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I. Introduzione
1. Le tematiche economiche e finanziarie, mai come oggi, attirano la nostra attenzione, a motivo del crescente influsso esercitato dai mercati sul benessere materiale di buona parte dell'umanità. Ciò reclama, da una parte, un'adeguata regolazione delle loro dinamiche, e dall'altra, una chiara fondazione etica, che assicuri al benessere raggiunto quella qualità umana delle relazioni che i meccanismi economici, da soli, non sono in grado di produrre. Simile fondazione etica è oggi richiesta da più parti ed in particolare da coloro che operano nel sistema economico-finanziario. Proprio in tale ambito, si palesa infatti il necessario connubio fra sapere tecnico e sapienza umana, senza di cui ogni umano agire finisce per deteriorarsi, e con cui invece può progredire sulla via di un benessere per l'uomo che sia reale ed integrale.
2. La promozione integrale di ciascuna persona, di ogni comunità umana e di tutti gli uomini, è l’orizzonte ultimo di quel bene comune che la Chiesa si propone di realizzare quale «sacramento universale di salvezza»[1]. In questa integralità del bene, la cui origine e compimento ultimi sono in Dio, e che pienamente si è rivelata in Gesù Cristo, ricapitolatore di tutte le cose (cf. Ef 1, 10), consiste lo scopo ultimo di ogni attività ecclesiale. Tale bene fiorisce come anticipo di quel regno di Dio che la Chiesa è chiamata ad annunciare ed instaurare in ogni ambito dell’umana intrapresa[2]; ed è frutto peculiare di quella carità che, come via maestra dell’azione ecclesiale, è chiamata ad esprimersi anche in amore sociale, civile e politico. Questo amore «si manifesta in tutte le azioni che cercano di costruire un mondo migliore. L’amore per la società e l’impegno per il bene comune sono una forma eminente di carità, che riguarda non solo le relazioni tra gli individui, ma anche “macro-relazioni, rapporti sociali, economici, politici”. Per questo la Chiesa ha proposto al mondo l’ideale di una “civiltà dell’amore”»[3]. L’amore al bene integrale, inseparabilmente dall’amore per la verità, è la chiave di un autentico sviluppo.
3. Ciò viene perseguito nella certezza che in tutte le culture ci sono molteplici convergenze etiche, espressione di una comune sapienza morale[4], sul cui ordine oggettivo si fonda la dignità della persona. Sulla solida ed indisponibile radice di tale ordine, che delinea dei chiari principi comuni, si basano i fondamentali diritti e doveri dell’uomo; senza di esso, l’arbitrio e l’abuso del più forte finiscono per dominare sulla scena umana. Questo ordine etico, radicato nella sapienza di Dio Creatore, è dunque l’indispensabile fondamento per edificare una degna comunità degli uomini regolata da leggi improntate a reale giustizia. Ciò tanto più vale di fronte alla constatazione che gli uomini, pur aspirando con tutto il loro cuore al bene e alla verità, spesso soccombono ad interessi di parte, a soprusi ed a prassi inique, da cui derivano gravi sofferenze per tutto il genere umano e specialmente per gli indifesi e i più deboli.
Proprio per liberare ogni ambito dell’agire umano da quel disordine morale che così frequentemente lo affligge, la Chiesa riconosce fra i suoi compiti primari anche quello di richiamare a tutti, con umile certezza, alcuni chiari principi etici. È la stessa ragione umana, la cui indole connota indelebilmente ciascuna persona, ad esigere un illuminante discernimento a questo riguardo. In continuazione, infatti, la razionalità umana cerca nella verità e nella giustizia quel solido fondamento su cui appoggiare il suo operare, nel presentimento che senza di esso verrebbe meno anche il suo stesso orientamento[5].
4. Tale retto orientamento della ragione non può dunque mancare in ogni settore dell’agire umano. Ciò significa che nessuno spazio in cui l’uomo agisce può legittimamente reclamare di essere estraneo, o di rimanere impermeabile, ad un’etica fondata sulla libertà, sulla verità, sulla giustizia e sulla solidarietà[6]. Questo vale anche per quegli ambiti in cui vigono le leggi della politica e dell’economia: «oggi, pensando al bene comune, abbiamo bisogno in modo ineludibile che la politica e l’economia, in dialogo, si pongano decisamente al servizio della vita, specialmente della vita umana» [7].
Ogni attività umana, infatti, è chiamata a produrre frutto disponendo, con generosità ed equità, di quei doni che Dio pone originariamente a disposizione di tutti e sviluppando con alacre fiducia quei semi di bene inscritti, come promessa di fecondità, nell’intera Creazione. Tale chiamata costituisce un invito permanente per l’umana libertà, anche se il peccato è sempre pronto ad insidiare questo originario progetto divino.
Per questo motivo, Dio viene incontro all’uomo in Gesù Cristo. Egli, coinvolgendoci nell’evento mirabile della sua Resurrezione, «non redime solo la singola persona ma anche le relazioni sociali»[8] ed opera per un nuovo ordine di rapporti sociali, fondati nella Verità e nell’Amore, che sia lievito fecondo di trasformazione della storia. In tal modo, egli anticipa nel corso del tempo quel Regno dei Cieli che è venuto ad annunciare ed inaugurare con la sua persona.
5. Benché il benessere economico globale si sia certamente accresciuto nel corso della seconda metà del XX secolo, con una misura e una rapidità mai sperimentate prima, occorre però constatare che nello stesso tempo sono aumentate le disuguaglianze tra i vari Paesi e al loro interno[9]. Continua inoltre ad essere ingente il numero delle persone che vive in condizioni di estrema povertà.
La recente crisi finanziaria poteva essere l’occasione per sviluppare una nuova economia più attenta ai principi etici e per una nuova regolamentazione dell’attività finanziaria, neutralizzandone gli aspetti predatori e speculativi e valorizzandone il servizio all’economia reale. Sebbene siano stati intrapresi molti sforzi positivi, a vari livelli, che vanno riconosciuti e apprezzati, non c’è stata però una reazione che abbia portato a ripensare quei criteri obsoleti che continuano a governare il mondo[10]. Anzi, pare talvolta ritornare in auge un egoismo miope e limitato al corto termine che, prescindendo dal bene comune, esclude dai suoi orizzonti la preoccupazione non solo di creare ma anche di diffondere ricchezza e di eliminare le disuguaglianze, oggi così pronunciate.
6. È in gioco l’autentico benessere della maggior parte degli uomini e delle donne del nostro pianeta, i quali rischiano di essere confinati in modo crescente sempre più ai margini, se non di essere «esclusi e scartati»[11] dal progresso e dal benessere reale, mentre alcune minoranze sfruttano e riservano per sé soltanto ingenti risorse e ricchezze, indifferenti alla condizione dei più. É perciò giunta l’ora di dar seguito ad una ripresa di ciò che è autenticamente umano, di allargare gli orizzonti della mente e del cuore, per riconoscere con lealtà ciò che proviene dalle esigenze della verità e del bene, e senza di cui ogni sistema sociale, politico ed economico è destinato alla lunga al fallimento ed all’implosione. É sempre più chiaro che l’egoismo alla fine non paga e fa pagare a tutti un prezzo troppo alto; perciò, se vogliamo il bene reale per gli uomini, «il denaro deve servire e non governare!»[12].
Al riguardo, spetta in primo luogo agli operatori competenti e responsabili elaborare nuove forme di economia e finanza, le cui prassi e regole siano rivolte al progresso del bene comune e rispettose della dignità umana, nel sicuro solco offerto dall’insegnamento sociale della Chiesa. Con questo documento, tuttavia, la Congregazione per la Dottrina della Fede, la cui competenza si estende anche alle questioni di natura morale, in collaborazione con il Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, intende offrire alcune considerazioni di fondo e puntualizzazioni a sostegno di quel progresso ed a difesa di quella dignità[13]. In particolare, si sente la necessità di intraprendere una riflessione etica circa taluni aspetti dell’intermediazione finanziaria, il cui funzionamento, quando è stato slegato da adeguati fondamenti antropologici e morali, non solo ha prodotto palesi abusi ed ingiustizie, ma si è anche rivelato capace di creare crisi sistemiche e di portata mondiale. Si tratta di un discernimento offerto a tutti gli uomini e le donne di buona volontà.
II. Elementari considerazioni di fondo
7. Alcune elementari considerazioni risultano oggi evidenti agli occhi di tutti coloro che, al di là di ogni teoria o scuola di pensiero - nelle cui legittime discussioni tale documento non intende intervenire ed al cui dialogo vuol anzi contribuire, insieme alla consapevolezza che, comunque, non esistono ricette economiche valide universalmente ed in ogni momento - intendano lealmente prendere atto della situazione storica in cui viviamo.
8. Ogni realtà ed attività umana, se vissuta nell’orizzonte di un’etica adeguata, cioè nel rispetto della dignità umana ed orientandosi al bene comune, è positiva. Questo vale per tutte le istituzioni a cui dà vita la socialità umana ed anche per i mercati, ad ogni livello, compresi quelli finanziari.
A questo proposito occorre rimarcare che anche quei sistemi a cui danno vita i mercati, prima ancora che reggersi su anonime dinamiche, elaborate grazie a tecnologie sempre più sofisticate, si fondano su relazioni che non potrebbero essere instaurate senza il coinvolgimento della libertà di singoli uomini. È chiaro allora che la stessa economia, come ogni altro ambito umano, «ha bisogno dell'etica per il suo corretto funzionamento; non di un'etica qualsiasi, bensì di un'etica amica della persona»[14].
9. Risulta quindi palese che senza un’adeguata visione dell’uomo non è possibile fondare né un’etica né una prassi all’altezza della sua dignità e di un bene che sia realmente comune. Di fatto, per quanto si proclami neutrale o avulsa da ogni concezione di fondo, ogni azione umana - anche in ambito economico - implica comunque una comprensione dell’uomo e del mondo, che rivela la sua positività o meno attraverso gli effetti e lo sviluppo che produce.
In questo senso, la nostra epoca ha rivelato il fiato corto di una visione dell’uomo individualisticamente inteso, prevalentemente consumatore, il cui profitto consisterebbe anzitutto in una ottimizzazione dei suoi guadagni pecuniari. La persona umana possiede infatti peculiarmente un’indole relazionale ed una razionalità alla perenne ricerca di un guadagno e di un benessere che siano interi, non riducibili ad una logica di consumo o agli aspetti economici della vita[15].
Tale fondamentale indole relazionale dell’uomo[16] è connotata in modo essenziale da una razionalità che resiste ad ogni riduzione reificante delle sue esigenze di fondo. A tal proposito, non è più possibile tacere che oggi vi è la tendenza a reificare ogni scambio di “beni”, riducendolo a mero scambio di “cose”.
In realtà, è evidente che nella trasmissione di beni fra soggetti vi è in gioco sempre più di qualcosa di materiale, dato che i beni materiali sono spesso veicolo di altri beni immateriali, la cui concreta presenza o assenza determina in modo decisivo anche la qualità degli stessi rapporti economici (ad esempio fiducia, equità, cooperazione...). Proprio a questo livello si può cogliere bene che la logica del dono senza contropartita non è alternativa ma inseparabile e complementare a quella dello scambio di equivalenti[17].
10. É facile scorgere i vantaggi derivanti da una visione dell’uomo inteso come soggetto costitutivamente inserito in una trama di relazioni che sono in sé una risorsa positiva[18]. Ogni persona nasce all’interno di un ambito familiare, vale a dire già all’interno di relazioni che la precedono, senza le quali sarebbe impossibile il suo stesso esistere. Essa sviluppa poi le tappe della sua esistenza sempre grazie a legami che attuano il suo porsi nel mondo come libertà continuamente condivisa. Sono proprio questi legami originari che rivelano l’uomo come essere relazionato ed essenzialmente connotato da ciò che la Rivelazione cristiana chiama “comunione”.
Questo originario carattere comunionale, mentre evidenzia in ogni persona umana una traccia di affinità con quel Dio che lo crea e che lo chiama ad una relazione di comunione con sé, è anche ciò che lo orienta naturalmente alla vita comunitaria, luogo fondamentale per la sua compiuta realizzazione. Proprio il riconoscimento di questo carattere, come elemento originariamente costitutivo della nostra identità umana, consente di guardare agli altri non anzitutto come a potenziali concorrenti, bensì come a possibili alleati nella costruzione di un bene che non è autentico se non riguarda tutti e ciascuno nello stesso tempo.
Tale antropologia relazionale aiuta l’uomo anche a riconoscere la validità di strategie economiche che mirino anzitutto alla qualità globale della vita raggiunta, prima ancora che all’accrescimento indiscriminato dei profitti, ad un benessere che se vuol essere tale è sempre integrale, di tutto l’uomo e di tutti gli uomini. Nessun profitto è infatti legittimo quando vengono meno l’orizzonte della promozione integrale della persona umana, della destinazione universale dei beni e dell’opzione preferenziale per i poveri[19]. Sono questi tre principi che si implicano e richiamano necessariamente l’un l’altro nella prospettiva della costruzione di un mondo che sia più equo e solidale.
Per tale motivo, ogni progresso del sistema economico non può considerarsi tale se misurato solo su parametri di quantità e di efficacia nel produrre profitto, ma va commisurato anche sulla base della qualità della vita che produce e dell’estensione sociale del benessere che diffonde, un benessere che non si può limitare solo ai suoi aspetti materiali. Ogni sistema economico legittima la sua esistenza non solo mediante la mera crescita quantitativa degli scambi, bensì documentando soprattutto la sua capacità di produrre sviluppo per tutto l’uomo e per ciascun uomo. Benessere e sviluppo si esigono e sostengono a vicenda[20], richiedendo politiche e prospettive sostenibili ben oltre il breve periodo[21].
A questo proposito, è auspicabile che specialmente le istituzioni universitarie e le business schools, all’interno dei loro curricula di studi, in un senso non marginale o accessorio bensì fondativo, prevedano dei corsi di formazione che educhino a comprendere l’economia e la finanza alla luce di una visione dell’uomo completa, non ridotta ad alcune sue dimensioni, e di un’etica che la esprima. Un grande aiuto in tal senso è offerto, ad esempio, dalla Dottrina sociale della Chiesa.
11. Il benessere va perciò valutato con criteri ben più ampi della produzione interna lorda di un Paese (PIL), tenendo invece conto anche di altri parametri, quali ad esempio la sicurezza, la salute, la crescita del “capitale umano”, la qualità della vita sociale e del lavoro. E il profitto va sempre perseguito ma mai “ad ogni costo”, né come referente totalizzante dell’azione economica.
Qui risulta paradigmatica l’importanza di parametri umanizzanti, di forme culturali e di mentalità in cui la gratuità - vale a dire la scoperta e l’attuazione del vero e del giusto come beni in sé - diviene la norma di ciò che è calcolato[22], ed in cui guadagno e solidarietà non sono più antagonisti. Infatti, laddove l’egoismo e gli interessi di parte prevalgono, è difficile per l’uomo scorgere quella circolarità feconda fra guadagno e dono che il peccato tende a offuscare e spezzare. Mentre, in una prospettiva pienamente umana, si instaura un circolo virtuoso fra profitto e solidarietà che, grazie al libero agire dell’uomo, può sprigionare tutte le potenzialità positive dei mercati.
Un richiamo permanente a riconoscere la convenienza umana della gratuità proviene da quella regola formulata da Gesù nel vangelo, chiamata regola d’oro, che ci invita a fare agli altri quello che vorremmo venisse fatto a noi (cf. Mt 7, 12; Lc 6, 31).
12. Ogni attività economica non può sostenersi alla lunga se non è vissuta in un clima di sana libertà d’iniziativa[23]. Oggi è altresì evidente che la libertà di cui godono gli attori economici, se intesa in modo assoluto e distolta dal suo intrinseco riferimento alla verità e al bene, tende però a generare centri di supremazia ed a inclinare verso forme di oligarchia che alla fine nuocciono alla stessa efficienza del sistema economico[24].
Da questo punto di vista, è sempre più facile scorgere come, di fronte al crescente e pervasivo potere di importanti agenti e grandi networks economico-finanziari, coloro che sarebbero deputati all’esercizio del potere politico, spesso disorientati e resi impotenti dalla sovranazionalità di quegli agenti e dalla volatilità dei capitali da questi gestiti, faticano nel rispondere alla loro originaria vocazione di servitori del bene comune, e accade anche che si trasformino in soggetti ancillari di interessi estranei a quel bene[25].
Tutto ciò rende quanto mai urgente una rinnovata alleanza, fra agenti economici e politici, nella promozione di ciò che serve al compiuto sviluppo di ciascuna persona umana e della società tutta, coniugando nel contempo le esigenze della solidarietà con quelle della sussidiarietà[26].
13. In linea di principio, tutte le dotazioni ed i mezzi di cui si avvalgono i mercati per potenziare la loro capacità allocativa, purché non rivolti contro la dignità della persona e non indifferenti al bene comune, sono moralmente ammissibili[27].
Tuttavia è altresì evidente che quel potente propulsore dell’economia che sono i mercati non è in grado di regolarsi da sé[28]: infatti essi non sanno né produrre quei presupposti che ne consentono il regolare svolgimento (coesione sociale, onestà, fiducia, sicurezza, leggi...), né correggere quegli effetti e quelle esternalità che risultano nocivi alla società umana (disuguaglianze, asimmetrie, degrado ambientale, insicurezza sociale, frodi…).
14. Inoltre, al di là del fatto che molti suoi operatori siano singolarmente animati da buone e rette intenzioni, non è possibile ignorare che oggi l’industria finanziaria, a causa della sua pervasività e della sua inevitabile capacità di condizionare e – in un certo senso – di dominare l’economia reale, è un luogo dove gli egoismi e le sopraffazioni hanno un potenziale di dannosità della collettività che ha pochi eguali.
A tal proposito, occorre rimarcare che nel mondo economico-finanziario si verificano delle condizioni in cui alcuni di questi mezzi, benché non immediatamente inaccettabili dal punto di vista etico, configurano però dei casi di immoralità prossima, vale a dire occasioni in cui molto facilmente si generano abusi e raggiri, specie ai danni della controparte meno avvantaggiata. Ad esempio, commercializzare alcuni strumenti finanziari, di per sé leciti, in una situazione di asimmetria, approfittando delle lacune cognitive o della debolezza contrattuale di una delle controparti, costituisce di per sé una violazione della debita correttezza relazionale ed è già una grave infrazione dal punto di vista etico.
Poiché, nella situazione attuale, la complessità di numerosi prodotti finanziari rende tale asimmetria un elemento intrinseco al sistema stesso - e che pone gli acquirenti in una posizione di inferiorità rispetto ai soggetti che li commercializzano - da più parti è stato richiesto il superamento del tradizionale principio di caveat emptor. Tale principio, in base al quale incomberebbe anzitutto sul compratore la responsabilità di accertare la qualità del bene acquisito, presuppone infatti una parità nella capacità di tutelare i propri interessi da parte dei contraenti. La qual cosa di fatto oggi in molti casi non esiste, sia per l'evidente rapporto gerarchico che viene ad instaurarsi in alcuni tipi di contratti (ad esempio fra mutuante e mutuatario), sia per la complessa strutturazione di numerose offerte finanziarie.
15. Anche il denaro è di per sé uno strumento buono, come molte cose di cui l’uomo dispone: è un mezzo a disposizione della sua libertà e serve ad allargare le sue possibilità. Questo mezzo può però ritorcersi facilmente contro l’uomo. Così anche la finanziarizzazione del mondo imprenditoriale, consentendo alle imprese di accedere al denaro mediante l’ingresso nel mondo della libera contrattazione della borsa, è di per sé positivo. Tale fenomeno, tuttavia, rischia oggi di accentuare anche una cattiva finanziarizzazione dell’economia, facendo sì che la ricchezza virtuale, concentrandosi soprattutto in transazioni caratterizzate dal mero intento speculativo ed in negoziazioni ad alta frequenza (high frequency trading), attiri a sé eccessive quantità di capitali, sottraendoli in tal modo ai circuiti virtuosi dell’economia reale[29].
Ciò che più di un secolo fa era stato preconizzato, si è oggi tristemente avverato: la rendita da capitale insidia ormai da vicino, e rischia di soppiantare, il reddito da lavoro, spesso confinato ai margini dei principali interessi del sistema economico. Ne consegue il fatto che il lavoro stesso, con la sua dignità, non solo divenga una realtà sempre più a rischio, ma perda altresì la sua qualifica di “bene” per l’uomo[30], trasformandosi in un mero mezzo di scambio all’interno di relazioni sociali rese asimmetriche.
Proprio in questa inversione di ordine fra mezzi e fini, per cui il lavoro da bene diviene “strumento” e il denaro da mezzo diviene “fine”, trova un fertile terreno quella spregiudicata ed amorale “cultura dello scarto” che ha emarginato grandi masse di popolazione, privandole di un lavoro degno e rendendole così «senza prospettive e senza vie di uscita»: «Non si tratta più semplicemente del fenomeno dello sfruttamento e dell’oppressione, ma di qualcosa di nuovo: con l’esclusione resta colpita, nella sua stessa radice, l’appartenenza alla società in cui si vive, dal momento che in essa non si sta nei bassifondi, nella periferia, o senza potere, bensì si sta fuori. Gli esclusi non sono “sfruttati” ma rifiuti, “avanzi”»[31].
16. A tal proposito, come non pensare all’insostituibile funzione sociale del credito, la cui prestazione incombe in primo luogo ad abilitati ed affidabili intermediatori finanziari. In questo ambito, appare chiaro che applicare tassi d’interesse eccessivamente elevati, di fatto non sostenibili dai soggetti prenditori di fondi, rappresenta un’operazione non solo illegittima sotto il profilo etico ma anche disfunzionale alla sanità del sistema economico. Da sempre, simili pratiche, nonché comportamenti di fatto usurari, sono stati avvertiti dalla coscienza umana come iniqui e dal sistema economico come avversi al suo buon funzionamento.
Qui l’attività finanziaria rivela la sua primaria vocazione di servizio all’economia reale, chiamata com’è a creare valore, con mezzi moralmente leciti, ed a favorire una smobilitazione dei capitali allo scopo di generare una circolarità virtuosa di ricchezza[32]. Ad esempio, assai positive in tal senso, e da favorire, sono realtà quali il credito cooperativo, il microcredito, così come il credito pubblico a servizio delle famiglie, delle imprese, delle comunità locali e il credito di aiuto ai Paesi in via di sviluppo.
Mai come in questo ambito, in cui il denaro può manifestare tutte le sue potenzialità positive, appare chiaro che non è legittimo, dal punto di vista etico, esporre a indebito rischio il credito derivante dalla società civile utilizzandolo per scopi prevalentemente speculativi.
17. Un fenomeno inaccettabile sotto il profilo etico, non è il semplice guadagno ma l’avvalersi di un’asimmetria a proprio vantaggio per generare notevoli profitti a danno di altri; è lucrare sfruttando la propria posizione dominante con ingiusto svantaggio altrui o arricchirsi generando nocumento o turbative al benessere collettivo[33].
Tale prassi risulta particolarmente deplorevole dal punto di vista morale, quando il mero intento di guadagno da parte di pochi - magari di importanti fondi di investimento - mediante l’azzardo di una speculazione[34] volta a provocare artificiosi ribassi dei prezzi di titoli del debito pubblico, non si cura di influenzare negativamente o di aggravare la situazione economica di interi Paesi, mettendo a repentaglio non solo progetti pubblici di risanamento ma la stessa stabilità economica di milioni di famiglie, costringendo nel contempo le autorità governative ad intervenire con ingenti quantità di denaro pubblico, e giungendo perfino a determinare artificiosamente il corretto funzionamento dei sistemi politici.
L’intento speculativo, specie in ambito economico-finanziario, rischia oggi di soppiantare tutti gli altri principali intenti che sostanziano l’umana libertà. Questo fatto sta usurando l’immenso patrimonio di valori che fonda la nostra società civile come luogo di pacifica convivenza, di incontro, di solidarietà, di rigenerante reciprocità e di responsabilità in vista del bene comune. In questo contesto, parole quali “efficienza”, “competizione”, “leadership”, “merito”, tendono ad occupare tutto lo spazio della nostra cultura civile, assumendo un significato che finisce per impoverire la qualità degli scambi, ridotta a meri coefficienti numerici.
La qual cosa esige che sia intrapresa anzitutto una riscossa dell’umano, per riaprire gli orizzonti a quell’eccedenza di valori che sola permette all’uomo di ritrovare sé stesso, di costruire società che siano dimore ospitali ed inclusive, in cui vi è spazio per i più deboli e in cui la ricchezza viene utilizzata anche a vantaggio di tutti. Insomma, luoghi in cui per l’uomo è bello vivere ed è facile sperare.
III. Alcune puntualizzazioni nel contesto odierno
18. Allo scopo di offrire concreti e specifici orientamenti etici a tutti gli agenti economici e finanziari - da cui proviene sempre più una richiesta in tal senso - si intendono ora formulare alcune puntualizzazioni, in vista di un discernimento che tenga aperte le vie verso ciò che rende l’uomo davvero uomo e gli impedisca di mettere a repentaglio la sua dignità ed il bene comune[35].
19. Il mercato, grazie ai progressi della globalizzazione e della digitalizzazione, può essere paragonato ad un grande organismo, nelle cui vene scorrono, come linfa vitale, ingentissime quantità di capitali. Prendendo a prestito quest’analogia possiamo dunque parlare anche di una “sanità” di tale organismo, quando i suoi mezzi ed apparati realizzano una buona funzionalità del sistema, in cui crescita e diffusione della ricchezza vanno di pari passo. Una sanità del sistema che dipende dalla sanità delle singole azioni che vi vengono attuate. In presenza di una simile sanità del sistema-mercato è più facile che siano rispettati e promossi anche la dignità degli uomini ed il bene comune.
Correlativamente, tutte le volte che vengono introdotti e diffusi degli strumenti economico-finanziari non affidabili, i quali mettono in serio pericolo la crescita e la diffusione della ricchezza, creando anche criticità e rischi sistemici, si può parlare di una “intossicazione” di quell’organismo.
Si comprende così l’esigenza, oggi sempre più avvertita, di introdurre una certificazione da parte dell’autorità pubblica nei confronti di tutti i prodotti che provengono dall’innovazione finanziaria, allo scopo di preservare la sanità del sistema e prevenire effetti collaterali negativi. Favorire la sanità ed evitare l’inquinamento, anche dal punto di vista economico, è un imperativo morale ineludibile per tutti gli attori impegnati nei mercati. Anche questa esigenza mostra quanto sia urgente un coordinamento sovra-nazionale fra le diverse architetture dei sistemi finanziari locali[36].
20. Tale sanità si nutre di una molteplicità e diversità delle risorse che viene a costituire una sorta di “biodiversità” economica e finanziaria. La biodiversità rappresenta un valore aggiunto al sistema economico e va favorita e salvaguardata anche attraverso adeguate politiche economico-finanziarie, allo scopo di assicurare ai mercati la presenza di una pluralità di soggetti e strumenti sani, con ricchezza e diversità di caratteri; e ciò sia in positivo, sostenendone l’azione, sia in negativo, ostacolando tutti coloro che invece deteriorano la funzionalità del sistema che produce e diffonde ricchezza.
A questo proposito, occorre rimarcare che nel compito di produrre in modo sano del valore aggiunto all’interno dei mercati, una singolare funzione è realizzata dalla cooperazione. Una leale ed intensa sinergia degli agenti facilmente ottiene quell’eccedenza di valore a cui mira ogni attuazione economica[37].
Quando l’uomo riconosce la fondamentale solidarietà che lo lega a tutti gli altri uomini, sa bene che non può trattenere solo per sé i beni di cui dispone. Quando egli vive abitualmente nella solidarietà, i beni di cui dispone sono utilizzati non solo per i propri bisogni ed essi si moltiplicano, portando spesso un frutto inatteso anche per gli altri[38]. Proprio qui si può rilevare chiaramente come la condivisione non sia «solo divisione ma anche moltiplicazione dei beni, creazione di nuovo pane, di nuovi beni, di nuovo Bene con la maiuscola»[39].
21. L’esperienza degli ultimi decenni ha mostrato con evidenza, da una parte, quanto sia ingenua la fiducia in una presunta autosufficienza allocativa dei mercati, indipendente da qualunque etica, e dall’altra, l'impellente necessità di una loro adeguata regolazione, che coniughi nello stesso tempo libertà e tutela di tutti i soggetti che vi operano in regime di una sana e corretta interazione, specialmente dei più vulnerabili. In questo senso, poteri politici e poteri economico-finanziari devono sempre rimanere distinti ed autonomi e nello stesso tempo essere finalizzati, al di là di ogni nociva contiguità, alla realizzazione di un bene che è tendenzialmente comune e non riservato solo a pochi e privilegiati soggetti[40].
Tale regolazione è resa ancor più necessaria sia dalla constatazione che fra i principali motivi della recente crisi economica vi sono anche condotte immorali di esponenti del mondo finanziario, sia dal fatto che la dimensione ormai sovra-nazionale del sistema economico consente di aggirare facilmente le regole stabilite dai singoli Paesi. Inoltre, l’estrema volatilità e mobilità dei capitali impiegati nel mondo finanziario permette a chi ne dispone di operare agevolmente al di là di ogni norma che non sia quella di un profitto immediato, spesso ricattando da una posizione di forza anche il potere politico di turno.
Perciò è chiaro che i mercati abbisognano di solidi e robusti orientamenti, sia macro-prudenziali che normativi, il più possibile condivisi ed uniformi; e di regole da aggiornare in continuazione, poiché la realtà stessa dei mercati è in continuo movimento. Simili orientamenti devono garantire un serio controllo dell’affidabilità e della qualità di tutti i prodotti economico-finanziari, specialmente di quelli più strutturati. E quando la velocità dei processi di innovazione produce eccessivi rischi sistemici, occorre che gli operatori economici accettino quei vincoli e quei freni che il bene comune esige, senza tentare di aggirarne o sminuirne la portata.
Importante, a questo riguardo, attesa l’attuale globalizzazione del sistema finanziario, è un coordinamento stabile, chiaro ed efficace, fra le varie autorità nazionali di regolazione dei mercati, con la possibilità e, a volte, anche la necessità di condividere con tempestività delle decisioni vincolanti quando ciò sia richiesto dalla messa in pericolo del bene comune. Tali autorità di regolazione devono sempre rimanere indipendenti e vincolate alle esigenze dell’equità e del bene comune. Le comprensibili difficoltà, a tal proposito, non devono scoraggiare dalla ricerca e dall’attuazione di simili sistemi normativi, che vanno concertati fra i vari Paesi ma la cui portata deve certo essere anche sovranazionale[41].
Le regole devono favorire una completa trasparenza di ciò che viene negoziato, allo scopo di eliminare ogni forma di ingiustizia e sperequazione, garantendo il più possibile un equilibrio negli scambi. Tanto più che la concentrazione asimmetrica di informazioni e potere tende a rafforzare i soggetti economici più forti, creando egemonie capaci di influenzare unilateralmente non solo i mercati ma anche gli stessi sistemi politici e normativi. Fra l’altro, laddove è stata praticata una massiva deregulation è risultato evidente che gli spazi di vuoto normativo e istituzionale rappresentano luoghi favorevoli non solo all’azzardo morale e alla malversazione ma anche al sorgere di esuberanze irrazionali dei mercati - a cui seguono dapprima bolle speculative e, poi, repentini e rovinosi crolli - e di crisi sistemiche[42].
22. Un grande aiuto, allo scopo di evitare crisi sistemiche, sarebbe delineare una chiara definizione e separazione, per gli intermediatori bancari di credito, dell’ambito dell’attività di gestione del credito ordinario e del risparmio da quello destinato all’investimento e al mero business[43]. Tutto ciò allo scopo di evitare il più possibile situazioni di instabilità finanziaria.
Una sanità del sistema finanziario esige inoltre la massima informazione possibile, così che ogni soggetto possa tutelare in piena e consapevole libertà i suoi interessi: è infatti importante sapere se i propri capitali vengono impiegati a fini speculativi o meno, così come conoscere chiaramente il grado di rischio e la congruità del prezzo dei prodotti finanziari che si sottoscrivono. Tanto più che solitamente il risparmio, specie quello familiare, è un bene pubblico da tutelare e cerca un’ottimizzazione avversa al rischio. Lo stesso risparmio, quando viene affidato alle mani esperte dei consulenti finanziari, esige di essere ben amministrato e non semplicemente gestito.
Sono da segnalare, fra i comportamenti moralmente criticabili nella gestione del risparmio da parte dei consulenti finanziari: una eccessiva movimentazione del portafoglio dei titoli allo scopo prevalente di accrescere i ricavi derivanti dalle commissioni per l’intermediario; un venir meno della debita terzietà nell’offerta di strumenti di risparmio, in regime di comparaggio con alcune banche, quando prodotti di altri meglio si attaglierebbero alle esigenze del cliente; la mancanza di un’adeguata diligenza, o addirittura una negligenza dolosa, da parte dei consulenti, circa la tutela degli interessi relativi al portafoglio dei propri clienti; la concessione di un finanziamento, da parte di un intermediatore bancario, in via subordinata alla contestuale sottoscrizione di altri prodotti finanziari emessi dal medesimo, magari non convenienti al cliente.
23. Ogni impresa costituisce un’importante rete di relazioni e, a suo modo, rappresenta un vero corpo sociale intermedio, con una sua propria cultura e prassi. Tali cultura e prassi, mentre determinano l’organizzazione interna all’impresa, influiscono altresì sul tessuto sociale nel quale essa agisce. Proprio a questo livello, la Chiesa richiama l’importanza di una responsabilità sociale dell’impresa[44], la quale si esplicita sia ad extra che ad intra della medesima.
In tal senso, laddove il mero profitto viene collocato al vertice della cultura di un’impresa finanziaria, ignorando le contemporanee esigenze del bene comune - la qual cosa oggi è segnalata come fatto assai diffuso anche in prestigiose business schools - ogni istanza etica viene di fatto percepita come estrinseca e giustapposta all’azione imprenditoriale. Ciò è tanto più accentuato dal fatto che, in tali logiche organizzative, coloro che non si adeguano a target aziendali di questo tipo, vengono penalizzati sia a livello retributivo che a quello del riconoscimento professionale. In questi casi, lo scopo del mero lucro genera facilmente una logica perversa e selettiva che spesso favorisce l’avanzamento ai vertici aziendali di soggetti capaci ma avidi e spregiudicati, la cui azione sociale è spinta prevalentemente da un egoistico tornaconto personale.
Inoltre, tali logiche hanno sovente spinto i management a realizzare politiche economiche volte non ad incrementare la sanità economica delle aziende che servivano ma i meri profitti degli azionisti (shareholders), danneggiando così i legittimi interessi di cui sono portatori tutti coloro che con il loro lavoro e servizio operano a vantaggio della medesima impresa, nonché i consumatori e le varie comunità locali (stakeholders). Ciò, spesso incentivato da ingenti remunerazioni proporzionate a risultati immediati di gestione, per di più non controbilanciate da equivalenti penalizzazioni in caso di fallimento degli obiettivi, che, se nel breve periodo assicurano grandi guadagni a manager e azionisti, finiscono poi per spingere a prese di rischio eccessive e per lasciare le imprese debilitate e depauperate di quelle energie economiche che avrebbero loro assicurato adeguate prospettive per il futuro.
Tutto ciò facilmente genera e diffonde una cultura profondamente amorale - in cui spesso non si esita a commettere un reato quando i benefici previsti eccedono le penalità attese - ed inquina gravemente la sanità di ogni sistema economico-sociale, mettendone a repentaglio la funzionalità e nuocendo alla fattiva realizzazione di quel bene comune su cui si fonda necessariamente ogni forma di socialità.
Risulta perciò urgente una sincera autocritica al riguardo ed una inversione di tendenza, favorendo invece una cultura aziendale e finanziaria che tenga conto di tutti quei fattori che costituiscono il bene comune. Ciò significa, ad esempio, mettere chiaramente la persona e la qualità delle relazioni fra le persone al centro della cultura aziendale, così che ogni impresa pratichi una forma di responsabilità sociale che non sia meramente occasionale o marginale, bensì innervi ed animi dal di dentro ogni sua azione, orientandola socialmente.
Esattamente qui, la naturale circolarità che esiste fra profitto - fattore intrinsecamente necessario ad ogni sistema economico - e responsabilità sociale - elemento essenziale per la sopravvivenza di ogni forma di civile convivenza - è chiamata a rivelare tutta la sua fecondità, mostrando altresì il nesso indissolubile, che il peccato tende a nascondere, fra un’etica rispettosa delle persone e del bene comune e la reale funzionalità di ogni sistema economico e finanziario. Tale circolarità virtuosa è favorita ad esempio dal perseguimento di una riduzione del rischio di conflitto con gli stakeholders, come dal favorire una maggiore motivazione intrinseca dei dipendenti di un’impresa.
Qui la creazione di valore aggiunto, che è scopo primario del sistema economico-finanziario, deve mostrare fino in fondo la sua praticabilità all’interno di un sistema etico solido proprio perché fondato su di una sincera ricerca del bene comune. Solo dal riconoscimento e dall’attuazione dell’intrinseco legame che esiste fra ragione economica e ragione etica, infatti, può scaturire un bene che sia per tutti gli uomini[45]. Perché anche il mercato, per funzionare bene, ha bisogno di presupposti antropologici ed etici che da solo non è in grado di darsi né di produrre.
24. Se, da una parte, il merito creditizio esige un’oculata attività di selezione per individuare beneficiari effettivamente degni, capaci di innovazione e al riparo da insane collusioni, dall’altra anche le banche, per sostenere adeguatamente i rischi affrontati, devono disporre di convenienti dotazioni patrimoniali, di modo che un’eventuale socializzazione delle perdite sia il più possibile limitata e ricada soprattutto su coloro che ne sono stati effettivamente responsabili.
Certamente, la delicata gestione del risparmio, oltre ad una debita regolazione giuridica, esige anche paradigmi culturali adeguati, insieme alla pratica di un’attenta rivisitazione, anche in prospettiva etica, del rapporto fra banca e cliente e di un continuo presidio della legittimità di tutte le operazioni che lo riguardano.
Un’interessante proposta, volta a procedere nella suddetta direzione e da sperimentare, sembra quella relativa all’istituzione di Comitati etici, in seno alle banche, da affiancare ai Consigli di Amministrazione. Tutto ciò affinché le banche siano aiutate, non solo a preservare i loro bilanci dalle conseguenze di sofferenze e perdite, e ad una effettiva coerenza fra la mission statutaria e la prassi finanziaria, ma anche a sostenere adeguatamente l’economia reale.
25. La creazione di titoli di credito fortemente rischiosi - che operano di fatto una sorta di creazione fittizia di valore, senza un adeguato quality control ed una corretta valutazione del credito - può arricchire coloro che li intermediano ma crea facilmente insolvenza a danno di chi deve poi riscuoterli; ciò vale tanto più se il peso della criticità di questi titoli, dall’istituto che li emette, viene scaricato sul mercato nel quale sono spalmati e diffusi (cf. ad esempio cartolarizzazione dei mutui subprime), generando intossicazione a largo raggio e difficoltà potenzialmente sistemiche. Un simile inquinamento dei mercati contraddice la necessaria sanità del sistema economico-finanziario ed è inaccettabile dal punto di vista di un’etica rispettosa del bene comune.
Ad ogni titolo di credito deve corrispondere un valore tendenzialmente reale e non solo presunto e difficilmente riscontrabile. In tal senso, si rende sempre più urgente una pubblica regolazione e valutazione super partes dell’operato delle agenzie di rating del credito, con strumenti giuridici che consentano, da una parte, di sanzionarne le azioni distorte e, dall’altra, di impedire il crearsi di situazioni di pericoloso oligopolio da parte di alcune di esse. Ciò tanto più vale in presenza di prodotti del sistema di intermediazione creditizia in cui la responsabilità del credito concesso viene scaricata dal prestatore originario su coloro che ad esso subentrano.
26. Alcuni prodotti finanziari, fra cui i cosiddetti “derivati”, sono stati creati allo scopo di garantire un’assicurazione sui rischi inerenti a determinate operazioni, spesso contenenti anche una scommessa effettuata sulla base del valore presunto attribuito a quei rischi. Alla base di tali strumenti finanziari stanno contratti in cui le parti sono ancora in grado di valutare ragionevolmente il rischio fondamentale su cui ci si vuole assicurare.
Tuttavia, per alcune tipologie di derivati (in particolare le cosiddette cartolarizzazioni o securitizations) si è assistito al fatto che a partire dalle strutture originarie, e collegate ad investimenti finanziari individuabili, venivano costruite strutture sempre più complesse (cartolarizzazioni di cartolarizzazioni), in cui è assai difficile - dopo varie di queste transazioni, quasi impossibile - stabilire in modo ragionevole ed equo il loro valore fondamentale. Ciò significa che ogni passaggio, nella compravendita di questi titoli, al di là del volere delle parti, opera di fatto una distorsione del valore effettivo di quel rischio da cui invece lo strumento dovrebbe tutelare. Tutto questo ha quindi favorito il sorgere di bolle speculative, le quali sono state importanti concause della recente crisi finanziaria.
È evidente che l’aleatorietà sopravvenuta di questi prodotti - la dissolvenza crescente della trasparenza di ciò che assicurano - che nell’operazione originaria ancora non emerge, li rende sempre meno accettabili dal punto di vista di un’etica rispettosa della verità e del bene comune, poiché li trasforma in una sorta di ordigni ad orologeria, pronti a deflagrare prima o poi la loro inattendibilità economica e ad intossicare la sanità dei mercati. Si verifica qui una carenza etica che diviene tanto più grave quanto più tali prodotti sono negoziati sui cosiddetti mercati non regolamentati (over the counter) - esposti più dei mercati regolamentati all’azzardo, quando non alla frode - e sottraggono linfa vitale ed investimenti all’economia reale.
Simile valutazione etica può essere effettuata anche nei confronti di quegli utilizzi dei credit default swap (CDS: i quali sono particolari contratti assicurativi del rischio da fallimento) che permettono di scommettere sul rischio di fallimento di una terza parte anche a chi non ha già assunto in precedenza un rischio di credito, e addirittura di reiterare tali operazioni sul medesimo evento, la qual cosa non è assolutamente consentita dai normali patti di assicurazione.
Il mercato dei CDS, alla vigilia della crisi finanziaria del 2007, era così imponente da rappresentare all'incirca l'equivalente dell'intero PIL mondiale. Il diffondersi senza adeguati limiti di tale tipo di contratti, ha favorito il crescere di una finanza dell'azzardo e della scommessa sul fallimento altrui, che rappresenta una fattispecie inaccettabile dal punto di vista etico.
Infatti l’operatività in acquisto di tali strumenti, da parte di chi non ha alcun rischio di credito già in essere, costituisce un singolare caso in cui dei soggetti iniziano a nutrire interesse per la rovina di altre entità economiche, e possono addirittura indursi ad operare in tal senso.
È evidente che tale possibilità, se da una parte configura un evento particolarmente riprovevole sotto il profilo morale, poiché chi agisce lo fa in vista di una sorta di cannibalismo economico, dall'altra finisce per minare quella necessaria fiducia di base senza cui il circuito economico finirebbe per bloccarsi. Anche in questo caso, possiamo rilevare come un evento negativo dal punto di vista etico, diviene nocivo anche per la sana funzionalità del sistema economico.
È quindi da rimarcare che, quando da simili scommesse possono derivare ingenti danni per interi Paesi e milioni di famiglie, si è di fronte ad azioni estremamente immorali ed appare quindi opportuno estendere i divieti, già presenti in alcuni Paesi, per tale tipologia di operatività, sanzionando con la massima severità tali infrazioni.
27. In un punto nevralgico del dinamismo che regola i mercati finanziari stanno sia il livello (fixing) del tasso d’interesse relativo ai prestiti interbancari (LIBOR), la cui quantificazione funge da tasso d’interesse guida nel mercato monetario, sia i tassi di cambio ufficiali delle diverse valute praticati dalle banche.
Si tratta di parametri importanti che hanno ricadute rilevanti sull’intero sistema economico-finanziario, poiché influiscono su ingenti trasferimenti quotidiani di denaro tra parti che sottoscrivono contratti basati proprio sulla misura di tali tassi. La manipolazione della misura di questi tassi costituisce perciò un caso di grave violazione etica, con conseguenze ad ampio raggio.
Il fatto che ciò sia potuto accadere impunemente per diversi anni mostra quanto sia fragile ed esposto alle frodi un sistema finanziario non sufficientemente controllato da regole e sprovvisto di sanzioni proporzionate alle violazioni in cui incorrono i suoi attori. In questo ambito, la costituzione di veri e propri “cartelli” di connivenza fra quei soggetti che invece erano preposti al corretto fixing del livello di quei tassi costituisce un caso di associazione a delinquere particolarmente nocivo per il bene comune, che infligge una pericolosa ferita alla sanità del sistema economico, da punire con pene adeguate e tali da scoraggiarne la reiterazione.
28. Oggi i principali soggetti che operano nel mondo finanziario, e specialmente le banche, devono essere dotati di organismi interni che garantiscano una funzione di compliance, ovvero di auto-controllo della legittimità dei principali passi del processo decisionale e dei maggiori prodotti offerti dall’impresa. Tuttavia, occorre rilevare che, per lo meno fino ad un passato molto recente, la prassi del sistema economico-finanziario spesso si è fondata in buona sostanza su di un giudizio puramente “negativo” della funzione di compliance, vale a dire su di un ossequio meramente formale dei limiti posti dalle leggi in vigore. Purtroppo da ciò è derivata anche la frequenza di una prassi di fatto elusiva dei controlli normativi, cioè di azioni volte ad aggirare i principi normativi vigenti con la preoccupazione però di non contraddire esplicitamente le norme che li esprimono, allo scopo di non subirne poi le sanzioni.
Per evitare tutto ciò, è dunque necessario che il giudizio di compliance entri nel merito delle diverse operazioni anche in “positivo”, verificando la loro effettiva rispondenza ai principi che informano la normativa vigente. L’operato della funzione in questa modalità, a parere di molti, risulterebbe agevolato qualora si assistesse all’istituzione di Comitati etici, operanti a fianco dei Consigli di amministrazione, che costituirebbero un naturale interlocutore di coloro che debbono garantire, nel concreto operare della banca, la conformità dei comportamenti alle ragioni delle normative in essere.
In tal senso, all’interno dell’azienda occorrerebbe prevedere delle linee guida che consentano di agevolare un simile giudizio di rispondenza, così che si possa discernere quali, fra le operazioni tecnicamente realizzabili sotto il profilo giuridico, siano nei fatti anche legittime e praticabili dal punto di vista etico (questione che si pone, ad esempio, in modo molto rilevante per le pratiche di elusione fiscale). In modo che si passi da un ossequio formale ad uno sostanziale nel rispetto delle regole.
Inoltre, è auspicabile che anche nel sistema normativo regolante il mondo finanziario sia prevista una clausola generale che dichiari illegittimi, con conseguente responsabilizzazione patrimoniale di tutti i soggetti a cui questi sono imputabili, quegli atti il cui fine sia prevalentemente l’aggiramento delle normative vigenti.
29. Non è più possibile ignorare fenomeni quali il diffondersi nel mondo di sistemi bancari collaterali (Shadow banking system), i quali, benché comprendano al loro interno anche tipologie di intermediari la cui operatività non appare immediatamente critica, di fatto hanno determinato una perdita di controllo sul sistema da parte di varie autorità di vigilanza nazionali e quindi, di fatto, hanno favorito in modo sconsiderato l’uso della cosiddetta finanza creativa, nella quale il motivo principale dell'investimento di risorse finanziarie è soprattutto di carattere speculativo, se non predatorio, e non un servizio all'economia reale. Ad esempio, molti convengono che l’esistenza di tali sistemi “ombra” sia una delle principali concause che hanno favorito lo sviluppo e la diffusione globale della recente crisi economico-finanziaria, iniziatasi in USA con quella dei mutui subprime nell’estate del 2007.
30. Proprio di tale intento speculativo si nutre inoltre il mondo della finanza offshore, che, pur offrendo anche altri leciti servizi, mediante gli assai diffusi canali dell’elusione fiscale - quando non addirittura dell’evasione e del riciclaggio di denaro frutto di reati - costituisce un ulteriore impoverimento del normale sistema di produzione e distribuzione di beni e di servizi. È arduo distinguere se molte di tali situazioni diano vita a fattispecie di immoralità prossima o immediata: certamente è ormai evidente che tali realtà, laddove sottraggono ingiustamente linfa vitale all’economia reale, difficilmente possono trovare una legittimazione, sia dal punto di vista etico, sia dal punto di vista dell’efficienza globale dello stesso sistema economico.
Anzi, sempre più pare evidente un non trascurabile grado di correlazione fra comportamenti non etici degli operatori e ed esiti fallimentari del sistema nel suo complesso: è ormai innegabile che le carenze etiche esacerbano le imperfezioni dei meccanismi del mercato[46].
Nella seconda metà del secolo scorso, nasce il mercato offshore degli eurodollari, luogo finanziario di scambi al di fuori di ogni quadro normativo ufficiale. Mercato che da un importante Paese europeo si è poi diffuso in altri Paesi del mondo, dando luogo ad una vera e propria rete finanziaria, alternativa al sistema finanziario ufficiale, ed a giurisdizioni che la proteggevano.
Al riguardo, occorre dire che se la ragione formale che viene addotta, per legittimare la presenza delle sedi offshore, è quella di permettere agli investitori istituzionali di non subire una doppia tassazione, dapprima nel Paese della loro residenza e poi nel Paese dove i fondi sono domiciliati, in realtà quei luoghi sono a tutt'oggi divenuti in misura rilevante occasione di operazioni finanziarie sovente border line, quando non beyond the pale, sia dal punto di vista della loro liceità sotto il profilo normativo, sia da quello etico, vale a dire di una cultura economica sana ed esente da meri intenti di elusione fiscale.
Oggi più della metà del commercio mondiale viene effettuato da grandi soggetti che abbattono il proprio carico fiscale spostando i ricavi da una sede all'altra, a seconda di quanto loro convenga, trasferendo i profitti nei paradisi fiscali e i costi nei Paesi ad elevata imposizione tributaria. Appare chiaro che tutto ciò ha sottratto risorse decisive all’economia reale e contribuito a generare sistemi economici fondati sulla disuguaglianza. Inoltre, non è possibile tacere che quelle sedi offshore, in più occasioni sono divenute luoghi abituali per il riciclaggio di denaro "sporco", vale a dire frutto di proventi illeciti (furti, frodi, corruzioni, associazioni a delinquere, mafia, bottini di guerra…).
