Pubblichiamo di seguito il testo del Messaggio del Santo Padre Francesco per la 51.ma Giornata Mondiale della Pace, che si celebra il 1° gennaio 2018 sul tema: Migranti e rifugiati: uomini e donne in cerca di pace:
Messaggio del Santo Padre
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Traduzione in lingua spagnola
Traduzione in lingua portoghese
Traduzione in lingua polacca
Messaggio del Santo Padre
Migranti e rifugiati: uomini e donne in cerca di pace
1. Augurio di pace
Pace a tutte le persone e a tutte le nazioni della terra! La pace, che gli angeli annunciano ai pastori nella notte di Natale,1 è un’aspirazione profonda di tutte le persone e di tutti i popoli, soprattutto di quanti più duramente ne patiscono la mancanza. Tra questi, che porto nei miei pensieri e nella mia preghiera, voglio ancora una volta ricordare gli oltre 250 milioni di migranti nel mondo, dei quali 22 milioni e mezzo sono rifugiati. Questi ultimi, come affermò il mio amato predecessore Benedetto XVI, «sono uomini e donne, bambini, giovani e anziani che cercano un luogo dove vivere in pace».2 Per trovarlo, molti di loro sono disposti a rischiare la vita in un viaggio che in gran parte dei casi è lungo e pericoloso, a subire fatiche e sofferenze, ad affrontare reticolati e muri innalzati per tenerli lontani dalla meta.
Con spirito di misericordia, abbracciamo tutti coloro che fuggono dalla guerra e dalla fame o che sono costretti a lasciare le loro terre a causa di discriminazioni, persecuzioni, povertà e degrado ambientale.
Siamo consapevoli che aprire i nostri cuori alla sofferenza altrui non basta. Ci sarà molto da fare prima che i nostri fratelli e le nostre sorelle possano tornare a vivere in pace in una casa sicura. Accogliere l’altro richiede un impegno concreto, una catena di aiuti e di benevolenza, un’attenzione vigilante e comprensiva, la gestione responsabile di nuove situazioni complesse che, a volte, si aggiungono ad altri e numerosi problemi già esistenti, nonché delle risorse che sono sempre limitate. Praticando la virtù della prudenza, i governanti sapranno accogliere, promuovere, proteggere e integrare, stabilendo misure pratiche, «nei limiti consentiti dal bene comune rettamente inteso, [per] permettere quell’inserimento».3 Essi hanno una precisa responsabilità verso le proprie comunità, delle quali devono assicurarne i giusti diritti e lo sviluppo armonico, per non essere come il costruttore stolto che fece male i calcoli e non riuscì a completare la torre che aveva cominciato a edificare.4
2. Perché così tanti rifugiati e migranti?
In vista del Grande Giubileo per i 2000 anni dall’annuncio di pace degli angeli a Betlemme, San Giovanni Paolo II annoverò il crescente numero di profughi tra le conseguenze di «una interminabile e orrenda sequela di guerre, di conflitti, di genocidi, di “pulizie etniche”»,5 che avevano segnato il XX secolo. Quello nuovo non ha finora registrato una vera svolta: i conflitti armati e le altre forme di violenza organizzata continuano a provocare spostamenti di popolazione all’interno dei confini nazionali e oltre.
Ma le persone migrano anche per altre ragioni, prima fra tutte il «desiderio di una vita migliore, unito molte volte alla ricerca di lasciarsi alle spalle la “disperazione” di un futuro impossibile da costruire».6 Si parte per ricongiungersi alla propria famiglia, per trovare opportunità di lavoro o di istruzione: chi non può godere di questi diritti, non vive in pace. Inoltre, come ho sottolineato nell’Enciclica Laudato si’, «è tragico l’aumento dei migranti che fuggono la miseria aggravata dal degrado ambientale».7
La maggioranza migra seguendo un percorso regolare, mentre alcuni prendono altre strade, soprattutto a causa della disperazione, quando la patria non offre loro sicurezza né opportunità, e ogni via legale pare impraticabile, bloccata o troppo lenta.
In molti Paesi di destinazione si è largamente diffusa una retorica che enfatizza i rischi per la sicurezza nazionale o l’onere dell’accoglienza dei nuovi arrivati, disprezzando così la dignità umana che si deve riconoscere a tutti, in quanto figli e figlie di Dio. Quanti fomentano la paura nei confronti dei migranti, magari a fini politici, anziché costruire la pace, seminano violenza, discriminazione razziale e xenofobia, che sono fonte di grande preoccupazione per tutti coloro che hanno a cuore la tutela di ogni essere umano.8
Tutti gli elementi di cui dispone la comunità internazionale indicano che le migrazioni globali continueranno a segnare il nostro futuro. Alcuni le considerano una minaccia. Io, invece, vi invito a guardarle con uno sguardo carico di fiducia, come opportunità per costruire un futuro di pace.
3. Con sguardo contemplativo
La sapienza della fede nutre questo sguardo, capace di accorgersi che tutti facciamo «parte di una sola famiglia, migranti e popolazioni locali che li accolgono, e tutti hanno lo stesso diritto ad usufruire dei beni della terra, la cui destinazione è universale, come insegna la dottrina sociale della Chiesa. Qui trovano fondamento la solidarietà e la condivisione».9 Queste parole ci ripropongono l’immagine della nuova Gerusalemme. Il libro del profeta Isaia (cap. 60) e poi quello dell’Apocalisse (cap. 21) la descrivono come una città con le porte sempre aperte, per lasciare entrare genti di ogni nazione, che la ammirano e la colmano di ricchezze. La pace è il sovrano che la guida e la giustizia il principio che governa la convivenza al suo interno.
Abbiamo bisogno di rivolgere anche sulla città in cui viviamo questo sguardo contemplativo, «ossia uno sguardo di fede che scopra quel Dio che abita nelle sue case, nelle sue strade, nelle sue piazze [...] promuovendo la solidarietà, la fraternità, il desiderio di bene, di verità, di giustizia»,10 in altre parole realizzando la promessa della pace.
Osservando i migranti e i rifugiati, questo sguardo saprà scoprire che essi non arrivano a mani vuote: portano un carico di coraggio, capacità, energie e aspirazioni, oltre ai tesori delle loro culture native, e in questo modo arricchiscono la vita delle nazioni che li accolgono. Saprà scorgere anche la creatività, la tenacia e lo spirito di sacrificio di innumerevoli persone, famiglie e comunità che in tutte le parti del mondo aprono la porta e il cuore a migranti e rifugiati, anche dove le risorse non sono abbondanti.
Questo sguardo contemplativo, infine, saprà guidare il discernimento dei responsabili della cosa pubblica, così da spingere le politiche di accoglienza fino al massimo dei «limiti consentiti dal bene comune rettamente inteso»,11 considerando cioè le esigenze di tutti i membri dell’unica famiglia umana e il bene di ciascuno di essi.
Chi è animato da questo sguardo sarà in grado di riconoscere i germogli di pace che già stanno spuntando e si prenderà cura della loro crescita. Trasformerà così in cantieri di pace le nostre città, spesso divise e polarizzate da conflitti che riguardano proprio la presenza di migranti e rifugiati.
4. Quattro pietre miliari per l’azione
Offrire a richiedenti asilo, rifugiati, migranti e vittime di tratta una possibilità di trovare quella pace che stanno cercando, richiede una strategia che combini quattro azioni: accogliere, proteggere, promuovere e integrare.12
“Accogliere” richiama l’esigenza di ampliare le possibilità di ingresso legale, di non respingere profughi e migranti verso luoghi dove li aspettano persecuzioni e violenze, e di bilanciare la preoccupazione per la sicurezza nazionale con la tutela dei diritti umani fondamentali. La Scrittura ci ricorda: «Non dimenticate l’ospitalità; alcuni, praticandola, hanno accolto degli angeli senza saperlo».13
“Proteggere” ricorda il dovere di riconoscere e tutelare l’inviolabile dignità di coloro che fuggono da un pericolo reale in cerca di asilo e sicurezza, di impedire il loro sfruttamento. Penso in particolare alle donne e ai bambini che si trovano in situazioni in cui sono più esposti ai rischi e agli abusi che arrivano fino a renderli schiavi. Dio non discrimina: «Il Signore protegge lo straniero, egli sostiene l’orfano e la vedova».14
“Promuovere” rimanda al sostegno allo sviluppo umano integrale di migranti e rifugiati. Tra i molti strumenti che possono aiutare in questo compito, desidero sottolineare l’importanza di assicurare ai bambini e ai giovani l’accesso a tutti i livelli di istruzione: in questo modo essi non solo potranno coltivare e mettere a frutto le proprie capacità, ma saranno anche maggiormente in grado di andare incontro agli altri, coltivando uno spirito di dialogo anziché di chiusura o di scontro. La Bibbia insegna che Dio «ama lo straniero e gli dà pane e vestito»; perciò esorta: «Amate dunque lo straniero, poiché anche voi foste stranieri nel paese d’Egitto».15
“Integrare”, infine, significa permettere a rifugiati e migranti di partecipare pienamente alla vita della società che li accoglie, in una dinamica di arricchimento reciproco e di feconda collaborazione nella promozione dello sviluppo umano integrale delle comunità locali. Come scrive San Paolo: «Così dunque voi non siete più stranieri né ospiti, ma siete concittadini dei santi e familiari di Dio».16
5. Una proposta per due Patti internazionali
Auspico di cuore che sia questo spirito ad animare il processo che lungo il 2018 condurrà alla definizione e all’approvazione da parte delle Nazioni Unite di due patti globali, uno per migrazioni sicure, ordinate e regolari, l’altro riguardo ai rifugiati. In quanto accordi condivisi a livello globale, questi patti rappresenteranno un quadro di riferimento per proposte politiche e misure pratiche. Per questo è importante che siano ispirati da compassione, lungimiranza e coraggio, in modo da cogliere ogni occasione per far avanzare la costruzione della pace: solo così il necessario realismo della politica internazionale non diventerà una resa al cinismo e alla globalizzazione dell’indifferenza.
Il dialogo e il coordinamento, in effetti, costituiscono una necessità e un dovere proprio della comunità internazionale. Al di fuori dei confini nazionali, è possibile anche che Paesi meno ricchi possano accogliere un numero maggiore di rifugiati, o accoglierli meglio, se la cooperazione internazionale assicura loro la disponibilità dei fondi necessari.
La Sezione Migranti e Rifugiati del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale ha suggerito 20 punti di azione17 quali piste concrete per l’attuazione di questi quattro verbi nelle politiche pubbliche, oltre che nell’atteggiamento e nell’azione delle comunità cristiane. Questi ed altri contributi intendono esprimere l’interesse della Chiesa cattolica al processo che porterà all’adozione dei suddetti patti globali delle Nazioni Unite. Tale interesse conferma una più generale sollecitudine pastorale nata con la Chiesa e continuata in molteplici sue opere fino ai nostri giorni.
6. Per la nostra casa comune
Ci ispirano le parole di San Giovanni Paolo II: «Se il “sogno” di un mondo in pace è condiviso da tanti, se si valorizza l’apporto dei migranti e dei rifugiati, l’umanità può divenire sempre più famiglia di tutti e la nostra terra una reale “casa comune”».18 Molti nella storia hanno creduto in questo “sogno” e quanto hanno compiuto testimonia che non si tratta di una utopia irrealizzabile.
Tra costoro va annoverata Santa Francesca Saverio Cabrini, di cui ricorre nel 2017 il centenario della nascita al cielo. Oggi, 13 novembre, molte comunità ecclesiali celebrano la sua memoria. Questa piccola grande donna, che consacrò la propria vita al servizio dei migranti, diventandone poi la celeste patrona, ci ha insegnato come possiamo accogliere, proteggere, promuovere e integrare questi nostri fratelli e sorelle. Per la sua intercessione il Signore conceda a noi tutti di sperimentare che «un frutto di giustizia viene seminato nella pace per coloro che fanno opera di pace».19
Dal Vaticano, 13 novembre 2017
Memoria di Santa Francesca Saverio Cabrini, Patrona dei migranti
FRANCESCO
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1 Luca 2,14.
