Sala Stampa

www.vatican.va

Sala Stampa Back Top Print Pdf
Sala Stampa


Conferenza Stampa di Papa Francesco nel volo di ritorno dalla Visita in Egitto (28-29 aprile 2017), 01.05.2017


       

            Testo in lingua originale

            Traduzione in lingua italiana

            Traduzione in lingua francese

            Traduzione in lingua inglese

Traduzione in lingua spagnola

          Traduzione in lingua portoghese

Nella serata di sabato 29 aprile, durante il volo che dal Cairo lo riportava a Roma al termine della Visita in Egitto, Papa Francesco ha incontrato i giornalisti a bordo dell’aereo in una conferenza stampa, la cui trascrizione pubblichiamo di seguito:

Testo in lingua originale

Greg Burke:
Grazie, Santo Padre. Ci sono alcuni giornalisti che fanno il viaggio per la prima volta e alcuni che hanno fatto quasi cento viaggi, più di cento! Lei… non so se sa quanti viaggi internazionali ha fatto…

Papa Francesco:
Diciotto.

Greg Burke:
Diciotto. E il diciannovesimo è dietro l’angolo, quindi anche Lei ha un bel numero di viaggi papali, adesso! Grazie per questo momento, che è sempre un momento forte, per noi.

Incominciamo con il gruppo italiano: Paolo Rodari… Non so se Lei vuole dire qualcosa, prima…

Papa Francesco:
Sì. Buonasera! Vi ringrazio per il lavoro, perché sono state 27 ore, credo, di tanto lavoro. Grazie tante per quello che avete fatto. Grazie. E sono a vostra disposizione.

Greg Burke:
Grazie, Santo Padre.

Paolo Rodari, di “La Repubblica”:
Santo Padre, grazie. Volevo chiederLe, a proposito del Suo incontro di ieri con il Presidente Al Sisi: di che cosa avete parlato, se Lei ha accennato ai temi dei diritti umani e, in particolare, se ha avuto modo di parlare del caso di Giulio Regeni, e se secondo Lei si arriverà nel merito alla verità.

Papa Francesco:
Su questo darò una risposta generale per poi arrivare al particolare. Generalmente, quando sono con un Capo di Stato, in dialogo privato, quello rimane privato. A meno che, d’accordo, si dica: “Quanto diciamo su questo punto lo renderemo pubblico”. In questo viaggio ho avuto quattro dialoghi privati: con il Grande Imam di Al-Azhar, con il Presidente Al Sisi, con il Patriarca Tawadros e con il Patriarca Ibrahim; e credo che, se il dialogo è privato, per rispetto si deve mantenere la riservatezza. E’ riservato. Poi c’è la domanda su Regeni. Io sono preoccupato. Dalla Santa Sede mi sono mosso su quel tema, perché anche i genitori me l’hanno chiesto; la Santa Sede si è mossa. Non dirò come né dove, ma ci siamo mossi.

Greg Burke:
Darío Menor Torres, “El Correo” español:

Darío Menor Torres, “El Correo”:
Grazie, Santità. Lei ha detto ieri che la pace, la prosperità e lo sviluppo meritano ogni sacrificio, e dopo ha sottolineato l’importanza del rispetto dei diritti inalienabili dell’uomo. Questo significa un supporto al governo egiziano, un riconoscimento del suo ruolo in Medio Oriente, per come prova a difendere i cristiani malgrado le insufficienti garanzie democratiche?

Papa Francesco:
No, no. Si devono interpretare letteralmente come valori in se stessi. Ho detto questo: difendere la pace, difendere l’armonia dei popoli, difendere l’uguaglianza dei cittadini qualunque sia la religione che professano sono valori. Io ho parlato dei valori. Se un governante difende l’uno o l’altro [di tali valori], è un altro problema. Ho fatto diciotto visite in parecchi Paesi. A volte ho sentito: “Il Papa, andando là, dà un appoggio a quel governo…”. Perché sempre un governo ha le sue debolezze o i suoi avversari politici, gli uni dicono una cosa, gli altri un’altra… Io non mi immischio. Io parlo dei valori, e ognuno veda e giudichi se questo governo o questo Stato, o quello o quell’altro, porta avanti quei valori.

Darío Menor Torres:
Le è rimasto il desiderio di visitare le Piramidi?

Papa Francesco:
Ma tu sai che oggi alle sei del mattino i miei due assistenti se ne sono andati a visitare le Piramidi?

Darío Menor Torres:
Ah sì? Ma Le sarebbe piaciuto andare con loro?

Papa Francesco:
Sì, davvero, sì…

Darío Menor Torres:
Grazie mille.

Greg Burke:
Se possiamo rimanere sul tema del viaggio... Virginie Riva del gruppo francese, “Radio Europe 1”:

Virginie Riva, “Radio Europe 1”:
Santo Padre, una domanda partendo dal viaggio ma per allargare alla Francia, se Lei accetta. Lei ha parlato, ad Al-Azhar, all’Università, dei populismi demagogici. I cattolici francesi in questo periodo sono tentati dal voto populista o estremo, sono divisi e disorientati. Quali possono essere gli elementi di discernimento che Lei potrebbe dare a questi elettori cattolici?

Papa Francesco:
Benissimo. C’è una dimensione di “populismo” – tra virgolette, perché voi sapete che questa parola, da parte mia, ho dovuta reimpararla in Europa, perché in America Latina ha un altro significato –. C’è il problema dell’Europa e c’è il problema dell’Unione Europea. Quello che ho detto sull’Europa non lo ripeterò qui: ne ho parlato quattro volte: due a Strasburgo, una al Premio Carlo Magno, e all’inizio della commemorazione del 60° [dei Trattati di Roma]. Lì c’è tutto quello che ho detto sull’Europa. Ogni Paese è libero di fare le scelte che creda convenienti rispetto a questo; io non posso giudicare se quella scelta la fa per questo motivo o per quell’altro, perché non conosco la politica interna. E’ vero che l’Europa è in pericolo di sciogliersi, questo è vero. L’ho detto delicatamente a Strasburgo, l’ho detto più fortemente al Premio Carlo Magno, e ultimamente senza nuances. Su questo dobbiamo solo meditare: l’Europa che va dall’Atlantico agli Urali… C’è un problema che spaventa l’Europa e forse alimenta i populismi: il problema delle migrazioni. Questo è vero. Ma non dimentichiamo che l’Europa è stata fatta dai migranti: secoli e secoli di migranti… Siamo noi! Ma è un problema che si deve studiare bene; e bisogna anche rispettare le opinioni, le opinioni oneste di una discussione politica con la maiuscola, grande: una grande Politica, non la piccola politica del Paese che poi finisce per cadere [per essere inefficace]. Riguardo alla Francia: dico la verità, io non capisco la politica interna francese. Ho cercato di avere buoni rapporti, anche con il Presidente attuale, con il quale c’è stato un conflitto una volta ma dopo ho potuto parlare chiaramente sulle cose, rispettando la sua opinione… Dei due candidati politici [Le Pen e Macron] non so la storia, non so da dove vengano… Sì, so che uno è rappresentante della destra forte, ma l’altro davvero non so da dove venga. Per questo, non posso dare un’opinione chiara sulla Francia. Ma parlando dei cattolici: qui in Egitto, in uno dei raduni, mentre salutavo la gente, uno mi ha detto: “Perché non pensa alla politica alla grande?”- “Cosa vuol dire?”. E mi ha detto, come chiedendo aiuto: “Fare un partito per i cattolici”. Questo signore è buono, ma vive nel secolo scorso! Riguardo ai populismi, hanno un rapporto con i migranti, ma questo non fa parte del viaggio. Se c’è tempo posso tornare su questo. Se c’è tempo, tornerò.

Vera Shcherbakova, agenzia “Itar-Tass”:
Santo Padre, La ringrazio, prima di tutto per la benedizione: Lei mi ha benedetto, io mi sono inginocchiata qualche minuto fa, qui davanti. Io sono ortodossa e non vedo nessuna contraddizione… Volevo chiedere: quali sono le prospettive dei rapporti con gli ortodossi – ovviamente russi, ma anche, ieri, nella Dichiarazione Comune con il Patriarca copto ortodosso –, c’è la data della Pasqua in comune, e si parla anche del riconoscimento del Battesimo… A che punto siamo? E un’altra cosa: come valuta Lei i rapporti tra il Vaticano e la Russia, come Stato, anche alla luce della difesa dei valori dei cristiani del Medio Oriente, soprattutto in Siria?

Greg Burke:
Questa è Vera Shcherbakova dell’agenzia Itar-Tass, l’agenzia russa.

Papa Francesco:
Christòs anèsti! [Cristo è risorto] Con gli ortodossi, ho sempre avuto una grande amicizia, già a Buenos Aires. Per esempio, ogni 6 gennaio andavo ai Vespri, nella vostra cattedrale, dal Patriarca Platon – che adesso è nella zona dell’Ucraina, è arcivescovo –: 2 ore e 40 di preghiera in una lingua che non capivo, ma si poteva pregare bene! E poi la cena con la comunità, trecento persone, una cena della vigilia di Natale – non la cena del Natale, la vigilia – ancora non si potevano mangiare latticini né carne, ma era una bella cena… E poi la tombola, la lotteria… amicizia. Anche gli altri ortodossi. A volte avevano bisogno di aiuto legale: venivano alla Curia cattolica, perché sono comunità piccole, e andavano dagli avvocati… Sempre ho avuto un rapporto fraterno: siamo Chiese sorelle. Con Tawadros ho un’amicizia speciale: per me è un grande uomo di Dio. Tawadros è un Patriarca, un Papa che porterà avanti la Chiesa, il nome di Gesù… Ha uno zelo apostolico grande. Lui è uno dei più – permettimi la parola, ma fra virgolette – “fanatici” sul fatto di trovare la data fissa della Pasqua. Anch’io, ma… cerchiamo il modo. Lui dice: “Lottiamo, lottiamo!”. E’ un uomo di Dio. E’ un uomo che, quando era vescovo, lontano dall’Egitto, andava a dare da mangiare ai disabili; è un uomo che è stato inviato in una diocesi con cinque chiese e ne ha lasciate venticinque, non so quante famiglie cristiane, con lo zelo apostolico. Poi, tu sai come si fa l’elezione tra loro: se ne cercano tre, si scelgono, e poi si mettono i nomi in una borsa, si chiama un bambino, gli si bendano gli occhi e il bambino sceglie il nome… E lì è il Signore! Chiaramente lui è un grande Patriarca. L’unità del battesimo va avanti. La colpa, sul battesimo, è una cosa storica, perché ai tempi dei primi Concili era in comune. Poi, siccome i cristiani copti battezzavano i bambini nei santuari, quando volevano sposarsi e venivano da noi perché si sposavano con una cattolica, si chiedeva qualcosa che facesse fede e non l’avevano, e si faceva il battesimo sotto condizione: così abbiamo incominciato noi, non loro. Ma adesso si è aperta la porta e siamo sulla buona strada per questo problema, per poterlo superare. Nella Dichiarazione Comune, il penultimo paragrafo parla di questo.