In tal modo, dissimulando il fatto che le operazioni cosiddette offshore non avvenivano sulle loro piazze finanziarie ufficiali, alcuni Stati hanno consentito che si traesse profitto persino da reati, sentendosene tuttavia deresponsabilizzati poiché non realizzati formalmente sotto la loro giurisdizione. La qual cosa rappresenta, dal punto di vista morale, un'evidente forma di ipocrisia.
In breve tempo, tale mercato è divenuto il luogo di maggior transito di capitali, poiché la sua configurazione rappresenta una via facile per realizzare diverse e importanti forme di elusione fiscale. Si comprende allora che la domiciliazione offshore di molti e importanti società impegnate nel mercato risulta assai ambita e praticata.
31. Certamente, il sistema tributario approntato dagli Stati non sembra sempre equo; a tal proposito, occorre rilevare come tale iniquità va spesso a discapito dei soggetti economici più deboli ed a vantaggio di quelli più attrezzati e in grado di influire persino sui sistemi normativi che regolano gli stessi tributi. In realtà, un'imposizione dei tributi, quando è equa, svolge una fondamentale funzione perequativa e di redistribuzione della ricchezza, non solo in favore di coloro che necessitano opportune sovvenzioni, ma anche per sostenere gli investimenti e la crescita dell'economia reale.
In ogni caso, proprio l'elusione fiscale da parte dei principali attori che si muovono sui mercati, specie dei grandi intermediari finanziari, rappresentando un'ingiusta sottrazione di risorse all'economia reale, è un danno per tutta la società civile.
Attesa la non trasparenza di quei sistemi, è difficile stabilire con precisione l'ammontare dei capitali che transitano in essi; tuttavia è stato calcolato che basterebbe una minima tassa sulle transazioni compiute offshore per risolvere buona parte del problema della fame nel mondo: perché non intraprendere con coraggio la via di una simile iniziativa?
Inoltre, è stato accertato che l'esistenza delle sedi offshore ha favorito altresì un enorme deflusso di capitali da molti Paesi a basso reddito, generando numerose crisi politiche ed economiche e impedendo ad essi di intraprendere finalmente la via della crescita e di un sano sviluppo.
A tal proposito, è da segnalare che, più volte, diverse istituzioni internazionali hanno denunciato tutto ciò e non pochi governi nazionali hanno giustamente cercato di limitare la portata delle piazze finanziarie offshore. Vi sono stati anche molti sforzi positivi in tal senso, specialmente negli ultimi dieci anni. Non si è tuttavia riusciti finora ad imporre accordi e normative adeguatamente efficaci in tal senso; gli schemi normativi proposti in materia anche da autorevoli organizzazioni internazionali sono anzi stati spesso inapplicati o resi inefficaci, a motivo delle notevoli influenze che quelle piazze riescono ad esercitare, attesi gli ingenti capitali di cui dispongono, nei confronti di tanti poteri politici.
Tutto ciò, mentre costituisce un grave danno alla buona funzionalità dell'economia reale, rappresenta una struttura che, così come oggi è configurata, risulta del tutto inaccettabile dal punto di vista etico. È quindi necessario ed urgente che a livello internazionale siano approntati opportuni rimedi a tali iniqui sistemi; anzitutto praticando ad ogni livello la trasparenza finanziaria (ad esempio con l’obbligo di rendicontazione pubblica, per le aziende multinazionali, delle rispettive attività e delle imposte versate in ciascun Paese in cui operano tramite proprie società sussidiarie); ed anche con incisive sanzioni da comminare nei confronti di quei Paesi che reiterano le prassi disoneste (evasione ed elusione fiscale, riciclaggio di denaro sporco) di cui sopra.
32. Il sistema offshore, specie per i Paesi le cui economie sono meno sviluppate, ha finito per aggravare il loro debito pubblico. È stato infatti rilevato come la ricchezza privata accumulata nei paradisi fiscali da alcune élite ha quasi eguagliato il debito pubblico dei rispettivi Paesi. Ciò evidenzia altresì come, di fatto, all’origine di quel debito vi siano sovente dei passivi economici generati da soggetti privati e poi scaricati sulle spalle del sistema pubblico. Fra l’altro, è noto che importanti soggetti economici tendono a perseguire stabilmente, spesso con la connivenza dei politici, una prassi di socializzazione delle perdite.
Tuttavia è bene rilevare come il debito pubblico spesso è anche generato da una malaccorta - quando non dolosa - gestione del sistema amministrativo pubblico. Tale debito, vale a dire l’insieme delle passività finanziarie che pesa sugli Stati, rappresenta oggi uno dei maggiori ostacoli al buon funzionamento ed alla crescita delle varie economie nazionali. Numerose economie nazionali sono infatti appesantite dal dover far fronte al pagamento degli interessi che provengono da quel debito e devono perciò doverosamente intraprendere degli aggiustamenti strutturali a tale scopo.
Di fronte a tutto ciò, da una parte, i singoli Stati sono chiamati a correre ai ripari con adeguate gestioni del sistema pubblico mediante sagge riforme strutturali, assennate ripartizioni delle spese ed oculati investimenti; dall’altra parte, a livello internazionale, pur mettendo ogni Paese di fronte alle sue ineludibili responsabilità, occorre anche consentire e favorire delle ragionevoli vie d’uscita dalle spirali del debito, non mettendo sulle spalle degli Stati - e quindi sulle spalle dei loro concittadini, vale a dire di milioni di famiglie - degli oneri che di fatto risultano insostenibili.
Ciò anche mediante politiche di ragionevole e concordata riduzione del debito pubblico, specie quando questo è detenuto da soggetti di tale consistenza economica da essere in grado di offrirla[47]. Simili soluzioni sono richieste sia dalla sanità del sistema economico internazionale, al fine di evitare il contagio di crisi potenzialmente sistemiche, sia dal perseguimento del bene comune dei popoli nel loro insieme.
33. Tutto ciò di cui abbiamo parlato finora non è soltanto opera di entità che agiscono fuori dal nostro controllo ma ricade anche nella sfera delle nostre responsabilità. Questo significa che abbiamo a nostra disposizione strumenti importanti per poter contribuire alla soluzione di tanti problemi. Ad esempio, i mercati vivono grazie alla domanda ed all’offerta di beni: a questo proposito, ciascuno di noi può influire in modo decisivo almeno nel dar forma a quella domanda.
Risulta pertanto quanto mai importante un esercizio critico e responsabile del consumo e dei risparmi. Fare la spesa, impegno quotidiano con cui ci dotiamo anzitutto del necessario per vivere, è altresì una forma di scelta che operiamo fra i vari prodotti che il mercato offre. É una scelta con cui optiamo sovente in modo non consapevole per beni la cui produzione avviene magari attraverso filiere in cui è normale la violazione dei più elementari diritti umani o grazie all’opera di aziende la cui etica di fatto non conosce altri interessi al di fuori di quelli del profitto ad ogni costo dei loro azionisti.
Occorre orientarci alla scelta di quei beni alle cui spalle sta un percorso degno dal punto di vista etico, poiché anche attraverso il gesto, apparentemente banale, del consumo noi esprimiamo nei fatti un’etica e siamo chiamati a prendere posizione di fronte a ciò che giova o nuoce all’uomo concreto. Qualcuno ha parlato a questo proposito di “voto col portafoglio”: si tratta infatti di votare quotidianamente nei mercati a favore di ciò che aiuta il benessere reale di noi tutti e di rigettare ciò che ad esso nuoce[48].
Medesime considerazioni devono farsi anche nei confronti della gestione dei propri risparmi, ad esempio indirizzandoli verso quelle aziende che operano con chiari criteri, ispirati ad un’etica rispettosa di tutto l’uomo e di tutti gli uomini ed in un orizzonte di responsabilità sociale[49]. E, più in generale, ciascuno è chiamato a coltivare pratiche di produzione della ricchezza che siano consoni alla nostra indole relazionale e protese ad uno sviluppo integrale della persona.
IV. Conclusione
34. Davanti all’imponenza e pervasività degli odierni sistemi economico-finanziari, potremmo essere tentati di rassegnarci al cinismo ed a pensare che con le nostre povere forze possiamo fare ben poco. In realtà, ciascuno di noi può fare molto, specialmente se non rimane solo.
Numerose associazioni provenienti dalla società civile rappresentano in tal senso una riserva di coscienza e di responsabilità sociale di cui non possiamo fare a meno. Oggi più che mai, siamo tutti chiamati a vigilare come sentinelle della vita buona ed a renderci interpreti di un nuovo protagonismo sociale, improntando la nostra azione alla ricerca del bene comune e fondandola sui saldi principi della solidarietà e della sussidiarietà.
Ogni gesto della nostra libertà, anche se può apparire fragile ed insignificante, se davvero orientato al bene autentico, si appoggia a Colui che è Signore buono della storia, e diviene parte di una positività che supera le nostre povere forze, unendo indissolubilmente tutti gli atti di buona volontà in una rete che collega cielo e terra, vero strumento di umanizzazione dell’uomo e del mondo. È questo ciò di cui abbiamo bisogno per vivere bene e per nutrire una speranza che sia all’altezza della nostra dignità di persone umane.
La Chiesa, Madre e Maestra, consapevole di aver ricevuto in dono un deposito immeritato, offre agli uomini e alle donne di ogni tempo le risorse per una speranza affidabile. Maria, Madre del Dio fatto uomo per noi, prenda per mano i nostri cuori e li guidi nella sapiente costruzione di quel bene che suo figlio Gesù, mediante la sua umanità resa nuova dallo Spirito Santo, è venuto ad inaugurare per la salvezza del mondo.
Il Sommo Pontefice Francesco, nell’Udienza concessa al sottoscritto Segretario della Congregazione per la Dottrina della Fede, ha approvato queste Considerazioni, decise nella Sessione Ordinaria di questo Dicastero, e ne ha ordinato la pubblicazione.
Dato a Roma il 6 gennaio 2018, Solennità dell’Epifania del Signore.
+ Luis F. Ladaria, S.I.
Arcivescovo Titolare di Thibica
Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede |
Peter Card. Turkson
Prefetto del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale |
+ Giacomo Morandi
Arcivescovo Titolare di Cerveteri
Segretario della Congregazione per la Dottrina della Fede |
Bruno Marie Duffé
Segretario del Dicastero per il
Servizio dello Sviluppo Umano Integrale |
___________________
[1] Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. Lumen gentium, n. 48.
[2] Cf. ibid., n. 5.
[3] Francesco, Lett. enc. Laudato si’ (24 maggio 2015), n. 231: AAS 107 (2015), 937.
[4] Cf. Benedetto XVI, Lett. enc. Caritas in veritate (29 giugno 2009), n. 59: AAS 101 (2009), 694.
[5] Cf. Giovanni Paolo II, Lett. enc. Fides et ratio (14 settembre 1998), n. 98: AAS 91 (1999), 81.
[6] Cf. Commissione Teologica Internazionale, Alla ricerca di un'etica universale: nuovo sguardo sulla legge naturale, n. 87, Città del Vaticano 2009, 86.
[7] Francesco, Lett. enc. Laudato si’, n. 189: AAS 107 (2015), 922.
[8] Id., Esort. ap. Evangelii gaudium (24 novembre 2013), n. 178: AAS 105 (2013), 1094.
[9] Cf. Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, Nota per una riforma del sistema finanziario e monetario internazionale nella prospettiva di un’autorità pubblica a competenza universale, n. 1: L’Osservatore Romano, 24-25 ottobre 2011, 6.
[10] Cf. Francesco, Lett. enc. Laudato si’, n. 189: AAS 107 (2015), 922.
[11] Id., Esort. ap. Evangelii gaudium, n. 53: AAS 105 (2013), 1042.
[12] Ibid., n. 58: AAS 105 (2013), 1044.
[13] Cf. Conc. Ecum. Vat. II, Dich. Dignitatis humanae, n. 14.
[14] Benedetto XVI, Lett. enc. Caritas in veritate, n. 45: AAS 101 (2009), 681.
[15] Cf. ibid., n. 74: AAS 101 (2009), 705.
[16] Cf. Francesco, Discorso al Parlamento Europeo (25 novembre 2014), Strasburgo: AAS 106 (2014), 997-998.
[17] Cf. Benedetto XVI, Lett. enc. Caritas in veritate, n. 37: AAS 101 (2009), 672.
[18] Cf. ibid., n. 55: AAS 101 (2009), 690.
[19] Cf. Giovanni Paolo II, Lett. enc. Sollecitudo rei socialis (30 dicembre 1987), n. 42: AAS 80 (1988), 572.
[20] Cf. Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 1908.
[21] Cf. Francesco, Lett. enc. Laudato si’, n. 13: AAS 107 (2015), 852; Esort. apost. Amoris laetitia (19 marzo 2016), n. 44: AAS 108 (2016), 327.
[22] Cf. ad esempio il motto ora et labora, che richiama la Regola di San Benedetto da Norcia: nella sua semplicità esso indica che la preghiera, specialmente quella liturgica, mentre ci apre al rapporto con quel Dio che in Gesù Cristo e nel suo Spirito si rivela come Bene e Verità, offre in tal modo anche la forma adeguata e la via per costruire un mondo più buono e più vero, cioè più umano.
[23] Cf. Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus (1 maggio 1991), nn. 17, 24, 42: AAS 83 (1991), 814, 821, 845.
[24] Cf. Pio XI, Lett. enc. Quadragesimo anno (15 maggio 1931), n. 105: AAS 23 (1931), 210; Paolo VI, Lett. enc. Populorum progressio (26 marzo 1967), n. 9: AAS 59 (1967), 261; Francesco, Lett. enc. Laudato si’, n. 203: AAS 107 (2015), 927.
[25] Cf. Francesco, Lett. enc. Laudato si’, n. 175: AAS 107 (2015), 916. Sulla necessaria connessione fra economia e politica, cf. Benedetto XVI, Lett. enc. Caritas in veritate, n. 36: AAS 101 (2009), 671: «L'attività economica non può risolvere tutti i problemi sociali mediante la semplice estensione della logica mercantile. Questa va finalizzata al perseguimento del bene comune, di cui deve farsi carico anche e soprattutto la comunità politica. Pertanto, va tenuto presente che è causa di gravi scompensi separare l'agire economico, a cui spetterebbe solo produrre ricchezza, da quello politico, a cui spetterebbe di perseguire la giustizia mediante la ridistribuzione».
[26] Cf. Benedetto XVI, Lett. enc. Caritas in veritate, n. 58: AAS 101 (2009), 693.
[27] Cf. Conc. ecum. Vat. II, Cost. past. Gaudium et spes, n. 64.
[28] Cf. Pio XI, Lett. enc. Quadragesimo anno, n. 89: AAS 23 (1931), 206; Benedetto XVI, Caritas in veritate, n. 35: AAS 101(2009), 670; Francesco, Esort. ap. Evangelii gaudium, n. 204: AAS 105 (2013), 1105.
[29] Cf. Francesco, Lett. enc. Laudato si’, n. 109: AAS 107 (2015), 891.
[30] Cf. Giovanni Paolo II, Lett. enc. Laborem exercens (14 settembre 1981), n. 9: AAS 73 (1981), 598.
[31] Francesco, Esort. ap. Evangelii gaudium, n. 53: AAS 105 (2013), 1042.
[32] Cf. Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, n. 369.
[33] Cf. Pio XI, Lett. enc. Quadragesimo anno, n. 132: AAS 23 (1931), 219; Paolo VI, Lett. enc. Populorum progressio, n. 24: AAS 59 (1967), 269.
[34] Cf. Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 2409.
[35] Cf. Paolo VI, Lett. enc. Populorum progressio, n. 13: AAS 59 (1967), 263. Alcune importanti indicazioni sono già state offerte al riguardo (cf. Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, Nota per una riforma del sistema finanziario e monetario internazionale nella prospettiva di un’autorità pubblica a competenza universale, n. 4: L’Osservatore Romano, 24-25 ottobre 2011, 7): si tratta ora di proseguire nella linea di un simile discernimento, così da favorire uno sviluppo positivo del sistema economico-finanziario e contribuire ad eliminare quelle strutture di ingiustizia che ne limitano le benefiche potenzialità.
[36] Cf. Francesco, Lett. enc. Laudato si’, n. 198: AAS 107 (2015), 925.
[37] Cf. Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, n. 343.
[38] Cf. Benedetto XVI, Lett. enc. Caritas in veritate, n. 35: AAS 01 (2009), 670.
[39] Francesco, Discorso ai partecipanti all’incontro “Economia di comunione” promosso dal Movimento dei Focolari (4 febbraio 2017): L’Osservatore Romano, 5 febbraio 2017, 8.
[40] Cf. Giovanni Paolo II, Lett. enc. Sollecitudo rei socialis, n. 28: AAS 80 (1988), 548.
[41] Cf. Benedetto XVI, Lett. enc. Caritas in veritate, n. 67: AAS 101 (2009), 700.
[42] Cf. Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, Nota per una riforma del sistema finanziario e monetario internazionale nella prospettiva di un’autorità pubblica a competenza universale, n. 1: L’Osservatore Romano, 24-25 ottobre 2011, 6.
[43] Cf. ibid., n. 4: L’Osservatore Romano, 24-25 ottobre 2011, 7.
[44] Cf. Benedetto XVI, Lett. enc. Caritas in veritate, n. 45: AAS 101 (2009), 681; Francesco, Messaggio per la Celebrazione della 48ª Giornata mondiale della Pace (1 gennaio 2015), n. 5: AAS 107 (2015), 66.
[45] Cf. Benedetto XVI, Lett. enc. Caritas in veritate, n. 36: AAS 101 (2009), 671.
[46] Cf. Francesco, Lett. enc. Laudato si’, n. 189: AAS 107 (2015), 922.
[47] Cf. Benedetto XVI, Discorso al Corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede (8 gennaio 2007): AAS 99 (2007), 73.
[48] Cf. Id., Lett. enc. Caritas in veritate, n. 66: AAS 101 (2009), 699.
[49] Cf. Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, n. 358.
[00773-IT.01] [Testo originale: Italiano]
Testo in lingua francese
Oeconomicae et pecuniariae quaestiones
Considérations pour un discernement éthique
sur certains aspects du système économique et financier actuel
I. Introduction
1. Aujourd’hui plus que jamais, les problèmes économiques et financiers attirent notre attention, en raison de l’influence croissante des marchés sur le bien-être matériel d’une bonne partie de l’humanité. Cela requiert, d’une part, une juste régulation de leurs dynamiques et, d’autre part, un fondement éthique clair qui garantisse au bien-être obtenu une qualité humaine de relations que les mécanismes économiques ne sont pas en mesure de produire à eux seuls. De nos jours, un tel fondement éthique est réclamé de toutes parts, en particulier par ceux qui travaillent dans le système économique et financier. C’est précisément là que devient évidente la nécessité d’une alliance entre savoir technique et sagesse humaine, sous peine de voir tout agir humain se pervertir. Cette union permet au contraire de progresser sur la voie d’un bien-être véritable et intégral de l’homme.
2. La promotion intégrale de chaque personne, de toute communauté humaine et de tous les hommes, est l’horizon ultime du bien commun que l’Église, «sacrement universel du salut»[1], se propose d’atteindre. Dans cette intégralité du bien, pleinement révélée en Jésus-Christ, réside le but ultime de toute activité ecclésiale. Son origine et son accomplissement ultime sont en Dieu qui récapitule en Lui toutes choses (cf. Eph 1, 10).
Ce bien fleurit comme une anticipation du royaume de Dieu que l’Église est appelée à annoncer et instaurer dans toutes les sphères de l’activité humaine[2]; il est le fruit singulier de cette charité qui, voie royale de l’action ecclésiale, est également appelée à s’exprimer dans l’amour social, civil et politique. Cet amour «se manifeste dans toutes les actions qui essaient de construire un monde meilleur. L’amour de la société et l’engagement pour le bien commun sont une forme excellente de charité qui, non seulement concerne les relations entre les individus, mais aussi les “macro-relations: rapports sociaux, économiques, politiques”. C’est pourquoi, l’Église a proposé au monde l’idéal d’une “civilisation de l’amour”»[3]. L’amour du bien intégral, indissociable de l’amour de la vérité, est la clé d’un développement authentique.
3. Tel est le but poursuivi, avec la certitude que, dans toutes les cultures, il existe de nombreux points de convergence éthiques, expressions d’une sagesse morale commune[4], sur l’ordre objectif de laquelle est fondée la dignité de la personne. Les droits fondamentaux et les devoirs de l’homme reposent sur le socle solide et inviolable de cet ordre, qui décrit des principes communs clairs, et sans lequel la volonté et l’abus des plus puissants finissent par dominer la scène humaine. Cet ordre éthique, enraciné dans la sagesse de Dieu Créateur, est donc le fondement indispensable pour construire une vraie communauté d’hommes, gouvernée par des lois fondées sur une vraie justice. Cela est d’autant plus vrai que les hommes, tout en aspirant de tout leur cœur au bien et à la vérité, succombent souvent, face aux intérêts partisans, à des abus et à des pratiques iniques, qui entraînent de graves souffrances pour toute l’humanité, surtout pour les plus faibles et pour ceux qui sont sans défense.
Parmi ses tâches principales, l’Église reconnaît aussi celle de rappeler à tous, avec une certitude humble, certains principes éthiques évidents, afin de libérer chaque sphère de l’action humaine du désordre moral qui l’afflige si souvent. À cet égard, la raison humaine elle-même, qui marque de son sceau indélébile chaque personne, exige un discernement avisé. En effet, l’esprit humain cherche toujours dans la vérité et la justice, le fondement solide sur lequel il va fonder son œuvre, percevant que sans cette base, son orientation même ferait défaut[5].
4. Cette juste orientation de la raison ne saurait manquer en aucune sphère de l’action humaine. De la sorte, aucun espace dans lequel l’homme agit, ne peut légitimement prétendre être étranger, ou rester imperméable à une éthique fondée sur la liberté, la vérité, la justice et la solidarité[6]. Cela s’applique également aux sphères dans lesquelles sont en vigueur les lois de la politique et de l’économie: «Aujourd’hui, en pensant au bien commun, nous avons impérieusement besoin que la politique et l’économie, en dialogue, se mettent résolument au service de la vie, spécialement de la vie humaine»[7].
En effet, toute activité humaine est appelée à produire des fruits, en disposant généreusement et équitablement des dons mis originairement par Dieu à la disposition de tous; elle doit aussi développer, avec une ferme espérance, les semences de bien inscrites dans toute la création comme une promesse de fécondité. Cet appel constitue une invitation permanente au déploiement de la liberté humaine, même si le péché est toujours prêt à miner ce plan divin originaire.
C’est pourquoi Dieu vient à la rencontre de l’homme en Jésus-Christ. Il nous fait participer à l’événement admirable de sa Résurrection; il «e rachète pas seulement l’individu, mais aussi les relations sociales»[8]; il travaille pour un nouvel ordre de relations sociales fondées sur la Vérité et l’Amour, un levain fécond de transformation de l’histoire. Ainsi, il anticipe le Royaume des cieux qu’il est venu annoncer et inaugurer en sa personne dans le cours du temps.
5. Si le bien-être économique mondial s’est indubitablement accru au cours de la seconde moitié du XXe siècle, avec une mesure et une rapidité jamais perçues auparavant, il faut cependant noter que, parallèlement, les inégalités se sont amplifiées au sein des différents pays[9], comme aussi entre les nations. Un grand nombre de personnes continue de vivre dans l’extrême pauvreté.
La récente crise financière aurait pu être l’occasion pour développer une nouvelle économie plus attentive aux principes éthiques et pour une nouvelle régulation de l’activité financière, en éliminant les aspects prédateurs et spéculatifs et en valorisant le service à l’économie réelle. Bien qu’à divers niveaux, de nombreux efforts positifs aient été accomplis, lesquels sont à saluer et à apprécier, aucune réaction, cependant, n’a permis de repenser ces critères obsolètes qui continuent de gouverner le monde[10]. Au contraire, un égoïsme aveugle semble parfois prévaloir, limité au court terme; faisant fi du bien commun, il exclut de ses horizons la préoccupation non seulement de créer mais aussi de partager la richesse et d’éliminer les inégalités aujourd’hui si aiguës.
6. Ce qui est en jeu, c’est le véritable bien-être de la plupart des hommes et des femmes de notre planète, qui risquent d’être mis de plus en plus en marge, sinon «exclus et rejetés»[11] du progrès et de la prospérité réelle, tandis que certaines minorités exploitent et se réservent les immenses ressources et richesses, dans l’indifférence à la condition du plus grand nombre. L’heure est donc venue de favoriser la reprise de ce qui est authentiquement humain, d’élargir les horizons de l’esprit et du cœur, pour reconnaître loyalement ce qui vient des exigences de la vérité et du bien, ce sans quoi tout système social, politique et économique est destiné, à la longue, à l’échec et à l’implosion. Il est toujours plus clair que l’égoïsme n’est finalement pas payant, mais fait payer à tous un prix trop élevé; si donc on veut le bien réel de tous, «l’argent doit servir et non pas gouverner!»[12].
À ce propos, il revient d’abord aux opérateurs compétents et responsables d’élaborer de nouvelles formes d’économie et de finance dont les pratiques et les règles visent le progrès du bien commun ainsi que le respect de la dignité humaine, en se basant sur le socle sûr de l’enseignement social de l’Église. Toutefois, la Congrégation pour la Doctrine de la Foi, dont la compétence englobe aussi les questions de nature morale, en collaboration avec le Dicastère pour le Service du Développement Humain Intégral, entend proposer, par ce document, des considérations fondamentales ainsi que des points de référence pour soutenir ce progrès et défendre cette dignité[13]. On perçoit, en particulier, la nécessité d’entreprendre une réflexion éthique sur certains aspects de l’intermédiation financière, dont le fonctionnement, lorsqu’il est déconnecté des justes fondements anthropologiques et moraux, non seulement produit des abus et des injustices évidents, mais se révèle capable de créer des crises systémiques de portée mondiale. Il s’agit d’un discernement offert à tous les hommes et femmes de bonne volonté.
II. Considérations élémentaires de base
7. Certaines considérations élémentaires sont aujourd’hui évidentes aux yeux de tous ceux qui, au-delà de toute théorie ou école de pensée, veulent prendre acte, de manière loyale, de la situation historique dans laquelle nous vivons. Ce document n’entend pas intervenir dans de légitimes discussions d’écoles, mais plutôt contribuer au dialogue, conscient que, de toute façon, il n’existe pas de recettes économiques valables en tout lieu et en tout temps.
8. Toute réalité ou activité humaine, vécue sur l’horizon d’une juste éthique, c’est-à-dire dans le respect de la dignité humaine et orientée vers le bien commun, est une chose positive. Cela vaut pour toutes les institutions que suscite la société humaine, même en ce qui concerne les marchés, à tous les niveaux, y compris financiers.
À ce propos, il faut souligner que même les systèmes créés par les marchés, avant de reposer sur des dynamiques anonymes, élaborées grâce à des technologies de plus en plus sophistiquées, sont basées sur des relations qui ne pourraient être instaurées sans la participation de la liberté des individus. Il est donc clair que, «pour fonctionner correctement, l’économie», tout comme les autres sphères de l’activité humaine, «a besoin de l’éthique; non pas d’une éthique quelconque, mais d’une éthique amie de la personne»[14].
9. Il apparaît donc clairement que, sans une juste vision de l’homme, on ne peut fonder ni une éthique ni une pratique à la hauteur de sa dignité et du vrai bien commun. En fait, dire que l’action humaine est neutre ou dégagée de toute conception fondamentale – même dans la sphère économique – c’est toujours impliquer une compréhension de l’homme et du monde, qui révèle ou non sa positivité à travers les effets et le développement produits.
Dans cette ligne, notre époque a montré l’essoufflement d’une vision individualiste de l’homme pris surtout comme un consommateur, dont le profit consisterait avant tout à optimiser ses gains pécuniaires. En réalité, la personne humaine est dotée singulièrement d’un caractère relationnel et d’une rationalité continuellement à la recherche d’un gain et d’un bien-être entiers et non réductibles à une logique de consommation ou aux aspects économiques de la vie[15].
Ce caractère relationnel fondamental de l’homme[16] est essentiellement marqué par une rationalité qui résiste à toute réduction chosifiant ses besoins fondamentaux. À ce sujet, il n’est plus possible de passer sous silence qu’il existe de nos jours une tendance à déshumaniser tous les échanges de «biens», en les réduisant à de simples échanges de «choses».
En réalité, il est évident que l’enjeu de la transmission des biens entre des personnes n’est pas seulement d’ordre matériel, car les biens matériels sont souvent le véhicule de biens immatériels, dont la présence ou l’absence effective détermine de manière décisive la qualité même des rapports économiques (par exemple, la confiance, l’équité, la coopération…). C’est précisément à ce niveau que la logique du don sans contrepartie peut se comprendre non comme une alternative, mais comme une réalité inséparable et complémentaire de celle de l’échange de biens équivalents[17].
10. Il est facile de percevoir les avantages dérivant d’une vision de l’homme comme sujet constitutivement inséré dans un ensemble de relations qui sont en soi une ressource positive[18]. Chaque personne naît dans un contexte familial, c’est-à-dire au sein de relations qui le précèdent, sans lesquelles il lui serait impossible d’exister. Elle traverse ensuite les étapes de son existence toujours grâce à des liens qui la positionnent dans le monde comme une liberté continuellement partagée. Ce sont précisément ces liens originaires qui révèlent l’homme comme être relationnel et essentiellement marqué par ce que la Révélation chrétienne appelle «la communion».
Ce caractère originaire de communion, en mettant en lumière dans chaque personne humaine l’empreinte d’une affinité avec le Dieu qui l’a créée et appelée à une relation de communion avec lui, est aussi ce qui l’oriente naturellement vers la vie communautaire, lieu fondamental de sa complète réalisation. La reconnaissance de ce caractère comme élément originairement constitutif de l’identité humaine permet précisément de regarder les autres, non pas d’abord comme des concurrents potentiels, mais comme de possibles alliés dans la construction d’un bien qui n’est authentique que s’il concerne simultanément tous et chacun.
Cette anthropologie relationnelle aide également l’homme à reconnaître la validité des stratégies économiques. Celles-ci visent surtout, avant même la croissance sans discernement des bénéfices, la qualité globale de la vie ainsi que le bien-être, qui, pour être tel, doit être toujours intégral, c’est-à-dire celui de tout l’homme et de tous les hommes. En réalité, aucun profit n’est légitime lorsque fait défaut la vision de la promotion intégrale de la personne humaine, de la destination universelle des biens et de l’option préférentielle pour les pauvres[19]. Ces trois principes s’imbriquent et sont nécessairement complémentaires dans la perspective de la construction d’un monde plus juste et plus solidaire.
Pour cette raison, tout progrès du système économique ne peut être considéré comme tel, s’il est mesuré uniquement sur la base des paramètres quantitatifs et d’efficacité dans la production du profit; il doit également prendre en compte la qualité de vie qu’il produit et celle de l’extension sociale du bien-être qu’il diffuse; ce bien-être ne peut de fait se limiter seulement à ses aspects matériels. Tout système économique légitime son existence, non par la simple croissance quantitative des échanges économiques, mais en démontrant surtout sa capacité à œuvrer pour le développement de tout l’homme et de tout homme. Le bien-être et le développement s’interpellent et se renforcent mutuellement[20], en nécessitant des politiques et des perspectives durables qui aillent bien au-delà du court terme[21].
À cet égard, il est souhaitable que particulièrement les institutions universitaires et les business schools prévoient dans leur cursus d’études, de façon non marginale ou accessoire, mais bien fondamentale, des cours de formation qui amènent à comprendre l’économie et la finance à la lumière d’une vision complète de l’homme, non réduite à certaines de ses dimensions, et d’une éthique qui l’exprime. La doctrine sociale de l’Église offre à ce sujet une grande aide.
11. Le bien-être doit donc être évalué avec des critères plus amples que ceux du Produit Intérieur Brut (PIB) d’un pays, en tenant compte au contraire d’autres paramètres, comme par exemple, la sécurité, la santé, la croissance du «capital humain», la qualité de la vie sociale et du travail. Quant au profit, il pourra toujours être recherché, mais non «à tout prix», ni comme une référence totalisante de l’action économique.
Ici devient significative l’importance des paramètres d’humanisation, des formes culturelles et des mentalités dans lesquelles la gratuité, en somme la découverte et la réalisation du vrai et du juste comme des biens en soi, devient la norme de ce qui est calculé[22]. Là, les gains et la solidarité ne sont plus antagonistes. En effet, là où prévalent l’égoïsme et les intérêts personnels, il est difficile pour l’homme de percevoir la circularité féconde entre le gain et le don que le péché tend à ternir et à briser. Par contre, dans une perspective pleinement humaine, il s’instaure un cercle vertueux entre le profit et la solidarité, qui, grâce à l’agir libre de l’homme, peut libérer toutes les potentialités positives des marchés.
Un rappel permanent pour reconnaître la convenance humaine de la gratuité provient de la règle donnée par Jésus dans l’Évangile; cette règle d’or nous invite à faire aux autres ce que nous aimerions que les autres fassent pour nous (Mt 7, 12, Lc 6, 31).
12. Aucune activité économique ne peut prospérer de manière durable, si elle ne s’insère dans un climat de saine liberté d’initiative[23]. Aujourd’hui, il est également évident que la liberté dont jouissent les acteurs économiques, si elle est comprise de manière absolue et détournée de sa référence intrinsèque à la vérité et au bien, tend à générer des centres de suprématie et à incliner vers des formes d’oligarchie qui, à terme, nuisent à l’efficacité même du système économique[24].
De ce point de vue, il est toujours plus facile de voir que, face au pouvoir croissant et omniprésent d’agents importants et des grands réseaux (networks) économiques et financiers, ceux qui sont chargés de l’exercice du pouvoir politique, souvent désorientés et rendus impuissants par la supranationalité de ces agents et le caractère volatile des capitaux gérés par eux, peinent à répondre à leur vocation originaire de serviteurs du bien commun; ils deviennent parfois des sujets soumis à des intérêts étrangers à ce bien[25].
Une alliance renouvelée entre les agents économiques et les agents politiques est plus que jamais urgente, pour promouvoir ce qui sert le développement accompli de chaque personne humaine et de toute la société, en conjuguant les exigences de la solidarité avec celles de la subsidiarité[26].
13. En principe, les systèmes et les moyens dont se servent les marchés pour accroître leur capacité de distribution des ressources, sont tous moralement admissibles[27], dès lors qu’ils ne portent pas atteinte à la dignité de la personne ou qu’ils ne font pas fi du bien commun.
Cependant, il est également clair que le puissant moteur de l’économie que sont les marchés n’est pas en mesure de se réguler par lui-même[28]: les marchés, en effet, ne peuvent ni produire les conditions qui leur permettent de se développer dans les règles (cohésion sociale, équité, confiance, sécurité, lois…), ni corriger leurs effets et leurs expressions nuisibles à la société humaine (inégalités, dégradation de l’environnement, insécurité sociale, fraudes...).
14. En outre, bien que de nombreux opérateurs financiers soient animés personnellement de bonnes et droites intentions, il n’est pas possible d’ignorer aujourd’hui que l’industrie financière, en raison de son omniprésence et de sa capacité inévitable à influencer et, dans une certaine mesure, à dominer l’économie réelle, est un lieu où les égoïsmes et les abus ont une puissance de nuisance pour la communauté sans égal.
À cet égard, il convient de noter que, dans le monde économique et financier, il existe certaines conditions dans lesquelles certains de ces moyens, bien que non immédiatement inacceptables du point de vue éthique, constituent cependant des cas d’immoralité proche, c’est-à-dire des occasions très facilement propices aux abus et aux escroqueries, souvent au détriment de la partie moins avantagée. Par exemple, la commercialisation de certains instruments financiers, légitimes en soi, mais, dans une situation d’inégalité, en profitant de l’ignorance ou de la faiblesse contractuelle d’une des parties, constitue en soi une violation de la rectitude relationnelle et représente alors une atteinte grave au plan éthique.
Puisque dans la situation actuelle, la complexité de nombreux produits financiers fait de cette inégalité un élément inhérent au système lui-même, et place les acquéreurs en situation d’infériorité par rapport à ceux qui les commercialisent, de toutes parts, il est demandé le dépassement du principe traditionnel de caveat emptor. Ce principe, selon lequel il incombe avant tout à l’acheteur de vérifier la qualité du bien acquis, présuppose, en réalité, une parité des contractants quant à leur capacité à défendre leurs intérêts. Or de fait, cette situation n’existe pas, soit en raison de la relation hiérarchique évidente qui s’instaure dans certains types de contrats (par exemple, entre prêteur et emprunteur), soit à cause de la structuration complexe de nombreuses opérations financières.
15 L’argent lui-même est en soi un bon outil, comme c’est le cas de beaucoup de biens dont dispose l’homme: c’est un moyen mis à la disposition de sa liberté et qui sert à accroître ses possibilités. Toutefois, ce moyen peut facilement se retourner contre l’homme. De même, la financiarisation du monde des affaires, en permettant aux entreprises d’accéder à l’argent grâce à l’entrée dans le champ de la libre négociation en bourse, est en soi quelque chose de positif. Cependant, ce phénomène est aujourd’hui susceptible d’accentuer une mauvaise financiarisation de l’économie; il fait en sorte que la richesse virtuelle, principalement concentrée sur des transactions caractérisées par une intention de pure spéculation et sur des transactions à haute fréquence (high frequency trading), attire à elle des capitaux en trop grand nombre, les soustrayant ainsi aux circuits vertueux de l’économie réelle[29].
Ce qui avait été prédit, voici plus d’un siècle, est malheureusement devenu maintenant réalité: le revenu issu du capital porte maintenant atteinte au revenu issu du travail qu’il risque de supplanter tandis que celui-ci est souvent relégué en marge des intérêts majeurs du système économique. Il s’ensuit que le travail lui-même, avec sa dignité, devient non seulement une réalité toujours plus menacée, mais perd aussi sa qualification de «bien» pour l’homme[30], devenant ainsi un simple moyen d’échange à l’intérieur de relations sociales inégales.
Dans cette inversion d’ordre entre les moyens et les fins, qui fait passer le travail de l’état de bien à celui d’«outil», et l’argent, de celui de moyen à celui de «fin», se trouve précisément le terrain fertile d’une culture «de déchets»; celle-ci, sans scrupules et de manière amorale, a marginalisé de nombreuses populations, les privant d’un travail décent et les rendant ainsi «sans perspectives, sans voies de sortie»: «Il ne s’agit plus simplement du phénomène de l’exploitation et de l’oppression, mais de quelque chose de nouveau: avec l’exclusion reste touchée, dans sa racine même, l’appartenance à la société dans laquelle on vit, du moment qu’en elle on ne se situe plus dans les bas-fonds, dans la périphérie, ou sans pouvoir, mais on est dehors. Les exclus ne sont pas des ‘exploités’, mais des déchets, ‘des restes’»[31].
16. À ce sujet, comment ne pas penser à la fonction sociale irremplaçable du crédit, dont la prestation incombe d’abord à des intermédiaires financiers qualifiés et fiables? Dans ce domaine, il apparaît clair que le fait d’appliquer des taux d’intérêt excessivement élevés, en réalité non soutenables pour ceux qui empruntent, représente une opération non seulement illégitime du point de vue éthique, mais aussi un dysfonctionnement quant à la santé de l’économie. Depuis toujours, de telles pratiques, ainsi que des comportements usuraires de fait, sont ressentis par la conscience humaine comme iniques, et par le système économique comme un obstacle à son bon fonctionnement.
Ici, l’activité financière révèle sa première vocation de service à l’économie réelle; elle est appelée à créer de la valeur par des moyens moralement licites et à favoriser la libéralisation des capitaux afin de générer une circularité vertueuse de la richesse[32]. À titre d’exemple, les coopératives de crédit, le micro-crédit, ainsi que le crédit public au service des familles, des entreprises, des collectivités locales ou le crédit d’aide aux pays en voie de développement sont des réalités très positives et dignes d’être encouragées.
Jamais comme auparavant en ce domaine, où l’argent peut manifester toutes ses potentialités positives, il apparaît clair que ce n’est pas légitime, du point de vue éthique, d’exposer à des risques excessifs, le crédit dérivant de la société civile, en l’utilisant principalement à des fins de spéculation.
17. Ce qui est moralement inacceptable, ce n’est pas le simple fait de faire un gain, mais celui d’utiliser à son avantage une inégalité pour générer des profits importants au détriment des autres; c’est de faire fortune en abusant de sa position dominante au détriment d’autrui ou de s’enrichir en nuisant au bien-être collectif ou en le perturbant[33].
Cette pratique se révèle particulièrement déplorable d’un point de vue moral, quand un petit nombre de gens – voire d’importants fonds d’investissement – mû par pur désir de gain, se sert des hasards d’une spéculation[34] pour provoquer une baisse artificielle du prix des titres de dette publique, sans se soucier du fait qu’il influence négativement ou aggrave la situation économique de pays tout entiers. Ainsi mettent-ils en danger non seulement des projets publics d’assainissement, mais aussi la stabilité économique de millions de familles, obligeant alors les autorités gouvernementales à intervenir avec beaucoup d’argent public, ce qui va jusqu’à influer de manière artificielle sur le bon fonctionnement des systèmes politiques.
La spéculation, en particulier dans la sphère économique et financière, risque aujourd’hui de supplanter toutes les autres finalités majeures qui sous-tendent la liberté humaine. Cela porte atteinte à l’immense patrimoine de valeurs qui fonde la société civile, lieu de coexistence pacifique, de rencontre, de solidarité, de réciprocité revigorante et de responsabilité en vue du bien commun. Dans cette ligne, des termes tels que l’«efficacité», la «concurrence», le «leadership», le «mérite», tendent à occuper tout l’espace de notre culture civique; ils assument une signification qui finit par appauvrir la qualité des échanges, réduite à un pur coefficient numérique.
Cela exige que soit d’abord entreprise une opération de sauvetage de l’humain, afin de rouvrir les horizons à ce surcroît de valeurs qui seul permet à l’homme de se retrouver lui-même, de bâtir des sociétés capables d’être des demeures accueillantes et généreuses, où les plus faibles trouvent leur place et où la richesse soit utilisée de manière égale au bénéfice de tous. En somme, ce sont des lieux où il fait bon vivre pour l’homme et où il est facile d’espérer.
III. Des précisions dans le contexte actuel
18. Afin de fournir des orientations concrètes et spécifiques au plan éthique à tous les agents économiques et financiers – qui, de plus en plus, en expriment la demande – nous voudrions donner certaines précisions, pour un discernement qui ouvre la voie à ce qui humanise vraiment l’homme et l’empêche de compromettre sa dignité et le bien commun[35].
19. Grâce aux progrès de la mondialisation et de la numérisation, le marché peut être comparé à un grand organisme, dans les veines duquel coulent, comme une lymphe vitale, une immense quantité de capitaux. En empruntant cette analogie, on peut également parler de la «santé» de cet organisme, lorsque ses moyens et ses structures assurent au système un bon fonctionnement, où croissance et diffusion de la richesse vont de pair. La santé de ce système dépend de celle des actions individuelles mises en œuvre. Quand l’organisme qu’est le marché jouit d’une bonne santé, il est plus facile que soient respectés et promus la dignité des hommes ainsi que le bien commun.
Corrélativement, on peut parler d’une "intoxication" de ce corps chaque fois que sont introduits et propagés des outils financiers et économiques peu fiables qui compromettent sérieusement la croissance et la propagation de la richesse, créant aussi des difficultés et des risques systémiques.
On comprend donc l’exigence, aujourd’hui toujours plus ressentie, d’introduire une homologation par les autorités publiques de tous les produits issus de l’innovation financière, afin de préserver la santé du système et de prévenir les effets collatéraux négatifs. Encourager la santé et éviter la corruption, même d’un point de vue économique, est un impératif moral incontournable pour tous les acteurs impliqués dans les marchés. Cette nécessité montre également l’urgence d’une coordination supranationale entre les différentes composantes des systèmes financiers locaux[36].
20. Cette santé se nourrit d’une multitude et d’une diversité de ressources qui constituent une sorte de“biodiversité’’ économique et financière. Celle-ci est une valeur ajoutée au système économique et devrait être aussi incitée et protégée par des politiques économiques et financières appropriées; leur finalité est d’assurer aux marchés la présence d’une pluralité de sujets et d’instruments sains, riches et diversifiés. Cela advient tant d’un point de vue positif, en soutenant leur action, que d’un point de vue négatif, en empêchant tous ceux qui, au contraire, nuisent à la fonctionnalité du système qui produit et diffuse la richesse.
À ce sujet, il convient de noter que la coopération joue un rôle particulier dans la saine production d’une valeur ajoutée à l’intérieur des marchés. Une synergie loyale et intense des agents peut facilement faire obtenir cette surabondance de valeur que vise toute activité économique[37].
Quand l’homme reconnaît la solidarité fondamentale qui le lie à tous ses pairs, il sait qu’il ne peut conserver pour lui seul les biens dont il dispose. Lorsqu’il adopte la solidarité comme mode de vie, ses biens ne servent pas seulement à ses propres besoins, mais ils se multiplient en portant souvent un fruit inattendu pour les autres[38]. Ici se vérifie bien le fait que le partage n’est pas «seulement division, mais aussi multiplication des biens, création d’un nouveau pain, de nouveaux biens, d’un nouveau Bien avec une majuscule»[39].
21. L’expérience des dernières décennies a démontré, d’une part, combien il est naïf de croire en une autosuffisance présumée des marchés dans leur fonction d’allocation des ressources, indépendamment de toute éthique; d’autre part, elle révèle le besoin urgent d’une bonne régulation qui conjugue en même temps la liberté et la protection de tous les acteurs, et surtout des plus vulnérables, par un système d’interaction saine et correcte. Dans cette ligne, les pouvoirs politiques, économiques et financiers doivent toujours rester distincts et autonomes et, en même temps, viser au-delà de toute confusion nocive, la réalisation d’un bien destiné à tous sans être réservé à quelques privilégiés[40].
Cette régulation est rendue plus nécessaire encore à cause de la conduite immorale de certains acteurs du monde financier, une des raisons majeures de la crise économique récente; en outre, la dimension supranationale actuelle du système économique aide à contourner plus facilement les règles établies par chaque pays. De plus, l’extrême volatilité et mobilité des capitaux employés dans le monde financier permet à leurs détenteurs d’opérer facilement au-delà de toute norme qui ne soit pas celle d’un bénéfice immédiat, en usant souvent de leur position dominante pour exercer des pressions, même sur le pouvoir politique en place.
Il est donc clair que les marchés ont besoin de directives solides et fortes, macro-prudentielles aussi bien que normatives, qui soient uniformes et partagées par le grand nombre. Ces règles doivent aussi être continuellement mises à jour, vu la réalité même des marchés constamment en évolution. Ces orientations doivent garantir un contrôle sérieux de la fiabilité et de la qualité de tous les produits économiques et financiers, en particulier les plus complexes. Lorsque la rapidité des processus d’innovation produit des risques systémiques excessifs, les opérateurs économiques doivent accepter les contraintes et les freins exigés par le bien commun, sans tenter de les contourner ou d’en réduire la portée.
Étant donné la globalisation actuelle du système financier, une coordination stable, claire et efficace s’impose entre les différentes autorités nationales de régulation des marchés, avec la possibilité, et parfois aussi la nécessité, de partager en temps opportun les décisions contraignantes, quand le bien commun est en danger. Ces autorités de régulation doivent toujours rester indépendantes et liées aux exigences de l’équité et du bien commun. À cet égard, les difficultés compréhensibles ne devraient pas décourager de la recherche et de la mise en œuvre de tels systèmes de réglementation. Ceux-ci doivent être l’objet d’accords entre les différents pays, mais à portée effective supranationale[41].
Les règles doivent assurer une transparence totale de ce qui est négocié afin d’éliminer toutes les formes de déséquilibre injuste et garantir au mieux l’équilibre des échanges. Cela est d’autant plus vrai que la concentration inégale d’informations et de pouvoir tend à renforcer les entités économiques les plus fortes, créant ainsi des hégémonies capables d’influencer unilatéralement non seulement les marchés, mais aussi les systèmes politiques et réglementaires. Entre autres, là où a lieu une forte dérégulation, il devient évident que les espaces de vide juridique et institutionnel représentent des terrains propices non seulement à «l’aléa moral» et aux malversations, mais aussi à l’émergence d’exubérances irrationnelles des marchés – suivies de bulles spéculatives, puis de brusques et ruineux effondrements – et de crises du système[42].
22. Pour éviter les crises du système, il serait opportun de définir et de distinguer clairement, pour les intermédiaires de crédit bancaire, la sphère de l’activité de la gestion du crédit ordinaire et des épargnes, de ce qui est destiné à l’investissement et au pur business[43]. Tout cela permettra d’éviter autant que possible des situations d’instabilité financière.
Une bonne santé du système financier exige également l’information la plus complète possible afin que chaque personne puisse protéger, dans la pleine liberté et en toute conscience, ses intérêts: en effet, il est important qu’il sache si son capital est investi à des finalités de spéculation ou non; ainsi il saura clairement le degré de risque et l’adéquation du coût des produits financiers auxquels il souscrit par rapport au risque encouru. Ceci est d’autant plus vrai que d’habitude, l’épargne, en particulier celle des familles, est un bien public à protéger et qu’elle vise une optimisation qui redoute le risque. Cette épargne, lorsqu’elle est placée auprès des mains expertes des conseillers financiers, exige qu’elle soit bien administrée et pas simplement gérée.
Parmi les comportements moralement discutables dans la gestion de l’épargne par les conseillers financiers, il faut signaler: le mouvement excessif du portefeuille de titres dans le but principalement d’augmenter les revenus générés par les commissions pour l’intermédiaire; le défaut de l’impartialité requise dans l’offre des instruments d’épargne, en cas d’accord illicite avec certaines banques, lorsque leurs produits sont mieux adaptés aux exigences du client; le manque d’une correcte diligence ou même la négligence coupable de la part des consultants au sujet de la protection des intérêts du portefeuille de leurs clients; l’octroi d’un prêt par un intermédiaire bancaire, sous réserve de la souscription parallèle à d’autres produits financiers émis par le même, éventuellement non favorables au client.
23. Chaque entreprise constitue un important réseau de relations et, à sa manière, elle représente un véritable corps social intermédiaire avec sa culture propre et ses pratiques. Celles-ci, tout en déterminant l’organisation interne de l’entreprise, affectent également le tissu social au sein duquel elle opère. À ce sujet, l’Église attire justement l’attention sur l’importance d’une responsabilité sociale de l’entreprise[44], laquelle s’étend à la fois adextra et adintra de la structure.
