Intervento di S.E. Mons. Luis F. Ladaria Ferrer, S.I.
Intervento di S.E. Mons. Giacomo Morandi
Alle ore 11.00 di questa mattina, nella Sala Stampa della Santa Sede, ha luogo la Conferenza stampa di presentazione della Lettera Placuit Deo della Congregazione per la Dottrina della Fede ai Vescovi della Chiesa cattolica su alcuni aspetti della salvezza cristiana.
Intervengono alla conferenza S.E. Mons. Luis Francisco Ladaria Ferrer, S.I., Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede e S.E. Mons. Giacomo Morandi, Segretario della medesima Congregazione.
Ne riportiamo di seguito gli interventi:
Intervento di S.E. Mons. Luis F. Ladaria Ferrer, S.I.
A seguito della pubblicazione di Dominus Iesus (2000), diversi Teologi chiesero alla Congregazione per la Dottrina della Fede di approfondire alcuni aspetti già enunciati in quella Dichiarazione, suggerendo un nuovo Documento circa la salvezza cristiana. Al riguardo, dopo aver attentamente approfondito tale importante tematica, in collaborazione con i Consultori della Congregazione, viene oggi presentata la Lettera Placuit Deo su alcuni aspetti della salvezza cristiana.
La pubblicazione di questa Lettera, indirizzata ai Vescovi della Chiesa cattolica e, più in generale, a tutti i fedeli, è stata decisa dalla Sessione Plenaria della Congregazione, svoltasi nei giorni 23-26 gennaio 2018, e approvata il 16 febbraio 2018 dal Santo Padre che ha chiesto di pubblicarla quanto prima. Il Documento intende «mettere in evidenza, nel solco della grande tradizione della fede e con particolare riferimento all’insegnamento di Papa Francesco, alcuni aspetti della salvezza cristiana che possono essere oggi difficili da comprendere a causa delle recenti trasformazioni culturali» (Capitolo I, n. 1).
Quali sono queste trasformazioni culturali che offuscano la confessione di fede cristiana, che proclama Gesù unico e universale Salvatore? Il Santo Padre Francesco, nel suo Magistero ordinario, fa spesso riferimento a due tendenze che assomigliano, in alcuni aspetti, a due antiche eresie, il pelagianesimo e lo gnosticismo, anche se è grande la differenza tra il contenuto storico odierno secolarizzato e quello dei primi secoli cristiani.
In particolare, «nei nostri tempi prolifera un neo-pelagianesimo per cui l’individuo, radicalmente autonomo, pretende di salvare sé stesso, senza riconoscere che egli dipende, nel più profondo del suo essere, da Dio e dagli altri. La salvezza si affida allora alle forze del singolo, oppure a delle strutture puramente umane, incapaci di accogliere la novità dello Spirito di Dio» (n. 2). Dall’altra parte, «un certo neo-gnosticismo presenta una salvezza meramente interiore, rinchiusa nel soggettivismo. Si pretende così di liberare la persona dal corpo e dal cosmo materiale, nei quali non si scoprono più le tracce della mano provvidente del Creatore, ma si vede solo una realtà priva di senso, manipolabile secondo gli interessi dell’uomo» (n. 2).
La presente Lettera vuole affrontare queste tendenze riduzioniste che minacciano il Cristianesimo odierno e ribadire che la salvezza, secondo il disegno d’Alleanza del Padre, consiste nella nostra unione con Cristo (cf. Capitolo II, nn. 2-4).
Vorrei adesso, brevemente, soffermarmi sulla parte antropologia e cristologica della Lettera (cf. Capitoli III-IV), lasciando al Segretario il compito di illustrare la parte ecclesiologica (cf. Capitoli V-VI).
Oggi la salvezza interessa ancora all’uomo? Sì, la nostra esperienza, infatti, ci insegna che ciascun uomo è alla ricerca della propria realizzazione e felicità. Molto spesso questa aspirazione coincide con la ricerca della salute fisica, del benessere economico, della pace interiore, di una serena convivenza. A questo desiderio positivo del bene si affianca la lotta a ogni tipo di male: l’ignoranza, la fragilità, la malattia, la morte (cf. n. 5).
Riguardo a queste aspirazioni, la fede in Cristo ci insegna, rifiutando ogni pretesa di autorealizzazione neo-pelagiana attraverso il possesso, il potere, la scienza o la tecnica, che niente di creato può soddisfare del tutto l’uomo, perché Dio ci ha destinati alla comunione con Lui e il nostro cuore sarà inquieto finché non riposa in Lui, come scrive Sant’Agostino (cf. n. 6). Il Santo Padre chiama queste tendenze “neo-pelagiane” perché hanno in comune con il pelagianismo la dimenticanza dell’opera di Dio in noi.