Gli ortodossi russi riconoscono il nostro battesimo e noi riconosciamo il loro battesimo. Ero molto amico del vescovo a Buenos Aires, dei russi. Anche con i georgiani, per esempio. Il Patriarca dei georgiani è un uomo di Dio, Elia II, è un mistico! E noi cattolici dobbiamo imparare anche da questa tradizione mistica delle Chiese ortodosse. In questo viaggio abbiamo fatto l’incontro ecumenico: c’era anche il Patriarca Bartolomeo, c’era il Patriarca greco-ortodosso, poi c’erano altri cristiani: gli anglicani, anche il Segretario del Consiglio Ecumenico delle Chiese di Ginevra… Tutto quello che fa l’ecumenismo è in cammino. L’ecumenismo si fa in cammino, con le opere di carità, con l’impegno di aiutare, di fare le cose insieme quando si possono fare insieme… Non esiste un ecumenismo statico. E’ vero che i teologi devono studiare e mettersi d’accordo, ma questo non potrà andare a buon fine se non si cammina. “Cosa possiamo fare adesso?”. Facciamo quello che possiamo fare: pregare insieme, lavorare insieme, fare le opere di carità insieme… Ma insieme! E questo è andare avanti. I rapporti con il Patriarca Kirill sono buoni. Anche l’arcivescovo metropolita Hilarion è venuto parecchie volte a parlare con me, e abbiamo un buon rapporto.

Vera Shcherbakova:
E con lo Stato russo? I cristiani, i valori comuni?…

Papa Francesco:
Sì, io so che lo Stato russo parla di questo, della difesa dei cristiani del Medio Oriente. Questo lo so e credo che sia una cosa buona, parlare, lottare contro la persecuzione. Oggi ci sono più martiri che nei primi secoli, in Medio Oriente soprattutto.

Greg Burke:
Phil Pullella.

Philip Pullella, agenzia “Reuters”:
Lei ha parlato ieri, nel primo discorso, del pericolo di azioni unilaterali e che tutti devono essere costruttori di pace. Lei ha parlato molto della “terza guerra mondiale a pezzi”. Però sembra che oggi questa paura e ansia sia concentrata su quello che sta succedendo intorno alla Corea del Nord.

Papa Francesco:
Sì, è il punto centrale...

Phil Pullella:
Esatto: è il punto centrale. Il presidente Trump ha mandato una squadra di navi militari al largo della costa della Corea del Nord; il leader della Corea del Nord ha minacciato di bombardare la Corea del Sud, il Giappone e addirittura gli Stati Uniti, se riescono a costruire i missili a lunga gittata; la gente ha paura e si sta parlando della possibilità di una guerra nucleare, come se niente fosse. Allora Lei, se vedrà il presidente Trump, ma anche altre persone, cosa vuole dire a questi leader che hanno la responsabilità del futuro dell’umanità? Perché siamo in un momento abbastanza critico …

Papa Francesco:
Io li chiamo. Li chiamo e li chiamerò, come ho chiamato i leader di diversi luoghi, a un lavoro per risolvere i problemi sulla strada della diplomazia. E ci sono i facilitatori – tanti nel mondo – ci sono mediatori che si offrono: ci sono Paesi come la Norvegia, per esempio; nessuno può accusare la Norvegia di essere un Paese dittatoriale; sempre è pronta ad aiutare… Per citare un esempio, ma ce ne sono tanti… Ma la strada è la strada del negoziato, la strada della soluzione diplomatica. Questa “guerra mondiale a pezzi”, della quale sto parlando da due anni, più o meno, è “a pezzi”, ma i pezzi si sono allargati, ma si sono anche concentrati. Si sono concentrati in punti che già erano “caldi”, perché questa vicenda dei missili della Corea è da un anno che va avanti, ma adesso sembra che la cosa si sia riscaldata troppo. Io chiamo sempre a risolvere i problemi sulla strada diplomatica, con il negoziato… Perché è in gioco il futuro dell’umanità. Oggi una guerra allargata distruggerà non dico la metà dell’umanità, ma una buona parte dell’umanità e della cultura… tutto, tutto. Sarebbe terribile. Credo che oggi l’umanità non sarebbe capace di sopportare. Ma guardiamo a quei Paesi che stanno soffrendo una guerra al loro interno, e dove ci sono fuochi di guerra: il Medio Oriente, per esempio, ma anche in Africa… lo Yemen… Fermiamoci! Cerchiamo, cerchiamo una soluzione diplomatica. E su questo credo che le Nazioni Unite abbiano il dovere di riprendere un po’ la loro leadership, perché si è annacquata: si è annacquata un po’.

Phil Pullella:
Lei vuole incontrare il presidente Trump quando verrà in Europa? C’è stata una richiesta per questo incontro?

Papa Francesco:
Io non sono stato ancora informato dalla Segreteria di Stato che sia stata fatta una richiesta; ma io ricevo ogni Capo di Stato che chiede udienza.

Greg Burke:
Credo che le domande sul viaggio siano finite. Si può prenderne una ancora? Poi dobbiamo andare a cena, alle sei e mezza. C’è Antonio Pelayo, di Antena 3, che Lei conosce.

Antonio Pelayo, “Antena 3”:
Santo Padre, la situación en Venezuela ha degenerado últimamente de modo muy grave y ha habido muchas muertes. Quisiera preguntarle si la Santa Sede, y usted personalmente, piensan relanzar esa acción, esa intervención pacificadora, y qué formas podría asumir esta acción.

Papa Francesco:
Hubo una intervención de la Santa Sede bajo pedido fuerte de los cuatro Presidentes que estaban trabajando como facilitadores, y… la cosa no resultó. Y quedó ahí. No resultó porque las propuestas no eran aceptadas, o se diluían, o era un “sí, sí“ pero “no, no”... Todos conocemos la difícil situación de Venezuela, que es un País al que yo quiero mucho. Y sé que ahora están insistiendo; no sé bien de dónde – creo que de los cuatro Presidentes – para relanzar esta facilitación, y están buscando el lugar. Yo creo que tiene que ser con condiciones ya. Condiciones muy claras. Parte de la oposición no quiere esto. Porque es curioso, la misma oposición está dividida. Y, por otro lado, parece que los conflictos se agudizan cada vez más. Pero hay algo de movimiento. Hay algo de movimiento, estuve informado de eso, pero está muy en el aire todavía. Pero todo lo que se pueda hacer por Venezuela hay que hacerlo. Con las garantías necesarias. Si no, jugamos al “tintín pirulero”, y no va la cosa. Gracias.

Greg Burke:
Grazie, Santo Padre. E adesso dobbiamo andare…

Papa Francesco:
Ancora una.

Greg Burke:
Una ancora. C’è un tedesco: Jörg Bremer della Frankfurter Allgemeine.

Jörg Bremer, „Frankfurter Allgemeine“:
Qualche giorno fa, Lei ha parlato sul tema dei rifugiati in Grecia, a Lesbo, e Lei ha usato il termine di “campi di concentramento”, perché sono troppo pieni di gente. Per noi tedeschi ovviamente questo è un termine molto, molto serio e molto vicino a quello di “campo di sterminio”. C’è chi dice che sia stato un Suo lapsus linguae: cosa intendeva dire?

Papa Francesco:
Primo, voi dovete leggere bene tutto quello che ho detto. Ho detto che i più generosi dell’Europa erano l’Italia e la Grecia: lo sono stati, è vero, sono i più vicini alla Libia e alla Siria… Sulla Germania, sempre ho ammirato la capacità di integrazione. Quando io studiavo lì, c’erano tanti turchi, integrati, a Francoforte, tanti, integrati, e conducevano una vita normale. Non è stato un lapsus linguae: ci sono campi di rifugiati che sono veri campi di concentramento. Ce n’è qualcuno forse in Italia, qualcuno altrove… in Germania no, di sicuro. Ma Lei pensi: cosa fanno le persone che sono chiuse in un campo e non possono uscire? Lei pensi a quello che è successo nel Nord Europa quando volevano attraversare il mare per andare in Inghilterra: sono chiusi dentro! Mi ha fatto ridere – e questa è un po’ la cultura italiana – mi ha fatto ridere sapere di un campo di rifugiati in Sicilia – me l’ha raccontato il delegato dell’Azione Cattolica della diocesi di Agrigento – lì, nella zona, ce ne sono due o tre di questi campi, non so di quale diocesi; le autorità di quella città dov’è il campo hanno parlato alla gente del campo di rifugiati e hanno detto: “A voi, stare qui dentro, farà male alla salute mentale; voi dovete uscire. Ma, per favore, non fate cose brutte. Noi non possiamo aprire la porta, ma facciamo un buco, sul retro. Voi uscite, fate una bella passeggiata…”. E così si sono creati rapporti con gli abitanti di quel paesino, rapporti buoni… Questi non fanno delinquenza, non fanno criminalità. Ma il solo fatto di essere chiusi, senza fare niente, questo è un lager, no? Ma non ha nulla a che fare con la Germania, no, no. Grazie.

Greg Burke:
Grazie a Lei, Santo Padre.

Papa Francesco:
Grazie a voi di questo lavoro che fate e che aiuta tanta gente. Voi non sapete il bene che potete fare con le vostre cronache, con i vostri articoli, con i vostri pensieri… Dobbiamo aiutare la gente e aiutare anche la comunicazione, perché la comunicazione e anche la stampa ci porti alle cose buone e non ci porti a disorientamenti che non ci aiutano. Grazie tante, grazie tante. E buona cena. E pregate per me!

[00650-IT.01] [Testo originale: Plurilingue]

 

Traduzione in lingua francese

            Au cours du vol de retour vers Rome du voyage en Egypte, samedi 29 avril, le Pape François s’est entretenu comme de coutume avec les journalistes, en répondant à plusieurs questions. La rencontre a été introduite par le directeur de la salle de presse du Saint-Siège, M. Greg Burke, qui a remercié le Pape et l’a invité au micro. Avant d’écouter les questions, le Pape a voulu saluer et remercier les personnes présentes à travers les paroles suivantes: «Bonsoir! Je vous remercie pour votre travail, parce que cela a été 27 heures, je crois,  d’intense travail. Merci beaucoup pour ce que vous avez fait. Merci. Et je suis à votre disposition».

Paolo Rodari, «La Repubblica»:
             Je voulais vous demander, à propos de votre rencontre d’hier avec le président Al Sissi: de quoi avez-vous parlé, avez-vous évoqué les thèmes des droits humains et, en particulier, avez-vous eu l’occasion de parler de l’affaire Giulio Regeni, et si, selon vous, il sera possible de connaître la vérité à ce sujet.

Saint-Père:
            A ce propos, je donnerai une réponse générale pour arriver au particulier. Généralement, quand je suis avec un chef d’Etat, en dialogue privé, celui-ci reste privé. A moins que, d’un commun accord, l’on ne dise: «Ce que nous disons sur ce sujet sera rendu public».  Au cours de ce voyage, j’ai eu quatre entretiens privés: avec le grand imam d’Al-Azhar, avec le président Al-Sissi, avec le patriarche Tawadros et avec le patriarche Ibrahim; et je crois que, si le dialogue est privé, par respect, il faut maintenir la confidentialité. Il est confidentiel. Puis il y a la question à propos de Giulio  Regeni. Je suis préoccupé. Du  Saint-Siège, je me suis prodigué sur ce thème, parce que les parents aussi me l’ont demandé; le Saint-Siège s’est prodigué. Je ne dirais pas comment ni où, mais nous nous sommes prodigués.

Darío Menor Torres, «El Correo»
            Vous avez dit hier que la paix, la prospérité et le développement méritent tous les sacrifices, et vous avez ensuite souligné l’importance du respect des droits inaliénables de l’homme. Est-ce que cela est un soutien au gouvernement égyptien, une reconnaissance de son rôle au Moyen-Orient, pour la façon dont il essaie de défendre les chrétiens en dépit des garanties démocratiques insuffisantes?

