Lettera del Santo Padre
Traduzione in lingua francese
Traduzione in lingua inglese
Traduzione in lingua tedesca
Traduzione in lingua spagnola
Traduzione in lingua portoghese
Traduzione in lingua polacca
Oggi, XXIX Domenica del Tempo Ordinario, Memoria di San Giovanni Paolo II, Giornata Missionaria Mondiale, il Santo Padre Francesco ha inviato una Lettera al Prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, l’Em.mo Card. Fernando Filoni, in occasione del centenario della promulgazione della Lettera Apostolica Maximum illud sull’attività svolta dai missionari nel mondo, pubblicata nel 1919 da Papa Benedetto XV, che ricorrerà il 30 novembre 2019.
Ne riportiamo di seguito il testo originale in lingua italiana e le traduzioni in varie lingue:
Lettera del Santo Padre
Al Venerato Fratello
Cardinale Fernando FILONI
Prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli
Il 30 novembre 2019 ricorrerà il centenario dalla promulgazione della Lettera apostolica Maximum illud, con la quale Benedetto XV desiderò dare nuovo slancio alla responsabilità missionaria di annunciare il Vangelo. Era il 1919: al termine di un tremendo conflitto mondiale, che egli stesso definì «inutile strage»[1], il Papa avvertì la necessità di riqualificare evangelicamente la missione nel mondo, perché fosse purificata da qualsiasi incrostazione coloniale e si tenesse lontana da quelle mire nazionalistiche ed espansionistiche che tanti disastri avevano causato. «La Chiesa di Dio è universale, per nulla straniera presso nessun popolo»,[2] scrisse, esortando anche a rifiutare qualsiasi forma di interesse, in quanto solo l’annuncio e la carità del Signore Gesù, diffusi con la santità della vita e con le buone opere, sono la ragione della missione. Benedetto XV diede così speciale impulso alla missio ad gentes, adoperandosi, con lo strumentario concettuale e comunicativo in uso all’epoca, per risvegliare, in particolare presso il clero, la consapevolezza del dovere missionario.
Esso risponde al perenne invito di Gesù: «Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura» (Mc 16,15). Aderire a questo comando del Signore non è un’opzione per la Chiesa: è suo «compito imprescindibile», come ha ricordato il Concilio Vaticano II,[3] in quanto la Chiesa «è per sua natura missionaria».[4] «Evangelizzare, infatti, è la grazia e la vocazione propria della Chiesa, la sua identità più profonda. Essa esiste per evangelizzare».[5] Per corrispondere a tale identità e proclamare Gesù crocifisso e risorto per tutti, il Salvatore vivente, la Misericordia che salva, «è necessario – afferma ancora il Concilio – che la Chiesa, sempre sotto l’influsso dello Spirito di Cristo, segua la stessa strada seguita da questi, la strada cioè della povertà, dell’obbedienza, del servizio e del sacrificio di se stesso»,[6] cosicché comunichi realmente il Signore, «modello dell’umanità nuova, cioè di quell’umanità permeata di amore fraterno, di sincerità, di spirito di pace, che tutti vivamente desiderano».[7]
Quanto stava a cuore a Benedetto XV quasi cent’anni fa e quanto il Documento conciliare ci ricorda da più di cinquant’anni permane pienamente attuale. Oggi come allora «la Chiesa, che da Cristo è stata inviata a rivelare e a comunicare la carità di Dio a tutti gli uomini e a tutti i popoli, comprende che le resta ancora da svolgere un’opera missionaria ingente».[8] A questo proposito, San Giovanni Paolo II ha osservato che «la missione di Cristo redentore, affidata alla Chiesa, è ancora ben lontana dal suo compimento» e che «uno sguardo d’insieme all’umanità dimostra che tale missione è ancora agli inizi e che dobbiamo impegnarci con tutte le forze al suo servizio».[9] Perciò egli, con parole che vorrei ora riproporre all’attenzione di tutti, ha esortato la Chiesa a un«rinnovato impegno missionario», nella convinzione che la missione «rinnova la Chiesa, rinvigorisce la fede e l’identità cristiana, dà nuovo entusiasmo e nuove motivazioni. La fede si rafforza donandola! La nuova evangelizzazione dei popoli cristiani troverà ispirazione e sostegno nell’impegno per la missione universale».[10]
Nell’Esortazione apostolica Evangelii gaudium, raccogliendo i frutti della XIII Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, convocataper riflettere sulla nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana, ho desiderato ripresentare a tutta la Chiesa tale urgente vocazione: «Giovanni Paolo IIci ha invitato a riconoscere che “bisogna […] non perdere la tensione per l’annunzio” a coloro che stanno lontani da Cristo, “perché questo èil compito primodella Chiesa”. L’attività missionaria “rappresenta, ancor oggi,la massima sfidaper la Chiesa” e “la causa missionaria deve essere la prima”. Che cosa succederebbe se prendessimo realmente sul serio queste parole? Semplicemente riconosceremmo che l’azione missionaria èil paradigma di ogni opera della Chiesa».[11]
Quanto intendevo esprimere mi pare ancora una volta improrogabile: «Ha un significato programmatico e dalle conseguenze importanti. Spero che tutte le comunità facciano in modo di porre in atto i mezzi necessari per avanzare nel cammino di una conversione pastorale e missionaria, che non può lasciare le cose come stanno. Ora non ci serve una “semplice amministrazione”.Costituiamoci in tutte le regioni della terra in un “stato permanente di missione”».[12] Non temiamo di intraprendere, con fiducia in Dio e tanto coraggio, «una scelta missionaria capace di trasformare ogni cosa, perché le consuetudini, gli stili, gli orari, il linguaggio e ogni struttura ecclesiale diventino un canale adeguato per l’evangelizzazione del mondo attuale, più che per l’autopreservazione. La riforma delle strutture, che esige la conversione pastorale, si può intendere solo in questo senso: fare in modo che esse diventino tutte più missionarie, che la pastorale ordinaria in tutte le sue istanze sia più espansiva e aperta, che ponga gli agenti pastorali in costante atteggiamento di uscita e favorisca così la risposta positiva di tutti coloro ai quali Gesù offre la sua amicizia. Come diceva Giovanni Paolo IIai Vescovi dell’Oceania, “ogni rinnovamento nella Chiesa deve avere la missione come suo scopo per non cadere preda di una specie d’introversione ecclesiale”».[13]
La Lettera apostolica Maximum illud aveva esortato, con spirito profetico e franchezza evangelica, a uscire dai confini delle nazioni, per testimoniare la volontà salvifica di Dio attraverso la missione universale della Chiesa. L’approssimarsi del suo centenario sia di stimolo a superare la tentazione ricorrente che si nasconde dietro ad ogni introversione ecclesiale, ad ogni chiusura autoreferenziale nei propri confini sicuri, ad ogni forma di pessimismo pastorale, ad ogni sterile nostalgia del passato, per aprirci invece alla novità gioiosa del Vangelo. Anche in questi nostri tempi, dilaniati dalle tragedie della guerra e insidiati dalla triste volontà di accentuare le differenze e fomentare gli scontri, la Buona Notizia che in Gesù il perdono vince il peccato, la vita sconfigge la morte e l’amore vince il timore sia portata a tutti con rinnovato ardore e infonda fiducia e speranza.
È con questi sentimenti che, accogliendo la proposta della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, indico un Mese missionario straordinario nell’ottobre 2019, al fine di risvegliare maggiormente la consapevolezza della missio ad gentes e di riprendere con nuovo slancio la trasformazione missionaria della vita e della pastorale. Ci si potrà ben disporre ad esso, anche attraverso il mese missionario di ottobre del prossimo anno, affinché tutti i fedeli abbiano veramente a cuore l’annuncio del Vangelo e la conversione delle loro comunità in realtà missionarie ed evangelizzatrici; affinché si accresca l’amore per la missione, che «è una passione per Gesù ma, al tempo stesso, è una passione per il suo popolo».[14]
A Lei, venerato Fratello, al Dicastero che presiede e alle Pontificie Opere Missionarie affido il compito di avviare la preparazione di questo avvenimento, in particolare attraverso un’ampia sensibilizzazione delle Chiese particolari, degli Istituti di vita consacrata e delle Società di vita apostolica, così come delle associazioni, dei movimenti, delle comunità e delle altre realtà ecclesiali. Il Mese missionario straordinario sia occasione di grazia intensa e feconda per promuovere iniziative e intensificare in modo particolare la preghiera – anima di ogni missione – l’annuncio del Vangelo, la riflessione biblica e teologica sulla missione, le opere di carità cristiana e le azioni concrete di collaborazione e di solidarietà tra le Chiese, così che si risvegli e mai ci venga sottratto l’entusiasmo missionario.[15]
Dal Vaticano, 22 ottobre 2017
XXIX Domenica del Tempo Ordinario
Memoria di san Giovanni Paolo II
Giornata Missionaria Mondiale
FRANCESCO
______________________________
[1] Lettera ai capi dei popoli belligeranti, 1 agosto 1917: AAS IX (1917), 421-423.
