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Messaggio del Santo Padre Francesco per la XXXIII Giornata Mondiale della Gioventù (Domenica delle Palme, 25 marzo 2018), 22.02.2018


Messaggio del Santo Padre

Testo in lingua francese

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Testo in lingua araba

Pubblichiamo di seguito il testo del Messaggio che il Santo Padre Francesco invia ai giovani e alle giovani del mondo in occasione della 33.ma Giornata Mondiale della Gioventù che sarà celebrata a livello diocesano il 25 marzo 2018, Domenica delle Palme, sul tema “Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio” (Lc 1,30):

Messaggio del Santo Padre

«Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio» (Lc 1,30)

Cari giovani,

la Giornata Mondiale della Gioventù del 2018 rappresenta un passo avanti nel cammino di preparazione di quella internazionale, che avrà luogo a Panamá nel gennaio 2019. Questa nuova tappa del nostro pellegrinaggio cade nell’anno in cui è convocata l’Assemblea Ordinaria del Sinodo dei Vescovi sul tema: I giovani, la fede e il discernimento vocazionale. E’ una buona coincidenza. L’attenzione, la preghiera e la riflessione della Chiesa saranno rivolte a voi giovani, nel desiderio di cogliere e, soprattutto, di “accogliere” il dono prezioso che voi siete per Dio, per la Chiesa e per il mondo.

Come già sapete, abbiamo scelto di farci accompagnare in questo itinerario dall’esempio e dall’intercessione di Maria, la giovane di Nazareth che Dio ha scelto quale Madre del suo Figlio. Lei cammina con noi verso il Sinodo e verso la GMG di Panama. Se l’anno scorso ci hanno guidato le parole del suo cantico di lode – «Grandi cose ha fatto per me l’Onnipotente» (Lc 1,49) – insegnandoci a fare memoria del passato, quest’anno cerchiamo di ascoltare insieme a lei la voce di Dio che infonde coraggio e dona la grazia necessaria per rispondere alla sua chiamata: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio» (Lc 1,30). Sono le parole rivolte dal messaggero di Dio, l’arcangelo Gabriele, a Maria, semplice ragazza di un piccolo villaggio della Galilea.

1. Non temere!
Come è comprensibile, l’improvvisa apparizione dell’angelo e il suo misterioso saluto: «Ti saluto, o piena di grazia, il Signore è con te» (Lc 1,28), hanno provocato un forte turbamento in Maria, sorpresa da questa prima rivelazione della sua identità e della sua vocazione, a lei ancora sconosciute. Maria, come altri personaggi delle Sacre Scritture, trema davanti al mistero della chiamata di Dio, che in un momento la pone davanti all’immensità del proprio disegno e le fa sentire tutta la sua piccolezza di umile creatura. L’angelo, leggendo nel profondo del suo cuore, le dice: «Non temere»! Dio legge anche nel nostro intimo. Egli conosce bene le sfide che dobbiamo affrontare nella vita, soprattutto quando siamo di fronte alle scelte fondamentali da cui dipende ciò che saremo e ciò che faremo in questo mondo. È il “brivido” che proviamo di fronte alle decisioni sul nostro futuro, sul nostro stato di vita, sulla nostra vocazione. In questi momenti rimaniamo turbati e siamo colti da tanti timori.

E voi giovani, quali paure avete? Che cosa vi preoccupa più nel profondo? Una paura “di sottofondo” che esiste in molti di voi è quella di non essere amati, benvoluti, di non essere accettati per quello che siete. Oggi, sono tanti i giovani che hanno la sensazione di dover essere diversi da ciò che sono in realtà, nel tentativo di adeguarsi a standard spesso artificiosi e irraggiungibili. Fanno continui “fotoritocchi” delle proprie immagini, nascondendosi dietro a maschere e false identità, fin quasi a diventare loro stessi un “fake”. C’è in molti l’ossessione di ricevere il maggior numero possibile di “mi piace”. E da questo senso di inadeguatezza sorgono tante paure e incertezze. Altri temono di non riuscire a trovare una sicurezza affettiva e rimanere soli. In molti, davanti alla precarietà del lavoro, subentra la paura di non riuscire a trovare una soddisfacente affermazione professionale, di non veder realizzati i propri sogni. Sono timori oggi molto presenti in molti giovani, sia credenti che non credenti. E anche coloro che hanno accolto il dono della fede e cercano con serietà la propria vocazione, non sono certo esenti da timori. Alcuni pensano: forse Dio mi chiede o mi chiederà troppo; forse, percorrendo la strada indicatami da Lui, non sarò veramente felice, o non sarò all’altezza di ciò che mi chiede. Altri si domandano: se seguo la via che Dio mi indica, chi mi garantisce che riuscirò a percorrerla fino in fondo? Mi scoraggerò? Perderò entusiasmo? Sarò capace di perseverare tutta la vita?

Nei momenti in cui dubbi e paure affollano il nostro cuore, si rende necessario il discernimento. Esso ci consente di mettere ordine nella confusione dei nostri pensieri e sentimenti, per agire in modo giusto e prudente. In questo processo, il primo passo per superare le paure è quello di identificarle con chiarezza, per non ritrovarsi a perdere tempo ed energie in preda a fantasmi senza volto e senza consistenza. Per questo, vi invito tutti a guardarvi dentro e a “dare un nome” alle vostre paure. Chiedetevi: oggi, nella situazione concreta che sto vivendo, che cosa mi angoscia, che cosa temo di più? Che cosa mi blocca e mi impedisce di andare avanti? Perché non ho il coraggio di fare le scelte importanti che dovrei fare? Non abbiate timore di guardare con onestà alle vostre paure, riconoscerle per quello che sono e fare i conti con esse. La Bibbia non nega il sentimento umano della paura né i tanti motivi che possono provocarla. Abramo ha avuto paura (cfr Gen 12,10s), Giacobbe ha avuto paura (cfr Gen 31,31; 32,8), e così anche Mosè (cfr Es 2,14; 17,4), Pietro (cfr Mt 26,69ss) e gli Apostoli (cfr Mc 4,38-40; Mt 26,56). Gesù stesso, seppure a un livello incomparabile, ha provato paura e angoscia (cfr Mt 26,37; Lc 22,44).

«Perché siete così paurosi? Non avete ancora fede?» (Mc 4,40). Questo richiamo di Gesù ai discepoli ci fa comprendere come spesso l’ostacolo alla fede non sia l’incredulità, ma la paura. Il lavoro di discernimento, in questo senso, dopo aver identificato le nostre paure, deve aiutarci a superarle aprendoci alla vita e affrontando con serenità le sfide che essa ci presenta. Per noi cristiani, in particolare, la paura non deve mai avere l’ultima parola, ma essere l’occasione per compiere un atto di fede in Dio... e anche nella vita! Ciò significa credere alla bontà fondamentale dell’esistenza che Dio ci ha donato, confidare che Lui conduce ad un fine buono anche attraverso circostanze e vicissitudini spesso per noi misteriose. Se invece alimentiamo le paure, tenderemo a chiuderci in noi stessi, a barricarci per difenderci da tutto e da tutti, rimanendo come paralizzati. Bisogna reagire! Mai chiudersi! Nelle Sacre Scritture troviamo 365 volte l’espressione “non temere”, con tutte le sue varianti. Come dire che ogni giorno dell’anno il Signore ci vuole liberi dalla paura.

Il discernimento diventa indispensabile quando si tratta della ricerca della propria vocazione. Questa, infatti, il più delle volte non è immediatamente chiara o del tutto evidente, ma la si comprende a poco a poco. Il discernimento da fare, in questo caso, non va inteso come uno sforzo individuale di introspezione, dove lo scopo è quello di conoscere meglio i nostri meccanismi interiori per rafforzarci e raggiungere un certo equilibrio. In questo caso la persona può diventare più forte, ma rimane comunque chiusa nell’orizzonte limitato delle sue possibilità e delle sue vedute. La vocazione invece è una chiamata dall’alto e il discernimento in questo caso consiste soprattutto nell’aprirsi all’Altro che chiama. E’ necessario allora il silenzio della preghiera per ascoltare la voce di Dio che risuona nella coscienza. Egli bussa alla porta dei nostri cuori, come ha fatto con Maria, desideroso di stringere amicizia con noi attraverso la preghiera, di parlarci tramite le Sacre Scritture, di offrirci la sua misericordia nel sacramento della Riconciliazione, di farsi uno con noi nella Comunione eucaristica.

Ma è importante anche il confronto e il dialogo con gli altri, nostri fratelli e sorelle nella fede, che hanno più esperienza e ci aiutano a vedere meglio e a scegliere tra le varie opzioni. Il giovane Samuele, quando sente la voce del Signore, non la riconosce subito e per tre volte corre da Eli, l’anziano sacerdote, che alla fine gli suggerisce la risposta giusta da dare alla chiamata del Signore: «Se ti chiamerà, dirai: “Parla, Signore, perché il tuo servo ti ascolta”» (1 Sam 3,9). Nei vostri dubbi, sappiate che potete contare sulla Chiesa. So che ci sono bravi sacerdoti, consacrati e consacrate, fedeli laici, molti dei quali giovani a loro volta, che come fratelli e sorelle maggiori nella fede possono accompagnarvi; animati dallo Spirito Santo sapranno aiutarvi a decifrare i vostri dubbi e a leggere il disegno della vostra vocazione personale. L’“altro” non è solo la guida spirituale, ma è anche chi ci aiuta ad aprirci a tutte le infinite ricchezze dell’esistenza che Dio ci ha dato. È necessario aprire spazi nelle nostre città e comunità per crescere, per sognare, per guardare orizzonti nuovi! Mai perdere il gusto di godere dell’incontro, dell’amicizia, il gusto di sognare insieme, di camminare con gli altri. I cristiani autentici non hanno paura di aprirsi agli altri, di condividere i loro spazi vitali trasformandoli in spazi di fraternità. Non lasciate, cari giovani, che i bagliori della gioventù si spengano nel buio di una stanza chiusa in cui l’unica finestra per guardare il mondo è quella del computer e dello smartphone. Spalancate le porte della vostra vita! I vostri spazi e tempi siano abitati da persone concrete, relazioni profonde, con le quali poter condividere esperienze autentiche e reali nel vostro quotidiano.

2. Maria!
«Io ti ho chiamato per nome» (Is 43,1). Il primo motivo per non temere è proprio il fatto che Dio ci chiama per nome. L’angelo, messaggero di Dio, ha chiamato Maria per nome. Dare nomi è proprio di Dio. Nell’opera della creazione, Egli chiama all’esistenza ogni creatura col suo nome. Dietro il nome c’è un’identità, ciò che è unico in ogni cosa, in ogni persona, quell’intima essenza che solo Dio conosce fino in fondo. Questa prerogativa divina è stata poi condivisa con l’uomo, al quale Dio concesse di dare un nome agli animali, agli uccelli e anche ai propri figli (Gen 2,19-21; 4,1). Molte culture condividono questa profonda visione biblica riconoscendo nel nome la rivelazione del mistero più profondo di una vita, il significato di un’esistenza.

Quando chiama per nome una persona, Dio le rivela al tempo stesso la sua vocazione, il suo progetto di santità e di bene, attraverso il quale quella persona diventerà un dono per gli altri e che la renderà unica. E anche quando il Signore vuole allargare gli orizzonti di una vita, sceglie di dare alla persona chiamata un nuovo nome, come fa con Simone, chiamandolo “Pietro”. Da qui è venuto l’uso di assumere un nuovo nome quando si entra in un ordine religioso, ad indicare una nuova identità e una nuova missione. In quanto personale e unica, la chiamata divina richiede da noi il coraggio di svincolarci dalla pressione omologante dei luoghi comuni, perché la nostra vita sia davvero un dono originale e irrepetibile per Dio, per la Chiesa e per gli altri.

Cari giovani, l’essere chiamati per nome è dunque un segno della nostra grande dignità agli occhi di Dio, della sua predilezione per noi. E Dio chiama ciascuno di voi per nome. Voi siete il “tu” di Dio, preziosi ai suoi occhi, degni di stima e amati (cfr Is 43,4). Accogliete con gioia questo dialogo che Dio vi propone, questo appello che Egli rivolge a voi chiamandovi per nome.

3. Hai trovato grazia presso Dio
Il motivo principale per cui Maria non deve temere è perché ha trovato grazia presso Dio. La parola “grazia” ci parla di amore gratuito, non dovuto. Quanto ci incoraggia sapere che non dobbiamo meritare la vicinanza e l’aiuto di Dio presentando in anticipo un “curriculum d’eccellenza”, pieno di meriti e di successi! L’angelo dice a Maria che ha già trovato grazia presso Dio, non che la otterrà in futuro. E la stessa formulazione delle parole dell’angelo ci fa capire che la grazia divina è continuativa, non qualcosa di passeggero o momentaneo, e per questo non verrà mai meno. Anche in futuro ci sarà sempre la grazia di Dio a sostenerci, soprattutto nei momenti di prova e di buio.

La presenza continua della grazia divina ci incoraggia ad abbracciare con fiducia la nostra vocazione, che esige un impegno di fedeltà da rinnovare tutti i giorni. La strada della vocazione non è infatti priva di croci: non solo i dubbi iniziali, ma anche le frequenti tentazioni che si incontrano lungo il cammino. Il sentimento di inadeguatezza accompagna il discepolo di Cristo fino alla fine, ma egli sa di essere assistito dalla grazia di Dio.

Le parole dell’angelo discendono sulle paure umane dissolvendole con la forza della buona notizia di cui sono portatrici: la nostra vita non è pura casualità e mera lotta per la sopravvivenza, ma ciascuno di noi è una storia amata da Dio. L’aver “trovato grazia ai suoi occhi” significa che il Creatore scorge una bellezza unica nel nostro essere e ha un disegno magnifico per la nostra esistenza. Questa consapevolezza non risolve certamente tutti i problemi o non toglie le incertezze della vita, ma ha la forza di trasformarla nel profondo. L’ignoto che il domani ci riserva non è una minaccia oscura a cui bisogna sopravvivere, ma un tempo favorevole che ci è dato per vivere l’unicità della nostra vocazione personale e condividerla con i nostri fratelli e sorelle nella Chiesa e nel mondo.

4. Coraggio nel presente
Dalla certezza che la grazia di Dio è con noi proviene la forza di avere coraggio nel presente: coraggio per portare avanti quello che Dio ci chiede qui e ora, in ogni ambito della nostra vita; coraggio per abbracciare la vocazione che Dio ci mostra; coraggio per vivere la nostra fede senza nasconderla o diminuirla.

Sì, quando ci apriamo alla grazia di Dio, l’impossibile diventa realtà. «Se Dio è per noi, chi sarà contro di noi?» (Rm 8,31). La grazia di Dio tocca l’oggi della vostra vita, vi “afferra” così come siete, con tutti i vostri timori e limiti, ma rivela anche i meravigliosi piani di Dio! Voi giovani avete bisogno di sentire che qualcuno ha davvero fiducia in voi: sappiate che il Papa si fida di voi, che la Chiesa si fida di voi! E voi, fidatevi della Chiesa!

Alla giovane Maria fu affidato un compito importante proprio perché era giovane. Voi giovani avete forza, attraversate una fase della vita in cui non mancano certo le energie. Impiegate questa forza e queste energie per migliorare il mondo, incominciando dalle realtà a voi più vicine. Desidero che nella Chiesa vi siano affidate responsabilità importanti, che si abbia il coraggio di lasciarvi spazio; e voi, preparatevi ad assumere queste responsabilità.

Vi invito a contemplare ancora l’amore di Maria: un amore premuroso, dinamico, concreto. Un amore pieno di audacia e tutto proiettato verso il dono di sé. Una Chiesa pervasa da queste qualità mariane sarà sempre Chiesa in uscita, che va oltre i propri limiti e confini per far traboccare la grazia ricevuta. Se ci lasceremo contagiare dall’esempio di Maria, vivremo in concreto quella carità che ci spinge ad amare Dio al di sopra di tutto e di noi stessi, ad amare le persone con le quali condividiamo la vita quotidiana. E ameremo anche chi ci potrebbe sembrare di per sé poco amabile. È un amore che si fa servizio e dedizione, soprattutto verso i più deboli e i più poveri, che trasforma i nostri volti e ci riempie di gioia.

Vorrei concludere con le belle parole di San Bernardo in una sua famosa omelia sul mistero dell’Annunciazione, parole che esprimono l’attesa di tutta l’umanità per la risposta di Maria: «Hai udito, Vergine, che concepirai e partorirai un figlio; hai udito che questo avverrà non per opera di un uomo, ma per opera dello Spirito Santo. L’angelo aspetta la risposta; […] Aspettiamo, o Signora, una parola di compassione anche noi. […] Per la tua breve risposta dobbiamo essere rinnovati e richiamati in vita. […] Tutto il mondo è in attesa, prostrato alle tue ginocchia. […] O Vergine, da’ presto la risposta» (Om. 4, 8; Opera omnia, ed. Cisterc. 4, 1966, 53-54).

Carissimi giovani, il Signore, la Chiesa, il mondo, aspettano anche la vostra risposta alla chiamata unica che ognuno ha in questa vita! Mentre si avvicina la GMG di Panamá, vi invito a prepararvi a questo nostro appuntamento con la gioia e l’entusiasmo di chi vuol essere partecipe di una grande avventura. La GMG è per i coraggiosi! Non per giovani che cercano solo la comodità e che si tirano indietro davanti alle difficoltà. Accettate la sfida?

Dal Vaticano, 11 febbraio 2018
VI Domenica del Tempo Ordinario
Memoria della B.V. Maria di Lourdes

FRANCESCO

[00290-IT.01] [Testo originale: Italiano]

Testo in lingua francese

«Sois sans crainte, Marie, car tu as trouvé grâce auprès de Dieu» (Lc 1, 30)

Chers jeunes,

La journée Mondiale de la Jeunesse de l’année 2018 représentent un pas en avant dans les préparatifs pour les Journées Mondiales de la Jeunesse, d’envergure internationale, qui auront lieu au Panama en janvier 2019. Cette nouvelle étape de notre pèlerinage coïncide avec l’année où a été convoquée l’Assemblée Ordinaire du Synode des Évêques sur le thème: Les jeunes, la foi et le discernement des vocations. C’est une bonne coïncidence. L’attention, la prière et la réflexion de l’Église seront dirigées vers vous les jeunes, en vue de recueillir et, surtout, d’‘‘accueillir’’ le don précieux que vous êtes pour Dieu, pour l’Église et pour le monde.