2 Angelus, 15 gennaio 2012.
3 Giovanni XXIII, Lett. enc. Pacem in terris, 57.
4 Cfr Luca 14, 28-30.
5 Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 2000, 3.
6 Benedetto XVI, Messaggio per la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato 2013.
7 N. 25.
8 Cfr Discorso ai Direttori nazionali della pastorale per i migranti partecipanti all’Incontro promosso dal Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa (CCEE), 22.09.2017.
9 Benedetto XVI, Messaggio per la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato 2011.
10 Esort. ap. Evangelii gaudium, 71.
11 Giovanni XXIII, Lett. enc. Pacem in terris, 57.
12 Messaggio per la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato 2018, 15 agosto 2017.
13 Ebrei 13,2.
14 Salmo 146,9.
15 Deuteronomio 10,18-19.
16 Efesini 2,19.
17 “20 Punti di Azione Pastorale” e “20 Punti di Azione per i Patti Globali” (2017); vedi anche Documento ONU A/72/528.
18 Messaggio per la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato 2004, 6.
19 Giacomo 3,18.
[01780-IT.01] [Testo originale: Italiano]
Traduzione in lingua francese
Les migrants et les réfugiés: des hommes et des femmes en quête de paix
1. Meilleurs vœux de paix
Que la paix soit sur toutes les personnes et toutes les nations de la terre ! Cette paix, que les anges annoncent aux bergers la nuit de Noël,1 est une aspiration profonde de tout le monde et de tous les peuples, surtout de ceux qui souffrent le plus de son absence. Parmi ceux-ci, que je porte dans mes pensées et dans ma prière, je veux une fois encore rappeler les plus de 250 millions de migrants dans le monde, dont 22 millions et demi sont des réfugiés. Ces derniers, comme l’a affirmé mon bien-aimé prédécesseur Benoît XVI, «sont des hommes et des femmes, des enfants, des jeunes et des personnes âgées qui cherchent un endroit où vivre en paix ».2 Pour le trouver, beaucoup d’entre eux sont disposés à risquer leur vie au long d’un voyage qui, dans la plupart des cas, est aussi long que périlleux; ils sont disposés à subir la fatigue et les souffrances, à affronter des clôtures de barbelés et des murs dressés pour les tenir loin de leur destination.
Avec un esprit miséricordieux, nous étreignons tous ceux qui fuient la guerre et la faim ou qui sont contraints de quitter leurs terres à cause des discriminations, des persécutions, de la pauvreté et de la dégradation environnementale.
Nous sommes conscients qu’ouvrir nos cœurs à la souffrance des autres ne suffit pas. Il y aura beaucoup à faire avant que nos frères et nos sœurs puissent recommencer à vivre en paix dans une maison sûre. Accueillir l’autre exige un engagement concret, une chaîne d’entraide et de bienveillance, une attention vigilante et compréhensive, la gestion responsable de nouvelles situations complexes qui, parfois, s’ajoutent aux autres problèmes innombrables déjà existants, ainsi que des ressources qui sont toujours limitées. En pratiquant la vertu de prudence, les gouvernants sauront accueillir, promouvoir, protéger et intégrer, en établissant des dispositions pratiques, « dans la mesure compatible avec le bien réel de leur peuple, …[pour] s’intégrer ».3 Ils ont une responsabilité précise envers leurs communautés, dont ils doivent assurer les justes droits et le développement harmonieux, pour ne pas être comme le constructeur imprévoyant qui fit mal ses calculs et ne parvint pas à achever la tour qu’il avait commencé à bâtir.4
2. Pourquoi tant de réfugiés et de migrants ?
En vue du Grand Jubilé pour les 2000 ans depuis l’annonce de paix des anges à Bethléem, saint Jean-Paul II interpréta le nombre croissant des réfugiés comme une des conséquences d’« une interminable et horrible succession de guerres, de conflits, de génocides, de “ purifications ethniques ”»,5 qui avaient marqué le XXème siècle. Le nouveau siècle n’a pas encore connu de véritable tournant: les conflits armés et les autres formes de violence organisée continuent de provoquer des déplacements de population à l’intérieur des frontières nationales et au-delà de celles-ci.
Mais les personnes migrent aussi pour d’autres raisons, avant tout par «désir d’une vie meilleure, en essayant très souvent de laisser derrière eux le “ désespoir ” d’un futur impossible à construire ».6 Certains partent pour rejoindre leur famille, pour trouver des possibilités de travail ou d’instruction : ceux qui ne peuvent pas jouir de ces droits ne vivent pas en paix. En outre, comme je l’ai souligné dans l’Encyclique Laudato si’, « l’augmentation du nombre de migrants fuyant la misère, accrue par la dégradation environnementale, est tragique ».7
La majorité migre en suivant un parcours régulier, tandis que d’autres empruntent d’autres voies, surtout à cause du désespoir, quand leur patrie ne leur fournit pas de sécurité ni d’opportunités et que toute voie légale semble impraticable, bloquée ou trop lente.
Dans de nombreux pays de destination, une rhétorique s’est largement diffusée en mettant en exergue les risques encourus pour la sécurité nationale ou le poids financier de l’accueil des nouveaux arrivants, méprisant ainsi la dignité humaine qui doit être reconnue pour tous, en tant que fils et filles de Dieu. Ceux qui fomentent la peur des migrants, parfois à des fins politiques, au lieu de construire la paix sèment la violence, la discrimination raciale et la xénophobie, sources de grande préoccupation pour tous ceux qui ont à cœur la protection de chaque être humain.8
Tous les éléments dont dispose la communauté internationale indiquent que les migrations globales continueront à caractériser notre avenir. Certains les considèrent comme une menace. Moi, au contraire, je vous invite à les regarder avec un regard rempli de confiance, comme une occasion de construire un avenir de paix.
3. Avec un regard contemplatif
La sagesse de la foi nourrit ce regard, capable de prendre conscience que nous appartenons tous « à une unique famille, migrants et populations locales qui les accueillent, et tous ont le même droit de bénéficier des biens de la terre, dont la destination est universelle, comme l’enseigne la doctrine sociale de l’Église. C’est ici que trouvent leur fondement la solidarité et le partage ».9 Ces mots nous renvoient à l’image de la Jérusalem nouvelle. Le livre du prophète Isaïe (ch. 60) et celui de l’Apocalypse (ch. 21) la décrivent comme une cité dont les portes sont toujours ouvertes, afin de laisser entrer les gens de toute nation, qui l’admirent et la comblent de richesses. La paix est le souverain qui la guide et la justice le principe qui gouverne la coexistence de tous en son sein.
Il nous faut également porter ce regard contemplatif sur la ville où nous vivons, «c’est-à-dire un regard de foi qui découvre ce Dieu qui habite dans ses maisons, dans ses rues, sur ses places [... en promouvant] la solidarité, la fraternité, le désir du bien, de vérité, de justice»10; en d’autres termes, en réalisant la promesse de la paix.
En observant les migrants et les réfugiés, ce regard saura découvrir qu’ils n’arrivent pas les mains vides: ils apportent avec eux un élan de courage, leurs capacités, leurs énergies et leurs aspirations, sans compter les trésors de leurs cultures d’origine. De la sorte, ils enrichissent la vie des nations qui les accueillent. Ce regard saura aussi découvrir la créativité, la ténacité et l’esprit de sacrifice d’innombrables personnes, familles et communautés qui, dans tous les coins du monde, ouvrent leur porte et leur cœur à des migrants et à des réfugiés, même là où les ressources sont loin d’être abondantes.
Enfin, ce regard contemplatif saura guider le discernement des responsables du bien public, afin de pousser les politiques d’accueil jusqu’au maximum « de la mesure compatible avec le bien réel de leur peuple »,11 c’est-à-dire en considérant les exigences de tous les membres de l’unique famille humaine et le bien de chacun d’eux.
Ceux qui sont animés par ce regard seront capables de reconnaître les germes de paix qui pointent déjà et ils prendront soin de leur croissance. Ils transformeront ainsi en chantiers de paix nos villes souvent divisées et polarisées par des conflits qui ont précisément trait à la présence de migrants et de réfugiés.
4. Quatre pierres angulaires pour l’action
Offrir à des demandeurs d’asile, à des réfugiés, à des migrants et à des victimes de la traite d’êtres humains une possibilité de trouver cette paix qu’ils recherchent, exige une stratégie qui conjugue quatre actions: accueillir, protéger, promouvoir et intégrer.12
«Accueillir» rappelle l’exigence d’étendre les possibilités d’entrée légale, de ne pas repousser des réfugiés et des migrants vers des lieux où les attendent persécutions et violences, et d’équilibrer le souci de la sécurité nationale par la protection des droits humains fondamentaux. L’Écriture nous rappelle ceci : « N’oubliez pas l’hospitalité: elle a permis à certains, sans le savoir, de recevoir chez eux des anges ».13
«Protéger» rappelle le devoir de reconnaître et de garantir l’inviolable dignité de ceux qui fuient un danger réel en quête d’asile et de sécurité, et d’empêcher leur exploitation. Je pense, en particulier, aux femmes et aux enfants qui se trouvent dans des situations où ils sont plus exposés aux risques et aux abus qui vont jusqu’à faire d’eux des esclaves. Dieu ne fait pas de discriminatio: « Le Seigneur protège l’étranger, il soutient la veuve et l’orphelin ».14
«Promouvoir» renvoie au soutien apporté au développement humain intégral des migrants t des réfugiés. Parmi les nombreux instruments qui peuvent aider dans cette tâche, je désire souligner l’importance d’assurer aux enfants et aux jeunes l’accès à tous les niveaux d’instruction : de cette façon, ils pourront non seulement cultiver et faire fructifier leurs capacités, mais ils seront aussi davantage en mesure d’aller à la rencontre des autres, en cultivant un esprit de dialogue plutôt que de fermeture et d’affrontement. La Bible nous enseigne que Dieu « aime l’étranger et lui donne nourriture et vêtement » ; par conséquent, elle exhorte ainsi : « Aimez donc l’étranger, car au pays d’Égypte vous étiez des étrangers ».15
«Intégrer», enfin, signifie permettre aux réfugiés et aux migrants de participer pleinement à la vie de la société qui les accueille, en une dynamique d’enrichissement réciproque et de collaboration féconde dans la promotion du développement humain intégral des communautés locales. Comme l’écrit saint Paul : « Ainsi donc, vous n’êtes plus des étrangers ni des gens de passage, vous êtes concitoyens des saints, vous êtes membres de la famille de Dieu ».16
5. Une proposition pour deux Pactes internationaux
Je souhaite de tout cœur que cet esprit anime le processus qui, tout au long de l’année 2018, conduira à la définition et l’approbation par les Nations-Unies de deux pactes mondiaux: l’un, pour des migrations sûres, ordonnées et régulières, et l’autre concernant les réfugiés. En tant qu’accords adoptés au niveau mondial, ces pactes constitueront un cadre de référence pour avancer des propositions politiques et mettre en œuvre des mesures pratiques. Voilà pourquoi il est important qu’ils soient inspirés par la compassion, la prévoyance et le courage, de façon à saisir toute occasion de faire progresser la construction de la paix : c’est la condition pour que le réalisme nécessaire de la politique internationale ne devienne pas une soumission au cynisme et à la mondialisation de l’indifférence.
Le dialogue et la coordination constituent, en effet, une nécessité et un devoir spécifiques de la communauté internationale. Au-delà des frontières nationales, il est également possible que des pays moins riches puissent accueillir un plus grand nombre de réfugiés ou de mieux les accueillir, si la coopération internationale leur assure la disponibilité des fonds nécessaires.