[2] Benedetto XV, Lett. ap. Maximum illud, 30 novembre 1919: AAS 11 (1919), 445.
[3] Decreto sull’attività missionaria della Chiesa Ad gentes, 7 dicembre 1965, 7: AAS 58 (1966), 955.
[4] Ibid., 2: AAS 58 (1966), 948.
[5] Paolo VI, Esort. ap. Evangelii nuntiandi, 8 dicembre 1975, 14: AAS 68 (1976), 13.
[6] Decr. Ad gentes, 5: AAS 58 (1966), 952.
[7] Ibid., 8: AAS 58 (1966), 956-957.
[8] Ibid., 10: AAS 58 (1966), 959.
[9] Lett. enc.Redemptoris missio, 7 dicembre 1990, 1:AAS83 (1991), 249.
[10] Ibid., 2: AAS83 (1991), 250-251.
[11] N. 15: AAS 105 (2013), 1026.
[12] Ibid., 25: AAS 105 (2013), 1030.
[13] Ibid., 27: AAS 105 (2013), 1031.
[14] Ibid., 268: AAS 105 (2013), 1128.
[15] Ibid., 80: AAS 105 (2013), 1053.
[01588-IT.01] [Testo originale: Italiano]
Traduzione in lingua francese
Au vénérable Frère
Cardinal Fernando FILONI
Préfet de la Congrégation pour l’Evangélisation des Peuples
Le 30 novembre 2019 aura lieu le centenaire de la promulgation de la Lettre Apostolique Maximum illud, par laquelle Benoît XV a voulu donner un nouvel élan à la responsabilité missionnaire d’annoncer l’Evangile. C’était en 1919,à la fin d’un terrible conflit mondial qu’il a défini lui-même «massacre inutile»[1], que le Pape avait senti la nécessité de requalifier de manière évangélique la mission dans le monde, afin qu’elle soit purifiée de toute collusion avec la colonisation et se tienne loin des visées nationalistes et expansionnistes qui avaient causé tant de désastres. «L’Eglise de Dieu est universelle, nullement étrangère à aucun peuple»[2], a-t-il écrit, en exhortant aussi à refuser toute forme d’intérêt, puisque seule l’annonce et la charité du Seigneur Jésus, diffusées avec la sainteté de la vie et les bonnes œuvres, sont la raison d’être de la mission. Benoît XV a ainsi donné un élan spécial à la missio ad gentes, en s’employant, avec les outils conceptuels et de communication en usage à l’époque, à réveiller, en particulier auprès du clergé, la conscience du devoir missionnaire.
Cela répond à l’invitation permanente de Jésus: «Allez dans le monde entier et proclamez l’Evangile à toute la création» (Mc 16,15). Adhérer à cet ordre du Seigneur n’est pas une option pour l’Eglise: c’est sa «tâche obligatoire», comme l’a rappelé le Concile Vatican II,[3] puisque l’Eglise «par nature,est missionnaire».[4] «Evangéliser est, en effet, la grâce et la vocation propre de l’Eglise, son identité la plus profonde. Elle existe pour évangéliser».[5] Pour correspondre à une telle identité et proclamer Jésus crucifié et ressuscité pour tous, le Sauveur vivant, la Miséricorde qui sauve, «il est nécessaire – affirme encore le Concile – que l’Eglise, toujours sous la poussée de l’Esprit du Christ, marche par la même voie qu’il a suivie, c’est-à-dire par la voie de la pauvreté, de l’obéissance, du service et de l’immolation de soi jusqu’à la mort»[6], afin qu’elle communique réellement le Seigneur, «modèle de l’humanité rénovée, pénétrée d’amour fraternel, de sincérité, d’esprit pacifique, à laquelle tous aspirent».[7]
Ce qui tenait à cœur à Benoît XV il y a presque cent ans, et que le Document conciliaire nous rappelle depuis plus de cinquante ans reste pleinement actuel. Aujourd’hui comme alors «l’Eglise, envoyée par le Christ pour manifester et communiquer la charité de Dieu à tous les hommes et à toutes les nations, a conscience qu’elle a à faire une œuvre missionnaire énorme».[8] A ce propos, saint Jean-Paul II a observé que «la mission du Christ Rédempteur, confiée à l'Eglise, est encore bien loin de son achèvement» et qu’«un regard d'ensemble porté sur l'humanité montre que cette mission en est encore à ses débuts et que nous devons nous engager de toutes nos forces à son service».[9] C’est pourquoi, avec les paroles que je voudrais reproposer à l’attention de tous, il a exhorté l’Eglise à «renouveler son engagement missionnaire», avec la conviction que la mission «renouvelle l'Eglise, renforce la foi et l'identité chrétienne, donne un regain d'enthousiasme et des motivations nouvelles.La foi s'affermit lorsqu'on la donne ! La nouvelle évangélisation des peuples chrétiens trouvera inspiration et soutien dans l'engagement pour la mission universelle».[10]
Dans l’Exhortation apostolique Evangelii gaudium, recueillant les fruits de la XIIIème Assemblée Générale Ordinaire du Synode des Evêques, qui a été convoquée pour réfléchir sur la nouvelle évangélisation pour la transmission de la foi chrétienne, j’ai voulu présenter de nouveau à toute l’Eglise cette vocation urgente: «Jean-Paul IInous a invités à reconnaître qu’il “est nécessaire de rester tendus vers l’annonce“ à ceux qui sont éloignés du Christ, “car telle estla tâche premièrede l’Église”. L’activité missionnaire “représente, aujourd’hui encore,le plus grand des défispour l’Église”et “la cause missionnairedoit avoir la premièreplace”.Que se passerait-il si nous prenions réellement au sérieux ces paroles ? Nous reconnaîtrions simplement que l’action missionnaire est leparadigme de toute tâche de l’Église».[11]
Ce que je voulais exprimer me paraît encore urgent: « [Cela]aune signification programmatique et des conséquences importantes. J’espère que toutes les communautés feront en sorte de mettre en œuvre les moyens nécessaires pour avancer sur le chemin d’une conversion pastorale et missionnaire, qui ne peut laisser les choses comme elles sont. Ce n’est pas d’une “simple administration”dont nous avons besoin. Constituons-nous dans toutes les régions de la terre en un “état permanent de mission”».[12] Ne craignons pas d’entreprendre, avec confiance en Dieu et beaucoup de courage, «un choix missionnaire capable de transformer toute chose, afin que les habitudes, les styles, les horaires, le langage et toute structure ecclésiale devienne un canal adéquat pour l’évangélisation du monde actuel, plus que pour l’auto-préservation. La réforme des structures, qui exige la conversion pastorale, ne peut se comprendre qu’en ce sens : faire en sorte qu’elles deviennent toutes plus missionnaires, que la pastorale ordinaire en toutes ses instances soit plus expansive et ouverte, qu’elle mette les agents pastoraux en constante attitude de “sortie” et favorise ainsi la réponse positive de tous ceux auxquels Jésus offre son amitié. Comme le disait Jean-Paul II aux évêques de l’Océanie, “tout renouvellement dans l’Église doit avoir pour but la mission, afin de ne pas tomber dans le risque d’une Église centrée sur elle-même” ».[13]
La Lettre apostolique Maximum illud avait exhorté, avec un sens prophétique et une assurance évangélique, à sortir des frontières des nations, pour témoigner de la volonté salvifique de Dieu à travers la mission universelle de l’Eglise. Que l’approche de son centenaire soit un stimulant pour dépasser la tentation récurrente qui se cache derrière toute introversion ecclésiale, toute fermeture autoréférentielle dans ses propres limites sécuritaires, toute forme de pessimisme pastoral, toute nostalgie stérile du passé, pour s’ouvrir plutôt à la nouveauté joyeuse de l’Evangile. Même en ces temps qui sont les nôtres, déchirés par les tragédies de la guerre et minés par la triste volonté d’accentuer les différences et de fomenter les conflits, que la Bonne Nouvelle qu’en Jésus le pardon est vainqueur du péché, la vie est victorieuse de la mort, de la peur et de l’angoisse, soit portée à tous avec une ardeur renouvelée ainsi qu’une grande confiance et espérance.