Comme vous le savez déjà, nous avons voulu nous faire accompagner dans ce cheminement par l’exemple et par l’intercession de Marie, la jeune fille de Nazareth que Dieu a choisie comme Mère de son Fils. Elle marche avec nous vers le Synode et vers les JMJ du Panama. Si l’année dernière, nous ont guidés les paroles de son cantique de louange – «Le Puissant pour moi des merveilles» (Lc 1, 49) – nous enseignant à faire mémoire du passé, cette année, essayons d’écouter avec elle la voix de Dieu apportant du courage et donnant la grâce nécessaire pour répondre à son appel: «Sois sans crainte, Marie, car tu as trouvé grâce auprès de Dieu » (Lc 1, 30). Ce sont les paroles adressées par le messager de Dieu, l’archange Gabriel, à Marie, simple jeune fille d’un petit village de la Galilée.

1. Sois sans crainte!

Comme on peut le comprendre, l’apparition subite de l’ange et sa mystérieuse salutation: «Je te salue, Comblée-de-grâce, le Seigneur est avec toi» (Lc 1, 28) ont provoqué un profond étonnement en Marie, surprise par cette première révélation de son identité et de sa vocation, qui lui étaient jusque-là inconnues. Marie, comme d’autres personnages des Écritures Saintes, tremble devant le mystère de l’appel de Dieu, qui en un instant la place devant l’immensité de son propre projet et lui fait sentir toute sa petitesse d’humble créature. L’ange, en lisant au plus profond de son cœur, lui dit: «Sois sans crainte»! Dieu lit aussi en nous. Il connaît bien les défis que nous devons affronter dans la vie, surtout quand nous sommes face aux choix fondamentaux dont dépendent ce que nous serons et ce que nous ferons dans ce monde. C’est le ‘‘frisson’’ que nous éprouvons face aux décisions concernant notre avenir, concernant notre état de vie, notre vocation. En ces moments-là, nous sommes tout bouleversés et nous sommes saisis de nombreuses frayeurs.

Et vous jeunes, quelles peurs vous habitent? Qu’est-ce qui vous préoccupe le plus? Une peur ‘‘d’arrière-fond’’ chez beaucoup d’entre vous est celle de n’être pas aimés, appréciés, de ne pas être acceptés tels que vous êtes. Aujourd’hui, il y a tant de jeunes qui ont la sensation de devoir être différents de ce qu’ils sont en réalité, tentant de se conformer aux modèles souvent factices et inaccessibles. Ils procèdent continuellement à des ‘‘retouches de photo’’ de leurs propres images, en se cachant derrière des masques et de fausses identités, jusqu’au point de devenir presque eux-mêmes un ‘‘fake’’. Il y a chez beaucoup l’obsession de recevoir le plus grand nombre possible de ‘‘j’aime’’. Et de ce sentiment d’inadéquation, naissent de nombreuses peurs et incertitudes. D’autres craignent de ne pas réussir à trouver une sécurité affective et de rester seuls. Chez beaucoup, face à la précarité du travail, surgit la peur de ne pas arriver à trouver un épanouissement satisfaisant sur le plan professionnel, de ne pas voir se réaliser leurs propres rêves. Ce sont des peurs qui hantent aujourd’hui beaucoup de jeunes, aussi bien croyants que non croyants. Et également ceux qui ont accueilli le don de la foi et qui cherchent avec soin leur propre vocation ne sont pas épargnés par des peurs. Certains pensent: peut-être Dieu me demande-t-il ou me demandera-t-il trop: peut-être en parcourant le chemin qu’il m’a indiqué, je ne serai pas vraiment heureux, ou bien je ne serai pas à la hauteur de ce qu’il me demande. D’autres se demandent: si je prends le chemin que Dieu m’indique, qui me garantit que je parviendrai à le parcourir jusqu’au bout? Me découragerai-je? Perdrai-je l’enthousiasme? Serai-je en mesure de persévérer durant toute la vie?

Aux moments où des doutes et des peurs assaillent notre cœur, le discernement s’avère nécessaire. Il nous permet de mettre de l’ordre dans la confusion de nos pensées et de nos sentiments, afin d’agir de manière juste et prudente. Dans ce processus, le premier pas pour surmonter les peurs est de les identifier clairement, pour ne pas se retrouver à perdre du temps et des énergies, en proie à des fantasmes sans visage et sans consistance. Pour cela, je vous invite tous à faire une introspection et à ‘‘donner un nom’’ à vos peurs. Demandez-vous: aujourd’hui, dans la situation concrète que je vis, qu’est-ce qui m’angoisse, qu’est-ce que je crains le plus? Qu’est-ce qui me bloque et m’empêche d’aller de l’avant? Pourquoi n’ai-je pas le courage de faire les choix importants que je devrais faire? N’ayez pas peur de regarder franchement vos peurs, de les reconnaître telles qu’elles sont et de les prendre en compte. La Bible ne nie pas le sentiment humain de la peur ni les nombreux motifs qui peuvent la provoquer. Abraham a eu peur (cf. Gn 12, 10ss), Jacob a eu peur (cf. Gn 31, 31; 32, 8), et Moïse également (cf. Ex 2, 14; 17, 4), Pierre (cf. Mt 26, 69ss) et les Apôtres (cf. Mc 4, 38-40; Mt 26, 56). Jésus lui-même, bien qu’à un niveau incomparable, a éprouvé de la peur et de l’angoisse (cf. Mt 26, 37; Lc 22, 44).

«Pourquoi êtes-vous si craintifs?N’avez-vous pas encore la foi? » (Mc 4, 40). Ce rappel à l’ordre de Jésus aux disciples nous fait comprendre comment souvent l’obstacle à la foi n’est pas l’incrédulité, mais la peur. Le travail de discernement, en ce sens, après avoir identifié nos peurs, doit nous aider à les surmonter en nous ouvrant à la vie et en affrontant avec sérénité les défis qu’elle nous présente. Pour nous chrétiens, en particulier, la peur ne doit jamais avoir le dernier mot, mais être l’occasion pour accomplir un acte de foi en Dieu… et également dans la vie! Cela signifie croire au caractère fondamentalement bon de l’existence que Dieu nous a donnée, croire qu’il conduit à bon port y compris dans à travers des circonstances et des vicissitudes qui sont souvent mystérieuses pour nous. Si au contraire, nous nourrissons les peurs, nous tendrons à nous replier sur nous-mêmes, à nous barricader pour nous défendre contre tout et contre tous, en restant comme paralysés. Il faut réagir! Ne jamais s’enfermer! Dans les Saintes Écritures, nous trouvons 365 fois l’expression ‘‘sois sans crainte’’, avec toutes ses variantes. Comme pour signifier que chaque jour de l’année le Seigneur nous veut libres de la peur.

Le discernement devient indispensable quand il s’agit de la recherche de sa vocation. Celle-ci, le plus souvent, n’est pas immédiatement claire ou tout à fait évidente, mais on la comprend peu à peu. Le discernement à réaliser, dans ce cas, n’est pas à comprendre comme un effort individuel d’introspection, où l’objectif est de connaître mieux nos mécanismes intérieurs pour nous renforcer et atteindre un certain équilibre. Dans ce cas, la personne peut devenir plus forte, mais demeure de toute manière enfermée dans l’horizon limité de ses possibilités et de ses vues. La vocation au contraire est un appel d’en haut et le discernement en ce sens consiste surtout à s’ouvrir à l’Autre qui appelle. Il faut alors le silence de la prière pour écouter la voix de Dieu qui résonne dans la conscience. Il frappe à la porte de nos cœurs, comme il l’a fait avec Marie, désireux de nouer amitié avec nous à travers la prière, de nous parler à travers les Écritures Saintes, de nous offrir sa miséricorde dans le sacrement de la Réconciliation, d’être un avec nous dans la Communion eucharistique.

Mais sont également importants la relation et le dialogue avec les autres, nos frères et sœurs dans la foi, qui ont plus d’expérience et qui nous aident à voir mieux et à choisir parmi les diverses options. Le jeune Samuel, quand il entend la voix du Seigneur, ne la reconnaît pas immédiatement et par trois fois il court chez Élie, le prêtre ancien, qui en fin de compte lui suggère la réponse juste à donner à l’appel du Seigneur: «S’il t’appelle, tu diras: ‘‘Parle, Seigneur, ton serviteur écoute’’ » (1 Sam 3, 9). Dans vos doutes, sachez que vous pouvez compter sur l’Église. Je sais qu’il y a de bons prêtres, des consacrés et des consacrées, des fidèles laïcs, dont beaucoup sont jeunes également, qui comme des frères et des sœurs aînés dans la foi peuvent vous accompagner; animés par l’Esprit Saint, ils sauront vous aider à déchiffrer vos doutes et à lire le projet de votre vocation personnelle. L’‘‘autre’’ n’est pas uniquement le guide spirituel, mais il est aussi celui qui nous aide à nous ouvrir à toutes les richesses infinies de l’existence que Dieu nous a donnée. Il est nécessaire d’ouvrir des espaces dans nos villes et communautés pour grandir, pour rêver, pour regarder de nouveaux horizons! Il ne faut jamais perdre le goût de savourer la rencontre, l’amitié, le goût de rêver ensemble, de marcher avec les autres. Les chrétiens authentiques n’ont pas peur de s’ouvrir aux autres, de partager leurs espaces vitaux en les transformant en des espaces de fraternité. Ne permettez pas, chers jeunes, que les ardeurs de la jeunesse s’éteignent dans l’obscurité d’une chambre fermée où l’unique fenêtre pour regarder le monde soit celle de l’ordinateur et du smartphone. Ouvrez grandes les portes de votre vie! Que vos espaces et votre temps soient habités par des personnes concrètes, des relations profondes, avec lesquelles il est possible de partager des expériences authentiques et réelles dans votre quotidien.

2. Marie!

«Je t’ai appelé par ton nom» (Is 43, 1). La première raison de ne pas avoir peur, c’est précisément le fait que Dieu nous appelle par notre nom. L’ange, messager de Dieu, a appelé Marie par son nom. Donner des noms, c’est le propre de Dieu. Dans l’œuvre de la création, il appelle chaque créature à l’existence par son nom. Derrière le nom, il y a une identité, ce qui est unique dans chaque chose, dans chaque personne, cette intime essence que Dieu seul connaît jusqu’au fond. Cette prérogative divine a été ensuite partagée avec l’homme, auquel Dieu a concédé de donner un nom aux animaux, aux oiseaux et aussi à ses propres enfants (cf. Gn 2, 19-21; 4, 1). Beaucoup de cultures partagent cette profonde vision biblique en reconnaissant dans le nom la révélation du mystère le plus profond d’une vie, le sens d’une existence.

Quand il appelle une personne par son nom, Dieu lui révèle en même temps sa vocation, son projet de sainteté et de bien, par lequel cette personne deviendra un don pour les autres et qui la rendra unique. Et de même quand le Seigneur veut élargir les horizons d’une vie, il choisit de donner à la personne appelée un nouveau nom, comme il le fait avec Simon, en l’appelant ‘‘Pierre’’. De là est né l’usage de prendre un nouveau nom quand on entre dans un ordre religieux, pour indiquer une nouvelle identité et une nouvelle mission. En tant personnel et unique, l’appel divin exige de nous le courage de nous défaire de la pression des lieux communs conduisant au mimétisme, afin que notre vie soit vraiment un don original et unique pour Dieu, pour l’Église et pour les autres.

Chers jeunes, être appelés par notre nom est donc un signe de notre grande dignité aux yeux de Dieu, de sa prédilection pour nous. Et Dieu appelle chacun de vous par son nom. Vous êtes le ‘‘tu’’ de Dieu, précieux à ses yeux, dignes d’estime et aimés (cf. Is 43, 4). Accueillez avec joie ce dialogue que Dieu vous propose, cet appel qu’il vous adresse en vous appelant par votre nom.

3. Tu as trouvé grâce auprès de Dieu

La raison principale pour laquelle Marie ne doit pas craindre, c’est qu’elle a trouvé grâce auprès de Dieu. La parole ‘‘grâce’’ nous parle d’amour gratuit, qui n’est pas dû. Pour nous, comme c’est encourageant de savoir que nous ne devons pas mériter la proximité et l’aide de Dieu en présentant à l’avance un ‘‘curriculum d’excellence’’, rempli de mérites et de succès! L’ange dit à Marie qu’elle a déjà trouvé grâce auprès de Dieu, pas qu’elle l’obtiendra à l’avenir. Et la formulation même des paroles de l’ange nous fait comprendre que la grâce divine est continue, qu’elle n’est pas quelque chose de passager ou de momentané, et c’est pourquoi elle ne manquera jamais. Même à l’avenir, il y aura toujours la grâce de Dieu pour nous soutenir, surtout dans les moments d’épreuve et d’obscurité.

La présence continue de la grâce divine nous encourage à embrasser avec confiance notre vocation, qui exige un engagement de fidélité à renouveler chaque jour. La route de la vocation, en effet, n’est pas exempte de croix: non seulement les doutes du début mais aussi les tentations fréquentes qu’on rencontre tout au long du chemin. Le sentiment d’inadéquation accompagne le disciple du Christ jusqu’à la fin, mais il sait qu’il est assisté par la grâce de Dieu.

Les paroles de l’ange descendent sur les peurs humaines en les dissolvant par la force de la bonne nouvelle dont elles sont porteuses: notre vie n’est pas un pur hasard et une simple lutte pour la survie, mais chacun d’entre nous est une histoire aimée par Dieu. Le fait d’‘‘avoir trouvé grâce à ses yeux’’ signifie que le Créateur découvre une beauté unique dans notre être et a un projet magnifique pour notre existence. Cette conscience ne résout certainement pas tous les problèmes et n’enlève pas les incertitudes de la vie, mais elle a la force de la transformer en profondeur. L’inconnu que demain nous réserve n’est pas une menace obscure à laquelle il faut survivre, mais un temps favorable qui nous est donné pour vivre l’unicité de notre vocation personnelle et la partager avec nos frères et sœurs dans l’Église et dans le monde.

4. Courage dans le présent

La force d’avoir du courage dans le présentprovient de la certitude que la grâce de Dieu est avec nous : courage pour faire ce que Dieu nous demande ici et maintenant, dans chaque domaine de votre vie; courage pour embrasser la vocation que Dieu nous indique; courage pour vivre notre foi sans la cacher ou la diminuer.

Oui, quand nous nous ouvrons à la grâce de Dieu, l’impossible devient réalité. «Si Dieu est pour nous, qui sera contre nous?» (Rm 8, 31). La grâce de Dieu touche l’aujourd’hui de notre vie, vous ‘‘saisit’’ tels que vous êtes, avec toutes vos craintes et vos limites, mais elle révèle aussi les merveilleux plans de Dieu! Vous jeunes, vous avez besoin de sentir que quelqu’un a vraiment confiance en vous : sachez que le Pape vous fait confiance, que l’Église vous fait confiance ! Et vous, faites confiance à l’Église!

À la jeune Marie a été confiée une tâche importante précisément parce qu’elle était jeune. Vous les jeunes, vous avez de la force, vous traversez une phase de la vie où ne manque certainement pas l’enthousiasme. Utilisez cette force et ces énergies pour améliorer le monde, en commençant par les réalités qui vous sont plus proches. Je voudrais que dans l’Église vous soient confiées des responsabilités importantes, qu’on ait le courage de vous faire de la place; et vous, préparez-vous à assumer ces responsabilités.

Je vous invite à contempler encore l’amour de Marie: un amour prévenant, dynamique, concret. Un amour rempli d’audace et tout orienté vers le don de soi. Une Église pénétrée de ces qualités mariales sera toujours une Église en sortie, qui va au-delà de ses propres limites et frontières pour faire déborder la grâce reçue. Si nous nous laissons contaminer par l’exemple de Marie, nous vivrons concrètement cette charité qui nous pousse à aimer Dieu au-delà de tout et de nous-mêmes, à aimer les personnes avec lesquelles nous partageons la vie quotidienne. Et nous aimerons également celui qui en soi pourrait sembler peu aimable. C’est un amour qui se fait service et dévouement, surtout envers les plus faibles et les plus pauvres, qui transforme nos visages et nous remplit de joie.

Je voudrais conclure par les belles paroles de saint Bernard dans l’une de ses célèbres homélies sur le mystère de l’Annonciation, paroles qui expriment l’attente de toute l’humanité à travers la réponse de Marie: «Tu l’as entendu, ô Vierge, tu concevras un fils, non d’un homme - tu l’as entendu - mais de l’Esprit Saint. L’ange, lui, attend ta réponse. Nous aussi, nous attendons, ô Dame. Accablés misérablement par une sentence de condamnation, nous attendons une parole de pitié. Une brève réponse de toi suffit pour nous recréer, de sorte que nous serons rappelés à la vie. Cette réponse, le monde entier l’attend, prosterné à tes genoux. Ne tarde plus, Vierge Marie. Vite, réponds!» (Hom. 4, 8-9, Éd. cistercienne, 4 [1966], pp. 53-54, Orval M21).

Chers jeunes, le Seigneur, l’Église, le monde, attendent aussi votre réponse à l’appel unique que chacun a dans cette vie! Tandis que s’approchent les JMJ du Panama, je vous invite à vous préparer à ce rendez-vous dans la joie et l’enthousiasme de celui qui veut prendre part à une grande aventure. Les JMJ sont pour les courageux! Pas pour les jeunes qui ne cherchent que le confort et qui reculent face aux difficultés. Acceptez-vous le défi?

Du Vatican, le 11 février 2018,

VIème dimanche du Temps Ordinaire,

Mémoire de Notre-Dame de Lourdes

FRANÇOIS

[00290-FR.01] [Texte original: Français]

Testo in lingua inglese

“Do not be afraid, Mary, for you have found favour with God” (Lk 1:30)

Dear young people,

World Youth Day 2018 represents another step in preparation for the international WYD due to take place in Panama in January 2019. This new stage of our pilgrimage falls in the same year that the Ordinary Assembly of the Synod of Bishops will meet on the theme: Young People, the Faith and Vocational Discernment. This is a happy coincidence. The focus, prayer and reflection of the Church will turn to you young people, with the desire to receive and, above all, to embrace the precious gift that you are to God, to the Church and to the world.