La Section Migrants et Réfugiés du Dicastère pour le Service du Développement Humain Intégral a suggéré 20 points d’action17 pouvant servir de pistes concrètes pour l’application de ces quatre verbes dans les politiques publiques, ainsi que pour le comportement et l’action des communautés chrétiennes. Ces contributions, comme d’autres, entendent exprimer l’intérêt de l’Église catholique envers le processus qui conduira à l’adoption de ces pactes mondiaux des Nations Unies. Cet intérêt confirme une sollicitude pastorale plus générale, qui est née avec l’Église et se poursuit à travers ses multiples œuvres jusqu’à nos jours.
6. Pour notre maison commune
Les paroles de Saint Jean-Paul II nous inspirent : « Si le “rêve” d'un monde en paix est partagé par de nombreuses personnes, si l'on valorise la contribution des migrants et des réfugiés, l'humanité peut devenir toujours plus la famille de tous et notre Terre une véritable “maison commune ”».18 Dans l’histoire, beaucoup ont cru en ce «rêve» et ceux qui l’ont vécu témoignent qu’il ne s’agit pas d’une utopie irréalisable.
Parmi eux, il faut mentionner sainte Françoise-Xavière Cabrini, dont nous fêtons en cette année 2017 le centenaire de sa naissance au ciel. Aujourd’hui, 13 novembre, de nombreuses communautés ecclésiales célèbrent sa mémoire. Cette grande petite femme, qui consacra sa vie au service des migrants, devenant ensuite leur patronne céleste, nous a enseigné comment nous pouvons accueillir, protéger, promouvoir et intégrer nos frères et sœurs. Par son intercession, que le Seigneur nous accorde à tous de faire l’expérience que « c’est dans la paix qu’est semé la justice, qui donne son fruit aux artisans de la paix ».19
Du Vatican, le 13 novembre 2017
En la fête de sainte Françoise-Xavière Cabrini, Patronne des migrants
FRANÇOIS
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1 Luc 2,14.
2 Benoît XVI, Angélus, 15 janvier 2012.
3 Jean XXIII, Lett. enc. Pacem in terris, n. 106.
4 Cf. Luc 14, 28-30.
5 Jean-Paul II, Message pour la Journée mondiale de la Paix 2000, n. 3.
6 Benoît XVI, Message pour la Journée mondiale du Migrant et du Réfugié 2013.
7 N. 25.
8 Cf. Discours aux Directeurs nationaux de la pastorale des migrants participant à la Rencontre organisée par le Conseil des Conférences Épiscopales d’Europe (CCEE), 22 septembre 2017.
9 Benoît XVI, Message pour la Journée mondiale du Migrant et du Réfugié 2011.
10 Exhort. ap. Evangelii gaudium, n. 71.
11 Jean XXIII, Lett. enc. Pacem in terris, n. 106.
12 Message pour la Journée mondiale du Migrant et du Réfugié 2018, 15 août 2017.
13 Hébreux 13, 2.
14 Psaume 146, 9.
15 Deutéronome 10, 18-19.
16 Ephésiens 2, 19.
17 20 Points d’action pastorale et 20 Points d’action pour les Pactes mondiaux (2017); voir aussi Document ONU A/72/528.
18 Jean-Paul II, Message pour la Journée mondiale du Migrant et du Réfugié 2004, n. 6.
19 Jacques 3, 18.
[01780-FR.01] [Texte original: Italien]
Traduzione in lingua inglese
Migrants and refugees: men and women in search of peace
1. Heartfelt good wishes for peace
Peace to all people and to all nations on earth! Peace, which the angels proclaimed to the shepherds on Christmas night,1 is a profound aspiration for everyone, for each individual and all peoples, and especially for those who most keenly suffer its absence. Among these whom I constantly keep in my thoughts and prayers, I would once again mention the over 250 million migrants worldwide, of whom 22.5 million are refugees. Pope Benedict XVI, my beloved predecessor, spoke of them as “men and women, children, young and elderly people, who are searching for somewhere to live in peace.”2 In order to find that peace, they are willing to risk their lives on a journey that is often long and perilous, to endure hardships and suffering, and to encounter fences and walls built to keep them far from their goal.
In a spirit of compassion, let us embrace all those fleeing from war and hunger, or forced by discrimination, persecution, poverty and environmental degradation to leave their homelands.
We know that it is not enough to open our hearts to the suffering of others. Much more remains to be done before our brothers and sisters can once again live peacefully in a safe home. Welcoming others requires concrete commitment, a network of assistance and goodwill, vigilant and sympathetic attention, the responsible management of new and complex situations that at times compound numerous existing problems, to say nothing of resources, which are always limited. By practising the virtue of prudence, government leaders should take practical measures to welcome, promote, protect, integrate and, “within the limits allowed by a correct understanding of the common good, to permit [them] to become part of a new society.”3 Leaders have a clear responsibility towards their own communities, whose legitimate rights and harmonious development they must ensure, lest they become like the rash builder who miscalculated and failed to complete the tower he had begun to construct.4
2. Why so many refugees and migrants?
As he looked to the Great Jubilee marking the passage of two thousand years since the proclamation of peace by the angels in Bethlehem, Saint John Paul II pointed to the increased numbers of displaced persons as one of the consequences of the “endless and horrifying sequence of wars, conflicts, genocides and ethnic cleansings”5 that had characterized the twentieth century. To this date, the new century has registered no real breakthrough: armed conflicts and other forms of organized violence continue to trigger the movement of peoples within national borders and beyond.
Yet people migrate for other reasons as well, principally because they “desire a better life, and not infrequently try to leave behind the ‘hopelessness’ of an unpromising future.”6 They set out to join their families or to seek professional or educational opportunities, for those who cannot enjoy these rights do not live in peace. Furthermore, as I noted in the Encyclical Laudato Si’, there has been “a tragic rise in the number of migrants seeking to flee from the growing poverty caused by environmental degradation”.7
Most people migrate through regular channels. Some, however, take different routes, mainly out of desperation, when their own countries offer neither safety nor opportunity, and every legal pathway appears impractical, blocked or too slow.
Many destination countries have seen the spread of rhetoric decrying the risks posed to national security or the high cost of welcoming new arrivals, and thus demeaning the human dignity due to all as sons and daughters of God. Those who, for what may be political reasons, foment fear of migrants instead of building peace are sowing violence, racial discrimination and xenophobia, which are matters of great concern for all those concerned for the safety of every human being.8
All indicators available to the international community suggest that global migration will continue for the future. Some consider this a threat. For my part, I ask you to view it with confidence as an opportunity to build peace.
3. With a contemplative gaze
The wisdom of faith fosters a contemplative gaze that recognizes that all of us “belong to one family, migrants and the local populations that welcome them, and all have the same right to enjoy the goods of the earth, whose destination is universal, as the social doctrine of the Church teaches. It is here that solidarity and sharing are founded.”9 These words evoke the biblical image of the new Jerusalem. The book of the prophet Isaiah (chapter 60) and that of Revelation (chapter 21) describe the city with its gates always open to people of every nation, who marvel at it and fill it with riches. Peace is the sovereign that guides it and justice the principle that governs coexistence within it.
We must also turn this contemplative gaze to the cities where we live, “a gaze of faith which sees God dwelling in their houses, in their streets and squares, […] fostering solidarity, fraternity, and the desire for goodness, truth and justice”10 – in other words, fulfilling the promise of peace.
When we turn that gaze to migrants and refugees, we discover that they do not arrive empty-handed. They bring their courage, skills, energy and aspirations, as well as the treasures of their own cultures; and in this way, they enrich the lives of the nations that receive them. We also come to see the creativity, tenacity and spirit of sacrifice of the countless individuals, families and communities around the world who open their doors and hearts to migrants and refugees, even where resources are scarce.
A contemplative gaze should also guide the discernment of those responsible for the public good, and encourage them to pursue policies of welcome, “within the limits allowed by a correct understanding of the common good”11 – bearing in mind, that is, the needs of all members of the human family and the welfare of each.
Those who see things in this way will be able to recognize the seeds of peace that are already sprouting and nurture their growth. Our cities, often divided and polarized by conflicts regarding the presence of migrants and refugees, will thus turn into workshops of peace.
4. Four mileposts for action
Offering asylum seekers, refugees, migrants and victims of human trafficking an opportunity to find the peace they seek requires a strategy combining four actions: welcoming, protecting, promoting and integrating.12
“Welcoming” calls for expanding legal pathways for entry and no longer pushing migrants and displaced people towards countries where they face persecution and violence. It also demands balancing our concerns about national security with concern for fundamental human rights. Scripture reminds us: “Do not forget to show hospitality to strangers, for by so doing some people have shown hospitality to angels without knowing it.”13
“Protecting” has to do with our duty to recognize and defend the inviolable dignity of those who flee real dangers in search of asylum and security, and to prevent their being exploited. I think in particular of women and children who find themselves in situations that expose them to risks and abuses that can even amount to enslavement. God does not discriminate: “The Lord watches over the foreigner and sustains the orphan and the widow.”14
“Promoting” entails supporting the integral human development of migrants and refugees. Among many possible means of doing so, I would stress the importance of ensuring access to all levels of education for children and young people. This will enable them not only to cultivate and realize their potential, but also better equip them to encounter others and to foster a spirit of dialogue rather than rejection or confrontation. The Bible teaches that God “loves the foreigner residing among you, giving them food and clothing. And you are to love those who are foreigners, for you yourselves were foreigners in Egypt.”15
“Integrating”, lastly, means allowing refugees and migrants to participate fully in the life of the society that welcomes them, as part of a process of mutual enrichment and fruitful cooperation in service of the integral human development of the local community. Saint Paul expresses it in these words: “You are no longer foreigners and strangers, but fellow citizens with God’s people.”16
5. A proposal for two international compacts
It is my heartfelt hope this spirit will guide the process that in the course of 2018 will lead the United Nations to draft and approve two Global Compacts, one for safe, orderly and regular migration and the other for refugees. As shared agreements at a global level, these compacts will provide a framework for policy proposals and practical measures. For this reason, they need to be inspired by compassion, foresight and courage, so as to take advantage of every opportunity to advance the peace-building process. Only in this way can the realism required of international politics avoid surrendering to cynicism and to the globalization of indifference.
Dialogue and coordination are a necessity and a specific duty for the international community. Beyond national borders, higher numbers of refugees may be welcomed – or better welcomed – also by less wealthy countries, if international cooperation guarantees them the necessary funding.
The Migrants and Refugees Section of the Dicastery for Promoting Integral Human Development has published a set of twenty action points that provide concrete leads for implementing these four verbs in public policy and in the attitudes and activities of Christian communities.17 The aim of this and other contributions is to express the interest of the Catholic Church in the process leading to the adoption of the two U.N. Global Compacts. This interest is the sign of a more general pastoral concern that goes back to very origins of Church and has continued in her many works up to the present time.
6. For our common home
Let us draw inspiration from the words of Saint John Paul II: “If the ‘dream’ of a peaceful world is shared by all, if the refugees’ and migrants’ contribution is properly evaluated, then humanity can become more and more a universal family and our earth a true ‘common home’.”18 Throughout history, many have believed in this “dream”, and their achievements are a testament to the fact that it is no mere utopia.
Among these, we remember Saint Frances Xavier Cabrini in this year that marks the hundredth anniversary of her death. On this thirteenth day of November, many ecclesial communities celebrate her memory. This remarkable woman, who devoted her life to the service of migrants and became their patron saint, taught us to welcome, protect, promote and integrate our brothers and sisters. Through her intercession, may the Lord enable all of us to experience that “a harvest of righteousness is sown in peace by those who make peace.”19
From the Vatican, 13 November 2017
Memorial of Saint Frances Xavier Cabrini, Patroness of Migrants
FRANCIS
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1 Luke 2:14.