Inoltre è necessario ricordare che l’origine del male non si trova, come insegnavano le antiche dottrine gnostiche e oggi in certo modo si ripropone, nel mondo materiale e corporeo. «La fede proclama che tutto il cosmo è buono... e che il male che più danneggia l’uomo è quello che procede dal suo cuore» (n. 7). La separazione da Dio, a causa del peccato, porta alla perdita dell’armonia tra gli uomini e degli uomini con il mondo, introducendo il dominio della disgregazione e della morte. «In conseguenza, la salvezza che la fede ci annuncia non riguarda soltanto la nostra interiorità, ma il nostro essere integrale. È tutta la persona, infatti, in corpo e anima, che è stata creata dall’amore di Dio a sua immagine e somiglianza, ed è chiamata a vivere in comunione con Lui» (n. 7). Secondo la fede cristiana, non solo l’anima, ma anche il corpo brama la salvezza.
Per comprendere più a fondo la grande novità di Cristo Salvatore, ignorata queste tendenze brevemente ricordate, bisogna ricordare il modo in cui Gesù è Salvatore: «Egli non si è limitato a mostrarci la via per incontrare Dio, una via che potremmo poi percorrere per conto nostro, obbedendo alle sue parole e imitando il suo esempio. Cristo, piuttosto, per aprirci la porta della liberazione è diventato Egli stesso la via» (n. 11).
Gesù, Figlio incarnato del Padre, è l’unico Salvatore. Egli «testimonia la primazia assoluta dell’azione gratuita di Dio» (n. 9), mostrando l’infondatezza della prospettiva neo-pelagiana individualista, perché la grazia sempre precede, pur esigendola, ogni opera umana. Nello stesso tempo, «mediante l’agire pienamente umano del suo Figlio, il Padre ha voluto rigenerare il nostro agire, affinché, assimilati a Cristo, possiamo compiere “le opere buone, che Dio ha preparato perché in esse camminassimo (Ef 2,10)”» (n. 9).
È altresì chiaro che la salvezza che Gesù ha portato non avviene in modo soltanto interiore, in forma intimistica e sentimentale, come vorrebbe la visione neo-gnostica. Infatti, in quanto il Figlio si è fatto carne (cf. Gv 1,14), facendo parte della famiglia umana, «si è unito, in certo modo, ad ogni uomo» (Cost. past. Gaudium et spes, n. 22) e ha stabilito un nuovo ordine di rapporti con Dio, suo Padre, e con tutti gli uomini. Proprio nel rapporto con Dio e con i fratelli trova l’uomo il suo pieno compimento.
Si spera che questa Lettera possa aiutare i fedeli perché prendano ulteriore coscienza della loro dignità di “figli di Dio” (Rom 8,16). La salvezza non può ridursi semplicemente a un messaggio, a una prassi, a una gnosi oppure a un sentimento interiore. Come ha scritto Benedetto XVI: «All’inizio dell’essere cristiano non c’è una decisione etica o una grande idea, bensì l’incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e, con ciò, la direzione decisiva» (n. 8; Lett. enc. Deus caritas est, n. 1).
[00318-IT.01] [Testo originale: Italiano]
Intervento di S.E. Mons. Giacomo Morandi
Vorrei brevemente presentare la parte ecclesiologica che ritroviamo nei capitoli V-VI della nostra Lettera e che costituisce un corollario di quanto esposto precedentemente. Secondo la fede cristiana, infatti, la salvezza consiste nell’essere in comunione con Cristo grazie al dono del suo Spirito, per poter unirci al Padre come figli nel Figlio e diventare un solo corpo nel «primogenito tra molti fratelli» (Rom 8,29). Il Signore Gesù, infatti, «è, allo stesso tempo, il Salvatore e la Salvezza» (n. 11).
In altre parole dobbiamo domandarci: dove e come possiamo ricevere questa salvezza? «Il luogo dove riceviamo la salvezza portata da Gesù è la Chiesa, comunità di coloro che, essendo stati incorporati al nuovo ordine di relazioni inaugurato da Cristo, possono ricevere la pienezza dello Spirito di Cristo (cf. Rom 8,9). Comprendere questa mediazione salvifica della Chiesa è un aiuto essenziale ed indispensabile per superare ogni tendenza riduzionista» (n. 12).