As you already know, we have chosen to be accompanied on this journey by the example and intercession of Mary, the young woman of Nazareth whom God chose as the Mother of his Son. She walks with us towards the Synod and towards the WYD in Panama. If last year we were guided by the words of her canticle of praise – “The Almighty has done great things for me” (Lk 1:49) – teaching us to remember the past, this year we seek, together with her, to listen to the voice of God who inspires courage and bestows the grace needed to respond to his call: “Do not be afraid, Mary, because you have found favour with God” (Lk 1:30). These are the words addressed by God’s messenger, the Archangel Gabriel, to Mary, an ordinary girl from a small village in Galilee.

1. Do not be afraid!

As is understandable, the sudden appearance of the angel and his mysterious greeting: “Hail, full of grace, the Lord is with you” (Lk 1:28), strongly disturbed Mary, who was surprised by this first revelation of her identity and her vocation, as yet unknown to her. Mary, like others in the Sacred Scriptures, trembles before the mystery of God’s call, who in a moment places before her the immensity of his own plan and makes her feel all her smallness as a humble creature. The angel, seeing the depths of her heart, says: “Do not be afraid”! God also reads our inmost heart. He knows well the challenges we must confront in life, especially when we are faced with the fundamental choices on which depend who we will be and what we will do in this world. It is the “shudder” that we feel when faced with decisions about our future, our state of life, our vocation. In these moments we are troubled and seized by so many fears.

And you young people, what are your fears? What worries you most deeply? An “underlying” fear that many of you have is that of not being loved, well-liked or accepted for who you are. Today, there are many young people who feel the need to be different from who they really are, in an attempt to adapt to an often artificial and unattainable standard. They continuously “photo-shop” their images, hiding behind masks and false identities, almost becoming fake selves. Many are obsessed by receiving as many “likes” as possible. Multiple fears and uncertainties emerge from this sense of inadequacy. Others fear that they will not be able to find an emotional security and that they will remain alone. Many, faced with the uncertainty of work, fear not being able to find a satisfactory professional position, or to fulfil their dreams. Today a large number of young people are full of fear, both believers and non-believers. Indeed, those who have accepted the gift of faith and seek their vocation seriously are not exempt from fears. Some think: perhaps God is asking or will ask too much of me; perhaps, by following the road he has marked out for me, I will not be truly happy, or I will not be able to do what he asks of me. Others think: if I follow the path that God shows me, who can guarantee that I will be able to follow it through? Will I become discouraged? Will I lose my enthusiasm? Will I be able to persevere for the whole of my life?

In moments when doubts and fears flood our hearts, discernment becomes necessary. It allows us to bring order to the confusion of our thoughts and feelings, to act in a just and prudent way. In this process, the first step in overcoming fears is to identify them clearly, so as not to find yourself wasting time and energy by being gripped by empty and faceless ghosts. And so, I invite all of you to look within yourselves and to “name” your fears. Ask yourselves: what upsets me, what do I fear most in this specific moment of my life today? What blocks me and prevents me from moving forward? Why do I lack the courage to make the important choices I need to make? Do not be afraid to face your fears honestly, to recognize them for what they are and to come to terms with them. The Bible does not ignore the human experience of fear nor its many causes. Abraham was afraid (cf. Gen 12:10ff), Jacob was afraid (cf. Gen 31:31; 32:7), and so were Moses (cf. Ex 2:14; 17:4), Peter (cf. Mt 26:69ff) and the Apostles (cf. Mk 4:38-40; Mt 26:56). Jesus himself, albeit in an incomparable way, experienced fear and anguish (cf. Mt 26:37; Lk 22:44).

“Why are you afraid? Have you no faith?” (Mk 4:40). In admonishing his disciples Jesus helps us to understand how the obstacle to faith is often not scepticism but fear. Thus understood, the work of discernment identifies our fears and can then help us to overcome them, opening us to life and helping us to calmly face the challenges that come our way. For us Christians in particular, fear must never have the last word but rather should be an occasion to make an act of faith in God… and in life! This means believing in the fundamental goodness of the existence that God has given us and trusting that he will lead us to a good end, even through circumstances and vicissitudes which often bewilder us. Yet if we harbour fears, we will become inward-looking and closed off to defend ourselves from everything and everyone, and we will remain paralyzed. We have to act! Never close yourself in! In the Sacred Scriptures the expression “do not be afraid” is repeated 365 times with different variations, as if to tell us that the Lord wants us to be free from fear, every day of the year.

Discernment is indispensable when searching for one’s vocation in life. More often than not our vocation is not obvious or evident at first but rather something we come to understand gradually. Discernment, in this case, should not be seen as an individual effort at introspection, with the aim of better understanding our interior make-up so as to strengthen us and acquire some balance. In such instances the person can become stronger, but is still confined to the limited horizon of his or her possibilities and perspectives. Vocation, however, is a call from above, and discernment in this context principally means opening ourselves to the Other who calls. Prayerful silence is therefore required in order to hear the voice of God that resounds within our conscience. God knocks at the door of our hearts, as he did with Mary; he longs to establish friendship with us through prayer, to speak with us through the Sacred Scriptures, to offer us mercy in the Sacrament of Reconciliation, and to be one with us in the Eucharist.

It is also important to dialogue with and encounter others, our brothers and sisters in the faith who have more experience, for they help us to see better and to choose wisely from the various possibilities. When the young Samuel hears the voice of the Lord, he does not recognize it immediately. Three times he runs to Eli, the older priest, who in the end proposes the right response to give to the Lord’s call: “If he calls you, you shall say: ‘Speak Lord, for your servant hears.’” (1 Sam 3:9). In your doubts know that you can rely on the Church. I know that there are very good priests, consecrated men and woman and lay faithful, many of whom are also young, who can support you like older brothers and sisters in the faith. Enlivened by the Holy Spirit, they will help you to make sense of your doubts and understand the plan of your own vocation. The other is not only a spiritual guide, but also the person who helps us open ourselves to the infinite riches of the life that God has given us. It is important to create spaces in our cities and communities to grow, to dream and to look at new horizons! Never lose the enthusiasm of enjoying others’ company and friendship, as well as the pleasure of dreaming together, of walking together. Authentic Christians are not afraid to open themselves to others and share with them their own important spaces, making them spaces of fraternity. Dear young people, do not allow the spark of youth to be extinguished in the darkness of a closed room in which the only window to the outside world is a computer and smartphone. Open wide the doors of your life! May your time and space be filled with meaningful relationships, real people, with whom to share your authentic and concrete experiences of daily life.

2. Mary!

“I have called you by name” (Is 43:1). The first reason not to fear is the fact that God has called us by name. The angel, God’s messenger, called Mary by name. To God belongs the power to give names. In the work of creation, he calls into existence every creature by name. There is an identity behind a name, that which is unique in every single thing, in every single person; that intimate essence that only God truly knows. This divine prerogative was shared with man when God invited him to name the animals, the birds and also his own offspring (Gen 2:19-21; 4:1). Many cultures share this profound biblical vision; they recognize in a name the revelation of the profound mystery of life and the meaning of existence.

When God calls someone by name, he also reveals to the person his vocation, his plan of holiness and fulfilment, through which the person becomes a gift to others and is made unique. And when God wants to expand the horizons of life, he gives a new name to the person he is calling, as he did with Simon, whom he called “Peter”. From here comes the custom of taking a new name when entering a religious congregation, to indicate a new identity and mission. Since the divine call is unique and personal, we need the courage to disentangle ourselves from the pressure of being shaped by conforming patterns, so that our life can truly become an authentic and irreplaceable gift to God, to the Church and to all.

Dear young people, to be called by name is therefore a sign of our great dignity in the eyes of God and a sign of his love for us. God calls each one of you by name. All of you are the “you” of God, precious in his eyes, worthy of respect and loved (cf. Is 43:4). Welcome with joy this dialogue that God offers you, this appeal he makes to you, calling you by name.

3. You have found favour with God

The main reason why Mary need not be afraid is that she has found favour with God. The word “grace” speaks of love freely given, not owed. How much we are encouraged to know that we do not have to earn the closeness and help of God, by presenting a “Curriculum Vitae of excellence”, full of merits and successes! The angel says to Mary that she has already found favour with God, not that she will obtain it in the future. And the same formulation of the angel’s words helps us understand that divine grace is continuous, not something passing or fleeting; for this reason, it will never fail. Even in the future, the grace of God will always be there to sustain us, especially in moments of trial and darkness.

The continuous presence of divine grace encourages us to embrace our vocation with confidence; our vocation demands a commitment of faithfulness that needs to be renewed each day. Our vocational path is not without its crosses: not only our initial doubts, but also the frequent temptations that crop up along the way. The feeling of inadequacy accompanies Christ’s disciple to the end. Yet he or she knows the help of God’s grace.

The Angel’s words descend upon our human fears, dissolving them with the power of the Good News of which we are heralds: our life is not pure chance or a mere struggle for survival, rather each of us is a cherished story loved by God. That we have “found grace in his eyes” means that the Creator sees a unique beauty in our being and that he has a magnificent plan for our lives. The awareness of this certainty, of course, does not resolve all our problems nor does it take away life’s uncertainties. But it does have the power to transform our life deeply. The unknown that tomorrow holds for us is not a dark threat we need to overcome, but a favourable time given to us for living out the uniqueness of our personal vocation, and for sharing it with our brothers and sisters in the Church and in the world.

4. Courage in the present moment

From the certainty that God’s grace is with us comes the strength to take courage in the present moment: the courage to carry forward what God asks of us here and now, in every area of our lives; courage to embrace the vocation which God reveals to us; courage to live out our faith without hiding or diminishing it.

Yes, when we open ourselves to God’s grace, the impossible becomes a reality. “If God is for us, who can be against us?” (Rom 8:31). God’s grace touches the “now” of your lives, “takes hold” of you as you are, with all your fears and limits, but it also reveals his marvellous plans! You young people need to know that someone truly believes in you: please know that the Pope has confidence in you, that the Church has confidence in you! For your part, have confidence in the Church!

To the young Mary was entrusted an important task, precisely because she was young. You young people have strength as you go through a phase of your lives where energy is not lacking. Make use of this strength and this energy to improve the world, beginning with the realities closest to you. I want important responsibilities to be given to you within the Church; that there may be the courage to make space for you; and that you may be prepared to take on these responsibilities.

I invite you once again to contemplate Mary’s love: a caring, dynamic and concrete love. A love full of boldness and focused completely on the gift of self. A Church permeated by these Marian qualities will always be a Church going forth, one that goes beyond her own limits and boundaries to let the grace she has received overflow. If we allow ourselves to be truly touched by Mary’s example, we will live out authentically that charity which urges us to love God above all else and above ourselves, to love those with whom we share our daily life. And we will also love those who may seem hardly lovable in themselves. It is a love that is service and dedication, above all towards the weakest and poorest, love that transforms our faces and fills us with joy.

I would like to end with the beautiful words Saint Bernard used in a famous homily on the mystery of the Annunciation, words that express the anticipation of all humanity for Mary’s response: “You have heard, O Virgin that you will conceive and bear a son; you have heard that it will not be by man but by the Holy Spirit. The angel awaits an answer… We too, O Lady, are waiting for your word of compassion... In your brief response we are to be remade in order to be recalled to life… This is what the whole earth waits for, prostrate at your feet... Answer quickly, O Virgin” (Sermon 4, 8-9; Opera Omnia).

Dear young people, the Lord, the Church, the world are waiting for your answer to the unique call that each one receives in this life! As World Youth Day in Panama draws closer, I invite you to prepare yourselves for our gathering with the joy and enthusiasm of those who wish to participate in such a great adventure. WYD is for the courageous! Not for young people who are searching only for comfort and who withdraw whenever difficulties arise. Do you accept the challenge?

From the Vatican, 11 February 2018

VI Sunday of Ordinary Time,

Memorial of the Blessed Virgin Mary of Lourdes

FRANCIS

[00290-EN.01] [Original text: English]

Testo in lingua tedesca

»Fürchte dich nicht, Maria; denn du hast bei Gott Gnade gefunden« (Lk 1,30)

Liebe Jugendliche,

der Weltjugendtag 2018 ist ein weiterer Schritt auf dem Weg der Vorbereitung auf den Internationalen Weltjugendtag, der im Januar 2019 in Panama stattfinden wird. Diese neue Etappe auf unserem Pilgerweg fällt in das Jahr, für das die Ordentliche Versammlung der Bischofssynode zum Thema Die Jugend, der Glaube und die Berufungsunterscheidung einberufen wurde. Das ist eine gute Fügung. Die Aufmerksamkeit, das Gebet und das Nachdenken der Kirche werden auf euch Jugendliche gerichtet sein, verbunden mit dem Verlangen, das wertvolle Geschenk, das ihr für Gott, für die Kirche und für die Welt seid, anzunehmen und vor allem aufzunehmen.

Wie ihr schon wisst, wollen wir uns auf diesem Weg vom Beispiel und der Fürsprache Marias begleiten lassen, der jungen Frau aus Nazareth, die Gott zur Mutter seines Sohnes erwählt hat. Sie ist mit uns auf dem Weg zu dieser Synode und zum Weltjugendtag in Panama. Im vergangenen Jahr haben wir uns leiten lassen von den Worten ihres Lobgesangs »Denn der Mächtige hat Großes an mir getan« (Lk 1,49) und wir haben dabei gelernt, uns des Vergangenen zu erinnern. In diesem Jahr nun wollen wir gemeinsam mit ihr auf die Stimme Gottes hören, die uns ermutigt und die notwendige Gnade schenkt, um seinem Ruf antworten zu können: »Fürchte dich nicht, Maria; denn du hast bei Gott Gnade gefunden« (Lk 1,30). Das sind die Worte, die der Bote Gottes, der Erzengel Gabriel, an Maria, eine einfache junge Frau in einem kleinen Dorf in Galiläa richtete.

1. Fürchte dich nicht!

Man kann gut nachvollziehen, dass Maria angesichts der plötzlichen Erscheinung des Engels und seines geheimnisvollen Grußes »Sei gegrüßt du Begnadete, der Herr ist mit dir« (Lk 1,28) ziemlich verwirrt war und überrascht von dieser ersten Offenbarung ihrer Identität und ihrer Berufung, die ihr ja noch nicht bewusst waren. Maria erschrickt wie auch andere Personen in der Heiligen Schrift vor dem Geheimnis und dem Anruf Gottes, der sie mit der Größe der eigenen Bestimmung konfrontiert und sie zugleich ihre ganze kreatürliche Niedrigkeit fühlen lässt. Der Engel, der tief in ihr Herz blickt und das erkennt, sagt zur ihr: »Fürchte dich nicht!« Gott erkennt auch unser Herz. Er sieht die Herausforderungen, vor denen wir im Leben stehen, besonders, wenn wir vor grundlegenden Entscheidungen stehen, von denen abhängt, wer wir sein und was wir in dieser Welt tun werden. Es geht hier um den „Schauer“, den wir angesichts solcher Entscheidungen über unsere Zukunft, unseren Lebensstand und unsere Berufung empfinden. In diesen Momenten sind wir erst einmal durcheinander und in vielen Befürchtungen gefangen.

Und was sind eure Ängste, liebe Jugendliche? Was macht euch im Innersten Sorgen? Eine unterschwellige Angst in vielen von euch ist die Angst davor, nicht geliebt zu sein, nicht geschätzt, nicht akzeptiert zu werden für das, was ihr seid. Es gibt heute viele junge Menschen, die beim Versuch, sich den oft künstlichen und hochtrabenden Standards anzupassen, das Gefühl haben, anders sein zu müssen, als sie es in Wirklichkeit sind. Ständig bearbeiten sie digital ihre Selbstportraits und verstecken sich hinter Masken und falschen Identitäten, was manchmal fast dazu führt, dass sie selbst ein „Fake“ werden. Viele sind darauf versessen, eine möglichst große Zahl an „Likes“ zu erhalten. Und aus diesem Gefühl des Ungenügens entspringen viele Ängste und Unsicherheiten. Andere fürchten keine affektive Sicherheit zu finden und allein zu bleiben. Für viele kommt angesichts der unsicheren Verhältnisse am Arbeitsmarkt die Angst hinzu, keine befriedigende berufliche Bestätigung zu finden, die eigenen Träume nicht verwirklichen zu können. Solche Ängste sind heute in vielen gläubigen wie auch nichtgläubigen Jugendlichen sehr präsent. Und auch diejenigen, die das Geschenk des Glaubens angenommen haben und ernsthaft ihre eigene Berufung suchen, sind sicher nicht ohne Befürchtungen. Manche denken: Vielleicht verlangt Gott zu viel von mir, vielleicht wird er zu viel verlangen; vielleicht werde ich auf dem Weg, den er mir zeigt, nicht wirklich glücklich, oder ich werde nicht auf der Höhe dessen sein, was er von mir verlangt. Andere fragen sich: Wenn ich den Weg gehe, den Gott mir zeigt, wer kann mir garantieren, dass ich in der Lage sein werde, diesen Weg bis zum Ende zu gehen. Verliere ich den Mut? Verliere ich die Begeisterung? Werde ich ein Leben lang durchhalten?