2 Angelus, 15 January 2012.
3 JOHN XXIII, Encyclical Letter Pacem in Terris, 106.
4 Luke 14:28-30.
5 Message for the 2000 World Day of Peace, 3.
6 BENEDICT XVI, Message for the 2013 World Day of Migrants and Refugees.
7 No. 25.
8 Cf. Address to the National Directors of Pastoral Care for Migrants of the Catholic Bishops’ Conferences of Europe, 22 September 2017.
9 BENEDICT XVI, Message for the 2011 World Day of Migrants and Refugees.
10 Apostolic Exhortation Evangelii Gaudium, 71.
11 JOHN XXIII, Encyclical Letter Pacem in Terris, 106.
12 Message for the 2018 World Day of Migrants and Refugees.
13 Hebrews 13:2.
14 Psalm 146:9.
15 Deuteronomy 10:18-19.
16 Ephesians 2:19.
17 “Twenty Pastoral Action Points” and “Twenty Action Points for the Global Compacts”, Migrants and Refugees Section, Rome, 2017.
18 Message for the World Day of Migrants and Refugees 2004, 6.
19 James 3:18.
[01780-EN.01] [Original text: Italian]
Traduzione in lingua tedesca
Migranten und Flüchtlinge: Menschen auf der Suche nach Frieden
1. Friedenswunsch
Friede allen Menschen und allen Ländern der Erde! Der Friede, den die Engel den Hirten in der Heiligen Nacht verkünden,1 ist eine tiefe Sehnsucht aller Menschen und Völker, vor allem derer, die am stärksten darunter leiden, wenn er fehlt. Unter ihnen, die ich in meinen Gedanken trage und in mein Gebet einschließe, möchte ich einmal mehr an die über 250 Millionen Migranten in der Welt erinnern, von denen 22,5 Millionen Flüchtlinge sind. Bei diesen handelt es sich, wie schon mein geschätzter Vorgänger Benedikt XVI. sagte, um »Männer und Frauen, Kinder, junge und alte Menschen, die einen Ort suchen, an dem sie in Frieden leben können«2. Um ihn zu finden, sind viele von ihnen bereit, auf einer meist langen und gefährlichen Reise ihr Leben zu riskieren, Mühe und Leid zu ertragen, Zäune und Mauern zu überwinden, die errichtet wurden, um sie von ihrem Ziel fernzuhalten.
Im Geist der Barmherzigkeit umarmen wir all diejenigen, die vor Krieg und Hunger fliehen oder die aufgrund von Diskriminierung, Verfolgung, Armut und Umweltzerstörung gezwungen sind, ihr Land zu verlassen.
Wir sind uns bewusst, dass es nicht genügt, unsere Herzen dem Leid anderer zu öffnen. Es muss noch viel getan werden, bevor unsere Brüder und Schwestern wieder in Frieden in einem sicheren Zuhause leben können. Die Aufnahme des Anderen erfordert konkretes Engagement, eine Kette von Unterstützung und Wohlwollen, eine wache und verständnisvolle Aufmerksamkeit. Ebenso verlangt sie einen verantwortlichen Umgang mit neuen komplexen Situationen, die manchmal zu den zahlreichen bereits bestehenden Problemen hinzukommen, und mit den Ressourcen, die stets begrenzt sind. Wenn die Regierenden mit Besonnenheit vorgehen, sind sie imstande, praktische Maßnahmen zu ergreifen, um aufzunehmen, zu fördern, zu schützen und zu integrieren, und auf diese Weise, »soweit es das wahre Wohl ihrer Gemeinschaft zulässt, dem Vorhaben derer entgegenzukommen, die sich einer neuen Gemeinschaft anschließen wollen«3. Sie haben eine klare Verantwortung gegenüber der Bevölkerung in ihren Ländern, deren ordentliche Rechte und harmonische Entwicklung sie gewährleisten müssen, damit sie nicht wie der törichte Bauherr erscheinen, der falsche Berechnungen angestellt hat und nicht in der Lage war, den Turm fertigzustellen, dessen Bau er begonnen hatte.4
2. Warum so viele Flüchtlinge und Migranten?
Im Hinblick auf die Feier des Großen Jubiläums der 2000 Jahre, seit die Engel in Bethlehem den Frieden verkündeten, erinnerte der heilige Johannes Paul II. an die wachsende Zahl von Flüchtlingen als Konsequenz einer »endlosen und schrecklichen Folge von Kriegen, Konflikten, Völkermorden und „ethnischer Säuberungen“«5, die das 20. Jahrhundert gekennzeichnet haben. Das neue Jahrhundert hat bisher noch keine wirkliche Wende gebracht: Die bewaffneten Konflikte und die anderen Formen organisierter Gewalt verursachen weiterhin Bevölkerungswanderungen innerhalb der nationalen Grenzen und über sie hinaus.
Aber die Menschen wandern auch aus anderen Gründen aus. Dazu gehört zunächst einmal der »Wunsch nach einem besseren Leben, oft auch vereint mit dem Versuch, die „Verzweiflung“ darüber hinter sich zu lassen, dass es ihnen verwehrt ist, sich eine Zukunft aufzubauen«6. Man bricht auf, um sich wieder mit seiner Familie zu vereinen, um Arbeits- und Ausbildungsmöglichkeiten zu finden. Wer diese Rechte nicht besitzt, lebt nicht in Frieden. »Tragisch ist« darüber hinaus, wie ich bereits in der Enzyklika Laudato si’ betont habe, »die Zunahme der Migranten, die vor dem Elend flüchten, das durch die Umweltzerstörung immer schlimmer wird«7.
Die Mehrheit wandert auf regulärem Weg aus, während manche andere Wege verfolgen, vor allem aus Verzweiflung, wenn das Heimatland ihnen weder Sicherheit noch Zukunftsaussichten bietet und jeder legale Weg unbegehbar, versperrt oder zu langsam erscheint.
In vielen Zielländern hat sich eine Rhetorik weit verbreitet, die mit Nachdruck die Risiken für die nationale Sicherheit oder die Belastung durch die Aufnahme der neu Ankommenden betont. Dabei wird jedoch die menschliche Würde missachtet, die jedem zuerkannt werden muss, weil alle Menschen Kinder Gottes sind. Alle, die – vielleicht zu politischen Zwecken – Angst gegenüber Migranten schüren, säen Gewalt, Rassismus und Fremdenfeindlichkeit, anstatt den Frieden aufzubauen. Dies gibt allen, denen der Schutz eines jeden Menschen am Herzen liegt, Anlass zu großer Sorge.8
Alle Erkenntnisse, über die die internationale Gemeinschaft verfügt, weisen darauf hin, dass die globalen Migrationsbewegungen weiterhin unsere Zukunft bestimmen werden. Einige sehen sie als Bedrohung an. Ich jedoch bitte Sie, auf sie mit einem Blick des Vertrauens zu schauen, als eine Gelegenheit, eine friedvolle Zukunft aufzubauen.
3. Mit einem betrachtenden Blick
Die Weisheit des Glaubens schärft diesen Blick, der in der Lage ist wahrzunehmen, dass wir alle »zu einer einzigen Familie [gehören], Migranten und die sie aufnehmenden Gastvölker, und alle dasselbe Recht [haben], die Güter der Erde zu nutzen, deren Bestimmung allgemein ist, wie die Soziallehre der Kirche lehrt. Solidarität und Teilen haben hier ihre Grundlage.«9 Diese Worte rufen uns das Bild des neuen Jerusalems wieder ins Gedächtnis. Das Buch des Propheten Jesaja (Kap. 60) und dann das der Offenbarung des Johannes (Kap. 21) beschreiben es als eine Stadt, deren Tore stets geöffnet sind, um Menschen aller Völker eintreten zu lassen; sie bewundern die Stadt und füllen sie mit ihren Reichtümern. Der Friede ist der Herrscher, der sie leitet, und die Gerechtigkeit der Grundsatz, der das Zusammenleben in ihrem Inneren bestimmt.
Auch auf die Stadt, in der wir leben, müssen wir mit einem solchen betrachtenden Blick schauen, »das heißt mit einem Blick des Glaubens [...], der jenen Gott entdeckt, der in ihren Häusern, auf ihren Straßen und auf ihren Plätzen wohnt [...] [und] die Solidarität, die Brüderlichkeit und das Verlangen nach dem Guten, nach Wahrheit und Gerechtigkeit [fördert]«10, mit anderen Worten: der die Verheißung des Friedens verwirklicht.
Wenn wir auf die Migranten und Flüchtlinge schauen, vermag ein solcher Blick zu entdecken, dass sie nicht mit leeren Händen kommen: Neben der wertvollen Prägung durch ihre Heimatkulturen bringen sie ein hohes Maß an Mut und Tatkraft, an Fähigkeiten und Erwartungen mit. Auf diese Weise bereichern sie das Leben der Nationen, die sie aufnehmen. Ein solcher Blick kann auch die Kreativität, die Ausdauer und die Opferbereitschaft unzähliger Menschen, Familien und Gemeinschaften wahrnehmen, die in allen Teilen der Welt den Migranten und Flüchtlingen ihre Türen und Herzen öffnen, auch dort, wo die Ressourcen knapp sind.
Dieser betrachtende Blick kann schließlich auch die Verantwortungsträger des öffentlichen Lebens in ihrem Urteil leiten, so dass die Aufnahmepolitik auf ein Höchstmaß ausgeweitet wird, »soweit es das wahre Wohl ihrer Gemeinschaft zulässt«11, d.h. die Bedürfnisse aller Mitglieder der einen Menschheitsfamilie und das Wohl jedes Einzelnen von ihnen berücksichtigt werden.
Wer von diesem Blick beseelt ist, wird die ersten Ansätze des Friedens erkennen, die bereits aufkeimen, und wird für ihr Wachstum Sorge tragen. So wird er unsere Städte, die oft wegen Konflikten um die Präsenz von Migranten und Flüchtlingen gespalten und polarisiert sind, in Orte des Aufbaus des Friedens verwandeln.
4. Vier Eckpfeiler für unser Handeln
Um Asylsuchenden, Flüchtlingen, Migranten und Opfern von Menschenhandel eine Möglichkeit geben zu können, den Frieden, den sie suchen, zu finden, braucht es eine Strategie, die vier Handlungen miteinander verbindet: aufnehmen, schützen, fördern und integrieren.12
„Aufnehmen“ ruft die Notwendigkeit ins Gedächtnis, die Möglichkeiten zur legalen Einreise auszuweiten, Flüchtlinge und Migranten nicht an Orte zurückzuweisen, wo ihnen Verfolgung und Gewalt drohen, und die Sorge um die nationale Sicherheit mit der Wahrung der grundlegenden Menschenrechte ins Gleichgewicht zu bringen. Die Heilige Schrift erinnert uns: »Vergesst die Gastfreundschaft nicht; denn durch sie haben einige, ohne es zu ahnen, Engel beherbergt!«13
„Schützen“ erinnert an die Pflicht, die unantastbare Würde all jener, die vor einer realen Gefahr fliehen und Asyl und Sicherheit suchen, anzuerkennen und zu wahren und ihre Ausbeutung zu verhindern. Ich denke dabei besonders an die Frauen und Kinder, die sich in Situationen befinden, in denen sie Gefahren und Missbrauch bis hin zur Sklaverei ausgesetzt sind. Gott diskriminiert nicht: »Der Herr beschützt die Fremden, er hilft auf den Waisen und Witwen«14.