C’est avec ces sentiments que, ayant accueilli la proposition de la Congrégation pour l’Evangélisation des Peuples, je décrète un Mois missionnaire extraordinaire en octobre 2019, afin de susciter une plus grande prise de conscience de la missio ad gentes et de reprendre avec un nouvel élan la transformation missionnaire de la vie et de la pastorale. On pourra bien s’y préparer, également à travers le mois missionnaire d’octobre de l’année prochaine, afin que les fidèles aient vraiment à cœur l’annonce de l’Evangile et la conversion de leur communauté en une réalité missionnaire et évangélisatrice ; afin que s’accroisse l’amour pour la mission, qui «est une passion pour Jésus mais, en même temps, une passion pour son peuple».[14]
A Vous, vénérable Frère, au Dicastère que vous présidez et aux Œuvres Pontificales Missionnaires, je confie la charge de commencer la préparation de cet événement, spécialement à travers une ample sensibilisation des Eglises particulières, des Instituts de vie consacrée et des Sociétés de vie apostolique, ainsi que des associations, des mouvements, des communautés et autres réalités ecclésiales. Que le Mois missionnaire extraordinaire soit une occasion de grâce intense et féconde pour promouvoir des initiatives et intensifier de manière singulière la prière – âme de toute mission –, l’annonce de l’Evangile, la réflexion biblique et théologique sur la mission, les œuvres de charité chrétienne et les actions concrètes de coopération et de solidarité entre les Eglises, afin que se réveille et jamais ne nous soit volé l’enthousiasme missionnaire.[15]
Du Vatican, le 22 octobre 2017
XXIXème Dimanche du Temps Ordinaire
Mémoire de saint Jean-Paul II
Journée Mondiale des Missions
FRANÇOIS
____________________
[1] Lettre aux Chefs des peuples belligérants, (1er aout 1917): AAS 9 (1917), 421-423.
[2] BENOIT XV, Lettre apostolique Maximum illud, (30 novembre 1919) : AAS 11 (1919), 445.
[3] Décret sur l’activité missionnaire de l’Eglise Ad gentes, (7 décembre 1965), n. 7: AAS 58 (1966), 955.
[4] Ibid., 2: AAS 58 (1966), 948.
[5] PAUL VI, Exhortation apostolique Evangelii nuntiandi, (8 décembre 1975), n. 14: AAS 68 (1976), 13.
[6] Décret Ad gentes, n. 5: AAS 58 (1966), 952.
[7] Ibid., n. 8: AAS 28 (1966), 956-957.
[8] Ibid., n. 10: AAS 58 (1966), 959.
[9] Lettre encyclique Redemptoris missio, ( 7 décembre 1990), n. 1 : AAS 83 (1991), 249.
[10] Ibid., n. 2: AAS 83 (1991), 250-251.
[11] N. 15: AAS 105 (2013), 1026.
[12] Ibid., n. 25: AAS 105 (2013), 1030.
[13] Ibid., n. 27: AAS 105 (2013), 1031.
[14] Ibid., n. 268: AAS 105 (2013), 1128.
[15] Ibid., n. 80: AAS 105 (2013), 1053.
[01588-FR.01] [Texte original: Italien]
Traduzione in lingua inglese
To my Venerable Brother
Cardinal Fernando Filoni
Prefect of the Congregation for the Evangelization of Peoples
On 30 November 2019, we will celebrate the hundredth anniversary of the promulgation of the Apostolic Letter Maximum Illud, with which Pope Benedict XV sought to give new impetus to the missionary task of proclaiming the Gospel. In 1919, in the wake of a tragic global conflict that he himself called a “useless slaughter,”[1] the Pope recognized the need for a more evangelical approach to missionary work in the world, so that it would be purified of any colonial overtones and kept far away from the nationalistic and expansionistic aims that had proved so disastrous. “The Church of God is universal; she is not alien to any people,”[2] he wrote, firmly calling for the rejection of any form of particular interest, inasmuch as the proclamation and the love of the Lord Jesus, spread by holiness of one’s life and good works, are the sole purpose of missionary activity. Benedict XV thus laid special emphasis on the missio ad gentes, employing the concepts and language of the time, in an effort to revive, particularly among the clergy, a sense of duty towards the missions.
That duty is a response to Jesus’ perennial command to “go into the whole world and proclaim the Gospel to every creature” (Mk 16:15). Obeying this mandate of the Lord is not an option for the Church: in the words of the Second Vatican Council, it is her “essential task,”[3] for the Church is “missionary by nature.”[4] “Evangelizing is in fact the grace and vocation proper to the Church, her deepest identity; she exists in order to evangelize.”[5] The Council went on to say that, if the Church is to remain faithful to herself and to preach Jesus crucified and risen for all, the living and merciful Saviour, then “prompted by the Holy Spirit, she must walk the same path Christ walked: a path of poverty and obedience, of service and self-sacrifice.”[6] In this way, she will effectively proclaim the Lord, “model of that redeemed humanity, imbued with brotherly love, sincerity and a peaceful spirit, to which all aspire.”[7]
What Pope Benedict XV so greatly desired almost a century ago, and the Council reiterated some fifty years ago, remains timely. Even now, as in the past, “the Church, sent by Christ to reveal and to communicate the love of God to all men and nations, is aware that there still remains an enormous missionary task for her to accomplish.”[8] In this regard, Saint John Paul II noted that “the mission of Christ the Redeemer, which is entrusted to the Church, is still very far from completion,” and indeed, “an overall view of the human race shows that this mission is still only beginning and that we must commit ourselves wholeheartedly to its service.”[9] As a result, in words that I would now draw once more to everyone’s attention, Saint John Paul exhorted the Church to undertake a “renewed missionary commitment”, in the conviction that missionary activity “renews the Church, revitalizes faith and Christian identity, and offers fresh enthusiasm and new incentive. Faith is strengthened when it is given to others! It is in commitment to the Church’s universal mission that the new evangelization of Christian peoples will find inspiration and support.”[10]
In my Apostolic Exhortation Evangelii Gaudium, drawing from the proceedings of the Thirteenth Ordinary General Assembly of the Synod of Bishops, which met to reflect on the new evangelization for the transmission of the Christian faith, I once more set this urgent summons before the whole Church. There I wrote, “John Paul II asked us to recognize that ‘there must be no lessening of the impetus to preach the Gospel’ to those who are far from Christ, ‘because this is the first task of the Church.’ Indeed, ‘today missionary activity still represents the greatest challenge for the Church’ and ‘the missionary task must remain foremost.’ What would happen if we were to take these words seriously? We would realize that missionary outreach is paradigmatic for all the Church’s activity.”[11]
I am convinced that this challenge remains as urgent as ever. “[It] has a programmatic significance and important consequences. I hope that all communities will devote the necessary effort to advancing along the path of a pastoral and missionary conversion that cannot leave things as they presently are. ‘Mere administration’ can no longer be enough. Throughout the world, let us be ‘permanently in a state of mission.’”[12] Let us not fear to undertake, with trust in God and great courage, “a missionary option capable of transforming everything, so that the Church’s customs, ways of doing things, times and schedules, language and structures can be suitably channeled for the evangelization of today’s world rather than for her self-preservation. The renewal of structures demanded by pastoral conversion can only be understood in this light: as part of an effort to make them more mission-oriented, to make ordinary pastoral activity on every level more inclusive and open, to inspire in pastoral workers a constant desire to go forth and in this way to elicit a positive response from all those whom Jesus summons to friendship with himself. As John Paul II told the Bishops of Oceania, ‘All renewal in the Church must have mission as its goal if it is not to fall prey to a kind of ecclesial introversion.’”[13]
The Apostolic Letter Maximum Illud called for transcending national boundaries and bearing witness, with prophetic spirit and evangelical boldness, to God’s saving will through the Church’s universal mission. May the approaching centenary of that Letter serve as an incentive to combat the recurring temptation lurking beneath every form of ecclesial introversion, self-referential retreat into comfort zones, pastoral pessimism and sterile nostalgia for the past. Instead, may we be open to the joyful newness of the Gospel. In these, our troubled times, rent by the tragedies of war and menaced by the baneful tendency to accentuate differences and to incite conflict, may the Good News that in Jesus forgiveness triumphs over sin, life defeats death and love conquers fear, be proclaimed to the world with renewed fervour, and instil trust and hope in everyone.
In the light of this, accepting the proposal of the Congregation for the Evangelization of Peoples, I hereby call for an Extraordinary Missionary Month to be celebrated in October 2019, with the aim of fostering an increased awareness of the missio ad gentes and taking up again with renewed fervour the missionary transformation of the Church’s life and pastoral activity. The Missionary Month of October 2018 can serve as a good preparation for this celebration by enabling all the faithful to take to heart the proclamation of the Gospel and to help their communities grow in missionary and evangelizing zeal. May the love for the Church’s mission, which is “a passion for Jesus and a passion for his people,”[14] grow ever stronger!