Saint- Père:
            Non, non. Il faut les interpréter de façon littérale comme des valeurs en soi. J’ai dit cela: défendre la paix, défendre l’harmonie des peuples, défendre l’égalité des citoyens, quelle que soit la religion qu’ils professent, sont des valeurs. J’ai parlé des valeurs. Si un gouvernement défend l’une ou l’autre [de ces valeurs], c’est un autre problème. J’ai accompli dix-huit visites dans de nombreux pays. Parfois, j’ai entendu: «En allant là, le Pape donne son soutien à tel gouvernement...». Parce qu’un gouvernement a toujours ses faiblesses ou ses adversaires politiques, les uns disent une chose, les autres une autre... Moi, je ne m’en mêle pas. Je parle des valeurs, et que chacun voit et juge si ce gouvernement ou cet Etat, tel ou tel autre, promeut ces valeurs.

Darío Menor Torres:
            Avez-vous encore le désir de visiter les Pyramides?

Saint-Père:
            Mais tu sais que ce matin, à six heures, mes deux assistants sont allés visiter les Pyramides?
            Ah oui? Auriez-vous aimé aller avec eux?
            Oui, vraiment, oui...

Virginie Riva, «Radio Europe 1»:
            Les catholiques français, en cette période, sont tentés par le vote populiste ou extrême, ils sont divisés et désorientés. Quels peuvent être les éléments de discernement que vous pourriez donner à ces électeurs catholiques?

Saint-Père:
            Très bien. Il y  a une dimension de «populisme» — entre guillemets, parce que vous savez que pour ma part, j’ai dû réapprendre ce terme en Europe, parce qu’en Amérique latine, il a une autre signification —. Il y  a le problème de l’Europe et il y a le problème de l’Union européenne. Ce que j’ai dit sur l’Europe, je ne le répéterai pas ici: j’en ai parlé quatre fois: deux fois à Strasbourg, une fois au prix Charlemagne, et au début de la commémoration du 60e anniversaire [des Traités de Rome]. Il y a là tout ce que j’ai dit sur l’Europe. Chaque pays est libre de faire les choix qu’il considère opportuns en la matière;  je ne peux pas juger s’il fait ce choix pour une raison ou pour une autre, parce que je ne connais pas la politique intérieure. Il est vrai que l’Europe court le danger de se dissoudre, cela est vrai. Je l’ai dit de façon délicate à Strasbourg, je l’ai dit plus fortement au prix Charlemagne, et dernièrement sans nuances. Sur ce sujet, nous devons uniquement méditer: l’Europe qui va de l’Atlantique à l’Oural... Il y a un problème qui fait peur à l’Europe et qui alimente peut-être les populismes: le problème des migrations. Cela est vrai. Mais n’oublions pas que l’Europe a été faite par les migrants: des siècles et des siècles de migrants... C’est nous!  Mais c’est un problème qui doit être bien étudié; et il faut aussi respecter les opinions, les opinions honnêtes d’un débat politique avec une majuscule, grande: une grande Politique, pas la petite politique du pays qui finit ensuite par tomber [parce qu’inefficace]. En ce qui concerne la France: je dis la vérité, je ne comprends pas la politique intérieure française. J’ai cherché à avoir de bonnes relations, aussi  avec le président actuel, avec lequel il y a eu un contentieux autrefois mais après, j’ai pu parler clairement sur les choses, en respectant son opinion... Je ne connais pas l’histoire des deux candidats politiques [Marine Le Pen et Emmanuel Macron], je ne sais pas d’où ils viennent... Oui, je sais que l’une est la représentante de la droite forte, mais je ne sais vraiment pas d’où vient l’autre. C’est pourquoi je ne peux pas donner d’opinion claire sur la France. Mais, en parlant des catholiques: ici, en Egypte, au cours de l’un des rassemblements, alors que je saluais les gens, quelqu’un m’a demandé: «Pourquoi ne voyez-vous pas les choses en grand en ce qui concerne la politique?» — «Que voulez-vous dire?». Et il m’a dit, comme pour demander de l’aide: «Créer un parti pour les catholiques». Ce monsieur est bien bon, mais  il vit au siècle dernier! En ce qui concerne les populismes, ils ont un rapport avec les migrants, mais cela ne fait pas partie du cadre de ce voyage. S’il y a du temps, je peux revenir sur la question. S’il y a du temps, j’y reviendrai.

Vera Shcherbakova, «Itar-Tass»:
            Quelles sont les perspectives des relations avec les orthodoxes — évidemment russes mais également, hier, dans la déclaration commune avec le patriarche copte orthodoxe  —, il y a la date de la Pâque commune, et l’on parle également de la reconnaissance du baptême... A quel point en sommes-nous? Et une autre chose: comment jugez-vous les relations entre le Vatican et la Russie, comme Etat, notamment à la lumière de la défense des valeurs des chrétiens du Moyen-Orient, surtout en Syrie?

Saint-Père:
            Christòs anèsti! [Le Christ est ressuscité] Avec les orthodoxes, j’ai toujours eu une grande amitié, déjà à Buenos Aires. Par exemple, chaque 6 janvier, j’allais aux vêpres, dans votre cathédrale, chez le patriarche Platon — qui à présent est dans la zone de l’Ukraine, il est archevêque —: 2h40 de prière dans une langue que je ne comprenais pas, mais on pouvait bien prier! Puis le dîner avec la communauté, trois cents personnes, un dîner de la veillée de Noël — pas le dîner de Noël, la veillée — on ne pouvait pas encore manger de produits laitiers ni de viande, mais c’était un beau dîner... Puis la tombola, la loterie... de l’amitié. Les autres orthodoxes aussi. Parfois, ils avaient besoin d’une aide juridique: ils venaient à la Curie catholique, parce que ce sont de petites communautés, et ils allaient voir les avocats... J’ai toujours eu une relation fraternelle: nous sommes des Eglises-sœurs. Avec Tawadros, j’entretiens une amitié spéciale: pour moi, c’est un grand homme de Dieu.  Tawadros est un patriarche, un Pape qui conduira de l’avant l’Eglise, le nom de Jésus... Il a un grand zèle apostolique. C’est l’un des plus — permettez-moi le terme, mais entre guillemets — «fanatiques» sur le fait de trouver une date fixe pour Pâques. Moi aussi, mais... nous cherchons la façon. Il dit: «Luttons, luttons!». C’est un homme de Dieu. C’est un homme qui, quand il était évêque, loin de l’Egypte, allait donner à manger aux personnes avec un handicap; c’est un homme qui a été envoyé dans un diocèse  avec cinq églises, et il en a laissé vingt-cinq, je ne sais pas combien de familles chrétiennes, avec le zèle apostolique. Et tu sais comment  se déroule l’élection entre eux: on en cherche trois, on les choisit, puis on met les noms dans un sac, on appelle un enfant, on lui bande les yeux, et l’enfant tire au sort le nom... Et c’est là qu’est le Seigneur! C’est de toute évidence un grand patriarche. L’unité du baptême va de l’avant. La faute, sur le baptême, est une chose historique, parce qu’aux temps des premiers Conciles, il était commun.  Puis, comme les chrétiens coptes baptisaient les enfants dans les sanctuaires, quand ces derniers voulaient se marier et qu’ils venaient chez nous parce qu’ils se mariaient avec une catholique, on leur demandait quelque chose qui fasse foi et ils ne l’avaient pas, et l’on célébrait le baptême sous condition: ainsi, c’est nous qui avons commencé, pas eux. Mais à présent, on a ouvert la porte et nous sommes sur la bonne voie en ce qui concerne ce problème, pour pouvoir le surmonter. Dans la déclaration commune, l’avant-dernier paragraphe parle de cela.  

            Les orthodoxes russes reconnaissent notre baptême, et nous reconnaissons leur baptême. J’étais très ami de l’évêque des russes à Buenos Aires. Avec les Géorgiens aussi, par exemple. Le patriarche des Géorgiens est un homme de Dieu, Elie II, c’est un mystique! Et nous, catholiques, devons apprendre aussi de cette tradition mystique des Eglises orthodoxes. Au cours de ce voyage, nous avons eu une rencontre œcuménique: il y avait aussi le patriarche Bartholomée, il y avait le patriarche grec-orthodoxe, puis il y avait les autres chrétiens: les anglicans, et aussi le secrétaire du Conseil œcuménique des Eglises de Genève... Tout ce qui fait l’œcuménisme est en chemin. L’œcuménisme se fait en chemin, avec les œuvres de charité, avec l’engagement d’aider, de faire les choses ensemble quand on peut les faire ensemble... Il n’existe pas d’œcuménisme statique. Il est vrai que les théologiens doivent étudier et se mettre d’accord, mais cela ne pourra pas être mené à terme si l’on ne marche pas. «Que pouvons-nous faire à présent?». Nous faisons ce que nous pouvons faire: prier ensemble, travailler ensemble, faire des œuvres de charités ensemble... Mais ensemble! Et cela est aller de l’avant. Les relations avec le patriarche Cyrille sont bonnes. L’archevêque Hilarion est également venu plusieurs fois parler avec moi, et nous avons de bonnes relations.

Vera Shcherbakova:
            Et avec l’Etat russe? Les chrétiens, les valeurs communes?

Saint-Père:
            Oui, je sais que l’Etat russe parle de cela, de la défense des chrétiens du Moyen-Orient. Cela, je le sais, et je crois que c’est une bonne chose, de parler, de combattre la persécution. Aujourd’hui, il y a plus de martyrs qu’au cours des premiers siècles, au Moyen-Orient surtout.

Philip Pullella, «Reuters»:
            Vous avez parlé hier, dans le premier discours,  du danger d’actions unilatérales et du fait que tous doivent être des constructeurs de paix. Vous avez beaucoup parlé de la «troisième guerre mondiale par morceaux». Mais il semble qu’aujourd’hui, cette peur et cette anxiété se soient concentrées sur ce qui se passe autour de la Corée du Nord.

Saint-Père :
            Oui, c’est le point central...

Philip Pullella :
            Alors, si vous rencontrez le président  Trump, mais également d’autres personnes, que voulez-vous dire à ces dirigeants qui ont la responsabilité de l’avenir de l’humanité?

Saint-Père :
            Moi, je les appelle. Je les appelle et je les appellerai, comme j’ai appelé les dirigeants de divers lieux, à un travail pour résoudre les problèmes par la voie de la diplomatie. Et il y a des médiateurs — il y en a beaucoup dans le monde —, il y a des médiateurs qui se présentent: il y a des pays comme la Norvège, par exemple; personne ne peut accuser la Norvège d’être un pays dictatorial; elle est toujours prête à aider... Pour citer un exemple, mais il y en a de nombreux... Mais la voie est la voie de la négociation, la voie de la solution diplomatique. Cette «guerre mondiale par morceaux», dont je parle depuis deux ans, plus ou moins, est «par morceaux», mais les morceaux se sont élargis, et ils se sont aussi concentrés. Ils se sont concentrés dans des points qui étaient  déjà «chauds», parce que cet épisode des missiles de la Corée dure depuis un an, mais à présent il semble que la situation se soit trop surchauffée. J’appelle toujours à résoudre les problèmes par la voie diplomatique, par la négociation... Parce que l’avenir de l’humanité est en jeu. Aujourd’hui, une guerre élargie détruirait, je ne dis pas la moitié de l’humanité, mais une bonne partie de l’humanité et de la culture... tout, tout. Ce serait terrible. Je crois qu’aujourd’hui, l’humanité ne serait pas capable de le supporter. Mais regardons ces pays qui souffrent d’une guerre en leur sein, et où sont allumés des feux de guerre: le Moyen-Orient, par exemple, mais aussi l’Afrique...  le Yémen... Arrêtons-nous! Cherchons, cherchons une solution diplomatique. Et sur ce point, je crois que les Nations unies ont le devoir de reprendre un peu leur leadership, parce qu’il s’est affaibli: il s’est un peu affaibli.