Dans cette ligne, là où le simple profit est placé au sommet de la culture d’une entreprise financière, ignorant les exigences liées au bien commun – c’est le cas aujourd’hui, même dans beaucoup de prestigieuses écoles de commerce (business schools) – toute instance éthique est de fait perçue comme extrinsèque et juxtaposée à l’activité entrepreneuriale. Cela est d’autant plus accentué par le fait que, dans leurs logiques organisationnelles, ceux qui ne correspondent pas aux objectifs de l’entreprise de ce type sont pénalisés à la fois au niveau de la rémunération qu’à celui de la reconnaissance professionnelle. Dans ces cas, le but du pur lucre crée facilement une logique perverse et sélective qui favorise souvent l’avancement au sommet de l’entreprise de sujets capables mais avides et peu scrupuleux dont l’action sociale est mue principalement par un gain personnel égoïste.
De telles logiques ont souvent poussé les structures dirigeantes (management) à mettre en œuvre des politiques économiques qui ne servent pas à stimuler la santé économique des entreprises, mais uniquement les profits des actionnaires (shareholders). Ceci porte ainsi préjudice aux intérêts légitimes de tous ceux qui, par leur travail et service, œuvrent au bénéfice de la même entreprise, sans oublier les consommateurs et les diverses communautés locales (stakeholders). Souvent motivées par des rémunérations énormes, proportionnées aux résultats immédiats de gestion, et non surtout contrebalancées par des pénalités équivalentes en cas d’échec des objectifs, ces mêmes logiques qui, à court terme, fournissent de gros gains aux managers et aux actionnaires, finissent ensuite par pousser à des prises de risque excessives et par laisser les entreprises débilitées et appauvries des ressources économiques qui leur auraient assuré de bonnes perspectives pour l’avenir.
Tout cela génère et diffuse facilement une culture profondément amorale au sein de laquelle, on n’hésite plus souvent à commettre de délit lorsque les avantages prévus dépassent les pénalités fixées. Cela affecte sérieusement la santé de tout le système économique et social, compromettant sa fonctionnalité et endommageant gravement la réalisation effective du bien commun sur lequel repose nécessairement toutes les formes de la vie sociale.
Il s’impose donc de manière urgente une autocritique sincère et une inversion de tendance, favorisant au contraire une culture entrepreneuriale et financière qui tienne compte de tous les facteurs qui constituent le bien commun. Cela signifie, par exemple, mettre clairement la personne humaine et la qualité des relations entre les personnes au centre de la culture d’entreprise, de sorte que chaque structure pratique une forme de responsabilité sociale qui n’est pas seulement occasionnelle ou marginale, mais qui la dirige et anime de l’intérieur toute action, en l’orientant au plan social.
La circularité naturelle qui existe justement entre le profit – facteur inhérent à tout système économique – et la responsabilité sociale – élément essentiel pour la survie de toute forme de coexistence civile – est appelée à manifester toute sa fécondité; elle montre ainsi le lien indissoluble, que le péché tend à occulter, entre une éthique respectueuse des personnes et du bien commun et la fonctionnalité réelle de tout système économique et financier. Cette circularité vertueuse est favorisée, par exemple, en poursuivant une réduction du risque de conflit avec les stakeholders, comme aussi en encourageant une plus grande motivation intrinsèque des employés d’une entreprise.
Ici, la création de la valeur ajoutée, finalité principale du système économique et financier, doit montrer pleinement sa viabilitédans le cadre d’un système éthique solide, précisément parce que fondé sur une recherche sincère du bien commun. Ce n’est que par la reconnaissance et la mise en œuvre du lien intrinsèque qui existe entre la motivation économique et la raison éthique que peut jaillir un bien qui est pour tous les hommes[45]. Car, pour fonctionner correctement, le marché doit se baser sur des présupposés anthropologiques et éthiques qu’il n’est pas en mesure à lui seul de donner ou de produire.
24. Si, d’une part, la fiabilité du crédit requiert un scrupuleux processus de sélection pour identifier les bénéficiaires idoines, capables d’innovation et qui sont à l’abri de collusions malsaines, de l’autre, les banques, pour faire face aux risques qu’elles rencontrent, doivent également disposer de fonds propres proportionnels, de sorte qu’une éventuelle socialisation des pertes soit le plus possible limitée et retombe avant tout sur ceux qui en sont réellement responsables.
Certes, la délicate gestion de l’épargne, en plus de la réglementation juridique requise, nécessite aussi des paradigmes culturels adéquats, auxquels il faut ajouter la pratique d’une analyse minutieuse de la relation entre banque et client, même d’un point de vue éthique, et un contrôle continu de la légitimité de toutes les opérations qui y sont liées.
Dans cette ligne, une proposition intéressante pour progresser et qui est à expérimenter, semble être celle relative à la création de comités d’éthique, au sein des banques, pour épauler le Conseil d’administration. Tout cela peut aider les banques non seulement à préserver leurs bilans des conséquences douloureuses et des pertes, pour une cohérence efficace entre leur mission statutaire et la pratique financière, mais aussi pour soutenir adéquatement l’économie réelle.
25. La création de titres de crédit à haut risque – qui en réalité, génèrent une sorte de création de valeur fictive, sans un adéquat contrôle de qualité (quality control) et une correcte évaluation du crédit – peut enrichir les intermédiaires mais crée facilement une insolvabilité à la défaveur de ceux qui doivent recouvrer ces titres ; cela est d’autant plus vrai si le poids de la criticité de ces titres est déchargé par l’institution qui les émet sur le marché dans lequel ils sont répartis (par exemple, la titrisation des crédits subprime), générant une intoxication généralisée et des difficultés qui peuvent affecter tout le système. Une telle altération du marché contredit la santé nécessaire du système économique et financier et est inacceptable sur le plan d’une éthique respectueuse du bien commun.
Chaque titre de crédit doit correspondre à une valeur tangible et non seulement présumée ou difficilement repérable. À ce sujet, une régulation publique et l’évaluation super partes du fonctionnement des agences de notation (rating) de crédit deviennent de plus en plus urgentes, avec des instruments juridiques permettant, d’une part, de sanctionner des actions erronées, et d’autre part, d’empêcher la création de situations d’oligopole dangereux créées par certaines d’entre elles. Cela est particulièrement vrai en présence de produits du système de l’intermédiation financière dans lequel la responsabilité du crédit accordé est déchargée du prêteur d’origine à l’intermédiaire.
26. Certains produits financiers, y compris ceux qu’on appelle «dérivés», ont été créés dans le but de fournir une assurance contre les risques inhérents à des transactions déterminées, et comportent souvent un pari basé sur la valeur présumée, attribuée à ces risques. À la base de ces instruments financiers, se trouvent des contrats dans lesquels les parties sont toujours en mesure d’évaluer de manière raisonnable le risque fondamental contre lequel elles doivent être assurées.
Toutefois, pour certains types de produits structurés (en particulier les titrisations ou les securitizations), on s’est rendu compte qu’à partir des structures originaires et en lien avec des investissements financiers identifiables, on a construit des structures de plus en plus complexes (titrisations de titrisations), dont il est difficile – voire impossible après diverses transactions – d’établir de manière raisonnable et équitable la vraie valeur. Cela signifie qu’à chaque étape, dans la vente de ces titres, au-delà de la volonté des parties, s’opère de fait une distorsion de la valeur réelle du risque dont l’instrument devrait au contraire protéger. Tout cela a encouragé l’émergence de bulles spéculatives, qui ont été d’importants facteurs de la crise financière récente.
Il est évident que l’instabilité avérée de ces produits – la perte progressive de la transparence de ce qu’ils assurent – qui n’est pas encore manifeste dans l’opération originelle, les rend de moins en moins acceptables pour une éthique respectueuse de la vérité et du bien commun. En effet, cela les transforme en sorte de bombes à retardement, prêts à exploser tôt ou tard, à cause de leur manque de fiabilité économique, et à empoisonner la santé des marchés. On assiste ici à une carence éthique qui s’aggrave d’autant plus que ces produits sont échangés sur ce qu’on appelle les marchés non règlementés (over the counter); plus exposés aux aléas, voire à la fraude, que les marchés règlementés, ils privent l’économie réelle de sa sève et des investissements.
Un jugement éthique similaire peut également être fait concernant l’utilisation des credit default swap (les CDS, contrats particuliers d’assurance contre un risque de faillite), qui permettent de parier sur le risque de faillite d’un tiers, même sans avoir déjà pris auparavant un risque de crédit, et aussi de répéter l’opération sur un même événement, ce qui n’est en aucun cas permis par les contrats d’assurance normaux.
À la veille de la crise économique de 2007, le marché des CDS était si impressionnant qu’il représentait à peu près l’équivalent de l’ensemble du PIB mondial. La diffusion illimitée de ce genre de contrats a favorisé l’augmentation d’une finance du risque et du pari sur la faillite d’autrui, ce qui constitue une situation moralement inacceptable.
En fait, l’achat de tels instruments, par ceux qui n’ont aucun risque de crédit effectif, est un cas singulier qui porte certains à trouver un intérêt à la ruine d’autres entités économiques et peut même les pousser à agir en ce sens.
Il est évident qu’une telle possibilité représente, d’une part, un événement particulièrement répréhensible sur le plan moral, car elle fait agir par une sorte de «cannibalisme économique»; de l’autre, elle finit par saper la confiance de base nécessaire sans laquelle le circuit économique finirait par se bloquer. Dans ce cas aussi, nous pouvons remarquer qu’une situation moralement négative devient aussi nocive au bon fonctionnement du système économique.
Il convient donc de noter que, lorsque des paris similaires peuvent provoquer d’énormes préjudices pour des pays entiers et des millions de familles, on est confronté à des actions extrêmement immorales; il convient par conséquent d’étendre les interdictions qui frappent déjà ce type d’opérations dans certains pays, en punissant ces infractions avec la plus grande sévérité.
27. À un point crucial du dynamisme régissant les marchés financiers, se trouve le barème (fixing) du taux d’intérêt relatif au prêt interbancaire (LIBOR), dont la quantification sert de taux d’intérêt directeur sur le marché monétaire et les taux d’intérêt; il en est de même du taux de change officiel des diverses monnaies, pratiqué par les banques.
Ce sont des paramètres importants qui ont de forts impacts sur l’ensemble du système économique et financier, car ils affectent de gros transferts quotidiens d’argent entre les parties qui souscrivent des contrats sur la base de ces taux. La manipulation du niveau de ces taux constitue donc un cas de grave violation éthique, avec des conséquences de grande envergure.
Le fait que cela ait pu advenir impunément durant plusieurs années montre combien le système financier est fragile et vulnérable par rapport aux fraudes, lorsqu’il n’est pas suffisamment contrôlé par des règles et en l’absence de sanctions proportionnées aux violations dans lesquelles sont impliqués ses acteurs. Dans ce contexte, la création de véritables «cartels» de connivence entre les sujets qui étaient normalement responsables de l’évaluation (fixing) correcte du niveau de ces taux, constitue un cas d’association de malfaiteurs, nuisible surtout pour le bien commun. Cela cause une blessure dangereuse pour la santé du système économique et doit être puni avec des sanctions appropriées et aptes à décourager toute récidive.
28. Aujourd’hui, les principaux acteurs opérant dans le monde financier, et en particulier les banques, doivent être dotés d’organismes internes qui assurent une fonction de compliance, d’autocontrôle de la légitimité des principales étapes du processus de prise de décision et des principaux produits offerts par l’entreprise. Toutefois, il convient de noter que, tout au moins jusqu’à un passé très récent, la pratique du système économique et financier repose parfois sur un jugement purement «négatif» de cette fonction, c’est-à-dire un respect purement formel des limites fixées par les lois en vigueur. Malheureusement, il en résulte fréquemment des situations qui échappent de fait aux contrôles réglementaires, c’est-à-dire des actions tendant à contourner les principes en vigueur, mais avec le souci de ne pas contredire frontalement les règles qui les expriment, pour ne pas subir ensuite de sanctions.
Pour éviter cela, il est nécessaire que le jugement de conformité (compliance) examine sur le fond les différentes opérations, même celles qui sont «positives», en s’assurant de leur respect effectif des principes qui guident la législation en vigueur. Suivant cette modalité, le travail de cette fonction, selon l’avis de beaucoup de personnes, serait plus aisé si l’on mettait en place des comités d’éthique qui, au côté des Conseils d’administration, seraient les interlocuteurs naturels de ceux qui doivent garantir la conformité des comportements aux réglementations en vigueur dans la gestion concrète de la banque.
En ce sens, on devrait prévoir, au sein de l’entreprise, des instructions qui facilitent un tel jugement de conformité, afin de pouvoir discerner quelles opérations, techniquement réalisables sur le plan juridique, sont concrètement légitimes et moralement réalisables (cette question se pose, par exemple, de façon cruciale en ce qui concerne les pratiques de contournement fiscal). Ainsi, on passerait d’une allégeance formelle à quelque chose de substantiel dans l’application des règles.
En outre, il est souhaitable que, dans le système normatif régulant le monde financier, soit prévue une clause générale déclarant illégitimes les actes dont la finalité est surtout de contourner les normes en vigueur, avec la conséquente responsabilité sur le patrimoine de toutes les parties auxquelles ils sont imputables.
29. Il n’est plus possible d’ignorer les phénomènes tels que la diffusion des systèmes bancaires parallèles (Shadow banking system) dans le monde. Ceux-ci, bien qu’ils incluent également des typologies d’intermédiaires dont l’action n’apparait pas immédiatement critique, ont de fait entraîné une perte de contrôle du système de la part des diverses autorités nationales, chargées de la surveillance. Ces systèmes ont, par conséquent, favorisé de manière exagérée, le recours au soi-disant financement créatif; dans cette opération, la motivation principale de l’investissement des ressources financières a surtout un caractère de spéculation, voire de prédation, et non un service à l’économie réelle. Par exemple, beaucoup de personnes sont d’avis que l’existence de tels systèmes «de l’ombre» est l’une des principales causes ayant conduit au développement et à la diffusion globale de la récente crise économique et financière, commencée aux États-Unis, avec celle des prêts hypothécaires à risque (subprime) au cours de l’été 2007.
30. Le monde de la finance offshore se nourrit surtout de cette intention de spéculation qui, tout en offrant aussi d’autres services licites, à travers les canaux généralisés de contournement fiscal, et même d’évasion ou de recyclage de l’argent, fruit de délit, aboutit ensuite à un appauvrissement du système normal de production et de distribution des biens et des services. Il est difficile de distinguer si beaucoup de ces situations donnent lieu immédiatement ou plus tard à des cas d’immoralité; mais de telles réalités, là où elles soustraient injustement la lymphe vitale à l’économie réelle, peuvent difficilement trouver une légitimité, tant du point de vue éthique que celui de l’efficience globale du système économique lui-même.
Par contre, un certain degré de corrélation entre les comportements non éthiques des opérateurs et les situations de faillite du système dans son ensemble semble évident: il est maintenant indéniable que les carences éthiques exacerbent les imperfections des mécanismes de marché[46].
Au cours de la seconde moitié du siècle dernier, est né le marché offshore des euro-dollars, un espace financier d’échanges, hors de tout cadre réglementaire officiel. À partir d’un important pays européen, ce marché s’est ensuite étendu dans d’autres pays du monde, donnant lieu à un véritable réseau financier, une alternative au système financier officiel et aux juridictions qui le protègent.
À ce sujet, il faut dire que si la raison formelle adoptée pour justifier la présence de sites offshore est de permettre aux investisseurs institutionnels de ne pas subir une double taxation, d’abord dans leur pays de résidence, puis là où les fonds sont domiciliés, ces lieux sont en réalité devenus de manière prépondérante, des occasions propices d’opérations financières border line, lorsqu’elles ne sont pas beyond the pale, tant du point de vue de leur légalité sous le profil normatif que du point de vue éthique, c’est-à-dire d’une culture économique saine et exempte d’intentions délibérées de contournement fiscal.
Aujourd’hui, plus de la moitié du commerce mondial est effectué par de grandes structures qui réduisent leur charge fiscale en transférant les revenus d’un siège à l’autre, selon leur convenance; ils procèdent au transfert des profits dans les paradis fiscaux, tandis que les coûts sont envoyés dans les pays ayant une fiscalité élevée. Il est clair que cela soustrait des ressources importantes à l’économie réelle et contribue à la création de systèmes économiques basés sur l’inégalité. En outre, on ne peut passer sous silence le fait que ces espaces offshore sont devenus plus d’une fois des lieux habituels de blanchiment de l’argent «sale», c’est-à-dire fruit de produits illicites (vols, fraudes, corruptions, associations criminelles, mafias, butins de guerre ...).
En dissimulant le fait que lesdites opérations offshore n’avaient pas eu lieu sur leurs places financières officielles, certains États ont de fait permis qu’on tire profit même des crimes, tout en se déresponsabilisant, puisque ces actes délictueux n’ont pas eu formellement lieu sur des territoires relevant de leur juridiction. Cela représente, du point de vue moral, une forme évidente d’hypocrisie.
En peu de temps, ce marché est devenu un lieu stratégique de transit important de capitaux, car sa configuration représente une voie facile pour réaliser différentes formes importantes de contournement fiscal. On comprend dès lors que la domiciliation offshore de nombreuses et importantes sociétés sur le marché soit devenue très recherchée et pratiquée.
31. Certes, le système fiscal des États ne semble pas toujours juste; à cet égard, il convient de noter qu’une telle injustice est souvent au détriment d’entités économiques plus vulnérables, tandis qu’il favorise ceux qui sont les mieux aguerris et qui sont même en mesure d’influencer les systèmes réglementaires qui régissent ces fiscalités. En fait, l’imposition fiscale, lorsqu’elle est équitable, exerce une fonction essentielle de péréquation et de redistribution de la richesse, non seulement en faveur de ceux qui ont besoin de subventions appropriées, mais aussi pour soutenir les investissements ainsi que la croissance économique réelle.
En tout état de cause, le contournement fiscal de la part des principaux acteurs du marché, notamment des grands intermédiaires financiers, représente une ponction injuste de ressources à l’économie réelle, et demeure un préjudice pour l’ensemble de la société civile. Vu la non-transparence de ces systèmes, il est difficile de déterminer avec précision la quantité de capitaux qui y transite; toutefois, il a été calculé qu’un impôt minimum sur les transactions offshore suffirait pour résoudre une grande partie du problème de la faim dans le monde: pourquoi ne prendrait-on pas avec audace la voie d’une telle initiative?
De plus, il a été constaté que l’existence de sites offshore a également encouragé une fuite massive de capitaux dans de nombreux pays à faible revenu, générant de multiples crises politiques et économiques, et les empêchant de se lancer enfin sur le chemin de la croissance et d’un sain développement.
À maintes reprises, des institutions internationales ont dénoncé tout cela et beaucoup de gouvernements nationaux ont cherché, à juste titre, à limiter la portée des places financières offshore. Dans cette ligne, il y a eu aussi beaucoup d’efforts positifs, en particulier au cours des dix dernières années. Toutefois, on n’a pas réussi jusqu’ici à imposer des accords et des normes assez efficaces en la matière; mêmes les schémas normatifs proposés par d’influentes organisations internationales sont restés souvent inappliqués ou rendus inefficaces, à cause des influences importantes que ces places sont en mesure d’exercer sur de nombreux pouvoirs politiques, vu les immenses capitaux dont elles disposent.
Tout en constituant un préjudice grave au bon fonctionnement de l’économie réelle, tout cela représente un fonctionnement qui, telle qu’il est conçu aujourd’hui, demeure totalement inacceptable d’un point de vue éthique. Il est donc nécessaire et urgent que des mesures appropriées soient prises au niveau international pour apporter des remèdes à ce systèmeinique: il importe avant tout de pratiquer à tous les niveaux la transparence financière (par exemple avec l’obligation de rapport public pour les entreprises multinationales, de leurs activités respectives et des taxes payées dans les pays où elles opèrent à travers leurs filiales); en outre, envisager des sanctions incisives à imposer aux pays qui réitèrent les pratiques malhonnêtes ci-dessus mentionnées (évasion et contournement fiscal, recyclage de l’argent sale).
32. Le système offshore a fini par aggraver la dette publique, surtout dans les pays aux économies les moins développées. En effet, on a constaté que la richesse privée accumulée par certaines élites dans les paradis fiscaux a presque égalé la dette publique de leurs pays respectifs. Cela montre aussi qu’à l’origine de cette dette se trouvent souvent des dettes privées et reportées sur le système public. Entre autres, on sait que d’importants acteurs économiques ont tendance à mener de façon constante, souvent avec la complicité des hommes politiques, une pratique de socialisation des pertes.
Cependant, il est bon de noter que la dette publique est aussi souvent générée par une gestion maladroite – peut-être intentionnellement – du système d’administration publique. Cette dette, c’est-à-dire l’ensemble des passifs financiers qui pèse sur les États, est aujourd’hui l’un des plus grands obstacles au bon fonctionnement et à la croissance des différentes économies nationales. Nombreuses d’entre elles sont en effet accablées par le devoir de faire face aux paiements d’intérêts provenant de cette dette et doivent donc procéder à cet effet à des ajustements structurels.
Face à tout cela, les États sont appelés d’une part, à remédier à cette situation au moyen d’adéquates gestions du système public par le biais de réformes structurelles sages, et par la répartition judicieuse des dépenses et des investissements ciblés; d’autre part, au plan international, en mettant chaque pays face à ses responsabilités incontournables, il faut également permettre et encourager de manière raisonnable les voies judicieuses de sortie de la spirale de la dette, en ne faisant pas porter aux États – et donc à leurs concitoyens, en clair à des millions de familles – le fardeau de ce qui de fait se révèle insoutenable.
Cela suppose également des politiques de réduction raisonnable et harmonisée de la dette publique, en particulier lorsque celle-ci est détenue par des entités d’une telle consistance économique qu’elles sont en mesure d’offrir cette réduction[47]. Des solutions similaires sont nécessaires à la santé du système économique international, afin d’éviter la propagation de crises qui pourraient l’affecter tout entier, et à la poursuite de la recherche du bien commun des nations dans leur ensemble.
33. Tout ce dont nous avons parlé jusqu’ici ne relève pas seulement des structures soustraites à notre contrôle, mais aussi de la sphère de nos responsabilités. Cela signifie que nous disposons d’outils importants pour contribuer à la résolution de nombreux problèmes. Par exemple, les marchés vivent grâce à la demande et à l’offre de biens: chacun d’entre nous peut avoir à ce sujet une influence décisive, au moins en donnant forme à cette demande.
Sur la consommation et sur l’épargne, un regard critique et responsable s’impose. La pratique des achats, engagement quotidien qui nous dote au plus haut point du nécessaire pour vivre, est aussi une forme de choix que nous opérons parmi les différents produits offerts par le marché. Par ce choix, nous faisons l’option, souvent à notre insu, de biens produits peut-être à travers des filières où il est habituel de violer les droits de l’homme les plus élémentaires, ou bien par le travail d’entreprises dont l’éthique ne connaît, dans les faits, pas d’autre intérêt que le profit à tout prix des actionnaires.
Il faut s’orienter vers le choix des biens résultant d’un processus moralement honnête, car même par le geste, apparemment anodin, de la consommation, nous exprimons une éthique en acte et nous sommes appelés à prendre position face à ce qui est concrètement bon ou nuisible pour l’homme. À ce propos, quelqu’un a parlé du «vote avec son portefeuille»: il s’agit effectivement de voter chaque jour, au marché, pour ce qui aide notre bien réel à tous et de rejeter ce qui lui nuit[48].
Ces mêmes considérations devraient aussi s’appliquer à la gestion des épargnes personnelles, en les orientant par exemple vers des entreprises qui fonctionnent selon des critères clairs, inspirés d’une éthique respectueuse de tout l’homme et de tous les hommes, sur l’horizon de la responsabilité sociale[49]. Plus généralement, chacun est appelé à cultiver des pratiques de production de la richesse qui soient en accord avec notre caractère relationnel et qui tendent vers le développement intégral de la personne.
IV. Conclusion
34. Face à l’immensité et à l’omniprésence des systèmes économiques et financiers d’aujourd’hui, nous pourrions être tentés de nous résigner au cynisme et de penser que nos pauvres forces n’y peuvent faire que bien peu. En fait, chacun de nous peut faire beaucoup, surtout s’il ne reste pas seul.
De nombreuses associations provenant de la société civile représentent, dans cette ligne, une réserve de conscience et de responsabilité sociale dont on ne peut se passer. Aujourd’hui plus que jamais, nous sommes tous appelés à veiller comme des sentinelles de la vie saine et à devenir des interprètes d’un nouvel engagement social, en orientant notre action vers la recherche du bien commun et en la fondant sur des principes fermes de solidarité et de subsidiarité.
Même s’il peut sembler fragile et insignifiant, chaque geste de notre liberté s’appuie, s’il est vraiment orienté vers le bien authentique, sur Celui qui est le vrai Maître de l’histoire. Il s’inscrit dans une positivité qui dépasse nos pauvres forces, en se joignant de façon indissociable à tous les actes de bonne volonté dans un réseau qui relie le ciel et la terre, en véritable instrument d’humanisation de l’homme et du monde. C’est ce dont nous avons besoin pour bien vivre et nourrir une espérance qui soit à la hauteur de notre dignité d’êtres humains.
L’Église, Mère et Maîtresse, consciente d’avoir reçu le don d’un dépôt non mérité, offre aux hommes et aux femmes de tous les temps les ressources nécessaires pour une espérance fiable. Que Marie, la Mère du Dieu fait homme pour nous, prenne nos cœurs par la main et les guide dans la construction réfléchie du bien que son fils Jésus, grâce à son humanité renouvelée par le Saint-Esprit, est venu inaugurer pour le salut du monde.
Au cours d’une audience accordée au Secrétaire de la Congrégation pour la Doctrine de la Foi, Sa Sainteté le Pape a approuvé ces Considérations, adoptées par la Session Ordinaire de ce Dicastère et en a ordonné la publication.
Donné à Rome, le 6 janvier 2018, en la solennité de l’Épiphanie.
+ Luis F. Ladaria, S.I
Archevêque Titulaire de Thibica
Préfet de la Congrégation pourl a Doctrine de la Foi |
Peter Card. Turkson
Préfet du Dicastère
pour le Service du développement Intégral |
+ Giacomo Morandi
Archevêque Titulaire de Cerveteri
Secrétaire de la Congrégation pour la Doctrine de la Foi |
Bruno Marie Duffé
Secrétaire du Dicastèrepour le Service
du développement Intégral |
_______________________
[1] Conc. œcum. Vat. II, Const. dogm. Lumen gentium, n. 48.
[2] Cf. ibid., n. 5.
[3] François, Lettre enc. Laudato si’ (24 mai 2015), n. 231: AAS 107 (2015), 937; La Documentation catholique, 2519 (2015), p. 65.
[4] Cf. Benoît XVI, Lettre enc. Caritas in veritate (29 juin 2009), n. 59: AAS 101 (2009), 694; La Documentation catholique, 106 (2009), p. 784.
[5] Cf. Jean Paul II, Lettre enc. Fides et ratio (14 septembre 1998), n. 98: AAS 91 (1999), 81; La Documentation catholique, 95 (1998), p. 936.
[6] Cf. Commission théologique internationale, À la recherche d’une éthique universelle. Nouveau regard sur la loi naturelle, n. 87, Cité du Vatican 2009, 86; La Documentation catholique, 106 (2009), p. 837.
[7] François, Lettre enc. Laudato si’, n. 189: AAS 107 (2015), 922; La Documentation catholique, 2519 (2015), p. 55.
[8] Id., Exhort. apost. Evangelii gaudium (24 novembre 2013), n. 178: AAS 105 (2013), 1094; La Documentation catholique, 2513 (2014), p. 54.
[9] Cf. Conseil pontifical Justice et Paix, Note pour une réforme du système financier et monétaire international dans la perspective d’une autorité publique à compétence universelle, n. 1: L’Osservatore Romano, 24-25 octobre 2011, 6; La Documentation catholique, 108 (2011), p. 1023.
[10] Cf. François, Lettre enc. Laudato si’, n. 189: AAS 107 (2015), 922; La Documentation catholique, 2519 (2015), p. 55.
[11] Id., Exhort. apost. Evangelii gaudium, n. 53: AAS 105 (2013), 1042; La Documentation catholique, 2513 (2014), p. 21.
[12] Ibid., n. 58 : AAS 105 (2013), 1044; La Documentation catholique, 2513 (2014), p. 22.
[13] Cf. Conc. œcum. Vat. II, Déclaration Dignitatis humanae, n. 14.
[14] Benoît XVI, Lettre enc. Caritas in veritate (29 juin 2009), n. 45: AAS 101 (2009), 681; La Documentation catholique, 106 (2009), p. 776.
[15] Cf. ibid., n. 74 : AAS 101 (2009), 705; La Documentation catholique, 106 (2009), p. 790.
[16] Cf. François, Discours au Parlement européen (25 novembre 2014), Strasbourg: AAS 106 (2014), 997-998; La Documentation catholique, 2517 (2015), p. 91.
[17] Cf. Benoît XVI, Lettre enc. Caritas in veritate, n. 37 : AAS 101 (2009), 672; La Documentation catholique, 106 (2009), p. 771.
[18] Cf. ibid., n. 55 : AAS 101 (2009), 690; La Documentation catholique, 106 (2009), p. 781.
[19] Cf. Jean Paul II, Lettre enc. Sollecitudo rei socialis (30 décembre 1987), 42: AAS 80 (1988), 572; La Documentation catholique, 85 (1988), p. 252.
[20] Cf. Catéchisme de l’Église Catholique, n. 1908.
[21] Cf. François, Lettre enc. Laudato si’, n. 13 : AAS 107 (2015), 852; La Documentation catholique, 2519 (2015), p. 9; Exhort. apost. Amoris laetitia (19 mars 2016), n.44 : AAS 108 (2016), 327; La Documentation catholique, 2523 (2016), p. 17.
[22] Cf. par exemple, la devise Ora et labora, qui rappelle la Règle de saint Benoît de Nursie: dans sa simplicité, elle indique que la prière, en particulier liturgique, tout en nous ouvrant à la relation avec ce Dieu qui, en Jésus Christ et dans son Esprit, se révèle comme Bien et Vérité, offre aussi la forme appropriée et ouvre la voie pour construire un monde meilleur et plus vrai, c’est-à-dire plus humain.
[23] Cf. Jean Paul II, Lettre enc. Centesimus annus (1er mai 1991), nn. 17, 24, 42: AAS 83 (1991), 814, 821, 845; La Documentation catholique, 88 (1991), pp. 527, 530, 539.
[24] Cf. Pie XI, Lettre enc. Quadragesimo anno (15 mai 1931), n. 105: AAS 23 (1931), 210; Paul VI, Lettre enc. Populorum progressio (26 mars 1967), n. 9: AAS 59 (1967), 261; La Documentation catholique, 64 (1967), col. 677; François, Lettre enc. Laudato si’, n. 203: AAS 107 (2015), 927; La Documentation catholique, 2519 (2015), p. 59.
[25] Cf. François, Lettre enc. Laudato si’, n. 175: AAS 107 (2015), 916; La Documentation catholique, 2519 (2015), p. 51. À propos du lien nécessaire entre économie et politique, cf. Benoît XVI, Lettre enc. Caritas in veritate, n. 36: AAS 101 (2009), 671; La Documentation catholique, 106 (2009), p. 770: «L’activité économique ne peut résoudre tous les problèmes sociaux par la simple extension de la logique marchande. Celle-là doit viser la recherche du bien commun, que la communauté politique d’abord doit aussi prendre en charge. C’est pourquoi il faut avoir présent à l’esprit que séparer l’agir économique, à qui il reviendrait seulement de produire de la richesse, de l’agir politique, à qui il reviendrait de rechercher la justice au moyen de la redistribution, est une cause de graves déséquilibres».
[26] Cf. Benoît XVI, Lettre enc. Caritas in veritate, n. 58: AAS 101 (2009), 693; La Documentation catholique, 106 (2009), p. 783.
[27] Cf. Conc. œcum. Vat. II, Const. past., Gaudium et spes, n. 64.
[28] Cf. Pie XI, Lettre enc. Quadragesimo anno, n. 89: AAS 23 (1931), 206; Benoît XVI, Lettre enc. Caritas in veritate, n. 35: AAS 101 (2009), 670; La Documentation catholique, 106 (2009), p. 769; François, Exhort. apost. Evangelii gaudium, n. 204: AAS 105 (2013), 1105; La Documentation catholique, 2513 (2014), p. 61.
[29] Cf. François, Lettre enc. Laudato si’, n. 109: AAS 107 (2015), 891; La Documentation catholique, 2519 (2015), p. 34.
[30] Cf. Jean Paul II, Lettre enc. Laborem exercens (14 septembre 1981), n. 9: AAS 73 (1981), 598; La Documentation catholique, 78 (1981), p. 841.
[31] François, Exhort. apost. Evangelii gaudium, n. 53: AAS 105 (2013), 1042; La Documentation catholique, 2513 (2014), p. 21.
[32] Cf. Conseil pontifical Justice et Paix, Compendium de la doctrine sociale de l’Église, n. 369.
[33] Cf. Pie XI, Lettre enc. Quadragesimo anno, n. 132: AAS 23 (1931), 219; Paul VI, Lettre enc. Populorum progressio, n. 24: AAS 59 (1967), 269; La Documentation catholique, 64 (1967), col. 683.
[34] Cf. Catéchisme de l’Église Catholique, n. 2409.
[35] Cf. Paul VI, Lettre enc. Populorum progressio, n. 13: AAS 59 (1967), 263; La Documentation catholique, 64 (1967), col. 679. Certaines indications importantes ont déjà été données à ce sujet (cf. Conseil pontifical Justice et Paix, Note pour une réforme du système financier et monétaire international dans la perspective d’une autorité publique à compétence universelle, n. 4: L’Osservatore Romano, 24-25 octobre 2011, 7); La Documentation catholique, 108 (2011), p. 1027: il s’agit maintenant de poursuivre dans la ligne d’un tel discernement, en vue de favoriser un développement positif du système économique et financier, et de contribuer à l’élimination de ces structures d’injustice qui en limitent les potentialités bénéfiques.
[36] Cf. François, Lettre enc. Laudato si’, n. 198: AAS 107 (2015), 925; La Documentation catholique, 2519 (2015), p. 57.
[37] Cf. Conseil pontifical Justice et Paix, Compendium de la doctrine sociale de l’Église, n. 343.
[38] Cf. Benoît XVI, Lettre enc. Caritas in veritate, n. 35: AAS 101 (2009), 670; La Documentation catholique, 106 (2009), p. 769.
[39] François, Discours aux participants à la rencontre sur l’économie de communion, organisée par le mouvement des Focolari (4 février 2017): L’Osservatore Romano, 5 février 2017, 8.
[40] Cf. Jean Paul II, Lettre enc. Sollecitudo rei socialis, n. 28: AAS 80 (1988), 548; La Documentation catholique, 85 (1988), p. 244.
[41] Cf. Benoît XVI, Lettre enc. Caritas in veritate, n. 67: AAS 101 (2009), 700; La Documentation catholique, 106 (2009), p. 787.
[42] Cf. Conseil pontifical Justice et Paix, Note pour une réforme du système financier et monétaire international dans la perspective d’une autorité publique à compétence universelle, n. 1: L’Osservatore Romano, 24-25 octobre 2011, 6; La Documentation catholique, 108 (2011), p. 1023.
[43] Cf. ibid., n. 4: L’Osservatore Romano, 24-25 octobre 2011, 7; La Documentation catholique, 108 (2011), p. 1027.
[44] Cf. Benoît XVI, Lettre enc. Caritas in veritate, n. 45: AAS 101 (2009), 681; La Documentation catholique, 106 (2009), p. 776; François, Message pour la célébration de la 48e Journée mondiale de la paix (1er janvier 2015), n. 5: AAS 107 (2015), 66; La Documentation catholique, 2518 (2015), p. 64.
[45] Cf. Benoît XVI, Lettre enc. Caritas in veritate, n. 36: AAS 101 (2009), 671; La Documentation catholique, 106 (2009), p. 770.
[46] Cf. François, Lettre enc. Laudato si’, n. 189: AAS 101 (2015), 922; La Documentation catholique, 2519 (2015), p. 55.
[47] Cf. Benoît XVI, Discours pour les vœux au Corps diplomatique accrédité près le Saint-Siège (8 janvier 2007) : AAS 99 (2007), 73; La Documentation catholique, 104 (2007), pp. 113-119.
[48] Cf. Id., Lettre enc. Caritas in veritate, n. 66: AAS 101 (2009), 699 ; La Documentation catholique, 106 (2009), p. 787.
[49] Cf. Conseil pontifical Justice et Paix, Compendium de la doctrine sociale de l’Église, n. 358.
[00773-FR.01] [Texte original: Français]
Testo in lingua inglese
Oeconomicae et pecuniariae quaestiones
Considerations for an Ethical Discernment Regarding
Some Aspects of the Present Economic-Financial System
I. Introduction
1. Economic and financial issues draw our attention today as never before because of the growing influence of financial markets on the material well-being of most of humankind. What is needed, on the one hand, is an appropriate regulation of the dynamics of the markets and, on the other hand, a clear ethical foundation that assures a well-being realized through the quality of human relationships rather than merely through economic mechanisms that by themselves cannot attain it. This ethical foundation needs to inform a range of persons but especially those working in the fields of economy and finance. In this situation a synthesis of technical knowledge and human wisdom is essential. Without such a synthesis, every human activity tends to deteriorate. But where it exists, it can foster progress towards the integral and concrete well-being of the human person.
2. The integral development of every person, of every human community, and of all people, is the ultimate horizon of the common good that the Church, as the “universal sacrament of salvation [1] seeks to advance. In the fullness of the good, which has its origin and consummation in God and is fully revealed in Jesus Christ, the head over all things (cf. Eph 1:10), lies the ultimate goal of every ecclesial activity. Such well-being flourishes as an anticipation of the Kingdom of God, which the Church is called to proclaim and establish in every sphere of human enterprise[2], and is the special fruit of that charity which, as the bright path of ecclesial action, is expressed even in the social, civil and political realms. This love for society “makes itself felt in every action that seeks to build a better world. Love for society and commitment to the common good are eminent forms of a charity that affects not only relationships between individuals but also ‘macro-relationships, social, economic and political ones’.” That is why the Church sets before the world the ideal of a ‘civilization of love’”[3] Love for the integral good, inseparable from love for the truth, is the key to authentic development.
3. The Church pursues this aim with the certainty that in every culture, there are multiple areas of ethical agreement that express a common moral wisdom[4] and form the objective order upon which the dignity of the person is founded. From the solid and indispensable basis of such an order arise the clear and common principles that establish the fundamental rights and duties of the human person without which the control and abuse of the most powerful would come to dominate the entire human scene. This ethical order, rooted in the wisdom of God the Creator, is therefore the indispensable foundation for building a worthy community of persons, regulated by truly just laws. This is all the more evident where human beings, despite striving wholeheartedly for the good and the true, often succumb to vested interests, tyrannies, and iniquitous practices that cause grave suffering for all humanity, and especially for the weak and defenceless.
In order to liberate every realm of human activity from the moral disorder that so often afflicts it, the Church recognizes among her primary duties the responsibility to call everyone, with humble certainty, to clear ethical principles. The shared human reason, that ineffaceably characterizes every person, demands an enlightened discernment in this regard. Moreover, human rationality searches, in truth and justice, for the solid foundation that sustains its operation and maintains its sense of direction.[5]
4. Therefore, the proper orientation of reason can never be absent from any area of human activity. It follows that there can be no area of human action that legitimately claims to be either outside of or impermeable to ethical principles based on liberty, truth, justice and solidarity.[6] This is true for those areas in which the political and economic laws apply: “Today, with a view towards the common good, there is urgent need for politics and economics to enter into a frank dialogue in the service of life, especially human life.”[7]
Every human activity, in fact, is called to bear fruit, to use generously and equitably the gifts that God provides to all, and to nourish with lively confidence the seeds of goodness implanted in the whole of creation as a promise of abundance. The call to bear fruit is a continual invitation to human freedom, even if sin is always ready to undermine the original divine plan.
For this reason, God encounters man in Jesus Christ. Drawing us into the marvellous event of his Resurrection, he “redeems not only the individual person, but also the social relations existing between human persons”[8] and works for a new order of social relationships founded on the truth and love, and supplying yeast for the transformation of history. In such a way, he anticipates in the course of time that Kingdom of Heaven which he has come to proclaim and inaugurate in his person.
5. Although global economic well-being appears to have increased in the second half of the twentieth century with an unprecedented magnitude and speed, at the same time inequalities proliferate between various countries and within them.[9] Moreover, the number of people who live in conditions of extreme poverty continues to be enormous.
The recent financial crisis might have provided the occasion to develop a new economy, more attentive to ethical principles, and a new regulation of financial activities that would neutralise predatory and speculative tendencies and acknowledge the value of the actual economy. Although there have been many positive efforts at various levels which should be recognized and appreciated, there does not seem to be any inclination to rethink the obsolete criteria that continue to govern the world.[10] On the contrary, the response seems at times like a return to the heights of myopic egoism, limited by an inadequate framework that, excluding the common good, also excludes from its horizons the concern to create and spread wealth, and to eliminate the inequality so pronounced today.
6. At stake is the authentic well-being of a majority of the men and women of our planet who are at risk of being “excluded and marginalized”[11] from development and true well-being while a minority, indifferent to the condition of the majority, exploits and reserves for itself substantial resources and wealth. Therefore, it is time to initiate the recovery of what is authentically human, to expand the horizons of minds and hearts, to recognize faithfully the exigencies of the true and the good without which no social, political and economic system could avoid bankruptcy, failure, and, in the long term, collapse. Selfishness, in the end, does not pay while it makes everyone pay a high price; hence, if we want the real well-being of humanity, “Money must serve, not rule!”[12]
For this reason, the competent and responsible agents have the duty to develop new forms of economy and of finance, with rules and regulations directed towards the enlargement of the common good and respect for human dignity along the lines indicated by the social teachings of the Church. With this document, the Congregation for the Doctrine of the Faith, whose competence extends to moral questions, in collaboration with the Dicastery for Promoting Integral Human Development, offers some fundamental considerations and clarifications in support of such development and in defence of human dignity.[13] It is especially necessary to provide an ethical reflection on certain aspects of financial transactions which, when operating without the necessary anthropological and moral foundations, have not only produced manifest abuses and injustice, but also demonstrated a capacity to create systemic and worldwide economic crisis. This discernment is offered to all men and women of good will.
II. Fundamental Considerations
7. Some basic considerations are evident to all who seek to understand the historical situation in which we are now living. It is beyond the scope of this document to discuss the legitimate disagreements among their diverse theories and schools of thought (apart from the desire to contribute towards dialogue among them). Furthermore this document acknowledges that there do not exist universally valid economic formulas for every moment. Nevertheless, this document intends to offer an interpretation of the situation in which we find ourselves.
8. Every human reality and activity is something positive, if it is lived within the horizon of an adequate ethics that respects human dignity and is directed to the common good. This is valid for all institutions, for it is within them that human social life is born, and thus it is also true for markets at every level, including financial markets.
It must be noted that the systems that give life to the markets—before deploying the anonymous dynamics made possible by ever more sophisticated technologies—are in fact founded on relationships that involve the freedom of individual human beings. It is evident therefore that the economy, like every other sphere of human action, “needs ethics in order to function correctly — not any ethics whatsoever, but an ethics which is people-centred.” [14]
9. It is evident that without an appropriate vision of the human person, it is not possible to create an ethics, nor a practice, worthy of the dignity of the human person and the good that is truly common. In fact, however neutral and detached from every basic concept one may claim to be, every human action, even in the economic sphere, implies some conception of the human person and of the world, which reveals its value through both the effects and the developments it produces.
In this sense, our contemporary age has shown itself to have a limited vision of the human person, as the person is understood individualistically and predominantly as a consumer, whose profit consists above all in the optimization of his or her monetary income. The human person, however, actually possesses a uniquely relational nature and has a sense for the perennial search for gains and well-being that may be more comprehensive, and not reducible either to a logic of consumption or to the economic aspects of life.[15]
The fundamentally relational nature of the human person[16] is characterized essentially by a rationality that resists a reductionist view of one’s basic needs. In this regard, it is impossible to be silent in the face of today’s tendency to reify every exchange of “goods” as if it were no more than a mere exchange of “things.”
In reality, it is evident that in the transmission of goods among persons there is always something more than mere material goods at play, given the fact that the material goods are often vehicles of immaterial goods whose concrete presence or absence decisively determines the quality of these very economic relationships (for example, trust, equity, and cooperation). It is at this level that one can well understand that the logic of giving with nothing in return is not an alternative to, but rather is inseparable from and complementary to the exchange of equivalent goods.[17]
10. It is easy to note the advantages of a vision of the human person understood as constitutively inserted in a network of relationships that are in themselves a positive resource.[18] Every person is born within a familial environment, enjoying a set of pre-existing relationships without which life would be impossible. The human person develops through the stages of life thanks to pre-existing bonds that actualize one’s being in the world as freedom continuously shared. These are the original bonds that define the human person as a relational being who lives in what Christian Revelation calls “communion”.
This original nature of communion, while revealing in every human person a trace of the affinity with God who creates and calls one into a relationship with himself, is also that which naturally orients the person to the life of communion, the fundamental place for one’s fulfillment. One’s own recognition of this character, as an original and constitutive element of our human identity, allows us to look at others not primarily as potential competitors, but rather as possible allies, in the construction of the good that is authentic only if it is concerned about each and every person simultaneously.
Such relational anthropology helps the human person to recognize the validity of economic strategies that aim above all to promote the global quality of life that, before the indiscriminate expansion of profits, leads the way toward the integral well-being of the entire person and of every person. No profit is in fact legitimate when it falls short of the objective of the integral promotion of the human person, the universal destination of goods, and the preferential option for the poor.[19] These are three principles that imply and necessarily point to one another, with a view to the construction of a world that is more equitable and united.
For this reason, progress within an economic system cannot measured only by quantitative and profit-driven standards, but also on the basis of the well-being that extends a good that is not simply material. Every economic system is legitimate if it thrives not merely through the quantitative development of exchange but rather by its capacity to promote the development of the entire person and of every person. Well-being and development both demand and support each other,[20] calling for sustainable policies and perspectives far beyond the short term.[21]
In this regard, it is particularly desirable that institutions such as universities and business schools both foresee and provide, as a fundamental and not merely supplementary element of their curricula of studies, a formational dimension that educates the students to understand economics and finance in the light of a vision of the totality of the human person and avoids a reductionism that sees only some dimensions of the person. An ethics is needed to design such formation. The social doctrine of the Church would be a considerable help in this connection.
11. Well-being must therefore be measured by criteria far more comprehensive than the Gross Domestic Product of a nation (GDP), and must take into account instead other standards, for example, safety and security, the growth of “human capital”, the quality of human relationships and of work. Profit should to be pursued but not “at any cost”, nor as a totalizing objective for economic action.
The presence of humanistic standards and cultural expressions that value generosity turn out to be both useful and emblematic here. Thus the discovery and implementation of the true and just as good in themselves, become the norms for evaluation.[22] Profit and solidarity are no longer antagonists. In fact, where egoism and vested interests prevail, it is difficult for the human person to grasp the fruitful interchange between profit and gift, as sin tends to tarnish and rupture this relationship. In a fully human perspective, there is actualized an interchange between profit and solidarity that, thanks to the freedom of the human person, unleashes a great potential for the markets.
An enduring call to acknowledge the human quality of generosity comes from the rule formulated by Jesus in the Gospel, called the golden rule, which invites us to do to others what we would like them to do for us (cf. Mt 7, 12; Lk 6, 31).
12. Economic activity cannot be sustained in the long run where freedom of initiative cannot thrive.[23] It is also obvious today that the freedom enjoyed by the economic stakeholders, if it is understood as absolute in itself, and removed from its intrinsic reference to the true and the good, creates centers of power that incline towards forms of oligarchy and in the end undermine the very efficiency of the economic system.[24]
From this point of view, it is easy to see how, with the growing and all-pervasive control of powerful parties and vast economic-financial networks, those deputed to exercise political power are often disoriented and rendered powerless by supranational agents and by the volatility of the capital they manage. Those entrusted with political authority find it difficult to fulfil to their original vocation as servants of the common good, and are even transformed into ancillary instruments of interests extraneous to the good.[25]
These factors make all the more imperative a renewed alliance between economic and political agents in order to promote everything that serves the complete development of every human person as well as the society at large and unites demands for solidarity with those of subsidiarity.[26]
13. In principle, all the endowments and means that the markets employ in order to strengthen their distributive capacity are morally permissible, provided they do not turn against the dignity of the person and are not indifferent to the common good.[27]
At the same time, it is clear that markets, as powerful propellers of the economy, are not capable of governing themselves.[28] In fact, the markets know neither how to make the assumptions that allow their smooth running (social coexistence, honesty, trust, safety and security, laws, and so on) nor how to correct those effects and forces that are harmful to human society (inequality, asymmetries, environmental damage, social insecurity, and fraud).
14. Moreover, besides the fact that most of its operators are singularly animated by good and right intentions, it is impossible to ignore the fact that the financial industry, because of its pervasiveness and its inevitable capacity to condition and, in a certain sense, to dominate the real economy today, is a place where selfishness and the abuse of power have an enormous potential to harm the community.
For this reason, it must be noted that in the economic-financial world there are conditions in which some methods, though not directly unacceptable from an ethical point of view, still constitute instances of proximate immorality, that is, occasions that readily generate the kind of abuse and deception that can damage less advantaged counterparts. For instance, to commercialize certain financial instruments is in itself licit, but in a asymmetrical situation it would be possible to take advantage of a lack of knowledge or of the contractual weakness of either counterpart. In itself this amounts to a violation of due relational propriety, which is already a grave violation from an ethical point of view.
The complexity of numerous financial products currently renders such asymmetry an inherent element of the system itself and puts the buyers in a position inferior to those who commercialize these products—a situation that from several aspects leads to the surmounting of the traditional principle of caveat emptor. This principle, on the basis of which the responsibility to assess the quality of the good acquired should rest above all with the buyer, in fact presupposes a parity in the capacity to safeguard the proper interests of the contractors. This actually does not exist in many cases both from the evident hierarchical relationship that comes to be established in certain types of contracts (for example, between the lender and the borrower) as well as in the complex structuring of numerous financial instruments.