I entrust you, venerable Brother, the Congregation which you head, and the Pontifical Missionary Societies with the work of preparing for this event, especially by raising awareness among the particular Churches, the Institutes of Consecrated Life and Societies of Apostolic Life, and among associations, movements, communities and other ecclesial bodies. May the Extraordinary Missionary Month prove an intense and fruitful occasion of grace, and promote initiatives and above all prayer, the soul of all missionary activity. May it likewise advance the preaching of the Gospel, biblical and theological reflection on the Church’s mission, works of Christian charity, and practical works of cooperation and solidarity between Churches, so that missionary zeal may revive and never be wanting among us.[15]
From the Vatican, 22 October 2017
XXIX Sunday of Ordinary Time
Memorial of Saint John Paul II
World Mission Sunday
FRANCIS
___________________
[1] Letter to the Leaders of the Warring Peoples, 1 August 1917: AAS IX (1917), 421-423.
[2] Benedict XV, Apostolic Letter Maximum Illud, 30 November 1919: AAS 11 (1919), 445.
[3] Decree on the Missionary Activity of the Church Ad Gentes, 7 December 1965, 7: AAS 58 (1966), 955.
[4] Ibid., 2: AAS 58 (1966), 948.
[5] Paul VI, Apostolic Exhortation Evangelii Nuntiandi, 8 December 1975, 14: AAS 68 (1976), 13.
[6] Decree Ad Gentes, 5: AAS 58 (1966), 952.
[7] Ibid., 8: AAS 58 (1966), 956-957.
[8] Ibid., 10: AAS 58 (1966), 959.
[9] Encyclical LetterRedemptoris Missio, 7 December 1990, 1:AAS83 (1991), 249.
[10] Ibid., 2: AAS83 (1991), 250-251.
[11] Apostolic Exhortation Evangelii Gaudium 15: AAS 105 (2013), 1026.
[12] Ibid., 25: AAS 105 (2013), 1030.
[13] Ibid., 27: AAS 105 (2013), 1031.
[14] Ibid., 268: AAS 105 (2013), 1128.
[15] Ibid., 80: AAS 105 (2013), 1053.
[01588-EN.01] [Original text: Italian]
Traduzione in lingua tedesca
An den verehrten Bruder
Kardinal Fernando Filoni
Präfekt der Kongregation für die Evangelisierung der Völker
Am 30. November 2019 jährt sich zum hundertsten Mal die Promulgation des Apostolischen Schreibens Maximum illud, mit dem Papst Benedikt XV. der missionarischen Verantwortung, das Evangelium zu verkünden, neuen Schwung verleihen wollte. In jenem Jahr 1919, am Ende eines schrecklichen weltweiten Konfliktes, den er selbst als »unnötiges Blutbad«[1] bezeichnete, mahnte der Papst die Notwendigkeit an, die Weltmission auf der Grundlage des Evangeliums zu erneuern, damit sie von jeglicher kolonialer Verkrustung gereinigt würde und sich von den nationalistischen und expansionistischen Bestrebungen fernhielte, die so viel Unheil angerichtet hatten. Er schrieb, dass »die Kirche Gottes universal und damit keinem Volke fremd ist«[2], und forderte dabei auch, allem Eigennutz zu widersagen, weil der Sinn der Mission ausschließlich in der Botschaft und Liebe Jesu Christi, die durch die Heiligkeit des Lebens und Werke der Nächstenliebe verbreitet werden, besteht. Benedikt XV. gab so der missio ad gentes einen besonderen Impuls und setzte sich mit dem begrifflichen und kommunikativen Instrumentarium seiner Zeit dafür ein, vor allem beim Klerus das Bewusstsein für die Verpflichtung zur Mission wieder wachzurufen.
Diese Verpflichtung zur Mission ist Antwort auf die zeitlos gültige Aufforderung Jesu: »Geht hinaus in die ganze Welt und verkündet das Evangelium allen Geschöpfen!« (Mk 16,15). Diesem Gebot des Herrn zu folgen ist nicht eine Option für die Kirche, sondern ihr »unumgänglicher Auftrag«, wie das Zweite Vatikanische Konzil[3] in Erinnerung ruft, da die Kirche »ihrem Wesen nach missionarisch«[4] ist. »Evangelisieren ist in der Tat die Gnade und eigentliche Berufung der Kirche, ihre tiefste Identität. Sie ist da, um zu evangelisieren.«[5] Um dieser Identität zu entsprechen und Jesus Christus als den für alle gekreuzigten und auferstandenen Herrn zu bekennen, als den lebendigen Heiland und die Barmherzigkeit, die rettet, »muss die Kirche« – sagt das Konzil weiter – »unter der Führung des Heiligen Geistes denselben Weg gehen, den Christus gegangen ist, nämlich den Weg der Armut, des Gehorsams, des Dienens und des Selbststopfers.«[6] Nur so verkündet sie wirklich den Herrn, das »Urbild jener erneuerten, von brüderlicher Liebe, Lauterkeit und Friedensgeist durchdrungenen Menschheit, nach der alle verlangen.«[7]
Das, was Benedikt XV. vor fast hundert Jahren so am Herzen lag und woran uns das Konzilsdokument seit mehr als fünfzig Jahren erinnert, ist von bleibender Aktualität. Heute wie damals ist die Kirche »von Christus gesandt, die Liebe Gottes allen Menschen und Völkern zu verkünden und mitzuteilen; sie ist sich bewusst, dass noch eine ungeheure missionarische Aufgabe vor ihr liegt.«[8] In diesem Sinn hat der heilige Johannes Paul II. festgestellt: »Die Sendung Christi, des Erlösers, die der Kirche anvertraut ist, ist noch weit davon entfernt, vollendet zu sein. Ein Blick auf die Menschheit insgesamt am Ende des zweiten Jahrtausends zeigt uns, dass diese Sendung noch in den Anfängen steckt und dass wir uns mit allen Kräften für den Dienst an dieser Sendung einsetzen müssen.« [9] Darum hat er mit Worten, auf die ich heute alle wieder neu aufmerksam machen möchte, die Kirche zu einer »Erneuerung des missionarischen Eifers« aufgerufen. Er war überzeugt: »Durch die Mission wird die Kirche tatsächlich erneuert, Glaube und christliche Identität werden bestärkt und erhalten neuen Schwung und neue Motivation. Der Glaube wird stark durch Weitergabe! Die neue Evangelisierung der christlichen Völker findet Anregung und Halt im Einsatz für die sich weltweit betätigende Mission.«[10]
Im Apostolischen Schreiben Evangelii gaudium war es mein Anliegen, als Frucht der XIII. Ordentlichen Generalversammlung der Bischofssynode, die einberufen wurde, um über die Neuevangelisierung zur Weitergabe des christlichen Glaubens nachzudenken, der ganzen Kirche diese dringende Berufung neu vor Augen zu stellen: »Johannes Paul II. hat uns ans Herz gelegt anzuerkennen, dass „die Kraft nicht verlorengehen [darf] für die Verkündigung“ an jene, die fern sind von Christus, denn dies ist „die erste Aufgabe der Kirche“. „Die Missionstätigkeit stellt auch heute noch die größte Herausforderung für die Kirche dar“ und so „muss das missionarische Anliegen das erste sein“. Was würde geschehen, wenn wir diese Worte wirklich ernst nehmen würden? Wir würden einfach erkennen, dass das missionarische Handeln das Paradigma für alles Wirken der Kirche ist.«[11]
Was ich ausdrücken wollte, erscheint mir, um es noch einmal zu sagen, unaufschiebbar und ich meine, dass es »eine programmatische Bedeutung hat und wichtige Konsequenzen beinhaltet. Ich hoffe, dass alle Gemeinschaften dafür sorgen, die notwendigen Maßnahmen zu ergreifen, um auf dem Weg einer pastoralen und missionarischen Neuausrichtung voranzuschreiten, der die Dinge nicht so belassen darf, wie sie sind. Jetzt dient uns nicht eine „reine Verwaltungsarbeit.“ Versetzen wir uns also in allen Regionen der Erde in einen „Zustand permanenter Mission“.«[12] Haben wir mit Gottvertrauen und viel Mut keine Furcht vor einer »missionarischen Entscheidung, die fähig ist, alles zu verwandeln, damit die Gewohnheiten, die Stile, die Zeitpläne, der Sprachgebrauch und jede kirchliche Struktur ein Kanal werden, der mehr der Evangelisierung der heutigen Welt als der Selbstbewahrung dient. Die Reform der Strukturen, die für die pastorale Neuausrichtung erforderlich ist, kann nur in diesem Sinn verstanden werden: dafür zu sorgen, dass sie alle missionarischer werden, dass die gewöhnliche Seelsorge in all ihren Bereichen expansiver und offener ist, dass sie die in der Seelsorge Tätigen in eine ständige Haltung des „Aufbruchs“ versetzt und so die positive Haltung all derer begünstigt, denen Jesus seine Freundschaft anbietet. Wie Johannes Paul II. zu den Bischöfen Ozeaniens sagte, muss „jede Erneuerung in der Kirche […] auf die Mission abzielen, um nicht eine Art kirchlicher Introversion zu verfallen.“«[13]
Das Apostolische Schreiben Maximum illud hatte in prophetischem Geist und im Freimut des Evangeliums dazu aufgerufen, die Grenzen der Nationen zu verlassen, um den Heilswillen Gottes durch die universale Mission der Kirche zu bezeugen. Das Herannahen des hundertsten Jahrestages seiner Promulgation sei ein Ansporn, die ständige Versuchung zu überwinden, die sich hinter jeder kirchlichen Introversion verbirgt, hinter jedem selbstbezogenen Rückzug in die eigenen sicheren Grenzen, hinter jeder Form eines pastoralen Pessimismus, hinter jeder sterilen Nostalgie, um uns hingegen der freudvollen Neuheit des Evangeliums zu öffnen. Auch in diesen unseren Zeiten, die gequält sind von den Tragödien des Krieges und bedroht vom betrüblichen Willen, die Unterschiede zu betonen und Auseinandersetzungen zu schüren, sei allen mit neuem Eifer diese Gute Nachricht gebracht, die Vertrauen und Hoffnung schenkt: dass in Jesus Christus die Vergebung die Sünde besiegt, dass in ihm das Leben den Tod überwindet und die Liebe alle Furcht bezwingt.