„Fördern“ verweist auf die Unterstützung bei der ganzheitlichen menschlichen Entwicklung von Migranten und Flüchtlingen. Unter den vielen Mitteln, die dabei helfen können, möchte ich hervorheben, wie wichtig es ist, Kindern und Jugendlichen den Zugang zu allen Stufen der Bildung zu garantieren. Auf diese Weise können sie nicht nur ihre eigenen Fähigkeiten weiterentwickeln und entfalten, sondern sind auch eher in der Lage, auf die Anderen im Geist des Dialogs – nicht der Abschottung und Konfrontation – zuzugehen. Die Heilige Schrift lehrt: Gott »liebt die Fremden und gibt ihnen Nahrung und Kleidung«. Deshalb mahnt sie: »Auch ihr sollt die Fremden lieben, denn ihr seid Fremde in Ägypten gewesen«15.
„Integrieren“ bedeutet schließlich, es den Flüchtlingen und Migranten zu ermöglichen, voll und ganz am Leben der Gesellschaft, die sie aufnimmt, teilzunehmen – in einer Dynamik gegenseitiger Bereicherung und fruchtbarer Zusammenarbeit bei der Förderung der ganzheitlichen Entwicklung des Menschen in den lokalen Gemeinschaften. So schreibt der heilige Paulus: »Ihr seid also jetzt nicht mehr Fremde und ohne Bürgerrecht, sondern Mitbürger der Heiligen und Hausgenossen Gottes«16.
5. Ein Vorschlag im Hinblick auf zwei internationale Pakte
Ich wünsche mir von Herzen, dass dieser Geist den Prozess bestimmt, der im Laufe des Jahres 2018 dazu führen wird, dass die Vereinten Nationen zwei globale Pakte definieren und verabschieden – einen für sichere, geordnete und reguläre Migration, den anderen für Flüchtlinge. Als Vereinbarungen auf globaler Ebene stellen diese Pakte einen wichtigen Bezugsrahmen für politische Vorschläge und praktische Maßnahmen dar. Deshalb ist es wichtig, dass sie von Mitgefühl, Weitsicht und Mut inspiriert sind, so dass jede Gelegenheit genutzt wird, den Aufbau des Friedens voranzubringen. Nur so ist es möglich, dass der notwendige Realismus der internationalen Politik nicht dem Zynismus und der Globalisierung der Gleichgültigkeit zum Opfer fällt.
Dialog und Koordinierung stellen tatsächlich eine Notwendigkeit und ureigene Pflicht der internationalen Gemeinschaft dar. Jenseits nationaler Grenzen ist es möglich, dass auch weniger reiche Länder eine größere Anzahl von Flüchtlingen aufnehmen oder besser aufnehmen können, wenn durch internationale Zusammenarbeit die Bereitstellung der notwendigen Mittel gewährleistet ist.
Die Abteilung für Migranten und Flüchtlinge des Dikasteriums für den Dienst zugunsten der ganzheitlichen Entwicklung des Menschen hat 20 Handlungsschwerpunkte vorgeschlagen,17 die dazu dienen, dass die vier genannten Verben auf politischer Ebene umgesetzt werden, ebenso wie in der Einstellung und im Handeln der christlichen Gemeinschaften. Diese und andere Beiträge möchten das Interesse der katholischen Kirche an dem Prozess, der zur Anwendung der beiden globalen Pakte der Vereinten Nationen führt, zum Ausdruck bringen. Dieses Interesse spiegelt eine allgemeinere pastorale Fürsorge wider, die mit der Kirche entstanden ist und die sich durch zahlreiche Werke bis in unsere Tage fortsetzt.
6. Für unser gemeinsames Haus
Die Worte des heiligen Johannes Paul II. inspirieren uns: »Wenn viele den „Traum“ von einer Welt des Friedens teilen und der wertvolle Beitrag von Migranten und Flüchtlingen geschätzt wird, dann kann die Menschheit mehr und mehr zur Familie aller und unsere Welt zum wahren „gemeinsamen Haus“ werden.«18 Viele in der Geschichte haben an diesen „Traum“ geglaubt und wie viele haben Zeugnis dafür abgelegt, dass es sich dabei nicht um eine unrealisierbare Utopie handelt.
Zu ihnen muss die heilige Franziska Xaviera Cabrini gezählt werden, die 2017 ihren hundertsten Todestag hat. Heute, am 13. November, wird von vielen kirchlichen Gemeinschaften ihr Gedenktag gefeiert. Diese kleine großartige Frau, die ihr Leben dem Dienst der Migranten widmete und dann ihre Patronin im Himmel wurde, hat uns gelehrt, wie wir diese unsere Brüder und Schwestern aufnehmen, beschützen, fördern und integrieren können. Auf ihre Fürsprache möge der Herr uns allen gewähren, diese Erfahrung zu machen: »Die Frucht der Gerechtigkeit wird in Frieden für die gesät, die Frieden schaffen«19.
Aus dem Vatikan, am 13. November 2017
Gedenktag der heiligen Franziska Xaviera Cabrini, Patronin der Migranten
FRANZISKUS
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1 Lukas 2,14.
2 Angelus, 15. Januar 2012.
3 Johannes XXIII., Enzyklika Pacem in terris, 57.
4 Vgl. Lukas 14, 28-30.
5 Johannes Paul II., Botschaft zum Weltfriedenstag 2000, 3.
6 Benedikt XVI., Botschaft zum Welttag des Migranten und Flüchtlings 2013.
7 Enzyklika Laudato si’, 25.
8 Vgl. Ansprache an die nationalen Direktoren für Migrantenpastoral, die an der Konferenz des Rats der Europäischen Bischofskonferenzen (CCEE) teilgenommen haben, 22. September 2017.
9 Benedikt XVI., Botschaft zum Welttag des Migranten und Flüchtlings 2011.
10 Apostolisches Schreiben Evangelii gaudium, 71.
11 Johannes XXIII., Enzyklika Pacem in terris, 57 .
12 Vgl. Botschaft zum Welttag des Migranten und Flüchtlings 2018, 15. August 2017.
13 Hebräerbrief 13,2.
14 Psalm 146,9.
15 Deuteronomium 10,18-19.
16 Epheser 2,19.
17 „20 pastorale Handlungsschwerpunkte“ und „20 Handlungsschwerpunkte für die Global Compacts“ (2017); siehe auch das UNO-Dokument A/72/528.
18 Johannes Paul II., Botschaft zum Welttag der Migranten und Flüchtlinge 2004, 6.
19 Jakobus 3,18.
[01780-DE.01] [Originalsprache: Italienisch]
Traduzione in lingua spagnola
Migrantes y refugiados: hombres y mujeres que buscan la paz
1. Un deseo de paz
Paz a todas las personas y a todas las naciones de la tierra. La paz, que los ángeles anunciaron a los pastores en la noche de Navidad,1 es una aspiración profunda de todas las personas y de todos los pueblos, especialmente de aquellos que más sufren por su ausencia, y a los que tengo presentes en mi recuerdo y en mi oración. De entre ellos quisiera recordar a los más de 250 millones de migrantes en el mundo, de los que 22 millones y medio son refugiados. Estos últimos, como afirmó mi querido predecesor Benedicto XVI, «son hombres y mujeres, niños, jóvenes y ancianos que buscan un lugar donde vivir en paz».2 Para encontrarlo, muchos de ellos están dispuestos a arriesgar sus vidas a través de un viaje que, en la mayoría de los casos, es largo y peligroso; están dispuestos a soportar el cansancio y el sufrimiento, a afrontar las alambradas y los muros que se alzan para alejarlos de su destino.
Con espíritu de misericordia, abrazamos a todos los que huyen de la guerra y del hambre, o que se ven obligados a abandonar su tierra a causa de la discriminación, la persecución, la pobreza y la degradación ambiental.
Somos conscientes de que no es suficiente sentir en nuestro corazón el sufrimiento de los demás. Habrá que trabajar mucho antes de que nuestros hermanos y hermanas puedan empezar de nuevo a vivir en paz, en un hogar seguro. Acoger al otro exige un compromiso concreto, una cadena de ayuda y de generosidad, una atención vigilante y comprensiva, la gestión responsable de nuevas y complejas situaciones que, en ocasiones, se añaden a los numerosos problemas ya existentes, así como a unos recursos que siempre son limitados. El ejercicio de la virtud de la prudencia es necesaria para que los gobernantes sepan acoger, promover, proteger e integrar, estableciendo medidas prácticas que, «respetando el recto orden de los valores, ofrezcan al ciudadano la prosperidad material y al mismo tiempo los bienes del espíritu».3 Tienen una responsabilidad concreta con respecto a sus comunidades, a las que deben garantizar los derechos que les corresponden en justicia y un desarrollo armónico, para no ser como el constructor necio que hizo mal sus cálculos y no consiguió terminar la torre que había comenzado a construir.4
2. ¿Por qué hay tantos refugiados y migrantes?
Ante el Gran Jubileo por los 2000 años del anuncio de paz de los ángeles en Belén, san Juan Pablo II incluyó el número creciente de desplazados entre las consecuencias de «una interminable y horrenda serie de guerras, conflictos, genocidios, “limpiezas étnicas”»,5 que habían marcado el siglo XX. En el nuevo siglo no se ha producido aún un cambio profundo de sentido: los conflictos armados y otras formas de violencia organizada siguen provocando el desplazamiento de la población dentro y fuera de las fronteras nacionales.
Pero las personas también migran por otras razones, ante todo por «el anhelo de una vida mejor, a lo que se une en muchas ocasiones el deseo de querer dejar atrás la “desesperación” de un futuro imposible de construir».6 Se ponen en camino para reunirse con sus familias, para encontrar mejores oportunidades de trabajo o de educación: quien no puede disfrutar de estos derechos, no puede vivir en paz. Además, como he subrayado en la Encíclica Laudato si’, «es trágico el aumento de los migrantes huyendo de la miseria empeorada por la degradación ambiental».7
La mayoría emigra siguiendo un procedimiento regulado, mientras que otros se ven forzados a tomar otras vías, sobre todo a causa de la desesperación, cuando su patria no les ofrece seguridad y oportunidades, y toda vía legal parece imposible, bloqueada o demasiado lenta.
En muchos países de destino se ha difundido ampliamente una retórica que enfatiza los riesgos para la seguridad nacional o el coste de la acogida de los que llegan, despreciando así la dignidad humana que se les ha de reconocer a todos, en cuanto que son hijos e hijas de Dios. Los que fomentan el miedo hacia los migrantes, en ocasiones con fines políticos, en lugar de construir la paz siembran violencia, discriminación racial y xenofobia, que son fuente de gran preocupación para todos aquellos que se toman en serio la protección de cada ser humano.8
Todos los datos de que dispone la comunidad internacional indican que las migraciones globales seguirán marcando nuestro futuro. Algunos las consideran una amenaza. Os invito, al contrario, a contemplarlas con una mirada llena de confianza, como una oportunidad para construir un futuro de paz.
3. Una mirada contemplativa
La sabiduría de la fe alimenta esta mirada, capaz de reconocer que todos, «tanto emigrantes como poblaciones locales que los acogen, forman parte de una sola familia, y todos tienen el mismo derecho a gozar de los bienes de la tierra, cuya destinación es universal, como enseña la doctrina social de la Iglesia. Aquí encuentran fundamento la solidaridad y el compartir».9 Estas palabras nos remiten a la imagen de la nueva Jerusalén. El libro del profeta Isaías (cap. 60) y el Apocalipsis (cap. 21) la describen como una ciudad con las puertas siempre abiertas, para dejar entrar a personas de todas las naciones, que la admiran y la colman de riquezas. La paz es el gobernante que la guía y la justicia el principio que rige la convivencia entre todos dentro de ella.
Necesitamos ver también la ciudad donde vivimos con esta mirada contemplativa, «esto es, una mirada de fe que descubra al Dios que habita en sus hogares, en sus calles, en sus plazas [promoviendo] la solidaridad, la fraternidad, el deseo de bien, de verdad, de justicia»;10 en otras palabras, realizando la promesa de la paz.
