta em armamentos… Por isso bem-vindas as «Igrejas da Paz»! Mas é o mandato de Deus: a paz, a fraternidade, a humanidade unida. E os conflitos todos… é preciso não os resolver como Caim; mas resolvê-los com negociações, com o diálogo, com as mediações. Por exemplo, estamos em crise de mediações. Atualmente a mediação, que é uma figura jurídica tão preciosa, está em crise. Crise de esperança, crise de direitos humanos, crise de mediações, crise de paz. Entretanto, ao ouvir a senhora dizer que existem «Igrejas da Paz», vem-me a pergunta: mas será que existem «Igrejas da guerra»? É difícil entender isto, é difícil, mas há certamente alguns grupos (eu diria em quase todas as religiões), grupos pequenos que eu designaria – simplificando um pouco – de «fundamentalistas», que procuram as guerras. Nós, católicos, também temos algum que busca sempre a destruição. É muito importante ter isto sob os olhos. Não sei se respondi…
Dizem-me que o pessoal de bordo pede para se jantar, que é o tempo justo para se chegar [a casa] com o estômago cheio.
Quero dizer claramente apenas uma palavra: que hoje foi um dia ecuménico, mesmo ecuménico. E, no almoço, dissemos uma coisa linda, que vos deixo para nela pensardes, refletirdes e fazerdes estupendas considerações: no movimento ecuménico, devemos tirar do dicionário uma palavra – proselitismo. É claro? Não pode haver ecumenismo com proselitismo, é preciso escolher: ou és de espírito ecuménico, ou és um «proselitista».
Obrigado. Eu continuaria a falar, porque gosto, mas... Agora façamos vir o Substituto [da Secretaria de Estado], porque é a última viagem que faz connosco. Pois agora ele vai mudar de «cor» [tornando-se Cardeal], mas não por vergonha! Queremos despedir-nos e, para celebrar este momento, teremos bolo da Sardenha.
Arcebispo D. Becciu:
Obrigado! É uma surpresa dupla: chamar-me aqui e agradecer-me diante de vós. Para não falar dum bolo da Sardenha... Prová-lo-emos com prazer. Agradeço sinceramente ao Santo Padre por esta ocasião e por tudo o mais, pois permitiu-me fazer esta experiência magnífica de viajar tanto com ele. Ao princípio, assustara-me quando disse «Não, eu farei poucas viagens» (lembra-se?) mas em seguida, depois de uma, acrescentava outra, e mais outra… E dissemos, cá uns com os outros: «Ainda bem que, apesar de dizer que seriam poucas, foram tantas!» Uma experiência magnífica: ver o Santo Padre espalhar corajosamente a Palavra de Deus. O meu serviço reduziu-se a isto; a ajudá-lo nisso. Obrigado a vós todos e a quem nos ajudou. Obrigado.
Papa Francisco:
Bom apetite, bom jantar e muito obrigado. E rezai por mim, por favor. Obrigado.
[01023-PO.01] [Texto original: Italiano]
[B0469-XX.01]