Aus dieser Gesinnung heraus und auf Vorschlag der Kongregation für die Evangelisierung der Völker rufe ich für Oktober 2019 einen außerordentlichen Monat der Mission aus, um das Bewusstsein der missio ad gentes wieder stärker wachzurufen und mit neuem Schwung die missionarische Umgestaltung des Lebens und der Seelsorge wiederaufzunehmen. Darauf wird man sich gut vorbereiten können, auch durch den Missionsmonat Oktober des nächsten Jahres, damit es allen Gläubigen ein wahres Herzensanliegen sei, das Evangelium zu verkünden und ihre Gemeinschaften in missionarische und evangelisierende Wirklichkeiten zu verwandeln; damit die Liebe für die Mission wachse, die »eine Leidenschaft für Jesus, zugleich aber eine Leidenschaft für sein Volk«[14] ist.
Ihnen, verehrter Bruder, dem Dikasterium, das Sie leiten, und den Päpstlichen Missionswerken vertraue ich die Aufgabe an, die Vorbereitung auf dieses Ereignis auf den Weg zu bringen, besonders durch eine weit gestreute Sensibilisierung der Teilkirchen, der Institute gottgeweihten Lebens und der Gesellschaften apostolischen Lebens sowie der anderen kirchlichen Vereine, Bewegungen und Gemeinschaften. Der außerordentliche Monat der Mission möge eine intensive und fruchtbare Zeit der Gnade sein, um Initiativen zu fördern und in besonderer Weise das Gebet zu vertiefen, das die Seele aller Mission ist. Es sei eine intensive Zeit der Verkündigung des Evangeliums, der biblischen und theologischen Reflexion über die Mission, eine Zeit praktizierter christlicher Nächstenliebe und konkreter Aktionen der Zusammenarbeit und Solidarität unter den Kirchen, sodass die missionarische Begeisterung neu erwache und uns nie verloren gehe.[15]
Aus dem Vatikan, am 22. Oktober 2017
29. Sonntag im Jahreskreis
Gedenktag des heiligen Johannes Paul II.
Weltmissionssonntag
FRANZISKUS
___________________
[1] Brief an die Staatsoberhäupter der kriegführenden Völker, 1. August 1917: AAS IX (1917), 421-423.
[2] Benedikt XV., Apost. Schreiben Maximum illud, 30. November 1919: AAS 11 (1919), 445.
[3] Dekret über die Missionstätigkeit der Kirche Ad gentes, 7. Dezember 1965, 7: AAS 58 (1966), 955.
[4] Ebd., 2: AAS 58 (1966), 948.
[5] Paul VI., Apost. Schreiben Evangelium nuntiandi, 8. Dezember 1975, 14: AAS 68 (1976), 13.
[6] Dekr. Ad gentes, 5: AAS 58 (1966), 952.
[7] Ebd., 8: AAS 58 (1966), 956-957.
[8] Ebd., 10: AAS 58 (1966), 959.
[9] Enzyklika Redemptoris missio, 7. Dezember 1990, 1: AAS 83 (1991), 249.
[10] Ebd., 2: AAS 83 (1991), 250-251.
[11] Nr. 15: AAS 105 (2013), 1026.
[12] Ebd., 25: AAS 105 (2013), 1030.
[13] Ebd., 27: AAS 105 (2013), 1031.
[14] Ebd., 268: AAS 105 (2013), 1128.
[15] Ebd., 80: AAS 105 (2013), 1053.
[01588-DE.01] [Originalsprache: Italienisch]
Traduzione in lingua spagnola
Al venerable Hermano
Cardenal Fernando FILONI
Prefecto de la Congregación para la Evangelización de los Pueblos
El 30 de noviembre de 2019 se cumplirá el centenario de la promulgación de la Carta apostólica Maximum illud, con la que Benedicto XV quiso dar un nuevo impulso al compromiso misionero de anunciar el Evangelio. Corría el año 1919 cuando el Papa, tras un tremendo conflicto mundial que él mismo definió como una «matanza inútil»,[1] comprendió la necesidad de dar una impronta evangélica a la misión en el mundo, para purificarla de cualquier adherencia colonial y apartarla de aquellas miras nacionalistas y expansionistas que causaron tantos desastres. «La Iglesia de Dios es católica y propia de todos los pueblos y naciones»,[2] escribió, exhortando también a rechazar cualquier forma de búsqueda de un interés, ya que sólo el anuncio y la caridad del Señor Jesús, que se difunden con la santidad de vida y las buenas obras, son la única razón de la misión. Así, haciendo uso de las herramientas conceptuales y comunicativas de la época, Benedicto XV dio un gran impulso a la missio ad gentes, proponiéndose despertar la conciencia del deber misionero, especialmente entre los sacerdotes.