Observando a los migrantes y a los refugiados, esta mirada sabe descubrir que no llegan con las manos vacías: traen consigo la riqueza de su valentía, su capacidad, sus energías y sus aspiraciones, y por supuesto los tesoros de su propia cultura, enriqueciendo así la vida de las naciones que los acogen. Esta mirada sabe también descubrir la creatividad, la tenacidad y el espíritu de sacrificio de incontables personas, familias y comunidades que, en todos los rincones del mundo, abren sus puertas y sus corazones a los migrantes y refugiados, incluso cuando los recursos no son abundantes.
Por último, esta mirada contemplativa sabe guiar el discernimiento de los responsables del bien público, con el fin de impulsar las políticas de acogida al máximo de lo que «permita el verdadero bien de su comunidad»,11 es decir, teniendo en cuenta las exigencias de todos los miembros de la única familia humana y del bien de cada uno de ellos.
Quienes se dejan guiar por esta mirada serán capaces de reconocer los renuevos de paz que están ya brotando y de favorecer su crecimiento. Transformarán en talleres de paz nuestras ciudades, a menudo divididas y polarizadas por conflictos que están relacionados precisamente con la presencia de migrantes y refugiados.
4. Cuatro piedras angulares para la acción
Para ofrecer a los solicitantes de asilo, a los refugiados, a los inmigrantes y a las víctimas de la trata de seres humanos una posibilidad de encontrar la paz que buscan, se requiere una estrategia que conjugue cuatro acciones: acoger, proteger, promover e integrar.12
«Acoger» recuerda la exigencia de ampliar las posibilidades de entrada legal, no expulsar a los desplazados y a los inmigrantes a lugares donde les espera la persecución y la violencia, y equilibrar la preocupación por la seguridad nacional con la protección de los derechos humanos fundamentales. La Escritura nos recuerda: «No olvidéis la hospitalidad; por ella algunos, sin saberlo, hospedaron a ángeles».13
«Proteger» nos recuerda el deber de reconocer y de garantizar la dignidad inviolable de los que huyen de un peligro real en busca de asilo y seguridad, evitando su explotación. En particular, pienso en las mujeres y en los niños expuestos a situaciones de riesgo y de abusos que llegan a convertirles en esclavos. Dios no hace discriminación: «El Señor guarda a los peregrinos, sustenta al huérfano y a la viuda».14
«Promover» tiene que ver con apoyar el desarrollo humano integral de los migrantes y refugiados. Entre los muchos instrumentos que pueden ayudar a esta tarea, deseo subrayar la importancia que tiene el garantizar a los niños y a los jóvenes el acceso a todos los niveles de educación: de esta manera, no sólo podrán cultivar y sacar el máximo provecho de sus capacidades, sino que también estarán más preparados para salir al encuentro del otro, cultivando un espíritu de diálogo en vez de clausura y enfrentamiento. La Biblia nos enseña que Dios «ama al emigrante, dándole pan y vestido»; por eso nos exhorta: «Amaréis al emigrante, porque emigrantes fuisteis en Egipto».15
Por último, «integrar» significa trabajar para que los refugiados y los migrantes participen plenamente en la vida de la sociedad que les acoge, en una dinámica de enriquecimiento mutuo y de colaboración fecunda, promoviendo el desarrollo humano integral de las comunidades locales. Como escribe san Pablo: «Así pues, ya no sois extraños ni forasteros, sino conciudadanos de los santos y familiares de Dios».16
5. Una propuesta para dos Pactos internacionales
Deseo de todo corazón que este espíritu anime el proceso que, durante todo el año 2018, llevará a la definición y aprobación por parte de las Naciones Unidas de dos pactos mundiales: uno, para una migración segura, ordenada y regulada, y otro, sobre refugiados. En cuanto acuerdos adoptados a nivel mundial, estos pactos constituirán un marco de referencia para desarrollar propuestas políticas y poner en práctica medidas concretas. Por esta razón, es importante que estén inspirados por la compasión, la visión de futuro y la valentía, con el fin de aprovechar cualquier ocasión que permita avanzar en la construcción de la paz: sólo así el necesario realismo de la política internacional no se verá derrotado por el cinismo y la globalización de la indiferencia.
El diálogo y la coordinación constituyen, en efecto, una necesidad y un deber específicos de la comunidad internacional. Más allá de las fronteras nacionales, es posible que países menos ricos puedan acoger a un mayor número de refugiados, o acogerles mejor, si la cooperación internacional les garantiza la disponibilidad de los fondos necesarios.
La Sección para los Migrantes y Refugiados del Dicasterio para la Promoción del Desarrollo Humano Integral sugiere 20 puntos de acción17 como pistas concretas para la aplicación de estos cuatro verbos en las políticas públicas, además de la actitud y la acción de las comunidades cristianas. Estas y otras aportaciones pretenden manifestar el interés de la Iglesia católica al proceso que llevará a la adopción de los pactos mundiales de las Naciones Unidas. Este interés confirma una solicitud pastoral más general, que nace con la Iglesia y continúa hasta nuestros días a través de sus múltiples actividades.
6. Por nuestra casa común
Las palabras de san Juan Pablo II nos alientan: «Si son muchos los que comparten el “sueño” de un mundo en paz, y si se valora la aportación de los migrantes y los refugiados, la humanidad puede transformarse cada vez más en familia de todos, y nuestra tierra verdaderamente en “casa común”».18 A lo largo de la historia, muchos han creído en este «sueño» y los que lo han realizado dan testimonio de que no se trata de una utopía irrealizable.
Entre ellos, hay que mencionar a santa Francisca Javier Cabrini, cuyo centenario de nacimiento para el cielo celebramos este año 2017. Hoy, 13 de noviembre, numerosas comunidades eclesiales celebran su memoria. Esta pequeña gran mujer, que consagró su vida al servicio de los migrantes, convirtiéndose más tarde en su patrona celeste, nos enseña cómo debemos acoger, proteger, promover e integrar a nuestros hermanos y hermanas. Que por su intercesión, el Señor nos conceda a todos experimentar que los «frutos de justicia se siembran en la paz para quienes trabajan por la paz».19
Vaticano, 13 de noviembre de 2017
Memoria de Santa Francisca Javier Cabrini, Patrona de los migrantes
FRANCISCO
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1 Cf. Lc 2,14.
2 Angelus, 15 enero 2012.
3 Juan XXIII, Carta. enc. Pacem in terris, 57.
4 Cf. Lc 14,28-30.
5 Juan pablo II, Mensaje para la Jornada Mundial de la Paz 2000, 3.
6 Benedicto XVI, Mensaje para la Jornada Mundial del Migrante y del Refugiado 2013.
7 N. 25.
8 Cf. Discurso a los Participantes en el Encuentro de Responsables nacionales de la pastoral de migraciones organizado por el Consejo de Conferencias Episcopales de Europa (CCEE), 22 septiembre 2017.
9 Benedicto XVI, Mensaje para la Jornada Mundial del Migrante y del Refugiado 2011.
10 Exhort. ap. Evangelii gaudium, 71.
11 Juan XXIII, Carta enc. Pacem in terris, 57 [en español, n. 106].
12 Cf. Mensaje para la Jornada Mundial del Migrante y del Refugiado 2018, 15 agosto 2017.
13 Hb 13,2.
14 Sal 146,9.
15 Dt 10,18-19.
16 Ef 2,19.
17 «20 Puntos de Acción Pastoral» y «20 Puntos de Acción para los Pactos Globales» (2017). Cf. Documento ONU A/72/528.
18 Juan Pablo II, Mensaje para la Jornada Mundial del Migrante y del Refugiado 2004, 6.
19 St 3,18.
[01780-ES.01] [Texto original: Italiano]
Traduzione in lingua portoghese
Migrantes e refugiados: homens e mulheres em busca de paz
1. Votos de paz
Paz a todas as pessoas e a todas as nações da terra! A paz, que os anjos anunciam aos pastores na noite de Natal,1 é uma aspiração profunda de todas as pessoas e de todos os povos, sobretudo de quantos padecem mais duramente pela sua falta. Dentre estes, que trago presente nos meus pensamentos e na minha oração, quero recordar de novo os mais de 250 milhões de migrantes no mundo, dos quais 22 milhões e meio são refugiados. Estes últimos, como afirmou o meu amado predecessor Bento XVI, «são homens e mulheres, crianças, jovens e idosos que procuram um lugar onde viver em paz».2 E, para o encontrar, muitos deles estão prontos a arriscar a vida numa viagem que se revela, em grande parte dos casos, longa e perigosa, a sujeitar-se a fadigas e sofrimentos, a enfrentar arames farpados e muros erguidos para os manter longe da meta.
Com espírito de misericórdia, abraçamos todos aqueles que fogem da guerra e da fome ou se veem constrangidos a deixar a própria terra por causa de discriminações, perseguições, pobreza e degradação ambiental.
Estamos cientes de que não basta abrir os nossos corações ao sofrimento dos outros. Há muito que fazer antes de os nossos irmãos e irmãs poderem voltar a viver em paz numa casa segura. Acolher o outro requer um compromisso concreto, uma corrente de apoios e beneficência, uma atenção vigilante e abrangente, a gestão responsável de novas situações complexas que às vezes se vêm juntar a outros problemas já existentes em grande número, bem como recursos que são sempre limitados. Praticando a virtude da prudência, os governantes saberão acolher, promover, proteger e integrar, estabelecendo medidas práticas, «nos limites consentidos pelo bem da própria comunidade retamente entendido, [para] lhes favorecer a integração»3. Os governantes têm uma responsabilidade precisa para com as próprias comunidades, devendo assegurar os seus justos direitos e desenvolvimento harmónico, para não serem como o construtor insensato que fez mal os cálculos e não conseguiu completar a torre que começara a construir.4
2. Porque há tantos refugiados e migrantes?
Na mensagem para idêntica ocorrência no Grande Jubileu pelos 2000 anos do anúncio de paz dos anjos em Belém, São João Paulo II incluiu o número crescente de refugiados entre os efeitos de «uma sequência infinda e horrenda de guerras, conflitos, genocídios, “limpezas étnicas”»5 que caraterizaram o século XX. E até agora, infelizmente, o novo século não registou uma verdadeira viragem: os conflitos armados e as outras formas de violência organizada continuam a provocar deslocações de populações no interior das fronteiras nacionais e para além delas.
Todavia as pessoas migram também por outras razões, sendo a primeira delas «o desejo de uma vida melhor, unido muitas vezes ao intento de deixar para trás o “desespero” de um futuro impossível de construir».6 As pessoas partem para se juntar à própria família, para encontrar oportunidades de trabalho ou de instrução: quem não pode gozar destes direitos, não vive em paz. Além disso, como sublinhei na Encíclica Laudato si’, «é trágico o aumento de migrantes em fuga da miséria agravada pela degradação ambiental».7
A maioria migra seguindo um percurso legal, mas há quem tome outros caminhos, sobretudo por causa do desespero, quando a pátria não lhes oferece segurança nem oportunidades, e todas as vias legais parecem impraticáveis, bloqueadas ou demasiado lentas.
Em muitos países de destino, generalizou-se largamente uma retórica que enfatiza os riscos para a segurança nacional ou o peso do acolhimento dos recém-chegados, desprezando assim a dignidade humana que se deve reconhecer a todos, enquanto filhos e filhas de Deus. Quem fomenta o medo contra os migrantes, talvez com fins políticos, em vez de construir a paz, semeia violência, discriminação racial e xenofobia, que são fonte de grande preocupação para quantos têm a peito a tutela de todos os seres humanos.8
Todos os elementos à disposição da comunidade internacional indicam que as migrações globais continuarão a marcar o nosso futuro. Alguns consideram-nas uma ameaça. Eu, pelo contrário, convido-vos a vê-las com um olhar repleto de confiança, como oportunidade para construir um futuro de paz.