15. Money in itself is a good instrument, as are many other things at the disposal of the human person, and is a means to order one’s freedom and to expand one’s possibilities. Nevertheless, the means can easily turn against the person. Likewise, the financial dimension of the business world, focusing business on the access of money through the gateway of the world of stock exchange, is as such something positive. Such a phenomenon, however, today risks accentuating bad financial practices concentrated primarily on speculative transactions of virtual wealth, as well as negotiations of high frequency trading, where the parties accumulate for themselves an excessive quantity of capital and remove the capital from circulation within the real economy.[29]
What was sadly predicted a century ago has now come true today. Capital annuity can trap and supplant the income from work, which is often confined to the margins of the principal interests of the economic system. Consequently, work itself, together with its dignity, is increasingly at risk of losing its value as a “good” for the human person[30] and becoming merely a means of exchange within asymmetrical social relations.
Precisely in this inversion of the order between means and ends, where work as a good becomes an “instrument,” and money an “end”, the reckless and amoral “culture of waste” finds a fertile ground. It has marginalized great masses of the world’s population, deprived them of decent labor, and left them “without possibilities, without any means of escape”: “It is no longer simply the phenomenon of exploitation and oppression, but something new. Exclusion ultimately has to do with what it means to be a part of the society in which we live; those excluded are no longer society’s underside, or those on the fringes or its disenfranchised, but rather they are no longer even a part of it. The excluded are not the “exploited” but the outcast, the “leftovers”.[31]
16. In this regard, we cannot but think of the irreplaceable social function of credit whose performance looms large to qualified and reliable financial intermediaries. In this sphere, it is clear that applying excessively high interest rates, really beyond the range of the borrowers of funds, represents a transaction not only ethically illegitimate, but also harmful to the health of the economic system. As always, such practices, along with usurious activities, have been recognized by human conscience as iniquitous and by the economic system as contrary to its good functioning.
Here financial activity exhibits its primary vocation of service to the real economy: it is called to create value with morally licit means, and to favour a dispersion of capital for the purpose of producing a principled circulation of wealth.[32] For instance, very positive in this regard, and to be encouraged, are arrangements of cooperative credit, microcredit, as well as the public credit, in the service of families, businesses, the local economies, as well as credit to assist developing countries.
Especially in this context—where the positive potential of money can be best actualized--is it clear that it is morally illegitimate to expose to an undue risk the credit deriving from civil society by deploying it predominantly for speculative purposes.
17. What is morally unacceptable is not simply to profit, but rather to avail oneself of an inequality for one’s own advantage, in order to create enormous profits that are damaging to others; or to exploit one’s dominant position in order to profit by unjustly disadvantaging others, or to make oneself rich through harming and disrupting the collective common good.[33]
Such a practice is particularly deplorable from the moral point of view when the intention of profit by a few through the risk of speculation even in important funds of investment,[34] provokes artificial reduction of the prices of public debt securities, without regard to the negative impact or to the worsening of the economic situation of entire nations. This practice endangers not only the public efforts for rebalancing, but also the very economic stability of millions of families, and at the same time compels government authorities to intervene with substantial amounts of public money, even to the extent of artificially interfering in the proper functioning of political systems.
The speculative intention, often in today’s economic-financial environment, risks supplanting all other principal intentions that ground human freedom. This factor is devouring the immense patrimony of values that renders our civil society a place of peaceful coexistence, encounter, solidarity, renewed reciprocity and of responsibility for the common good. In this context, words such as “efficiency”, “competition”, “leadership”, and “merit” tend to occupy the entire space of our civil culture and assume a meaning that ends up in impoverishing the quality of exchanges, reducing them to mere numerical coefficients.
What is demanded is an initiative, above all, for the renewal of humanity in order to reopen the horizons towards that abundance of values which alone permits the human person to discover himself or herself, and to construct a society that is a hospitable and inclusive dwelling place with room for the weakest, and where wealth is used for the benefit of all—places where it is beautiful for human beings to live and easy for them to have hope.
III. Some Clarifications in Today’s Context
18. In order to offer concrete and specific ethical bearings to all economic and financial agents, from whom there come more and more appeals in this regard, we now present some further clarifications, formulated with a view to opening the paths by which human beings can become truly human by promoting both human dignity and the common good.[35]
19. Thanks to globalization and digitalization, the markets can be compared to a giant organism through whose veins, like life giving sap, flow huge amounts of money. This analogy allows us to speak of the “health” of such an organism when its means and structures are functioning well, and the growth and diffusion of wealth go hand in hand. The health of a system depends on the health of every single action performed. In a healthy market system, it is easier to respect and promote the dignity of the human person and the common good.
Correspondingly, every time unreliable economic-financial instruments are introduced and diffused, they put the growth and the diffusion of the wealth into serious danger creating systemic problems and risks that amount to the “intoxication” of the organism.
We understand the demand, felt more and more today, that public authorities should provide a certification for every product generated by financial innovation, in order to preserve the health of the system and prevent negative collateral effects. To favor economic health and to avoid manipulation are an inescapable moral imperative for all the stakeholders engaged in the markets. Also this demand shows how urgent is a supranational co-ordination among diverse structures of local financial systems.[36]
20. Such well-being nourishes itself on a multiplicity and diversity of resources, which form a kind of economic and financial “biodiversity”. This biodiversity represents an added value to the economic system and needs to be favored and safeguarded through adequate economic-financial policies, with the aim of assuring to the markets the presence of a plurality of persons and healthy instruments with a richness and diversity of characters. When it is positive, it is sustained and, on the contrary, by way of the negative, it hinders those who degrade the functionality of the system that produces and spreads wealth.
In this regard, it must be noted that the task of producing added value within the markets in a healthy way is realized by a unique function of cooperation. A loyal and intensive synergy of agents easily achieves that surplus of value towards which every economic achievement aims.[37]
When human beings recognize the fundamental solidarity that unites them with all of humanity, they realize that they cannot keep only for themselves the goods that they possess. When one habitually lives in solidarity, the goods that he or she possesses are used not only for one’s own needs, but they multiply themselves, also producing unexpected fruits for others.[38] It is here that we clearly notice how sharing may not be “only the distribution but also the multiplication of goods, the creation of new bread, of new goods, of new Good with a capital “G”.[39]
21. Experience and evidence over the last decades has demonstrated, on the one hand, how naive is the belief in a presumed self-sufficiency of the markets, independent of any ethics, and on the other hand, the compelling necessity of an appropriate regulation that at the same time unites the freedom and protection of every person and operates to create healthy and proper interactions, especially with regards to the more vulnerable. In this sense, political and economic-financial powers must remain distant and autonomous and at the same time directed, beyond all proximate harms, towards the realization of a good that is basically common, and not reserved only for a few privileged persons.[40]
Such regulation is made even more necessary in view of the fact that among the major reasons for the most recent economic crisis was the immoral behavior of agents in the financial world, where the supranational dimension of the economic system makes it easy to bypass the regulations established by individual countries. Moreover, the extreme volatility and mobility of capital investments in the financial world permit those who control them to operate smoothly beyond every norm that does not aim at an immediate profit, often blackmailing by a position of strength even legitimate political authority.
Hence, it is clear that the markets are in need of solid and strong bearings, macro-prudential rather than normative, more shared than uniform; there is also need of continuously updated regulations that can respond to market flux. Similar bearings must guarantee a serious control of the quality and reliability of every economic-financial product, especially of those more structured. In addition, when the velocity of the innovative processes produces excessive systemic risk, the economic operators must accept the obligations and limits that the common good demands, without attempting to bypass or diminish their purpose.
The current globalization of the financial system requires a stable, clear and effective coordination among various national regulatory authorities, with the possibility, and at times, the necessity of sharing binding decisions promptly when required, in the face of the threats to the common good. Such regulatory authorities must always remain independent and bound by the exigencies of equity and the public benefit. The understandable difficulties in this regard should not discourage the search for and imposition of concordant normative systems consolidated among different nations but with supranational scope.[41]
The regulations must favor a complete transparency regarding whatever is traded in order to eliminate every form of injustice and inequality, thus assuring the greatest possible equity in the exchange. Likewise, the asymmetrical concentration of information and power tends to strengthen the more stronger economic agents and thus to create hegemonies capable of unilaterally influencing not only the markets, but also political and regulatory systems. Moreover, where massive deregulation is practiced, the evident result is a regulatory and institutional vacuum that creates space not only for moral risk and embezzlement, but also for the rise of the irrational exuberance of the markets, followed first by speculative bubbles, and then by sudden, destructive collapse, and systemic crises.[42]
22. Systemic crisis can be more effectively avoided if there were a clear definition and separation among banking responsibilities for the management of credit, of the ordinary daily management of credit, of investment savings, and of mere business.[43] This is intended as much as possible to avoid situations of financial instability.
A healthy financial system also requires the maximum amount of information possible, so that every agent can protect his or her interests in full, and with complete freedom. It is in fact important to know if one’s capital is used for speculative purposes, and also to know the degree of risk and the adequate price of the financial products to which one subscribes. Much more than the usual savings of the familiar type, it is a public good to protect and search for an adverse optimization of risk. The saving itself, when entrusted in the expert hands of financial advisers, needs to be administered well, and not just managed.
Among the morally questionable activities of financial advisers in the management of savings, the following are to be taken into account: an excessive movement of the investment portfolio commonly aimed at increasing the revenues deriving from the commission for the bank or other financial intermediary; a failure from a due impartiality in offering instruments of saving, which, compared with some banks, the product of others would suit better the needs of the clients; the scarcity of an adequate diligence or even a malicious negligence on the part of financial advisers regarding the protection of related interests to the portfolio of their clients; and the concession of financing on the part of the banking intermediator in a subordinate manner to the contextual subscription of other financial products issued by the same, but not convenient to the client.
23. Every business creates an important network of relations and in its unique way represents a true intermediate social body with a proper culture and practices. Such culture and practices, while determining the internal organization of the enterprise, influence also the social fabric in which it operates. At this level, the Church recalls the importance of the social responsibility of each venture,[44] wherein the ad extra is congruent with the ad intra.
In this sense, wherever mere profit is placed at the summit of the culture of a financial enterprise, and the actual demands of the common good are ignored, every ethical claim is really perceived as irrelevant. This is reported today as a fact and is very much widespread even in the prestigious business schools. Every ethical claim is actually perceived as irrelevant and juxtaposed to the entrepreneurial action. This is very much highlighted from the fact that, in the organizational logic, those who do not adjust to business targets of this type are penalized both at the retributive level and at the level of professional recognition. In these cases, the objective of mere profit easily creates a perverse and selective logic that often favours the advancement of business leaders who are capable, but greedy and unscrupulous, and whose relationship with others is prevalently driven by a selfish and personal gain.
In addition, such logic has often pushed managements to establish economic policies aimed not at increasing the economic health of the companies that they serve, but at the mere profits of the shareholders, damaging therefore the legitimate interests of those who are bearing all of the work and service benefiting the same company, as well as the consumers and the various local communities (stakeholders). This is often incentivized by substantial remuneration in proportion to immediate results of management, but not likewise counterbalanced by equivalent penalization, in the case of failure of the objectives, though assuring greater profits to managers and shareholders in a short period, and thus ending up with forcing excessive risk, leaving the companies weak and impoverished of those economic energies that would have assured them adequate expectations for the future.
All of these factors easily create and diffuse a profoundly amoral culture—in which one often does not hesitate to commit a crime when the foreseen benefits exceed the expected penalty. Such behaviour gravely pollutes the health of every economic-social system It endangers the functionality and seriously harms the effective realization of that common good, upon which is necessarily founded every form of social institution.
Exactly here, the natural circularity that exists between profit, a factor intrinsically necessary for every economic system, and social responsibility, an essential element for the survival of any form of civil coexistence, reveals its full fruitfulness and exposes the indissoluble connection, that sin tends to hide, between the ethics respectful of persons and the common good, and the actual functionality of every economic financial system. Such virtuous circularity is favoured, for example, by the pursuit of the reduction of the risk of conflict with the stakeholders in order to nurture greater inner motivation of the employees of a company. The creation of added value here, the primary objective of the economic financial system, must demonstrate, with all of its implications, its practicality inside a solidified ethical system founded on a sincere search for the common good. Only from the recognition, and from the realization, of the intrinsic connection that exists between economic reasoning and ethical reasoning, can a good indeed spring forth, that may benefit all of humanity.[45] Therefore, in order to function well, the market needs anthropological and ethical prerequisites that it is neither capable of giving for itself, nor producing on its own.
24. If, on the one hand, credit-worthiness demands a prudent activity of selection for identifying the really worthy beneficiaries capable of innovation, protected from unhealthy collusions, then on the other hand, in order to withstand effectively the risks encountered, the banks must have a suitable management of assets, so that an eventual division of the losses may be limited to a greater extent and may fall above all on those actually responsible for losses.
Certainly, the delicate management of savings, besides appropriate legal regulation, calls for culturally adequate paradigms, together with the practice of careful revisiting, from an ethical perspective, the relationship between the bank and the customer, as well as a continuous defence of the legitimacy of all relevant transactions.
Along these lines, an interesting suggestion that should be tried out, is the institution of Ethical Committees within the banks, to support the Councils of Administration. This is done in so far as the banks are helped not only to protect their balance from the consequences of sufferings and loses, and towards an effective coherence between the collective mission and the financial practices, but also to adequately sustain the actual economy.
25. The creation of titles of credit is extremely risky. They operate under the guise of creating a fictitious value without proper quality control or a reliable assessment of credit, and can enrich those who arrange them, but easily creates insolvency to the detriment of those who then have to withdraw them. This is all the more so if the critical burden of these stocks are passed from the institute that issues them on to the market on which they are spread and diffused (for e.g. security of the subprime mortgages) This practice creates wide ranging harm, and potentially systemic difficulties. Such manipulation of the markets contradicts the necessary health of the economic-financial system, and is unacceptable from the point of view of the ethics respectful of the common good.
Every credit share must correspond to a potentially real value, and not merely to a presumed one that is difficult to verify. In this sense, a need for a public regulation, and an appraisal super partes of the work of the rating agencies of credit, becomes all the more urgent, with legal instruments that make it possible to sanction the distorted actions and to prevent the creation of a dangerous oligopoly on the part of a few. This is even more true in the presence of the system of credit brokerage, in which the responsibility of the credit granted is passed on from the original lender to those who assume them.
26. Some financial products, among which the so called “derivatives”, are created for the purpose of guaranteeing an insurance on the inherent risks of certain operations often containing a gamble made on the basis of the presumed value attributed to those risks. At the foundation of such financial instruments lay contracts in which the parties are still able to reasonably evaluate the fundamental risk on which they want to insure.
However, in some types of derivatives (in the particular the so-called securitizations) it is noted that, starting with the original structures, and linked to identifiable financial investments, more and more complex structures were built (securitizations of securitizations) in which it is increasingly difficult, and after many of these transactions almost impossible, to stabilize in a reasonable and fair manner their fundamental value. This means that every passage in the trade of these shares, beyond the will of the parties, effects in fact a distortion of the actual value of the risk from that which the instrument must defend. All these have encouraged the rising of speculative bubbles, which have been the important contributive cause of the recent financial crisis.
It is obvious that the uncertainty surrounding these products, such as the steady decline of the transparency of that which is assured, still not appearing in the original operation, makes them continuously less acceptable from the perspective of ethics respectful of the truth and the common good, because it transforms them into a ticking time bomb ready sooner or later to explode, poisoning the health of the markets. It is noted that there is an ethical void which becomes more serious as these products are negotiated on the so-called markets with less regulation (over the counter) and are exposed more to the markets regulated by chance, if not by fraud, and thus take away vital life-lines and investments to the real economy.
A similar ethical assessment can be also applied for those uses of credit default swap (CDS: they are particular insurance contracts for the risk of bankruptcy) that permit gambling at the risk of the bankruptcy of a third party, even to those who haven’t taken any such risk of credit earlier, and really to repeat such operations on the same event, which is absolutely not consented to by the normal pact or insurance.
The market of CDS, in the wake of the economic crisis of 2007, was imposing enough to represent almost the equivalent of the GDP of the entire world. The spread of such a kind of contract without proper limits has encouraged the growth of a finance of chance, and of gambling on the failure of others, which is unacceptable from the ethical point of view.
In fact, the process of acquiring these instruments, by those who do not have any risk of credit already in existence, creates a unique case in which persons start to nurture interests for the ruin of other economic entities, and can even resolve themselves to do so.
It is evident that such a possibility, if, on the one hand, shapes an event particularly deplorable from the moral perspective, because the one who acts does so in view of a kind of economic cannibalism, and, on the other hand, ends up undermining that necessary basic trust without which the economic system would end up blocking itself. In this case, also, we can notice how a negative event, from the ethical point of view, also harms the healthy functioning of the economic system.
Therefore, it must be noted, that when from such gambling can derive enormous damage for entire nations and millions of families, we are faced with extremely immoral actions, it seems necessary to extend deterrents, already present in some nations, for such types of operations, sanctioning the infractions with maximum severity.
27. A central point of the dynamism that rules the financial markets is the level of the taxation of interests relative to interbank loans (LIBOR), whose measurement acts as the guide for the rates of interest in the monetary market, as well as in the rate of the official exchange of the different currencies handled by the banks.
These are some of the important parameters which have significant effect on the entire economic-financial system as they influence daily the substantial transfer of money between parties that approve contracts actually based upon the measure of these rates. The manipulation of the measuring of these rates constitutes a severe ethical violation with wide ranging consequences.
The fact that this could have happened impunitively for many years shows how fragile and exposed to fraud is a financial system not sufficiently controlled by regulations, and lacking proportionate sanctions for the violations in which its stakeholders often encounter. In this environment, the establishment of real “networks” of connivance, among those persons who were instead predisposed for the correct fixing of those rates, form, by coincidence, a criminal association, particularly harmful for the common good, which inflicts a dangerous wound to the health of the economic system. It must be penalized with adequate punishments and be discouraged from repetition.
28. Today the principal agents that operate in the world of finance, especially the banks, must be endowed with internal organisms, which ensure a function of compliance, or of self-control of the legitimacy of the major steps in the decision-making process and of the major products offered by the company. However, it is necessary to point out that, at least until the very recent past, the practice of the economic-financial system is often significantly based on a purely “negative” judgment of the function of compliance, that is to say, on a merely formal respect of the limits established by the law. Unfortunately, from this arose also the frequency of a practice, elusive of normative controls, wherein actions were directed toward bypassing the normative principles in place without contradicting explicitly the norms themselves in order to escape sanctions.
In order to avoid this, it is therefore necessary that the judgement of compliance enter on the merit of various operations from “positive” perspective that seeks verify their effective correspondence with the principles that inform the current norms. According to many, the execution of the function in this manner would be facilitated if it helped the institution of Ethical Committees, operating along with the Councils of Administration, which may constitute a natural interlocutor made up of those who should guarantee, in the concrete functioning of the bank, the conformity of behaviour to the existing norms.
In this sense, it is important that within the company there would be some guidelines which allow the facilitation of a similar corresponding judgement, so that one can discern in fact, which ones, among the operations, may technically be achievable and practical from the ethical point of view (a question that arises, for instance, in a very relevant way for the practices of tax avoidance). In such a way, one may pass from a merely formal adherence to a substantial respect of the regulations.
Moreover, it is desirable that even in the normative regulatory system, the financial world may foresee a general clause that declares illegitimate, with consequent accountability of the assets, all the persons to whom these are attributable, and whose predominant aim may be predominantly to bypass the existing norms.
29. It is no longer possible to ignore certain phenomena in the world, such as the spreading of the collateral banking systems (Shadow banking system). These, although well understood within themselves, and also the types of intermediaries whose functioning does not immediately appear disapproved, in fact have led to the loss of control over the system on the part of various authorities of national securities. Hence, they have knowingly favored the use of the so-called creative financing in which the primary aim of the investment of the financial resources is above all speculative in character, if not predatory, and not a service to the actual economy. For instance, many agree that the existence of such “shadow” systems may be one of the contributing causes that advanced the development, and the global diffusion, of the recent economic-financial crisis started in the USA with subprime mortgages in the summer of 2007.
30. Such speculative intent, on which the world of offshore finance thrives, while offering also other legitimate services, through the widely diffused channels of tax avoidance, if not directly of evasion and the recycling of money deriving from crimes, contributes to an additional impoverishment of the normal system of production and of the distribution of goods and services. It is difficult to distinguish if many such situations give life to particular instances of proximate or immediate immorality. Certainly, it is by now evident that such realities, where they unjustly subtract vital nourishment from the real economy, can hardly find justification both from the ethical point of view and from the point of view of the global efficiency of the economic system itself.
On the contrary, there seems to be all the more evident a negligible degree of correlation between the unethical behaviors of the operators and the existing bankruptcies of the system in its complexity. It is now undeniable that ethical scarcity exacerbates the imperfections of the mechanisms of the market.[46]
In the second half of the last century, the offshore market of euro-dollars, the financial space of exchange outside every official normative framework, was born. The market expanded from an important European country to other countries of the world, paving way to a real alternative financial network to the official financial system and the jurisdictions that protect them.
It must be noted, in this regard, if the formal reason which is given to legitimize the presence of the offshore sites is that of permitting the institutional investors not to be subjected to a double taxation; firstly in the country of their residence and secondly in the countries where the funds are domiciled, in reality, these places, to a considerable extent, have become an opportunity for financial operations often border line, if not beyond the pale, both from the point of view of their lawfulness under the normative profile and from that of ethics, meaning an economic culture, healthy and free from the intentions of tax avoidance.
Today, more than the half of the commercial world is orchestrated by noteworthy persons that cut down their tax burden by moving the revenues from one site to another according to their convenience, transferring the profits into fiscal havens, and the costs into the countries of higher taxation. It appears clear that all these have removed decisive resources from the actual economy and contributed to the creation of economic systems founded on inequality. Furthermore, it is not possible to ignore the fact that those offshore sites, on more occasions, have become usual places of recycling dirty money, which is the fruit of illicit income (thefts, frauds, corruption, criminal associations, mafia, war booties etc.)
Thereby disguising the fact that the so-called offshore operations do take place in their official financial places, some States have consented to obtain profit even from crimes, thinking however of not being responsible as the crimes did not take place formally under their jurisdiction. This represents, from the moral point of view, an evident form of hypocrisy.
In a short period, such a market has become a place of major transition of capital, because its configuration represents an easy way for realizing different and essential forms of tax avoidance. Therefore, we understand that the offshore domestication of many important societies involved in the market is very much coveted and practiced.
31. Certainly, the tax system prepared by the various nations does not seem to be always equal. In this regard, it is relevant to keep in mind how such inequity often disadvantages the economically weaker persons and favors the more endowed, and is capable of influencing even the normative systems that regulate the same taxes. In fact, an imposition of the taxes, when it is equal, performs a fundamental function of equalization and redistribution of the wealth not only in favor of those who need appropriate subsidies, but it also supports the investments and the growth of the actual economy.
Tax avoidance on the part of primary stakeholders, those large financial intermediaries, who move in the market, indicate an unjust removal of resources from the actual economy, and this is damaging for the civil society as a whole.
Due to the non-transparency of those systems, it is difficult to establish with precision the amount of assets that are transacted in them. However, it was calculated that a minimum tax on the transactions accomplished offshore would be sufficient to resolve a large part of the problem of hunger in the world: why can’t we undertake courageously the way of a similar initiative?
Furthermore, it has been established that the existence of offshore sites has encouraged also an enormous outflow of capital from many countries of low income, thus creating numerous political and economic crises, impeding them from finally undertaking the path of growth and a healthy development.
For this reason, it is worth mentioning that more often different international institutions have denounced these practices and many governments have righty tried to limit the flow of the offshore financial bases. Many positive efforts have been undertaken in this regard, especially in the last decade. However, they could not successfully impose accords and norms adequately efficient until now. On the contrary, the normative frames proposed even by the international authoritative organizations in this regard have been often unapplied, or made ineffective, because of the notable influence that those bases are capable of exercising towards many political powers, thanks to the large amount of capital in their possession.
All this, while contributing grave damage to the good functionality of the actual economy, indicates a structure that, as it is formed today, seems to be totally unacceptable from the ethical point of view. Hence, it is necessary and urgent to prepare at the international level the suitable remedies to those unjust systems. Above all, practicing financial transparency at every level, (for example, the obligation of public accountability for the multinational companies of the respective activities and the taxes paid in each country in which they operate through their subsidiary groups) along with incisive sanctions, imposed on those countries that repeat the dishonest practices (tax evasion and avoidance, recycling of dirty money) mentioned above.
32. The offshore system has also ended up aggravating the public debt of the countries whose economies are less developed. It was in fact observed how the accumulated private wealth of some elites in the fiscal havens is almost equal to the public debt of the respective countries. This highlights how, in fact, at the origin of that debt there are often economic losses created by private persons and unloaded on the shoulders of the public system. Moreover, it is noted that important economic players tend to follow, often with the collusion of the politicians, a practice of division of the losses.
However, it is good to point out how often the public debt is also created by an incautious, if not fraudulent, management of the public administrative system. These debts, those financial losses that burden the various nations, pose today one of the major obstacles to good functioning and growth of the various national economies. Numerous national economies are in fact burdened by having to cope with the payment of interest, which derives from that debt, and must therefore dutifully undertake structural adjustments to suit this need.
In the face of all of this, on the one hand, the individual States are called to protect themselves with appropriate management of the public system through wise structural reforms, sensible allocation of expenses, and prudent investments. On the other hand, it is necessary at the international level to put every country in front of its unavoidable responsibility to allow and favor the reasonable exit routes from the spirals of debt, not placing it on the shoulders of the States, and therefore on that of their citizens, meaning upon millions of families carrying untenable financial burdens.
So also the effort is mediated politically, by way of a reasonable and concurred reduction of the public debt, especially of the kind held by persons of such economic solidity capable of offering it.[47] Similar solutions are required both for the health of the international economic system in view of avoiding the contagion of a potentially systematic crisis, as well as for the pursuit of the common good of all people mutually.
33. All that we have been talking about so far is not only the work of an entity that operates out of our control, but that is also in the sphere of our responsibilities. This means that we have within our reach important instruments capable of contributing towards the solutions of many problems. For instance, the markets live thanks to the supply and demand of goods. In this regard, every one of us can influence in a decisive manner by giving shape to that demand.
It becomes therefore quite evident how important a critical and responsible exercise of consumption and savings actually is. Shopping, for example, a daily engagement with which we procure the necessities of living, is also a form of a choice that we exercise among the various products that the market offers. It is a choice through which we often opt, in an unconscious way, for goods, whose production possibly takes place through supply chains in which the violation of the most elementary human rights is normal or, thanks to the work of the companies, whose ethics in fact do not know any interest other than that of profit of their shareholders at any cost.
It is necessary to train ourselves to make the choice for those goods on whose shoulders lies a journey worthy from the ethical point of view, because also through the gesture, apparently banal, of consumption, we actually express an ethics and are called to take a stand in front of what is good or bad for the actual human person. Someone spoke of the proposal to “vote with your wallet”. This is in reference to voting daily in the markets in favor of whatever helps the concrete well-being of all of us, and rejecting whatever harms it.[48]
They must also have the same considerations towards the management of their savings, for instance, directing them towards those enterprises that operate with clear criteria inspired by an ethics respectful of the entire human person, and of every particular person, within the horizon of social responsibility.[49] Furthermore, in general, each one is called to cultivate procedures of producing wealth that may be consistent with our relational nature and tend towards an integral development of the human person.
IV. Conclusion
34. In front of the massiveness and pervasiveness of today’s economic-financial systems, we could be tempted to abandon ourselves to cynicism, and to think that with our poor forces we can do very little. In reality, every one of us can do so much, especially if one does not remain alone.
Numerous associations emerging from civil society represent in this sense a reservoir of consciousness, and social responsibility, of which we cannot do without. Today as never before we are all called, as sentinels, to watch over genuine life and to make ourselves catalysts of a new social behavior, shaping our actions to the search for the common good, and establishing it on the sound principles of solidarity and subsidiarity.
Every gesture of our liberty, even if it appears fragile and insignificant, if it is really directed towards the authentic good, rests on Him who is the good Lord of history and becomes part of a buoyancy that exceeds our poor forces, uniting indissolubly all the actions of good will in a web that unites heaven and earth, which is a true instrument of the humanization of each person, and the world as a whole. This is all that we need for living well and for nourishing a hope that may be at the height of our dignity as human persons.
The Church, Mother and Teacher, aware of having received in gift an undeserved deposit, offers to the men and women of all times the resources for a dependable hope. Mary, Mother of God made man for us, may take our hearts in hand and guide them in the wise building of that good that her Son Jesus, through his humanity made new by the Holy Spirit, has come to inaugurate for the salvation of the world.
The Sovereign Pontiff Francis, at the Audience granted to the undersigned Secretary of the Congregation for the Doctrine of the Faith, has approved these Considerations adopted in the Ordinary Session of this Dicastery and ordered its publication.
Rome, January 6, 2018, the Solemnity of the Epiphany of the Lord.
+ Luis F. Ladaria, S.I.
Titular Archbishop of Thibica
Prefect of the Congregation
for the Doctrine nof the Faith |
Peter Card. Turkson
Prefect of the Dicastery
for Promoting Integral Human Development |
+ Giacomo Morandi
Titular Archbishop of Cerveteri
Secretary of the Congregation
for the Doctrine of the Faith |
Bruno Marie Duffé
Secretary of the Dicasteryf
or Promoting Integral Human Development |
________________________
[1] Second Vatican Ecumenical Council, Dogmatic Constitution on the Church Lumen gentium, 48.
[2] Cf. ibid., 5.
[3] Francis, Encyclical Letter Laudato si’ (24 May 2015), 231: AAS 107 (2015), 937.
[4] Cf. Benedict XVI, Encyclical Letter Caritas in veritate (29 June 2009), 59: AAS 101 (2009), 694.
[5] Cf. John Paul II, Encyclical Letter Fides et ratio (14 September 1998), 98: AAS 91 (1999), 81.
[6] Cf. International Theological Commission, In Search of a Universal Ethic: A New Look at the Natural Law, 87: ttp://www.vatican.va/roman_curia/congregations/cfaith/cti_documents/rc_con_cfaith_doc_20090520_legge- naturale_en.html.
[7] Francis, Encyclical Letter Laudato si’, 189: AAS 107 (2015), 922.
[8] Id., Apostolic Exhortation Evangelii gaudium (24 November 2013), 178: AAS 105 (2013), 1094.
[9] Cf. Pontifical Council for Justice and Peace, Towards Reforming the International Financial and
Monetary Systems in the Context of Global Public Authority, 1: L’Osservatore Romano (24-25 October 2011), 6.
[10] Cf. Francis, Encyclical Letter Laudato si’, 189: AAS 107 (2015), 922.
[11] Id., Apostolic Exhortation Evangelii gaudium, 53: AAS 105 (2013), 1042.
[12] Ibid., 58: AAS 105 (2013), 1044.
[13] Cf. Second Vatican Ecumenical Council, Declaration on Religious Freedom Dignitatis humanae, 14.
[14] Benedict XVI, Encyclical Letter Caritas in veritate (29 June 2009), 45: AAS 101 (2009), 681.
[15] Ibid., 74: AAS 101 (2009), 705.
[16] Cf. Francis, Address to the European Parliament (25 November 2014), Strasbourg: AAS 106 (2014), 997-998.
[17] Cf. Benedict XVI, Encyclical Letter Caritas in veritate, 37: AAS 101 (2009), 672.
[18] Cf. ibid., 55: AAS 101 (2009), 690.
[19] Cf. John Paul II, Encyclical Letter Sollecitudo rei socialis (30 December 1987), 42: AAS 80 (1988), 572.
[20] Cf. Catechism of the Catholic Church, 1908.
[21] Cf. Francis, Encyclical Letter Laudato si’, 13: AAS 107 (2015), 852; Apostolic Exhortation Amoris Laetitia (19 March 2016), 44: AAS 108 (2016), 327.
[22] Cf. For example, the motto Ora et Labora that recalls the Rule of St. Benedict of Nursia, in its simplicity, indicates that prayer, especially liturgical, while opening for us a relationship with God who, in Jesus Christ and in his Spirit, reveals himself as the Good and True, also offers in this manner the appropriate form as well as the way to construct a better and truer world that is more human.
[23] Cf. John Paul II, Encyclical Letter Centesimus annus (1 May 1991), 17, 24, 42: AAS 83 (1991), 814, 821, 845.
[24] Cf. Pius XI, Encyclical Letter Quadragesimo anno (15 May 1931), 105: AAS 23 (1931), 210; PAUL VI, Encyclical Letter Populorum progressio (26 March 1967), 9: AAS 59 (1967), 261; Francis, Encyclical Letter Laudato si’, 203: AAS 107 (2015), 927.
[25] Cf. Francis, Encyclical Letter Laudato si’, 175. On the necessary connection between economy and politics cf. Benedict XVI, Encyclical Letter Caritas in veritate, 36: “Economic activity cannot solve all social problems through the simple application of commercial logic. This needs to be directed towards the pursuit of the common good, for which the political community in particular must also take responsibility. Therefore, it must be borne in mind that grave imbalances are produced when economic action, conceived merely as an engine for wealth creation, is detached from political action, conceived as a means for pursuing justice through redistribution.”
[26] Cf. Benedict XVI, Encyclical Letter Caritas in veritate, 58: AAS 101 (2009), 693.
[27] Cf. Second Vatican Ecumenical Council, The Pastoral Constitution on the Church in the Modern World Gaudium et spes, 64.
[28] Cf. Pius XI, Encyclical Letter Quadragesimo anno, 89: AAS 23 (1931), 206; Benedict XVI, Encyclical Letter Caritas in veritate, 35: AAS 101 (2009), 670; Francis, Apostolic Exhortation Evangelii gaudium, 204: AAS 105 (2013), 1105.
[29] Cf. Francis, Encyclical Letter Laudato si’, 109: AAS 107 (2015), 891.
[30] Cf. John Paul II, Encyclical Letter Laborem exercens (14 September 1981), 9: AAS 73 (1981), 598.
[31] Francis, Apostolic Exhortation Evangelii gaudium, 53: AAS 105 (2013), 1042.
[32] Cf. Pontifical Council for Justice and Peace, Compendium of the Social Doctrine of the Church, 369.
[33] Cf. Pius XI, Encyclical Letter Quadragesimo anno, 132: AAS 23 (1931), 219; Paul VI, Encyclical Letter Populorum progressio, 24: AAS 59 (1967), 269.
[34] Cf. Catechism of the Catholic Church, 2409.
[35] Cf. Paul VI, Encyclical Letter Populorum progressio, 13. Some important indications were already offered in this regard (cf. Pontifical Council for Justice and Peace, Towards Reforming the International Financial and Monetary Systems in the Context of Global Public Authority, 4: L’Osservatore Romano, 24-25 October 2011, 7). We now intend to proceed in the line of a similar discernment in order to encourage a positive development of the economic-financial system and to contribute towards the elimination of those unjust structures that limit potential benefits of them.
[36] Cf. Francis, Encyclical Letter Laudato si’ ,198: AAS 107 (2015), 925.
[37] Cf. Pontifical Council for Justice and Peace, Compendium of the Social Doctrine of the Church, 343.
[38] Cf. Benedict XVI, Encyclical Letter Caritas in veritate, 35: AAS 101 (2009), 670.
[39] Francis, Address to Participants in the Meeting "Economy of Communion", Sponsored by the Focolare Movement (4 February 2017): L’Osservatore Romano (5 February 2017), 8.
[40] Cf. John Paul II, Encyclical Letter Sollecitudo rei socialis, 28: AAS 80 (1988), 548.
[41] Cf. Benedict XVI, Encyclical Letter Caritas in veritate, 67: AAS 101 (2009), 700.
[42] Cf. Pontifical Council for Justice and Peace, Towards Reforming the International Financial and Monetary Systems in the Context of Global Public Authority, 1: L’Osservatore Romano (24-25 October 2011), 6.
[43] Cf. ibid., 4: L’Osservatore Romano (24-25 October 2011), 7.
[44] Cf. Benedict XVI, Encyclical Letter Caritas in veritate, 45: AAS 101 (2009), 681; Francis, Message for the Celebration of the 48th World Day of Peace (1 January 2015), 5: AAS 107 (2015), 66.
[45] Cf. Benedict, Encyclical Letter Caritas in veritate, 36: AAS 101 (2009), 671.
[46] Cf. Francis, Encyclical Letter Laudato si’, 189: AAS 107 (2015), 922.
[47] Cf. Benedict XVI, Address to the Diplomatic Corps accredited to the Holy See (8 January 2007): L’Osservatore Romano (8-9 January 2007), 6-7.
[48] Cf. Id., Encyclical Letter Caritas in veritate, 66: AAS 101 (2009), 699.
[49] Cf. Pontifical Council for Justice and Peace, Compendium of the Social Doctrine of the Church, 358.
[00773-EN.01] [Original text: English]
Testo in lingua tedesca
Oeconomicae et pecuniariae quaestiones
Erwägungen zu einer ethischen Unterscheidung bezüglich einiger Aspekte
des gegenwärtigen Finanzwirtschaftssystems
I. Einführung
1. Themen im Bereich der Ökonomie und der Finanzwirtschaft stehen heute mehr denn je im Fokus unseres Interesses. Grund dafür ist der wachsende Einfluss, den die Märkte auf den materiellen Wohlstand eines großen Teils der Menschheit ausüben. Das macht einerseits eine entsprechende Regulierung ihrer Dynamiken erforderlich. Andererseits bedarf es einer klaren ethischen Grundlage, die dem erreichten Wohlstand jene Qualität an menschlichen Beziehungen gewährt, welche die wirtschaftlichen Mechanismen allein nicht hervorbringen können. Eine solche ethische Grundlage wird heute von verschiedener Seite eingefordert, besonders von jenen, die in der Finanzwirtschaft tätig sind. Gerade in diesem Bereich zeigt sich nämlich, wie notwendig die Verbindung zwischen technischem Wissen und menschlicher Weisheit ist, ohne die alles menschliche Tun zum Scheitern verurteilt ist. Wo aber diese Verbindung gegeben ist, kann es für den Menschen ein Voranschreiten auf dem Weg eines realen, ganzheitlichen Wohlstands geben.
2. Die ganzheitliche Förderung jeder Person, jeder menschlichen Gemeinschaft und der ganzen Menschheit ist der letzte Horizont jenes Gemeinwohls, das die Kirche als «allumfassendes Heilssakrament»[1] verwirklichen möchte. In diesem ganzheitlichen Wohl, dessen Ursprung und Vollendung letztendlich in Gott liegen und das in Jesus Christus, in dem alles zusammengefasst ist (vgl. Eph 1,10), vollkommen offenbart wurde, liegt der letzte Zweck allen kirchlichen Tuns. Dieses Wohl ist eine Vorwegnahme jenes Reiches Gottes, das die Kirche zu verkünden und in jedem Bereich menschlichen Wirkens aufzurichten gerufen ist[2]. Und es ist die besondere Frucht jener Liebe, die als Königsweg des kirchlichen Handelns auch im sozialen, zivilen und politischen Bereich zum Ausdruck kommen muss. Diese Liebe «zeigt sich bei allen Gelegenheiten, die zum Aufbau einer besseren Welt beitragen. Die Liebe zur Gesellschaft und das Engagement für das Gemeinwohl sind ein hervorragender Ausdruck der Nächstenliebe, die nicht nur die Beziehungen zwischen den einzelnen Menschen angeht, sondern auch die „Makro-Beziehungen – in gesellschaftlichen, wirtschaftlichen und politischen Zusammenhängen“. Darum schlug die Kirche der Welt das Ideal der „Kultur der Liebe“ vor»[3]. Die Liebe zum ganzheitlichen Wohl, die untrennbar mit der Liebe zur Wahrheit verbunden ist, bildet den Schlüssel zum wahren Fortschritt.
3. Erstrebt wird dies in der Gewissheit, dass es in allen Kulturen zahlreiche ethische Konvergenzen gibt, die Ausdruck einer gemeinsamen moralischen Weisheit sind[4], auf deren objektive Ordnung die Würde der Person gegründet ist. In der soliden, unverfügbaren Basis dieser Ordnung, die klare gemeinsame Prinzipien bietet, wurzeln die grundlegenden Rechte und Pflichten des Menschen. Ohne diese Ordnung gewinnen Willkür und „das Recht des Stärkeren“ in den menschlichen Beziehungen die Oberhand. Diese in der Weisheit des Schöpfergottes verwurzelte ethische Ordnung ist also das unentbehrliche Fundament für den Aufbau einer menschenwürdigen Gesellschaft, die von Gesetzen geregelt wird, deren Maßstab wirkliche Gerechtigkeit ist. Dies gilt umso mehr, wenn wir bedenken, dass die Menschen in ihrem Herzen zwar nichts mehr ersehnen als das Wohl und die Wahrheit, sich aber doch oft parteilichen Interessen beugen und zu Missbräuchen und Ungerechtigkeiten hinreißen lassen, die der ganzen Menschheit, vor allem den Wehrlosen und Schwachen, unsägliches Leid zufügen.
Um alle Bereiche des Lebens von dieser moralischen Unordnung zu befreien, die das menschliche Tun so oft in Mitleidenschaft zieht, betrachtet die Kirche es als eine ihrer vorrangigen Aufgaben, alle Menschen mit demütiger Gewissheit an einige klare ethische Prinzipien zu erinnern. Die menschliche Vernunft, die jede Person unverkennbar auszeichnet, erfordert in dieser Hinsicht eine Unterscheidung, die Klarheit bringt. Denn schon immer sucht die Vernunft des Menschen in der Wahrheit und in der Gerechtigkeit jenes solide Fundament, auf welches sich das menschliche Tun stützen kann. Sie ahnt, dass sie ohne dieses Fundament ihre Ausrichtung verlieren würde[5].
4. Die rechte Ausrichtung der Vernunft darf also in keinem Bereich des menschlichen Tuns fehlen. Das bedeutet, dass kein Bereich des menschlichen Handelns rechtmäßig beanspruchen kann, ohne eine Ethik auszukommen oder für eine Ethik unzugänglich zu sein, die auf Freiheit, Wahrheit, Gerechtigkeit und Solidarität gegründet ist[6]. Dies trifft auch auf jene Bereiche zu, in denen die Gesetze der Politik und der Wirtschaft gelten: «Im Hinblick auf das Gemeinwohl besteht für uns heute die dringende Notwendigkeit, dass Politik und Wirtschaft sich im Dialog entschieden in den Dienst des Lebens stellen, besonders in den des menschlichen Lebens»[7].
In der Tat soll jede menschliche Tätigkeit Frucht bringen, indem der Mensch großzügig und gerecht jene Gaben gedeihen lässt, die Gott ursprünglich allen zur Verfügung gestellt hat, und mit reger Zuversicht jene Samen des Guten aussät, die als Verheißung der Fruchtbarkeit in die gesamte Schöpfung eingeschrieben sind. Dieser Ruf ist eine bleibende Einladung an die menschliche Freiheit, auch wenn die Sünde immer danach trachtet, diesen ursprünglichen Plan Gottes zu vereiteln.
Das ist der Grund, weshalb Gott dem Menschen in Jesus Christus entgegen kommt. Indem er uns in das wunderbare Ereignis seiner Auferstehung hineinnimmt, «erlöst er nicht nur die Einzelperson, sondern auch die sozialen Beziehungen»[8], und wirkt auf eine neue – in Wahrheit und Liebe gegründete – Ordnung gesellschaftlicher Beziehungen hin, die fruchtbarer Sauerteig für die Verwandlung der Geschichte sein kann. Auf diese Weise gibt Christus uns schon in dieser Zeit einen Vorgeschmack auf jenes Himmelreich, das anzukündigen er selbst als Mensch auf die Erde gekommen ist.
5. Obwohl der wirtschaftliche Wohlstand in der zweiten Hälfte des 20. Jahrhunderts überall auf der Welt in einem nie gekannten Ausmaß und Tempo zugenommen hat, ist zu bedenken, dass im selben Zeitraum die Ungleichheiten zwischen den Ländern und innerhalb der Länder größer geworden sind[9]. Auch ist die Zahl der Menschen, die in extremer Armut leben, nach wie vor ungeheuer hoch.
Die jüngste Finanzkrise hätte uns die Gelegenheit bieten können, eine neue Wirtschaft zu entwickeln, die größeren Wert auf ethische Prinzipien legt und die Finanzgeschäfte neuen Regelungen unterwirft, um ausbeuterischen und spekulativen Absichten einen Riegel vorzuschieben und den Dienst an der Realwirtschaft in den Vordergrund zu stellen. Wenn auch auf verschiedenen Ebenen viele positive Schritte gemacht wurden, die Anerkennung und Wertschätzung verdienen, ist ein Überdenken jener überholten Kriterien, die immer noch die Welt beherrschen, ausgeblieben[10]. Manchmal hat es sogar den Anschein, als wäre ein oberflächlicher, kurzsichtiger Egoismus zurückgekehrt, der das Gemeinwohl missachtet und nicht daran interessiert ist, Wohlstand zu schaffen und zu verbreiten oder stark ausgeprägte Ungerechtigkeiten zu beseitigen.
6. Was hier auf dem Spiel steht, ist der authentische Wohlstand eines Großteils der Männer und Frauen unseres Planeten, die Gefahr laufen, immer mehr an den Rand gedrängt, ja sogar von Fortschritt und wirklichem Wohlstand «ausgeschlossen» und wie «Abfall»[11] behandelt zu werden. Denn einige wenige beuten wertvolle Ressourcen und Reichtümer aus und beanspruchen diese für sich selbst, ohne auf das Wohl des Großteils ihrer Mitmenschen Rücksicht zu nehmen. Es ist daher an der Zeit, das Augenmerk wieder auf die wahre Menschlichkeit zu richten, die Horizonte von Geist und Herz zu erweitern, um in Redlichkeit die Erfordernisse der Wahrheit und des Gemeinwohls zu erkennen, ohne die jedes soziale, politische und wirtschaftliche System am Ende zum Scheitern, zur Implosion verurteilt ist. Wie immer deutlicher wird, macht sich Egoismus auf lange Sicht nicht bezahlt, sondern bewirkt letzten Endes nur, dass alle einen viel zu hohen Preis zahlen müssen. Wenn wir also das wirkliche Wohl des Menschen wollen, dann dürfen wir nicht vergessen: «Das Geld muss dienen und nicht regieren!»[12].
In erster Linie obliegt es den kompetenten Führungskräften, neue Wirtschafts- und Finanzsysteme einzuführen, deren Methoden und Regeln die Entwicklung des Gemeinwohls anstreben und auf dem sicheren Pfad der kirchlichen Soziallehre die Menschenwürde achten. Mit diesem Dokument möchte die Kongregation für die Glaubenslehre, deren Zuständigkeit sich auch auf Fragen moralischer Natur bezieht, in Zusammenarbeit mit dem Dikasterium für den Dienst zugunsten der ganzheitlichen Entwicklung des Menschen einige grundlegende Erwägungen und Präzisierungen vorlegen, die dieser Entwicklung und dem Schutz der Menschenwürde zugutekommen sollen[13]. Besonders notwendig erscheint eine ethische Reflexion über einige Aspekte der Finanzvermittlung, deren Loslösung von angemessenen anthropologischen und moralischen Grundlagen nicht nur offensichtliche Missbräuche und Ungerechtigkeiten zur Folge hatte, sondern auch Systemkrisen von weltweitem Ausmaß verursacht hat. Es geht um eine Unterscheidung, die allen Männern und Frauen guten Willens angeboten wird.
II. Grundlegende Erwägungen
7. Einige grundlegende Erwägungen stehen heute all jenen deutlich vor Augen, welche die geschichtliche Situation, in der wir leben, ehrlich zur Kenntnis nehmen. Diese gelten unabhängig von allen Theorien und Denkschulen, in deren legitime Diskussionen dieses Dokument nicht eingreifen, sondern zu deren Dialog es vielmehr beitragen will. Dabei muss man sich freilich bewusst bleiben, dass es keine wirtschaftlichen Patentrezepte gibt, die immer und überall gelten.
8. Jede menschliche Realität und Tätigkeit ist positiv, wenn sie im Horizont einer angemessenen Ethik gelebt wird, also im Respekt vor der Menschenwürde und mit Blick auf das Gemeinwohl. Das gilt für alle Institutionen, die im Zusammenleben der Menschen entstehen. Es gilt auch für die Märkte auf allen Ebenen, einschließlich der Finanzmärkte.
In diesem Zusammenhang ist anzumerken, dass auch jene Systeme, die aus den Märkten hervorgehen, nicht so sehr auf anonyme Dynamiken gegründet sind, welche durch immer kompliziertere Techniken entstehen, sondern auf Beziehungen, die ohne das Mitwirken der Freiheit einzelner Menschen nicht aufgebaut werden könnten. Daraus ergibt sich, dass die Wirtschaft, wie jedes andere menschliche Tun, «für ihr korrektes Funktionieren die Ethik braucht; nicht irgendeine Ethik, sondern eine menschenfreundliche Ethik» [14].
9. Es ist klar, dass es ohne eine angemessene Sicht des Menschen nicht möglich ist, eine Ethik oder eine Praxis zu begründen, die dem hohen Anspruch der Menschenwürde und eines Wohls, das wirklich das Wohl aller ist, entspricht. Alles menschliche Tun – auch im wirtschaftlichen Bereich –, so neutral oder von jeder Grundvorstellung losgelöst es auch zu sein vorgibt, impliziert doch immer ein Verständnis des Menschen und der Welt, das seine positive oder negative Ausrichtung durch seine Auswirkungen und den hervorgebrachten Fortschritt zeigt.
In diesem Sinn zeigt sich in unserer Zeit eine verkürzte Sicht des Menschen: nämlich jene des individualistisch verstandenen Menschen, der in erster Linie Konsument ist und dessen Gewinn vor allem in der Optimierung seiner finanziellen Einkünfte bestünde. Die menschliche Person besitzt aber eine ureigene relationale Natur und eine Rationalität, die immer nach einem Gewinn und einem Wohlergehen streben, welche umfassend sind und nicht auf die Logik des Konsums oder die wirtschaftlichen Aspekte des Lebens reduziert werden können[15].
Diese grundlegend relationale Natur des Menschen[16] ist wesentlich von einer Rationalität gekennzeichnet, die jeder Reduzierung seiner Grundbedürfnisse auf bloße Dinge entgegensteht. Diesbezüglich kann nicht mehr verschwiegen werden, dass heute die Tendenz besteht, jeden Austausch von Gütern auf einen bloßen Austausch von Dingen zu reduzieren.
In Wirklichkeit ist es offenkundig, dass es bei der Weitergabe von Gütern unter Menschen immer um mehr geht als um rein materielle Dinge. Schließlich sind die materiellen Güter oft Träger anderer – immaterieller – Werte, deren konkretes Vorhanden- oder Nicht-Vorhandensein auch die Qualität der wirtschaftlichen Beziehungen entscheidend beeinflusst (zum Beispiel Vertrauen, Gerechtigkeit, Zusammenarbeit, usw.). Gerade hier wird deutlich, dass die Logik des Geschenks ohne Gegenleistung keine Alternative zum Austausch von einander entsprechenden Gütern ist, sondern komplementär und untrennbar damit verbunden[17].