Esto responde a la perenne invitación de Jesús: «Id al mundo entero y proclamad el Evangelio a toda criatura» (Mc 16,15). Cumplir con este mandato del Señor no es algo secundario para la Iglesia; es una «tarea ineludible», como recordó el Concilio Vaticano II,[3] ya que la Iglesia es «misionera por su propia naturaleza».[4] «Evangelizar constituye, en efecto, la dicha y la vocación propia de la Iglesia, su identidad más profunda. Ella existe para evangelizar».[5] Para responder a esa identidad y proclamar que Jesús murió en la cruz y resucitó por todos, que es el Salvador viviente y la Misericordia que salva, «la Iglesia —afirma el Concilio— debe caminar, por moción del Espíritu Santo, por el mismo camino que Cristo siguió, es decir, por el camino de la pobreza, de la obediencia, del servicio y de la inmolación de sí mismo»,[6] para que pueda transmitir realmente al Señor, «modelo de esta humanidad renovada, llena de amor fraterno, de sinceridad y de espíritu pacífico, a la que todos aspiran».[7]
Este empeño de Benedicto XV, de hace casi cien años, así como todo lo que el Documento conciliar nos enseña desde hace más de cincuenta años, siguen siendo de gran actualidad. Hoy, como entonces, «la Iglesia, enviada por Cristo para manifestar y comunicar la caridad de Dios a todos los hombres y pueblos, sabe que tiene que llevar a cabo todavía una ingente labor misionera».[8] A este respecto, san Juan Pablo II observó que «la misión de Cristo Redentor, confiada a la Iglesia, está aún lejos de cumplirse», y que «una mirada global a la humanidad demuestra que esta misión se halla todavía en los comienzos y que debemos comprometernos con todas nuestras energías en su servicio».[9] Por eso él, usando unas palabras que deseo ahora proponer de nuevo a todos, exhortó a la Iglesia a un«renovado compromiso misionero», convencido de que la misión «renueva la Iglesia, refuerza la fe y la identidad cristiana, da nuevo entusiasmo y nuevas motivaciones. ¡La fe se fortalece dándola! La nueva evangelización de los pueblos cristianos hallará inspiración y apoyo en el compromiso por la misión universal».[10]
En la Exhortación apostólica Evangelii gaudium, que recoge los frutos de la XIII Asamblea General Ordinaria del Sínodo de los Obispos, convocada para reflexionar sobre la nueva evangelización para la transmisión de la fe cristiana, quise presentar de nuevo a la Iglesia esta urgente vocación: «Juan Pablo II nos invitó a reconocer que “es necesario mantener viva la solicitud por el anuncio” a los que están alejados de Cristo, “porque esta es la tarea primordial de la Iglesia”. La actividad misionera “representa aún hoy día el mayor desafío para la Iglesia” y “la causa misionera debe ser la primera”. ¿Qué sucedería si nos tomáramos realmente en serio esas palabras? Simplemente reconoceríamos que la salida misionera es el paradigma de toda obra de la Iglesia».[11]
Lo que quería decir entonces me parece que sigue siendo absolutamente urgente: «Tiene un sentido programático y consecuencias importantes. Espero que todas las comunidades procuren poner los medios necesarios para avanzar en el camino de una conversión pastoral y misionera, que no puede dejar las cosas como están. Ya no nos sirve una “simple administración”. Constituyámonos en todas las regiones de la tierra en un “estado permanente de misión”».[12] Con la confianza en Dios y con mucho ánimo, no tengamos miedo de realizar «una opción misionera capaz de transformarlo todo, para que las costumbres, los estilos, los horarios, el lenguaje y toda estructura eclesial se conviertan en un cauce adecuado para la evangelización del mundo actual más que para la autopreservación. La reforma de estructuras que exige la conversión pastoral solo puede entenderse en este sentido: procurar que todas ellas se vuelvan más misioneras, que la pastoral ordinaria en todas sus instancias sea más expansiva y abierta, que coloque a los agentes pastorales en constante actitud de salida y favorezca así la respuesta positiva de todos aquellos a quienes Jesús convoca a su amistad. Como decía Juan Pablo II a los Obispos de Oceanía, “toda renovación en el seno de la Iglesia debe tender a la misión como objetivo para no caer presa de una especie de introversión eclesial”».[13]
La Carta apostólica Maximum illud exhortó, con espíritu profético y franqueza evangélica, a salir de los confines de las naciones para testimoniar la voluntad salvífica de Dios a través de la misión universal de la Iglesia. Que la fecha ya cercana del centenario de esta carta sea un estímulo para superar la tentación recurrente que se esconde en toda clase de introversión eclesial, en la clausura autorreferencial en la seguridad de los propios confines, en toda forma de pesimismo pastoral, en cualquier nostalgia estéril del pasado, para abrirnos en cambio a la gozosa novedad del Evangelio. También en nuestro tiempo, desgarrado por la tragedia de las guerras y acechado por una triste voluntad de acentuar las diferencias y fomentar los conflictos, la Buena Noticia de que en Jesús el perdón vence al pecado, la vida derrota a la muerte y el amor gana al temor, llegue también con ardor renovado a todos y les infunda confianza y esperanza.
Con estos sentimientos, y acogiendo la propuesta de la Congregación para la Evangelización de los Pueblos, convoco un mes misionero extraordinario en octubre de 2019, con el fin de despertar aún más la conciencia misionera de la missio ad gentes y de retomar con un nuevo impulso la transformación misionera de la vida y de la pastoral. Nos podremos disponer para ello, también durante el mes misionero de octubre del próximo año, para que todos los fieles lleven en su corazón el anuncio del Evangelio y la conversión misionera y evangelizadora de las propias comunidades; para que crezca el amor por la misión, que «es una pasión por Jesús, pero, al mismo tiempo, una pasión por su pueblo».[14]
A usted, venerado Hermano, al Dicasterio que preside y a las Pontificias Obras Misioneras confío la tarea de preparar este evento, especialmente a través de una amplia sensibilización de las Iglesias particulares, de los Institutos de vida consagrada y las Sociedades de vida apostólica, así como de las asociaciones, los movimientos, las comunidades y otras realidades eclesiales. Que el mes misionero extraordinario sea un tiempo de gracia intensa y fecunda para promover iniciativas e intensificar de manera especial la oración —alma de toda misión—, el anuncio del Evangelio, la reflexión bíblica y teológica sobre la misión, las obras de caridad cristiana y las acciones concretas de colaboración y de solidaridad entre las Iglesias, de modo que se avive el entusiasmo misionero y nunca nos lo roben.[15]
Vaticano, 22 de octubre de 2017
Domingo XXIX del tiempo ordinario
Memoria de san Juan Pablo II
Jornada Misionera Mundial
FRANCISCO
____________________
[1] Carta a los jefes de los pueblos beligerantes, 1 agosto 1917: AAS IX (1917), 421-423.
[2] Benedicto XV, Carta ap. Maximum illud, 30 noviembre 1919: AAS 11 (1919), 445.
[3] Decreto Ad gentes, sobre la actividad misionera de la Iglesia, 7 diciembre 1965, 7: AAS 58 (1966), 955.
[4] Ibíd., 2: AAS 58 (1966), 948.
[5] Pablo VI, Exh. ap. Evangelii nuntiandi, 8 diciembre 1975, 14: AAS 68 (1976), 13.
[6] Decreto Ad gentes, 5: AAS 58 (1966), 952.
[7] Ibíd., 8: AAS 58 (1966), 956-957.
[8] Ibíd., 10: AAS 58 (1966), 959.
[9] Carta enc.Redemptoris missio, 7 diciembre 1990, 1:AAS83 (1991), 249.
[10] Ibíd., 2: AAS83 (1991), 250-251.
[11] N.15: AAS 105 (2013), 1026.
[12] Ibíd., 25: AAS 105 (2013), 1030.
[13] Ibíd., 27: AAS 105 (2013), 1031.
[14] Ibíd., 268: AAS 105 (2013), 1128.
[15] Ibíd., 80: AAS 105 (2013), 1053.
[01588-ES.01] [Texto original: Italiano]
Traduzione in lingua portoghese
Ao Venerado Irmão
CARDEAL FERNANDO FILONI
Prefeito da Congregação para a Evangelização dos Povos
No dia 30 de novembro de 2019, ocorrerá o centenário da promulgação da Carta Apostólica Maximum illud, com a qual Bento XV quis dar novo impulso à responsabilidade missionária de anunciar o Evangelho. Estávamos no ano de 1919! Terminado um conflito mundial terrível, que ele mesmo definiu «massacre inútil»[1], o Papa sentiu necessidade de requalificar evangelicamente a missão no mundo, purificando-a de qualquer incrustação colonial e preservando-a daquelas ambições nacionalistas e expansionistas que causaram tantos revés. «A Igreja de Deus é universal – escrevia –, nenhum povo lhe é estranho»[2], exortando ele também a rejeitar qualquer forma de interesses, já que só o anúncio e a caridade do Senhor Jesus, difundidos com a santidade da vida e as boas obras, constituem o motivo da missão. Assim Bento XV deu um particular impulso à missio ad gentes, esforçando-se, com os meios concetuais e comunicativos de então, por despertar, especialmente no clero, a consciência do dever missionário.
Este dá resposta ao perene convite de Jesus: «Ide pelo mundo inteiro, proclamai o Evangelho a toda criatura» (Mc 16, 15). Aderir a este mandato do Senhor não é opcional para a Igreja; é uma «obrigação» que lhe incumbe, como recordou o Concílio Vaticano II[3], pois a Igreja «é, por sua natureza, missionária»[4]. «Evangelizar constitui, de facto, a graça e a vocação própria da Igreja, a sua mais profunda identidade. Ela existe para evangelizar»[5]. A fim de corresponder a tal identidade e proclamar Jesus crucificado e ressuscitado por todos, como Salvador vivente, Misericórdia que salva, «a Igreja, movida pelo Espírito Santo, deve – afirma também o Concílio – seguir o mesmo caminho de Cristo: o caminho da pobreza, da obediência, do serviço e da imolação própria até à morte»[6], de modo que comunique realmente o Senhor, «modelo da humanidade renovada e imbuída de fraterno amor, sinceridade e espírito de paz, à qual todos aspiram»[7].