3. Com olhar contemplativo
A sabedoria da fé nutre este olhar, capaz de intuir que todos pertencemos «a uma só família, migrantes e populações locais que os recebem, e todos têm o mesmo direito de usufruir dos bens da terra, cujo destino é universal, como ensina a doutrina social da Igreja. Aqui encontram fundamento a solidariedade e a partilha».9 Estas palavras propõem-nos a imagem da nova Jerusalém. O livro do profeta Isaías (cap. 60) e, em seguida, o Apocalipse (cap. 21) descrevem-na como uma cidade com as portas sempre abertas, para deixar entrar gente de todas as nações, que a admira e enche de riquezas. A paz é o soberano que a guia, e a justiça o princípio que governa a convivência dentro dela.
Precisamos de lançar, também sobre a cidade onde vivemos, este olhar contemplativo, «isto é, um olhar de fé que descubra Deus que habita nas suas casas, nas suas ruas, nas suas praças (...), promovendo a solidariedade, a fraternidade, o desejo de bem, de verdade, de justiça»,10 por outras palavras, realizando a promessa da paz.
Detendo-se sobre os migrantes e os refugiados, este olhar saberá descobrir que eles não chegam de mãos vazias: trazem uma bagagem feita de coragem, capacidades, energias e aspirações, para além dos tesouros das suas culturas nativas, e deste modo enriquecem a vida das nações que os acolhem. Saberá vislumbrar também a criatividade, a tenacidade e o espírito de sacrifício de inúmeras pessoas, famílias e comunidades que, em todas as partes do mundo, abrem a porta e o coração a migrantes e refugiados, inclusive onde não abundam os recursos.
Este olhar contemplativo saberá, enfim, guiar o discernimento dos responsáveis governamentais, de modo a impelir as políticas de acolhimento até ao máximo dos «limites consentidos pelo bem da própria comunidade retamente entendido»,11 isto é, tomando em consideração as exigências de todos os membros da única família humana e o bem de cada um deles.
Quem estiver animado por este olhar será capaz de reconhecer os rebentos de paz que já estão a despontar e cuidará do seu crescimento. Transformará assim em canteiros de paz as nossas cidades, frequentemente divididas e polarizadas por conflitos que se referem precisamente à presença de migrantes e refugiados.
4. Quatro pedras miliárias para a ação
Oferecer a requerentes de asilo, refugiados, migrantes e vítimas de tráfico humano uma possibilidade de encontrar aquela paz que andam à procura, exige uma estratégia que combine quatro ações: acolher, proteger, promover e integrar.12
«Acolher» faz apelo à exigência de ampliar as possibilidades de entrada legal, de não repelir refugiados e migrantes para lugares onde os aguardam perseguições e violências, e de equilibrar a preocupação pela segurança nacional com a tutela dos direitos humanos fundamentais. Recorda-nos a Sagrada Escritura: «Não vos esqueçais da hospitalidade, pois, graças a ela, alguns, sem o saberem, hospedaram anjos».13
«Proteger» lembra o dever de reconhecer e tutelar a dignidade inviolável daqueles que fogem dum perigo real em busca de asilo e segurança, de impedir a sua exploração. Penso de modo particular nas mulheres e nas crianças que se encontram em situações onde estão mais expostas aos riscos e aos abusos que chegam até ao ponto de as tornar escravas. Deus não discrimina: «O Senhor protege os que vivem em terra estranha e ampara o órfão e a viúva».14
«Promover» alude ao apoio para o desenvolvimento humano integral de migrantes e refugiados. Dentre os numerosos instrumentos que podem ajudar nesta tarefa, desejo sublinhar a importância de assegurar às crianças e aos jovens o acesso a todos os níveis de instrução: deste modo poderão não só cultivar e fazer frutificar as suas capacidades, mas estarão em melhores condições também para ir ao encontro dos outros, cultivando um espírito de diálogo e não de fechamento ou de conflito. A Bíblia ensina que Deus «ama o estrangeiro e dá-lhe pão e vestuário»; daí a exortação: «Amarás o estrangeiro, porque foste estrangeiro na terra do Egito».15
Por fim, «integrar» significa permitir que refugiados e migrantes participem plenamente na vida da sociedade que os acolhe, numa dinâmica de mútuo enriquecimento e fecunda colaboração na promoção do desenvolvimento humano integral das comunidades locais. «Portanto – como escreve São Paulo – já não sois estrangeiros nem imigrantes, mas sois concidadãos dos santos e membros da casa de Deus».16
5. Uma proposta para dois Pactos internacionais
Almejo do fundo do coração que seja este espírito a animar o processo que, no decurso de 2018, levará à definição e aprovação por parte das Nações Unidas de dois pactos globais: um para migrações seguras, ordenadas e regulares, outro referido aos refugiados. Enquanto acordos partilhados a nível global, estes pactos representarão um quadro de referência para propostas políticas e medidas práticas. Por isso, é importante que sejam inspirados por sentimentos de compaixão, clarividência e coragem, de modo a aproveitar todas as ocasiões para fazer avançar a construção da paz: só assim o necessário realismo da política internacional não se tornará uma capitulação ao cinismo e à globalização da indiferença.
De facto, o diálogo e a coordenação constituem uma necessidade e um dever próprio da comunidade internacional. Mais além das fronteiras nacionais, é possível também que países menos ricos possam acolher um número maior de refugiados ou acolhê-los melhor, se a cooperação internacional lhes disponibilizar os fundos necessários.
A Secção Migrantes e Refugiados do Dicastério para o Serviço do Desenvolvimento Humano Integral sugeriu 20 pontos de ação17 como pistas concretas para a implementação dos supramencionados quatro verbos nas políticas públicas e também na conduta e ação das comunidades cristãs. Estas e outras contribuições pretendem expressar o interesse da Igreja Católica pelo processo que levará à adoção dos referidos pactos globais das Nações Unidas. Um tal interesse confirma uma vez mais a solicitude pastoral que nasceu com a Igreja e tem continuado em muitas das suas obras até aos nossos dias.
6. Em prol da nossa casa comum
Inspiram-nos as palavras de São João Paulo II: «Se o “sonho” de um mundo em paz é partilhado por tantas pessoas, se se valoriza o contributo dos migrantes e dos refugiados, a humanidade pode tornar-se sempre mais família de todos e a nossa terra uma real “casa comum”».18 Ao longo da história, muitos acreditaram neste «sonho» e as suas realizações testemunham que não se trata duma utopia irrealizável.
Entre eles conta-se Santa Francisca Xavier Cabrini, cujo centenário do nascimento para o Céu ocorre em 2017. Hoje, dia 13 de novembro, muitas comunidades eclesiais celebram a sua memória. Esta pequena grande mulher, que consagrou a sua vida ao serviço dos migrantes tornando-se depois a sua Padroeira celeste, ensinou-nos como podemos acolher, proteger, promover e integrar estes nossos irmãos e irmãs. Pela sua intercessão, que o Senhor nos conceda a todos fazer a experiência de que «o fruto da justiça é semeado em paz por aqueles que praticam a paz».19
Vaticano, 13 de novembro de 2017
Memória de Santa Francisca Xavier Cabrini, Padroeira dos migrantes
FRANCISCO
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1 Cf. Evangelho de Lucas 2, 14.
2 Alocução do Angelus (15/I/2012).
3 João XXIII, Carta enc. Pacem in terris, 106.
4 Cf. Evangelho de Lucas 14, 28-30.
5 Mensagem para o Dia Mundial da Paz de 2000, 3.
6 Bento XVI, Mensagem para o Dia Mundial do Migrante e do Refugiado de 2013.
7 N.º 25.
8 Cf. Francisco, Discurso aos Diretores nacionais da Pastoral dos Migrantes, participantes no Encontro promovido pelo Conselho das Conferências Episcopais da Europa (22/IX/2017).
9 Bento XVI, Mensagem para o Dia Mundial do Migrante e do Refugiado de 2011.
10 Francisco, Exort. ap. Evangelii gaudium, 71.
11 João XXIII, Carta enc. Pacem in terris, 106.
12 Francisco, Mensagem para o Dia Mundial do Migrante e do Refugiado de 2018, (15/VIII/2017).
13 Carta aos Hebreus 13, 2.
14 Salmo 146, 9.
15 Livro do Deuteronómio 10, 18-19.
16 Carta aos Efésios 2, 19.
17 «20 Pontos de Ação Pastoral» e «20 Pontos de Ação para os Pactos Globais» (2017). Cf. também Documento ONU A/72/528.
18 Mensagem para o Dia Mundial do Migrante e do Refugiado de 2004, 6.
19 Carta de Tiago 3, 18.
[01780-PO.01] [Texto original: Italiano]
Traduzione in lingua polacco
Migranci i uchodźcy: mężczyźni i kobiety w poszukiwaniu pokoju
1. Życzenie pokoju
Pokój wszystkim ludziom i narodom ziemi! Pokój, który aniołowie głoszą pasterzom w noc Narodzenia Pańskiego1, jest głębokim pragnieniem wszystkich ludzi i wszystkich narodów, szczególnie tych, którzy najbardziej cierpią z powodu jego braku. Spośród nich, obecnych w moich myślach oraz w mojej modlitwie, pragnę jeszcze raz wspomnieć ponad 250 mln migrantów na świecie, z których 22,5 mln stanowią uchodźcy. Ci ostatni, jak stwierdził mój umiłowany poprzednik Benedykt XVI, „to mężczyźni i kobiety, dzieci, młodzież, osoby w podeszłym wieku, którzy szukają miejsca, gdzie mogliby żyć w pokoju”2. Aby je znaleźć, wielu z nich jest gotowych ryzykować życie w podróży, która w wielu przypadkach jest długa i niebezpieczna, znosić trudy i cierpienia, pokonywać druty kolczaste i mury, wzniesione po to, by trzymać ich z dala od tego celu.
W duchu miłosierdzia bierzemy w ramiona wszystkich, którzy uciekają od wojen i głodu lub są zmuszeni opuścić swoją ziemię z powodu dyskryminacji, prześladowań, ubóstwa i degradacji środowiska.
Jesteśmy świadomi, że nie wystarcza otwarcie naszych serc na cierpienie innych. Będzie jeszcze wiele do zrobienia, zanim nasi bracia i nasze siostry będą mogli znów żyć w pokoju w bezpiecznym domu. Przyjęcie drugiego wymaga konkretnego zaangażowania, łańcucha pomocy i życzliwości, czujnej i wyrozumiałej uwagi, odpowiedzialnego zarządzania nowymi, złożonymi sytuacjami – które czasami łączą się z innymi, licznymi problemami już istniejącymi – a także zawsze ograniczonymi środkami. Postępując zgodnie z cnotą roztropności, rządzący będą umieli przyjmować, wspierać, chronić oraz integrować, podejmując praktyczne działania, „jeśli to jest zgodne z nieprzesadnie pojmowanym dobrem społeczności (...), [aby] włączyć ich w nową społeczność”3. Na rządzących spoczywa konkretna odpowiedzialność wobec własnych społeczeństw, którym muszą zapewnić sprawiedliwe prawa oraz harmonijny rozwój, a nie mogą postępować jak nierozsądny budowniczy, który źle obliczył wydatki i nie zdołał dokończyć wieży, którą zaczął budować4.
2. Dlaczego jest tak wielu uchodźców i migrantów?
Św. Jan Paweł II na progu Wielkiego Jubileuszu 2000 lat od chwili, kiedy aniołowie głosili pokój w Betlejem, zwrócił uwagę na to, że wzrost liczby uchodźców jest jedną z konsekwencji „niekończącej się serii straszliwych wojen i konfliktów, ludobójstw i «czystek etnicznych»”5, które naznaczyły XX wiek. W nowym stuleciu nie nastąpił jeszcze prawdziwy zwrot: konflikty zbrojne oraz inne formy zorganizowanej przemocy nadal powodują przemieszczanie się ludzi wewnątrz granic państw i poza nimi.