Philip Pullella:
            Voulez-vous rencontrer le président Trump quand il viendra en Europe? Une demande a-t-elle été faite pour cette rencontre?

Saint-Père :
            Je n’ai pas encore été informé par la secrétairerie d’Etat qu’une demande a été faite; mais je reçois chaque chef d’Etat qui demande audience.

Antonio Pelayo, «Antena 3», (en espagnol):
            Dernièrement, la situation a dégénéré de manière grave au Vénézuéla, il y a eu de nombreux morts. Je voudrais vous demander si le Saint-Siège — et vous personnellement — pensez relancer une action, une intervention pacificatrice, et quelle forme pourrait prendre cette action.

Saint-Père:
            [en espagnol] Il y a eu une intervention du Saint-Siège suite à la forte demande des quatre présidents qui étaient en train de travailler comme médiateurs et... elle n’a pas fonctionné. Elle n’a pas fonctionné parce que les propositions n’étaient pas acceptées, ou étaient édulcorées,  ou étaient un «oui, oui mais non, non»... Nous connaissons tous la situation difficile  du Vénézuéla, qui est un pays que j’aime beaucoup. Je sais qu’a présent on insiste, je ne sais pas bien qui  — je crois les quatre présidents — pour relancer cette médiation, et ils sont en train de chercher le lieu. Je crois que cette fois-ci, cela doit avoir lieu   avec des conditions. Des conditions très claires.  Une partie de l’opposition ne veut pas cela, parce que, c’est étrange, mais cette même opposition est divisée. D’autre part, il semblerait que les conflits s’aggravent de plus en plus. Mais quelque chose est en train de bouger. Quelque chose est en train de bouger, j’en ai été informé, mais il n’y a encore rien de concret. Alors tout ce que l’on peut faire pour le Vénézuéla doit être fait. Avec les garanties nécessaires. Autrement, on joue au tin tin pirulero [«sauter d’une chose à l’autre»] et cela ne va pas bien ainsi. Merci.

Jörg Bremer, «Frankfurter Allgemeine»:
            Il y a quelques jours, vous avez parlé sur le thème des réfugiés en Grèce, à Lesbos, et vous avez utilisé le terme de  «camps de concentration», parce qu’il y a trop de personnes à l’intérieur. Pour nous, Allemands, il s’agit bien évidemment d’un terme très, très sérieux et très proche de celui de «camp d’extermination». Certains disent que vous avez fait un  «lapsus linguae»: qu’entendiez-vous dire?

Saint-Père:
            Premièrement, vous devez bien lire tout ce que j’ai dit. J’ai dit que les plus généreux en Europe étaient l’Italie et la Grèce: ils l’ont été, c’est vrai, ce sont les plus proches de la Libye et de la Syrie... A propos de l’Allemagne, j’ai toujours admiré sa capacité d’intégration. Quand j’étudiais là-bas, il y avait beaucoup de Turcs, intégrés, à Francfort, beaucoup, intégrés, et ils menaient une vie normale. Cela n’a pas été un  lapsus linguae: il y a des camps de réfugiés qui sont de véritables camps de concentration. Il y en a peut-être quelques-uns en Italie, quelques-uns ailleurs... en Allemagne non, c’est certain. Mais pensez-y: que font les personnes qui sont enfermés dans un camp et qui ne peuvent pas en sortir? Pensez à ce qui est arrivé dans le Nord de l’Europe, quand ils voulaient traverser la mer pour aller en Angleterre: ils sont enfermés à l’intérieur! Cela m’a fait sourire — et cela reflète un peu la culture italienne — cela m’a fait sourire de savoir que dans un camp de réfugiés en Sicile — c’est le délégué de l’action catholique du diocèse d’Agrigente qui me l’a raconté  — là, dans la région, il y a deux ou trois de ces camps, je ne sais pas de quel diocèse; les autorités de la ville où se trouve le camp  ont parlé aux personnes du camp de réfugiés et elles ont dit: «Pour vous, rester là-dedans fera du mal à votre santé mentale; vous devez sortir. Mais, s’il vous plaît, ne faites pas de mauvaises choses. Nous ne pouvons pas ouvrir la porte, mais nous avons fait un trou sur l’arrière. Vous sortez, vous faites une belle promenade...». Et ainsi, des relations se sont créées avec les habitants de ce petit village, de bonnes relations... Ce ne sont pas des délinquants, ce ne sont pas des criminels. Mais le seul fait d’être enfermés, sans rien faire, c’est un  lager, non? Mais cela n’a rien à voir avec l’Allemagne, non, non. Merci.

Merci à vous pour ce travail que vous accomplissez et qui aide tant de gens. Vous n’imaginez pas le bien que vous pouvez faire avec vos chroniques, avec vos articles, avec vos pensées... Nous devons aider les gens et aider également la communication, pour que la communication et également la presse nous conduise aux bonnes choses et ne nous conduise pas à des égarements qui ne nous aident pas.  Merci beaucoup, merci beaucoup. Et bon dîner. Et priez pour moi!

[00650-FR.01] [Texte original: Plurilingue]

Traduzione in lingua inglese

Greg Burke:
Thank you, Holy Father. Some of the journalists are making a trip for the first time and there are some who have made almost a hundred trips – some more than a hundred! I do not know if you are aware of how many international trips you have made…

Pope Francis:
Eighteen.

Greg Burke:
Eighteen. And the nineteenth is right around the corner, so now you also have a good number of Papal Trips. Thank you for taking this moment, which is always an important one, for us. We will begin with the Italian group: Paolo Rodari… I do not know, Holy Father, if you would like to say something before we begin…

Papa Francesco:
Yes. Good evening! I thank you for your work, because there have been twenty-seven hours straight, I believe, of hard work. Thank you so much for all you have done. Thank you. I am happy to take your questions.

Greg Burke:
Thank you, Holy Father.

Paolo Rodari (La Repubblica):
Holy Father, thank you. I wanted to ask you about your meeting yesterday with President Al Sisi: what did you speak about; did you discuss human rights and, in particular, did you have a chance to speak about Giulio Regeni, and do you think we will find out the truth about his case.

Pope Francis:
I will give a general response and then get into the particulars. Generally, when I meet with a Head of State, for a private conversation, it remains private. Unless we agree and say to one another: “We will make public what we have discussed about this issue”. During this trip I had four private conversations: with the Grand Imam of Al-Azhar, with President Al Sisi, with Patriarch Tawadros, and with Patriarch Ibrahim. I believe that, if it is private, out of respect the confidentiality should be maintained. It is private. You also asked about Giulio Regeni. I am concerned. From the Holy See I have looked into this situation, also because Giulio’s parents asked me to do so. The Holy See has taken some steps. I will not say how or where, but we have taken some steps.

Greg Burke:
Darío Menor Torres, the Spanish newspaper “El Correo”:

Darío Menor Torres (El Correo):
Thank you, Holiness. You said yesterday that peace, prosperity and development are worth every sacrifice, and afterwards you highlighted the importance of respecting inalienable human rights. Does this indicate your support for the Egyptian Government and that you recognize its role in the Middle East, as well as support for the way it is trying to protect Christians despite the lack of democratic safeguards?

Pope Francis:
No, no. They must be understood literally as values in themselves. I said this: defending peace, defending harmony between peoples, defending the equality of all the population, whatever religion one professes, these are values. I spoke of values. If a government official only protects [the values of] one person or another, that is another problem. I have made eighteen visits to various countries. At times I have heard: “By going there, the Pope is supporting that government…” Because governments always have their weaknesses and political adversaries, one says one thing and another says something else… I do not get involved in that. I speak of values, and everyone can see and judge if this government or state, or that one or other, promotes those values.

Darío Menor Torres:
Did you still want to visit the Pyramids?

Papa Francesco:
Did you know that today at 6:00 a.m. two of my assistants went to visit the Pyramids?

Darío Menor Torres:
Really? Would you have liked to have gone with them?

Papa Francesco:
Yes, really, yes…

Darío Menor Torres:
Thank you very much.

Greg Burke:
If we can stay focused on the theme of the trip… Virginie Riva of the French group, “Radio Europe 1”:

Virginie Riva (Radio Europe 1):
Holy Father, a question, beginning with the trip but expanding to France, if you will. You spoke at Al-Azhar University of demagogic forms of populism. French Catholics right now are being forced to vote for either a populist or an extremist, and they are divided and confused. What would be the elements for discerning that you could provide for these Catholic voters?

Pope Francis:
Excellent. There is a dimension of “populism” – I put this word in quotes, because you know that I had to relearn this word in Europe, because in Latin America it has a different meaning. There is the problem with Europe and the problem with the European Union. I will not repeat here what I have previously said about Europe. I already spoke about it four times: twice in Strasburg, once during my speech for the Charlemagne Prize, and at the beginning of the commemoration of the sixtieth anniversary of the [Treaty of Rome]. Everything I have said about Europe is in those speeches. Every country is free to make the choices it believes are right for itself. I cannot judge if it is making this choice for this reason or another, because I do not know its internal politics. It is true that Europe is in danger of coming undone; this is true. I expressed it delicately in Strasburg, more strongly during the Charlemagne Prize, and most recently without any nuance. We only have to reflect on this: the Europe which runs from the Atlantic to the Urals… There is a problem that frightens Europe and perhaps increases populism: the problem of migration. This is true. But let us not forget that Europe is made of migrants: centuries and centuries of migrants… that’s us! But it is a problem that must be studied well, and we must also respect people’s opinions, honest opinions of a political discussion with a capital “P”: great Politics, not the small national politics that eventually end up falling down. Regarding France: to tell you the truth, I do not understand French internal politics. I have worked to have good relations, including with the current President, with whom there was a difficulty once, but afterwards I was able to speak clearly with him about the issue, while respecting his viewpoint… I do not know the history of the two candidates [Le Pen e Macron], I do not know where they are from… Yes, I do know that one is a representative of the far right, but the other candidate, I truly do not know where he is from. For this reason, I cannot offer a clear view on France. But speaking of Catholics: here in Egypt, during one of the gatherings, while I was greeting the people, someone said to me: “Why do you not think big about politics?”- “What does that mean?”. And this person said to me, as if asking for help: “Create a party for Catholics”. This man is good, but he is living in the last century! Concerning populism, it is related to migrants, but this is not part of my trip. If there is time, I can come back to this. If there is time, I’ll return to this..

Vera Shcherbakova (Itar-Tass):
Holy Father, I thank you, first of all for your blessing: you blessed me, I had knelt down a few minutes ago, here in the front. I am Orthodox and I do not see any contradiction… I wanted to ask you: what are the prospects for relations with the Orthodox – obviously Russian, but also, yesterday, in the Common Declaration with the Orthodox Coptic Patriarch – there is the date of Easter in common, and it also speaks about the recognition of Baptism… At what point are we? And one more thing: how do you evaluate the relations between the Vatican and Russia, as a State, also in light of the defence of the values of Middle Eastern Christians, especially in Syria?