10. Leicht können die Vorteile einer Sicht des Menschen erkannt werden, in der die Person als Wesen verstanden wird, das konstitutiv in ein Geflecht von Beziehungen eingebunden ist, welche eine an sich positive Ressource sind[18]. Jede Person wird in einem familiären Umfeld geboren, also in einem Netz von Beziehungen, die ihr vorausgehen und ohne die sie nicht existieren würde. Die Etappen ihres Lebens geht sie stets dank der Beziehungen, die ihr Dasein in der Welt als Form einer immer wieder neu geteilten Freiheit verwirklichen. Gerade diese ursprünglichen Beziehungen zeigen, dass der Mensch ein relationales Wesen ist und grundlegend von dem geprägt wird, was die christliche Offenbarung „Gemeinschaft“ nennt.
Dieser ureigene gemeinschaftliche Wesenszug, der in jedem Menschen eine Spur der Affinität mit jenem Gott aufzeigt, der ihn erschaffen hat und zu einer Beziehung der Gemeinschaft mit sich ruft, richtet ihn zugleich auf natürliche Weise auf das gemeinschaftliche Leben aus, das der grundlegende Ort seiner vollen Verwirklichung ist. Diesen Wesenszug als ursprünglich konstitutives Element unserer menschlichen Identität zu erkennen, macht es möglich, die anderen nicht in erster Linie als potentielle Konkurrenten zu sehen, sondern als mögliche Verbündete im Aufbau eines Wohls, das erst dann echt ist, wenn es alle und jeden Einzelnen zugleich betrifft.
Eine solche Anthropologie der Beziehungen hilft dem Menschen, den Wert von wirtschaftlichen Strategien zu erkennen, die vor allem die globale Lebensqualität im Blick haben, und nicht bloß die kritiklose Anhäufung von Profit. Es geht also um ein Wohl, das – wenn es ein solches sein soll – immer ganzheitlich ist, das den ganzen Menschen und alle Menschen betrifft. Kein Profit ist nämlich rechtmäßig, wenn der Horizont der ganzheitlichen Förderung der menschlichen Person, der universalen Bestimmung der Güter und der vorrangigen Option für die Armen fehlt[19]. Diese drei Prinzipien sind eng miteinander verflochten. Sie bedingen einander im Mühen um den Aufbau einer Welt, die gerechter und solidarischer ist.
Deswegen kann kein wirtschaftliches System als Fortschritt verstanden werden, wenn es allein von den Maßstäben der Quantität und der Effizienz beim Schaffen von Profit ausgeht. Vielmehr muss es auch nach der Lebensqualität bemessen werden, die es hervorbringt, und nach dem sozialen Wohlstand, den es verbreitet: einem Wohlstand, der nicht auf bloß materielle Aspekte reduziert werden darf. Jedes Wirtschaftssystem rechtfertigt seine Existenz nämlich nicht nur durch rein quantitatives Wachstum des wirtschaftlichen Austausches, sondern vor allem durch seine Eignung, die Entwicklung des ganzen Menschen und aller Menschen zu gewährleisten. Wohlstand und Entwicklung brauchen und stützen einander[20]. Das macht nachhaltige politische Maßnahmen und Perspektiven erforderlich, die weit über den gegenwärtigen Moment hinausgehen[21].
Zu diesem Zweck ist es wünschenswert, dass die Universitäten und Business Schools – nicht nur am Rand oder nebenbei, sondern als festen Bestandteil – in ihren Lehrplänen Ausbildungskurse vorsehen, die dazu helfen, Ökonomie und Finanzwirtschaft im Licht einer ganzheitlichen und nicht bloß auf einige Dimensionen reduzierten Sicht des Menschen sowie einer Ethik, die diese ausdrückt, zu verstehen. Eine große Hilfe bietet in diesem Sinn beispielsweise die kirchliche Soziallehre.
11. Der Wohlstand muss daher an Kriterien gemessen werden, die weit über das Bruttoinlandsprodukt (BIP) eines Landes hinausgehen und auch andere Maßstäbe in Betracht ziehen, wie zum Beispiel Sicherheit, Gesundheit, Wachstum des „menschlichen Kapitals“, Qualität des gesellschaftlichen Lebens und der Arbeit. Der Profit wird zwar immer angestrebt werden, doch nie „um jeden Preis“ und nie als alleiniger umfassender Bezugspunkt des wirtschaftlichen Handelns.
Wichtig sind dabei humanisierende Denkmuster sowie kulturelle Ausdrucksformen und Mentalitäten, in denen die Unentgeltlichkeit – also die Entdeckung und Umsetzung des Wahren und Gerechten als etwas in sich Gutes – zur Bemessungsgrundlage wird[22] und wo Gewinn und Solidarität nicht länger Dinge sind, die einander widersprechen. Wo nämlich Egoismus und parteiliche Interessen vorherrschen, ist es für den Menschen schwer, jenen fruchtbaren Kreislauf zwischen Gewinn und Gabe zu erkennen, den die Sünde zu verdunkeln und zu durchbrechen droht. In einer wahrhaft menschlichen Perspektive entsteht hingegen ein positiver Kreislauf zwischen Profit und Solidarität, der dank des freien Tuns des Menschen das ganze positive Potential der Märkte freisetzen kann.
Wie sehr dieses Prinzip der Unentgeltlichkeit dem Menschen entspricht, zeigt auch die Goldene Regel, die Jesus im Evangelium formuliert hat und nach der wir eingeladen sind, alles, was wir von anderen erwarten, auch ihnen zu tun (vgl. Mt 7, 12; Lk 6, 31).
12. Kein wirtschaftliches Tun kann lange Bestand haben, wenn es nicht ein Klima gesunder Handlungsfreiheit gibt[23]. Heute ist aber ebenso klar: Wenn die Freiheit der Wirtschaftstreibenden absolut verstanden und von dem ihr innewohnenden Bezug zur Wahrheit und zum Guten losgelöst wird, dann tendiert sie zur Schaffung von Machtzentren und Formen von Oligarchie, die letztendlich der Effizienz des Wirtschaftssystems schaden[24].
In dieser Hinsicht ist immer deutlicher zu sehen, wie angesichts der wachsenden, alles durchdringenden Macht einflussreicher Marktakteure und großer finanzwirtschaftlicher Netzwerke jene, die eigentlich mit der Ausübung der politischen Macht betraut sind, nur noch mit Mühe ihrer ursprünglichen Berufung entsprechen, Diener des Gemeinwohls zu sein. Oft sind sie durch die Übernationalität dieser Akteure und die Volatilität des von ihnen verwalteten Kapitals desorientiert und ohnmächtig gemacht. Manchmal lassen sie sich auch dazu hinreißen, sich dem Gemeinwohl widersprechenden Interessen zu unterwerfen[25].
All das macht ein erneuertes Bündnis zwischen Akteuren der Wirtschaft und der Politik umso dringlicher. Es geht um die Förderung dessen, was der umfassenden Entwicklung des Menschen und der gesamten Gesellschaft dient, wobei auch die Anforderungen der Solidarität mit jenen der Subsidiarität zu verbinden sind[26].
13. Prinzipiell sind alle Systeme und Mittel, welche die Märkte nutzen, um ihre Verteilungskapazitäten zu vermehren, moralisch zulässig, insofern sie die Menschenwürde und die Ausrichtung auf das Gemeinwohl achten[27].
Ebenso offensichtlich ist aber auch, dass das mächtige Triebwerk der Wirtschaft, nämlich die Märkte, nicht imstande ist, sich selbst zu regulieren[28]. Denn die Märkte können nicht die Voraussetzungen schaffen, die ihren ordnungsgemäßen Ablauf garantieren (sozialer Zusammenhalt, Aufrichtigkeit, Vertrauen, Sicherheit, Gesetze, usw.), und auch nicht die Wirkungen und Ausdrucksformen korrigieren, die der menschlichen Gesellschaft zum Schaden gereichen (Ungleichheiten, Asymmetrien, Schädigung der Umwelt, soziale Unsicherheit, Betrug, usw.).
14. Auch wenn viele Akteure persönlich von guten und berechtigten Absichten geleitet sind, darf auch nicht unbeachtet bleiben, dass die Finanzindustrie heute aufgrund ihrer Verbreitung und ihrer unstrittigen Kapazität, die Realwirtschaft zu beeinflussen und – in gewissem Sinn – zu dominieren, ein Ort ist, wo Egoismen und Missbräuche ein für die Allgemeinheit zerstörerisches Potential haben, das seinesgleichen sucht.
An dieser Stelle muss darauf verwiesen werden, dass es in der Finanzwirtschaft Situationen gibt, in denen einige Vorgangsweisen zwar vielleicht nicht unmittelbar als ethisch inakzeptabel bewertet werden können, aber doch Fälle von unmittelbarer Nähe zur Unmoral darstellen. Das sind Situationen, in denen es sehr leicht zu Missbrauch und Betrug kommt, vor allem gegenüber denen, die sich in einer weniger günstigen Ausgangslage befinden. Wenn man beispielsweise in einer Situation der Asymmetrie mit Finanzmitteln handelt, die an sich legitim sind, dabei aber Wissenslücken oder vertragliche Schwächen einer beteiligten Partei ausnützt, ist dies ein Vergehen gegen die geschuldete Korrektheit in der Beziehung und deshalb bereits ein ethisch schwerwiegender Verstoß.
Die Komplexität zahlreicher Finanzprodukte macht diese Asymmetrie in der gegenwärtigen Situation zu einem dem System selbst innewohnenden Aspekt. Dies setzt die Käufer in eine Position der Unterlegenheit gegenüber den Fachleuten, die mit diesen Produkten wirtschaften. Aus diesem Grund wurde von verschiedener Seite verlangt, den alten Grundsatz Caveat emptor aufzugeben. Gemäß diesem Grundsatz würde vor allem dem Käufer die Verantwortung zukommen, die Qualität des erworbenen Gutes festzustellen. Dieses Prinzip setzt voraus, dass die Parteien die gleiche Fähigkeit besitzen, die Eigeninteressen zu schützen. Dies ist aber heute in vielen Fällen nicht gegeben, und zwar sowohl wegen der offensichtlich hierarchischen Beziehung, die manche Arten von Verträgen mit sich bringen (zum Beispiel zwischen Darlehensgeber und Darlehensnehmer), als auch wegen der komplexen Strukturierung zahlreicher Finanzinstrumente.
15. Wie viele Dinge, die der Mensch besitzt, ist auch das Geld an sich ein gutes Mittel, das seiner Freiheit zur Verfügung steht und der Erweiterung seiner Möglichkeiten dient. Dieses Mittel kann sich aber leicht gegen den Menschen kehren. So ist auch die Finanzierung von Unternehmen am freien Kapitalmarkt, der Unternehmen durch den Eintritt in den freien Handel der Börse Zugang zum Geld ermöglicht, an sich positiv. Dieses Phänomen läuft heute jedoch Gefahr, die Finanzialisierung der Wirtschaft zu begünstigen. Denn der virtuelle Reichtum, der sich vor allem auf Transaktionen konzentriert, die durch bloße Spekulationsabsichten und durch Hochfrequenzhandel (High Frequency Trading) gekennzeichnet sind, zieht exzessive Kapitalmengen an sich und entzieht diese so dem positiven Kreislauf der Realwirtschaft[29].
Was vor mehr als einem Jahrhundert vorausgesagt wurde, hat sich leider inzwischen bewahrheitet: Der Ertrag aus dem Kapital stellt eine echte Bedrohung dar und riskiert, den Ertrag aus der Arbeit zu überrunden, der im Wirtschaftssystem oft nur noch eine Randbedeutung hat. Daraus folgt, dass die Arbeit mit ihrer Würde nicht nur immer stärker bedroht ist, sondern auch Gefahr läuft, nicht länger ein Gut für den Menschen zu sein[30], sondern zu einem bloßen Tauschmittel im Inneren von asymmetrisch gemachten sozialen Beziehungen zu werden.
In dieser Umkehrung der Beziehung zwischen Mittel und Zweck, die das Gut der Arbeit zur „Ware“ degradiert und in der das Geld vom Mittel zum „Zweck“ wird, findet die skrupellose amoralische „Wegwerfkultur“ fruchtbaren Boden, die breite Massen der Bevölkerung ausgegrenzt hat, sie einer würdigen Arbeit beraubt und sie so «ohne Aussichten, ohne Ausweg» lässt: «Es geht nicht mehr einfach um das Phänomen der Ausbeutung und der Unterdrückung, sondern um etwas Neues: Mit der Ausschließung ist die Zugehörigkeit zu der Gesellschaft, in der man lebt, an ihrer Wurzel getroffen, denn durch sie befindet man sich nicht in der Unterschicht, am Rande oder gehört zu den Machtlosen, sondern man steht draußen. Die Ausgeschlossenen sind nicht „Ausgebeutete“, sondern Müll, „Abfall“»[31].
16. In diesem Zusammenhang kommt man nicht umhin, an die unverzichtbare soziale Funktion des Kredits zu denken, dessen Gewähr in erster Linie qualifizierten und zuverlässigen Finanzintermediären obliegt. In diesem Bereich scheint klar, dass die Festsetzung unangemessen hoher, für die Darlehensnehmer nicht tragbarer Zinsraten nicht nur unter ethischem Gesichtspunkt unzulässig ist, sondern auch der Gesundheit des Wirtschaftssystems schadet. Das menschliche Gewissen hat solche Vorgehensweisen und Wucherpraktiken schon immer als ungerecht empfunden. Sie stehen auch dem guten Funktionieren des Wirtschaftssystems entgegen.
Hier zeigt sich, dass die Sendung der Finanzwirtschaft vor allem darin besteht, der Realwirtschaft zu dienen. Sie hat die Aufgabe, mit moralisch legitimen Mitteln Werte zu schaffen und eine Liquidierung des Kapitals zu begünstigen, damit ein nützlicher Kreislauf des Reichtums entstehen kann[32]. Überaus positiv und fördernswert sind in diesem Zusammenhang beispielsweise Kreditunionen, Mikrokredite, wie auch öffentliche Kredite, die Familien, Unternehmen und lokalen Gemeinschaften zugutekommen, sowie Hilfskredite für Entwicklungsländer.
Nirgends wird deutlicher als in diesem Bereich, in dem das Geld sein ganzes positives Potential entfalten kann, dass es unter ethischem Gesichtspunkt nicht legitim ist, von der Zivilgesellschaft gewährte Kredite einem ungebührlich hohen Risiko auszusetzen, indem man sie für vorwiegend spekulative Zwecke nutzt.
17. Ein unter ethischem Gesichtspunkt unannehmbares Phänomen ist nicht der Gewinn an sich, sondern das Ausnutzen einer Asymmetrie zu eigenen Gunsten, um beträchtliche Profite zum Schaden anderer anzuhäufen. Das geschieht, wenn jemand die eigene Machtposition ungerecht zum Nachteil anderer ausnutzt, oder wenn jemand sich bereichert, indem er den allgemeinen Wohlstand schädigt oder stört[33].
Ein solches Vorgehen erweist sich als moralisch besonders beklagenswert, wenn sich die nur auf Gewinn ausgerichtete Absicht einiger weniger – vielleicht durch beträchtliche Investmentfonds – mit einer gewagten Spekulation[34], die auf eine künstliche Senkung der Preise für Staatsanleihen abzielt, bedenkenlos darüber hinwegsetzt, dass die wirtschaftliche Lage ganzer Länder negativ, ja sogar dramatisch beeinflusst werden kann. Auf diese Weise setzt man nicht nur öffentliche Sanierungsprojekte aufs Spiel, sondern auch die wirtschaftliche Stabilität von Millionen von Familien. Das zwingt wiederum die Regierungen, mit großen Summen öffentlicher Gelder einzugreifen, und führt dazu, dass sogar auf das korrekte Funktionieren der politischen Systeme künstlich Einfluss genommen wird.
Die Spekulationsabsicht läuft heute besonders im finanzwirtschaftlichen Bereich Gefahr, alle anderen grundlegenden Absichten zu verdrängen, die der menschlichen Freiheit Substanz verleihen. Dieser Umstand untergräbt den immensen Wertereichtum, der das Fundament unserer Zivilgesellschaft bildet und sie zu einem Ort des friedlichen Zusammenlebens, der Begegnung, der Solidarität, der regenerierenden Reziprozität und der Verantwortung für das Gemeinwohl macht. In diesem Zusammenhang hat es den Anschein, dass Worte wie „Effizienz“, „Wettbewerb“, „Leadership“, „Verdienst“ den ganzen Raum unserer gesellschaftlichen Kultur beherrschen und eine Bedeutung erlangen, die letztendlich zur Verarmung der Qualität der Tauschgeschäfte führt und diese auf bloße Zahlenspiele reduziert.
Es ist daher notwendig, dass der Mensch wieder in den Mittelpunkt gestellt wird, damit die Horizonte für jenen Überfluss an Werten geöffnet werden können, der allein es dem Menschen erlaubt, sich selbst zu finden, Gesellschaften aufzubauen, die Orte der Gastfreundschaft und der Inklusion sind, wo es Raum gibt für die Schwachen und wo der Reichtum zum Vorteil aller genutzt wird. Es braucht Orte, wo es für den Menschen schön ist zu leben, und leicht ist zu hoffen.
III. Einige Präzisierungen im heutigen Kontext
18. Um allen Akteuren aus Ökonomie und Finanzwirtschaft, auch auf deren Bitten hin, konkrete ethische Bezugspunkte anzubieten, sollen nun einige Präzisierungen vorlegt werden. Dabei geht es um eine Unterscheidung, die Wege für das offen hält, was den Menschen wirklich zum Menschen macht und was es ihm verbietet, seine Würde und das Gemeinwohl aufs Spiel zu setzen[35].
19. Dank der Fortschritte der Globalisierung und der Digitalisierung kann der Markt heute mit einem großen Organismus verglichen werden, durch dessen Venen wie ein „Lebenssaft“ gewaltige Mengen von Kapital fließen. Wenn wir diese Analogie beibehalten, können wir auch von einer „Gesundheit“ dieses Organismus sprechen: Dies trifft dann zu, wenn seine Mittel und Strukturen das gute Funktionieren des Systems garantieren, in dem Wachstum und Verbreitung des Reichtums miteinander Schritt halten. Die Gesundheit des Systems hängt von der Gesundheit der einzelnen Handlungen ab, die vorgenommen werden. Wenn das System Markt gesund ist, dann ist es leichter, dass auch die Würde der Menschen und das Gemeinwohl geachtet und gefördert werden.
Wenn hingegen nicht vertrauenswürdige Wirtschafts- und Finanzinstrumente eingesetzt werden, die das Wachstum und die Verbreitung des Reichtums ernsthaft gefährden und sich auch für das System als kritisch und gefährlich erweisen, kann von einer „Vergiftung“ dieses Organismus gesprochen werden.
Das erklärt das heute zunehmend verspürte Bedürfnis, alle Produkte, die eine Finanzinnovation darstellen, durch eine Regulierungsbehörde zertifizieren zu lassen, um die Gesundheit des Systems zu bewahren und negativen Begleiterscheinungen zuvorzukommen. Für alle Akteure, die mit den Märkten zu tun haben, ist es auch unter wirtschaftlicher Rücksicht ein unausweichlicher moralischer Imperativ, die Gesundheit zu fördern und die Vergiftung zu vermeiden. Das wiederum zeigt die Dringlichkeit einer überstaatlichen Koordinierung der verschiedenen Strukturen lokaler Finanzsysteme[36].
20. Diese Gesundheit nährt sich von einer Vielzahl mannigfaltiger Ressourcen, die eine Art wirtschaftliche und finanzielle „Biodiversität“ schaffen. Für das Wirtschaftssystem ist die Diversität ein Mehrwert, der auch durch eine entsprechende Wirtschafts- und Finanzpolitik gefördert und geschützt werden muss. Das Ziel besteht darin sicherzustellen, dass die Märkte über eine Vielzahl gesunder Akteure und Instrumente mit Reichtum und Verschiedenartigkeit verfügen. Das bewirkt einerseits positiv, dass deren Aktivität gefördert wird, und verhindert andererseits, dass das Funktionieren des Systems, das Reichtum hervorbringt und verbreitet, negativ beeinträchtigt wird.
In diesem Zusammenhang ist festzuhalten, dass der Zusammenarbeit bei der Aufgabe, im Innern der Märkte auf gesunde Weise einen Mehrwert hervorzubringen, eine besondere Rolle zukommt. Ein ehrliches und intensives Miteinander der Akteure führt leicht zu jenem Mehr an Wert, das heute jeder Wirtschaftsplan anstrebt[37].
Wenn der Mensch die grundlegende Solidarität erkennt, die ihn mit allen seinen Mitmenschen verbindet, weiß er auch, dass er die Güter, über die er verfügt, nicht für sich allein behalten kann. Ist die Solidarität ein fester Bestandteil seines Lebens, werden die Güter, über die er verfügt, nicht nur für seine eigenen Bedürfnisse verwendet. Sie nehmen zu und tragen so oft auch unerwartet Frucht für die anderen[38]. Gerade hier wird einmal mehr deutlich, dass Gemeinschaft «nicht nur Teilen» ist, «sondern auch Vermehrung der Güter, Herstellung neuen Brotes, neuer Güter, Schaffung des neuen Guten schlechthin»[39].
21. Die Erfahrung der letzten Jahrzehnte hat deutlich gezeigt, wie „naiv“ das Vertrauen in eine vermeintliche funktionelle Unabhängigkeit der Märkte ist, die keiner Ethik unterliegt. Andererseits ist klar, wie notwendig eine angemessene Regelung der Märkte ist, welche die Freiheit und zugleich den Schutz aller gewährleistet, die darin in gesunder und korrekter Weise agieren, vor allem der Schwächeren unter ihnen. In diesem Sinn müssen die politischen Machthaber und die finanzwirtschaftlichen Verantwortungsträger stets unterschieden und unabhängig bleiben, aber zugleich ohne alle schädliche Komplizenschaft danach streben, ein Wohl zu verwirklichen, das der Ausrichtung nach für alle bestimmt ist und nicht nur wenigen privilegierten Akteuren vorbehalten wird[40].
Eine solche Regelung erscheint noch dringlicher, wenn wir bedenken, dass einer der Hauptgründe für die jüngste Finanzkrise das unmoralische Verhalten von Exponenten der Finanzwelt war, und dass es die inzwischen überstaatlich gewordene Dimension des Wirtschaftssystems leicht macht, die in den einzelnen Ländern eingeführten Regeln zu umgehen. Dank der extremen Volatilität und Mobilität des Kapitals in der Finanzwelt ist es jenen, die darüber verfügen, ein Leichtes, sich über jede Norm hinwegzusetzen, die keinen unmittelbaren Profit verspricht. Oft benutzen sie ihre Vormachtstellung auch dazu, sich die jeweilige politische Macht gefügig zu machen.
Es ist also klar, dass die Märkte solide und sichere Orientierungspunkte in Form von Makrovorsichtsmaßregeln und auch von normativen Richtlinien brauchen, die möglichst für alle gelten und einheitlich sein sollten. Ebenso notwendig sind Regeln, die kontinuierlich auf den neuesten Stand zu bringen sind, weil die Situation der Märkte in ständiger Bewegung ist. Ähnliche Orientierungspunkte müssen eine seriöse Kontrolle der Zuverlässigkeit und der Qualität der Finanzinstrumente, vor allem der komplexeren, gewährleisten. Wenn das rasante Tempo der Innovationsprozesse exzessive Systemrisiken mit sich bringt, müssen die Wirtschaftsakteure die Vorgaben und Einschränkungen annehmen, die das Gemeinwohl erfordert, und dürfen nicht versuchen, sie zu umgehen oder herunterzuspielen.
In Anbetracht der heutigen Globalisierung des Finanzsystems erscheint es wichtig, dass sich die Verantwortlichen der einzelnen Länder auf eine stabile, klare und effiziente Regelung der Märkte einigen. Dabei sollte es möglich und manchmal auch geboten sein, im Fall einer eventuellen Gefährdung des Gemeinwohls rasch zu verbindlichen Entscheidungen zu kommen. Die für diese Regelung Verantwortlichen müssen immer unabhängig sein und sich an die Erfordernisse der Gerechtigkeit und des Gemeinwohls gebunden wissen. Verständliche Schwierigkeiten dürfen nicht von der Suche und Umsetzung solcher normativer Systeme abhalten, welche die einzelnen Länder aufeinander abstimmen, die aber auch überstaatliche Geltung haben müssen[41].
Die Regeln müssen eine vollkommene Transparenz der Handelsgeschäfte begünstigen, damit jede Form von Ungerechtigkeit und Missverhältnissen ausgeräumt und das Gleichgewicht der Tauschgeschäfte soweit wie möglich gewährleistet wird. Denn die asymmetrische Konzentration von Information und Macht begünstigt tendenziell die stärkeren wirtschaftlichen Akteure und schafft auf diese Weise Hegemonien, die nicht nur die Märkte, sondern auch die politischen und normativen Systeme einseitig beeinflussen können. Wo eine massive Deregulierung praktiziert wurde, hat sich auch gezeigt, dass normative und institutionelle Leerräume zum Eingehen moralischer Risiken und zur Veruntreuung einladen und auch zu einer irrationalen Überschwänglichkeit der Märkte – auf die zuerst Spekulationsblasen und dann plötzliche verheerende Zusammenbrüche folgen – und zu Systemkrisen führen können[42].
22. Zum Zweck der Vermeidung solcher Systemkrisen wäre es eine große Hilfe, wenn für die Banken eine klare Definition und Abgrenzung zwischen dem Bereich ausgearbeitet würde, der die Verwaltung von gewöhnlichen Bankkrediten und Spareinlagen betrifft, und dem Bereich, der auf Investition und bloßes Business abzielt[43]. Damit sollten so gut wie möglich Situationen vermieden werden, die zu Finanzinstabilität führen.
Ein gesundes Finanzsystem erfordert auch möglichst viel Information, damit jeder seine Interessen in voller und bewusster Freiheit schützen kann: Es ist nämlich wichtig zu wissen, ob das eigene Kapital zu spekulativen Zwecken verwendet wird oder nicht. Auch der Grad des Risikos und die Angemessenheit des Preises für die Finanzprodukte, für die man sich entscheidet, sollten bekannt sein. Denn Spareinlagen, vor allem von Familien, sind normalerweise ein öffentliches Gut, das zu schützen ist und für das eine Optimierung ohne Risiko zu suchen ist. Wenn diese Spareinlagen qualifizierten Finanzfachberatern anvertraut werden, muss man erwarten können, dass sie gut angelegt und nicht nur verwaltet werden.
In der Handhabung der Spareinlagen durch Finanzberater sind folgende Verhaltensweisen als moralisch fragwürdig zu bewerten: eine exzessive Bewegung von Wertpapieren, die vor allem den Zweck verfolgt, die Kommissionen der Intermediäre zu vermehren; ein Fehlen der gebotenen Überparteilichkeit im Angebot von Sparmethoden, die von gewissen Banken angewandt werden, obwohl die Produkte anderer den Bedürfnissen des Kunden besser entsprechen würden; das Fehlen der gebotenen Sorgfalt oder gar eine vorsätzliche Fahrlässigkeit seitens der Kundenberater bei der Wahrung der Interessen, die den Wertpapierstand ihrer Kunden betreffen; die Gewähr einer Finanzierung durch eine Bank unter der Voraussetzung, dass beim selben Intermediär gleichzeitig andere Finanzprodukte erworben werden, die für den Kunden vielleicht nicht lohnend sind.
23. Jedes Unternehmen bildet ein wichtiges Netzwerk von Beziehungen und stellt auf seine Weise einen mittleren sozialen Körper dar, der eine eigene Kultur und eine eigene Praxis hat. Diese Kultur und diese Praxis bestimmen nicht nur die innere Organisation des Unternehmens, sondern wirken sich auch auf das gesellschaftliche Gefüge aus, in dem das Unternehmen tätig ist. Gerade hier erinnert die Kirche an die soziale Verantwortung der Unternehmen[44], die sowohl nach außen als auch nach innen zum Ausdruck kommt.
Dort, wo der reine Profit in der Unternehmenskultur einer Finanzgesellschaft an oberster Stelle steht und das Erfordernis des Gemeinwohls missachtet wird – das kommt heute auch an renommierten Business Schools häufig vor –, wird jedes ethische Anliegen unweigerlich als etwas Äußerliches empfunden, das der unternehmerischen Tätigkeit fremd ist. Das wird dadurch umso deutlicher, dass jene, die sich diesem Firmenziel nicht anpassen, von einer derartigen Unternehmenslogik in Bezug auf Gehalt und berufliche Anerkennung bestraft werden. In diesen Fällen führt der allein gewinnorientierte Zweck leicht zu einer perversen und selektiven Logik, die oft jene an die Firmenspitzen bringt, die zwar fähig, aber auch machthungrig und skrupellos sind und deren Umgang mit anderen vor allem die eigenen Interessen im Blick hat.
Eine derartige Logik hat Wirtschaftslenker oft eine Unternehmenspolitik betreiben lassen, die nicht eine Verbesserung der wirtschaftlichen Gesundheit ihrer Firmen anstrebt, sondern einzig den Profit der Aktionäre (Shareholders). Das schadet nicht nur den berechtigten Interessen jener, deren Arbeit und Dienste der Firma Nutzen bringen, sondern auch den Konsumenten und den verschiedenen lokalen Gemeinschaften (Stakeholders). Oft von der Aussicht auf sehr hohe Entlohnung bei Erzielung sofortiger Ergebnisse angespornt, der bei Nichterreichen der Ziele keine entsprechend hohen Strafen entgegen stehen, werden den Managern und Aktionären schnell beträchtliche Gewinne versprochen. Dies verleitet zum Eingehen unangemessen hoher Risiken. Das Ergebnis ist, dass die Firmen jener wirtschaftlicher Energien beraubt werden, die ihnen eine Zukunftsperspektive hätten geben können.
All das fördert die Entstehung und Verbreitung einer Kultur, die zutiefst amoralisch ist. In dieser Kultur schreckt man oft nicht davor zurück, Verbrechen zu begehen, solange der erhoffte Vorteil größer ist als die zu erwartende Strafe. Eine solche Kultur schadet ernsthaft der Gesundheit jedes marktwirtschaftlichen Systems, weil sie sein Funktionieren und die wirksame Umsetzung des Gemeinwohls gefährdet, das die notwendige Grundlage jeder Form des Miteinander ist.
Dringlich geboten erscheinen deshalb eine ehrliche Selbstkritik und eine Trendwende in Richtung einer Unternehmens- und Finanzkultur, die all jene Faktoren berücksichtigt, die das Gemeinwohl ausmachen. Das bedeutet beispielsweise, dass man die Person und die Qualität der Beziehungen zwischen den Personen in den Mittelpunkt der Unternehmenskultur stellt. Wo das geschieht, können die Unternehmen eine Art sozialer Verantwortung praktizieren, die nicht bloß etwas Zufälliges oder Nebensächliches ist, sondern von innen her jede ihrer Handlungen beeinflusst und diesen eine soziale Ausrichtung gibt.
Genau hier kann der natürliche Kreislauf von Profit – notwendiger Bestandteil, ohne den kein Wirtschaftssystem auskommen kann – und sozialer Verantwortung – wesentliche Voraussetzung für das Überleben jeder Form von zivilem Zusammenleben – seine ganze Fruchtbarkeit und das unauflösbare Band zutage treten lassen, das zwischen einer den Menschen und das Gemeinwohl respektierenden Ethik und dem tatsächlichen Funktionieren jedes Wirtschafts- und Finanzsystems besteht – ein Band, das die Sünde zu verdunkeln droht. Begünstigt wird dieser positive Kreislauf etwa durch das Streben nach einer Verminderung des Risikos von Konflikten mit den Stakeholders wie auch durch eine möglichst starke Förderung der Motivation der Angestellten eines Unternehmens.
Hier muss überzeugend dargelegt werden, dass die Schaffung von Mehrwert, die das Hauptziel des Finanzwirtschaftssystems ist, in einem auf eine ehrliche Suche nach dem Gemeinwohl gegründeten und deshalb soliden ethischen System wirklich praktikabel ist. Nur der Anerkennung und Umsetzung des inneren Bandes zwischen wirtschaftlicher und ethischer Vernunft kann nämlich ein Wohl erwachsen, das allen Menschen zugutekommt[45]. Denn auch der Markt braucht für sein gutes Funktionieren anthropologische und ethische Grundlagen, die er sich nicht selber geben und die er nicht hervorbringen kann.
24. Wenn die Kreditwürdigkeit ein besonnenes Auswahlverfahren erfordert, um Kreditnehmer ausfindig zu machen, die wirklich würdig, innovationsfähig und gegen ungesunde Kollusionen gefeit sind, müssen die Banken in Anbetracht der eingegangenen Risiken über das nötige Kapital verfügen, damit eine eventuelle soziale Aufteilung der Verluste so begrenzt wie möglich gehalten werden kann und vor allem auf jene zurückfällt, die dafür verantwortlich sind.
Gewiss erfordert die angemessene Verwaltung der Ersparnisse nicht nur eine gebotene rechtliche Regelung, sondern auch entsprechende kulturelle Denkmuster sowie eine ständige aufmerksame, auch der Ethik verpflichtete Überprüfung der Beziehung zwischen Bank und Kunde und eine kontinuierliche Überwachung der Rechtmäßigkeit aller Geschäfte, die diese Beziehung betreffen.
Ein interessanter und zu erprobender Vorschlag in diese Richtung wäre die Schaffung bankinterner Ethikkommissionen, die den Verwaltungsräten zur Seite gestellt werden könnten. Auf diese Weise würde den Banken geholfen, nicht nur ihre Bilanzen gegen Verluste abzusichern und die tatsächliche Übereinstimmung zwischen ihrem statuarischen Auftrag und ihrer Finanzpraxis zu wahren, sondern auch in angemessener Weise die Realwirtschaft zu stützen.
25. Die Schaffung sehr riskanter Wertpapiere – die faktisch eine Art fiktiver Schaffung von Wert ohne angemessene Qualitätskontrolle und korrekte Kreditbewertung darstellt – kann zwar die Intermediäre bereichern, schafft aber auch leicht Insolvenz zum Schaden jener, die Rechte aus dem Wertpapier später eintreiben müssen. Dies gilt umso mehr, wenn die Last des Risikos, das diese Wertpapiere bergen, vom Ausstellerinstitut auf den Markt abgeladen wird, in dem sie eingeführt und verbreitet werden (vgl. etwa die Verbriefung von Hypothekarkrediten), was eine weitreichende Vergiftung und potenzielle Systemstörungen zur Folge hat. Eine solche Vergiftung der Märkte widerspricht dem Gebot der Gesundheit des finanzwirtschaftlichen Systems und ist unter dem Gesichtspunkt einer dem Gemeinwohl verpflichteten Ethik nicht akzeptabel.
Jedem Wertpapier muss ein tendenziell realer und nicht bloß vermeintlicher, schwer feststellbarer Wert entsprechen. In diesem Sinn wird eine öffentliche überparteiliche Regelung und Einschätzung der Vorgehensweise der Rating-Agenturen immer dringlicher. Dazu bedarf es rechtlicher Instrumente, die es nicht nur ermöglichen, Missbräuche zu sanktionieren, sondern die auch verhindern, dass gefährliche Angebotsoligopole entstehen. Das gilt vor allem dort, wo wir es mit Produkten des Kreditvermittlungssystems zu tun haben, bei dem der ursprüngliche Kreditgeber die Verantwortung für den gewährten Kredit auf jene ablädt, die ihm nachfolgen.
26. Einige Finanzprodukte, darunter die sogenannten „Derivate“, wurden als Absicherung gegen Risiken von bestimmten Geschäften geschaffen, die oft auch auf den vermeintlichen Wert setzen, der diesen Risiken beigemessen wird. Diesen Finanzinstrumenten liegen Verträge zugrunde, bei denen die Parteien noch in der Lage sind, das Risiko abzuschätzen, gegen das man sich absichern will.
Bei manchen Formen von Derivaten (besonders bei den sogenannten Verbriefungen) konnte man jedoch beobachten, wie die ursprünglich mit bestimmbaren Finanzinvestitionen verbundenen Strukturen immer komplexer wurden (Verbriefungen von Verbriefungen), so dass es sehr schwierig – und nach verschiedenen derartigen Transaktionen fast unmöglich – ist, den Basiswert auf vernünftige und gerechte Weise festzulegen. Das bedeutet, dass jede Phase beim An- und Verkauf dieser Wertpapiere unabhängig vom Wollen der einzelnen Parteien eine Verfälschung des tatsächlichen Wertes des Risikos bewirkt, gegen welches das Instrument eigentlich schützen müsste. All das hat das Entstehen von Spekulationsblasen gefördert, die zur jüngsten Finanzkrise wesentlich beigetragen haben.
Es ist offensichtlich, dass die Unberechenbarkeit dieser Produkte – die zunehmend schwindende Transparenz der versicherten Gegenstände –, die im ursprünglichen Geschäft noch nicht zutage tritt, diese Instrumente unter dem Aspekt einer die Wahrheit und das Gemeinwohl achtenden Ethik immer unannehmbarer macht. Ihre wirtschaftliche Unzuverlässigkeit lässt sie zu einer Art Zeitbombe werden, die früher oder später explodieren und die Gesundheit der Märkte vergiften kann. Hier ist ein Mangel an Ethik festzustellen, der dann besonders schwerwiegend wird, wenn diese Produkte auf den sogenannten nicht geregelten Märkten (Over The Counter) gehandelt werden. Mehr als auf den geregelten Märkten sind sie dort Wagnissen, wenn nicht sogar dem Betrug ausgesetzt. Auf diese Weise werden der Realwirtschaft Lebenssaft und Investitionen entzogen.
Eine ähnliche ethische Bewertung kann auch bezüglich des Gebrauchs der Credit Default Swaps (CDS: spezielle Versicherungsverträge des Ausfallrisikos) vorgebracht werden. Diese ermöglichen es, auf das Ausfallrisiko Dritter zu setzen, auch wenn man vorher kein Kreditrisiko eingegangen ist, und diese Geschäfte in gleicher Weise zu wiederholen. Dies ist gemäß den gewöhnlichen Versicherungsverträgen absolut unzulässig.
Am Vorabend der Finanzkrise von 2007 war der CDS-Markt so rasant gewachsen, dass sein Wert fast dem gesamten Welt-Bruttoinlandsprodukt (BIP) entsprach. Die so gut wie uneingeschränkte Verbreitung dieser Art von Verträgen hat ein Finanzsystem gedeihen lassen, das auf den Kreditausfall anderer setzt, also unter ethischem Gesichtspunkt inakzeptabel ist.
Der Erwerb solcher Finanzinstrumente durch jene, die überhaupt kein Kreditrisiko eingegangen sind, stellt einen Sonderfall dar, bei dem die Akteure an der Insolvenz anderer Wirtschaftsunternehmen interessiert sind, ja sogar darauf hinzuarbeiten versucht sein können.
Es liegt auf der Hand, dass diese Möglichkeit moralisch besonders verwerflich ist, weil es sich dabei um eine Art „Wirtschaftskannibalismus“ handelt. Zudem wird auf diese Weise auch das Grundvertrauen untergraben, das notwendig ist, um den Wirtschaftskreislauf nicht zum Erliegen zu bringen. In diesem Fall können wir wiederum sehen, wie ein unter ethischem Gesichtspunkt negatives Verhalten auch für das gesunde Funktionieren des Wirtschaftssystems schädlich ist.
Es ist darum festzuhalten: Wenn solche Finanzgeschäfte Folgen haben können, die ganzen Ländern und Millionen von Familien großen Schaden zufügen, handelt es sich um extrem unmoralische Handlungsweisen. Es scheint deshalb angebracht, das in einigen Ländern bereits bestehende Verbot derartiger Geschäfte auszuweiten und etwaiges Zuwiderhandeln mit größter Schärfe zu bestrafen.
27. Ausschlaggebend für die Dynamik der Finanzmärkte sind die Kursfeststellung (Fixing) der Zinssätze bei Interbankdarlehen (London Interbank Offered Rate, LIBOR), deren Bestimmung auf dem Kapitalmarkt als Leitzinssatz dient, sowie die offiziellen Wechselkurse der verschiedenen Leitwährungen.
Diese wichtigen Parameter haben entscheidende Auswirkungen auf das gesamte Finanzwirtschaftssystem, da sie die tägliche Bewegung gewaltiger Geldsummen durch Parteien beeinflussen, die auf der Grundlage der Höhe ebendieser Zinssätze Verträge unterzeichnen. Die Manipulation dieser Zinssätze ist also ein grober ethischer Verstoß mit weitreichenden Konsequenzen.
Dass genau das über Jahre hinweg ungestraft passieren konnte, macht deutlich, wie zerbrechlich und betrugsanfällig ein Finanzsystem ist, das nicht ausreichend durch Regeln kontrolliert wird und in dem etwaige Regelverstöße seiner Akteure keine entsprechenden Sanktionen nach sich ziehen. Wenn echte Kartelle gegenseitiger Begünstigung unter jenen Akteuren entstehen, die mit dem korrekten Fixing dieser Zinssätze betraut waren, handelt es sich um kriminelle Vereinigungen, die nicht nur dem Gemeinwohl schaden, sondern auch der Gesundheit des Wirtschaftssystem eine gefährliche Wunde zufügen. Darum braucht es angemessene Strafen, die eine abschreckende Wirkung haben.
28. Die Hauptakteure der Finanzwelt, vor allem die Banken, müssen heute über interne Organismen verfügen, die eine Compliance-Funktion ausüben, also eine Selbstkontrolle bezüglich der Rechtmäßigkeit der wesentlichen Phasen des Entscheidungsprozesses und der hauptsächlichen vom Unternehmen angebotenen Produkte. Es ist jedoch anzumerken, dass sich die Praxis des Finanzwirtschaftssystems, wenigstens bis vor kurzem, oft hauptsächlich auf ein „negatives“ Urteil der Compliance-Funktion stützte, die eine rein formale Einhaltung der von den geltenden Gesetzen auferlegten Beschränkungen im Blick hatte. Daraus folgte leider auch, dass die Praxis, den normativen Kontrollen nach Möglichkeit auszuweichen, weit verbreitet war, auch wenn darauf geachtet wurde, den normativen Regeln nicht ausdrücklich zu widersprechen, um nicht Sanktionen auf sich zu ziehen.
Um all das zu vermeiden, ist es notwendig, dass die Compliance-Funktion auch „positiv“ gesehen wird. Dabei geht es darum zu prüfen, ob die verschiedenen Geschäfte den Prinzipien entsprechen, die den geltenden Bestimmungen zugrunde liegen. Das könnte nach Ansicht vieler Experten durch die Errichtung von Ethik-Kommissionen erleichtert werden, welche mit den Verwaltungsräten zusammenarbeiten und einen natürlichen Ansprechpartner für jene darstellen, die im konkreten Handeln der Bank die Übereinstimmung der Vorgangsweisen mit den geltenden Normen gewährleisten müssen.
In diesem Sinn müssten innerhalb der Firmen Richtlinien vorgesehen werden, welche die Übereinstimmung mit den Normen erleichtern, die unterscheiden helfen, welche der rechtlich möglichen Geschäfte auch ethisch annehmbar und praktizierbar sind (eine Frage, die etwa im Bereich der Steuerumgehung besonders akut ist). Damit könnte erreicht werden, dass man von einer formalen zu einer substantiellen Einhaltung der Normen gelangt.
Darüber hinaus wäre es wünschenswert, dass auch das Regelsystem der Finanzwelt eine allgemeine Klausel vorsieht, die Geschäfte für unrechtmäßig erklärt, die hauptsächlich darauf abzielen, die geltenden Normen zu umgehen. Folglich sollten alle Akteure, die für solche Vergehen verantwortlich sind, mit ihrem Vermögen dafür haften.
29. Phänomene wie die weltweite Verbreitung von Finanzinstituten ohne Bankenregulierung (Shadow Banking System) können nicht weiter unbeachtet bleiben. Selbst wenn in diesen Systemen auch Arten von Intermediären vorgesehen sind, deren Wirken nicht unmittelbar problematisch erscheint, haben sie doch faktisch bewirkt, dass verschiedene nationale Aufsichtsbehörden die Kontrolle über das System verloren haben. Das hat wiederum in unbedachter Weise den Rückgriff auf sogenannte kreative Finanzprodukte begünstigt, bei denen der Hauptgrund der Investition von Finanzressourcen hauptsächlich spekulativer, um nicht zu sagen ausbeuterischer Natur ist, was kein Dienst an der Realwirtschaft ist. Viele Fachleute stimmen beispielsweise darin überein, dass solche Schattenbanken zu den Hauptauslösern zählen, die das Entstehen und die globale Ausbreitung der jüngsten Finanzkrise begünstigt haben, welche in den USA im Sommer 2007 mit der Krise der Hypothekarkredite begonnen hat.
30. Von solchen Spekulationsabsichten nährt sich auch die Welt der Offshore-Geschäfte, die zwar auch andere rechtmäßige Dienste anbietet, aber aufgrund weit verbreiteter Kanäle der Steuerumgehung – wenn nicht sogar der Steuerhinterziehung und der Geldwäsche – zur weiteren Verarmung des normalen Produktions- und Vertriebssystems der Güter und Dienstleistungen beiträgt. Ob viele dieser Situationen direkt unmoralisch sind oder in unmittelbarer Nähe zur Unmoral stehen, ist schwer zu bestimmen: Sicher ist aber, dass solche Systeme, wo sie in ungerechter Weise der Realwirtschaft Lebenssaft entziehen, nur schwer gerechtfertigt werden können, und zwar sowohl in ethischer Hinsicht als auch im Blick auf die globale Effizienz des Wirtschaftssystems.
Inzwischen wird immer deutlicher und kann auch nicht mehr geleugnet werden, dass zwischen unethischem Verhalten von Unternehmern und negativen Ergebnissen des ganzen Systems ein Zusammenhang besteht: Es ist mittlerweile klar, dass Mangel an Ethik die Unvollkommenheiten der Mechanismen des Marktes verschärft[46].
In der zweiten Hälfte des letzten Jahrhunderts entstand der Offshore-Markt der Eurodollars, ein Ort des Finanzaustausches außerhalb jedes offiziellen normativen Rahmens. Dieser Markt breitete sich von einem wichtigen europäischen Land in andere Länder der Erde aus und ließ so ein regelrechtes Finanznetzwerk entstehen, das eine Alternative zum offiziellen Finanzsystem bildete und Aufsichten unterstand, die es schützten.
Diesbezüglich ist zu sagen, dass als formaler Grund für die Berechtigung von Offshore-Domizilen angeführt wird, institutionellen Investoren die Möglichkeit zu geben, keiner Doppelbesteuerung ausgesetzt zu sein – zuerst in dem Land, in dem sie ihren Wohnsitz haben, und dann dort, wo sich das Kapital befindet. In Wirklichkeit bieten sich diese Orte heute jedoch in beträchtlichem Maß für Finanzgeschäfte an, die als grenzwertig, wenn nicht sogar als völlig inakzeptabel zu betrachten sind. Das gilt in Bezug auf ihre Berechtigung unter normativem wie auch unter ethischem Gesichtspunkt, also im Blick auf eine gesunde Wirtschaftskultur, der es fremd ist, Absichten zu verfolgen, die der Steuerumgehung zuträglich sind.
Heute wird mehr als die Hälfte des Welthandels von einflussreichen Akteuren getätigt, die ihre Steuerlast abbauen, indem sie die Erträge von einem Ort zum anderen verlagern, so wie es für sie am günstigsten ist. Das hat zur Folge, dass die Gewinne in die Steuerparadiese verlegt werden, die Kosten hingegen in die Länder mit höheren Steuerauflagen. All das hat der Realwirtschaft beträchtliche Ressourcen entzogen und zur Entstehung von Wirtschaftssystemen beigetragen, die auf dem Prinzip der Ungleichheit aufbauen. Es darf auch nicht verschwiegen werden, dass diese Offshore-Domizile nicht selten zu Orten geworden sind, an denen fast schon gewohnheitsmäßig „schmutziges“ Geld gewaschen wird, das aus illegalen Geschäften kommt (Diebstahl, Betrug, Korruption, kriminellen Vereinigungen, Mafia, Kriegsbeuten, usw.).
Indem einige Staaten die auf ihren offiziellen Finanzplätzen getätigten Offshore-Geschäfte vertuschten, haben sie zugelassen, dass aus Verbrechen Kapital geschlagen werden konnte. Sie fühlten sich nicht dafür verantwortlich, weil dies formal ja nicht unter ihrer Aufsicht geschehen ist. In moralischer Hinsicht handelt es sich dabei um eine offenkundige Form von Heuchelei.
Dieser Markt ist in kurzer Zeit zum größten Umschlagplatz von Kapitel geworden. Denn er bietet einen leichten Weg für verschiedene schwerwiegende Formen von Steuerumgehung an. Deshalb ist es verständlich, dass viele, auch namhafte Unternehmen, die auf dem Markt agieren, Offshore-Domizile anstreben und dort bereits tätig sind.
31. Das von den Staaten entwickelte Steuersystem erscheint gewiss nicht immer gerecht. Dabei ist zu beachten, dass diese Ungerechtigkeit oft zu Lasten der wirtschaftlich Schwächeren geht und zum Vorteil jener gereicht, die ohnehin schon bevorteilt und sogar in der Lage sind, auf die Regelsysteme, welche die Steuern festlegen, Einfluss zu nehmen. In Wirklichkeit hat ein gerechtes Steuersystem aber eine ausgleichende Funktion in der Umverteilung des Reichtums. Das hilft nicht nur jenen, die auf angemessene Subventionen angewiesen sind, sondern trägt auch dazu bei, die Investitionen und das Wachstum der Realwirtschaft zu fördern.
Die Steuerumgehung durch die Hauptakteure der Märkte, vor allem der einflussreichen Finanzintermediäre, führt jedenfalls dazu, dass der Realwirtschaft in ungerechter Weise Ressourcen entzogen werden, was der ganzen Zivilgesellschaft zum Schaden gereicht. In Anbetracht der fehlenden Transparenz dieser Systeme lässt sich schwer sagen, wie viel Kapital hier genau angehäuft und bewegt wird. Es wurde aber berechnet, dass schon eine geringe Besteuerung dieser Offshore-Transaktionen ausreichen würde, um einen Gutteil des Problems des Hungers in der Welt zu lösen. Warum sollten wir uns nicht mit Mut auf den Weg machen, eine solche Initiative zu ergreifen?