Ludzie migrują również z innych powodów, a pierwszym z nich jest chęć „lepszego życia, co wiąże się często z pragnieniem, by pozostawić za sobą «beznadziejność», którą rodzi niemożność budowania przyszłości”6. Wyjeżdża się, by połączyć się z własną rodziną, by znaleźć możliwości zatrudnienia lub wykształcenia: kto nie może cieszyć się tymi prawami, nie żyje w pokoju. Ponadto, jak podkreśliłem w encyklice Laudato si’, „tragiczne jest zwiększenie liczby migrantów uciekających od biedy spowodowanej degradacją środowiska”7.
Większość migruje podążając regularnymi szlakami, natomiast niektórzy wybierają inne drogi, przede wszystkim pod wpływem desperacji, gdy ich ojczyzna nie zapewnia im bezpieczeństwa ani szans, a każda legalna droga wydaje się niedostępna, zablokowana lub zbyt długa.
W wielu krajach, do których zdążają migranci, szeroko rozpowszechniła się retoryka, która wyolbrzymia zagrożenia dla bezpieczeństwa narodowego lub koszty przyjęcia nowych przybyszów, lekceważąc w ten sposób godność ludzką, którą należy uznać we wszystkich, bo są synami i córkami Boga. Ci, którzy podsycają strach przed migrantami, być może w celach politycznych, zamiast budować pokój, sieją przemoc, dyskryminację rasową oraz ksenofobię, które są źródłem wielkiego niepokoju dla tych wszystkich, którym leży na sercu ochrona każdego człowieka8.
Wszystkie dane, którymi dysponuje wspólnota międzynarodowa, wskazują na to, że globalne migracje dalej będą naznaczały naszą przyszłość. Niektórzy widzą w nich zagrożenie. Ja natomiast zachęcam was do spojrzenia na nie z ufnością, jako na szansę budowania pokojowej przyszłości.
3. Spojrzenie kontemplatywne
Mądrość wiary umacnia to spojrzenie, potrafiące dostrzec, że wszyscy należymy do „jednej rodziny – zarówno migranci, jak społeczności lokalne, które ich przyjmują – i wszyscy mają takie samo prawo do korzystania z dóbr ziemi, których przeznaczenie jest powszechne, jak mówi społeczna nauka Kościoła. Solidarność i dzielenie się są oparte na tej właśnie podstawie”9. Słowa te przypominają nam obraz nowej Jerozolimy. Księga proroka Izajasza (rozdz. 60), a także Apokalipsa (rozdz. 21) opisują ją jako miasto z bramami zawsze otwartymi, by mogli wejść ludzie z każdego narodu, którzy ją podziwiają i napełniają bogactwem. Pokój jest królem, który jej przewodzi, a sprawiedliwość zasadą, która rządzi współistnieniem w niej.
Trzeba, abyśmy skierowali kontemplatywne spojrzenie również na miasto, w którym żyjemy, potrzebujemy bowiem „spojrzenia wiary, odkrywającego tego Boga, który mieszka w jego domach, na jego ulicach, na jego placach [...] krzewiąc solidarność, braterstwo, pragnienie dobra, prawdy i sprawiedliwości”10, innymi słowy, urzeczywistniając obietnicę pokoju.
Patrząc na migrantów i uchodźców, to spojrzenie będzie umiało odkryć, że nie przybywają oni z pustymi rękami: mają zasoby odwagi, umiejętności, energii i dążeń, a ponadto skarby swoich rodzimych kultur i tym samym ubogacają życie krajów, które ich przyjmują. Będzie ono zdolne dostrzec również kreatywność, wytrwałość i ducha poświęcenia niezliczonych osób, rodzin i wspólnot, które w każdej części świata otwierają drzwi i serca migrantom i uchodźcom, również tam, gdzie środki nie są zbyt wielkie.
To kontemplatywne spojrzenie będzie umiało także kierować rozeznaniem osób odpowiedzialnych za sprawy publiczne, aby rozwijały politykę przyjmowania migrantów do maksimum możliwości, zgodnie ze słusznie «pojmowanym dobrem społeczności»11, a zatem biorąc pod uwagę potrzeby wszystkich członków jedynej rodziny ludzkiej oraz dobro każdego z osobna.
Ten, kto potrafi tak patrzeć, będzie w stanie rozpoznać pojawiające się już zalążki pokoju i zadba o ich rozwój. Przeobrazi w ten sposób w place budowy pokoju nasze miasta, często podzielone i spolaryzowane przez konflikty, które dotyczą właśnie obecności migrantów i uchodźców.
4. Cztery kamienie milowe działania
Danie osobom ubiegającym się o azyl, uchodźcom, migrantom i ofiarom handlu ludźmi szansy na znalezienie pokoju, którego poszukują, wymaga strategii, która połączy w sobie cztery działania: przyjmowanie, chronienie, promowanie i integrowanie12.
„Przyjmowanie” zwraca uwagę na konieczność rozszerzania możliwości legalnego wjazdu, aby nie odsyłać uchodźców i migrantów do miejsc, gdzie czekają ich prześladowania i przemoc, oraz równoważenia troski o bezpieczeństwo narodowe z ochroną podstawowych praw człowieka. Pismo Święte przypomina nam: „Nie zapominajcie też o gościnności, gdyż przez nią niektórzy, nie wiedząc, aniołom dali gościnę”13.
„Chronienie” przypomina o obowiązku uznania i ochrony nienaruszalnej godności tych, którzy uciekają z powodu realnego zagrożenia, w poszukiwaniu schronienia i bezpieczeństwa, aby zapobiegać ich wykorzystywaniu. Myślę tu szczególnie o kobietach i dzieciach, znajdujących się w sytuacjach, w których bardziej wystawione są na zagrożenia i nadużycia, prowadzące nawet do ich zniewolenia. Bóg nikogo nie dyskryminuje: „Pan strzeże przychodniów, chroni sierotę i wdowę”14.
„Promowanie” odnosi się do wspierania integralnego rozwoju ludzkiego migrantów i uchodźców. Pośród wielu narzędzi, które mogą pomóc w realizacji tego zadania, pragnę uwydatnić znaczenie, jakie ma zapewnienie dzieciom i młodym ludziom dostępu do wszystkich poziomów edukacji – dzięki temu nie tylko będą mogli oni rozwijać i wykorzystywać swoje zdolności, ale będą również lepiej umieli wychodzić na spotkanie innym, kultywując ducha dialogu, a nie zamknięcia czy konfrontacji. Biblia uczy, że Bóg „miłuje cudzoziemca, udzielając mu chleba i odzienia”; dlatego napomina: „Wy także miłujcie cudzoziemca, bo sami byliście przybyszami w ziemi egipskiej”15.
„Integrowanie” zaś oznacza umożliwianie uchodźcom i migrantom pełnego uczestnictwa w życiu społeczeństwa, które ich przyjmuje, w dynamice wzajemnego wzbogacania oraz owocnej współpracy w promowaniu integralnego rozwoju ludzkiego lokalnych społeczności. Jak pisze św. Paweł: „nie jesteście już obcymi i przybyszami, ale jesteście współobywatelami świętych i domownikami Boga”16.
5. Propozycja dwóch porozumień międzynarodowych
Pragnę z całego serca, aby ten duch towarzyszył procesowi, który w 2018 r. doprowadzi do sformułowania i zatwierdzenia przez Organizację Narodów Zjednoczonych dwóch globalnych porozumień: jedno będzie dotyczyło bezpiecznych, uporządkowanych i uregulowanych migracji, drugie – uchodźców. Jako umowy przyjęte na poziomie globalnym, porozumienia te będą stanowiły ramy odniesienia dla programów politycznych oraz praktycznych działań. Dlatego ważne jest, by inspirowane były przez współczucie, dalekowzroczność i odwagę, by wykorzystywać każdą okazję do postępów w budowaniu pokoju. Tylko w ten sposób niezbędny realizm polityki międzynarodowej nie skapituluje w obliczu cynizmu oraz globalizacji obojętności.
Dialog i koordynacja są faktycznie koniecznością i obowiązkiem wspólnoty międzynarodowej. Poza granicami poszczególnych państw jest możliwe również, by kraje mniej zamożne przyjmowały większą liczbę uchodźców lub przyjmowały ich lepiej, jeśli międzynarodowa kooperacja zapewni im dostęp do potrzebnych funduszy.
Sekcja ds. Migrantów i Uchodźców Dykasterii ds. Promocji Integralnego Rozwoju Człowieka zaproponowała 20 punktów działań jako konkretnych dróg wprowadzania w życie czterech wspomnianych czynności zarówno w polityce, jak i w postawie i działaniu wspólnot chrześcijańskich.17 Zarówno te, jak i inne działania mają na celu wyrażenie zainteresowania Kościoła katolickiego procesem, który doprowadzi do przyjęcia wyżej wymienionych porozumień Organizacji Narodów Zjednoczonych. To zainteresowanie potwierdza ogólniejszą troskę duszpasterską, która zrodziła się razem z Kościołem i wyraża się do dziś w jego różnorodnych dziełach.
6. Dla dobra naszego wspólnego domu
Inspirują nas słowa św. Jana Pawła II: „Jeśli wielu ludzi podziela «marzenie» o świecie, w którym panuje pokój, jeśli doceniany jest wkład migrantów i uchodźców, ludzkość może coraz bardziej stawać się rodziną wszystkich, a nasza ziemia prawdziwym «wspólnym domem»”18. Wielu w historii uwierzyło w to „marzenie”, a to, czego dokonali, świadczy o tym, że nie jest ono niemożliwą do zrealizowania utopią.
Do nich należy zaliczyć św. Franciszkę Ksawerę Cabrini, której setna rocznica narodzin dla nieba przypada w 2017 r. Dziś, 13 listopada, wiele wspólnot kościelnych obchodzi jej wspomnienie. Ta mała, wielka kobieta, która poświęciła swoje życie służbie migrantom, stając się później ich niebiańską patronką, nauczyła nas, w jaki sposób możemy przyjmować, chronić, promować i integrować tych naszych braci i siostry. Niech przez jej wstawiennictwo Pan pozwoli nam wszystkim doświadczyć, że „owoc (…) sprawiedliwości sieją w pokoju ci, którzy zaprowadzają pokój”19.
Watykan, 13 listopada 2017 r.,
wspomnienie św. Franciszki Ksawery Cabrini, patronki migrantów
FRANCISZEK
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1 Łk 2, 14.
2 Anioł Pański, 15 stycznia 2012 r., w: «L'Osservatore Romano», wyd. polskie., n. 3/2012, s. 36.
3 Por. Jan XXIII, enc. Pacem in terris, 106.
4 Por. Łk 14, 28-30.
5 Por. Orędzie na Światowy Dzień Pokoju 2000 r., 3.
6 Benedykt XVI, Orędzie na Światowy Dzień Migranta i Uchodźcy 2013.
7 N. 25.
8 Por. Przemówienie do uczestników spotkania krajowych odpowiedzialnych za duszpasterstwo migrantów, zorganizowanego przez Radę Konferencji Episkopatów Europy (CCEE), 22 września 2017 r.
9 Benedykt XVI , Orędzie na Światowy Dzień Migranta i Uchodźcy 2011 r.
10 Adhort. apost. Evangelii gaudium, 71.
11 Jan XXIII, Enc. Pacem in terris, 106.
12 Orędzie na Światowy Dzień Migranta i Uchodźcy 2018 r.
13 Hbr 13, 2.
14 Ps 146, 9.
15 Pwt 10, 18-19.
16 Ef 2, 19.
17 “20 Punktów Działania Duszpasterskiego” i “20 Punktów Działania w odniesieniu do Porozumień Globalnych” (2017); por. również dokument ONZ A/72/528.
18 Orędzie na Światowy Dzień Migranta i Uchodźcy 2004, 6.
19 Jk 3, 18.
[01780-PL.01] [Testo originale: Italiano]
[B0824-XX.01]