Aquilo que há quase cem anos Bento XV tinha a peito e que o documento conciliar nos está a recordar há mais de cinquenta anos, permanece plenamente atual. Hoje, como então, «enviada por Cristo a manifestar e a comunicar a todos os homens e povos a caridade de Deus, a Igreja reconhece que tem de levar a cabo uma ingente obra missionária»[8]. A propósito, São João Paulo II observou que «a missão de Cristo redentor, confiada à Igreja, está ainda bem longe do seu pleno cumprimento» e que «uma visão de conjunto da humanidade mostra que tal missão está ainda no começo, e que devemos empenhar-nos com todas as forças no seu serviço»[9]. Por isso ele, com palavras que eu gostaria agora de repropor a todos, exortou a Igreja a um «renovado empenhamento missionário», convicto de que «a missão renova a Igreja, revigora a sua fé e identidade, dá-lhe novo entusiasmo e novas motivações. É dando a fé que ela se fortalece! A nova evangelização dos povos cristãos também encontrará inspiração e apoio, no empenho pela missão universal»[10].
Ao recolher na Exortação Apostólica Evangelii gaudium os frutos da XIII Assembleia Geral Ordinária do Sínodo dos Bispos, convocada para refletir sobre a nova evangelização para a transmissão da fé cristã, quis apresentar de novo a toda a Igreja a mesma impelente vocação: «João Paulo II convidou-nos a reconhecer que “não se pode perder a tensão para o anúncio” àqueles que estão longe de Cristo, “porque esta é a tarefa primária da Igreja”. A atividade missionária “ainda hoje representa o máximo desafio para a Igreja” e “a causa missionária deve ser (…) a primeira de todas as causas”. Que sucederia se tomássemos realmente a sério estas palavras? Simplesmente reconheceríamos que a acção missionária é o paradigma de toda a obra da Igreja».[11]
E tudo aquilo que pretendia expressar continua ainda a parecer-me inadiável: «possui um significado programático e tem consequências importantes. Espero que todas as comunidades se esforcem por atuar os meios necessários para avançar no caminho duma conversão pastoral e missionária, que não pode deixar as coisas como estão. Neste momento, não nos serve uma “simples administração”. Constituamo-nos em “estado permanente de missão”, em todas as regiões da terra»[12]. Com confiança em Deus e muita coragem, não temamos empreender «uma opção missionária capaz de transformar tudo, para que os costumes, os estilos, os horários, a linguagem e toda a estrutura eclesial se tornem um canal proporcionado mais à evangelização do mundo atual que à auto-preservação. A reforma das estruturas, que a conversão pastoral exige, só se pode entender neste sentido: fazer com que todas elas se tornem mais missionárias, que a pastoral ordinária em todas as suas instâncias seja mais comunicativa e aberta, que coloque os agentes pastorais em atitude constante de “saída” e, assim, favoreça a resposta positiva de todos aqueles a quem Jesus oferece a sua amizade. Como dizia João Paulo II aos Bispos da Oceânia, “toda a renovação na Igreja há de ter como alvo a missão, para não cair vítima duma espécie de introversão eclesial”»[13].
Com espírito profético e ousadia evangélica, a Carta Apostólica Maximum illud exortara a sair das fronteiras das nações, para testemunhar a vontade salvífica de Deus através da missão universal da Igreja. A aproximação do seu centenário sirva de estímulo para superar a tentação frequente que se esconde por detrás de cada introversão eclesial, de todo o fechamento autorreferencial nas próprias fronteiras seguras, de qualquer forma de pessimismo pastoral, de toda a estéril nostalgia do passado, para, em vez disso, nos abrirmos à jubilosa novidade do Evangelho. Também nestes nossos dias, dilacerados pelas tragédias da guerra e insidiados pela funesta vontade de acentuar as diferenças e fomentar os conflitos, seja levada a todos, com renovado ardor, e infunda confiança e esperança a Boa Nova de que, em Jesus, o perdão vence o pecado, a vida derrota a morte e o medo e triunfa sobre a angústia.
Com estes sentimentos, acolhendo a proposta da Congregação para a Evangelização dos Povos, proclamo outubro de 2019 como Mês Missionário Extraordinário, com o objetivo de despertar em medida maior a consciência da missio ad gentes e retomar com novo impulso a transformação missionária da vida e da pastoral. Poder-nos-emos preparar convenientemente para ele já através do mês missionário de outubro do próximo ano, de modo que todos os fiéis tenham verdadeiramente a peito o anúncio do Evangelho e a transformação das suas comunidades em realidades missionárias e evangelizadoras; e aumente o amor pela missão, que «é uma paixão por Jesus e, simultaneamente, uma paixão pelo seu povo»[14].
A ti, venerado Irmão, ao Dicastério a que presides e às Pontifícias Obras Missionárias, confio a tarefa de pôr em marcha a preparação deste acontecimento, especialmente através duma ampla sensibilização das Igrejas Particulares, dos Institutos de Vida Consagrada e das Sociedades de Vida Apostólica, bem como das associações, movimentos, comunidades e outras realidades eclesiais. Que o Mês Missionário Extraordinário se torne uma ocasião de graça intensa e fecunda para promover iniciativas e intensificar de modo particular a oração – alma de toda a missão –, o anúncio do Evangelho, a reflexão bíblica e teológica sobre a missão, as obras de caridade cristã e as ações concretas de colaboração e solidariedade entre as Igrejas, de modo que se desperte e jamais nos seja roubado o entusiasmo missionário[15].
Do Vaticano, no dia 22 de outubro
XXIX Domingo do Tempo Ordinário
Memória de São João Paulo II
Dia Mundial das Missões – do ano de 2017
FRANCISCO
__________________
[1] Carta aos Chefes de Estado dos povos beligerantes (1/VIII/1917): AAS 9 (1917), 421-423.
[2] Bento XV, Carta ap. Maximum illud (30/XI/1919): AAS 11 (1919), 445.
[3] Decreto sobre a atividade missionária da Igreja Ad gentes (7/X/1965), 7: AAS 58 (1966), 955.
[4] Ibid., 2: AAS 58 (1966), 948.
[5] Paulo VI, Exort. ap. Evangelii nuntiandi (8/XII/1975), 14: AAS 68 (1976), 13.
[6] Decr. Ad gentes, 5: AAS 58 (1966), 952.
[7] Ibid., 8: AAS 58 (1966), 956-957.
[8] Ibid., 10: AAS 58 (1966), 959.
[9] Carta enc. Redemptoris missio (7/XII/1990), 1: AAS83 (1991), 249.
[10] Ibid., 2: AAS 83 (1991), 250-251.
[11] Exort. ap. Evangelli gaudium (24/XI/2013), 15: AAS 105 (2013), 1026.
[12] Ibid., 25: AAS 105 (2013), 1030.
[13] Ibid., 27: AAS 105 (2013), 1031.
[14] Ibid., 268: AAS 105 (2013), 1128.
[15] Cf. Ibid., 80: AAS 105 (2013), 1053.
[01588-PO.01] [Texto original: Italiano]
Traduzione in lingua polacca
Do Czcigodnego Brata
Kardynała Fernando Filoniego,
Prefekta Kongregacji ds. Ewangelizacji Narodów
30 listopada 2019 r. będziemy obchodzili setną rocznicę promulgacji Listu Apostolskiego Maximum illud, którym Benedykt XV pragnął nadać nowy impuls odpowiedzialności misyjnej głoszenia Ewangelii. Był rok 1919: pod koniec straszliwej wojny światowej, którą nazwał „bezsensowną rzezią[1]”, Papież dostrzegał potrzebę ewangelicznego przekwalifikowania misji w świecie, aby została oczyszczona z wszelkiego zanieczyszczenia kolonialnego i trzymała się z dala od tych dążeń nacjonalistycznych i ekspansjonistycznych, które spowodowały wiele katastrof. „Kościół Boży jest powszechny i nie jest obcy żadnemu ludowi ani narodowi”[2] - pisał, zachęcając także do odrzucenia wszelkich form interesowności, ponieważ tylko przepowiadanie i miłość Pana Jezusa, upowszechniane świętością życia i dobrymi uczynkami są motywem misji. W ten sposób Benedykt XV nadał więc szczególny impuls missio ad gentes, starając się za pomocą narzędzi pojęciowych i komunikacyjnych używanych w tym okresie rozbudzić, szczególnie wśród duchowieństwa, świadomość obowiązku misyjnego.