Es ist auch sicher, dass die Existenz der Offshore-Domizile den Abzug von Kapital aus Ländern mit niedrigem Lohn ungemein begünstigt hat, wodurch es zu vielen politischen und wirtschaftlichen Krisen kam und diese Länder daran gehindert wurden, den Weg des Wachstums und einer gesunden Entwicklung einzuschlagen.
An dieser Stelle ist darauf hinzuweisen, dass dieser Missstand bereits mehrfach von verschiedenen internationalen Institutionen angeprangert wurde und nicht wenige nationale Regierungen mit Recht versucht haben, den Einfluss der Offshore-Finanzdomizile zu begrenzen. Es sind diesbezüglich auch viele positive Schritte gemacht worden, vor allem in den letzten zehn Jahren. Bisher ist es jedoch nicht gelungen, geeignete wirksame Abkommen und Regelungen durchzusetzen. Wegen der beträchtlichen Kapitalsummen, über die diese Domizile verfügen, und des entsprechend großen Einflusses, den sie auf viele politische Verantwortungsträger ausüben, ist es ihnen oft gelungen, die auch von bedeutenden internationalen Organisationen vorgeschlagenen Regelungen nicht anzuwenden oder unwirksam zu machen.
All das fügt dem guten Funktionieren der Realwirtschaft Schaden zu und bildet eine Struktur, die, so wie sie sich heute darstellt, in ethischer Hinsicht vollkommen inakzeptabel ist. Deswegen ist es notwendig und dringend, dass auf internationaler Ebene geeignete Mittel gefunden werden, um diesen ungerechten Systemen Abhilfe zu schaffen. Es bedarf vor allem einer Transparenz der Finanzen auf allen Ebenen (zum Beispiel für multinationale Unternehmen der Pflicht zur öffentlichen Rechnungslegung über ihre Tätigkeiten und der Steuern, die sie an die einzelnen Länder gezahlt haben, in denen sie durch ihre Tochterfirmen agieren). Es braucht auch einschneidende Sanktionen, die jenen Ländern anzudrohen sind, die von den oben beschriebenen unehrlichen Praktiken (Steuerumgehung und Steuerhinterziehung, Geldwäsche) nicht ablassen.
32. Das Offshore-System hat vor allem in wirtschaftlich weniger entwickelten Ländern die Staatsverschuldung vergrößert. So wurde festgestellt, dass der private Reichtum, den einige Auserlesene in den Steuerparadiesen angehäuft haben, fast die Höhe der Staatsschuld der jeweiligen Länder erreicht hat. Das zeigt auch, dass diese Verschuldung in der Tat oft von finanziellen Verlusten herrührt, die private Akteure geschaffen und dann auf den Staat abgeladen haben. Im Übrigen ist ja bekannt, dass namhafte Wirtschaftsakteure, oft unter Mitwissen der Politiker, fast schon gewohnheitsmäßig eine soziale Verteilung der Verluste praktizieren.
Dennoch muss festgehalten werden, dass die Staatsverschuldung oft auch von einer ungeschickten, wenn nicht sogar betrügerischen Handhabung des öffentlichen Verwaltungssystems herrührt. Diese Verschuldung, also die Gesamtheit der auf den Staaten lastenden finanziellen Verluste, ist heute eine der größten Hindernisse für das gute Funktionieren und das Wachstum der verschiedenen Volkswirtschaften. Zahlreiche Volkswirtschaften tragen nämlich die Last, Zinsen zahlen zu müssen, die von dieser Verschuldung herrühren, und sehen sich daher gezwungen, diesbezüglich angemessene strukturelle Anpassungen vorzunehmen.
In Anbetracht all dieser Entwicklungen sind die einzelnen Staaten gerufen, mit geeigneten Eingriffen in das öffentliche System durch ausgewogene Strukturreformen, besonnene Aufteilung der Kosten und kluge Investitionen Abhilfe zu schaffen. Auf internationaler Ebene muss man die einzelnen Länder zwar auf ihre unausweichliche Verantwortung hinweisen, aber auch vernünftige Auswege aus der Schuldenspirale ermöglichen und begünstigen. Den Staaten – und damit ihren Bürgern, das heißt Millionen von Familien – dürfen jedenfalls keine Lasten auferlegt werden, die sie niemals tragen können.
Wichtig sind dabei auch politische Vereinbarungen über eine vernünftige Senkung der Schulden, besonders wenn diese Schulden an Länder gezahlt werden müssen, die es sich leisten können, von ihren Forderungen abzusehen[47]. Solche Lösungen braucht es sowohl für die Gesundheit des internationalen Wirtschaftssystems zur Vermeidung der Ansteckung durch mögliche Systemkrisen als auch für das Streben nach dem Gemeinwohl aller Völker.
33. Das, worüber wir bisher gesprochen haben, ist nicht nur das Werk von Institutionen, die außerhalb unserer Kontrolle agieren. Es fällt auch in den Bereich unserer Verantwortung. Uns stehen nämlich bedeutende Mittel zur Verfügung, mit denen wir zur Lösung vieler Probleme beitragen können. Das Leben der Märkte hängt zum Beispiel von Angebot und Nachfrage der Güter ab: Jeder von uns kann entscheidend darauf Einfluss nehmen, indem wir dieser Nachfrage Gestalt geben.
Von großer Wichtigkeit ist daher eine kritische und verantwortungsvolle Steuerung des Konsum- und Sparverhaltens. Der Einkauf, mit dem wir uns täglich das Lebensnotwendige besorgen, ist immer auch verbunden mit einer Wahl, die wir zwischen verschiedenen Produkten treffen, die der Markt zu bieten hat. Mit dieser Wahl entscheiden wir uns oft unbewusst für Güter, die Produktionsketten durchlaufen, in denen die Verletzung der grundlegenden Menschenrechte normal ist oder die von Unternehmen produziert werden, deren Ethik faktisch keine anderen Interessen beinhaltet als den Profit ihrer Akteure, und zwar um jeden Preis.
Unsere Wahl muss auf die Güter fallen, die auf ethisch würdige Weise hergestellt wurden. Schon durch die scheinbar banale Geste unseres Konsumverhaltens bringen wir nämlich eine ethische Haltung zum Ausdruck. Wir sind gerufen, Stellung zu beziehen gegenüber den Dingen, die dem Menschen gut tun oder ihm schaden. In diesem Zusammenhang wurde von der „Wahl mit dem Geldbeutel“ gesprochen: Es geht in der Tat darum, jeden Tag auf den Märkten jene Dinge auszuwählen, die dem echten Wohlergehen von uns allen dienen, und jene abzulehnen, die ihm schaden[48].
Ähnliche Erwägungen müssen auch dort angestellt werden, wo es um den Umgang mit unseren Ersparnissen geht. Wir können sie beispielsweise auf Unternehmen ausrichten, die nach klaren Kriterien vorgehen, von einer Ethik der Achtung des ganzen Menschen und aller Menschen inspiriert sind und sich ihrer sozialen Verantwortung bewusst sind[49]. Noch allgemeiner ist jeder von uns gerufen, Reichtum mit Praktiken zu produzieren, die unserem relationalen Wesen entsprechen und die ganzheitliche Entwicklung der Person im Blick haben.
IV. Schlussbemerkung
34. In Anbetracht der heute fast schon erdrückenden Macht und Allgegenwart der finanzwirtschaftlichen Systeme könnten wir versucht sein, dem Zynismus zu verfallen und zu meinen, dass wir mit unseren schwachen Kräften wenig ausrichten können. In Wirklichkeit kann aber jeder von uns viel tun, vor allem, wenn wir nicht allein bleiben.
Zahlreiche Vereinigungen aus der Zivilgesellschaft sind wie eine Art Reserve des Gewissens und der sozialen Verantwortung, ohne die wir nicht auskommen können. Wir alle sind heute mehr denn je gerufen, uns zu Wächtern des guten Lebens und zu Verfechtern eines neuen sozialen Engagements zu machen. Dafür muss unser Handeln auf das Streben nach dem Gemeinwohl ausgerichtet und auf den festen Prinzipien der Solidarität und der Subsidiarität aufgebaut sein.
Jede noch so klein und unbedeutend erscheinende Geste unserer Freiheit, die das authentische Wohl im Blick hat, stützt sich auf den guten Herrn der Geschichte. Sie wird Teil einer positiven Entwicklung, die unsere schwachen Kräfte übersteigt und alle Handlungen des guten Willens unauflöslich in einem einzigen Netzwerk verbindet, das Himmel und Erde eint. Das dient wirklich der Humanisierung des Menschen und der Welt. Genau das brauchen wir, um gut zu leben und eine Hoffnung zu nähren, die unserer hohen Würde als menschliche Personen entspricht.
Die Kirche, die Mutter und Lehrmeisterin ist und darum weiß, dass ihr ein unverdientes Gut geschenkt wurde, bietet den Männern und Frauen aller Zeiten die Ressourcen für eine zuverlässige Hoffnung an. Maria, die Mutter des für uns Mensch gewordenen Gottes, nehme unsere Herzen in ihre Hand und leite sie beim weisen Aufbau jenes Wohls, das ihr Sohn Jesus durch seine vom Heiligen Geist erneuerte Menschlichkeit zum Heil der Welt eröffnet hat.
Papst Franziskus hat in einer dem unterzeichneten Sekretär der Kongregation für die Glaubenslehre gewährten Audienz die vorliegenden Erwägungen, die in der Ordentlichen Versammlung der Kongregation beschlossen worden sind, approbiert und ihre Veröffentlichung angeordnet.
Gegeben in Rom, am 6. Januar 2018, Hochfest der Erscheinung des Herrn.
+ Luis F. Ladaria, S.I.
Titularerzbischof von Thibica
Präfekt der Kongregation
für die Glaubenslehre |
Peter Kard. Turkson
Präfekt des Dikasteriums
für den Dienst zugunsten der ganzheitlichen
Entwicklung des Menschen |
+ Giacomo Morandi
Titularerzbischof von Cerveteri
Sekretär der Kongregation
für die Glaubenslehre |
Bruno Marie Duffé
Sekretär des Dikasteriums
für den Dienst zugunsten der ganzheitlichen
Entwicklung des Menschen |
_________________________
[1] II. Ökumenisches Vatikanisches Konzil, Dogmatische Konstitution Lumen gentium, Nr. 48.
[2] Vgl. ebd., Nr. 5.
[3] Franziskus, Enzyklika Laudato si' (24. Mai 2015), Nr. 231: AAS 107 (2015), 937.
[4] Vgl. Benedikt XVI., Enzyklika Caritas in veritate (29. Juni 2009), Nr. 59: AAS 101 (2009), 694.
[5] Vgl. Johannes Paul II., Enzyklika Fides et ratio (14. September 1998), Nr. 98: AAS 91 (1999), 81.
[6] Vgl. Internationale Theologische Kommission, Auf der Suche nach einer universalen Ethik: ein neuer Blick auf das natürliche Sittengesetz (2009), Nr. 87:
http://www.vatican.va/roman_curia/congregations/cfaith/cti_documents/rc_con_cfaith_doc_20090520_legge-naturale_ge.html
[7] Franziskus, Enzyklika Laudato si', Nr. 189: AAS (2015), 922.
[8] Ders., Apostolisches Schreiben Evangelii gaudium (24. November 2013), Nr. 178: AAS 105 (2013), 1094.
[9] Vgl. Päpstlicher Rat für Gerechtigkeit und Frieden, Nota per una riforma del sistema finanziario e monetario internazionale nella prospettiva di un’autorità pubblica a competenza universale, Nr. 1: L’Osservatore Romano, 24.-25. Oktober 2011, 6.
[10] Vgl. Franziskus, Enzyklika Laudato si', Nr. 189: AAS 107 (2015), 922.
[11] Ders., Apostolisches Schreiben Evangelii gaudium, Nr. 53: AAS 105 (2013), 1042.
[12] Ebd., Nr. 58: AAS 105 (2013), 1044.
[13] Vgl. II. Ökumenisches Vatikanisches Konzil, Erklärung Dignitatis humanae, Nr. 14.
[14] Benedikt XVI., Enzyklika Caritas in veritate, Nr. 45: AAS 101 (2009), 681.
[15] Vgl. ebd., Nr. 74: AAS 101 (2009), 705.
[16] Vgl. Franziskus, Ansprache an das Europäische Parlament (25. November 2014): AAS 106 (2014), 997-998.
[17] Vgl. Benedikt XVI., Enzyklika Caritas in veritate, Nr. 37: AAS 101 (2009), 672.
[18] Vgl. ebd., Nr. 55: AAS 101 (2009), 690.
[19] Vgl. Johannes Paul II., Enzyklika Sollecitudo rei socialis (30. Dezember 1987), Nr. 42: AAS 80 (1988), 572.
[20] Vgl. Katechismus der Katholischen Kirche, Nr. 1908.
[21] Vgl. Franziskus, Enzyklika Laudato si', Nr. 13: AAS 107 (2015), 852; Apostolisches Schreiben Amoris laetitia (19. März 2016), Nr. 44: AAS 108 (2016), 327.
[22] Vgl. zum Beispiel das Motto ora et labora, das uns die Regel des heiligen Benedikt von Nursia ins Gedächtnis ruft: In seiner Einfachheit verweist es darauf, dass uns das Gebet, vor allem das liturgische Gebet, für die Beziehung zu jenem Gott öffnet, der sich in Jesus Christus und in seinem Geist als Güte und Wahrheit offenbart, und auf diese Weise auch die angemessene Art und Weise zeigt, eine Welt aufzubauen, die besser und wahrer – also menschlicher – ist.
[23] Vgl. Johannes Paul II., Enzyklika Centesimus annus, Nr. 17, 24, 42: AAS 83 (1991), 814, 821, 845.
[24] Vgl. Pius XI., Enzyklika Quadragesimo anno (15. Mai 1931), Nr. 105: AAS 23 (1931), 210; Paul VI., Enzyklika Populorum progressio (26. März 1967), Nr. 9: AAS 59 (1967), 261; Franziskus, Enzyklika Laudato si', Nr. 203: AAS 107 (2015), 927.
[25] Vgl. Franziskus, Enzyklika Laudato si', Nr. 175: AAS 107 (2015), 916. Zur notwendigen Verbindung zwischen Wirtschaft und Politik, vgl. Benedikt XVI., Enzyklika Caritas in veritate, Nr. 36: AAS 101 (2009), 671: «Das Wirtschaftsleben kann nicht alle gesellschaftlichen Probleme durch die schlichte Ausbreitung des Geschäftsdenkens überwinden. Es soll auf das Erlangen des Gemeinwohls ausgerichtet werden, für das auch und vor allem die politische Gemeinschaft sorgen muss. Es darf daher nicht vergessen werden, dass die Trennung zwischen der Wirtschaftstätigkeit, der die Aufgabe der Schaffung des Reichtums zukäme, und der Politik, die sich mittels Umverteilung um die Gerechtigkeit zu kümmern habe, schwere Störungen verursacht».
[26] Vgl. Benedikt XVI., Enzyklika Caritas in veritate, Nr. 58: AAS 101 (2009), 693.
[27] Vgl. II. Ökumenisches Vatikanisches Konzil, Pastoralkonstitution Gaudium et spes, Nr. 64.
[28] Vgl. Pius XI., Enzyklika Quadragesimo anno, Nr. 89: AAS 23 (1931), 206; Benedikt XVI., Caritas in veritate, Nr. 35: AAS 101 (2009), 670; Franziskus, Apostolisches Schreiben Evangelii gaudium, Nr. 204: AAS 105 (2013), 1105.
[29] Vgl. Franziskus, Enzyklika Laudato si', Nr. 109: AAS 107 (2015), 891.
[30] Vgl. Johannes Paul II., Enzyklika Laborem exercens (14. September 1981), Nr. 9: AAS 73 (1981), 598.
[31] Franziskus, Apostolisches Schreiben Evangelii gaudium, Nr. 53: AAS 105 (2013), 1042.
[32] Vgl. Päpstlicher Rat für Gerechtigkeit und Frieden, Kompendium der Soziallehre der Kirche, Nr. 369.
[33] Vgl. Pius XI., Enzyklika Quadragesimo anno, Nr. 132: AAS 23 (1931), 219; Paul VI., Enzyklika Populorum progressio, Nr. 24: AAS 59 (1967), 269.
[34] Vgl. Katechismus der Katholischen Kirche, Nr. 2409.
[35] Vgl. Paul VI., Enzyklika Populorum progressio, Nr. 13: AAS 59 (1967), 263. Einige wichtige Hinweise wurden diesbezüglich bereits gegeben (vgl. Päpstlicher Rat für Gerechtigkeit und Frieden, Nota per una riforma del sistema finanziario e monetario internazionale nella prospettiva di un’autorità pubblica a competenza universale, Nr. 4: L’Osservatore Romano, 24.-25. Oktober 2011, 7): Es geht nun darum, auf der Linie einer solchen Unterscheidung fortzufahren, um eine positive Entwicklung des Finanzwirtschaftssystems zu fördern und dazu beizutragen, dass die Strukturen der Ungerechtigkeit beseitigt werden, die das positive Potential dieses Systems in Mitleidenschaft ziehen.
[36] Vgl. Franziskus, Enzyklika Laudato si', Nr. 198: AAS 107 (2015), 925.
[37] Vgl. Päpstlicher Rat für Gerechtigkeit und Frieden, Kompendium der Soziallehre der Kirche, Nr. 343.
[38] Vgl. Benedikt XVI., Enzyklika Caritas in veritate, Nr. 35: AAS 101 (2009), 670.
[39] Franziskus, Ansprache an die Teilnehmer der Begegnung „Wirtschaft in Gemeinschaft“, die die Fokolar-Bewegung organisiert hat (4. Februar 2017): L’Osservatore Romano, 5. Februar 2017, 8.
[40] Vgl. Johannes Paul II., Enzyklika Sollecitudo rei socialis, Nr. 28: AAS 80 (1988), 548.
[41] Vgl. Benedikt XVI., Enzyklika Caritas in veritate, Nr. 67: AAS 101 (2009), 700.
[42] Vgl. Päpstlicher Rat für Gerechtigkeit und Frieden, Nota per una riforma del sistema finanziario e monetario internazionale nella prospettiva di un’autorità pubblica a competenza universale, Nr. 1: L’Osservatore Romano, 24.-25. Oktober 2011, 6.
[43] Vgl. ebd., Nr. 4: L’Osservatore Romano, 24.-25. Oktober 2011, 7.
[44] Vgl. Benedikt XVI., Enzyklika Caritas in veritate, Nr. 45: AAS 101 (2009), 681; Franziskus, Botschaft zum 48. Weltfriedenstag (1. Januar 2015), Nr. 5: AAS 107 (2015), 66.
[45] Vgl. Benedikt XVI., Enzyklika Caritas in veritate, Nr. 36: AAS 101 (2009), 671.
[46] Vgl. Franziskus, Enzyklika Laudato si', Nr. 189: AAS 107 (2015), 922.
[47] Vgl. Benedikt XVI., Ansprache an das beim Heiligen Stuhl akkreditierte Diplomatische Korps, 8. Januar 2007: AAS 99 (2007), 73.
[48] Vgl. Ders., Enzyklika Caritas in veritate, Nr. 66: AAS 101 (2009), 699.
[49] Vgl. Päpstlicher Rat für Gerechtigkeit und Frieden, Kompendium der Soziallehre der Kirche, Nr. 358.
[00773-DE.01] [Originalsprache: Deutsch]
Testo in lingua spagnola
Oeconomicae et pecuniariae quaestiones
Consideraciones para un discernimiento ético sobre
algunos aspectos del actual sistema económico y financiero
I. Introducción
1. Las cuestiones económicas y financieras, nunca como hoy, atraen nuestra atención, debido a la creciente influencia de los mercados sobre el bienestar material de la mayor parte de la humanidad. Esto exige, por un lado, una regulación adecuada de sus dinámicas y, por otro, un fundamento ético claro, que garantice al bienestar alcanzado esa calidad humana de relaciones que los mecanismos económicos, por sí solos, no pueden producir. Muchos demandan hoy esa fundación ética y en particular los que operan en el sistema económico-financiero. Precisamente en este contexto se manifiesta el vínculo necesario entre el conocimiento técnico y la sabiduría humana, sin el cual todo acto humano termina deteriorándose y con el que, por el contrario, puede progresar en el camino de la prosperidad para el hombre que sea real e integral.
2. La promoción integral de cada individuo, de cada comunidad humana y de todas las personas, es el horizonte último de este bien común, que la Iglesia pretende lograr como «sacramento universal de salvación».[1] Esta integridad del bien, cuyo origen y cumplimiento último están en Dios, y que ha sido plenamente revelada en Jesucristo, aquel que recapitula todas las cosas (cf. Ef 1, 10), es el objetivo final de toda actividad eclesial. Este bien florece como anticipación del reino de Dios, que la Iglesia está llamada a anunciar e instaurar en todos los pueblos;[2] y es un fruto peculiar de esa caridad que, como pilar de la acción eclesial, está llamada a expresarse en el amor social, civil y político. Este amor «se manifiesta en todas las acciones que procuran construir un mundo mejor. El amor a la sociedad y el compromiso por el bien común son una forma excelente de la caridad, que no sólo afecta a las relaciones entre los individuos, sino a “las macro-relaciones, como las relaciones sociales, económicas y políticas”. Por eso, la Iglesia propuso al mundo el ideal de una “civilización del amor”».[3] El amor al bien integral, inseparablemente del amor a la verdad, es la clave de un auténtico desarrollo.
3. Todo ello se busca con la certeza de que en todas las culturas hay muchas convergencias éticas, expresión de una sabiduría moral común,[4] sobre cuyo orden objetivo se funda la dignidad de la persona. En la raíz sólida e indisponible de este orden, que proporciona principios comunes y claros, se fundan los derechos y deberes fundamentales del hombre; sin él, la arbitrariedad y el abuso de los más fuertes terminan dominando la escena humana. Este orden ético, arraigado en la sabiduría de Dios Creador, es por lo tanto el fundamento indispensable para edificar una comunidad digna de los hombres, regulada por leyes inspiradas en la justicia real. Esto vale todavía más ante la constatación de que los hombres, aún aspirando con todo su corazón al bien y a la verdad, a menudo sucumben a los intereses individuales, a abusos y a prácticas inicuas, de las que se derivan serios sufrimientos para toda la humanidad y especialmente para los más débiles y desamparados.
Precisamente para liberar todo ámbito del actuar humano del desorden moral, que tan a menudo lo aflige, la Iglesia reconoce entre sus tareas primordiales recordar a todos, con humilde certeza, algunos principios éticos claros. Es la misma razón humana, cuya índole connota indeleblemente a cada persona, la que exige un discernimiento iluminante en este sentido. De hecho, la racionalidad humana busca constantemente en la verdad y en la justicia un fundamento sólido sobre el cual apoyar su propio obrar, bien sabiendo que sin él perdería su propia orientación.[5]
4. Esta orientación recta de la razón no puede faltar en cada sector del obrar humano. Esto significa que ningún espacio en el que el hombre actúa puede legítimamente pretender estar exento o permanecer impermeable a una ética basada en la libertad, la verdad, la justicia y la solidaridad.[6] Ello se aplica también a las áreas en las que valen las leyes de la política y la economía: «Hoy, pensando en el bien común, necesitamos imperiosamente que la política y la economía, en diálogo, se coloquen decididamente al servicio de la vida, especialmente de la vida humana».[7]
Toda actividad humana, en efecto, está llamada a producir fruto, sirviéndose con generosidad y equidad de los dones que Dios pone originalmente a disposición de todos y desarrollando con laboriosa esperanza las semillas de bien inscritas, como promesa de fecundidad, en toda la Creación. Esa llamada constituye una invitación permanente a la libertad humana, aun cuando el pecado está siempre preparado a insidiar este plan divino original.
Por esta razón, Dios sale al encuentro del hombre en Jesucristo. Él, haciéndonos partícipes del admirable acontecimiento de su Resurrección, «no redime solamente la persona individual, sino también las relaciones sociales entre los hombres»,[8] y opera en la dirección de un nuevo orden de relaciones sociales fundado en la Verdad y el Amor, que sea levadura fecunda de transformación de la historia. De esta manera, Él anticipa en el tiempo el Reino de los Cielos, que vino a anunciar e inaugurar con su persona.
5. Si bien es cierto que el bienestar económico global ha aumentado en la segunda mitad del siglo XX, en medida y rapidez nunca antes experimentadas, hay que señalar que al mismo tiempo han aumentado las desigualdades entre los distintos países y dentro de ellos.[9] El número de personas que viven en pobreza extrema sigue siendo enorme.
La reciente crisis financiera era una oportunidad para desarrollar una nueva economía más atenta a los principios éticos y a la nueva regulación de la actividad financiera, neutralizando los aspectos depredadores y especulativos y dando valor al servicio a la economía real. Aunque si se han realizado muchos esfuerzos positivos, en varios niveles, que se reconocen y aprecian, no ha habido ninguna reacción que haya llevado a repensar los criterios obsoletos que continúan gobernando el mundo[10]. Por el contrario, a veces parece volver a estar en auge un egoísmo miope y limitado a corto plazo, el cual, prescindiendo del bien común, excluye de su horizonte la preocupación, no sólo de crear, sino también de difundir riqueza y eliminar las desigualdades, hoy tan pronunciadas.
6. Está en juego el verdadero bienestar de la mayoría de los hombres y mujeres de nuestro planeta, que corren el riesgo de verse confinados cada vez más a los márgenes, cuando no de ser «excluidos y descartados»[11] del progreso y el bienestar real, mientras algunas minorías explotan y reservan en su propio beneficio vastos recursos y riquezas, permaneciendo indiferentes a la condición de la mayoría. Por lo tanto, es hora de retomar lo que es auténticamente humano, ampliar los horizontes de la mente y el corazón, para reconocer lealmente lo que nace de las exigencias de la verdad y del bien, y sin lo cual todo sistema social, político y económico está destinado, en definitiva, a la ruina y a la implosión. Es cada vez más claro que el egoísmo a largo plazo no da frutos y hace pagar a todos un precio demasiado alto; por lo tanto, si queremos el bien real del hombre verdadero para los hombres, «¡el dinero debe servir y no gobernar!».[12]
Al respecto, si bien es verdad que corresponde primordialmente a los operadores competentes y responsables desarrollar nuevas formas de economía y finanza, cuyas prácticas y normas se orienten al progreso del bien común y sean respetuosas de la dignidad humana, en la línea segura trazada por la enseñanza social de la Iglesia. Con este documento, sin embargo, la Congregación para la Doctrina de la Fe, cuya competencia también se extiende a cuestiones de naturaleza moral, en colaboración con el Dicasterio para el Servicio del Desarrollo Humano Integral, quiere ofrecer algunas consideraciones de fondo y puntualizaciones para apoyar el progreso y defender aquella dignidad.[13] En particular, es necesario emprender una reflexión ética sobre ciertos aspectos de la intermediación financiera, cuyo funcionamiento, habiéndose desvinculado de fundamentos antropológicos y morales apropiados, no sólo ha producido abusos e injusticias evidentes, sino que se ha demostrado también capaz de crear crisis sistémicas en todo el mundo. Es un discernimiento que se ofrece a todos los hombres y mujeres de buena voluntad.
II. Consideraciones básicas de fondo
7. Algunas consideraciones elementales son evidentes a los ojos de todos los que, lealmente, tienen presente la situación histórica en la que vivimos; y ello más allá de cualquier teoría o escuela de pensamiento, en cuyas legítimas discusiones este documento no pretende intervenir y a cuyo diálogo, por el contario, desea contribuir, con la conciencia de que no hay recetas económicas válidas universalmente y para siempre.
8. Toda realidad y actividad humana, si se vive en el horizonte de una ética adecuada, es decir, respetando la dignidad humana y orientándose al bien común, es positiva. Esto se aplica a todas las instituciones que genera la dimensión social humana y también a los mercados, a todos los niveles, incluyendo los financieros.
A este respecto cabe señalar que incluso aquellos sistemas que dan vida a los mercados, más que basarse en dinámicas anónimas, elaboradas por tecnologías cada vez más sofisticadas, se sustentan en relaciones, que no podrían establecerse sin la participación de la libertad de los individuos. Resulta claro entonces que la misma economía, como cualquier otra esfera humana, «tiene necesidad de la ética para su correcto funcionamiento; no de una ética cualquiera, sino de una ética amiga de la persona».[14]
9. Por lo tanto, es obvio que sin una visión adecuada del hombre es imposible fundar ni una ética ni una praxis que estén a la altura de su dignidad y de un bien que sea realmente común. De hecho, por mucho que se proclame neutral o separada de cualquier conexión de fondo, toda acción humana – incluso en la esfera económica – implica una comprensión del hombre y del mundo, que revela su mayor o menor positividad a través de los efectos y el desarrollo que produce.
En este sentido, nuestra época se ha revelado de cortas miras acerca del hombre entendido individualmente, prevalentemente consumidor, cuyo beneficio consistiría más que nada en optimizar sus ganancias pecuniarias. Es peculiar de la persona humana, de hecho, poseer una índole relacional y una racionalidad a la búsqueda perenne de una ganancia y un bienestar que sean completos, irreducibles a una lógica de consumo o a los aspectos económicos de la vida.[15]
Esta índole relacional fundamental del hombre[16] está esencialmente marcada por una racionalidad, que resiste cualquier reducción que cosifique sus exigencias de fondo. En este sentido, no se puede negar que hoy existe una tendencia a cosificar cualquier intercambio de “bienes”, reduciéndolo a mero intercambio de “cosas”.
En realidad, es evidente que en la transmisión de bienes entre sujetos está en juego algo más que los meros bienes materiales, dado que estos a menudo vehiculan bienes inmateriales, cuya presencia o ausencia concreta determina, en modo decisivo, también la calidad de las mismas relaciones económicas (como confianza, imparcialidad, cooperación...). A este nivel es fácil entender bien que la lógica del don sin contrapartida no es alternativa sino inseparable y complementaria a la del intercambio de equivalentes.[17]
10. Es fácil ver las ventajas de una visión del hombre entendido como sujeto constitutivamente incorporado en una trama de relaciones, que son en sí mismas un recurso positivo.[18] Toda persona nace dentro de un contexto familiar, es decir, dentro de relaciones que lo preceden, sin las cuales sería imposible su mismo existir. Más tarde desarrolla las etapas de su existencia, gracias siempre a ligámenes, que actúan el colocarse de la persona en el mundo como libertad continuamente compartida. Son precisamente estos ligámenes originales los que revelan al hombre como ser relacionado y esencialmente marcado por lo que la Revelación cristiana llama “comunión”.
Este carácter original de comunión, al mismo tiempo que evidencia en cada persona humana un rastro de afinidad con el Dios que lo ha creado y lo llama a una relación de comunión con él, es también aquello que lo orienta naturalmente a la vida comunitaria, lugar fundamental de su completa realización. Sólo el reconocimiento de este carácter, como elemento originariamente constitutivo de nuestra identidad humana, permite mirar a los demás no principalmente como competidores potenciales, sino como posibles aliados en la construcción de un bien, que no es auténtico si no se refiere, al mismo tiempo, a todos y cada uno.
Esta antropología relacional ayuda también al hombre a reconocer la validez de las estrategias económicas dirigidas principalmente a la calidad global de vida, antes que al crecimiento indiscriminado de las ganancias; a un bienestar que, si se pretende tal, debe ser siempre integral, de todo el hombre y de todos los hombres. Ningún beneficio es legítimo, en efecto, cuando se pierde el horizonte de la promoción integral de la persona humana, el destino universal de los bienes y la opción preferencial por los pobres.[19] Estos tres principios se implican y exigen necesariamente el uno al otro en la perspectiva de la construcción de un mundo más justo y solidario.
Así, todo progreso del sistema económico no puede considerarse tal si se mide solo con parámetros de cantidad y eficacia en la obtención de beneficios, sino que tiene que ser evaluado también en base a la calidad de vida que produce y a la extensión social del bienestar que difunde, un bienestar que no puede limitarse a sus aspectos materiales. Todo sistema económico legitima su existencia no sólo por el mero crecimiento cuantitativo de los intercambios económicos, sino probando su capacidad de producir desarrollo para todo el hombre y todos los hombres. Bienestar y desarrollo se exigen y se apoyan mutuamente,[20] requiriendo políticas y perspectivas sostenibles más allá del corto plazo.[21]
En este sentido, es deseable que, sobre todo las universidades y las escuelas de economía, en sus programas de estudios, de manera no marginal o accesoria, sino fundamental, proporcionen cursos de capacitación que eduquen a entender la economía y las finanzas a la luz de una visión completa del hombre, no limitada a algunas de sus dimensiones, y de una ética que la exprese. Una gran ayuda, en este sentido, la ofrece la Doctrina social de la Iglesia.
11. Por lo tanto, el bienestar debe evaluarse con criterios mucho más amplios que el producto interno bruto (PIB) de un país, teniendo más bien en cuenta otros parámetros, como la seguridad, la salud, el crecimiento del “capital humano”, la calidad de la vida social y del trabajo. Debe buscarse siempre el beneficio, pero nunca a toda costa, ni como referencia única de la acción económica.
Aquí resulta ejemplar la importancia de parámetros que humanicen, de formas culturales y mentalidades en las que la gratuidad – es decir, el descubrimiento y el ejercicio de lo verdadero y lo justo como bienes intrínsecos – se convierta en la norma de medida,[22] y donde ganancia y solidaridad no sean antagónicas. De hecho, allí donde prevalece el egoísmo y los intereses particulares es difícil para el hombre captar esa circularidad fecunda entre ganancia y don, que el pecado tiende a ofuscar y destruir. Por el contrario, en una perspectiva plenamente humana, se establece un círculo virtuoso entre ganancia y solidaridad, el cual, gracias al obrar libre del hombre, puede expandir todas las potencialidades positivas de los mercados.
Un recordatorio siempre actual para reconocer la conveniencia humana de la gratuidad proviene de aquella regla formulada por Jesús en el Evangelio llamada regla de oro, que nos invita a hacer a los demás lo que nos gustaría que nos hicieran a nosotros (cf. Mt 7,12; Lc 6,31).
12. Ninguna actividad económica puede sostenerse por mucho tiempo si no se realiza en un clima de saludable libertad de iniciativa.[23] Es asimismo evidente que la libertad de la que gozan, hoy en día, los agentes económicos, entendida en modo absoluto y separado de su intrínseca referencia a la verdad y al bien, tiende a generar centros de supremacía y a inclinarse hacia formas de oligarquía, que en última instancia perjudican la eficiencia misma del sistema económico.[24]
Desde este punto de vista, cada vez es más fácil ver cómo, ante el creciente y penetrante poder de agentes importantes y grandes redes económicas y financieras, a los actores políticos, a menudo desorientados e impotentes a causa de la supranacionalidad de tales agentes y de la volatilidad del capital manejado por estos, les cuesta responder a su vocación original como servidores del bien común, y pueden incluso convertirse en siervos de intereses extraños a ese bien.[25]
Esto hace hoy más que nunca urgente una alianza renovada entre los agentes económicos y políticos en la promoción de todo aquello que es necesario para el completo desarrollo de cada persona humana y de toda la sociedad, conjugando al mismo tiempo las exigencias de la solidaridad y la subsidiariedad.[26]
13. En principio, todas las dotaciones y medios utilizados por los mercados para aumentar su capacidad de asignación, si no están dirigidos contra la dignidad de la persona y tienen en cuenta el bien común, son moralmente admisibles.[27]
Sin embargo, es asimismo evidente que ese potente propulsor de la economía que son los mercados es incapaz de regularse por sí mismo:[28] de hecho, estos no son capaces de generar los fundamentos que les permitan funcionar regularmente (cohesión social, honestidad, confianza, seguridad, leyes...), ni de corregir los efectos externos negativos (diseconomy) para la sociedad humana (desigualdades, asimetrías, degradación ambiental, inseguridad social, fraude...).
14. No es posible, además, más allá del hecho de que muchos de sus operadores están animados individualmente por buenas y correctas intenciones, ignorar que en la actualidad la industria financiera, debido a su omnipresencia y a su inevitable capacidad de condicionar y – en cierto sentido – de dominar la economía real, es un lugar donde los egoísmos y los abusos tienen un potencial sin igual para causar daño a la comunidad.
En este sentido, hay que destacar que en el mundo económico y financiero se dan casos en los cuales algunos de los medios utilizados por los mercados, aunque no sean en sí mismos inaceptables desde un punto de vista ético, constituyen sin embargo casos de inmoralidad próxima, a saber, ocasiones en las cuales con mucha facilidad se generan abusos y fraudes, especialmente en perjuicio de la contraparte en desventaja. Por ejemplo, comercializar algunos productos financieros, en sí mismos lícitos, en situación de asimetría, aprovechando las lagunas informativas o la debilidad contractual de una de las partes, constituye de suyo una violación de la debida honestidad relacional y es una grave infracción desde el punto ético.
Dado que, en la situación actual, la complejidad de muchos productos financieros hace de esa asimetría un elemento intrínseco al sistema – que pone a los compradores en una posición de inferioridad en relación a quienes los comercializan – no pocos piden la superación del principio tradicional del caveat emptor (“¡atento, comprador!”). Este principio, según el cual incumbiría ante todo al comprador la responsabilidad de verificar la calidad del bien adquirido, presupone, de hecho, la igualdad en la capacidad de proteger el propio interés por parte de los contrayentes; lo que, de hecho, hoy en día en muchos casos no existe, ya sea por la evidente relación jerárquica que se instaura en algunos tipos de contratos (como entre prestamista y el prestatario), ya sea por la compleja estructuración de muchas ofertas financieras.
15. También el dinero es en sí mismo un instrumento bueno, como muchas cosas de las que el hombre dispone: es un medio a disposición de su libertad, y sirve para ampliar sus posibilidades. Este medio, sin embargo, se puede volver fácilmente contra el hombre. Así también la multiplicidad de instrumentos financieros (financialization) a disposición del mundo empresarial, que permite a las empresas acceder al dinero mediante el ingreso en el mundo de la libre contratación en bolsa, es en sí mismo un hecho positivo. Este fenómeno, sin embargo, implica hoy el riesgo de provocar una mala financiación de la economía, haciendo que la riqueza virtual, concentrándose principalmente en transacciones marcadas por un mero intento especulativo y en negociaciones “de alta frecuencia” (high-frequency trading), atraiga a sí excesivas cantidades de capitales, sustrayéndolas al mismo tiempo a los circuitos virtuosos de la economía real.[29]
Lo que había sido tristemente vaticinado hace más de un siglo, por desgracia, ahora se ha hecho realidad: el rendimiento del capital asecha de cerca y amenaza con suplantar la renta del trabajo, confinado a menudo al margen de los principales intereses del sistema económico. En consecuencia, el trabajo mismo, con su dignidad, no sólo se convierte en una realidad cada vez más en peligro, sino que pierde también su condición de “bien” para el hombre,[30] convirtiéndose en un simple medio de intercambio dentro de relaciones sociales asimétricas.
Precisamente en esa inversión de orden entre medios y fines, en virtud del cual el trabajo, de bien, se convierte en “instrumento” y el dinero, de medio, se convierte en “fin”, encuentra terreno fértil esa “cultura del descarte”, temeraria y amoral, que ha marginado a grandes masas de población, privándoles de trabajo decente y convirtiéndoles en sujetos “sin horizontes, sin salida”: «Ya no se trata simplemente del fenómeno de la explotación y de la opresión, sino de algo nuevo: con la exclusión queda afectada en su misma raíz la pertenencia a la sociedad en la que se vive, pues ya no se está en ella abajo, en la periferia, o sin poder, sino que se está fuera. Los excluidos no son «explotados» sino desechos, “sobrantes”».[31]
16. A tal propósito, cómo no pensar en la función social insustituible del crédito, cuya responsabilidad incumbe principalmente a intermediarios financieros cualificados y fiables. En este contexto, resulta claro que la aplicación de tasas de interés excesivamente altas, que de hecho no son sostenibles por los prestatarios, representa una operación no solo ilegítima bajo el perfil ético sino también disfuncional para la salud del sistema económico. Desde siempre, semejantes prácticas, así como los comportamientos efectivamente usurarios, han sido percibidos por la conciencia humana como inicuos y por el sistema económico como contrarios a su correcto funcionamiento.
Aquí la actividad financiera revela su vocación primaria de servicio a la economía real, llamada a crear valor, por medios moralmente lícitos, y a favorecer una movilización de los capitales para generar una circularidad virtuosa de riqueza.[32] En este sentido, por ejemplo, son muy positivas y deben ser alentadas realidades como el crédito cooperativo, el microcrédito, así como el crédito público al servicio de las familias, las empresas, las comunidades locales y el crédito para la ayuda a los países en desarrollo.
Nunca como en este ámbito, donde el dinero puede manifestar todo su potencial positivo, es tan evidente que no resulta legítimo, desde el punto de vista ético, arriesgar injustificadamente el crédito que deriva de la sociedad civil, utilizándolo con fines principalmente especulativos.
17. Es un fenómeno éticamente inaceptable, no la simple ganancia, sino el aprovecharse de una asimetría en favor propio para generar beneficios significativos a expensas de otros; lucrar explotando la propia posición dominante con desventaja injusta de los demás o enriquecerse creando perjuicio o perturbando el bienestar colectivo.[33]
Esta práctica es particularmente deplorable, desde el punto de vista moral, cuando unos pocos – por ejemplo importantes fondos de inversión – intentan obtener beneficios, mediante una especulación[34] encaminada a provocar disminuciones artificiales de los precios de los títulos de la deuda pública, sin preocuparse de afectar negativamente o agravar la situación económica de países enteros, poniendo en peligro no sólo los proyectos públicos de saneamiento económico sino la misma estabilidad económica de millones de familias, obligando al mismo tiempo a las autoridades gubernamentales a intervenir con grandes cantidades de dinero público, y llegando incluso a determinar artificialmente el funcionamiento adecuado de los sistemas políticos.
La finalidad especulativa, especialmente en el campo económico financiero, amenaza hoy con suplantar a todos los otros objetivos principales en los que se concreta la libertad humana. Este hecho está deteriorando el inmenso patrimonio de valores que hace de nuestra sociedad civil un lugar de coexistencia pacífica, de encuentro, de solidaridad, de reciprocidad regeneradora y de responsabilidad por el bien común. En este contexto, palabras como “eficiencia”, “competencia”, “liderazgo”, “mérito” tienden a ocupar todo el espacio de nuestra cultura civil, asumiendo un significado que acaba empobreciendo la calidad de los intercambios, reducidos a meros coeficientes numéricos.
Esto requiere ante todo que se emprenda una reconquista de lo humano, para reabrir los horizontes a la sobreabundancia de valores, que es la única que permite al hombre encontrarse a sí mismo y construir sociedades que sean acogedoras e inclusivas, donde haya espacio para los más débiles y donde la riqueza se utilice en beneficio de todos. En resumen, lugares donde al hombre le resulte bello vivir y fácil esperar.
III. Algunas puntualizaciones en el contexto actual
18. Para ofrecer orientaciones éticas concretas y específicas a todos los agentes económicos y financieros – quienes lo requieren cada vez más – se tratará ahora de formular algunas puntualizaciones, útiles para un discernimiento que mantenga abiertas las vías hacía aquello que hace al hombre verdaderamente hombre y le ayude a evitar poner en peligro tanto su dignidad como el bien común.[35]
19. El mercado, gracias al progreso de la globalización y la digitalización, puede compararse con un gran organismo, en cuyas venas corren, como linfa vital, inmensas cantidades de capitales. Sirviéndonos de esta analogía, podemos por tanto hablar también de la “salud” del mismo organismo, cuando sus medios y aparatos procuran una buena funcionalidad del sistema, en el cual el crecimiento y la difusión de la riqueza van de consuno. Salud del sistema que depende de la salud de cada una de las acciones realizadas. Con semejante salud del sistema-mercado es más fácil que sean respetados y promovidos también la dignidad del hombre y el bien común.
De modo semejante, cada vez que se introducen y difunden instrumentos económicos y financieros no fiables, que ponen en serio peligro el crecimiento y la difusión de la riqueza, creando puntos críticos y riesgos sistémicos, se puede hablar de una “intoxicación” de ese organismo.
Se entiende así la exigencia, cada vez más advertida, de introducir una certificación de las autoridades públicas para todos los productos que provienen de la innovación financiera, al fin de preservar la salud del sistema y prevenir efectos colaterales negativos. Favorecer la salud y evitar la contaminación, incluso desde el punto de vista económico, es un imperativo moral ineludible para todos los actores comprometidos en los mercados. Esta exigencia demuestra asimismo la urgencia de una coordinación supranacional entre las diferentes arquitecturas de los sistemas financieros locales.[36]
20. Esa salud se nutre de una multiplicidad y diversidad de recursos, que constituye una especie de “biodiversidad” económica y financiera. Esta representa un valor añadido para el sistema económico y debe ser favorecida y salvaguardada mediante adecuadas políticas económico-financieras, al fin de asegurar a los mercados la presencia de una pluralidad de sujetos e instrumentos sanos, con riqueza y diversidad de caracteres; sea en positivo, sosteniendo su acción, sea en negativo, obstaculizando a todos aquellos que deterioran la funcionalidad del sistema que produce y difunde riqueza.
A este respecto, hay que destacar que la cooperación realiza una función singular en la tarea de producir en modo sano valor añadido en los mercados. Una leal e intensa sinergia de los agentes obtiene fácilmente ese valor añadido que busca toda actuación económica.[37]
Cuando el hombre reconoce la solidaridad fundamental que lo liga a todos los demás hombres, percibe que no puede apropiarse de los bienes de que dispone. Cuando se habitúa a la solidaridad, estos bienes son usados no sólo para sus propias necesidades, y así se multiplican, dando a menudo también frutos inesperados para los demás.[38] Aquí se puede notar claramente cómo compartir «no es solo división sino también multiplicación de los bienes, creación de nuevo pan, de nuevos bienes, de nuevo Bien con mayúscula».[39]
21. La experiencia de las últimas décadas ha demostrado con evidencia, por un lado, lo ingenua que es la confianza en una autosuficiencia distributiva de los mercados, independiente de toda ética y, por otro lado, la impelente necesidad de una adecuada regulación, que conjugue al mismo tiempo libertad y tutela de todos los sujetos que en ella operan en régimen de una sana y correcta interacción, especialmente de los más vulnerables. En este sentido, los poderes políticos y económico-financieros deben siempre mantenerse distintos y autónomos y al mismo tiempo orientarse, más allá de todas complicidad nociva, a la realización de un bien que es tendencialmente común y no reservado a pocos sujetos privilegiados.[40]
Esa regulación se hace aún más necesaria ya sea por la constatación de que entre los principales motivos de la reciente crisis económica se hallan también conductas inmorales de representantes de mundo financiero, ya sea por el hecho de que la dimensión supranacional del sistema económico permite burlar fácilmente las reglas establecidas por los distintos países. Además, la extrema volatilidad y movilidad de los capitales comprometidos en el mundo financiero permite a quien dispone de ellos operar fácilmente más allá de toda norma que no sea la de un beneficio inmediato, chantajeando a menudo desde una posición de fuerza también al poder político de turno.
Queda claro, por tanto, que los mercados necesitan orientaciones sólidas y robustas, tanto macroprudenciales como normativas, lo más participadas y uniformes que sea posible; así como reglas, que hay que actualizar continuamente, porque la realidad misma de los mercados está en continuo movimiento. Estas orientaciones deben garantizar un serio control de la fiabilidad y la calidad de todos los productos económicos y financieros, especialmente los más estructurados. Y cuando la velocidad de los procesos de innovación produce excesivos riesgos sistémicos, es preciso que los operadores económicos acepten los vínculos y frenos que exige el bien común, sin tratar de burlarlos o disminuirlos.
En tal sentido, teniendo presente la actual globalización del sistema financiero, es importante mantener una coordinación estable, clara y eficaz entre las diversas autoridades nacionales de regulación de los mercados, con la posibilidad, y a veces incluso la necesidad, de compartir con prontitud decisiones vinculantes cuando lo exija el riesgo para el bien común. Esas autoridades de regulación deben ser siempre independientes y estar vinculadas a las exigencias de la equidad y del bien común. La dificultades comprensibles, en este sentido, no deben desalentar la búsqueda y actuación de estos sistemas normativos, que deben ser concertados entre los países y cuyo alcance debe ser igualmente supranacional.[41]
Las reglas deben favorecer una completa trasparencia de lo que se negocia, para eliminar toda forma de injusta desigualdad, garantizando lo más posible un equilibrio en los intercambios. Especialmente teniendo en cuenta que la concentración asimétrica de informaciones y poder tiende a reforzar a los sujetos económicos más fuertes, creando hegemonías capaces de influenciar unilateralmente no sólo los mercados sino incluso los mismos sistemas políticos y normativos. Por lo demás, allí donde se ha practicado una desregulación masiva se ha puesto en evidencia que los espacios de vacío normativo e institucional constituyen espacios favorables, no sólo para el riesgo moral y la malversación, sino también para la aparición de exuberancias irracionales de los mercados – a las que siguen burbujas especulativas y luego repentinos colapsos ruinosos – y de crisis sistémicas.[42]
22. Una gran ayuda para evitar crisis sistémicas sería establecer, para los intermediarios bancarios de crédito, una clara definición y la separación de la gestión de cartera de créditos comerciales y aquel destinado a la inversión o a la negociación de cartera propia.[43] Todo esto para evitar, lo más posible, situaciones de inestabilidad financiera.
La salud del sistema financiero exige además la mayor cantidad de información posible, para que cada sujeto pueda tutelar en plena y consciente libertad sus intereses: es importante, en efecto, saber si los propios capitales son usados con fines especulativos o no, así como conocer claramente el grado de riesgo y la congruencia del precio de los productos financieros que se subscriben. Sobre todo considerando que el ahorro, especialmente el familiar, es un bien público que hay que tutelar y que trata siempre de excluir el riesgo. El mismo ahorro, cuando se pone en manos expertas de asesores financieros, tiene que ser bien administrado y no simplemente gestionado.
Entre los comportamientos moralmente criticables en la gestión del ahorro por parte de los asesores financieros cabe señalar: los excesivos movimientos del portafolio de títulos, con el propósito principal de incrementar los ingresos generados por las comisiones del intermediario; la desaparición de la imparcialidad debida en la oferta de instrumentos de ahorro, con la complicidad de algunos bancos, allí donde los productos de otros sujetos se ajustarían mejores a las necesidades del cliente; la falta de diligencia adecuada o incluso negligencia dolosa por parte de los consultores, respecto a la protección de los intereses de portafolio de sus clientes; la concesión de préstamos por parte de un intermediario bancario, subordinada a la simultánea subscripción de otros productos financieros quizás no favorables al cliente.