Greg Burke:
This is Vera Shcherbakova from Itar-Tass, the Russian agency.

Pope Francis:
Christòs anèsti! [Christ is Risen] Since Buenos Aires, I have always had a great friendship with the Orthodox. For example, every 6 January I would go to Vespers, in your Cathedral, to Patriarch Plato – who now is in the area of Ukraine, he is the Archbishop – two hours and forty minutes in a language that I did not understand, but I was able to pray well! And then there was dinner with the community, three hundred people, a Christmas Eve dinner – not Christmas dinner but for the Vigil – they were still not able to eat dairy products or meat, but it was a wonderful meal… And then bingo and games… friendship. Also the other Orthodox. At times they needed legal assistance: they would come to the Catholic Chancery, because their community was small, and they came to see the lawyers… I always had a fraternal relationship: we are sister Churches. I have a special friendship with Patriarch Tawadros: for me he is a great man of God. Tawadros is a Patriarch, a Pope who will take the Church forward, the name of Jesus forward… He has great apostolic zeal. He is one of the most, allow me to use the word but in inverted commas, “fanatical” in finding a fixed date for Easter. Me too but… we're trying to find a way. He says “we struggle on, we struggle on!” He is a man of God. He is a man who, as a bishop far away from Egypt, used to feed disabled persons; he is a man who was sent to a diocese with five churches and he left twenty-five, with I’m not sure with how many Christian families, and he did this with apostolic zeal. You know how their election works; they find three, they are chosen, and then their names are put into a bag, a child is called up with eyes bandaged and picks out a name… and there is the Lord! Clearly he is a great Patriarch. The unity of baptism moves forward. The blame, regarding baptism, has historical roots, because during the time of the first Councils it was shared. Afterwards, because the Coptic Christians baptized children in sanctuaries, when they wanted to get married and came to us to marry a Catholic, they were asked for proof which they didn't have, and so they were baptized conditionally: it was us, therefore, who started this practice, not them. But now the door has been opened and we are on a right path to face this problem, to overcome it. In the Common declaration, the penultimate paragraph speaks about this.

The Russian Orthodox recognise our baptism and we recognise theirs. I was very friendly with the Bishop in Buenos Aires, with the Russians. Also with the Georgians, for example. The Patriarch of the Georgians is a man of God, Ilia II, a mystic! We Catholics musts learn also from this tradition of mysticism in the Orthodox Churches. On this trip we had an ecumenical meeting: and Patriarch Bartholomew was also present, the Greek-Orthodox Patriarch was present, and there were other Christians: Anglicans, and the Secretary of the World Council of Churches in Geneva… Everything that contributes to ecumenism is in motion. Ecumenism is achieved by moving forward, with acts of charity, with the commitment to help, doing things together when things can be done together… There is no such thing as a static ecumenism. It is true that the theologians must study and agree amongst themselves, but this will never have a successful outcome unless we move forward. What can we do now? We must do what is possible: pray together, work together, exercise acts of charity together… But together! This is what it means to move forward. Relations with Patriarch Kirill are good, they are good. The Metropolitan Archbishop Hilarion has also come on several occasions to speak to me, and we have a good relationship.

Vera Shcherbakova:
And with the Russian state? Christians, common values?

Pope Francis:
Yes, I know that the Russian State speaks about this, about defending Christians in the Middle East. I know this and I believe it to be a good thing, to speak, to fight against persecution. Today there are more martyrs than in the first centuries, in the Middle East above all.

Greg Burke:
Phil Pullella.

Phil Pullella, (Reuters):
You spoke yesterday, in your first address, of the danger of unilateral actions and that all persons should be artisans of peace. You have spoken much of a “third world war fought piecemeal”. But it would seem that today this fear and anxiety is centred on what is happening around North Korea.

Pope Francis:
Yes, it is the focal point.

Phil Pullella:
Exactly: it is the focal point. President Trump has sent a fleet of military vessels towards the coast of North Korea; the leader of North Korea has threatened to bomb South Korea, Japan and even the United States if they can build long range missiles; people are frightened and there is talk of the possibility of a nuclear war, as if it were nothing. If you see president Trump, and also other persons, what do you want to tell these leaders who have responsibility for the future of humanity? Because we are at a rather critical moment…

Pope Francis:
I call on them: I call on them and will call on them, just as I have done with leaders of various places, to work to resolve the problems through the path of diplomacy. And there are so many facilitators in the world, mediators who offer themselves: there are countries, like Norway, for example. No one can accuse Norway of being a dictatorial country. Norway is always ready to help… to mention one example, but I'm sure that there are so many others… But the path is a path of negotiation, the path of the diplomatic solution. This “world war fought piecemeal” which I began speaking about two years ago, more or less, is “piecemeal” but the pieces have got larger, and they have become more concentrated. They are concentrated in areas which were already “hot zones”, because this situation of the Korean missiles has been going on for one year, but now it seems that the situation has heated up too much. In every instance my call is to solve problems by means of diplomacy, through negotiation… Because the future of humanity is at play. Today a prolonged war will destroy, I won't say half of humanity, but a good part of humanity and of culture… everything, everything. It would be terrible. I think that today humanity would not be able to sustain this. Let us look at those countries who are suffering due to internal conflict, where we see the fires of war: the Middle East, for example, but also in Africa… Yemen… We must stop this! Let us find, let us find a diplomatic solution. And on this point I think that the United Nations have the duty to reclaim somewhat their leadership, because it has been watered down: it has, to an extent, been watered down.

Phil Pullella:
Do you want to meet President Trump when he comes to Europe? Has there been a request for this meeting?

Pope Francis:
I haven't been informed, as yet, by the Secretary of State, that a request has been made; but I receive every Head of State who asks for a meeting.

Greg Burke:
I think that the questions about the visit have finished. Is there one? And then we must go to dinner, at 18:30. There is Antonio Pelayo, from Antena 3, whom you know…

Antonio Pelayo, (Antena 3):
Holy Father, the situation in Venezuela has gravely deteriorated recently and there have been many deaths. I would like to ask you if the Holy See, and you personally, are thinking of renewing the peaceful intervention, and what forms would such action take?

Pope Francis:
There was the intervention of the Holy See at the insistent request of the four presidents who were working as facilitators, and… it did not succeed. It was left there. It did not succeed because the proposals were not acceptable, or were diluted, or it was a “yes, yes” but then a “no, no”… We all know this difficult situation in Venezuela, which is a country I love very much. And I am aware that they are now insisting; I'm not sure of the source, I believe it to be the four Presidents, they are insisting to renew this work of facilitating, and seeking a place. I think that this must be with conditions now. Very clear conditions. Part of the opposition does not want this. Interesting, the opposition itself is divided and, on the other hand, it seems that the conflicts are increasingly escalating. But there is something happening. There is something moving forward, and I've been informed of this, but it's still very much in the air as yet. Everything that can be done for Venezuela must be done. And with the necessary guarantees. Otherwise we are just playing childish games that lead nowhere. Thank you.

Greg Burke:
Thank you Holy Father. And now we must go…

Pope Francis:
One more.

Greg Burke:
One more. There is the German… Jörg Bremer from the Frankfurter Allgemeine:

Jörg Bremer (Frankfurter Allgemeine):
A few days ago, you spoke about the issue of refugees in Greece, Lesbos, and you used the term “concentration camp”, because they are overfilled with people. For us Germans this is obviously a term which is very serious and very close to the term “extermination camp”. Some say that it was a lapsus linguae on your part: what did you mean?

Pope Francis:
First, you all should read carefully everything I said. I said that the most generous in Europe were Italy and Greece: it is true, they are the closest to Libya and Syria… With regard to Germany, I have always admired the capacity for integration. When I studied there, there were many Turkish people, integrated, in Frankfurt, so many. Integrated, and leading a normal life. It wasn't a lapsus linguae: there are refugee camps that are true camps of concentration. There may be one in Italy, one elsewhere… Not in Germany, certainly. But think of this: what do people do who are closed in a camp and unable to leave? Think of what happened in northern Europe when they wanted to cross the sea to reach England: they were closed in! I was amused, and this is a little bit of Italian culture, I was amused to learn about a refugee camp in Sicily - and I've been told this by the delegate of Azione Cattolica in Agrigento - in that area there are two or three such camps, I don't know in which diocese. The authorities of the city which houses the camps spoke to the people in one refugee camp and said: “You staying in here inside will affect your mental health; you must come out. But please, don't get up to any rough stuff. We can't open the door, but we’ll make a small hole behind. You go out, have a nice walk…”. In this way the refugees struck up relationships with the people living around the area, good relationships… These refugees do not commit acts of delinquency or crime. But the fact of being shut in, with nothing to do, this is a lager camp, is it not? But it has nothing to do with Germany, no, no. Thank you.

Greg Burke:
Thank you Holy Father…

Pope Francis:
Thank you for this work you do which helps so many people. You do not know the good that your editorials can do, your articles, your reflections… We must help people and offer assistance in the area communication, so that communication and the media direct us to good things, not to things which disorientate and never help us. Thank you. Thank so much. Have a nice dinner and pray for me!

[00650-EN.01] [Original text: Plurilingual]

Traduzione in lingua spagnola

Greg Bruke:
            Gracias Santo Padre. Hay algunos periodistas que hacen el viaje por primera vez y otros que han hecho ya casi cien viajes ―más de cien―. No sé si usted sabe cuántos viajes internacionales ha hecho ya…

Papa Francisco:
            Dieciocho.

Greg Burke:
            Dieciocho. Y el decimonoveno está a la vuelta de la esquina, así que también usted ha realizado un buen número de viajes papales. Gracias por este tiempo que nos concede, que para nosotros es siempre un momento fuerte. Comenzamos con el grupo italiano: Paolo Rodari… ―No sé si usted quiere decir algo antes...

Papa Francisco:
            Sí, buenas tardes. Os agradezco vuestro trabajo, porque han sido 27 horas ―me parece― de mucho trabajo. Muchas gracias por lo que habéis hecho. Gracias. Estoy a vuestra disposición.

Greg Burke:
            Gracias Santo Padre.

Paolo Rodari, de « La Repubblica»:
            Santo Padre, gracias. Quería preguntarle sobre su encuentro de ayer con el Presidente Al Sisi: de qué han hablado, si usted ha mencionado los temas de los derechos humanos, y, en concreto, si ha tenido ocasión de hablar sobre el caso de Giulio Regeni y si, según usted, se llegará a saber la verdad sobre el mismo.

Papa Francisco:
            Sobre esto daré una respuesta general para después llegar a lo particular. Generalmente, cuando estoy con un Jefe de Estado, en diálogo privado, lo que se dice queda en privado. A menos que, de mutuo acuerdo, se diga: «Lo que hablemos sobre este punto lo haremos público». En este viaje he tenido cuatro diálogos privados: con el Gran Imán de Al-Azhar, con el Presidente Al Sisi, con el Patriarca Tawadros y con el Patriarca Ibrahim; y creo que si el diálogo es privado, por respeto se debe mantener reservado. Es reservado. Después está la pregunta sobre Regeni. Yo estoy preocupado. Desde la Santa Sede me he movido sobre este tema, porque también los padres me lo han pedido; la Santa Sede se ha movido. No diré cómo ni dónde, pero nos hemos movido.

Greg Burke:
            Darío Menor Torres, «El Correo», español.