Odpowiada on na nieustanne wezwanie Jezusa: „Idźcie na cały świat i głoście Ewangelię wszelkiemu stworzeniu!” (Mk 16,15). Posłuszeństwo temu poleceniu Pana nie jest dla Kościoła opcją: jest jego „niezbędnym zadaniem”, jak to przypomina Sobór Watykański II[3], Kościół „z natury swojej jest misyjny”[4]. „Obowiązek ewangelizacji należy uważać za łaskę i właściwe powołanie Kościoła; wyraża on najprawdziwszą jego właściwość. Kościół jest dla ewangelizacji”[5]. Aby odpowiedzieć na tę tożsamość i głosić Jezusa, ukrzyżowanego i zmartwychwstałego dla wszystkich, Zbawiciela żyjącego, Miłosierdzie zbawiające, Sobór stwierdza ponadto, że „Kościół powinien pod wpływem Ducha Chrystusowego kroczyć taką samą drogą, jaką postępował Chrystus, to znaczy drogą ubóstwa, posłuszeństwa, posługi i poświęcenia siebie”[6], to znaczy, by naprawdę przekazywał Pana „zasadę i wzór tej odnowionej, napełnionej braterską miłością, uczciwością i pokojowym duchem ludzkości, do której wszyscy tęsknią”[7].
To co leżało na sercu Benedyktowi XV niemal sto lat temu i to, co nam przypomina dokument soborowy od ponad pięćdziesięciu lat, jest niezmiennie aktualne. Dziś, tak jak wówczas „Kościół posłany przez Chrystusa celem objawienia i udzielenia miłości Bożej wszystkim ludziom i narodom, jest świadomy tego, że ma jeszcze do wypełnienia ogromne dzieło misyjne”[8]. W tym względzie, Jan Paweł II zauważył, że „Misja Chrystusa Odkupiciela, powierzona Kościołowi, nie została jeszcze bynajmniej wypełniona do końca”, i że „gdy obejmujemy spojrzeniem ludzkość, przekonujemy się, że misja Kościoła dopiero się rozpoczyna i że w jej służbie musimy zaangażować wszystkie nasze siły”[9]. Dlatego też, w słowach, na które chciałbym obecnie zwrócić uwagę wszystkich, wezwał Kościół do „odnowy zaangażowania misyjnego”, w przekonaniu, że misje „odnawiają Kościół, wzmacniają wiarę i tożsamość chrześcijańską, dają życiu chrześcijańskiemu nowy entuzjazm i nowe uzasadnienie. Wiara umacnia się, gdy jest przekazywana! Nowa ewangelizacja ludów chrześcijańskich znajdzie natchnienie i oparcie w oddaniu się działalności misyjnej”[10].
W adhortacji apostolskiej Evangelii gaudium, zbierając owoce XIII Zwyczajnego Zgromadzenia Ogólnego Synodu Biskupów, zwołanego, aby zastanowić się nad Nową ewangelizacją dla przekazu wiary chrześcijańskiej, pragnąłem ponownie przedstawić całemu Kościołowi takie pilne powołanie: „Jan Paweł II zachęcił nas do uznania, że «należy troszczyć się żywo o przepowiadanie» skierowane do tych, którzy stoją z dala od Chrystusa, «gdyż jest to pierwsze zadanie Kościoła». Działalność misyjna «stanowi także dziś największe wyzwanie dla Kościoła», a «sprawa misji winna być na pierwszym miejscu». Co by się stało, gdybyśmy rzeczywiście potraktowali te słowa na serio? Po prostu uznalibyśmy, że działalność misyjna stanowi paradygmat każdego dzieła Kościoła”[11].
To, co chciałem wyrazić, wydaje mi się po raz kolejny niemożliwe do odłożenia na później: „ma znaczenie programowe i poważne konsekwencje. Mam nadzieję, że wszystkie wspólnoty znajdą sposób na podjęcie odpowiednich kroków, aby podążać drogą duszpasterskiego i misyjnego nawrócenia, które nie może pozostawić rzeczy w takim stanie, w jakim są. Obecnie nie potrzeba nam «zwyczajnego administrowania». Bądźmy we wszystkich regionach ziemi w «permanentnym stanie misji»”[12]. Nie bójmy się podejmować, z ufnością w Bogu i wielką odwagą „«opcji misyjnej», zdolnej przemienić wszystko, aby zwyczaje, style, rozkład zajęć, język i wszystkie struktury kościelne stały się odpowiednią drogą bardziej dla ewangelizowania współczesnego świata, niż do zachowania stanu rzeczy. Reformę struktur, wymagającą nawrócenia duszpasterskiego, można zrozumieć jedynie w następujący sposób: należy sprawić, by stały się one wszystkie bardziej misyjne, by duszpasterstwo zwyczajne we wszystkich swych formach było bardziej ekspansywne i otwarte, by doprowadziło pracujących w duszpasterstwie do nieustannego przyjmowania postawy «wyjścia» i w ten sposób sprzyjało pozytywnej odpowiedzi ze strony tych wszystkich, którym Jezus ofiaruje swoją przyjaźń. Jak mówił Jan Paweł II do biskupów Oceanii: «wszelka odnowa Kościoła musi mieć misję jako swój cel, by nie popaść w pewnego rodzaju kościelne zamknięcie się w sobie»”[13].
List apostolski Maximum illud, zachęcał z duchem proroczym i ewangeliczną odwagą, aby wyjść poza granice narodów, żeby dawać świadectwo zbawczej woli Boga poprzez powszechną misję Kościoła. Zbliżające się stulecie jego opublikowania niech będzie bodźcem do przezwyciężenia powracającej pokusy, która czai się za wszelką introwersją kościelną, za wszelkim autoreferencyjnym zamknięciem w swoich bezpiecznych granicach, za każdą formą pesymizmu duszpasterskiego, za wszelką bezpłodną tęsknotą za przeszłością, abyśmy się otworzyli na radosną nowość Ewangelii. Także w naszych czasach, rozdartych tragediami wojny i zagrożonych smutną chęcią podkreślania różnic i wzniecania konfliktów, niech do wszystkich z odnowionym zapałem niesiona będzie Dobra Nowina, że w Jezusie przebaczenie zwycięża grzech, życie pokonuje śmierć a miłość strach, pobudzając do ufności i nadziei.
Z tymi uczuciami, akceptując propozycję Kongregacji ds. Ewangelizacji Narodów, ogłaszam w październiku 2019 roku Nadzwyczajny Miesiąc Misyjny, aby bardziej rozbudzić świadomość missio ad gentes i podjąć z nową energią przemianę misyjną życia i duszpasterstwa. Można się na ten miesiąc dobrze przygotować także poprzez misyjny miesiąc październik przyszłego roku, aby wszystkim wiernym leżało naprawdę na sercu głoszenie Ewangelii i przekształcenie ich wspólnot w rzeczywistości misyjne i ewangelizacyjne; aby rozwinęło się umiłowanie misji, będących „umiłowaniem Jezusa, ale jednocześnie miłością do Jego ludu”[14].
Tobie, Czcigodny Bracie, Dykasterii, której przewodniczysz i Papieskim Dziełom Misyjnym powierzam zadanie rozpoczęcia przygotowania tego wydarzenia, zwłaszcza poprzez szerokie uczulenie Kościołów partykularnych, Instytutów Życia Konsekrowanego i Stowarzyszeń Życia Apostolskiego, a także stowarzyszeń, ruchów, wspólnot i innych instytucji kościelnych. Niech Nadzwyczajny Miesiąc Misyjny będzie intensywnym i owocnym wydarzeniem łaski, aby promować inicjatywy oraz nasilić w szczególności modlitwę – duszę wszelkiej misji – głoszenie Ewangelii, rozważania biblijne i teologiczne na temat misji, dzieła miłosierdzia chrześcijańskiego i konkretne działania współpracy i solidarności między Kościołami, aby rozbudził się entuzjazm misyjny i aby nigdy nas z niego nie okradziono[15].
Watykan, 22 października 2017 roku
XXIX Niedziela Zwykła
Wspomnienie św. Jana Pawła II
Światowy Dzień Misyjny
FRANCISZEK
_________________
[1] Lettera ai capi dei popoli belligeranti, 1 agosto 1917: AAS IX (1917), 421-423.
[2] BENEDYKT XV, List apostolski, Maximum illud, 30 listopada 1919: Breviarium missionum t. 1, ATK, Warszawa 1979, ss. 200 - 216.
[3] Dekret o misyjnej działalności Kościoła Ad gentes, 7 grudnia 1965, 7.
[4] Tamże, 2.
[5] PAWEŁ VI, Adhort. ap. Evangelii nuntiandi, 8 grudnia 1975, 14.
[6] Dekret Ad gentes,5.
[7] Tamże, 8.
[8] Tamże, 10.
[9] Enc. Redemptoris missio,7 grudnia 1990, 1.
[10] Tamże, 2.
[11] N. 15
[12] Tamże, 25.
[13] Tamże, 27.
[14] Tamże, 268.
[15] Por. tamże, 80.
[01588-PL.01] [Testo originale: Italiano]
[B0727-XX.02]