In den Momenten, wo Zweifel und Ängste auf unser Herz einstürmen, ist es nötig, unterscheiden zu können. Sie erlaubt uns, Ordnung in unsere Gedanken und Gefühle zu bringen, um richtig und weise zu handeln. Der erste Schritt zur Überwindung dieser Ängste besteht bei diesem Prozess darin, sie klar zu erkennen, damit man nicht Zeit und Energie an Phantasievorstellungen ohne Gesicht und ohne Bestand verliert. So lade ich euch alle ein, in euer Inneres zu schauen und euren Ängsten „einen Namen zu geben“. Fragt euch also: In dieser konkreten Situation heute, in der ich mich befinde, was fürchte ich, was macht mir am meisten Angst? Was blockiert mich und was hindert mich daran weiterzukommen? Warum habe ich nicht den Mut, die wichtigen Entscheidungen zu treffen, die ich tun muss? Habt keine Angst davor, ehrlich auf eure Ängste zu schauen, sie als das zu erkennen, was sie sind, und mit ihnen ins Reine zu kommen. Die Bibel verschweigt nicht das menschliche Gefühl der Angst und auch nicht die vielen Gründe, die sie hervorrufen können. Abraham hatte Angst (vgl. Gen 12,10f.), Jakob hatte Angst (vgl. Gen 31,31; 32,8), und Mose ebenso (vgl. Ex 2,14; 17,4), auch Petrus (vgl. Mt 26,69ff) und die Apostel (vgl. Mk 4,38-40; Mt 26,56). Selbst Jesus erlebte Angst und Beklommenheit, wenn auch auf einer ganz anderen Ebene (vgl. Mt 26,37; Lk 22,44).

»Warum habt ihr solche Angst? Habt ihr noch keinen Glauben?« (Mk 4,40). Diese Ermahnung Jesu an seine Jünger lässt uns verstehen, dass es oft gar nicht der Unglaube ist, der unseren Glauben behindert, sondern die Angst. Nach dem Identifizieren unserer Ängste muss uns die Arbeit der Unterscheidung dann helfen, sie zu überwinden, indem wir uns dem Leben öffnen und indem wir in Ruhe die Herausforderungen angehen, die es uns beschert. Gerade für uns Christen sollte die Angst nie das letzte Wort haben, sondern Anlass sein, einen Glaubensakt gegenüber Gott zu vollziehen … und auch gegenüber dem Leben! Das bedeutet, an die grundsätzliche Güte der Existenz zu glauben, die Gott uns geschenkt hat. Das bedeutet, darauf zu vertrauen, dass er alles zu einem guten Ende führen wird – auch durch Begleitumstände und Missgeschicke hindurch, die uns oft rätselhaft bleiben. Wenn wir hingegen unsere Ängste nähren, neigen wir dazu, uns in uns selbst zu verschließen, uns zu verbarrikadieren, um uns gegen alles und jeden zu verteidigen, was uns aber nicht weiterkommen lässt. Wir müssen reagieren! Niemals sich verschließen! In der Heiligen Schrift finden wir 365 Mal den Ausdruck „Fürchte dich nicht“ – mit all seinen Varianten –, so als ob sie uns damit sagen wollte, dass der Herr uns für jeden Tag des Jahres die Freiheit von unseren Ängsten wünscht.

Die Unterscheidung wird unentbehrlich, wenn es um die Suche nach der eigenen Berufung geht. In der Tat ist diese meist nicht sofort und auch nicht ganz klar zu erkennen, aber mit der Zeit wird man immer besser verstehen. Die Unterscheidung, die in diesem Fall zu treffen ist, sollte nicht als eine individuelle Anstrengung der Selbstbeobachtung verstanden werden, die dazu dient, unsere inneren Mechanismen zur Stärkung und Erlangung eines gewissen Gleichgewichts besser zu verstehen. In diesem Fall kann der Mensch zwar gestärkt daraus hervorgehen, aber er bleibt doch im begrenzten Horizont seiner Möglichkeiten und Sichtweisen verschlossen. Die Berufung hingegen ist ein Ruf von oben, und die Unterscheidung besteht in diesem Fall vor allem darin, sich dem Anderen, der ruft, zu öffnen. Dazu ist die Stille des Gebets notwendig, um auf die Stimme Gottes zu hören, die im Gewissen erklingt. Er klopft an die Tür unseres Herzens, wie er es bei Maria getan hat, und er ist voll Sehnsucht danach, sich durch das Gebet mit uns anzufreunden, durch die Heilige Schrift zu uns zu sprechen, uns seine Barmherzigkeit im Sakrament der Versöhnung zu schenken und mit uns eins zu werden in der Eucharistie.

Aber auch die Auseinandersetzung und der Dialog mit den anderen ist wichtig, mit unseren Brüdern und Schwestern im Glauben, die mehr Erfahrung haben und uns helfen, besser zu sehen und zwischen den verschiedenen Optionen zu wählen. Der junge Samuel erkennt die Stimme des Herrn nicht sofort, als er sie hört, und so läuft er dreimal zu Eli, dem betagten Priester, der ihm schließlich die richtige Antwort auf den Ruf des Herrn vorsagt: »Wenn er dich ruft, dann antworte: Rede, Herr; denn dein Diener hört“ (1 Sam 3,9). Ihr sollt wissen, dass ihr euch in euren Zweifeln auf die Kirche verlassen könnt. Bestimmt gibt es gute Priester und Ordensleute wie auch gläubige Laien, von denen viele selbst jung sind, die euch als ältere Brüder und Schwestern im Glauben begleiten können; vom Heiligen Geist beseelt, werden sie euch helfen können, eure Zweifel aufzulösen und Gottes Plan für eure persönliche Berufung zu lesen. Der „Andere“ ist dabei nicht notwendig der Geistliche Begleiter, sondern jeder, der uns dabei hilft, uns für die unendlichen Reichtümer des Lebens zu öffnen, die Gott uns gegeben hat. Es ist notwendig, in unseren Städten und Gemeinden Räume zu schaffen, wo es möglich ist zu wachsen, zu träumen und neue Horizonte zu erschließen! Verliert nie den Geschmack an der Freude der Begegnung und der Freundschaft, den Geschmack daran, gemeinsam zu träumen und mit den anderen unterwegs zu sein. Authentische Christen scheuen nicht davor zurück, sich anderen gegenüber zu öffnen, ihre Lebensräume zu teilen und sie so in Orte der Brüderlichkeit zu verwandeln. Lasst nicht zu, liebe Jugendliche, dass der Lichtglanz der Jugend in der Dunkelheit eines geschlossenen Raumes erlischt, in dem das einzige Fenster zur Welt der Computer und das Smartphone ist. Öffnet die Türen eures Lebens weit! Lasst zu, dass eure Räume und Zeiten von konkreten Menschen bewohnt werden, von tiefen Beziehungen, mit denen ihr authentische und reale Erfahrungen in eurem täglichen Leben teilen könnt.

2. Maria!

»Ich habe dich beim Namen gerufen« (Jes 43,1). Der erste Grund, keine Angst zu haben, ist genau die Tatsache, dass Gott uns beim Namen ruft. Der Engel, der Bote Gottes, hat Maria bei ihrem Namen gerufen. Es gehört zum Wesen Gottes, Namen zu geben. Bei der Schöpfung ruft er jedes Geschöpf mit seinem Namen ins Dasein. Hinter dem Namen verbirgt sich eine Identität, die in allem, in jedem Menschen, einzigartig ist, jenes innerste Wesen einer Person, das im letzten nur Gott ganz kennt. Dieses göttliche Vorrecht wurde dann auch dem Menschen zuteil, als Gott ihm erlaubte, den Tieren, Vögeln und auch seinen Kindern einen Namen zu geben. (Gen 2,19-21;4,1). Viele Kulturen teilen diese tiefe biblische Sichtweise, indem sie im Namen die Offenbarung des tiefsten Geheimnisses eines Lebens, die Bedeutung einer Existenz, erkennen.

Wenn er einen Menschen beim Namen nennt, offenbart ihm Gott gleichzeitig seine Berufung, seinen Plan der Heiligkeit und Güte, durch den dieser Mensch zum Geschenk für andere wird und der ihn einzigartig macht. Und auch wenn der Herr die Horizonte eines Lebens erweitern will, gibt er der berufenen Person einen neuen Namen, wie er es bei Simon tut, als er ihn „Petrus“ nennt. Von da her stammt der Brauch, beim Ordenseintritt einen neuen Namen anzunehmen, um damit eine neue Identität und eine neue Beauftragung anzudeuten. Der göttliche Ruf, der persönlich und einzigartig an jeden von uns ergeht, verlangt von uns, dass wir den Mut haben, uns vom gleichmacherischen Druck der Gemeinplätze zu befreien, damit unser Leben wirklich ein ursprüngliches und unwiederholbares Geschenk für Gott, für die Kirche und für andere ist.

Liebe Jugendliche, das Beim-Namen-gerufen-sein ist also ein Zeichen unserer großen Würde in den Augen Gottes, seiner Vorliebe für uns. Und Gott nennt jeden von euch beim Namen. Ihr seid das „Du“ Gottes, kostbar in seinen Augen, würdig seiner Zuneigung und von ihm geliebt (vgl. Jes 43,4). Nehmt freudig diesen Dialog auf, den Gott Euch anbietet, diesen Appell, den er an euch richtet, indem er Euch beim Namen ruft.

3. Du hast Gnade bei Gott gefunden

Der Hauptgrund, warum Maria keine Angst haben muss, besteht darin, dass sie bei Gott Gnade gefunden hat. Das Wort „Gnade“ bedeutet unentgeltliche, nicht geschuldete Liebe. Wie sehr ermutigt uns dieses Wissen darum, dass wir uns Gottes Nähe und Hilfe nicht erst verdienen müssen, indem wir im Voraus ein „Spitzenzeugnis“ voller Verdienste und Erfolge vorlegen! Der Engel sagt Maria, dass sie bei Gott bereits Gnade gefunden hat, und nicht, dass sie ihr erst in Zukunft zuteilwird. Und schon die Formulierung der Worte des Engels lässt uns verstehen, dass die göttliche Gnade bleibend ist, nicht etwas Vorübergehendes oder Momentanes, und deshalb wird sie niemals weniger. Auch in Zukunft wird uns die Gnade Gottes immer unterstützen, besonders in Zeiten der Prüfung und der Finsternis.

Die fortwährende Gegenwart der göttlichen Gnade ermutigt uns, unsere Berufung mit Zuversicht anzunehmen, was von uns ein treues Bemühen verlangt, das jeden Tag erneuert werden muss. Der Weg der Berufung ist nicht ohne Kreuze: Da gibt es nicht nur die anfänglichen Zweifel, sondern auch die häufigen Versuchungen, denen man auf dem Weg begegnet. Das Gefühl der Unzulänglichkeit begleitet den Jünger Christi bis zum Ende, aber er weiß, dass die Gnade Gottes mit ihm ist.

Die Worte des Engels gehen auf die menschlichen Ängste ein und lösen sie kraft der in ihnen enthaltenen guten Nachricht auf: Unser Leben ist kein reiner Zufall und kein bloßer Überlebenskampf, sondern jeder von uns ist eine von Gott geliebte Geschichte. „Gnade in seinen Augen gefunden zu haben“ bedeutet, dass der Schöpfer eine einzigartige Schönheit in unserem Sein wahrnimmt und einen prächtigen Entwurf für unser Leben hat. Dieses Bewusstsein löst sicherlich nicht alle Probleme und beseitigt auch nicht die Unsicherheiten des Lebens, aber es hat die Kraft, es in der Tiefe zu verwandeln. Das Unbekannte, das der nächste Tag für uns bereithält, ist dann keine obskure Bedrohung mehr, die es zu überleben gilt, sondern eine Gnadenzeit, die uns gegeben ist, um die Einzigartigkeit unserer persönlichen Berufung zu leben und sie mit unseren Brüdern und Schwestern in der Kirche und in der Welt zu teilen.

4. Mut in der Gegenwart

Von der Gewissheit, dass Gottes Gnade mit uns ist, kommt die Kraft zum Mut in der Gegenwart: Mut, um das voranzubringen, was Gott hier und jetzt, in jedem Bereich des Lebens von uns verlangt; Mut, um die Berufung zu ergreifen, die Gott uns zeigt; Mut, um unseren Glauben zu leben, ohne ihn zu verstecken oder zu schmälern.

Ja, wenn wir uns der Gnade Gottes öffnen, dann wird das Unmögliche zur Wirklichkeit. »Ist Gott für uns, wer ist dann gegen uns?« (Röm 8,31). Gottes Gnade berührt das Heute eures Lebens, sie „packt“ euch, so wie ihr seid, mit all euren Ängsten und Grenzen, doch offenbart sie auch die wunderbaren Pläne Gottes! Ihr Jugendlichen sollt hören, dass jemand wirklich Vertrauen in euch hat: Ihr sollt wissen, dass der Papst sich auf euch verlässt, dass die Kirche sich auf euch verlässt! Und ihr, verlasst euch auf die Kirche!

Der jungen Maria wurde eine wichtige Aufgabe anvertraut, eben weil sie jung war. Ihr Jugendlichen habt Kraft, ihr steht in einer Phase des Lebens, in der die Energien gewiss nicht fehlen. Nutzt diese Kraft und diese Energien, um die Welt zu verbessern, und beginnt damit in eurem direkten Umfeld. Ich möchte, dass euch in der Kirche wichtige Verantwortungen anvertraut werden und man den Mut hat, euch Raum zu geben; und ihr, bereitet euch vor, diese Verantwortungen zu übernehmen.

Ich lade euch ein, noch einmal die Liebe Marias zu betrachten: eine aufmerksame, dynamische, konkrete Liebe. Eine kühne Liebe, die ganz auf Selbsthingabe abzielt. Eine Kirche, die von diesen marianischen Eigenschaften durchdrungen ist, wird immer eine Kirche im Aufbruch sein, die über ihre eigenen Grenzen hinausgeht, um die empfangene Gnade überfließen zu lassen. Wenn wir uns vom Beispiel Marias anstecken lassen, werden wir jene Nächstenliebe konkret leben, die uns antreibt, Gott über alles und mehr als uns selbst zu lieben sowie die Menschen zu lieben, mit denen wir den Alltag teilen. Und wir werden auch den lieben, der uns an sich wenig liebenswert scheinen könnte. Es ist eine Liebe, die zum Dienst und zur Hingabe wird – insbesondere gegenüber den Schwächsten und Ärmsten –, die unsere Gesichter verwandelt und uns mit Freude erfüllt.

Ich möchte mit den schönen Worten aus einer berühmten Predigt des heiligen Bernhard über das Geheimnis der Verkündigung schließen. Diese Worte bringen zum Ausdruck, wie die ganze Menschheit auf Marias Antwort wartet: »Du hast gehört, o Jungfrau, du sollst einen Sohn empfangen und gebären: nicht von einem Menschen, so hast du gehört, sondern vom Heiligen Geist. Der Engel wartet auf Antwort. […] Herrin, auch wir warten auf das Wort des Erbarmens. […] Durch ein kurzes Wort von dir sollen wir neu geschaffen und ins Leben zurückgerufen werden. […] So liegt der ganze Erdkreis dir zu Füßen und wartet. […] Gib unverzüglich deine Antwort, heilige Jungfrau« (Homilia in Laudibus Virginis Matris 4,8: Sancti Bernardi Opera, Hg. Leclercq/Rochais, Bd. 4, Rom 1966, 53).

Liebe Jugendliche, der Herr, die Kirche und die Welt warten auch auf eure Antwort auf den einzigartigen Ruf, den jeder und jede in diesem Leben hat! Während der Weltjugendtag von Panama näher rückt, lade ich euch ein, euch auf dieses unser Treffen mit der Freude und der Begeisterung dessen vorzubereiten, der an einem großen Abenteuer teilnehmen will. Der Weltjugendtag ist etwas für Mutige! Nicht für Jugendliche, die es bloß bequem haben wollen und sich vor den Schwierigkeiten drücken. Nehmt ihr die Herausforderung an?

Aus dem Vatikan, am 11. Februar 2018,

dem 6. Sonntag im Jahreskreis,

Gedenktag Unserer Lieben Frau in Lourdes

FRANZISKUS

[00290-DE.01] [Originalsprache: Deutsch]

Testo in lingua spagnola

«No temas, María, porque has encontrado gracia ante Dios» (Lc 1,30)

Queridos jóvenes:

La Jornada Mundial de la Juventud de 2018 es un paso más en el proceso de preparación de la Jornada internacional, que tendrá lugar en Panamá en enero de 2019. Esta nueva etapa de nuestra peregrinación cae en el mismo año en que se ha convocado la Asamblea Ordinaria del Sínodo de los Obispos sobre el tema: Los jóvenes, la fe y el discernimiento vocacional. Es una buena coincidencia. La atención, la oración y la reflexión de la Iglesia estarán puestas en vosotros, los jóvenes, con el deseo de comprender y, sobre todo, de «acoger» el don precioso que representáis para Dios, para la Iglesia y para el mundo.

Como ya sabéis, hemos elegido a María, la joven de Nazaret, a quien Dios escogió como Madre de su Hijo, para que nos acompañe en este viaje con su ejemplo y su intercesión. Ella camina con nosotros hacia el Sínodo y la JMJ de Panamá. Si el año pasado nos sirvieron de guía las palabras de su canto de alabanza: «El Poderoso ha hecho obras grandes en mí» (Lc 1,49), enseñándonos a hacer memoria del pasado, este año tratamos de escuchar con ella la voz de Dios que infunde valor y da la gracia necesaria para responder a su llamada: «No temas, María, porque has hallado gracia delante de Dios» (Lc 1,30). Son las palabras pronunciadas por el mensajero de Dios, el arcángel Gabriel, a María, una sencilla jovencita de un pequeño pueblo de Galilea.

1. No temas

Es comprensible que la repentina aparición del ángel y su misterioso saludo: «Alégrate, llena de gracia, el Señor está contigo» (Lc 1,28) hayan causado una fuerte turbación en María, sorprendida por esta primera revelación de su identidad y de su vocación, desconocida para ella entonces. María, como otros personajes de las Sagradas Escrituras, tiembla ante el misterio de la llamada de Dios, que en un instante la sitúa ante la inmensidad de su propio designio y le hace sentir toda su pequeñez, como una humilde criatura. El ángel, leyendo en lo más profundo de su corazón, le dice: «¡No temas!». Dios también lee en nuestro corazón. Él conoce bien los desafíos que tenemos que afrontar en la vida, especialmente cuando nos encontramos ante las decisiones fundamentales de las que depende lo que seremos y lo que haremos en este mundo. Es la «emoción» que sentimos frente a las decisiones sobre nuestro futuro, nuestro estado de vida, nuestra vocación. En esos momentos nos sentimos turbados y embargados por tantos miedos.