Darío Menor Torres, «El Correo»:
            Gracias Santidad. Usted dijo ayer que la paz, la prosperidad y el desarrollo merecen cualquier sacrificio, y después subrayó lo importante que es respetar los derechos inalienables del hombre. ¿Significa esto un apoyo al gobierno egipcio, un reconocimiento de su papel en Oriente Medio por el modo en el que intenta defender a los cristianos, a pesar de las insuficientes garantías democráticas?

Papa Francisco:
            No, no. Se deben interpretar literalmente como valores en sí mismos. He dicho esto: defender la paz, defender la armonía de los pueblos, defender la igualdad de los ciudadanos, independientemente de la religión que profesen, son valores. Yo he hablado de los valores. Si un gobernante defiende uno u otro [de esos valores], es otro problema. He hecho 18 visitas a diferentes países. A veces he escuchado: «El Papa, al ir allí, está apoyando a aquel gobierno…». Porque un gobierno siempre tiene sus debilidades o sus adversarios políticos, los unos dicen una cosa, los otros otra… yo no me entrometo. Yo hablo de los valores, y cada uno vea y juzgue si este gobierno o este Estado, o aquel o aquel otro, favorece esos valores.

Darío Menor Torres:
            ¿Se ha quedado con el deseo de visitar las Pirámides?

Papa Francisco:
            ¿Pero tú sabes que hoy a las seis de la mañana mis dos asistentes se han ido a visitar las Pirámides?

Darío Menor Torres:
    ¿Ah, sí? Pero, ¿le habría gustado ir con ellos?

Papa Francisco:
            Sí, ciertamente sí.

Darío Menor Torres:
            Muchas gracias.

Greg Burke:
            Si es posible, permanezcamos en el tema del viaje. Virginie Riva, del grupo francés «Radio Europe 1».

Virginie Riva, «Radio Europe 1»:
            Santo Padre, una pregunta partiendo del viaje pero extendiéndola a Francia, si usted lo permite. Usted ha hablado en Al-Azhar, en la Universidad, de los populismos demagógicos. Los católicos franceses en este periodo se ven tentados a votar por el populismo o el extremismo, están divididos y desorientados. ¿Cuáles pueden ser los elementos de discernimiento que usted podría dar a estos electores católicos?

Papa Francisco:
            Muy bien. Existe una dimensión del «populismo» ―entre comillas, porque vosotros sabéis que esta palabra, por mi parte, he tenido que volverla a aprender en Europa, porque en América Latina tiene otro significado―. Está el problema de Europa y el problema de la Unión Europea. Lo que he dicho sobre Europa no lo repetiré aquí: he hablado de ello ya en cuatro ocasiones: dos en Estrasburgo, una durante el Premio Carlo Magno, y al comienzo de la conmemoración del 60 aniversario [de los Tratados de Roma]. Allí está todo lo que he dicho sobre Europa. Cualquier País es libre de tomar las decisiones que crea conveniente en relación a esto; yo no puedo juzgar si esta decisión la hace por uno u otro motivo, porque no conozco la política interna. Es verdad que Europa tiene el peligro de disolverse, esto es verdad. Lo he dicho con delicadeza en Estrasburgo, lo he dicho con más fuerza durante el Premio Carlo Magno, y últimamente sin matices. Solo tenemos que meditar sobre esto: Europa que se extiende desde el Atlántico a los Urales… Existe un problema que asusta a Europa y tal vez alimenta a los populismos: el problema de las migraciones. Esto es verdad. Pero no olvidemos que Europa se ha hecho gracias a los emigrantes: siglos y siglos de emigrantes. ¡Somos nosotros! Pero es un problema que se tiene que estudiar bien; y es necesario que respetemos también las opiniones, las opiniones honestas de una discusión política con mayúscula, grande: una política grande, no la pequeña política del país que al final termina cayendo [termina siendo ineficaz]. Con respecto a Francia ―digo la verdad―, yo no conozco la política interna francesa. He procurado tener buenas relaciones, también con el Presidente actual, con el que hubo un conflicto una vez pero después he podido hablar claramente sobre las cosas, respetando su opinión. De los dos candidatos políticos [Le Pen y Macron] no conozco la historia, no sé de dónde vienen. Sí, sé que uno es representante de la derecha fuerte, pero el otro no sé de dónde proviene. Por esto, no puedo dar una opinión precisa sobre Francia. Pero hablando de los católicos: aquí en Egipto, en uno de los encuentros, mientras saludaba a la gente, uno me ha dicho: «¿Por qué no piensa en la política a la grande?». ―«¿Qué quiere decir?». Y me ha dicho, como pidiendo ayuda: «Hacer un partido para los católicos». Este señor es bueno, pero vive en el siglo pasado. Con respecto a los populismos, están relacionados con los emigrantes, pero esto no forma parte del viaje. Si hay tiempo puedo volver sobre esto. Si hay tiempo, volveré.

Vera Shcherbakova, «Itar-Tass»:
            Santo Padre, le doy las gracias, en primer lugar por la bendición: Usted me ha bendecido, me arrodillé hace unos minutos, aquí delante. Soy ortodoxa y no veo ninguna contradicción. Quería preguntar: ¿Qué perspectivas hay en las relaciones con los ortodoxos ―obviamente rusos, pero también, ayer, con la Declaración conjunta con el Patriarca de copto ortodoxo? Está la fecha de la Pascua en común, y también se habla del reconocimiento del bautismo. ¿A qué punto estamos? Y otra cosa: ¿Qué valoración hace usted de las relaciones entre el Vaticano y Rusia, como Estado, también con relación a la defensa de los valores cristianos en Oriente Medio, especialmente en Siria?

Greg Burke:
Ella es Vera Shcherbakova, de la Agencia «Itar-Tass», agencia rusa.

Papa Francisco:
            Christòs anèsti! [Cristo ha resucitado]. Con los ortodoxos siempre he tenido una gran amistad, ya en Buenos Aires. Por ejemplo, el 6 de enero de cada año iba a vísperas, en vuestra catedral, con el Patriarca Platon ―que ahora está por la zona de Ucrania, es arzobispo―: dos horas y cuarenta minutos de oración en una lengua que no entendía, pero se podía rezar bien. Y después cenaba con la comunidad, trescientas personas, una cena de la vigilia de Navidad ―no la cena de Navidad, la vigilia― todavía no se podían comer productos lácteos ni carne, pero era una buena cena. Y después la tómbola, la lotería... amistad. También con los demás ortodoxos. A veces necesitaban ayuda legal: venían a la Curia católica, porque son comunidades pequeñas, y veían a los abogados. Siempre he tenido una relación fraternal: somos Iglesias hermanas. Con Tawadros tengo una amistad especial: para mí es un gran hombre de Dios. Tawadros es un Patriarca, un Papa que llevará adelante a la Iglesia, el nombre de Jesús. Tiene un gran celo apostólico. Él es uno de los más ―permitidme que use la palabra, pero entre comillas― «fanáticos» en relación al tema de encontrar una fecha fija para la Pascua. También yo, pero buscamos el modo. Él dice: «Luchemos, luchemos». Es un hombre de Dios. Es un hombre que, cuando era obispo, lejos de Egipto, iba a dar de comer a las personas con discapacidad; es un hombre que fue enviado a una diócesis con cinco iglesias y dejó veinticinco, y no sé cuántas familias cristianas, con el celo apostólico. Después, tú sabes cómo se hace la elección entre ellos: se busca a tres, se eligen, y luego se meten los nombres en una bolsa, se llama a un niño, se le vendan los ojos y el niño elige el nombre. Y allí está el Señor. Verdaderamente él es un gran Patriarca. La unidad del bautismo va adelante. La culpa, sobre el bautismo, es una cosa histórica, porque en la época de los primeros Concilios era común. Después, como los cristianos coptos bautizaban a los niños en los santuarios, cuando querían casarse y venían a nosotros porque se casaban con una católica, se les pedía algo que diera fe y no lo tenían, y se les bautizaba bajo condición: así que hemos comenzado nosotros, no ellos. Pero ahora se ha abierto la puerta y, ante este problema, estamos en el buen camino, para superarlo. En la Declaración conjunta, el penúltimo párrafo habla de esto.

            Los ortodoxos rusos reconocen nuestro bautismo y nosotros reconocemos el suyo. Yo era muy amigo del obispo en Buenos Aires, de los rusos. También con los georgianos, por ejemplo. El Patriarca de los georgianos es un hombre de Dios, Elías II, es un místico. Y los católicos también tenemos que aprender de esta tradición mística de las Iglesias ortodoxas. En este viaje hemos tenido el encuentro ecuménico: estaba también el Patriarca Bartolomeo, estaba el patriarca greco-ortodoxo, después estaban otros cristianos: los anglicanos, también el Secretario del Consejo Mundial de las Iglesias, de Ginebra... Todo lo que hace el ecumenismo está en camino. El ecumenismo se hace caminando, con las obras de caridad, con el compromiso de ayudar, de hacer cosas juntos cuando se pueden hacer juntos... No hay un ecumenismo estático. Es verdad que los teólogos tienen que estudiar y ponerse de acuerdo, pero esto no llegará a buen puerto si no se camina. «¿Qué podemos hacer ahora?». Hagamos lo que podemos hacer: orar juntos, trabajar juntos, hacer obras de caridad juntos... pero juntos. Y esto es ir adelante. Las relaciones con el Patriarca Kirill son buenas. También el Arzobispo Metropolita Hilarión ha venido varias veces a hablar conmigo, y tenemos una buena relación.

Vera Shcherbakova:
            ¿Y con el Estado Ruso? ¿Los cristianos, los valores comunes…?

Papa Francisco:
            Sí, yo sé que el Estado Ruso habla de esto, de la defensa de los cristianos en Oriente Medio. Lo sé, y creo que es una buena cosa, hablar, luchar contra la persecución. Hoy en día hay más mártires que en los primeros siglos, especialmente en Oriente Medio.

Greg Burke:
            Phil Pullella.

Philip Pullella, agencia «Reuters»:
            Usted habló ayer, en el primer discurso, del peligro de las acciones unilaterales y que todos han de ser constructores de paz. Usted habló mucho de la «tercera guerra mundial por partes». Pero parece que hoy en día este miedo y ansiedad se concentra alrededor de lo que está pasando con Corea del Norte.

Papa Francisco:
            Sí, es el punto central...

Phil Pullella:
            Exacto: es el punto central. El presidente Trump ha enviado una escuadra de buques militares frente a la costa de Corea del Norte; el líder de Corea del Norte ha amenazado con bombardear Corea del Sur, Japón e incluso los Estados Unidos, si consiguen construir misiles de largo alcance; la gente tiene miedo y se está hablando del riesgo de una guerra nuclear como si no sucediera nada. Entonces, si usted se encontrara con el presidente Trump, pero también con otras personas, ¿qué les diría a estos líderes que tienen la responsabilidad del futuro de la humanidad? Porque estamos en un momento bastante crítico...