23. Toda empresa es una importante red de relaciones y, a su manera, representa un verdadero cuerpo social intermedio, con su propia cultura y praxis. Estas, mientras determinan la organización interna de la empresa, afectan también al tejido social en el que ella opera. Precisamente a este nivel, la Iglesia recuerda la importancia de una responsabilidad social de la empresa[44], que se explicita ad extra y ad intra de la misma.
En este sentido, donde el mero beneficio se sitúa en la cima de la cultura de una empresa financiera, ignorando las simultáneas necesidades del bien común – cosa que hoy se señala como un hecho generalizado incluso en prestigiosas escuelas de negocios (business schools) –, toda instancia ética viene de hecho percibida como extrínseca y yuxtapuesta a la acción empresarial. Esto resulta mucho más acentuado por el hecho de que, en tal lógica organizativa, aquellos que no se adecuan a los objetivos empresariales de este tipo, son penalizados tanto a nivel retributivo como de reconocimiento profesional. En estos casos, la finalidad del mero lucro crea fácilmente una lógica perversa y selectiva, que a menudo favorece el ascenso a la cima empresarial de sujetos capaces pero codiciosos y sin escrúpulos, cuya acción social es impulsada principalmente por una ganancia personal egoísta.
Además, esta lógica obliga con frecuencia a la administración a actuar políticas económicas encaminadas, no a impulsar la salud económica de las empresas a las que servían, sino a incrementar solo los beneficios de los accionistas (shareholders), perjudicando así los intereses legítimos de todos aquellos que, con su trabajo y servicio, operan en beneficio de la misma empresa, así como a los consumidores y a las varias comunidades locales (stakeholders). Y todo ello, a menudo, estimulado por enormes remuneraciones proporcionales a los resultados inmediatos de la gestión (por lo demás no equilibradas con equivalentes penalizaciones en caso de fracaso de los objetivos), que, si bien a corto plazo aseguran grandes ganancias a los directivos y accionistas, terminan por propiciar la aceptación de riesgos excesivos y dejar a las empresas debilitadas y empobrecidas de las energías económicas que les habrían asegurado perspectivas adecuadas de futuro.
Todo esto fácilmente genera y difunde una cultura profundamente amoral – en la que con frecuencia no se duda en cometer un delito, cuando los beneficios esperados superan las sanciones previstas – y contamina seriamente la salud de cualquier sistema económico-social, poniendo en peligro su funcionalidad y dañando gravemente la realización efectiva del bien común, sobre el cual se fundan necesariamente todas las formas de socialización.
Por lo tanto, es urgente una autocrítica sincera a este respecto, así como una inversión de tendencia, favoreciendo en cambio una cultura empresarial y financiera que tenga en cuenta todos aquellos factores que constituyen el bien común. Esto significa, por ejemplo, que hay que colocar claramente a la persona y la calidad de las relaciones interpersonales en el centro de la cultura empresarial, de modo que cada empresa practique una forma de responsabilidad social que no sea meramente marginal u ocasional, sino que anime desde dentro todas sus acciones, orientándola socialmente.
Precisamente aquí, la circularidad natural que existe entre el beneficio – factor intrínsecamente necesario en todo sistema económico – y la responsabilidad social – elemento esencial para la supervivencia de toda forma de convivencia civil – está llamada a revelar toda su fecundidad, mostrando el vínculo indisoluble, que el pecado tiende a ocultar, entre una ética respetuosa de las personas y del bien común, y la funcionalidad real de todo sistema económico-financiero. Esta circularidad virtuosa es favorecida, por ejemplo, por la búsqueda de la reducción del riesgo de conflicto con los stakeholder, como asimismo por el fomento de una mayor motivación intrínseca de los empleados en una empresa.
Aquí la creación de valor añadido, que es el propósito primordial del sistema económico-financiero, debe demostrar en última instancia su viabilidad dentro de un sistema ético sólido, precisamente porque se basa en una búsqueda sincera del bien común. Sólo del reconocimiento y potenciación del vínculo intrínseco que existe entre razón económica y razón ética puede emanar un bien que sea para todos los hombres.[45] Dado que también el mercado, para funcionar bien, necesita presupuestos antropológicos y éticos, que por sí solo no es capaz de producir.
24. Si bien, por un lado, el mérito crediticio exige una actividad de selección atenta, para identificar beneficiarios realmente dignos, capaces de innovar y evitar colusiones insanas, por otro lado los bancos, para poder soportar adecuadamente los riesgos afrontados, deben disponer de convenientes dotaciones de activos, de modo que una eventual socialización de las pérdidas sea lo más limitada posible y recaiga sobre todo en aquellos que han sido realmente responsables.
Ciertamente, la gestión delicada del ahorro, además de la debida regulación jurídica, requiere también paradigmas culturales adecuados, junto con la práctica de una revisión cuidadosa, sin excluir el punto de vista ético, de la relación entre banco y cliente, y una supervisión continua de la legitimidad de todas las operaciones que le conciernen.
Una propuesta interesante para moverse en esa dirección y que habría que experimentar, sería establecer Comités éticos, dentro de los bancos, para apoyar a los Consejos de Administración. Todo ello para ayudar a los bancos, no sólo a preservar sus balances de las consecuencias de sufrimientos y pérdidas y a mantener una coherencia efectiva entre la misión fiduciaria y la praxis financiera, sino también a apoyar adecuadamente la economía real.
25. La creación de títulos de crédito de alto riesgo – que operan de hecho una especie de creación ficticia de valor, sin un adecuado quality control ni una correcta evaluación del crédito – puede enriquecer a quienes hacen de intermediarios, pero crean fácilmente insolvencia en perjuicio de aquellos que los deben cobrar; esto es tanto aún más cierto si el peso de la criticidad de estos títulos, por parte del instituto que los emite, se descarga en el mercado en el que se difunden y propagan (por ejemplo, la titulación de hipotecas subprime), generando intoxicación en amplios sectores y dificultades potencialmente sistémicas. Esta contaminación de los mercados contradice la necesaria salud del sistema económico-financiero, y es inaceptable desde el punto de vista de una ética respetuosa del bien común.
Cada título de crédito debe corresponder a un valor orientativamente real y no sólo presumible y difícilmente cotejable. En tal sentido, es cada vez más urgente una regulación y evaluación pública super partes del comportamiento de las agencias de rating del crédito, con instrumentos jurídicos que permitan, por un lado, sancionar las acciones distorsionadas y, por otro, impedir la creación de situaciones de oligopolio peligroso por parte de algunas de ellas. Esto es particularmente cierto en caso de productos del sistema de intermediación crediticia en los que la responsabilidad del crédito concedido es descargada por el prestamista original sobre quienes lo relevan.
26. Algunos productos financieros, incluidos los llamados “derivados”, se crearon para garantizar un seguro contra riesgos inherentes a determinadas operaciones, incluyendo a menudo una apuesta hecha sobre la base del valor presuntamente atribuido a dichos riesgos. Subyacentes a estos instrumentos financieros están los contratos en los que las partes todavía pueden evaluar razonablemente el riesgo fundamental contra los cuales se pretende asegurarse.
Sin embargo, para algunos tipos de derivados (en particular, las llamadas titulizaciones o securitizations), se ha observado que a partir de las estructuras originarias y vinculadas a inversiones financiarías individuales se construían estructuras cada vez más complejas (titulizaciones de titulizaciones), en las cuales es cada vez más difícil – en realidad, prácticamente imposible después de varias de estas transacciones – establecer en modo razonable y ecuo su valor fundamental. Esto significa que cada paso en la compraventa de estos títulos, más allá de la voluntad de las partes, opera de hecho una distorsión del valor efectivo del riesgo que el instrumento debería proteger. Todo ello ha favorecido el surgimiento de burbujas especulativas, que han sido importantes concausas de la reciente crisis financiera.
Es evidente que la improvisa aleatoriedad de estos productos – el desvanecimiento creciente de la transparencia de lo que aseguran – que, en la operación original no es percibida, los hace cada vez menos aceptables desde el punto de vista de una ética respetuosa de la verdad y del bien común, ya que los transforma en una especie de bombas de relojería, listas para explotar antes o después, esparciendo su falta de fiabilidad económica e intoxicando los mercados. Hay aquí una carencia ética, que se vuelve más grave a medida que estos productos se negocian en los llamados mercados extrabursátiles (over the counter) – expuestos al azar, cuando no al fraude, más que los mercados regulados – y sustraen linfa vital e inversiones a la economía real.
Una valoración ética semejante se puede hacer también con respecto a los usos de los credit default swap (CDS: permuta de incumplimiento crediticio; esto es, contratos particulares aseguradores del riesgo de quiebra), que permiten apostar sobre el riesgo de quiebra de un tercero, también a aquellos que no han asumido en precedencia un riesgo de crédito, e incluso repetir tales transacciones en el mismo evento, lo cual no es de ninguna manera permitido por las normales pólizas de seguros.
El mercado de CDS, en vísperas de la crisis económica de 2007, era tan imponente que representaba aproximadamente el equivalente del PIB mundial. El difundirse sin límites adecuados de este tipo de contratos ha favorecido el crecimiento de una finanza de riesgo y de apuestas sobre la quiebra de terceros, lo que resulta inaceptable desde el punto de visto ético.
De hecho, la operatividad de compra de esos instrumentos por parte de aquellos que no han asumido aún riesgo alguno de crédito es un caso singular en el que individuos comienzan a interesarse por la quiebra de otras entidades económicas e incluso pueden verse tentados a operar en este sentido.
Es evidente que esta posibilidad, mientras, por una parte, constituye un hecho particularmente reprobable desde el punto de vista moral, ya que quien así actúa lo hace en pos de una especie de “canibalismo” económico, por otra parte, socava la necesaria confianza básica, sin la cual el circuito económico terminaría bloqueando. También en este caso, podemos notar cómo un evento negativo desde el punto de vista ético, se convierte en perjudicial para la sana funcionalidad de sistema económico.
Cabe señalar, finalmente, que cuando de semejantes apuestas pueden derivar grandes daños a países enteros y a millones de familias, nos enfrentamos a acciones sumamente inmorales, y resulta por ello conveniente ampliar las prohibiciones, ya existentes en algunos países, para este tipo de operaciones, castigando con la máxima severidad tales infracciones.
27. En un punto neurálgico del dinamismo de los mercados financieros se encuentran tanto la fijación (fixing) de la tasa de interés relativa a los préstamos interbancarios (LIBOR), cuya cuantificación sirve como tasa-guía de interés del mercado monetario, como las tasas de cambio oficiales de las distintas divisas, aplicadas por los bancos.
Estos son parámetros importantes, que tienen un impacto significativo en todo el sistema económico-financiero, ya que afectan a las grandes transferencias diarias de efectivo entre las partes que suscriben contratos basados precisamente en la cuantificación de dichas tasas. La manipulación de esta constituye por lo tanto un caso de grave violación ética, con consecuencias de amplio alcance.
El hecho de que esto haya podido suceder impunemente durante muchos años demuestra lo frágil y expuesto al fraude que es un sistema financiero que no esté suficientemente controlado por normas y se halle desprovisto de sanciones proporcionadas a las violaciones en las que incurren sus actores. En este contexto, la creación de verdaderos “carteles” de connivencia entre los sujetos responsables de la correcta fijación del nivel de esas tasas constituye un caso de asociación para delinquir particularmente perjudicial para el bien común, que inflige una peligrosa herida a la salud del sistema económico y que hay que sancionar con penas adecuadas que disuadan de su reiteración.
28. Hoy en día, los principales actores del mundo financiero, y en especial los bancos, deben contar con órganos internos que garanticen el adecuado control de conformidad (compliance), o autocontrol de la legitimidad de los principales pasos del proceso de decisión y de los productos más importantes ofrecidos por la empresa. Sin embargo, cabe señalar que, al menos hasta un pasado muy reciente, la práctica del sistema económico-financiero se basa en gran parte en un juicio puramente negativo del control de conformidad, es decir, sobre un respeto meramente formal de los límites establecidos por las leyes vigentes. Desafortunadamente, de esto también deriva la frecuencia de una praxis de hecho elusiva de los controles normativos, es decir, de acciones destinadas a zafarse de los principios normativos vigentes, cuidándose bien, empero, de no contradecir explícitamente las normas que los expresan, para evitar sanciones.
Para evitar todo ello, es necesario que el control de conformidad entre en lo específico de las diferentes transacciones también en positivo, verificando su cumplimiento efectivo de los principios que informan la normativa vigente. La práctica de esta modalidad de control quedaría facilitada, según el parecer de muchos, si se establecieran Comités éticos, que funcionasen junto a los Consejos de Administración y constituyeran el interlocutor natural de quienes deben garantizar, en el correcto operar de los bancos, la conformidad entre los comportamientos y las razones de las normas vigentes.
A tal fin, dentro de las empresas habría que disponer líneas guía, que permitan facilitar este juicio de conformidad, de modo que sea posible discernir cuáles de las transacciones técnicamente viables en el aspecto jurídico, son de hecho, legítimas y viables desde el punto de vista ético (cuestión muy relevante, por ejemplo, para las prácticas de elusión fiscal). El objetivo es pasar de un respeto formal a un respeto sustancial de las reglas.
Además, es deseable que también en el sistema normativo que regula el mundo financiero haya una cláusula general que declare ilegítimos, con la consiguiente responsabilidad patrimonial de todos los sujetos imputables, aquellos actos cuyo propósito sea principalmente la elusión de la normativa vigente.
29. Ya no es posible ignorar fenómenos como la expansión en el mundo de los sistemas bancarios paralelos (shadow banking system), los cuales, si bien incluyen dentro de sí también tipologías de intermediarios cuya operatividad no parece crítica a primera vista, han determinado de hecho una pérdida de control sobre el sistema por parte de diversas autoridades de vigilancia nacionales, favoreciendo de forma imprudente el uso de la llamada financiación creativa, en la cual la principal razón para invertir recursos financieros es predominantemente especulativa, cuando no depredadora, y no un servicio a la economía real. Por ejemplo, muchos coinciden en afirmar que la existencia de estos sistemas “sombra” es una de las principales concausas que han llevado al desarrollo y la difusión global de la reciente crisis económico-financiera que comenzó en los EE.UU. con la de las hipotecas subprime en el verano de 2007.
30. De esta intención especulativa se nutre además el mundo de las finanzas offshore, que, aunque también ofrece otros servicios legales, a través de los ampliamente difusos canales de elusión fiscal – la evasión y el lavado de dinero sucio – constituye otra razón de empobrecimiento del sistema normal de producción y distribución de bienes y servicios. Es difícil discernir si muchas de estas situaciones dan lugar a casos de inmoralidad próxima o inmediata: es ciertamente evidente que tales realidades, donde substraen injustamente linfa vital a la economía real, difícilmente pueden encontrar una justificación, ya sea desde el punto de vista ético, ya sea en términos de la eficiencia global del mismo sistema económico.
Más aún, cada vez resulta más claro que existe un grado de correlación apreciable entre el comportamiento no ético de los operadores y la quiebra del sistema en su conjunto: es ya innegable que las deficiencias éticas exacerban las imperfecciones de los mecanismos del mercado[46].
En la segunda mitad del siglo pasado, nació el mercado offshore de los euro-dólares, lugar financiero de intercambio fuera de cualquier marco normativo oficial. Mercado que desde un importante país europeo se ha extendido a otros países alrededor del mundo, creando una verdadera red financiera, alternativa al sistema financiero oficial, jurisdicciones que la protegían.
A este respecto, cabe señalar que, si bien la razón formal para legitimar la presencia de sedes offshore es la de evitar que los inversores institucionales sufran una doble tasación, primero en su país de residencia y luego en el país en el que están domiciliados los fondos, de hecho, estos lugares se han convertido hoy en día, en ocasión de operaciones financieras a menudo al límite de la legalidad, cuando no se “pasan de la raya”, tanto desde el punto de vista de su legalidad normativa, como desde el punto de vista ético, es decir, de una cultura económica sana y libre del mero propósito de elusión fiscal.
En la actualidad, más de la mitad del comercio mundial es llevada a cabo por grandes sujetos, que reducen drásticamente su carga fiscal transfiriendo los ingresos de un lugar a otro, dependiendo de lo que les convenga, transfiriendo los beneficios a los paraísos fiscales y los costos a los países con altos impuestos. Está claro que esto ha restado recursos decisivos a la economía real, y ha contribuido a la creación de sistemas económicos basados en la desigualdad. Por otra parte, no es posible ignorar que esas sedes offshore se han convertido en lugares de lavado de dinero “sucio”, es decir, fruto de ganancias ilícitas (robo, fraude, corrupción, asociación criminal, mafia, botín de guerra...).
Así, al disimular el hecho de que las operaciones offshore no se llevaban a cabo en sus plazas financieras oficiales, algunos Estados han permitido que se sacara provecho incluso de delitos, sintiéndose no responsables porque no se realizaban formalmente bajo su jurisdicción. Esto representa, desde un punto de vista moral, una forma obvia de hipocresía.
En poco tiempo, este mercado se ha convertido en el lugar de mayor tránsito de capitales, ya que su configuración representa una manera fácil de realizar diferentes e importantes formas de elusión fiscal. Se entiende entonces que la domiciliación offshore de muchas empresas importantes que participan en el mercado sea muy deseada y practicada.
31. Ciertamente, el sistema fiscal de los Estados no siempre parece justo; a este respecto, cabe señalar que tal injusticia a menudo es en perjuicio de los sectores económicos más débiles y en ventaja de los más equipados y capaces de influir incluso en los sistemas normativos que regulan los mismos tributos. De hecho, la imposición tributaria, cuando es justa, desempeña una fundamental función equitativa y redistributiva de la riqueza, no sólo en favor de quienes necesitan subsidios apropiados, sino también en el apoyo a la inversión y el crecimiento de la economía real.
En cualquier caso, es precisamente la elusión fiscal de los principales actores que se mueven en los mercados, especialmente los grandes intermediarios financieros, lo que representa una abominable sustracción de recursos a la economía real y un daño para toda la sociedad civil. Dada la falta de transparencia de esos sistemas es difícil determinar con precisión la cantidad de capital que pasa a través de ellos; sin embargo, se ha calculado que bastaría un impuesto mínimo sobre las transacciones offshore para resolver gran parte del problema del hambre en el mundo: ¿por qué no hacerlo con valentía?
Además, se ha demostrado que la existencia de sedes offshore favorece asimismo enormes salidas de capital de muchos países de bajos ingresos, generando numerosas crisis políticas y económicas e impidiendo a los mismos embarcarse finalmente en el camino del crecimiento y del desarrollo saludable.
A este propósito, hay que señalar que diversas instituciones internacionales han denunciado reiteradamente todo esto, y no pocos gobiernos nacionales han tratado justamente de limitar el alcance de las plazas financieras offshore. Ha habido muchos esfuerzos positivos en este sentido, especialmente en los últimos diez años. Sin embargo, todavía no ha sido posible imponer acuerdos y normativas adecuadamente eficaces en tal sentido; los esquemas normativos propuestos en esta área también por prestigiosas organizaciones internacionales han quedado frecuentemente sin aplicación o han resultado ineficaces, debido a la poderosa influencia que estas plazas pueden ejercer, a causa del gran capital del que disponen frente a tantos poderes políticos.
Todo lo cual, al mismo tiempo que constituye un grave perjuicio al buen funcionamiento de la economía real, representa una estructura que, tal como está configurada actualmente, resulta totalmente inaceptable desde el punto de vista ético. Es, por lo tanto, necesario y urgente que, a nivel internacional, se apliquen los remedios apropiados a estos sistemas inicuos; en primer lugar, practicando a todos los niveles la transparencia financiera (por ejemplo, con la obligación de rendición de cuentas, para las empresas multinacionales, de sus respectivas actividades e impuestos pagados en cada país donde operan a través de sus filiales); y también con sanciones incisivas impuestas a los países que reiteren las prácticas deshonestas (evasión y elusión de impuestos, lavado de dinero sucio) mencionadas anteriormente.
32. Especialmente en los países con economías menos desarrolladas, el sistema offshore ha empeorado la deuda pública. Se ha observado, en efecto, que la riqueza privada acumulada en los paraísos fiscales por algunas élites ha casi igualado la deuda pública de sus respectivos países. Esto evidencia asimismo que, de hecho, en el origen de esa deuda a menudo están los pasivos económicos generados por privados y luego descargados sobre los hombros del sistema público. Entre otras cosas, es bien sabido que importantes sujetos económicos tienden a buscar la socialización de las pérdidas, frecuentemente, con la connivencia de los políticos.
Sin embargo, es oportuno señalar que la deuda pública se genera, a menudo, también por una gestión imprudente – cuando no dolosa – del sistema de administración pública. Esta deuda, es decir, el conjunto de pasivos financieros que pesan sobre los Estados, representa hoy uno de los mayores obstáculos para el buen funcionamiento y crecimiento de las distintas economías nacionales. Numerosas economías nacionales se ven de hecho agobiadas por el pago de los intereses que provienen de esa deuda y, por lo tanto, se ven en la necesidad de hacer ajustes estructurales con ese fin.
Ante esto, por un lado, los Estados están llamados a revertir la situación con una adecuada gestión del sistema público, mediante sabias reformas estructurales, una sensata repartición de los gastos e inversiones prudentes; por otro lado, a nivel internacional, aún poniendo a cada país frente a sus ineludibles responsabilidades, es necesario igualmente permitir y alentar razonables vías de salida de la espiral de la deuda, no poniendo sobre los hombros de los Estados – y por tanto sobre los de sus conciudadanos, es decir, de millones de familias – cargas que de hecho son insostenibles.
Todo ello asimismo a través de políticas de reducción razonable y acordada de la deuda pública, especialmente cuando los acreedores son sujetos de tal consistencia económica que les permite ofrecerla.[47] Estas soluciones se requieren tanto para la salud del sistema económico internacional, con el fin de evitar el contagio de crisis potencialmente sistémicas, cuanto para la búsqueda del bien común de los pueblos en su conjunto.
33. Todo lo dicho hasta ahora no afecta solo a entidades fuera de nuestro control, sino que cae también dentro de la esfera de nuestra responsabilidad. Esto significa que tenemos a nuestra disposición herramientas importantes para contribuir a resolver muchos problemas. Por ejemplo, los mercados viven gracias a la demanda y a la oferta de bienes; en este sentido, cada uno de nosotros puede influir en modo decisivo, al menos, en la configuración de esa demanda.
Por lo tanto, es importante un ejercicio crítico y responsable del consumo y del ahorro. Hacer la compra, acción cotidiana con la que nos dotamos de lo necesario para vivir, implica también una selección entre los diversos productos que ofrece el mercado. Es una opción que a menudo realizamos de manera inconsciente, comprando bienes cuya producción se realiza, por ejemplo, a través de cadenas productivas donde es normal la violación de los más elementales derechos humanos o gracias a empresas cuya ética, de hecho, no conoce otros intereses sino los de la ganancia de sus accionistas a cualquier costo.
Es necesario seleccionar aquellos bienes de consumo detrás de los cuales hay un proceso éticamente digno, ya que incluso a través del gesto, aparentemente banal, del consumo expresamos con los hechos una ética, y estamos llamados a tomar partido ante lo que beneficia o daña al hombre concreto. Alguien ha hablado, en este sentido, de “votar con la cartera”: se trata, en efecto, de votar diariamente en el mercado a favor de lo que ayuda al verdadero bienestar de todos nosotros y rechazar lo que lo perjudica.[48]
Las mismas reflexiones deben hacerse en relación a la gestión de los propios ahorros, dirigiéndolos, por ejemplo, hacia aquellas empresas que operan con criterios claros, inspirados en una ética respetuosa del hombre entero y de todos los hombres y en un horizonte de responsabilidad social.[49] Y, más en general, cada uno está llamado a cultivar prácticas de producción de riqueza que sean congruentes con nuestra índole relacional y tendentes al desarrollo integral de la persona
IV. Conclusión
34. Frente a la inmensidad y omnipresencia de los actuales sistemas económico-financieros, nos podemos sentir tentados a resignarnos al cinismo y a pensar que, con nuestras pobres fuerzas, no podemos hacer mucho. En realidad, cada uno de nosotros puede hacer mucho, especialmente si no se queda solo.
Muchas asociaciones con origen en de la sociedad civil son, en este sentido, una reserva de conciencia y responsabilidad social, de la que no podemos prescindir. Hoy más que nunca, todos estamos llamados a vigilar como centinelas de la vida buena y a hacernos intérpretes de un nuevo protagonismo social, basando nuestra acción en la búsqueda del bien común y fundándola sobre sólidos principios de solidaridad y subsidiariedad.
Cada gesto de nuestra libertad, aunque pueda parecer frágil e insignificante, si orienta realmente al auténtico bien, se apoya en Aquel que es Señor bueno de la historia, y se convierte en parte de una positividad, que va más allá de nuestras pobres fuerzas, uniendo indisolublemente todos los actos de buena voluntad en una red que une el cielo con la tierra, verdadero instrumento de humanización del hombre y del mundo. Esto es lo que necesitamos para vivir bien y nutrir una esperanza que esté a la altura de nuestra dignidad de personas humanas.
La Iglesia, Madre y Maestra, consciente de haber recibido en don un inmerecido depósito, ofrece a los hombres y las mujeres de todos los tiempos los recursos para una esperanza fiable. María, Madre del Dios hecho hombre por nosotros, tome de la mano nuestros corazones y los guíe en la sabia construcción de aquel bien que su Hijo Jesús, a través de su humanidad hecha nueva por el Espíritu Santo, ha venido a inaugurar para la salvación del mundo.
El Sumo Pontífice Francisco, en la audiencia concedida al Prefecto de la Congregación para la Doctrina de la Fe, ha aprobado las presentes Consideraciones, decididas en la Sesión Ordinaria de este Dicasterio y ha ordenado su publicación.
Dado en Roma el 6 de enero de 2018, Solemnidad de la Epifanía del Señor.
+ Luis F. Ladaria, S.I.
Arzobispo titular de Thibica
Prefecto de la Congregación
para la Doctrina de la Fe |
Peter Card. Turkson
Prefecto del Dicasterio para el Servicio
del Desarrollo Humano Integral |
+ Giacomo Morandi
Arzobispo titular de Cerveteri
Secretario de la Congregación
para la Doctrina de la Fe |
Bruno Marie Duffé
Secretario del Dicasterio para el Servicio
del Desarrollo Humano Integral |
________________________
[1] Concilio Ecuménico Vaticano II, Const. dogm. Lumen gentium, n. 48.
[2] Cf. Ibíd., n. 5.
[3] Francisco, Carta enc. Laudato si’, n. 231: AAS 107 (2015), 937.
[4] Cf. Benedicto XVI, Carta enc. Caritas in veritate (29 de junio de 2009), n. 59: AAS 101 (2009), 694.
[5] Cf. Juan Pablo II, Carta enc. Fides et ratio (14 de septiembre de 1998), n. 98: AAS 91 (1999), 81.
[6] Cf. Comisión Teológica Internacional, En busca de una ética universal: nueva mirada sobre la ley natural (2009), n. 87, Ciudad del Vaticano 2009, 86
[7] Francisco, Carta enc. Laudato si’, n. 189: AAS 107 (2015), 922.
[8] Id., Exhort. apost. Evangelii gaudium (24 de noviembre de 2013), n. 178: AAS 105 (2013), 1094.
[9] Cf. Pontificio Consejo “Justicia y Paz”, Por una reforma del sistema financiero y monetario internacional en la perspectiva de una autoridad pública con competencia universal (24 de octubre de 2011), n. 1: www.vatican.va/roman_curia/pontifical_councils/justpeace/documents/rc_pc_justpeace_doc_20111024 _nota_it.html
[10] Cf. Francesco, Carta enc. Lautado si’, n. 189: AAS 107 (2015), 922.
[11] Id., Exhort. ap. Evangelii gaudium ( 24 novembre 2013), n. 53: AAS 105 (2013), 1042.
[12] Ibid., n. 58: AAS 105 (2013), 1042.
[13] Cf. Concilio EcuménicoVaticano II, Decl. Dignitatis humanae, n. 14.
[14] Benedicto XVI, Carta enc. Caritas in veritate (29 de junio de 2009), n. 45: AAS 101 (2009), 681.
[15] Cf. Ibíd., n. 74: AAS 101 (2009), 705.
[16] Cf. Francisco, Discurso al Parlamento Europeo (25 de noviembre de 2014), Estrasburgo: AAS 106 (2014) 997-998.
[17] Cf. Benedicto XVI, Carta enc. Caritas in veritate, n. 37: AAS 101 (2009), 672.
[18] Cf. Ibíd., n. 55: AAS 101 (2009), 690.
[19] Cf. Juan Pablo II, Carta enc. Sollecitudo rei socialis (30 de diciembre de 1987), n. 42: AAS 80 (1988), 772.
[20] Cf. Catecismo de la Iglesia Católica, n. 1908.
[21] Cf. Francisco, Carta enc. Laudato si’, n. 13: AAS 107 (2015), 852; Exhort. apost. Amoris laetitia (19 de marzo de 2016), n. 44: AAS 108 (2016), 327.
[22] Cf. Por ej. el lema ora et labora, que recuerda la Regla de San Benedicto de Nursia: en su simplicidad indica que la oración, especialmente la litúrgica, al abrirnos a la relación con Dios que en Jesucristo y en su Espíritu se manifiesta como Bien y Verdad, ofrece de esta manera también la forma adecuada y la manera de construir un mundo mejor y más real, es decir, más humano.
[23] Cf. Juan Pablo II, Carta enc. Centesimus annus (1 de mayo de 1991), nn. 17, 24, 42: AAS 83 (1991), 814, 821, 845.
[24] Cf. Pío XI, Carta enc. Quadragesimo anno (15 de mayo de 1931), n. 105: AAS 23 (1931), 210; Pablo VI, Carta enc. Populorum progressio (26 de marzo de 1967), n. 9: AAS 59 (1967), 261; Francisco, Carta enc. Laudato si’, n. 203: AAS 107 (2015), 927.
[25] Cf. Francisco, Carta enc. Laudato si’, n. 175: AAS 107 (2015), 916. Sobre el vínculo necesario entre economía y política, cf. Benedicto XVI, Carta enc. Caritas in veritate, n. 36: AAS 101 (2009), 671: «La actividad económica no puede resolver todos los problemas sociales ampliando sin más la lógica mercantil. Debe estar ordenada a la consecución del bien común, que es responsabilidad sobre todo de la comunidad política. Por tanto, se debe tener presente que separar la gestión económica, a la que correspondería únicamente producir riqueza, de la acción política, que tendría el papel de conseguir la justicia mediante la redistribución, es causa de graves desequilibrios».
[26] Cf. Benedicto XVI, Carta enc. Caritas in veritate, n. 58: AAS (2009), 693.
[27] Cf. Concilio Ecuménico Vaticano II, Const. past. Gaudium et spes, n. 64.
[28] Cf. Pío XI, Carta enc. Quadragesimo anno, n. 89: AAS 23 (1931), 206; Benedicto XVI, Caritas in veritate, n. 35: AAS 101 (2009), 670; Francisco, Exhort. ap. Evangelii gaudium, n. 204: AAS 105 (2013), 1105.
[29] Cf. Francisco, Carta enc. Laudato si’, n. 109: AAS 107 (2015), 891.
[30] Cf. Juan Pablo II, Carta enc. Laborem exercens (14 de septiembre de 1981), n. 9: AAS 73 (1981), 598.
[31] Francisco, Exhort. ap. Evangelii gaudium, n. 53: AAS 105 (2013), 1042.
[32] Cf. Pontificio Consejo “Justicia y Paz”, Compendio de la Doctrina Social de la Iglesia, n. 369.
[33] Cf. Pío XI, Carta enc. Quadragesimo anno, n. 132: AAS 23 (1931), 219; Pablo VI, Carta enc. Populorum progressio, n. 24: AAS 59 (1967), 269.
[34] Cf. Catecismo de la Iglesia Católica, n. 2409.
[35] Cf. Pablo VI, Carta enc. Populorum progressio, n. 13: AAS 59 (1967), 263. Algunas indicaciones importantes han sido ofrecidas al respecto (cf. Pontificio Consejo “Justicia y Paz”, Nota Por una reforma del sistema financiero y monetario internacional en la prospectiva de una Autoridad pública con competencia universal, n. 4): «Hay que proseguir en la línea del discernimiento, para favorecer una desarrollo positivo del sistema económico – financie y contribuir a eliminar las estructuras de injusticia que le limitan las potencialidades benéficas».
[36] Cf. Francisco, Carta enc. Laudato si’, n. 198: AAS 107 (2015), 925.
[37] Cf. Pontificio Consejo “Justicia y Paz”, Compendio de la Doctrina Social de la Iglesia, n. 343.
[38] Cf. Benedicto XVI, Carta enc. Caritas in veritate, n. 35: AAS 101 (2009), 670.
[39] Francisco, Discurso a los participantes en la reunión de “Economía de Comunión”, organizado por el movimiento de los Focolares (4 de febrero de 2017): L’Osservatore Romano, 5 de febrero de 2017, 8.
[40] Cf. Juan Pablo II, Carta enc. Sollecitudo rei socialis, n. 28 AAS 80 (1988),548.
[41] Cf. Benedicto XVI, Carta enc. Caritas in veritate, n. 67: AAS 101 (2009), 700.
[42] Cf. Pontificio Consejo “Justicia y Paz”, Nota Por una reforma del sistema financiero y monetario internacional en la prospectiva de una Autoridad pública con competencia universal, n. 1: L’Osservatore Romano, 24-25 de octubre de 2011, 6.
[43] Cf. Ibíd., n. 4: : L’Osservatore Romano, 24-25 de octubre de 2011, 7.
[44] Cf. Benedicto XVI, Carta enc. Caritas in veritate, n. 45: AAS 101 (2009), 681; Francesco, Mensaje para Celebración de la 47ª Jornada mundial de la Paz (1 de enero de 2015), n. 5: AAS 107 (2015), 66.
[45] Cf. Benedicto XVI, Carta enc. Caritas in veritate, n. 45: AAS 101 (2009), 671.
[46] Cf. Francisco, Carta enc. Laudato si’, n. 189: AAS 107 (2015), 922.
[47] Cf. Benedicto XVI, Discurso al Cuerpo diplomático acreditado ante la Santa Sede (8 de enero de 2007): AAS 99 (2007), 73.
[48] Cf. Id., Carta enc. Caritas in veritate, n. 66: AAS 101 (2009), 699.
[49] Cf. Pontificio Consejo “Justicia y Paz”, Compendio de la Doctrina Social de la Iglesia, n. 358.
[00773-ES.01] [Texto original: Español]
Testo in lingua portoghese
Oeconomicae et pecuniariae quaestiones
Considerações para um discernimento ético
sobre alguns aspectos do atual sistema econômico-financeiro
I. Introdução
1. As temáticas econômicas e financeiras, nunca como hoje, atraem a nossa atenção, pelo motivo da crescente influência exercitada pelo mercado em relação ao bem-estar material de boa parte da humanidade. Isto requer, de uma parte, uma adequada regulação de suas dinâmicas, e de outra, uma clara fundamentação ética, que assegure ao bem-estar conseguido uma qualidade humana das relações que os mecanismos econômicos, sozinhos, não podem produzir. Semelhante fundamentação ética é hoje pedida por muitos, especialmente por aqueles que operam no sistema econômico-financeiro. Especificamente neste âmbito, se torna evidente a necessária harmonia entre o saber técnico e a sabedoria humana, sem a qual todo o agir humano termina por deteriorar-se. Ao contrário, só com esta harmonia, pode-se progredir numa via de um bem-estar para o homem que seja real e integral.
2. A promoção integral de cada pessoa, de cada comunidade humana e de todos os homens, é o horizonte último daquele bem comum que a Igreja si propõe de realizar como «sacramento universal de salvação»[1]. Nesta integralidade do bem, cuja origem e cumprimento últimos estão em Deus, e que plenamente revelou-se em Jesus Cristo, recapitulador de todas as coisas (cf. Ef 1, 10), consiste o objetivo último de cada atividade eclesial. Tal bem floresce como antecipação do reino de Deus que a Igreja é chamada a anunciar e a instaurar em cada âmbito da iniciativa humana[2]; e é fruto peculiar daquela caridade que, como via mestra da ação eclesial, é chamada a exprimir-se também no amor social, civil e político. Este amor manifesta-se «em todas as ações que procuram construir um mundo melhor. O amor à sociedade e o compromisso pelo bem comum são uma forma eminente de caridade, que toca não só as relações entre os indivíduos, mas também “as macrorrelações como relações sociais, econômicos, políticos”. Por isso, a Igreja propôs ao mundo o ideal duma “civilização do amor”»[3]. O amor ao bem integral, inseparavelmente do amor pela verdade, é a chave de um autêntico desenvolvimento.
3. Busca-se isto na certeza que em todas as culturas existem multíplices convergências éticas, expressão de uma comum sabedoria moral[4], em cuja ordem objetiva funda-se a dignidade da pessoa. Sobre a sólida e indisponível raíz de tal ordem, que delineia claros princípios comuns, baseiam-se os fundamentais direitos e deveres do homem; sem os quais o arbítrio e o abuso do mais forte acabam por dominar na realidade humana. Esta ordem ética, enraizada na sabedoria de Deus Criador, é, portanto, o indispensável fundamento para edificar uma digna comunidade humana regulada por leis baseadas numa justiça verdadeira. Isto vale mais ainda ao constatar que os homens, mesmo aspirando com todo coração ao bem e a verdade, frequentemente sucumbem a interesses de parte, a abusos e a práticas iníquas, fontes de graves sofrimentos para todo o gênero humano e especialmente para os indefesos e os mais fracos.
Exatamente para libertar cada âmbito do agir humano daquela desordem moral que frequentemente o aflige, a Igreja reconhece entre as suas atividades primárias também aquela de recordar a todos, com humilde certeza, alguns claros princípios éticos. É a razão humana mesma, cuja índole caracteriza indelevelmente cada pessoa, que exige um iluminante discernimento a este respeito. Continuamente, de fato, a racionalidade humana busca na verdade e na justiça aquele sólido fundamento sobre o qual apoiar o seu agir, intuindo que sem este, comprometeria a orientação mesma do agir[5].
4. Tal reta orientação da razão não pode portanto faltar em cada setor do agir humano. Isto significa que nenhum espaço no qual o homem age pode legitimamente pretender de ser estranho, ou de permanecer impermeável, a uma ética fundada na liberdade, na verdade, na justiça e na solidariedade[6]. Isto vale também para aqueles âmbitos nos quais vigoram as leis da política e da economia: «pensando no bem comum, hoje precisamos imperiosamente que a política e a economia, em diálogo, se coloquem decididamente ao serviço da vida, especialmente da vida humana»[7].
Cada atividade humana, de fato, é chamada a produzir fruto dispondo, com generosidade e equidade, daqueles dons que Deus coloca originariamente a disposição de todos e desenvolvendo com viva confiança aquelas sementes do bem inscritas, como promessa de fecundidade, na Criação inteira. Tal chamado constitui um convite permanente para a liberdade humana, mesmo se o pecado insidia sempre este originário projeto divino.
Por este motivo, Deus vem ao encontro do homem em Jesus Cristo. Ele, envolvendo-nos no evento admirável da sua Ressurreição, «não redime somente a pessoa individual, mas também as relações sociais»[8] e age por uma nova ordem de relações sociais, fundadas na Verdade e no Amor, que seja fermento fecundo de transformação da história. Em tal modo, ele antecipa no curso do tempo o Reino dos Céus que ele veio para anunciar e inaugurar com a sua pessoa.
5. Mesmo que o bem-estar econômico global tenha certamente crescido ao longo da segunda metade do século XX, com uma medida e uma rapidez nunca experimentada antes, ocorre porém constatar que ao mesmo tempo aumentaram as desigualdades entre os vários Países e ao interno dos mesmos[9]. Além disto continua a ser ingente o número de pessoas que vivem em condições de extrema pobreza.
A recente crise financeira poderia ter sido uma ocasião para desenvolver uma nova economia mais atenta aos princípios éticos e para uma nova regulamentação da atividade financeira, neutralizando os aspectos predatórios e especulativos, e valorizando o serviço à economia real. Embora muitos esforços positivos tenham sido realizados em vários níveis, sendo os mesmos reconhecidos e apreciados, não consta porém uma reação que tenha levado a repensar aqueles critérios obsoletos que continuam a governar o mundo[10]. Antes, parece às vezes retornar ao auge um egoísmo míope e limitado a curto prazo que, prescindindo do bem comum, exclui do seus horizontes a preocupação não só de criar, mas também de distribuir a riqueza e de eliminar as desigualdades, hoje tão evidentes.
6. Está em jogo o autêntico bem-estar da maior parte dos homens e das mulheres do nosso planeta, os quais correm o risco de serem confinados de maneira crescente sempre mais às margens, se não de serem «excluídos e descartados»[11] do progresso e do bem-estar real, enquanto algumas minorias desfrutam e reservam somente para si ingentes recursos e riquezas, indiferentes à condição dos demais. É por isto che chegou a hora de dar continuidade a uma retomada daquilo que é autenticamente humano, de alargar os horizontes da mente e do coração, para reconhecer com lealdade aquilo que provêm das exigências da verdade e do bem, sem a qual cada sistema social, político e econômico está destinado no longo prazo a falir e a implodir. É muito claro que em último termo o egoísmo não paga, mas bem faz pagar a todos um preço muito alto; por isto, se queremos o bem real para os homens, «o dinheiro deve servir e não governar!»[12].
A este respeito, é verdade que compete em primeiro lugar aos operadores competentes e responsáveis elaborar novas formas de economia e finanças, cujas práticas e regras estejam voltadas ao progresso do bem comum e sejam respeitosas da dignidade humana, no seguro sulco oferecido pelo ensinamento social da Igreja. Com este documento, todavia, a Congregação para a Doutrina da Fé, cuja competência estende-se também às questões de natureza moral, em colaboração com o Dicastério para o Serviço do Desenvolvimento Humano Integral, pretende oferecer algumas considerações de fundo e pontualizações a favor daquele progresso e em defesa daquela dignidade[13]. Em particular, é sentida a necessidade de realizar uma reflexão ética sobre alguns aspectos da intermediação financeira, cujo funcionamento, quando foi desvinculado de adequados fundamentos antropológicos e morais, não só produziu evidentes abusos e injustiças, mas também revelou-se capaz de criar crises sistêmicas e de alcance mundial. Trata-se de um discernimento oferecido a todos os homens e mulheres de boa vontade.
II. Considerações elementares de fundo
7. Algumas considerações elementares resultam hoje evidentes aos olhos de todos aqueles que, para além de cada teoria ou escola de pensamento – em cujas legítimas discussões este documento não pretende intervir e a cujo diálogo deseja contribuir. Tal contribuição, todavia, é consciente que, não existem receitas econômicas válidas sempre e universalmente e que, em cada momento, se deve lealmente tomar conhecimento da situação histórica em que vivemos.
8. Cada realidade e atividade humana, se vivida no horizonte de uma ética adequada, isto é, no respeito à dignidade humana e orientando-se para o bem comum, é positiva. Isto vale para todas as instituições as que dá vida a sociabilidade humana e também para os mercados, em cada nível, compreendidos aqueles financeiros.
A este propósito, ocorre sublinhar que também aqueles sistemas aos que dão vida os mercados, antes ainda que regular-se em dinâmicas anônimas, elaboradas graças a tecnologias sempre mais sofisticadas, fundam-se em relações que não poderiam serem instauradas sem o envolvimento da liberdade dos homens singulares. É claro, então, que a economia mesma, como cada outro âmbito humano, «tem necessidade da ética para o seu correto funcionamento; não de uma ética qualquer, mas de uma ética amiga da pessoa»[14].
9. Resulta portanto evidente que sem uma adequada visão do homem não é possível fundar nem uma ética, nem uma práxis à altura da sua dignidade e de um bem que seja realmente comum. De fato, mesmo que se considere neutra ou avulsa de qualquer concepção de fundo, cada ação humana – também no âmbito econômico – implica sempre uma compreensão do homem e do mundo, que revela ou não a sua positividade através dos efeitos e do desenvolvimento que produz.
Neste sentido, a nossa época revelou as limitações de uma visão individualista do homem, entendido prevalentemente como consumidor, cuja vantagem consistiria antes de tudo numa otimização dos seus ganhos pecuniários. Todavia, a pessoa humana possui peculiarmente uma índole relacional e uma racionalidade em perene busca de um ganho e de um bem-estar que sejam integrais, não reduzíveis a uma lógica de consumo ou aos aspectos econômicos da vida[15].
Esta fundamental índole relacional do homem[16] é caracterizada de maneira essencial por uma racionalidade que resiste a qualquer redução reificante das suas exigências de fundo. A tal propósito, não é mais possível calar que hoje existe a tendência a reificar cada troca de “bens”, reduzindo-os a mera troca de “coisas”.
Na realidade, é evidente que na transferência de bens entre sujeitos está em jogo sempre algo a mais do que a simples troca de coisas, dado que os bens materiais são comumente veículos de outros bens imateriais, cuja concreta presença ou ausência determina em modo decisivo também a qualidade das relações econômicas mesmas(ex.: confiança, equidade, cooperação...). Exatamente neste nível se pode entender bem que a lógica do dom sem contrapartida não é alternativa, mas é inseparável e complementar àquela da troca de equivalentes[17].
10. È fácil reconhecer as vantagens derivantes de uma visão do homem compreendido como sujeito constitutivamente inserido em uma gama de relações que são em si um recurso positivo[18]. Cada pessoa nasce no interior de um âmbito familiar, isto é, já em meio a relações que a precedem, sem as quais seria impossível o seu existir mesmo. Esta desenvolve as etapas da sua existência sempre graças a ligações que atuam o seu manifestar-se no mundo como liberdade continuamente condividida. São exatamente estas ligações originárias que revelam o homem como ser relacionado e essencialmente caracterizado por aquilo que a Revelação cristã chama de “comunhão”.
Este originário caráter de comunhão, enquanto evidencia em cada pessoa humana um traço de afinidade com aquele Deus que a criou e que a chama a uma relação de comunhão consigo, é também aquilo que orienta naturalmente para a vida comunitária, lugar fundamental para a completa realização da pessoa. Exatamente é o reconhecimento deste caráter de comunhão, como elemento originariamente constitutivo da nossa identidade humana, que permite de ver os outros não primeiramente como potenciais concorrentes, mas como possíveis aliados na construção de um bem que não é autêntico se não diz respeito a todos e a cada um ao mesmo tempo.
Tal antropologia relacional ajuda o homem também a reconhecer a validade de estratégias econômicas que buscam primeiramente a qualidade global de vida, antes ainda que o aumento indiscriminado de ganhos, que procuram um bem-estar que quer ser sempre integral, de todo o homem e de todos os homens. Nenhum ganho é realmente legítimo quando diminui o horizonte da promoção integral da pessoa humana, da destinação universal dos bens e da opção preferencial pelos pobres[19]. São estes três princípios que se implicam e se exigem reciprocamente na perspectiva da construção de um mundo que seja mais équo e solidário.
Por tal motivo, cada progresso do sistema econômico não pode considerar-se tal se medido somente mediante os paramêtros da qualidade e da eficácia em produzir ganhos, mas deve ser medido também mediante a base da qualidade de vida que produz e da extensão social do bem-estar que difunde, um bem-estar que não pode limitar-se somente aos seus aspectos materiais. Cada sistema econômico legitima a sua existência não somente mediante o mero crescimento quantitativo das trocas econômicas, mas documentando sobretudo a sua capacidade de produzir desenvolvimento para todo o homem e para cada homem. Bem-estar e desenvolvimento exigem-se e sustentam-se reciprocamente[20], exigindo políticas e perspectivas sustentáveis para além do breve prazo[21].
Para tal propósito, é desejável que especialmente as instituições universitárias e as business schools, ao interno de seus curricula de estudos, num sentido não marginal ou acessório, mas essencial, prevejam cursos de formação que eduquem a compreender a economia e a finança à luz de uma visão completa do homem, não reduzida a algumas de suas dimensões, e de uma ética que a expresse. Uma grande ajuda neste sentido é oferecida, por exemplo, pela Doutrina social da Igreja.
11. O bem-estar deve ser portanto avaliado com critérios bem mais amplos que o produto interno bruto de um País (PIB), levando em consideração também outros parâmetros, como por exemplo a segurança, a saúde, o crescimento do “capital humano”, a qualidade da vida social e do trabalho. E o ganho pode ser sempre buscado, mas não “a qualquer custo”, nem como referência totalizante da ação econômica.
Aqui resulta paradigmática a importância de parâmetros humanizantes, de formas culturais e de mentalidade como a gratuidade – isto é, a descoberta e a atuação do verdadeiro e do justo como bens em si – que torna-se a norma daquilo que é calculado[22], de modo que o lucro e a solidariedade não são mais antagonistas. De fato, onde o egoísmo e os interesses de cada um prevalecem, é difícil para o homem reconhecer aquela circularidade fecunda entre ganho e dom que o pecato tende a ofuscar e dividir. Enquanto, numa perspectiva plenamente humana, instaura-se um círculo virtuoso entre ganho e solidariedade que, graças ao livre agir do homem, pode libertar todas as potencialidades positivas dos mercados.
Um chamado permanente a reconhecer a conveniência humana da gratuidade provém daquela regra formulada por Jesus no evangelho, chamada regra de ouro, que nos convida a fazer aos outros aquilo que gostaríamos que fosse feito a nós (cf. Mt 7, 12; Lc 6, 31).
12. Nenhuma atividade econômica pode sustentar-se longamente se não é vivida em um clima de uma sadia liberdade de iniciativa[23]. Porém hoje é também evidente que a liberdade de que gozam os atores econômicos, se compreendida de modo absoluto e distante da sua intrínseca referência à verdade e ao bem, tende a gerar centros de supremacias e a inclinar na direção de formas de oligarquias que no final prejudicam a eficiência mesma do sistema econômico[24].
Deste ponto de vista, é sempre mais fácil perceber que diante do crescente e pervasivo poder de importantes agentes e grandes redes econômicas-financeiras, aqueles que deveriam exercer o poder político, ficam desorientados e impotentes pela supranacionalidade daqueles agentes e pela volatilidade dos capitais por eles gestidos. Eles fadigam assim em responder à sua originária vocação de servidores do bem comum, transformando-se em sujeitos a serviço de interesses estranhos àquele bem[25].
Tudo isto torna urgente mais do que nunca uma renovada aliança, entre agentes econômicos e políticos, na promoção daquilo que serve ao completo desenvolvimento de cada pessoa humana e de toda sociedade, conjugando ao mesmo tempo as exigências da solidariedade com aquelas da subsidiariedade[26].