Y vosotros jóvenes, ¿qué miedos tenéis? ¿Qué es lo que más os preocupa en el fondo? En muchos de vosotros existe un miedo de «fondo» que es el de no ser amados, queridos, de no ser aceptados por lo que sois. Hoy en día, muchos jóvenes se sienten obligados a mostrarse distintos de lo que son en realidad, para intentar adecuarse a estándares a menudo artificiales e inalcanzables. Hacen continuos «retoques fotográficos» de su imagen, escondiéndose detrás de máscaras y falsas identidades, hasta casi convertirse ellos mismos en un «fake». Muchos están obsesionados con recibir el mayor número posible de «me gusta». Y este sentido de inadecuación produce muchos temores e incertidumbres. Otros tienen miedo a no ser capaces de encontrar una seguridad afectiva y quedarse solos. Frente a la precariedad del trabajo, muchos tienen miedo a no poder alcanzar una situación profesional satisfactoria, a no ver cumplidos sus sueños. Se trata de temores que están presentes hoy en muchos jóvenes, tanto creyentes como no creyentes. E incluso aquellos que han abrazado el don de la fe y buscan seriamente su vocación tampoco están exentos de temores. Algunos piensan: quizás Dios me pide o me pedirá demasiado; quizás, yendo por el camino que me ha señalado, no seré realmente feliz, o no estaré a la altura de lo que me pide. Otros se preguntan: si sigo el camino que Dios me indica, ¿quién me garantiza que podré llegar hasta el final? ¿Me desanimaré? ¿Perderé el entusiasmo? ¿Seré capaz de perseverar toda mi vida?

En los momentos en que las dudas y los miedos inundan nuestros corazones, resulta imprescindible el discernimiento. Nos permite poner orden en la confusión de nuestros pensamientos y sentimientos, para actuar de una manera justa y prudente. En este proceso, lo primero que hay que hacer para superar los miedos es identificarlos con claridad, para no perder tiempo y energías con fantasmas que no tienen rostro ni consistencia. Por esto, os invito a mirar dentro de vosotros y «dar un nombre» a vuestros miedos. Preguntaos: hoy, en mi situación concreta, ¿qué es lo que me angustia, qué es lo que más temo? ¿Qué es lo que me bloquea y me impide avanzar? ¿Por qué no tengo el valor para tomar las decisiones importantes que debo tomar? No tengáis miedo de mirar con sinceridad vuestros miedos, reconocerlos con realismo y afrontarlos. La Biblia no niega el sentimiento humano del miedo ni sus muchas causas. Abraham tuvo miedo (cf. Gn 12,10s.), Jacob tuvo miedo (cf. Gn 31,31; 32,8), y también Moisés (cf. Ex 2,14; 17,4), Pedro (cf. Mt 26,69ss.) y los Apóstoles (cf. Mc 4,38-40, Mt 26,56). Jesús mismo, aunque en un nivel incomparable, experimentó el temor y la angustia (Mt 26,37, Lc 22,44).

«¿Por qué tenéis miedo? ¿Aún no tenéis fe?» (Mc 4,40). Este reproche de Jesús a sus discípulos nos permite comprender cómo el obstáculo para la fe no es con frecuencia la incredulidad sino el miedo. Así, el esfuerzo de discernimiento, una vez identificados los miedos, nos debe ayudar a superarlos abriéndonos a la vida y afrontando con serenidad los desafíos que nos presenta. Para los cristianos, en concreto, el miedo nunca debe tener la última palabra, sino que nos da la ocasión para realizar un acto de fe en Dios… y también en la vida. Esto significa creer en la bondad fundamental de la existencia que Dios nos ha dado, confiar en que él nos lleva a un buen final a través también de las circunstancias y vicisitudes que a menudo son misteriosas para nosotros. Si por el contrario alimentamos el temor, tenderemos a encerrarnos en nosotros mismos, a levantar una barricada para defendernos de todo y de todos, quedando paralizados. ¡Debemos reaccionar! ¡Nunca cerrarnos! En las Sagradas Escrituras encontramos 365 veces la expresión «no temas», con todas sus variaciones. Como si quisiera decir que todos los días del año el Señor nos quiere libres del temor.

El discernimiento se vuelve indispensable cuando se trata de encontrar la propia vocación. La mayoría de las veces no está clara o totalmente evidente, pero se comprende poco a poco. El discernimiento, en este caso, no pretende ser un esfuerzo individual de introspección, con el objetivo de aprender más acerca de nuestros mecanismos internos para fortalecernos y lograr un cierto equilibrio. En ese caso, la persona puede llegar a ser más fuerte, pero permanece cerrada en el horizonte limitado de sus posibilidades y de sus puntos de vista. La vocación, en cambio, es una llamada que viene de arriba y el discernimiento consiste sobre todo en abrirse al Otro que llama. Se necesita entonces el silencio de la oración para escuchar la voz de Dios que resuena en la conciencia. Él llama a la puerta de nuestro corazón, como lo hizo con María, con ganas de entablar en amistad con nosotros a través de la oración, de hablarnos a través de las Sagradas Escrituras, de ofrecernos su misericordia en el sacramento de la reconciliación, de ser uno con nosotros en la comunión eucarística.

Pero también es importante hablar y dialogar con otros, hermanos y hermanas nuestros en la fe, que tienen más experiencia y nos ayudan a ver mejor y a escoger entre las diversas opciones. El joven Samuel, cuando oyó la voz del Señor, no lo reconoció inmediatamente y por tres veces fue a Elí, el viejo sacerdote, quien al final le sugirió la respuesta correcta que debería dar a la llamada del Señor: «Si te llama de nuevo, di: “Habla Señor, que tu siervo escucha”» (1 S 3,9). Cuando dudéis, sabed que podéis contar con la Iglesia. Sé que hay buenos sacerdotes, consagrados y consagradas, fieles laicos, muchos de ellos jóvenes a su vez, que pueden acompañaros como hermanos y hermanas mayores en la fe; movidos por el Espíritu Santo, os ayudarán a despejar vuestras dudas y a leer el designio de vuestra vocación personal. El «otro» no es únicamente un guía espiritual, sino también el que nos ayuda a abrirnos a todas las riquezas infinitas de la existencia que Dios nos ha dado. Es necesario que dejemos espacio en nuestras ciudades y comunidades para crecer, soñar, mirar nuevos horizontes. Nunca perdáis el gusto de disfrutar del encuentro, de la amistad, el gusto de soñar juntos, de caminar con los demás. Los cristianos auténticos no tienen miedo de abrirse a los demás, compartir su espacio vital transformándolo en espacio de fraternidad. No dejéis, queridos jóvenes, que el resplandor de la juventud se apague en la oscuridad de una habitación cerrada en la que la única ventana para ver el mundo sea el ordenador y el smartphone. Abrid las puertas de vuestra vida. Que vuestro ambiente y vuestro tiempo estén ocupados por personas concretas, relaciones profundas, con las que podáis compartir experiencias auténticas y reales en vuestra vida cotidiana.

2. María

«Te he llamado por tu nombre» (Is 43,1). El primer motivo para no tener miedo es precisamente el hecho de que Dios nos llama por nuestro nombre. El ángel, mensajero de Dios, llamó a María por su nombre. Poner nombres es propio de Dios. En la obra de la creación, él llama a la existencia a cada criatura por su nombre. Detrás del nombre hay una identidad, algo que es único en cada cosa, en cada persona, esa íntima esencia que sólo Dios conoce en profundidad. Esta prerrogativa divina fue compartida con el hombre, al cual Dios le concedió que diera nombre a los animales, a los pájaros y también a los propios hijos (Gn 2,19-21; 4,1). Muchas culturas comparten esta profunda visión bíblica, reconociendo en el nombre la revelación del misterio más profundo de una vida, el significado de una existencia.

Cuando Dios llama por el nombre a una persona, le revela al mismo tiempo su vocación, su proyecto de santidad y de bien, por el que esa persona llegará a ser alguien único y un don para los demás. Y también cuando el Señor quiere ensanchar los horizontes de una existencia, decide dar a la persona a quien llama un nombre nuevo, como hace con Simón, llamándolo «Pedro». De aquí viene la costumbre de asumir un nuevo nombre cuando se entra en una orden religiosa, para indicar una nueva identidad y una nueva misión. La llamada divina, al ser personal y única, requiere que tengamos el valor de desvincularnos de la presión homogeneizadora de los lugares comunes, para que nuestra vida sea de verdad un don original e irrepetible para Dios, para la Iglesia y para los demás.

Queridos jóvenes: Ser llamados por nuestro nombre es, por lo tanto, signo de la gran dignidad que tenemos a los ojos de Dios, de su predilección por nosotros. Y Dios llama a cada uno de vosotros por vuestro nombre. Vosotros sois el «tú» de Dios, preciosos a sus ojos, dignos de estima y amados (cf. Is 43,4). Acoged con alegría este diálogo que Dios os propone, esta llamada que él os dirige llamándoos por vuestro nombre.

3. Has encontrado gracia ante Dios

El motivo principal por el que María no debe temer es porque ha encontrado gracia ante Dios. La palabra «gracia» nos habla de amor gratuito e inmerecido. Cuánto nos anima saber que no tenemos que conseguir la cercanía y la ayuda de Dios presentando por adelantado un «currículum de excelencia», lleno de méritos y de éxitos. El ángel dice a María que ya ha encontrado gracia ante Dios, no que la conseguirá en el futuro. Y la misma formulación de las palabras del ángel nos da a entender que la gracia divina es continua, no algo pasajero o momentáneo, y por esto nunca faltará. También en el futuro seremos sostenidos siempre por la gracia de Dios, sobre todo en los momentos de prueba y de oscuridad.

La presencia continua de la gracia divina nos anima a abrazar con confianza nuestra vocación, que exige un compromiso de fidelidad que hay que renovar todos los días. De hecho, el camino de la vocación no está libre de cruces: no sólo las dudas iniciales, sino también las frecuentes tentaciones que se encuentran a lo largo del camino. La sensación de no estar a la altura acompaña al discípulo de Cristo hasta el final, pero él sabe que está asistido por la gracia de Dios.

Las palabras del ángel se posan sobre los miedos humanos, disolviéndolos con la fuerza de la buena noticia de la que son portadoras. Nuestra vida no es pura casualidad ni mera lucha por sobrevivir, sino que cada uno de nosotros es una historia amada por Dios. El haber «encontrado gracia ante Dios» significa que el Creador aprecia la belleza única de nuestro ser y tiene un designio extraordinario para nuestra vida. Ser conscientes de esto no resuelve ciertamente todos los problemas y no quita las incertidumbres de la vida, pero tiene el poder de transformarla en profundidad. Lo que el mañana nos deparará, y que no conocemos, no es una amenaza oscura de la que tenemos que sobrevivir, sino que es un tiempo favorable que se nos concede para vivir el carácter único de nuestra vocación personal y compartirlo con nuestros hermanos y hermanas en la Iglesia y en el mundo.

4. Valentía en el presente

La fuerza para tener valor en el presente nos viene de la convicción de que la gracia de Dios está con nosotros: valor para llevar adelante lo que Dios nos pide aquí y ahora, en cada ámbito de nuestra vida; valor para abrazar la vocación que Dios nos muestra; valor para vivir nuestra fe sin ocultarla o rebajarla.

Sí, cuando nos abrimos a la gracia de Dios, lo imposible se convierte en realidad. «Si Dios está con nosotros, ¿quién estará contra nosotros?» (Rm 8,31). La gracia de Dios toca el hoy de vuestra vida, os «aferra» así como sois, con todos vuestros miedos y límites, pero también revela los maravillosos planes de Dios. Vosotros, jóvenes, tenéis necesidad de sentir que alguien confía realmente en vosotros. Sabed que el Papa confía en vosotros, que la Iglesia confía en vosotros. Y vosotros, ¡confiad en la Iglesia!

A María, joven, se le confió una tarea importante, precisamente porque era joven. Vosotros, jóvenes, tenéis fuerza, atravesáis una fase de la vida en la que sin duda no faltan las energías. Usad esa fuerza y esas energías para mejorar el mundo, empezando por la realidad más cercana a vosotros. Deseo que en la Iglesia se os confíen responsabilidades importantes, que se tenga la valentía de daros espacio; y vosotros, preparaos para asumir esta responsabilidad.

Os invito a seguir contemplando el amor de María: un amor atento, dinámico, concreto. Un amor lleno de audacia y completamente proyectado hacia el don de sí misma. Una Iglesia repleta de estas cualidades marianas será siempre Iglesia en salida, que va más allá de sus límites y confines para hacer que se derrame la gracia recibida. Si nos dejamos contagiar por el ejemplo de María, viviremos de manera concreta la caridad que nos urge a amar a Dios más allá de todo y de nosotros mismos, a amar a las personas con quienes compartimos la vida diaria. Y también podremos amar a quien nos resulta poco simpático. Es un amor que se convierte en servicio y dedicación, especialmente hacia los más débiles y pobres, que transforma nuestros rostros y nos llena de alegría.

Quisiera terminar con las hermosas palabras de san Bernardo en su famosa homilía sobre el misterio de la Anunciación, palabras que expresan la expectativa de toda la humanidad ante la respuesta de María: «Oíste, Virgen, que concebirás y darás a luz a un hijo; oíste que no será por obra de varón, sino por obra del Espíritu Santo. Mira que el ángel aguarda tu respuesta. También nosotros esperamos, Señora, esta palabra de misericordia. Por tu breve respuesta seremos ahora restablecidos para ser llamados de nuevo a la vida. Esto mismo te pide el mundo todo postrado a tus pies. Oh Virgen, da pronto tu respuesta» (Homilía 4, 8-9: Opera Omnia, Ed. Cisterciense, 4 [1966] 53-54).

Queridos jóvenes: el Señor, la Iglesia, el mundo, esperan también vuestra respuesta a esa llamada única que cada uno recibe en esta vida. A medida que se aproxima la JMJ de Panamá, os invito a prepararos para nuestra cita con la alegría y el entusiasmo de quien quiere ser partícipe de una gran aventura. La JMJ es para los valientes, no para jóvenes que sólo buscan comodidad y que retroceden ante las dificultades. ¿Aceptáis el desafío?

Vaticano, 11 de febrero de 2018,

VI Domingo del Tiempo Ordinario,

Memoria de Nuestra Señora de Lourdes

FRANCISCO

[00290-ES.01] [Texto original: Español]

Testo in lingua portoghese

«Não temas, Maria, pois achaste graça diante de Deus» (Lc 1, 30)

Queridos jovens!

A Jornada Mundial da Juventude de 2018 constitui um passo mais na preparação da jornada internacional, que se realizará no Panamá em janeiro de 2019. Esta nova etapa da nossa peregrinação tem lugar no ano em que está convocada a Assembleia Ordinária do Sínodo dos Bispos sobre o tema: Os jovens, a fé e o discernimento vocacional. É uma feliz coincidência. A atenção, a oração e a reflexão da Igreja concentrar-se-ão sobre vós, jovens, no desejo de perceber e, sobretudo, «acolher» o dom precioso que vós sois para Deus, para a Igreja e para o mundo.

Como já sabeis, para nos acompanhar ao longo deste itinerário, escolhemos o exemplo e a intercessão de Maria, a jovem de Nazaré, que Deus escolheu como Mãe do seu Filho. Ela caminha connosco rumo ao Sínodo e à JMJ do Panamá. No ano passado, guiaram-nos as palavras do seu cântico de louvor – «O Todo-poderoso fez em Mim maravilhas» (Lc 1, 49) –, ensinando-nos a conservar na memória o passado; este ano, procuramos escutar, juntamente com Ela, a voz de Deus que infunde coragem e dá a graça necessária para responder à sua chamada: «Maria, não temas, pois achaste graça diante de Deus» (Lc 1, 30). São as palavras que o mensageiro de Deus, o arcanjo Gabriel, dirigiu a Maria, jovem simples duma pequena povoação da Galileia.

1. Não temas!

Compreensivelmente, a inesperada aparição do anjo e a sua saudação misteriosa («Salve, ó cheia de graça, o Senhor está contigo»: Lc 1, 28) provocaram uma forte turbação em Maria, surpreendida por esta primeira revelação da sua identidade e da sua vocação, que Lhe eram ainda desconhecidas. Maria, como outras personagens da Sagrada Escritura, treme perante o mistério da chamada de Deus, que, dum momento para o outro, a confronta com a imensidão do desígnio divino e Lhe faz sentir toda a sua pequenez de humilde criatura. O anjo, lendo no fundo do coração d’Ela, diz-Lhe: «Não temas»! Deus lê também no nosso íntimo. Conhece bem os desafios que devemos enfrentar na vida, sobretudo quando nos deparamos com as opções fundamentais de que depende o que seremos e faremos neste mundo. É a «perplexidade» que sentimos face às decisões sobre o nosso futuro, o nosso estado de vida, a nossa vocação. Em tais momentos, ficamos turbados e somos assaltados por tantos medos.

E vós, jovens, quais são os medos que tendes? Que é que vos preocupa mais profundamente? Um medo «de fundo», que existe em muitos de vós, é o de não ser amados, bem-queridos, de não ser aceites por aquilo que sois. Hoje, há muitos jovens que, na tentativa de se adequar a padrões frequentemente artificiais e inatingíveis, têm a sensação de dever ser diferentes daquilo que são na realidade. Fazem contínuos «foto-retoques» das imagens próprias, escondendo-se por trás de máscaras e identidades falsas, até chegarem quase a tornar-se eles mesmos um «fake», um falso. Muitos têm a obsessão de receber o maior número possível de apreciações «gosto». E daqui, desta sensação de desajustamento, surgem muitos medos e incertezas. Outros temem não conseguir encontrar uma segurança afetiva e ficar sozinhos. Em muitos, à vista da precariedade do trabalho, entra o medo de não conseguirem encontrar uma conveniente afirmação profissional, de não verem realizados os seus sonhos. Trata-se de medos atualmente muito presentes em inúmeros jovens, tanto crentes como não-crentes. E mesmo aqueles que acolheram o dom da fé e procuram seriamente a sua vocação, por certo não estão isentos de medos. Alguns pensam: talvez Deus me peça ou virá a pedir demais; talvez, ao percorrer a estrada que Ele me aponta, não seja verdadeiramente feliz, ou não esteja à altura do que me pede. Outros interrogam-se: Se seguir o caminho que Deus me indica, quem me garante que conseguirei percorrê-lo até ao fim? Desanimarei? Perderei o entusiasmo? Serei capaz de perseverar a vida inteira?