Papa Francisco:
            Yo los llamo. Los llamo y los llamaré, como he llamado a los líderes de diferentes lugares, a que se trabaje para resolver los problemas por la vía de la diplomacia. Y hay facilitadores ―muchos, en el mundo―, hay mediadores que se ofrecen: hay países como Noruega, por ejemplo; nadie puede acusar a Noruega de ser un país dictatorial; siempre está dispuesta a ayudar... Por citar un ejemplo, pero hay muchos más... Pero el camino es el de la negociación, el camino de la solución diplomática. Esta «guerra mundial por partes», de la que estoy hablando desde hace dos años, más o menos, es «por partes», pero las partes se han ampliado, y también se han concentrado. Se han concentrado en puntos que ya eran «calientes», porque esta historia de los misiles de Corea va adelante desde hace un año, pero ahora parece que la cuestión se ha avivado demasiado. Yo llamo siempre a resolver los problemas por la vía diplomática, con la negociación... Porque está en juego el futuro de la humanidad. Hoy, una guerra amplia destruirá, no digo que la mitad de la humanidad, pero una buena parte de la humanidad y la cultura... todo, todo. Sería terrible. Creo que hoy la humanidad no sería capaz de soportarlo. Pero miremos a los países que están sufriendo una guerra en su interior, y en los que hay focos de guerra: Oriente Medio, por ejemplo, pero también en África, Yemen... Detengámonos. Busquemos, busquemos una solución diplomática. Y en esto creo que las Naciones Unidas tienen el deber de retomar un poco el liderazgo, porque se ha diluido: se ha diluido un poco.

Phil Pullella:
            ¿Querrá usted reunirse con el presidente Trump cuando viaje a Europa? ¿Se ha realizado alguna petición para ese encuentro?

Papa Francisco:
            La Secretaría de Estado no me ha informado todavía de que haya ninguna petición; pero yo recibo a cualquier Jefe de Estado que me pida audiencia.

Greg Burke:
            Me parece que las preguntas sobre el viaje ya se han acabado. ¿Se puede contestar a una todavía? Después tendremos la cena, a las seis y media. Está Antonio Pelayo, de «Antena 3», que usted ya conoce.

Antonio Pelayo, "Antena 3":
            Santo Padre, la situación en Venezuela ha degenerado últimamente de modo muy grave y ha habido muchas muertes. Quisiera preguntarle si la Santa Sede, y usted personalmente, piensan relanzar esa acción, esa intervención pacificadora, y qué formas podría asumir esta acción.

Papa Francisco:
            Hubo una intervención de la Santa Sede bajo pedido fuerte de los cuatro Presidentes que estaban trabajando como facilitadores, y… la cosa no resultó. Y quedó ahí. No resultó porque las propuestas no eran aceptadas, o se diluían, o era un «sí, sí» pero «no, no». Todos conocemos la difícil situación de Venezuela, que es un País al que yo quiero mucho. Y sé que ahora están insistiendo; no sé bien de dónde –creo que de los cuatro Presidentes– para relanzar esta facilitación, y están buscando el lugar. Yo creo que tiene que ser con condiciones ya. Condiciones muy claras. Parte de la oposición no quiere esto. Porque es curioso, la misma oposición está dividida. Y, por otro lado, parece que los conflictos se agudizan cada vez más. Pero hay algo de movimiento. Hay algo de movimiento, estuve informado de eso, pero está muy en el aire todavía. Pero todo lo que se pueda hacer por Venezuela hay que hacerlo. Con las garantías necesarias. Si no, jugamos al «pin-pin pirulero», y no va la cosa. Gracias.

Greg Burke:
            Gracias, Santo Padre. Y ahora tenemos que terminar.

Papa Francisco:
            Una más todavía.

Greg Burke:
            Una más. Hay un alemán: Jörg Bremer de «Frankfurter Allgemeine».

Jörg Bremer de «Frankfurter Allgemeine»:
            Hace algunos días, usted ha hablado sobre el tema de los refugiados en Grecia, Lesbos, y utilizó la expresión «campos de concentración», porque están sobrecargados de gente. Para nosotros, los alemanes, es lógico que este es un término muy, muy serio, y muy parecido al de «campo de exterminio». Algunos dicen que fue un lapsus linguae suyo: ¿Qué es lo que quería decir?

Papa Francisco:
            En primer lugar, tenéis que leer bien todo lo que dije. Dije que los más generosos de Europa son Italia y Grecia: lo han sido, es cierto, son los que están más cerca de Libia y Siria... De Alemania, siempre he admirado la capacidad de integración. Cuando estudiaba allí, había muchos turcos, integrados, en Frankfurt, muchos, integrados, y llevaban una vida normal. No ha sido un lapsus linguae: hay campos de refugiados que son verdaderos campos de concentración. Hay alguno tal vez en Italia, alguno en otra parte..., en Alemania no, seguro. Pero usted piense un momento: ¿Qué hacen las personas encerradas en un campo y sin poder salir? Piense a lo que sucedió en el norte de Europa cuando querían cruzar el mar para ir a Inglaterra: ¡estaban encerrados dentro! Me hizo reír ―y esa es un poco la cultura italiana―, me hizo reír cuando me he enterado de un campo de refugiados en Sicilia ―me lo contó el delegado de la Acción Católica de la diócesis de Agrigento―. Allí, en la zona, hay dos o tres campos de estos, no sé en qué diócesis; las autoridades de la ciudad donde se encuentra el campamento hablaron con la gente del campo de refugiados y les dijeron: «A vosotros, quedaros aquí dentro os perjudicará la salud mental; tenéis que salir. Pero, por favor, no hagan cosas malas. Nosotros no podemos abrir la puerta, pero hacemos un agujero en la parte de atrás. Vosotros salid, dad un buen paseo...». Y así se han ido tejiendo relaciones con los habitantes del pueblo, buenas relaciones... Estos no cometen delitos, no cometen crímenes. Pero el mero hecho de estar encerrados, sin hacer nada, esto es un lager, ¿no? Pero no tiene nada que ver con Alemania, no, no. Gracias.

Greg Burke:
            Gracias a usted, Santo Padre.

Papa Francisco:
            Gracias por este trabajo que hacéis y que sirve a tanta gente. No sabéis el bien que podéis hacer con vuestras crónicas, con vuestros artículos, con vuestras reflexiones… Tenemos que ayudar a la gente y ayudar también a la comunicación, para que la comunicación y también la prensa nos lleve a las cosas buenas y no a la desorientación, que no nos sirve. Muchas gracias, muchas gracias. Y que tengáis una buena cena. Y rezad por mí.

[00650-ES.01] [Texto original: Plurilingüe]

Traduzione in lingua portoghese

Greg Burke:
            Obrigado, Santo Padre. Há alguns jornalistas que fazem a viagem pela primeira vez e outros que já fizeram quase uma centena de viagens, mais de uma centena! Não sei se o Santo Padre sabe quantas viagens internacionais fez...

Papa Francisco:
Dezoito.

Greg Burke:
            Dezoito. E a décima nona está à porta, pelo que também o Santo Padre já tem um bom número de viagens papais. Obrigado por este momento, que é sempre um momento importante para nós.
    Começamos pelo grupo italiano: Paolo Rodari. Mas não sei se o Santo Padre quer dizer alguma coisa antes.

Papa Francisco:
            Sim. Boa tarde! Agradeço o vosso trabalho, porque foram 27 horas – creio eu – de muito trabalho. Muito obrigado pelo que fizestes. Obrigado. E estou à vossa disposição.

Greg Burke:
            Obrigado, Santo Padre.

Paolo Rodari, de «La República»:
            Santo Padre, obrigado. Queria fazer-lhe uma pergunta a propósito do seu encontro de ontem com o Presidente Al Sisi: De que falaram? Acenou-se ao tema dos direitos humanos e, concretamente, houve oportunidade de falar do caso de Giulio Regeni? Na sua opinião, chegar-se-á à verdade sobre isso?

Papa Francisco:
            A propósito disto, darei uma resposta geral para, depois, chegar ao caso particular. Geralmente, quando estou com um Chefe de Estado, em diálogo privado, este permanece privado. A não ser que, de comum acordo, se diga: «Tudo o que dissermos sobre este ponto, torná-lo-emos público». Nesta viagem, tive quatro diálogos privados: com o Grande Imã de Al-Azhar, com o Presidente Al Sisi, com o Patriarca Tawadros e com o Patriarca Ibrahim; e acho que, se o diálogo é privado, por respeito se deve manter a confidencialidade. É reservado. Depois, há a pergunta sobre Regeni. Estou preocupado. Por parte da Santa Sé, eu intervim sobre este assunto, porque os próprios pais mo pediram; a Santa Sé interveio. Não direi como nem onde, mas interviemos.

Greg Burke:
            Darío Torres Menor, «El Correo» espanhol:

Darío Torres Menor, "El Correo":
            Obrigado, Santidade. O Santo Padre disse ontem que a paz, a prosperidade e o desenvolvimento merecem todo o sacrifício e, depois, sublinhou a importância do respeito pelos direitos inalienáveis do homem. Significa isto um apoio ao governo egípcio, um reconhecimento pelo seu papel no Médio Oriente, pelo modo como tenta defender os cristãos, apesar de serem insuficientes as garantias democráticas?

Papa Francisco:
            Não. Devem-se interpretar literalmente como valores em si mesmos. Eu disse isto: defender a paz, defender a harmonia dos povos, defender a igualdade dos cidadãos, seja qual for a religião que professem, são valores. Falei dos valores. Se um governante defende este valor ou aquele, é outro problema. Fiz dezoito visitas a vários países. Às vezes ouvi dizer: «O Papa, indo lá, dá apoio àquele governo». Porque um governo tem sempre as suas fraquezas ou os seus adversários, cada qual diz a sua... Não me intrometo. Falo dos valores e cada um veja e julgue se este governo ou este Estado, este ou aquele, promove tais valores.

Darío Menor Torres:
            Ficou com o desejo de visitar as Pirâmides?

Papa Francisco:
            Mas queres saber que hoje, às seis horas da manhã, os meus dois assistentes foram visitar as Pirâmides?

Darío Torres Menor:
            Ai sim? Gostaria de ter ido com eles?

Papa Francisco:
            Sim, verdadeiramente sim...

Darío Torres Menor:
            Muito obrigado.

Greg Burke:
            Procuremos cingir-nos aos temas da viagem... Virginie Riva, do grupo francês, «Radio Europe 1»:

Virginie Riva, «Radio Europe 1»:
            Santo Padre, uma pergunta que parte da viagem, mas – se o Santo Padre aceitar – para envolver a França. Na Universidade de Al-Azhar, falou dos populismos demagógicos. Os católicos franceses, neste período, sentem-se tentados pelo voto populista ou nos extremos: estão divididos e desorientados. Que elementos de discernimento poderia dar a estes eleitores católicos?