13. Em linha de princípio, todas as dotações e os meios que os mercados utilizam para potencializar a sua capacidade distributiva (allocation), se não estão voltados contra a dignidade da pessoa e nem indiferentes ao bem comum, são moralmente admissíveis[27].
Todavia, é também evidente que aquele potente impulsionador da economia que são os mercados, não é capaz de regular-se por si mesmos[28]. De fato, estes não sabem nem produzir aqueles pressupostos que consentem seu desenvolvimento regular (coesão social, honestidade, confiança, segurança, leis...), nem corrigir aqueles efeitos e aquelas externalidades que resultam prejudiciais à sociedade humana (desigualdade, assimetrias, degradação ambiental, insegurança social, fraudes...).
14. Além do mais, para além do fato que muitos de seus operadores sejam individualmente animados por boas e retas intenções, não é possível ignorar que hoje a indústria financeira, por causa da sua difusão e da sua inevitável capacidade de condicionar e, em certo sentido, de dominar a economia real, é um lugar onde os egoísmos e as imposições violentas têm um potencial excepcional de causar danos à coletividade.
A tal propósito, ocorre notar que no mundo econômico-financeiro verificam-se condições em que alguns destes meios, mesmo não sendo imediamente inaceitáveis do ponto de vista ético, configuram-se em casos de imoralidade próxima, isto é, ocasiões em que muito facilmente criam-se abusos e inganos; em especial prejuízos à controparte menos favorecida. Por exemplo, comercializar alguns instrumentos financeiros, por si mesmo é lícito. Contudo, em uma situação de assimetria, aproveitar-se das lacunas conhecidas ou da fragilidade contratual de uma das contropartes, constitui por si mesmo uma violação da devida exatidão relacional e é já uma grave infração do ponto de vista ético.
Dado que, na situação atual, a complexidade de numerosos produtos financeiros torna tal assimetria um elemento intrínseco ao próprio sistema – colocando quem adquire em uma posição de inferioridade em relação aos sujeitos que comercializam – da parte de muitos foi pedido a superação do tradicional princípio de caveat emptor. Tal princípio, em base ao qual incumbiria antes de tudo ao comprador a responsabidade de aceitar a qualidade do bem adquirido, pressupõe uma paridade na capacidade de tutelar os próprios interesses da parte dos contraentes. De fato, isto hoje não existe em muitos casos, seja pela evidente relação hierárquica que é instaurada em alguns tipos de contratos ( ex.: entre mutuante e mutuário), seja pela complexa estruturação de numerosas ofertas financeiras.
15. Também o dinheiro é por si mesmo um instrumento bom, como muitas coisas de que o homem dispõe: é um meio a disposição da sua liberdade e serve para alargar as suas possibilidades. Este meio pode porém voltar-se facilmente contra o homem. Assim, também o financiamento do mundo empreendedor, consentindo às empresas de ter acesso ao dinheiro mediante o ingresso no mundo da livre contratação da bolsa, é por si mesmo positivo. Este fenômeno, todavia, corre o risco hoje de acentuar também uma ideia ruim de financiamento da econômia, fazendo sim que a riqueza virtual, concentrando-se sobretudo em transações caracterizadas pelo mero intento especulativo e em negociações de alta frequência (high frequency trading), atraia a si excessivas quantidade de capitais, subtraindo-os em tal modo dos circuitos virtuosos da economia real[29].
Isto que por mais de um século foi tristemente previsto, tornou-se realidade hoje: o lucro do capital coloca fortemente em risco, e corre o risco de suplantar, a renda do trabalho, comumente confinada às margens dos principais interesses do sistema econômico. Isto proporciona o fato que o trabalho, com a sua dignidade, não somente se torne uma realidade sempre mais em risco, mas perca também a sua qualidade de “bem” para o homem[30], transformando-se em um mero meio de troca ao interno de relações sociais tornadas assimétricas.
Exatamente nesta inversão de ordem entre os meios e os fins, em que o trabalho torna-se de um bem em “instrumento” e em que o dinheiro torna-se de um meio em um “fim”, encontra um fértil terreno aquela inconsciente e amoral “cultura do descarto”. Essa cultura exclui grandes massas da população, privando-as de um trabalho digno e tornando-as «sem perpectivas e sem vias de saída»: «Já não se trata simplesmente do fenômeno de exploração e opressão, mas duma realidade nova: com a exclusão, fere-se, na própria raiz, a pertença à sociedade onde se vive, pois quem vive nas favelas, na periferia ou sem poder já não está nela, mas fora. Os excluídos não são “explorados”, mas resíduos, “sobras”»[31].
16. A tal propósito, como não pensar na insubstituível função social do crédito, cuja disponibilidade incumbe em primeiro lugar a intermediadores financeiros habilitados e afidáveis. Neste âmbito, parece claro que aplicar taxas de juros excessivamente elevadas, não sustentáveis pelos sujeitos que tomaram os créditos, representa uma operação não somente ilegítima eticamente, mas também disfuncional à saúde do sistema econômico. Semelhantes práticas, assim como comportamentos usurários, desde sempre foram advertidos pela consciência humana como iníquos e pelo sistema econômico como adversos ao seu bom funcionamento.
Aqui a atividade financeira revela a sua vocação primária de serviço à economia real. É chamada a criar valor, com meios moralmente lícitos, e a favorecer mobilização dos capitais com o objetivo de gerar uma circularidade virtuosa de riqueza[32]. Por exemplo, são muito positivas e favoráveis em tal sentido, as realidades de crédito cooperativo, o micro-crédito, assim como o crédito público a serviço das famílias, das empresas, das comunidades locais e o crédito de ajuda aos países em via de desenvolvimento.
Sobretudo neste âmbito, no qual o dinheiro pode manifestar todas as suas potencialidades positivas, aparece claro que não é legítimo eticamente, expor a indevido risco o crédito derivado da sociedade civil utilizando-o para objetivos prevalentemente especulativos.
17. O fenômeno inaceitável sob o ponto de vista ético não é o simples ganhar, mas o aproveitar-se de uma assimetria para a própria vantagem, criando notáveis ganhos a dano de outros; é lucrar desfrutando da própria posição dominante com injusta desvantagem do outro ou enriquecer-se gerando dano ou perturbando o bem-estar coletivo[33].
Tal prática resulta particularmente deplorável do ponto de vista moral, quando a mera intenção de ganhar da parte de poucos – que em geral costumam ser importantes fundos de investimento – especula[34] para provocar uma artificiosa queda dos preços de títulos da dívida pública e não toma cuidado em influenciar negativamente ou em agravar a situação econômica de inteiros países. Estas práticas colocam em perigo não somente projetos públicos de melhoramento, mas a própria estabilidade econômica de milhões de famílias, obrigando ao mesmo tempo as autoridades governativas a intervir com relevante quantidade de dinheiro público. Tais ações chegam a alterar artificiosamente o correto funcionamento dos sistemas políticos.
A intenção especulativa, particularmente no âmbito econômico-financeiro, arrisca hoje de suplantar todas as outras intenções importantes que integram a substância da liberdade humana. Este fato está deteriorando o imenso patrimônio de valores que funda a nossa sociedade civil como lugar de pacífica convivência, de encontro, de solidariedade, de regenerante reciprocidade e de responsabilidade em vista do bem comum. Neste contesto, palavras como “eficiência”, “competição”, “liderança”, “mérito” tendem a ocupar todo o espaço da nossa cultura civil, assumindo um significado que termina por empobrecer a qualidade das trocas, reduzida a meros coeficientes numéricos.
Este fato exige que seja iniciado antes de tudo um resgate do humano, que possibilite reabrir os horizontes àquela excedência de valores que é a única coisa que permite ao homem de reencontrar a si mesmo, de construir sociedades que sejam lugares acolhedores e inclusive, onde exista espaço para o mais fraco e onde a riqueza seja utilizada também em vantagem de todos. Enfim, lugares onde para o homem é belo viver e é fácil esperar.
III. Algumas pontualizações no contexto contemporâneo
18. Com o objetivo de oferecer concretas e específicas orientações éticas a todos os agentes econômicos e financeiros – dos quais chegam sempre mais pedidos neste sentido – pretende-se agora formular algumas pontualizações, em vista de um discernimento que tenha abertas as vias na direção daquilo que torna o homem verdadeiramente homem e o impeça de colocar em perigo a sua dignidade e o bem comum[35].
19. O mercado, graças aos progressos da globalização e da digitalização, pode ser comparado a um grande organismo, em cujas veias correm, como linfa vital, grandíssima quantidade de capitais. Levando em consideração esta analogia, podemos então falar de uma “saúde” de tal organismo, quando os seus meios e instrumentos realizam uma boa funcionalidade do sistema, cujo crescimento e difusão da riqueza caminham harmonicamente. Uma saúde do sistema que depende de saudáveis ações singulares que são realizadas. Na presença de uma semelhante saúde do sistema-mercado é mais fácil que sejam respeitados e promovidos também a dignidade dos homens e o bem comum.
Correlativamente, todas as vezes que são introduzidos e difundidos instrumentos econômico-financeiros não confiáveis, os quais colocam em sério perigo o crescimento e a difusão da riqueza, criando também criticidade e riscos sistemáticos, pode-se falar de uma “intoxicação” daquele organismo.
Compreende-se assim a exigência, hoje sempre mais percebida, de introduzir uma certificação da parte da autoridade pública em relação a todos os produtos que provêm da inovação financeira, com o objetivo de preservar a saúde do sistema e prevenir efeitos colaterais negativos. Favorecer a saúde e evitar a contaminação, também do ponto de vista econômico, é um imperativo moral ineludível para todos os atores empenhados nos mercados. Também esta exigência mostra o quanto seja urgente uma coordenação supranacional entre as diversas arquiteturas dos sistemas financeiros locais[36].
20. Tal saúde nutre-se de uma multiplicidade e diversidade de recursos que constituem uma certa “biodiversidade” econômica e financeira. Esta “biodiversidade” representa um valor agregado ao sistema econômico que deve ser favorecido e salvaguardado também através de adequadas políticas econômico-financeiras, com o objetivo de assegurar nos mercados a presença de uma pluralidade de sujeitos e instrumentos sadios, com riqueza e diversidade de caráteres; e isto, seja positivamente, sustentando a sua ação, seja negativamente, obstaculizando todos aqueles que, deterioram a funcionalidade de um sistema que produza e difunda a riqueza.
A tal propósito, ocorre relevar que no compromisso de produzir de modo sadio o valor agregado ao interno dos mercados, uma singular função é realizada pela cooperação. Uma leal e intensa sinergia dos agentes facilmente obtém aquela excedência de valor que visa cada atuação econômica[37].
Quando o homem reconhece a fundamental solidariedade que o vincula a todos os outros homens, sabe bem que não podem reter somente para si os bens de que dispõe. Quando ele vive habitualmente na solidariedade, os bens de que dispõe são utilizados não somente para as próprias necessidades; então esses multiplicam-se, levando sempre um fruto além do esperado, também para os outros[38]. Exatamente aqui pode-se relevar claramente como a partilha não seja «somente divisão de bens, mas também multiplicação dos bens, criação de novo pão, de novos bens, de novo Bem com maiúscula»[39].
21. A experiência dos últimos decênios mostrou com evidência, de uma parte, o quanto seja ingênua a confiança em uma presumida autosuficiência da capacidade funcional dos mercados, independente de qualquer ética, e de outra, a imperiosa necessidade de uma adequada regulação dos mesmos. Regulação que deve ser capaz de conjugar ao mesmo tempo a liberdade e a tutela de todos os sujeitos econômicos, especialmente dos mais vulneráveis, em regime de saudável e correta interação. Neste sentido, poderes políticos e poderes econômico-financeiros devem sempre permanecer disitintos e autônomos e, ao mesmo tempo serem finalizados, para além de afinidades nocivas, à realização de um bem que é tendencialmente comum e não reservado somente a poucos e privilegiados sujeitos[40].
Tal regulação tornou-se ainda mais necessária seja pela constatação que entre os principais motivos da recente crise econômica estão também as condutas imorais dos expoentes do mundo financeiro, seja pelo fato que a dimensão supranacional do sistema econômico consente de contornar facilmente as regras estabelecidas pelos países singulares. Além do mais, a extrema volatilidade e mobilidade dos capitais investidos no mundo financeiro permite a quem os dispõe de operar com agilidade para além de qualquer norma que não seja aquela de uma vantagem imediata, comumente explorando uma posição de força, também no mundo político de turno.
Por isso, é claro que os mercados precisam de sólidas e robustas orientações, seja macro-prudenciais que normativas, o mais possível partilhadas e uniformes; e de regras que devem ser atualizadas continuamente, porque a realidade mesma dos mercados é em contínuo movimento. Semelhantes orientações devem garantir um sério controle da confiança e da qualidade de todos os produtos econômico-financeiros, especialmente daqueles mais estruturados. E quando a velocidade dos processos de inovação produz excessivos riscos sistêmicos, ocorre que os operadores econômicos aceitem aqueles vínculos e freios que o bem comum exige, sem tentar contornar ou diminuir o efeito.
A este respeito é importante uma coordenação estável, clara e eficaz entre as várias autoridades nacionais de regulação dos mercados. A mesma é também exigida pela atual globalização do sistema financeiro. Tais autoridades devem ter a possibilidade e, às vezes, também a necessidade de compartilhar com tempestividade providências vinculantes quando isto seja necessário, por estar em perigo o bem comum. As autoridades de regulação devem ainda permanecer sempre independentes e vinculadas às exigências da equidade e do bem comum. As compreensíveis dificuldades, a tal propósito, não devem desencorajar a procura e a atuação de sistemas normativos, que devem harmonizar-se entre os vários países, mas cujo efeito deve certamente ser supranacional[41].
As regras devem favorecer uma completa transparência daquilo que é negociado, com o objetivo de eliminar qualquer forma de injusta desigualdade, buscando garantir o mais possível um equilíbrio nas trocas. Sobretudo porque a concentração assimétrica de informações e poder tende a reforçar os sujeitos econômicos mais fortes, criando hegemonias capazes de influenciar unilateralmente não só os mercados, mas também os sistemas políticos e normativos. No mais, onde foi praticada uma massiva desregulamentação resultou evidente que os espaços de lacuna normativa e institucional representam lugares favoráveis não somente para a incerteza moral e para o mal uso dos recursos, mas também fazem surgir irracionalidades exuberantes dos mercados – que produzem primeiramente bolhas especulativas e, depois, repentinas e danosas quedas – e crises sistêmicas[42].
22. Uma grande ajuda, com o objetivo de evitar crises sistêmicas, seria delinear uma clara definição e separação, para os intemediadores bancários de crédito, do âmbito da atividade de gestão de crédito ordinário e dos recursos destinados ao investimento e aos negócios[43]. Tudo isto com o objetivo de evitar o mais possivelmente situações de instabilidade financeira.
Um sistema financeiro sadio exige também a máxima informação possível, de modo que cada sujeito possa tutelar em plena e consciente liberdade o seus interesses: de fato, é importante saber se os próprios capitais são empregados em fins especulativos ou não, assim como conhecer claramente o grau de risco e a congruidade do preço dos produtos financeiros que se subscrevem. Ainda mais que a poupança, especialmente aquela familiar, é em geral um bem público a ser tutelado e exige uma otimização contrária ao risco. A mesma poupança, quando é confiada nas mãos experientes dos consultores financeiros, deve ser bem administrada e não simplesmente gestida.
Ocorre sinalizar, uma série de comportamentos moralmente criticáveis na gestão dos recursos por parte dos consultores financeiros: uma excessiva movimentação da carteira de títulos com o objetivo prevalente de aumentar os ganhos originários das comissões pela intermediação; uma diminuição da devida imparcialidade na oferta de instrumentos de poupança, em regime de acordos ilícitos com alguns bancos, quando produtos de outros se adaptariam melhor às exigências do cliente; a falta de uma adequada diligência ou uma negligência dolosa por parte dos consultores, em relação à tutela dos interesses relativos aos ganhos dos próprios clientes; a concessão de um financiamento, por parte de um intermediário bancário, em via subordinada à contextual subscrição de outros produtos financeiros emitidos pelo mesmo, talvez não conveniente ao cliente.
23. Cada empresa constitui uma importante rede de relações e, ao seu modo, representa um verdadeiro corpo social intermédio com uma sua própria cultura e prática. Tais cultura e prática, enquanto determinam a organização interna da empresa, influenciam também o tecido social no qual a mesma age. Exatamente a este nível, a Igreja ressalta a importância de uma responsabilidade social da empresa[44], a qual explicita-se seja ad extra que ad intra da mesma.
Neste sentido, onde o mero ganho é colocado no vértice da cultura de uma empresa financeira, ignorando as contemporâneas exigências do bem comum – coisa que hoje é um fato bastante difundido também nas escolas de negócios prestigiosas – cada instância ética é de fato percebida como extrínseca e justaposta à ação empreendedora. Isto é muito mais acentuado pelo fato que, em tais lógicas organizativas, aqueles que não se adequam a objetivos empresariais deste tipo, são penalizados seja a nível retributivo que àquele do reconhecimento profissional. Nestes casos, o objetivo do mero lucro cria facilmente uma lógica perversa e seletiva que comumente favorece o avanço aos vértices empresariais de sujeitos capazes, mas ávidos e livres de prejuízos, cuja ação social é impulsionada prevalentemente por uma egoística vantagem pessoal.
Além do mais, tais lógicas têm comumente impulsionado os administradores a realizar políticas econômicas voltadas não a incrementar a saúde econômica das empresas que serviam, mas as meras vantagens dos acionistas (shareholders), prejudicando assim aos legítimos interesses dos quais são portadores todos aqueles que com o trabalho e os serviços operam em vantagem da empresa mesma, e também os consumidores e as várias comunidades locais (stakeholders). Esses administradores tem sido comumente incentivados por relevantes remunerações proporcionadas aos resultados imediatos da gestão, em geral não contrabalançadas por equivalentes penalizações em caso de falência dos objetivos. Assim, mesmo que, se num breve período, asseguram grandes ganhos aos administradores e acionistas, termina-se por promover a assunção de riscos excessivos e por deixar as empresas debilitadas e empobrecidas daquela energia econômica que lhes teria assegurado perspectivas adequadas para o futuro.
Tudo isto facilmente cria e difunde uma cultura profundamente amoral – na qual comumente não si hesita a cometer um crime quando os benefícios previstos excedem as penalidades esperadas – e corrompem gravemente a saúde de todos os sistemas econômico-sociais, colocando em risco a funcionalidade dos mesmos e prejudicando gravemente a eficaz realização daquele bem comum, sobre o qual se funda necessariamente cada forma de sociabilidade.
Resulta por isso urgente uma sincera autocrítica a respeito e uma inversão de tendência, favorecendo, ao contrário, uma cultura empresarial e financeira que leve em consideração todos aqueles fatores que constituem o bem comum. Isto significa, por exemplo, colocar claramente a pessoa e a qualidade das relações entre as pessoas no centro da cultura empresarial, de maneira que cada empresa pratique uma forma de responsabilidade social que não seja meramente ocasional ou à margem, mas que constitua e anime internamente cada ação, orientando-a socialmente.
Exatamente aqui, a natural circularidade que existe entre ganho – fator intrinsecamente necessário a cada sistema econômico - e responsabilidade social – elemento essencial para a sobrevivência de cada forma de convivência civil – é chamada a revelar toda a sua fecundidade, mostrando também o nexo indissolúvel, que o pecado tende a esconder, entre uma ética respeitosa das pessoas e do bem comum e a real funcionalidade de cada sistema econômico e financeiro. Tal circularidade virtuosa é favorecida, por exemplo, na busca de uma redução do risco de conflito com os stakeholders, como também o favorecimento de uma maior motivação intrínseca dos funcionários de uma empresa.
Aqui, a criação de valor agregado, que é objetivo primário do sistema econômico-financeiro, deve mostrar de modo aprofundado a sua praticidade no interior de um sistema ético sólido, exatamente porque fundado sobre uma sincera busca do bem comum. Somente a partir do reconhecimento e da atuação da ligação intrínseca que existe entre razão econômica e razão ética, de fato, pode derivar um bem que seja para todos os homens[45]. Porque também o mercado, para funcionar bem, precisa de pressupostos antropológicos e éticos que sozinho não é em condição de dar a si mesmo, nem de produzi-los.
24. A atenta avaliação do mérito do crédito exige não somente individuar beneficiários efetivamente dignos e capazes de inovação, mas também evitar colusões incorretas. Ao mesmo tempo, porém, os bancos, para sustentar adequadamente os riscos afrontados, devem dispor de convenientes reservas operativas e patrimoniais, de modo que uma eventual socialização de perdas seja limitada o mais possível e recaia sobretudo sob aqueles que foram efetivamente responsáveis.
Certamente, a delicada gestão das reservas e poupanças, além de uma devida regulação jurídica, exige também paradigmas culturais adequados, junto à prática de uma atenta revisitação, também em perspectiva ética, da relação entre banco e cliente, e de uma contínua atenção à legitimidade de todas as operações que lhe dizem respeito.
Neste sentido, uma proposta interessante que deveria ser experimentada seria a instituição de Comissões éticas dentro dos bancos, para atuarem junto aos Conselhos Administrativos. Tudo isto tendo em vista que os bancos sejam ajudados, não somente a preservar os seus balanços das consequências de dificuldades e perdas, e a uma efetiva coerência entre missão estatutária e a prática financeira, mas também a sustentar adequadamente a economia real.
25. A criação de títulos de crédito de alto risco - que operam uma espécie de criação fictícia de valor, sem um adequado controle de qualidade e uma correta avaliação do crédito – pode enriquecer aqueles que os intermediam, mas cria facilmente insolvência em prejuízo de quem deve recebê-los. Isto vale ainda mais se o peso da criticidade destes títulos é transferido ao mercado, no qual são espalhados e difundidos, em vez de ser colocado sobre o instituto que os emite (cf. por exemplo, securitização dos empréstimos subprime). Assim pode-se criar intoxicação de grande alcance e dificuldades potencialmente sistêmicas. Uma tal contaminação dos mercados contradiz a necessária saúde do sistema econômico-financeiro e é inaceitável do ponto de vista de uma ética respeitosa do bem comum.
A cada título de crédito deve corresponder um valor tendencialmente real e não somente presumido e dificilmente verificável. Neste sentido, torna-se sempre mais urgente uma regulação pública e uma avaliação super partes do operar das agências de rating do crédito, com instrumentos jurídicos que consintam, de uma parte, sancionar as ações erradas e, de outra, impedir a criação de situações de perigoso oligopólio por parte de algumas das mesmas. Isto vale ainda mais em relação à presença de produtos do sistema de intermediação de crédito, nos quais a responsabilidade do crédito concedido é descarregada pelo emissor originário do título sobre aqueles aos quais é sucessivamente transferido.
26. Alguns produtos financeiros, como aqueles chamados “derivados”, foram criados com o objetivo de garantir uma asseguração em relação aos riscos inerentes a determinadas operações, frequentemente incluindo também uma aposta efetuada sob a base de um valor presumido atribuído a tais riscos. Na base destes instrumentos financeiros estão contratos nos que as partes estão ainda em condição de avaliar racionalmente o risco fundamental dos quais deve-se assegurar.
Todavia, para alguns tipos de derivados (particularmente as chamadas securitizações ou securitizations) assistiu-se ao fato de que a partir das estruturas originárias e ligadas a investimentos financeiros individuáveis, foram construídas estruturas sempre mais complexas (securitizações de securitizações), nas quais é sempre mais difícil - quase impossível depois de várias destas transações – estabelecer em modo racional e équo o valor fundamental delas. Isto significa que cada passo na compra e venda destes títulos, para além da vontade das partes, opera de fato uma distorção do valor efetivo daquele risco que, ao contrário, o instrumento deveria tutelar. Tudo isto tem favorecido o surgimento de bolhas especulativas, que foram importantes concausas da recente crise financeira.
É evidente que a aleatoriedade advinda destes produtos, que na operação originária ainda não emerge – unida também a diminuição crescente da transparência daquilo que asseguram – os torna sempre menos aceitáveis do ponto de vista de uma ética respeitosa da verdade e do bem comum. Isto porque são transformados em uma espécie de bomba relógio, prontos a deflagrar mais cedo ou mais tarde a falta de confiabilidade econômica e a contaminação da saúde dos mercados. Verifica-se aqui uma carência ética, que se torna mais grave quanto mais tais produtos são negociados nos mercados chamados não regulamentados (over the counter) – mais expostos ao azar que os mercados regulamentados, quando não à fraude – e subtraem a linfa vital e investimentos à economia real.
Semelhante avaliação ética pode ser efetuada também em relação à utilização dos credit default swap (CDS: os quais são particulares contratos de assegurações do risco de falência) que permitem de apostar no risco de falência de uma terceira parte também a quem não assumiu precedentemente um risco de crédito, e de reiterar tais operações no mesmo evento. Tal fato, não é absolutamente consentido pelos normais pactos de asseguração.
O mercado dos CDS, na vigília da crise econômica de 2007, era tão imponente que representava mais ou menos o equivalente ao inteiro PIB mundial. A difusão sem adequados limites deste tipo de contratos, favoreceu o crescimento de uma finança do azar e das apostas no insucesso de outros, o que representa uma situação inaceitável do ponto de vista ético.
De fato, a operatividade na compra de tais intrumentos, por parte de quem não tem algum risco de crédito já assumido, constitui um caso singular no qual os sujeitos começam a nutrir interesse pela queda de outras entidades econômicas, podendo inclusive induzir a operar em tal sentido.
É evidente que tal possibilidade, se de uma parte configura um evento particularmente reprovável sob o aspecto moral, porque quem age o faz em vista de um certo canibalismo econômico, de outra parte acaba por minar aquela confiança de base sem a qual o circuito econômico terminaria por paralizar-se. Também neste caso, podemos destacar como um evento negativo do ponto de vista ético, torna-se nocivo também para a saúde da funcionalidade do sistema econômico.
Ocorre então notar que, quando destas semelhantes apostas possam derivar substanciais danos para inteiros países e milhões de famílias, se está diante de ações extremamente imorais. Neste sentido, parece então oportuno estender as proibições, já presentes em alguns países, para esse tipo de operatividade, sancionando com a máxima severidade tais infrações.
27. Em um ponto nevrálgico do dinamismo que regula os mercados financeiros encontram-se seja a taxa de juros relativa aos empréstimos interbancários (LIBOR), cujo valor serve como taxa de juros guia no mercado monetário, sejam as taxas de câmbio oficiais de diversas moedas praticadas pelos bancos.
Trata-se de parâmetros importantes que tem recaídas relevantes sobre o inteiro sistema econômico-financeiro, porque influem na quantidade de transferências cotidianas de dinheiro entre as partes que firmam contratos baseados precisamente em tais taxas. A manipulação destas taxas constitui por isso um caso de grave violação ética, com consequências de amplo alcance.
O fato que isto tenha acontecido impunemente por diversos anos, mostra o quanto seja frágil e exposto a fraudes um sistema financeiro não suficientemente controlado por regras e desprovido de sanções proporcionadas às violações que incorrem o seus atores. Neste âmbito, a constituição de verdadeiros e próprios “cartéis” de conivência entre aqueles sujeitos que, ao contrário, eram prepostos à correta fixação do nível daquelas taxas, constitui um caso de associação para delinquir, particularmente prejudicial ao bem comum, infligindo uma perigosa ferida à saúde do sistema econômico. Tal comportamento necessitaria ser punido com penas adequadas e capazes de desencorajar a repetição.
28. Hoje os principais sujeitos que operam no mundo financeiro, e especialmente os bancos, devem ser dotados de organismos internos que garantam uma função de compliance, ou seja, de auto-controle da legitimidade dos principais passos do processo decisional e dos maiores produtos oferecidos pela empresa. Todavia, ocorre destacar que, pelo menos até um passado muito recente, a prática do sistema econômico-financeiro com frequência foi fundada substancialmente em uma concepção meramente “negativa” da compliance, isto é, em um obséquio meramente formal dos limites estabelecidos pelas leis vigentes. Infelizmente, disto derivou também a frequente prática que tende de fato a fugir dos controles normativos, isto é, a prática de ações voltadas a manipular os princípios normativos vigentes com a preocupação de não contradizer explicitamente as normas que os exprimem, com o objetivo de não sofrer as sanções.
Para evitar tudo isto, é então necessário que o juízo de compliance entre no mérito das diversas operações também de modo “positivo”, verificando a efetiva correspondência delas aos princípios que constituem a normativa vigente. Tal função de compliance, na opinião de muitos, se facilitaria com a instituição de Comissões éticas, que operem junto aos Conselhos de administração. Estas constituiriam um natural interlocutor daqueles que devem garantir, no concreto operar do banco, a conformidade de comportamentos às normativas existentes.
Neste sentido, no interior da empresa ocorreria providenciar linhas guias que consintam de agilizar um semelhante juízo de correspondência, que possa discernir quais, entre as operações tecnicamente realizáveis sob o aspecto jurídico, sejam concretamente também legítimas e praticáveis do ponto de vista ético (questão que coloca-se, por exemplo, em modo muito relevante quanto as práticas de elusão fiscal). Deste modo que se passaria de uma obediência formal a uma substancial, no respeito das regras.
Além do mais, é desejavel que também no sistema normativo regulador do mundo financeiro seja prevista uma cláusula geral que declare ilegítimos, com consequente responsabilização patrimonial de todos os sujeitos que são imputáveis, aqueles atos cuja finalidade seja prevalentemente a manipulação das normativas vigentes.
29. Não é mais possível ignorar fenômenos como o difundir-se no mundo de sistemas bancários paralelos ou “sombra” (Shadow banking system), os quais, mesmo compreendam também tipologias de intermediação cuja operatividade não aparece imediatamente crítica, de fato têm determinado uma perda de controle do sistema de parte das autoridades de vigilância nacionais. Tem-se favorecido assim de maneira desconsiderada, o uso da chamada finança criativa, cujo motivo principal de investimento dos recursos financeiros é sobretudo de caráter especulativo, se não predatório, e não constitui um serviço à economia real. Por exemplo, muitos concordam que a existência de tais sistemas “sombra” seja uma das principais concausas que favoreceram o desenvolvimento e a difusão global da recente crise econômico-financeira, iniciada nos Estados Unidos, com a crise dos empréstimos subprime no verão de 2007.
30. Exatamente de tal desígnio especulativo nutre-se o mundo das finanças offshore, que, mesmo oferencendo também outros serviços lícitos, mediante muitos e difusos canais de elusão fiscal, quando não de evasão e de lavagem de dinheiro fruto do crime, constitui um ulterior empobrecimento do normal sistema de produção e distribuição de bens e de serviços. É árduo distinguir se muitas de tais situações dêem vida a casos de imoralidade próxima ou imediata: certamente é evidente que tais realidades, do momento em que tiram injustamente a linfa vital da economia real, dificilmente podem encontrar uma legitimação, seja do ponto de vista ético, seja do ponto de vista da eficiência global do sistema econômico mesmo.
Antes, aparece sempre mais evidente um grau de correlação não trascurável entre os comportamentos não éticos dos operadores e os resultados falimentares do sistema no seu complexo: é inegável que as carências éticas exacerbam as imperfeições dos mecanismos do mercado[46].
Na segunda metade do século passado, nasce o mercado offshore dos eurodólares, lugar financeiro de trocas fora de qualquer quadro normativo oficial. Mercado que, a partir de um importante país europeu, difundiu-se em outros países do mundo, dando lugar a uma verdadeira e própria rede financeira alternativa ao sistema financeiro oficial e às jurisdições que o protegiam.
A respeito disto, ocorre dizer que se a razão formal adotada para legitimar a presença das sedes offshore é aquela de permitir aos investidores institucionais de não sofrer uma dupla taxação, primeiramente no país de residência e depois no país onde os fundos são domiciliados, na realidade aqueles lugares tornaram-se até hoje em grande medida ocasião de operações financeiras que frequentemente estão no limite do permitido (border line), quando não o ultrapassam (beyond the pale), seja do ponto de vista normativo, seja daquele ético, isto é, de uma cultura econômica sadia e livre de meras intenções de manipulação fiscal.
Hoje mais da metade do comércio mundial é efetuado por grandes sujeitos que reduzem a carga tributária trasferindo os lucros de uma sede para outra, segundo as suas conveniências, transferindo os ganhos para os paraísos fiscais e os custos para os países de elevada imposição tributária. Parece claro que tudo isto subtraiu recursos decisivos para a economia real e contribuiu a gerar sistemas econômicos fundados na desigualdade. Além do mais, não é possível calar que aquelas sedes offshore, em muitas ocasiões tornaram-se lugares habituais para a lavagem de dinheiro, isto é, dos resultados de receitas ilícitas (furtos, fraudes, corrupção, associações para delinquir, máfia, saque de guerra...).
Em tal modo, dissimulando o fato que as chamadas operações offshore não ocorriam nas suas sedes financeiras oficiais, alguns Estados consentiam que se tirasse ganho mesmo com o crime, sentindo-se todavia desresponsabilizados porque os ganhos não eram realizados formalmente sob a jurisdição deles. Isto representa, do ponto de vista moral, uma evidente forma de hipocrisia.
Em breve tempo, tal mercado tornou-se o lugar de maior fluxo de capitais, porque a sua configuração representa uma via fácil para realizar diversas e importantes formas de elusão fiscal. Compreende-se então que a domiciliação offshore de muitas e importantes sociedades empenhadas no mercado resulta muito cobiçada e praticada.
31. Certamente, o sistema tributário estabelecido pelos Estados não parece sempre équo; a este propósito, ocorre destacar como tal iniquidade vai frequentemente em desvantagem dos sujeitos econômicos mais frágeis e em vantagem daqueles mais providos e capaz de influenciar nos sistemas normativos que regulam os tributos. Na realidade, uma tributação, quando é equitativa, desenvolve uma fundamental função de justiça e de redistribuição da riqueza, não somente em favor daqueles que necessitam de oportunos subsídios, mas também para sustentar os investimentos e o crescimento da economia real.
Em todos os casos a manipulação fiscal dos principais atores do mercado, em especial dos grandes intermediários financeiros, representa uma injusta subtração de recursos da economia real, é um dano para toda a sociedade civil. Considerada a não transparência daqueles sistemas, é difícil estabelecer com precisão a quantidade de capitais que transitam nos mesmos; todavia foi calculado que bastaria uma mínima taxa sobre as transações realizadas offshore para resolver boa parte do problema da fome no mundo: porque não tomar com coragem a direção de uma semelhante iniciativa?
Além do mais, foi acertado que a existência das sedes offshore favoreceu também uma enorme saída de capitais de muitos países de baixa renda, gerando numerosas crises políticas e econômicas, e impedindo aos mesmos de tomar finalmente a direção do crescimento e de um saudável desenvolvimento.
A tal propósito, ocorre notar que, muitas vezes, diversas instituições internacionais denunciaram tudo isto e não poucos governos nacionais buscaram justamente limitar o efeito das sedes financeiras offshore. Existiram muitos esforços positivos nesta direção, especialmente nos últimos dez anos. Todavia, até agora não conseguiram impor acordos e normativas adequadamente eficazes neste sentido; os esquemas normativos propostos, também da parte de reconhecidas organizações internacionais, foram frequentemente inaplicáveis ou tornados ineficazes, por motivo das notáveis influências que aquelas sedes financeiras conseguem exercitar, considerando o grande capital que dispõem, em relação a tantos poderes políticos.
Tudo isto, enquanto constitui um grave dano a boa funcionalidade da economia real, representa uma estrutura que, assim como hoje é configurada, resulta de tudo inaceitável do ponto de vista ético. Portanto, é necessário e urgente que a nível internacional sejam estabelecidos oportunos remédios a tais iníquos sistemas; primeiramente praticando em cada nível a transparência financeira (por exemplo, com a obrigação da prestação de contas públicas pelas empresas multinacionais, das respectivas atividades e dos impostos pagos em cada país onde operam através de próprias sociedades subssidiárias); e também com sanções rígidas a serem impostas em relação aqueles países que repetem as práticas desonestas referidas acima (evasão e elusão fiscal, lavagem de dinheiro).
32. O sistema offshore, especialmente para os países cujas economias são menos desenvolvidas, terminou por agravar o débito público dos mesmos. De fato foi sublinhado como a riqueza privada acumulada nos paraísos fiscais de algumas elites quase igualou o débito público dos respectivos países. Isto evidencia também como, de fato, na origem de tal débito estejam frequentemente os passivos econômicos gerados pelos sujeitos privados e depois colocados nos ombros do sistema público. No mais, é notório que importantes sujeitos econômicos tendem a prosseguir de forma constante, frequentemente com a conivência dos políticos, uma prática de socialização das perdas.
Todavia, ocorre observar como o débito público frequentemente é também gerado por uma negligente - quando não dolosa – gestão do sistema administrativo público. Tal débito, isto é, o total de passivos financeiros que pesa sobre os Estados, representa hoje um dos maiores obstáculos para o bom funcionamento e o crescimento das várias economias nacionais. Numerosas economias nacionais são agravadas devido ao fato de terem que fazer frente ao pagamento dos juros que provêm daquele débito e devem, por isso, necessariamente fazer ajustes estruturais.
Diante de tudo isto, de uma parte, os Estados individualmente são chamados a por remédio com adequadas gestões do sistema público e sábias reformas estruturais, prudentes subdivisões das despesas e atentos investimentos. Ao nível internacional, de outra parte, mesmo colocando cada país de frente às suas inevitáveis responsabilidades, ocorre também consentir e favorecer racionais vias de saída das espirais do débito, não colocando nos ombros dos Estados – portanto nos ombros dos seus cidadãos, isto é, de milhões de famílias – as obrigações que de fato resultam insustentáveis.
Isto também se deve conseguir mediante políticas de racional e acordada redução do débito público, especialmente quando este está em poder de sujeitos cuja consistência econômica lhes permitiria oferecê-la[47]. Semelhantes soluções são pedidas seja para a saúde do sistema econômico internacional, com a finalidade de evitar a contaminação de crises potencialmente sistemáticas, seja para a busca do bem comum dos povos conjuntamente.
33. Tudo isto que falamos até agora não é somente obra de entidades que agem fora do nosso controle, mas recai também na esfera de nossas responsabilidades. Isto significa que temos a nossa disposição instrumentos importantes para poder contribuir para a solução de tantos problemas. Por exemplo, os mercados vivem graças a demanda e a oferta dos bens: a este propósito, cada um de nós pode influenciar em modo decisivo pelo menos em dar forma à demanda.
Resulta portanto importante, mais que nunca, um exercício crítico e responsável do consumo e da poupança. Fazer compras, empenho cotidiano com o qual nos provedemos primeiramente do necessário para viver, é também uma forma de escolha que operamos entre os vários produtos que o mercado oferece. É uma escolha na qual optamos frequentemente em modo inconsciente por bens, cuja produção é realizada talvez através uma série de passagens em que é normal a violação dos mais elementares direitos humanos ou graças a atividade de empresas, cuja ética não conhece outros interesses fora daqueles do ganho a qualquer custo dos seus acionistas.
Ocorre orientar-nos para a escolha daqueles bens que trazem em si um percurso digno do ponto de vista ético, porque também através do gesto de consumo, aparentemente banal, nós expressamos nos fatos uma ética e somos chamados a tomar uma posição diante daquilo que traz vantagem ou dano ao homem concreto. Alguém falou a este propósito de “voto com a carteira” (vote with your wallet): trata-se de fato de “votar” diariamente nos mercados a favor daquilo que ajuda o bem-estar real de todos nós e de rejeitar aquilo que prejudica[48].
As mesmas considerações devem ser feitas também em relação à gestão das próprias poupanças e capitais, por exemplo, endereçando-os àquelas empresas que operam com claros critérios, inspiradas em uma ética respeitosa de todo o homem e de todos os homens, e em um horizonte de responsabilidade social[49]. De modo geral, cada um é chamado a cultivar práticas de produção da riqueza que sejam em consonância com a nossa índole relacional e propícia a um desenvolvimento integral da pessoa.
IV. Conclusão
34. Diante da imponência e difusão dos contemporâneos sistemas econômico-financeiros, poderemos ser tentados a cedermos ao cinismo e a pensar que com as nossas pobres forças podemos fazer bem pouco. Na realidade, cada um de nós pode fazer muito, especialmente se não permanece só.
Numerosas associações provenientes da sociedade civil representam neste sentido uma reserva de consciência e de responsabilidade social das quais não podemos prescindir. Hoje, mais do que nunca, somos todos chamados a vigiar como sentinelas por uma vida de qualidade e a tornar-nos intérpretes de um novo protagonismo social, orientando a nossa ação na busca do bem comum e fundando-a sobre os sólidos princípios da solidariedade e da subsidiariedade.
Cada gesto da nossa liberdade, mesmo que possa parecer frágil e insignificante, se verdadeiramente orientado para o bem autêntico, apoia-se Naquele que é o Senhor bom da história, e torna-se parte de uma positividade que supera as nossas pobres forças, unindo indissoluvelmente todos os atos de boa vontade em uma rede que liga céu e terra, verdadeiro instrumento de humanização do homem e do mundo. É disto que precisamos para viver bem e para nutrir uma esperança que seja à altura da nossa dignidade de pessoas humanas.
A Igreja, Mãe e Mestra, consciente de ter recebido como dom um depósito imerecido, oferece aos homens e as mulheres de cada tempo os recursos para uma esperança confiável. Maria, Mãe de Deus feito homem por nós, tome em suas mãos os nossos corações e os guie na sábia construção daquele bem que seu filho Jesus, mediante a sua humanidade tornada nova pelo Espírito Santo, veio inaugurar para a salvação do mundo.
O Sumo Pontífice Francisco, na Audiência concedida ao abaixo-assinado Secretário da Congregação para a Doutrina da Fé, aprovou estas Considerações, decididas na Sessão Ordinária deste Dicastério, e ordenou a sua publicação.
Dado em Roma, no dia 6 de janeiro de 2018, Solenidade da Epifania do Senhor.
+ Luis F. Ladaria, S.I
Arcebispo Titular de Thibica
Prefeito da Congregação
para a Doutrina da Fé |
Peter Card. Turkson
Prefeito do Dicastério para o Serviço
do Desenvolvimento Humano Integral |
+ Giacomo Morandi
Arcebispo Titular de Cerveteri
Secretário da Congregação
para a Doutrina da Fé |
Bruno Marie Duffé
Secretário do Dicastério para o Serviço
do Desenvolvimento Humano Integral
|
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[1] Conc. Ecum. Vat. II, Const. dogm. Lumen gentium, n. 48.
[2] Cf. ibid, n. 5.
[3] Francisco, Carta enc. Laudato si’ (24 de maio de 2015), n. 231: AAS 107 (2015), 937.
[4] Cf. Bento XVI , Carta enc. Caritas in veritate (29 de junho de 2009), n. 59: AAS 101 (2009), 694.
[5] Cf. João Paulo II , Carta enc. Fides et ratio (14 de setembro de 1998), n. 98: AAS 91 (1999), 81.
[6] Cf. Comissão Teológica Internacional, Em busca de uma nova ética universal: novo olhar sobre a lei natural (2009), n.87:
http://www.vatican.va/roman_curia/congregations/cfaith/cti_documents/rc_con_cfaith_doc_20090520_legge-naturale_po.html.
[7] Francisco, Carta enc. Laudato si’, n. 189: AAS 107 (2015), 922.
[8] Id., Exort. apost. Evangelii gaudium (24 de novembro de 2013), n. 178: AAS 105 (2013), 1094.
[9] Cf. Pontifício Conselho «Justiça e Paz», Nota: Para uma reforma do sistema financeiro e monetário internacional na perspectiva de uma Autoridade pública com competência universal (24 de outubro de 2011), n. 1:
http://www.vatican.va/roman_curia/pontifical_councils/justpeace/documents/rc_pc_justpeace_doc_20111024_nota_po.html.
[10] Cf. Francisco, Carta enc. Laudato si’, n. 189: AAS 107 (2015), 922.
[11] Id., Exort. apost. Evangelii gaudium, n. 53: AAS 105 (2013), 1042.
[12] Ibid., n. 58: AAS 105 (2013), 1044.
[13] Cf. Conc. Ecum. Vat. II, Decl. Dignitatis humanae, n. 14.
[14] Bento XVI , Carta enc. Caritas in veritate (29 de junho de 2009), n. 45: AAS 101 (2009), 681.
[15] Cf. ibid., n. 74: AAS 101 (2009), 705.
[16] Cf. Francisco , Discurso ao Parlamento Europeu (25 de novembro de 2014), Estrasburgo: AAS 106 (2014) 997-998.
[17] Cf. Bento XVI , Carta enc. Caritas in veritate, n. 37: AAS 101 (2009), 672.
[18] Cf. ibid., n. 55: AAS 101 (2009), 690.
[19] Cf. João Paulo II , Carta enc. Sollecitudo rei socialis (30 de dezembro de 1987), n. 42: AAS 80 (1988), 572.
[20] Cf. Catecismo da Igreja Católica, n. 1908.
[21] Cf. Francisco, Carta enc. Laudato si’, n. 13: AAS 107 (2015), 852; Exort. apost. Amoris laetitia (19 de março de 2016), n. 44: AAS 108 (2016), 327.
[22] Cf. Por exemplo, a máxima ora et labora, que elucida a Regra de São Bento: na sua simplicidade, ele indica que a oração, especialmente aquela litúrgica, enquanto nos abre para a relação com Deus, que em Jesus Cristo e no seu Espírito revelou-se como Bem e Verdade, oferece a maneira adequada e a via para construir um mundo melhor e mais verdadeiro, isto é, mais humano.
[23] Cf. João Paulo II , Carta enc. Centesimus annus (1º de maio de 1991), nn. 17, 24, 42: AAS 83 (1991), 814, 821, 845.
[24] Cf. Pio XI, Carta enc. Quadragesimo anno (15 de maio de 1931), n. 105: AAS 23 (1931), 210; Paulo VI, Carta enc. Populorum progressio (26 de março de 1967), n. 9: AAS 59 (1967), 261; Francisco, Carta enc. Laudato si’, n. 203: AAS 107 (2015), 927.
[25] Cf. Francisco, Carta enc. Laudato si’, n. 175: AAS 107 (2015), 916. A respeito da necessária ligação entre econômia e política, cf. Bento XVI , Carta enc. Caritas in veritate, n. 36: AAS 101 (2009), 671: “A atividade econômica não pode resolver todos os problemas sociais através da simples extensão da lógica mercantil. Esta há de ter como finalidade a prossecução do bem comum, do qual se deve ocupar também e sobretudo a comunidade política. Por isso, tenha-se presente que é causa de graves desequilíbrios separar o agir econômico – ao qual competiria apenas produzir riqueza – do agir político, cuja função seria buscar a justiça através da redistribuição”.
[26] Cf. Bento XVI , Carta enc. Caritas in veritate, n. 58: AAS 101 (2009), 693.
[27] Cf. Conc. Ecum. Vat. II, Const. past. Gaudium et spes, n. 64.
[28] Cf. Pio XI, Carta enc. Quadragesimo anno, n. 89: AAS 23 (1931), 206; Bento XVI, Carta enc. Caritas in veritate, n. 35: AAS 101 (2009), 670; Francisco, Exort. Apost. Evangelii gaudium, n. 204: AAS 105 (2013), 1105.
[29] Cf. Francisco, Carta enc. Laudato si’, n. 109: AAS 107 (2015), 891.
[30] Cf. João Paulo II , Carta enc. Laborem exercens (14 de setembro de 1981), n. 9: AAS 73 (1981), 598.
[31] Francisco, Exort. apost. Evangelii gaudium, n. 53: AAS 105 (2013), 1042.
[32] Cf. Pontifício Conselho «Justiça e Paz», Compêndio da Doutrina Social da Igreja, n. 369.
[33] Cf. Pio XI, Carta enc. Quadragesimo anno, n. 132: AAS 23 (1931), 219; Paulo VI, Carta enc. Populorum progressio, n. 24: AAS 59 (1967), 269.
[34] Cf. Catecismo da Igreja Católica, n. 2409.
[35] Cf. Paulo VI, Carta enc. Populorum progressio, n. 13: AAS 59 (1967), 263. Algumas importantes indicações foram já oferecidas a respeito (cf. Pontifício Conselho «Justiça e Paz», Nota: Por uma reforma do sistema financeiro internacional na perspectiva de uma Autoridade pública com competência universal, n. 4): trata-se agora de prosseguir na linha de um discernimento semelhante, favorecendo assim um desenvolvimento positivo do sistema econômico-financeiro e contribui a eliminar aquelas estruturas de injustiça que limitam as benéficas potencialidades.
[36] Cf. Francisco, Carta enc. Laudato si’, n. 198: AAS 107 (2015), 925.
[37] Cf. Pontifício Conselho «Justiça e Paz», Compêndio da Doutrina Social da Igreja, n. 343.
[38] Cf. Bento XVI , Carta enc. Caritas in veritate, n. 35: AAS 101 (2009), 670.
[39] Francisco, Discurso aos participantes do encontro «Economia de comunhão» promovido pelo Movimento dos Focolares (4 de fevereiro de 2017): Osservatore Romano, 5 de fevereiro de 2017, 8.
[40] Cf. João Paulo II , Carta enc. Sollecitudo rei socialis, n. 28: AAS 80 (1988), 548.
[41] Cf. Bento XVI , Carta enc. Caritas in veritate, n. 67: AAS 101 (2009), 700.
[42] Cf. Pontifício Conselho «Justiça e Paz», Nota: Para uma reforma do sistema financeiro e monetário internacional na perspectiva de uma Autoridade pública com competência universal, n. 1:
http://www.vatican.va/roman_curia/pontifical_councils/justpeace/documents/rc_pc_justpeace_doc_20111024_nota_po.html.
[43] Cf. ibid., n. 4.
[44] Cf. Bento XVI , Carta enc. Caritas in veritate, n. 45: AAS 101 (2009), 681; Francisco, Mensagem para a Celebração do 47º Dia mundial da Paz (1º de janeiro de 2015), n. 5: AAS 107 (2015), 66.
[45] Cf. Bento XVI , Carta enc. Caritas in veritate, n. 36: AAS 101 (2009), 671.
[46] Cf. Francisco, Carta enc. Laudato si’, n. 189: AAS 107 (2015), 922.
[47] Cf. Bento XVI , Discurso ao Corpo Diplomático acreditado junto à Santa Sé (8 de janeiro de 2007): AAS 99 (2007), 73.
[48] Cf. Id., Carta enc. Caritas in veritate, n. 66: AAS 101 (2009), 699.
[49] Cf. Pontifício Conselho «Justiça e Paz», Compêndio da Doutrina Social da Igreja, n. 358.
[00773-PO.01] [Texto original: Português]
[B0360-XX.03]