Nos momentos em que se aglomeram no nosso coração dúvidas e medos, torna-se necessário o discernimento. Este permite-nos pôr ordem na confusão dos nossos pensamentos e sentimentos, para agir de maneira justa e prudente. Neste processo, o primeiro passo para superar os medos é identificá-los claramente, para não acabar desperdiçando tempo e energias a braços com fantasmas sem rosto nem consistência. Por isso, convido-vos, todos, a olhar dentro de vós próprios e a «dar um nome» aos vossos medos. Perguntai-vos: Hoje, na situação concreta que estou a viver, o que é que me angustia, o que é que mais temo? O que é que me bloqueia e impede de avançar? Porque é que não tenho a coragem de abraçar as decisões importantes que deveria tomar? Não tenhais medo de olhar, honestamente, para os vossos medos, reconhecê-los pelo que são e enfrentá-los. A Bíblia não nega o sentimento humano do medo, nem os inúmeros motivos que o podem provocar. Abraão teve medo (cf. Gn 12, 10-11), Jacob teve medo (cf. Gn 31, 31; 32, 8), e de igual modo também Moisés (cf. Ex 2, 14; 17, 4), Pedro (cf. Mt 26, 69-75) e os Apóstolos (cf. Mc 4, 38-40; Mt 26, 56). O próprio Jesus, embora a um nível incomparável, sentiu medo e angústia (cf. Mt 26, 37; Lc 22, 44).

«Porque sois tão medrosos? Ainda não tendes fé?» (Mc 4, 40). Esta advertência de Jesus aos discípulos faz-nos compreender como muitas vezes o obstáculo à fé não é a incredulidade, mas o medo. Neste sentido, o trabalho de discernimento, depois de ter identificado os nossos medos, deve ajudar-nos a superá-los, abrindo-nos à vida e enfrentando serenamente os desafios que ela nos apresenta. De modo particular para nós, cristãos, o medo nunca deve ter a última palavra, mas ser ocasião para realizar um ato de fé em Deus... e também na vida. Isto significa acreditar na bondade fundamental da existência que Deus nos deu, confiar que Ele conduz a um fim bom mesmo através de circunstâncias e vicissitudes muitas vezes misteriosas para nós. Se, em vez disso, alimentarmos os medos, tenderemos a fechar-nos em nós próprios, a barricar-nos para nos defendermos de tudo e de todos, ficando como que paralisados. É preciso reagir! Nunca fechar-se! Na Sagrada Escritura, encontramos 365 vezes a expressão «não temer», nas suas múltiplas variações, como se dissesse que o Senhor nos quer livres do medo todos os dias do ano.

O discernimento torna-se indispensável quando se trata da busca da própria vocação. Pois esta, na maioria das vezes, não aparece logo clara ou completamente evidente, mas vai-se identificando pouco a pouco. O discernimento, que se deve fazer neste caso, não há de ser entendido como um esforço individual de introspeção, cujo objetivo seria conhecer melhor os nossos mecanismos interiores para nos fortalecermos e alcançarmos um certo equilíbrio; porque, então, a pessoa pode tornar-se mais forte, mas permanece em todo o caso fechada no horizonte limitado das suas possibilidades e pontos de vista. Ao contrário, a vocação é uma chamada do Alto e, neste caso, o discernimento consiste sobretudo em abrir-se ao Outro que chama. Portanto, é necessário o silêncio da oração para escutar a voz de Deus que ressoa na consciência. Ele bate à porta dos nossos corações, como fez com Maria, desejoso de estreitar amizade connosco através da oração, falar-nos através da Sagrada Escritura, oferecer-nos a sua misericórdia no sacramento da Reconciliação, tornar-Se um só connosco na Comunhão Eucarística.

Mas é importante também o confronto e o diálogo com os outros, nossos irmãos e irmãs na fé, que têm mais experiência e nos ajudam a ver melhor e a escolher entre as várias opções. O jovem Samuel, quando ouve a voz do Senhor, não a reconhece imediatamente e três vezes foi ter com Eli, o sacerdote idoso, que acaba por lhe sugerir a resposta certa a dar à chamada do Senhor: «Se fores chamado outra vez, responde: “Fala, Senhor; o teu servo escuta”» (1 Sm 3, 9). Nas vossas dúvidas, sabei que podeis contar com a Igreja. Sei que há bons sacerdotes, consagrados e consagrados, fiéis-leigos – muitos deles também jovens –, que vos podem acompanhar como irmãos e irmãs mais velhos na fé; animados pelo Espírito Santo, serão capazes de vos ajudar a decifrar as vossas dúvidas e a ler o desígnio da vossa vocação pessoal. O «outro» é não apenas o guia espiritual, mas também quem nos ajuda a abrir-nos a todas as riquezas infinitas da existência que Deus nos deu. É necessário abrir espaços nas nossas cidades e comunidades para crescer, sonhar, perscrutar novos horizontes! Nunca percais o prazer de gozar do encontro, da amizade, o prazer de sonhar juntos, de caminhar com os outros. Os cristãos autênticos não têm medo de se abrir aos outros, de compartilhar os seus espaços vitais transformando-os em espaços de fraternidade. Não deixeis, queridos jovens, que os fulgores da juventude se apaguem na escuridão duma sala fechada, onde a única janela para olhar o mundo seja a do computador e do smartphone. Abri de par em par as portas da vossa vida! Os vossos espaços e tempos sejam habitados por pessoas concretas, relações profundas, que vos deem a possibilidade de compartilhar experiências autênticas e reais no vosso dia-a-dia.

2. Maria!

«Eu te chamei pelo teu nome» (Is 43, 1). O primeiro motivo para não temer é precisamente o facto de Deus nos chamar pelo nome. O anjo, mensageiro de Deus, chamou Maria pelo nome. Dar nomes é próprio de Deus. Na obra da criação, Ele chama à existência cada criatura com o seu nome. Por trás do nome, há uma identidade, aquilo que é único em cada coisa, em cada pessoa, aquela essência íntima que só Deus conhece profundamente. Depois, esta prerrogativa divina foi partilhada com o homem, a quem Deus concedeu dar um nome aos animais, às aves e até aos próprios filhos (cf. Gn 2, 19-21; 4, 1). Muitas culturas compartilham esta profunda visão bíblica, reconhecendo no nome a revelação do mistério mais profundo duma vida, o significado duma existência.

Quando chama pelo nome uma pessoa, Deus revela-lhe ao mesmo tempo a sua vocação, o seu projeto de santidade e de bem pelo qual essa pessoa será um dom para os outros e se tornará única. E mesmo quando o Senhor quer ampliar os horizontes duma vida, decide dar à pessoa chamada um novo nome, como faz com Simão, chamando-o «Pedro». Daqui veio o uso de adotar um nome novo quando se entra numa Ordem Religiosa, para indicar uma nova identidade e uma nova missão. A chamada divina, enquanto pessoal e única, exige a coragem de nos desvincularmos da pressão homogeneizadora dos lugares-comuns, para que a nossa vida seja verdadeiramente um dom original e irrepetível para Deus, para a Igreja e para os outros.

Assim, queridos jovens, ser chamados pelo nome é um sinal da nossa grande dignidade aos olhos de Deus, da sua predileção por nós. E Deus chama cada um de vós pelo nome. Vós sois o «tu» de Deus, preciosos a seus olhos, dignos de estima e amados (cf. Is 43, 4). Acolhei com alegria este diálogo que Deus vos propõe, este apelo que vos dirige, chamando-vos pelo nome.

3. Achaste graça diante de Deus

O motivo principal pelo qual Maria não deve temer é porque achou graça diante de Deus. A palavra «graça» fala-nos de amor gratuito, não devido. Quanto nos encoraja saber que não temos de merecer a proximidade e a ajuda de Deus, apresentando antecipadamente um «currículo excelente», cheio de méritos e sucessos! O anjo diz a Maria que achou graça diante de Deus; não, que a obterá no futuro. A própria formulação das palavras do anjo faz-nos compreender que a graça divina é ininterrupta, não algo fugaz ou momentâneo, e por isso nunca falhará. E no futuro também haverá sempre a graça de Deus a sustentar-nos, sobretudo nos momentos de prova e escuridão.

A presença contínua da graça divina encoraja-nos a abraçar, com confiança, a nossa vocação, que exige um compromisso de fidelidade que se deve renovar todos os dias. Com efeito, a senda da vocação não está desprovida de cruzes: não só as dúvidas iniciais, mas também as tentações frequentes que se encontram ao longo do caminho. O sentimento de inadequação acompanha o discípulo de Cristo até ao fim, mas ele sabe que é assistido pela graça de Deus.

As palavras do anjo descem sobre os medos humanos, dissolvendo-os com a força da boa nova de que são portadoras: a nossa vida não é pura casualidade nem mera luta pela sobrevivência, mas cada um de nós é uma história amada por Deus. O «ter achado graça» aos olhos d’Ele significa que o Criador entrevê uma beleza única no nosso ser e tem um desígnio magnífico para a nossa existência. Esta consciência, certamente, não resolve todos os problemas nem tira as incertezas da vida, mas tem a força de a transformar em profundidade. O desconhecido, que o amanhã nos reserva, não é uma obscura ameaça a que devemos sobreviver, mas um tempo favorável que nos é dado para viver a unicidade da nossa vocação pessoal e partilhá-la com os nossos irmãos e irmãs na Igreja e no mundo.

4. Coragem no presente

Da certeza de que a graça de Deus está connosco, provém a força para ter coragem no presente: coragem para levar por diante aquilo que Deus nos pede aqui e agora, em cada âmbito da nossa vida; coragem para abraçar a vocação que Deus nos mostra; coragem para viver a nossa fé sem a esconder nem atenuar.

Sim, quando nos abrimos à graça de Deus, o impossível torna-se realidade. «Se Deus está por nós, quem pode estar contra nós?» (Rm 8, 31). A graça de Deus toca o hoje da vossa vida, «agarra-vos» assim como sois, com todos os vossos medos e limites, mas revela também os planos maravilhosos do Senhor! Vós, jovens, precisais de sentir que alguém tem verdadeiramente confiança em vós: sabei que o Papa confia em vós, que a Igreja confia em vós! E vós, confiai na Igreja!

À jovem Maria foi confiada uma tarefa importante, precisamente porque era jovem. Vós, jovens, tendes força, atravessais uma fase da vida em que certamente não faltam as energias. Usai essa força e essas energias para melhorar o mundo, começando pelas realidades mais próximas de vós. Desejo que, na Igreja, vos sejam confiadas responsabilidades importantes, que se tenha a coragem de vos deixar espaço; e vós, preparai-vos para assumir estas responsabilidades.

Convido-vos ainda a contemplar o amor de Maria: um amor solícito, dinâmico, concreto. Um amor cheio de audácia e todo projetado para o dom de Si mesma. Uma Igreja impregnada por estas qualidades marianas será sempre uma Igreja em saída, que ultrapassa os seus limites e confins para fazer transbordar a graça recebida. Se nos deixarmos contagiar pelo exemplo de Maria, viveremos concretamente aquela caridade que nos impele a amar a Deus acima de tudo e de nós mesmos, a amar as pessoas com quem partilhamos a vida diária. E amaremos inclusive quem nos poderia parecer, por si mesmo, pouco amável. É um amor que se torna serviço e dedicação, sobretudo pelos mais fracos e os mais pobres, que transforma os nossos rostos e nos enche de alegria.

Gostaria de concluir com as encantadoras palavras pronunciadas por São Bernardo numa famosa homilia sobre o mistério da Anunciação, palavras que manifestam a expetativa de toda a humanidade pela resposta de Maria: «Ouviste, ó Virgem, que conceberás e darás à luz um filho; ouviste que isso não será por obra de varão, mas por obra do Espírito Santo. O anjo aguarda a resposta; também nós, Senhora, esperamos a tua palavra de misericórdia. A tua breve resposta pode renovar-nos e restituir-nos à vida. Todo o mundo, prostrado a teus pés, espera a tua resposta. Dá depressa, ó Virgem, a tua resposta» (Hom. 4, 8-9: Opera omnia, Edit. Cisterc. 4 (1966), 53-54).

Queridos jovens, o Senhor, a Igreja, o mundo esperam também a vossa resposta à vocação única que cada um tem nesta vida! À medida que se aproxima a JMJ do Panamá, convido-vos a preparar-vos para este nosso encontro com a alegria e o entusiasmo de quem deseja fazer parte duma grande aventura. A JMJ é para os corajosos! Não para jovens que procuram apenas a comodidade, recuando à vista das dificuldades. Aceitais o desafio?

Vaticano, 11 de fevereiro de 2018,

VI Domingo do Tempo Comum,

Memória de Nossa Senhora de Lurdes

FRANCISCO

[00290-PO.01] [Texto original: Português]

Testo in lingua polacca

„Nie bój się, Maryjo, znalazłaś bowiem łaskę u Boga” (Łk 1, 30)

Drodzy młodzi,

Światowe Dni Młodzieży 2018 stanowią krok naprzód w przygotowaniu międzynarodowego spotkania, które odbędzie się w Panamie w styczniu 2019 roku. Ten nowy etap naszej pielgrzymki przypada na rok, w którym zwołane jest Zgromadzenie Zwyczajne Synodu Biskupów na temat: „Młodzież, wiara i rozeznanie powołania”. To dobry zbieg okoliczności. Uwaga, modlitwa i refleksja Kościoła będą skierowane na Was, ludzi młodych, z pragnieniem zrozumienia, a przede wszystkim przyjęcia drogocennego daru, jakim jesteście dla Boga, dla Kościoła i dla świata.

Jak już wiecie, postanowiliśmy, aby w tej drodze towarzyszył nam wzór i wstawiennictwo Maryi, młodej kobiety z Nazaretu, którą Bóg wybrał jako Matkę swego Syna. Idzie ona z nami ku Synodowi i Światowym Dniom Młodzieży w Panamie. Jeśli w ubiegłym roku prowadziły nas słowa Jej kantyku uwielbienia: „Wielkie rzeczy uczynił mi Wszechmocny” (Łk 1,49) - ucząc nas upamiętniać przeszłość – to w bieżącym roku staramy się słuchać wraz z Nią głosu Boga, który budzi odwagę i daje łaskę konieczną, aby odpowiedzieć na Jego wezwanie: „Nie bój się, Maryjo, znalazłaś bowiem łaskę u Boga” (Łk 1, 30). Są to słowa wypowiedziane przez posłańca Boga, archanioła Gabriela, do Maryi, prostej dziewczyny z małej wioski w Galilei.

1. Nie bój się!

To zrozumiałe, że nagłe pojawienie się anioła i jego tajemnicze pozdrowienie: „Bądź pozdrowiona pełna łaski, Pan z Tobą” (Łk 1,28), wywołały silny niepokój w Maryi, zaskoczonej tym pierwszym objawieniem jej tożsamości i powołania, do tej pory jej nieznanych. Maryja, podobnie jak inne postacie z Pisma Świętego, drży w obliczu tajemnicy powołania Boga, który w jednej chwili stawia ją przed ogromem swego planu i sprawia, że odczuwa ona całą swą małość skromnego stworzenia. Anioł, czytając w głębi jej serca, mówi do niej: „Nie bój się”! Bóg czyta również w naszych sercach. Dobrze zna wyzwania, jakim musimy stawić czoło w życiu, zwłaszcza, gdy stajemy w obliczu decyzji fundamentalnych, od których zależy, kim będziemy i co zrobimy na tym świecie. To „ciarki” jakie odczuwamy, gdy mamy do czynienia z decyzjami dotyczącymi naszej przyszłości, naszego stanu życia, naszego powołania. W takich chwilach jesteśmy wzburzeni i ogarnia nas wiele lęków.

A Wy, ludzie młodzi, jakie żywicie obawy? Co was najbardziej niepokoi w głębi serca? W wielu z was istnieją obawy „drugoplanowe”, że nie jesteście kochani, lubiani, nie akceptowani takimi, jakimi jesteście. Dziś jest wielu młodych, którzy mają poczucie, że muszą być inni od tego, czym są w rzeczywistości, próbując się dostosować do często sztucznych i nieosiągalnych standardów. Nieustannie dokonują retuszowania swoich wizerunków, chowając się za maskami i fałszywymi tożsamościami tak, że sami niemal stają się “fake’iem”. U wielu z nich mamy do czynienia z obsesją na tle otrzymywania jak największej liczby „polubień”. I z tego poczucia nieadekwatności rodzi się wiele obaw i niepewności. Inni lękają się, że nie znajdą bezpieczeństwa emocjonalnego i zostaną sami. W wielu, w obliczu niepewności związanej z pracą, wkracza lęk przed niemożnością znalezienia satysfakcjonującej afirmacji zawodowej, nie spełnienia swoich marzeń. Te obawy są dziś bardzo obecne w wielu młodych ludziach, zarówno wierzących, jak i niewierzących. Także ci, którzy przyjęli dar wiary i poważnie poszukują swojego powołania, nie są rzecz jasna wolni od strachu. Niektórzy myślą: może Bóg chce ode mnie, albo zażąda ode mnie za wiele. Może przemierzając drogę wskazaną mi przez Niego, nie będę naprawdę szczęśliwy, albo nie będę mógł sprostać temu, o co mnie prosi. Inni zadają sobie pytanie: czy podążam drogą wskazaną mi przez Boga, kto może mi zagwarantować, że będę mógł podążać nią do końca? Czy nie ulegnę zniechęceniu? Czy nie stracę entuzjazmu? Czy będę umiał wytrwać przez całe me życie?