Come ci ricorda la Costituzione dogmatica Lumen Gentium del Concilio Vaticano II, la Chiesa è «il sacramento universale della salvezza» (n. 48), è in Cristo «segno e strumento dell’intima unione con Dio e dell’unità di tutto il genere umano” (n. 1). La Chiesa non è soltanto e prima di tutto un’istituzione umana. Essa è inseparabilmente unita a Cristo – come il corpo al Capo e la sposa allo Sposo. Essa, come nuovo popolo che Dio convoca a sé, è il luogo in cui tutti gli uomini di tutti i tempi possono trovare il Salvatore e la Salvezza. «La salvezza che Dio ci offre, infatti, non si ottiene con le sole forze individuali, come vorrebbe il neo-pelagianesimo, ma attraverso i rapporti che nascono dal Figlio di Dio incarnato e che formano la comunione della Chiesa» (n. 12). Inoltre, dato che la grazia che Cristo ci dona non è, come pretende la visione neo-gnostica, una salvezza meramente interiore, ma che ci introduce nelle relazioni concrete che Lui stesso ha vissuto; ci incorpora nella Chiesa che è una comunità ad un tempo visibile ed invisibile, nella quale mentre ci accostiamo ai fratelli, specialmente a quelli che più sono nel bisogno, tocchiamo realmente la carne di Gesù. La salvezza, mediata dalla Chiesa, consiste quindi «nell’incorporazione in una comunione di persone, che partecipa alla comunione della Trinità» (n. 12).
La visione individualistica neo-pelagiana e quella meramente interiore neo-gnostica, contraddicono apertamente anche l’economia dei sacramenti, per mezzo dei quali Dio ha voluto salvare ogni persona umana. «La partecipazione, nella Chiesa, al nuovo ordine di rapporti inaugurati da Gesù avviene tramite i sacramenti, tra i quali il Battesimo è la porta, e l’Eucaristia la sorgente e il culmine. Si vede così, da una parte, l’inconsistenza delle pretese di auto-salvezza, che contano sulle sole forze umane. La fede confessa, al contrario, che siamo salvati tramite il Battesimo, il quale ci imprime il carattere indelebile dell’appartenenza a Cristo e alla Chiesa, da cui deriva la trasformazione del nostro modo concreto di vivere i rapporti con Dio, con gli uomini e con il creato (cf. Mt 28,19). Così, purificati dal peccato originale e da ogni peccato, siamo chiamati ad una nuova esistenza conforme a Cristo (cf. Rom 6,4)» (n. 13).
L’economia dei sacramenti si oppone anche alle tendenze neo-gnostiche che propongono una salvezza semplicemente interiore, intesa come liberazione dal corpo e dalla relazioni concrete in cui vive la persona. Al contrario, «la vera salvezza, lungi dall’essere liberazione dal corpo, include anche la sua santificazione (cf. Rom 12,1). Il corpo umano è stato modellato da Dio, il quale ha inscritto in esso un linguaggio che invita la persona umana a riconoscere i doni del Creatore e a vivere in comunione con i fratelli. Il Salvatore ha ristabilito e rinnovato, con la sua Incarnazione e il suo mistero pasquale, questo linguaggio originario e ce lo ha comunicato nell’economia corporale dei sacramenti. Grazie ai sacramenti i cristiani possono vivere in fedeltà alla carne di Cristo e, in conseguenza, in fedeltà all’ordine concreto di rapporti che Egli ci ha donato» (n. 14).
Chi ha trovato Gesù Salvatore è sempre missionario e vive di una grande speranza. Per questo la breve Conclusione della Lettera accenna alla dimensione missionaria ed escatologica della vita cristiana.
Inviata da Dio a tutti i popoli, la Chiesa si sforza di annunciare il Vangelo, la vera Buona Novella della Salvezza, a tutti gli uomini. Collega questo annuncio con la disponibilità a stabilire un dialogo sincero e costruttivo con i credenti di altre religioni, nella fiducia che Dio può condurre verso la salvezza in Cristo «tutti gli uomini di buona volontà, nel cui cuore lavora invisibilmente la grazia» (Gaudium et spes, 22).
Mentre si dedica con tutte le sue forze all’evangelizzazione, la Chiesa invoca la venuta definitiva del Salvatore, poiché «nella speranza siamo stati salvati» (Rom 8,24). Contemplando questo orizzonte escatologico, noi sappiamo che «la salvezza dell’uomo sarà compiuta solo quando, dopo aver vinto l’ultimo nemico, la morte (cf. 1 Cor 15,26), parteciperemo compiutamente alla gloria di Gesù risorto, che porterà a pienezza la nostra relazione con Dio, con i fratelli e con tutto il creato. La salvezza integrale, dell’anima e del corpo, è il destino finale al quale Dio chiama tutti gli uomini. Fondati nella fede, sostenuti dalla speranza, operanti nella carità, sull’esempio di Maria, la Madre del Salvatore e la prima dei salvati, siamo certi che “la nostra cittadinanza è nei cieli e di là aspettiamo come salvatore il Signore Gesù Cristo, il quale trasfigurerà il nostro misero corpo per conformarlo al suo corpo glorioso, in virtù del potere che egli ha di sottomettere a sé tutte le cose” (Fil 3,20-21)» (n. 15).
[00319-IT.01] [Testo originale: Italiano]
[B0161-XX.01]