W chwilach, kiedy wątpliwości i lęk tłoczy się w naszych sercach, konieczne staje się rozeznanie. Pozwala nam ono uporządkować zamęt w naszych myślach i uczuciach, aby działać w sposób właściwy i roztropny. Pierwszym krokiem w tym procesie prowadzącym do przezwyciężenia lęków jest ich wyraźne określenie, by nie okazało się, że marnujemy czas i energię, padając łupem nietrwałych upiorów pozbawionych oblicza. W tym celu zapraszam wszystkich, byście spojrzeli do swego wnętrza i nazwali wasze lęki po imieniu. Zadajcie sobie pytanie: co mnie martwi, czego boję się najbardziej dzisiaj, w konkretnej sytuacji, której doświadczam? Co mnie blokuje i nie pozwala mi iść naprzód? Dlaczego nie mam odwagi, by dokonać ważnych decyzji, które powinienem podjąć? Nie lękajcie się uczciwie spojrzeć na swoje lęki, uznać je takimi, jakimi są, i zmierzyć się z nimi. Biblia nie zaprzecza ludzkiemu uczuciu strachu ani wielu przyczynom, które mogą go powodować. Abraham się bał (por. Rdz 12, 10), Jakub się lękał (por. Rdz 31,31; 32,8), a również Mojżesz (por. Wj 2,14, 17,4), Piotr (Mt 26,69nn) i Apostołowie (Mk 4,38-40; Mt 26,56). Sam Jezus, chociaż na nieporównywalnym poziomie, także doświadczał lęku i udręki (Mt 26, 37; Łk 22, 44).

„Czemu tak bojaźliwi jesteście? Jakże wam brak wiary?” (Mk 4,40). Ta reprymenda Jezusa wobec uczniów pozwala nam zrozumieć, jak często przeszkodą dla wiary nie jest niewiara, ale bojaźń. Dlatego dzieło rozeznania, po zidentyfikowaniu naszych lęków, musi nam pomóc w ich przezwyciężeniu, otwierając nas na życie i ze spokojem stawiając czoło wyzwaniom, jakie nam ono przedstawia. W szczególności dla nas, chrześcijan, bojaźń nigdy nie może mieć ostatniego słowa, ale powinna stanowić okazję, aby dokonać aktu wiary w Boga... a także wiary w życie! Oznacza to uwierzenie w zasadniczą dobroć istnienia, które dał nam Bóg, zaufanie, że prowadzi On do dobrego celu przez często tajemnicze dla nas okoliczności i zmienne koleje losu. Jeśli zamiast tego podsycamy lęki, będziemy zmierzali do zamknięcia się w sobie, zabarykadowania się, by bronić się przed wszystkim i wszystkimi, pozostając jakby sparaliżowani. Musimy zareagować! Nigdy się nie zamykaj! W Piśmie Świętym znajdujemy 365 razy wyrażenie „nie lękajcie się”, ze wszystkimi jego odmianami. To jakby powiedzieć, że każdego dnia roku Pan chce, abyśmy byli wolni od bojaźni.

Rozeznanie staje się nieodzowne, w kontekście poszukiwania własnego powołania. Bowiem najczęściej nie jest ono natychmiast jasne czy zupełnie oczywiste, ale rozumiemy je stopniowo. Koniecznego do przeprowadzenia w tym przypadku rozeznania nie należy rozumieć jako indywidualnego wysiłku introspekcji, którego celem jest lepsze poznanie naszych mechanizmów wewnętrznych, aby się umocnić i osiągnąć pewną równowagę. Osoba może stać się wówczas silniejsza, ale pozostaje mimo to zamknięta w ograniczonej perspektywie swoich możliwości i poglądów. Natomiast powołanie jest wezwaniem Boga, a rozeznanie w tym przypadku polega przede wszystkim na otwarciu się na Innego, który wzywa. Jest zatem konieczna cisza modlitwy, aby wysłuchać głosu Boga, który rozbrzmiewa w sumieniu. Puka On do drzwi naszych serc, tak jak to uczynił z Maryją, pragnąc zawrzeć z nami przyjaźń w modlitwie, mówić do nas poprzez Pismo Święte, obdarzyć nas swoim miłosierdziem w Sakramencie Pojednania, aby stać się z nami jedno w Komunii Świętej.

Ale ważne jest również skonfrontowanie i dialog z innymi, naszymi braćmi i siostrami w wierze, którzy mają większe doświadczenie i pomagają nam widzieć lepiej i wybierać między różnymi opcjami. Młody Samuel, kiedy usłyszał głos Pana, nie rozpoznał go od razu i pobiegł trzykrotnie do Helego, starego kapłana, który w końcu podsunął mu właściwą odpowiedź, jaką należy dać na wezwanie Boga: „Gdyby jednak kto cię wołał, odpowiedz: Mów, Panie, bo sługa Twój słucha” (1 Sm 3, 9). W waszych wątpliwościach wiedzcie, że możecie liczyć na Kościół. Wiem, że są świetni kapłani, osoby konsekrowane, wierni świeccy, wielu z nich młodych, którzy ze swej strony mogą wam towarzyszyć jako starsi bracia i siostry w wierze. Ożywiani przez Ducha Świętego, będą umieli wam pomóc w rozwikłaniu waszych wątpliwości i odczytaniu planu waszego osobistego powołania. „Inny” to nie tylko przewodnik duchowy, ale także ten, który pomaga nam otworzyć się na wszystkie nieskończone bogactwa egzystencji, jakimi obdarzył nas Bóg. Trzeba otwierać przestrzenie w naszych miastach i wspólnotach, aby wzrastać, marzyć, patrzeć na nowe perspektywy! Nigdy nie traćcie smaku radowania się ze spotkania, z przyjaźni, smaku wspólnego marzenia, pielgrzymowania z innymi. Prawdziwi chrześcijanie nie boją się otwierać na innych, dzielić się przestrzeniami życiowymi, przekształcając je w przestrzenie braterstwa. Drodzy młodzi, nie pozwalajcie, aby przebłyski młodości gasły w mroku zamkniętego pokoju, w którym jedynym oknem na świat jest komputer i smartfon. Otwórzcie na oścież drzwi waszego życia! Niech wasze przestrzenie i wasz czas będą zapełnione konkretnymi ludźmi, głębokimi relacjami, w których możecie dzielić się autentycznymi i realnymi doświadczeniami w waszym codziennym życiu.

2. Maryja!

„Wezwałem cię po imieniu” (Iz 43, 1). Pierwszym powodem, aby się nie lękać jest właśnie fakt, że Bóg wzywa nas po imieniu. Anioł, posłaniec Boga, zwrócił się do Maryi po imieniu. Nadawanie imion jest właściwe Bogu. W dziele stworzenia powołuje On do istnienia każde stworzenie jego imieniem. Za imieniem kryje się pewna tożsamość, która jest wyjątkowa we wszystkim, w każdym człowieku, w tej intymnej istocie, którą do końca zna tylko Bóg. Ta boska prerogatywa została następnie współdzielona z człowiekiem, któremu Bóg zezwolił na nadawanie imion zwierzętom, ptakom, a nawet swoim dzieciom (Rdz 2, 19-21; 4.1). Wiele kultur podziela tę głęboką wizję biblijną uznając w imieniu objawienie najgłębszej tajemnicy życia, znaczenia danej egzystencji.

Bóg wzywając kogoś po imieniu jednocześnie objawia mu jego powołanie, swój plan świętości i dobra, poprzez który osoba ta stanie się darem dla innych i który uczyni ją wyjątkową. I także wówczas, kiedy Pan zechce poszerzyć horyzonty danego życia, postanawia nadać powołanej osobie nowe imię, tak jak to czyni w przypadku Szymona, nazywając go „Piotrem”. Stąd wziął się zwyczaj przyjmowania nowego imienia, kiedy wstępujemy do zakonu, wskazującego na nową tożsamość i nową misję. Boże powołanie, będąc osobistym i niepowtarzalnym, wymaga od nas odwagi, by uwolnić się od ujednolicających schematów myślowych, tak aby nasze życie mogło być rzeczywiście oryginalnym i niepowtarzalnym darem dla Boga, dla Kościoła i dla innych.

Drodzy młodzi, bycie powołanym po imieniu to zatem znak naszej wielkiej godności w oczach Boga, Jego upodobania względem nas. I Bóg wzywa każdego z was po imieniu. Wy jesteście owym „ty” Boga, cennymi w Jego oczach, godnymi szacunku i umiłowanymi (por. Iz 43, 4). Przyjmujcie z radością ten dialog, jaki proponuje wam Bóg, to wezwanie, jakie kieruje On do was, powołując po imieniu.

3. Znalazłaś łaskę u Boga

Głównym powodem, dla którego Maryja nie powinna się lękać, jest to, że znalazła łaskę u Boga. Słowo „łaska” mówi nam o miłości bezinteresownej, nienależnej. Jak bardzo dodaje nam otuchy świadomość, że nie musimy sobie zasłużyć na bliskość i pomoc Boga, przedstawiając wcześniej „program doskonałości”, pełen zasług i sukcesów! Anioł mówi do Maryi, że już znalazła łaskę u Boga, a nie, że ją otrzyma w przyszłości. A samo sformułowanie słów anioła pozwala nam zrozumieć, że boska łaska jest nieustanna, nie jest czymś przemijającym czy chwilowym i dlatego nigdy jej nie zabraknie. Również w przyszłości zawsze będzie nas wspierała łaska Boża, przede wszystkim w chwilach próby i ciemności.

Nieustanna obecność Bożej łaski zachęca nas do ufnego przyjęcia naszego powołania, co wymaga dążenia do wierności, które trzeba ponawiać każdego dnia. Droga powołania nie jest bowiem pozbawiona krzyży: są nimi nie tylko początkowe wątpliwości, ale także częste pokusy napotykane po drodze. Poczucie nieadekwatności towarzyszy uczniowi Chrystusa aż do końca, ale ten uczeń wie, że jest wspomagany łaską Boga.

Słowa anioła zstępują na ludzkie lęki, rozpraszając je mocą przynoszonej przez nie dobrej nowiny: nasze życie nie jest czystym przypadkiem i jedynie walką o przetrwanie, ale każdy z nas stanowi historię umiłowaną przez Boga. Znalezienie „łaski w Jego oczach” oznacza, że Stwórca dostrzega wyjątkowe piękno naszej istoty i ma wspaniały plan dla naszego życia. Ta świadomość nie rozwiązuje oczywiście wszystkich problemów, ani nie usuwa niepewności życia, ale ma moc jego dogłębnego przemieniania. Nieznane, które przyniesie nam przyszłość, nie jest mroczną groźbą, którą musimy przetrwać, ale czasem sprzyjającym, danym nam by żyć wyjątkowością naszego osobistego powołania i dzielić je z naszymi braćmi i siostrami w Kościele i w świecie.

4. Odwaga w teraźniejszości

Z pewności, że łaska Boża jest z nami, wypływa siła posiadania odwagi w chwili obecnej: odwagi realizowania tego, czego Bóg chce od nas tu i teraz, w każdej dziedzinie naszego życia. Odwagi, by przyjąć powołanie, które ukazuje nam Bóg; odwagi, by żyć naszą wiarą, nie ukrywając jej ani nie pomniejszając.

Tak, bo kiedy otwieramy się na łaskę Bożą, to, co niemożliwe staje się rzeczywistością. „Jeżeli Bóg z nami, któż przeciwko nam?” (Rz 8,31). Łaska Boża dotyka owego „dzisiaj” waszego życia, „porywa” was takimi, jakimi jesteście, ze wszystkimi waszymi lękami i ograniczeniami, ale objawia także wspaniałe plany Boga! Wy, młodzi potrzebujecie poczucia, że ktoś naprawdę w was wierzy: wiedzcie, że Papież wam ufa; że Kościół wam ufa! A wy, ufajcie Kościołowi!

Młodej Maryi powierzono ważne zadanie właśnie dlatego, że była młoda. Wy, ludzie młodzi, macie siłę, przechodzicie przez etap życia, w którym z pewnością nie brakuje energii. Używacie tej siły i energii, aby ulepszyć świat, zaczynając od tego, co najbliżej was. Pragnę, aby w Kościele powierzono wam ważne obowiązki, aby była odwaga pozostawiania wam przestrzeni; a Was proszę: przygotujcie się, aby te obowiązki przyjąć.

Zachęcam was do ponownej kontemplacji miłości Maryi: miłości troskliwej, dynamicznej, konkretnej. Miłości pełnej śmiałości i całkowicie nakierowanej na dar z siebie. Kościół przeniknięty tymi cechami maryjnymi będzie zawsze Kościołem wychodzącym, który wykracza poza swoje ograniczenia i granice, aby sprawić, że otrzymana łaska będzie przeobfita. Jeśli damy się zauroczyć przykładem Maryi, to będziemy konkretnie żyli miłością, która nas pobudza do miłowania Boga ponad wszystko i ponad samych siebie, aby kochać ludzi, z którymi dzielimy nasze codzienne życie. Będziemy też miłowali tych, którzy mogą się nam wydawać niezbyt mili. To jest miłość, która staje się służbą i poświęceniem, szczególnie wobec najsłabszych i najuboższych, która przemienia nasze oblicza i napełnia nas radością.

Chciałbym zakończyć pięknymi słowami świętego Bernarda ze słynnej homilii o tajemnicy Zwiastowania, słowami, które wyrażają oczekiwanie całej ludzkości na odpowiedź Maryi: „Usłyszałaś, Dziewico, że poczniesz i porodzisz Syna; usłyszałaś, że stanie się to nie za sprawą człowieka, ale z Ducha Świętego. Wyczekuje anioł na odpowiedź... Oczekujemy i my, o Pani, na słowo zmiłowania… Dzięki Twemu słowu mamy zostać odnowieni i przywróceni życiu… Tego wyczekuje cały świat, do stóp Twoich się ścielący” (Kazanie 4, 8-9; Liturgia Godzin, tom I, wydanie II Pallottinum 2006, s. 318).

Drodzy młodzi, Pan Jezus, Kościół, świat, oczekują także na waszą odpowiedź na wyjątkowe powołanie, jakie otrzymuje każdy w tym życiu! Kiedy zbliża się ŚDM w Panamie, zachęcam Was do przygotowania się na to nasze spotkanie z radością i entuzjazmem ludzi, którzy chcą wziąć udział w wielkiej przygodzie. ŚDM jest dla odważnych! Nie dla młodych, którzy szukają jedynie wygody i którzy wycofują się przed trudnościami. Czy przyjmujecie wyzwanie?

Watykan, 11 lutego,

VI niedziela okresu zwykłego,

Wspomnienie Matki Bożej z Lourdes

FRANCISZEK

[00290-PL.01] [Testo originale: Polacco]

Testo in lingua araba

رسالة قداسة البابا

بمناسبة اليوم العالمي للشباب

الأحد 25 مارس/آذار 2018

"لا تخافي يا مَريَم، فقد نِلتِ حُظوَةً عِندَ الله" (لو 1، 30)

أيّها الشباب الأعزّاء،

يمثّل اليوم العالميّ للشباب لسنة 2018 خطوة نحو الأمام في مسيرة التحضير لليوم العالميّ الذي سوف يُحتفل به دوليًّا في باناما في شهر يناير/كانون الثاني 2019. وتأتي هذه الخطوة الجديدة في مسيرة حجّنا خلال السنة التي تُطلَقُ فيها الدعوةُ إلى عقد الجمعيّة العادية لسينودس الأساقفة حول الموضوع: الشباب، الإيمان وتمييز الدعوات. إنها لصدفة جيّدة. إن انتباه الكنيسة وصلاتها وتفكيرها سيتركز حولكم أيها الشباب، وهي تتشوّق لجني، وقبل كلّ شيء، "لقبول" الهبة الثمينة التي هي أنتم بالنسبة لله وللكنيسة وللعالم.

لقد اخترنا، كما تعلمون، أن يرافقنا في هذه المسيرة مثال وشفاعة مريم، فتاة الناصرة، التي اختارها الله أمًّا لابنه. إنها تسير معنا نحو السينودس، ونحو اليوم العالميّ للشبيبة في باناما. فإن كانت كلماتُ نشيد تسبيحها –"القَديرَ صَنَعَ إِليَّ أُمورًا عَظيمة" (لو 1، 49)- قد أرشدتنا العام الماضي وعلّمتنا كيف نتذكّر الماضي، فسنحاول هذه السنة أن نصغي معها إلى صوت الله الذي يُعطي الشجاعةَ والنعمةَ اللازمة للإجابة على دعوته: "لا تخافي يا مَريَم، فقد نِلتِ حُظوَةً عِندَ الله" (لو 1، 30). إنها الكلمات التي وجّهها مُرسل الله، الملاك جبرائيل، إلى مريم، الصبيّة البسيطة من بلدة صغيرة في الجليل.

1. لا تخافي!

إن ظهور الملاك المفاجئ وسلامه الغامض: "إفَرحي، أَيَّتُها الـمُمتَلِئَةُ نِعْمَةً، الرَّبُّ مَعَكِ" (لو 1، 28)، كما يمكننا أن نفهم، قد سبّب اضطرابًا قويًّا عند مريم، التي تفاجأت من هذا الكشف الأوّل عن هويّتها وعن دعوتها، المجهولتين عندها حتى تلك اللحظة. ترتجف مريم، على غرار شخصيّات أخرى من الكتب المقدّسة، أمام دعوة الله، الذي يضعها في وقت معيّن أمام عظمة تدبيره، ويجعلها تشعر بكلّ صغرها كخليقة وديعة. فيقول لها الملاك، بعد أن قرأ عمق قلبها: "لا تخافي"! الله يقرأ أيضًا في أعماقنا. ويعلم كلّ التحدّيات التي علينا أن نواجهها في حياتنا، ولا سيّما عندما نواجه خيارات أساسيّة يتعلّق بها ما سوف نكون، وما سوف نصنع في هذا العالم. إنها "الرهبة" التي نشعر بها أمام القرارات التي تتعلّق بمستقبلنا، وبحالتنا الاجتماعية، وبدعوتنا. فنحن نضطرب في تلك الأوقات، وتعترينا الكثير من المخاوف.

وأنتم أيها الشباب ما هي مخاوفكم؟ ما الأمر الذي يشغلكم أعماقكم أكثر؟ إحدى المخاوف الموجودة "في الخلفيّة"، عند الكثيرين منكم، هي الخوف من ألّا تكونوا محبوبين، ومرغوبين، الخوف من ألّا تكونوا مقبولين لما أنتم عليه. كثيرون هم اليوم الشباب الذين يشعرون أنّ عليهم أن يكونوا مختلفين عمّا هم في الواقع، محاولةً منهم للتماشي مع معاييرٍ غالبًا ما تكون مُصطَنعة ولا يمكن بلوغها. ينقّحون باستمرار صوَرَهم الشخصيّة، مُختبئين وراء أقنعةٍ وهويّات مزيّفة، حتى يكادوا أن يكونوا هم أنفسهم "زائفين". ولدى الكثيرين الهوس في الحصول على أكبر عدد من "الإعجاب". وينبع من هذا الاحساس بالنقص، والكثيرُ من المخاوف وعدم اليقين. يخاف آخرون من عدم إيجاد استقرار عاطفيّ ومن البقاء وحيدين. ويسيطر الخوفُ على كثيرين، إزاء هشاشة العمل، والفشل في القيام بإنجاز مهنيّ مُرضي، ومن عدم رؤية أحلامهم تتحقّق. إن هذه المخاوف هي موجودة اليوم بكثرة لدى الشباب، سواء كانوا مؤمنين أم غير مؤمنين. فأولئك الذين قَبِلوا عطيّة الإيمان هم أيضًا يبحثون بجدّية عن دعوتهم الخاصة، وليسوا معفيّين من المخاوف. البعض يفكّر: ربّما يطلب الربّ منّي أو سوف يطلب منّي، الكثير؛ ربّما، إذ مشيت على الدرب التي يريني إياها، لن أكون حقّا سعيدًا، أو لن أكون على مستوى ما يطلبه منّي. ويتسأل آخرون: إذا اتّبعت الطريق التي يريني الله إياها، من يضمن لي أنّني سوف أنجح في اتباعها حتى النهاية؟ هل سأفقد الشجاعة؟ هل سأفقد الحماس؟ هل سأستطيع المثابرة طوال حياتي؟

في الوقت الذي تتزاحم فيه الشكوك والمخاوف في قلبنا، يصبح التمييز أمرًا ضروريّا، لأنه يسمح لنا بأن ننظّم أفكارنا ومشاعرنا المرتبكة، كي نتصرّف بشكل معتدل ورزين. إن أوّل خطوة لتخطّي المخاوف، في هذه المسيرة، هي تحديد هذه المخاوف بوضوح كي لا نهدر الوقت والطاقة، فريسة لأشباحٍ لا وجه لها وغير ملموسة. لذا فإنّي أدعوكم جميعًا إلى النظر في أعماقكم وإلى "تسمية" مخاوفكم. اسألوا أنفسكم: في الوضع الحالي الذي أعيشه اليوم، ما الذي يزعجني، وماذا أخشى أكثر؟ ما الذي يعيقني ويمنعني من التقدّم؟ لماذا لا أملك الشجاعة للقيام بالخيارات المهمّة التي يجب أن أقوم بها؟ لا تخافوا من أن تنظروا بصدق إلى مخاوفكم، وأن تعترفوا بها كما هي، وأن تواجهوها. الكتبُ المقدّسة لا تنكر الشعور البشريّ بالخوف ولا الأسباب العديدة التي بإمكانها أن تولّدها. أبرامُ قد خاف (را. تك 12، 10)، يعقوبُ خاف (را. تك 31، 31؛ 32، 8)، وموسى أيضًا خاف (را. خر 2، 14؛ 17، 4)، وبطرس (را. متى 26، 69) والرسل (را. مر 4، 38- 40؛ متى 26، 56). يسوع نفسه، وإن كان بشكل بسيط، شعر بالخوف والضيق (را. متى 26، 37؛ لو 22، 44).

"ما لَكم خائفينَ هذا الخَوف؟ أَإِلى الآنَ لا إِيمانَ لَكم؟" (مر 4، 40). تذكير يسوع هذا للتلاميذ جاء ليُفهِمنا كم أن العائق أمام الإيمان، غالبًا ما لا يكون عدم الإيمان، إنما الخوف. يجب أن يساعدنا عمل التمييز، في هذا النحو، بعد أن نكون قد حدّدنا مخاوفنا، على تخطّيها بانفتاحنا على الحياة وبمواجهتنا الجدّية للتحدّيات التي تولّدها. بالنسبة إلينا نحن المسيحيّين، بالأخصّ، لا يجب أبدًا أن تكون الكلمة الحاسمة هي للخوف، إنما فرصة لإظهار إيماننا بالله... وبالحياة أيضًا! هذا يعني أن نؤمن بالصلاح الأساسيّ للحياة التي وهبنا الله إياها، وأن نثق أنّ الله يقود إلى نهاية جيّدة حتى عبر ظروف ومصاعب غالبًا ما تكون غامضة بالنسبة إلينا. أمّا إن كنّا نغذّي المخاوف، فسنميل إلى الانغلاق على أنفسنا، وإلى خلق الحواجز للدفاع عن أنفسنا من كلّ شيء ومن الجميع، فنبقى كمن هو مشلول. علينا أن نتفاعل! لا أن ننغلق أبدًا! نجد في الكتب المقدّسة ثلاث مئة وخمس وستين مرّة عبارة "لا تخف"، بجميع مشتقاتها. كأنّنا نقول إنّ الربّ، كلّ يوم من أيام السنة، يريدنا متحرّرين من الخوف.

ويصبح التمييز ضروريًا عندما تكون المسألة هي مسألة البحث عن الدعوة الشخصيّة. في الواقع، غالبًا ما تكون الدعوة غير واضحة على الفور أو غير واضحة تمامًا، إنما نفهمها شيئا فشيئا. لذا لا يجب فهم التمييز، الذي يجب القيام به في هذه الحالة، على أنه جهد فرديّ من المراجعة الذاتيّة، حيث الهدف هو معرفة أفضل آليّاتنا الداخليّة كي نتقوّى ونبلغ توازن معيّن. في هذه الحالة، يقدر الشخص أن يصبح أقوى، ولكنه يبقى منغلقا داخل أُفق إمكانيّاته وآرائه المحدود. أما الدعوة فهي دعوة من العلى، ومن ثمَّ فالتمييز يقتضي، في هذه الحالة، الانفتاح خاصةً على الذي يدعو. وبالتالي فمن الضروري ممارسة صمت الصلاةِ للإصغاء لصوت الله الذي يتردّد صداه في الضمير. إنه يدقّ على باب قلوبنا، كما صنع مع مريم، وهو يرغب بأن يخلق صداقة معنا عبر الصلاة، وأن يكلّمنا من خلال الكتب المقدّسة، وأن يَهبنا رحمته في سرّ المصالحة، وأن يتّحد بنا في الشركة الافخارستية.

غير أن من المهمّ أيضًا المواجهة والحوار مع الآخرين، إخوتنا وأخواتنا في الإيمان، الذين يملكون الخبرة ويساعدوننا كي نرى بطريقة أوضح، وكي ننتقي من بين الخيارات المختلفة. عندما سمع الصبيّ صموئيل صوتَ الربّ، لم يتعرّف عليه فورًا، وركض إلى إيليّا، الكاهن الشيخ الذي اقترح عليه في النهاية الإجابةَ الصحيحةَ التي يجب إعطاءها لدعوة الربّ: "إِن دَعاكَ أَيضًا، فقُلْ: تَكلَمْ، يا رَبّ، فإِنَّ عَبدَكَ يَسمعَ" (1 صم 3، 9). في شكوكِكم، اعلموا أنه بإمكانكم الاعتماد على الكنيسة. أعرف أن هناك كهنة، ومكرّسون ومكرّسات، ومؤمنون علمانيّون، جيّدون، وكثير منهم هم أيضًا شبّان، باستطاعتهم كإخوة وأخوات أكبر في الإيمان أن يرافقونكم؛ فهم يعرفون، إذ يحرّكهم الروح القدس، كيف يساعدونكم على اكتشاف شكوكِكم وعلى قراءة تدبير دعوتكم الشخصيّة. إن "الآخر" ليس فقط المرشد الروحي، إنما أيضًا من يساعدنا على الانفتاح على كلّ الغنى اللامتناهي، غنى الحياة التي وهبنا إياها الله. من الضروري أن نَفتَح فسحات في مدننا وجماعاتنا كي ننمو ونحلم وننظر إلى آفاق جديدة! لا يجب أن نفقد أبدًا طعم التمتّع باللقاء، وبالصداقة، طعم أن نحلم معًا، أن نسير مع الآخرين. لا يخاف المسيحيّون الحقيقيّون من الانفتاح على الآخرين، ومن مشاركة الآخرين بأماكن عيشهم الخاصة محوّلين إياها إلى فسحات أخوّة. لا تسمحوا، أيّها الشباب الأعزاء، لِوَمضات الشباب بأن تنطفئ في عتمة غرفة مغلقة، طاقتها الوحيدة لرؤية العالم هي نافذة الكمبيوتر والهاتف الذكي. افتحوا أبواب حياتكم على مصراعيها! لتكن فسحاتكم وأوقاتكم عامرة بأشخاص ملموسة، وبعلاقات عميقة، يمكن مشاركتهم بخبرات أصيلة وحقيقيّة من حياتكم اليوميّة.

2. مريم!

"لقد دعوتُك باسمِك" (أش 43، 1). أوّل سبب لعدم الخوف هو بالتحديد أن الله يدعونا بأسمائنا. الملاك، مُرسل الله، دعا مريم باسمها. التسمية هي ميزة الله. في عمل الخلق، لقد دعا الله إلى الوجود كلَّ خليقة باسمها. وراء الاسم هناك هويّة، ما هو فريد في كلّ شيء، في كلّ شخص، ذاك الجوهر الحميميّ الذي وحده الله يعرفه بأكمله. لقد شارك الله فيما بعد الانسان بهذا الامتياز الالهي، وسمح له بأن يُطلق الأسماء على الحيوانات، والطيور، وأيضًا على أبنائه (تك 2، 19- 21؛ 4، 1). الكثير من الثقافات تشاطر هذه الرؤية الكتابيّة العميقة فترى في الاسم الكشف عن السرّ الأعمق للحياة، وعن معناها.

إن الله عندما يدعو شخصًا باسمه، فهو يكشف له في الوقت عينه عن دعوته، وعن تدبير القداسة والخير، الذي من خلاله سيصبح هذا الشخص عطيّة للآخرين، والذي سيجعله فريدًا. وأيضًا عندما يريد الربّ أن يوسّع آفاق شخص ما، فإنه يختار أن يعطي للشخص المدعوّ اسمًا جديدًا، كما صنع مع سمعان، فسمّاه "بطرس". ومن هنا جاءت عادة حمل اسم جديد عند دخول الدير، ليشير إلى هويّة جديدة ورسالة جديدة. الدعوة الإلهيّة، لكونها شخصيّة وفريدة، فهي تتطلّب منّا شجاعة التحرّر من وطأة التماثل النمطيّة، كيما تصبح حياتنا حقّا عطيّة فريدة لا تتكرّر، لله وللكنيسة وللآخرين.

أيّها الشباب الأعزاء، أن نكون مدعوّين باسمنا هو بالتالي علامة لكرامتنا العظيمة بأعين الله، ولمحبّته الكبيرة لنا. فالله يدعو كلّ منكم باسمه. إنكم "أنتَ" الله، ثمينون في عينيه، وجديرون بالتقدير ومحبوبون (را. أش 43، 4). فاقبلوا بفرح هذا الحوار الذي يقترحه الله عليكم، هذه الدعوة التي وجّهها إليكم داعيًا إيّاكم بأسمائكم.

3. لقد نِلتِ حُظوَةً عِندَ الله

إن الأمر الرئيسيّ الذي بسببه لا يجب أن تخاف مريم، هو أنها نالت نعمة من عند الله. الكلمة "نعمة" تحدّثنا عن محبّة مجّانية، لا مُستحقّة. وكم هو مُشجِّع أن ندرك أنه ليس مُتَوَجّبا علينا استحقاق قرب الله ومعونته عبر تقديم "سيرة امتياز" مسبقة، مملوءة بالجدارة والنجاح! يقول الملاك لمريم إنها قد نالت حظوة عند الله، لا أنها سوف تنالها في المستقبل. وصيغة كلام الملاك نفسها تُفهمنا أن النعمة الإلهيّة هي استمراريّة، وليست أمرًا عابرًا أو مؤقّتًا، ولذا فهي لن تنقص أبدًا. إن نعمة الله سوف تساندنا في المستقبل أيضًا، لا سيّما في أوقات المحن والظلام.

تشجّعنا حضور النعمة الإلهيّة المستمرّة على المعانقة بثقة لدعوتنا التي تتطلّب التزامًا بالأمانة، التزامًا يجب تجديده يوميّا. فلا يخلو درب الدعوة من الصلبان: ليس فقط الشكوك في بادئ الأمر، إنما أيضًا التجارب المتكرّرة التي نواجهها طيلة الدرب. فقد رافق الشعور بعدم الملاءمة تلميذ المسيح حتى النهاية، لكنّه يعلم أن نعمة الله تعاونه.

تنزل كلماتُ الملاك على المخاوف البشريّة فتحلُّها بقوّة البشارة التي تحملها: إن حياتنا ليست صدفة أو مجرّد كفاح للعيش، إنّما كلّ واحد منّا هو قصّة محبة من قِبلِ الله. أن نكون "قد نلنا نعمة من عندِ الله" يعني أن الخالق يرى جمالًا فريدًا في كياننا ولديه تدبير رائع لحياتنا. إن إدراك هذا، لا يحلّ كلّ المشاكل بالطبع أو لا يزيل الشكوك في الحياة، إنما له القدرة على تغييرها في العمق. فالمجهول الذي يخبّئه لنا الغد، ليس بتهديدٍ معتم علينا أن ننجو منه، بل وقت مناسب يُعطى لنا كي نحيا دعوتنا الشخصيّة الفريدة ونشارك بها إخوتنا وأخواتنا في الكنيسة وفي العالم.

4. الشجاعة في الحاضر

تنحدر من الثقة بأن نعمة الله هي معنا، القوّة للتحلّي بالشجاعة في الحاضر: شجاعة القيام بما يطلبه الله منّا، هنا والآن، في كلّ مجال من حياتنا؛ شجاعة معانقة الدعوة التي يرينا الله إياها؛ شجاعة أن نحيا إيمانًا دون إخفائه أو تقليصه.

أجل، عندما ننفتح على نعمة الله، يصبح المستحيل حقيقة. "إِذا كانَ اللّهُ معَنا، فمَن يَكونُ علَينا؟" (روم 8، 31). إن نعمة الله تلمس حياتكم اليوم، "تأخذكم" هكذا كما أنتم، مع كلّ مخاوفكم ومحدوديّاتكم، لكنها تكشف أيضًا تدابير الله الرائعة! إنكم، أيها الشباب، بحاجة إلى الشعور بأن أحد يثق بكم حقّا: تعلمون أنّ البابا يثق بكم، أن الكنيسة تثق بكم! وأنتم، ثقوا بالكنيسة!

لقد عُهِدَ إلى مريم الشابّة بعملٍ مهمّ لأنها بالتحديد كانت شابّة. وأنتم أيّها الشباب لديكم القوّة، وتعبرون إحدى مراحل الحياة التي لا تنقص فيها الطاقة بالتأكيد. استخدموا هذه القوّة وهذه الطاقة من أجل تحسين العالم، بدءًا من الواقع الأقرب إليكم. أرغب بأن يُعهد إليكم في الكنيسة مسؤوليّات مهمّة، وبأن تتوفر فيها شجاعة إفساح المجال لكم؛ وأنتم، تحضّروا لحمل هذه المسؤوليّات.

أدعوكم للتأمّل مجدّدًا بمحبّة مريم: محبّة متنبّهة، وديناميكيّة، وملموسة. محبّة مملوءة بالجرأة وتتوق بأكملها نحو هبة الذات. إن كنيسة تسودها هذه المزايا المريميّة فهي كنيسة دومًا "في انطلاق"، تتخطّى محدوديّاتها وحدودها كي تجعل النعمة التي نالتها تفيض. إن سمحنا لمَثَل مريم أن يَعدينا، فسوف نحيا بطريقة ملموسة تلك المحبّة التي تدفعنا إلى أن نحبّ الله قبل كلّ شيء وقبل أنفسنا، وأن نحبّ الأشخاص الذين نشاركهم الحياة اليوميّة. وسوف نحبّ أيضًا مَن قد يبدو لنا من الصعب محبّته. إنها محبّة تصير خدمة وتفاني -لا سيّما تجاه الأضعف والأفقر- وتغيّر وجوهنا وتغمرنا فرحًا.

أودّ أن أنهي كلمتي بكلمات القدّيس برناردو الجميلة في إحدى عظاته المشهورة حول سرّ البشارة، وهي كلمات تعبّر عن انتظار البشريّة جمعاء لإجابة مريم: "لقد سمعتِ يا عذراء بأنّك سوف تحبلين وتلدين ابنًا؛ لقد سمعتِ أن ذلك لن يحدث بتدخّل رجل، إنما بفعل الروح القدس. الملاك ينتظر الإجابة؛ ونحن أيضًا أيتها السيّدة ننتظر كلمة شفقة. لأنّه بإجابتك المختصرة، علينا أن نتجدّد ونعود إلى الحياة. العالم بأسره ينتظر، ساجد عند ركبتيك. يا عذراء، أعطِ إجابتك بسرعة" (عظة 4، 8- 9؛ مجموعة الأعمال، طبعة السيسترسيان 4، 1966، 53- 54).

أيّها الشباب الأعزّاء، إن الربّ والكنيسة والعالم ينتظرون أيضًا إجابتكم على الدعوة الفريدة الخاصّة بكلّ واحدٍ منكم في هذه الحياة! وفيما يقترب اليوم العالميّ للشباب في باناما، أدعوكم إلى أن تتحضّروا لموعدنا هذا بفرحِ وبحماسِ مَن يريد المشاركة بمغامرةٍ كبيرة. اليوم العالمي للشباب هو للشجعان! وليس لشباب يبحثون فقط عن الراحة ويتراجعون أمام المصاعب. أتقبلون التحدّي؟

من الفاتيكان، 11 فبراير / شباط 2018

الأحد الخامس من الزمن الاعتيادي

ذكرى الطوباويّة مريم سيّدة لورد

[00290-AR.01] [Testo originale: Arabo]

[B0142-XX.02]