Papa Francisco:
            Bem, há uma dimensão de «populismo» entre aspas, porque esta palavra, como sabeis, tive de a reaprender na Europa, pois na América Latina tem outro significado. Há o problema da Europa e há o problema da União Europeia. O que disse sobre a Europa, não o repetirei aqui. Já falei quatro vezes: duas em Estrasburgo, uma no Prémio Carlos Magno e outra no início da comemoração do sexagésimo aniversário [dos Tratados de Roma]. Lá está tudo aquilo que disse sobre a Europa. Cada país é livre de fazer as escolhas, sobre isso, que julgue convenientes; não posso julgar se faz esta escolha por este motivo ou por outro, porque não conheço a política interna. É verdade que a Europa está em perigo de desintegrar-se; isto é verdade. Disse-o suavemente em Estrasburgo, disse-o mais forte no Prémio Carlos Magno e, ultimamente, sem nuances. Sobre isto, devemos apenas meditar: a Europa vai do Atlântico aos Urais... Há um problema que assusta a Europa e, talvez, alimente os populismos: o problema das migrações. Isto é verdade. Mas não esqueçamos que a Europa foi feita por migrantes: séculos e séculos de migrantes... somos nós! Mas é um problema que se deve estudar bem, e é preciso também respeitar as opiniões; as opiniões honestas dum debate Político com maiúscula, em grande: uma Política grande, não com a pequena política do país que no fim acaba por cair. Quanto à França, eu – digo a verdade – não estou a par da política interna francesa. Procurei ter boas relações, mesmo com o Presidente atual, com quem houve uma vez um conflito, mas depois pude falar claramente sobre o assunto, respeitando a sua opinião... Dos dois candidatos políticos [Le Pen e Macron], não conheço a história, não sei donde vêm... Sei, sim, que um é representante da direita forte, mas o outro verdadeiramente não sei donde vem. Por isso, não posso formular uma opinião clara sobre a França. Falando dos católicos, aqui no Egito, num dos encontros, ao saudar as pessoas, disse-me alguém: «Porque não pensa na política em grande?» - «Que quer dizer?». Respondeu-me, como que pedindo ajuda: «Fazer um partido para os católicos». Este senhor é bom, mas vive no século passado! Relativamente aos populismos, há uma relação com os migrantes, mas isto não faz parte da viagem. Se houver tempo, posso voltar ao tema. Se houver tempo, voltarei.

Vera Shcherbakova, agenzia “Itar-Tass”:
            Santo Padre, antes de mais nada agradeço-lhe a bênção que me deu: o Santo Padre abençoou-me, quando, há poucos minutos, me ajoelhei aqui na frente. Sou ortodoxa, e não vejo nisso qualquer contradição... Queria perguntar: Quais são as perspetivas [de desenvolvimento] nas relações com os ortodoxos – claro – russos? Mesmo ontem se referia, na Declaração Comum com o Patriarca Copta Ortodoxo, a data da Páscoa em comum e falava-se também do reconhecimento do Batismo... Com os ortodoxos russos, a que ponto se está? E outra coisa: Como avalia, Santo Padre, as relações entre o Vaticano e a Rússia enquanto Estado, inclusive à luz da defesa dos valores dos cristãos do Médio Oriente, sobretudo na Síria?

Greg Burke:
    Esta é Vera Shcherbakova, da agência russa Itar-Tass.

Papa Francisco:
            Christòs anèsti [Cristo ressuscitou]! Sempre mantive uma grande amizade com os ortodoxos, já desde Buenos Aires. Por exemplo, anualmente no dia 6 de janeiro, ia às Vésperas na vossa catedral, presidia o Patriarca Platon (agora está na área da Ucrânia, é arcebispo): 2 horas e 40 minutos de oração numa língua que eu não compreendia, mas podia-se rezar bem! E depois a ceia com a comunidade, trezentas pessoas, a ceia da vigília de Natal – não a ceia de Natal, mas a da vigília – em que ainda não se podia comer laticínios nem carne, mas era uma ceia boa... E depois o sorteio, a lotaria... amizade. O mesmo com os outros ortodoxos. Às vezes, precisavam de ajuda legal: vinham à Cúria Católica, porque são comunidades pequenas e iam aos advogados... Tive sempre uma relação fraterna: somos Igrejas irmãs. Com Tawadros, tenho uma amizade especial: para mim, é um grande homem de Deus. Tawadros é um Patriarca, um Papa que fará avançar a Igreja, fará avançar o nome de Jesus... Possui um grande zelo apostólico. Ele é um dos mais – deixai-me usar a palavra, mas entre aspas – «fanáticos» [propugnadores] de se encontrar a data fixa da Páscoa. Eu também, mas… procuremos o modo. Ele diz: «Lutemos, lutemos!» É um homem de Deus. É um homem que, quando era bispo longe do Egito, ia dar de comer às pessoas com deficiência; é um homem que foi enviado numa diocese com cinco igrejas e, com o seu zelo apostólico, deixou vinte e cinco, não sei quantas famílias cristãs. Sabes como se faz entre eles a eleição? Procuram-se, escolhem-se três; depois colocam-se os seus nomes numa saca, chama-se uma criança, vendam-se-lhe os olhos e a criança escolhe o nome... E ali está o Senhor! Ele é claramente um grande Patriarca. Na unidade do Batismo, vai-se avançando. A culpa a propósito do batismo deve-se a um facto histórico, porque, na época dos primeiros Concílios, estávamos em comum. Depois, como os cristãos coptas batizavam as crianças nos santuários, quando queriam casar-se com uma católica vinham ter connosco; pedia-se-lhes a prova [do Batismo] e não a tinham… então fazia-se o Batismo sob condição. Assim quem começou fomos nós, não eles. Mas agora abriu-se a porta e estamos na boa estrada para [resolver] este problema, para o podermos superar. Na Declaração Comum, fala-se disto no penúltimo parágrafo.

Os ortodoxos russos reconhecem o nosso batismo, e nós reconhecemos o deles. Dava-me muito bem com o bispo em Buenos Aires, com os russos. E também, por exemplo, com os georgianos. O Patriarca dos georgianos, Elias II, é um homem de Deus, é um místico! E nós, católicos, devemos aprender também desta tradição mística das Igrejas Ortodoxas. Nesta viagem, fizemos o encontro ecuménico: estava presente também o Patriarca Bartolomeu, estava o Patriarca greco-ortodoxo, e participavam outros cristãos: os anglicanos, inclusive o Secretário do Conselho Ecuménico das Igrejas de Genebra... No ecumenismo, tudo se faz em caminho. O ecumenismo é feito em caminho, com as obras de caridade, com as iniciativas de entreajuda… fazer as coisas juntos, quando se podem fazer juntos. Não existe um ecumenismo estático. É verdade que os teólogos devem estudar e porem-se de acordo, mas isto não poderá ser bem-sucedido, se não se caminha. «Que podemos fazer agora?» Façamos aquilo que podemos fazer: orar juntos, trabalhar juntos, praticar juntos as obras de caridade...  Mas juntos! E isto é avançar. As relações com o Patriarca Kirill são boas. O Arcebispo Metropolita Hilarion veio também várias vezes falar comigo, e temos um bom relacionamento.

Vera Shcherbakova:
            E quanto ao Estado russo? Os cristãos, os valores comuns?

Papa Francisco:
            Sim, eu sei que o Estado russo fala disto, da defesa dos cristãos do Médio Oriente. Sei disto e creio que é uma coisa boa falar, lutar contra a perseguição. Hoje há mais mártires do que nos primeiros séculos, sobretudo no Médio Oriente.

Greg Burke:
            Phil Pullella.

Phil Pullella, agência “Reuters”:
            O Santo Padre falou ontem, no primeiro discurso, do perigo de ações unilaterais e que todos devem ser construtores de paz. No primeiro discurso de ontem, falou muito da «terceira guerra mundial aos pedaços». Mas parece que hoje este medo e esta ansiedade estejam concentradas em torno da Coreia do Norte, naquilo que lá está a acontecer.

Papa Francisco:
            Sim, é o ponto de concentração.

Phil Pullella:
            Precisamente: é o ponto de concentração. O Presidente Trump posicionou um esquadrão de navios militares ao largo da costa da Coreia do Norte; o líder da Coreia do Norte ameaçou bombardear a Coreia do Sul, o Japão e até os Estados Unidos, caso eles consigam construir mísseis de longo alcance; as pessoas têm medo, ao verem falar da possibilidade duma guerra nuclear, como se nada fosse. Santidade, se vir o Presidente Trump, mas também outras pessoas, que gostava de dizer a estes líderes que têm a responsabilidade pelo futuro da humanidade? É que estamos num momento bastante crítico…

Papa Francisco:
            Convido-os – e continuarei a fazê-lo, como aliás tenho convidado os líderes de diferentes lugares – a trabalhar para resolver os problemas pelo caminho da diplomacia. E temos os facilitadores – muitos no mundo -, temos mediadores que se oferecem: há países, como a Noruega, por exemplo. Ninguém pode acusar a Noruega de ser um país ditatorial. Está sempre pronta a ajudar... Isto, para citar um exemplo, mas há muitos... Entretanto o caminho é o das negociações: o caminho da solução diplomática. Esta «guerra mundial aos pedaços», de que tenho falado desde há dois anos mais ou menos, é «aos pedaços», mas os pedaços têm-se ora alargado, ora concentrado. Concentraram-se em pontos que já eram «quentes»; com efeito, há um ano que se vem desenrolando este caso dos mísseis da Coreia, mas agora parece que o problema se esteja a exacerbar demais. Convido sempre a resolver os problemas pelo caminho diplomático, através de negociações... Porque está em jogo o futuro da humanidade. Hoje uma guerra alargada destruirá, não digo metade, mas certamente uma boa parte da humanidade e da cultura... tudo, tudo. Seria terrível. Creio que hoje a humanidade não seria capaz de suportar. Mas debrucemo-nos sobre os países que padecem uma guerra interna, no seu seio, onde há focos de guerra: o Médio Oriente, por exemplo; mas também, na África, o Iémen... Paremos [com a guerra]! Procuremos uma solução diplomática. E creio que as Nações Unidas tenham o dever de reafirmar um pouco mais a sua liderança nisto, porque está diluída, aguada: um pouco aguada.

Phil Pullella:
            O Santo Padre quer encontrar o presidente Trump quando vier à Europa? Houve algum pedido em ordem a este encontro?

Papa Francisco:
            Ainda não fui informado pela Secretaria de Estado que tenha havido um pedido; mas eu recebo todo o Chefe de Estado que peça audiência.

Greg Burke:
            Penso que acabaram as perguntas sobre a viagem. Será possível aceitar ainda uma? Depois temos de jantar, às seis e meia... Temos Antonio Pelayo, de Antena 3, que o Santo Padre conhece…

Antonio Pelayo, “Antena 3”:
            Santo Padre, ultimamente a situação na Venezuela tem degenerado gravemente, havendo já muitas mortes. Queria perguntar-lhe se a Santa Sé e o Santo Padre, pessoalmente, pensam relançar uma ação, uma intervenção pacificadora? E que formas poderia assumir esta ação.

Papa Francisco:
            Houve uma intervenção da Santa Sé a pedido insistente dos quatro Presidentes que estavam a trabalhar como facilitadores, e... não resultou. Ficou-se por aí. Não resultou, porque as propostas não eram aceites: ou se esbatiam ou havia um «sim, sim» que depois era um «não, não»... Todos conhecemos a situação difícil da Venezuela, um país que muito amo. E sei que agora estão a insistir – não sei bem donde [vem], mas creio que dos quatro Presidentes – para se relançar esta facilitação; andam à procura dum lugar bom. Eu creio que tem de partir já com condições; condições muito claras. Parte da oposição não quer isto: é curioso, que a própria oposição está dividida. E, por outro lado, parece que os conflitos se intensificam cada vez mais. Mas algo se move; fui informado que algo está em movimento, mas ainda muito no ar. Entretanto tudo o que se possa fazer pela Venezuela, há que fazê-lo. Com as garantias necessárias. Senão estamos a jogar ao tintin piruleiro, e não resulta. Obrigado.

Greg Burke:
            Obrigado, Santo Padre. E agora temos que ir...

Papa Francisco:
            Mais uma.

Greg Burke:
            Mais uma. Temos um alemão... Jörg Bremer, de „Frankfurter Allgemeine“:

Jörg Bremer, de „Frankfurter Allgemeine“:
            Há poucos dias, o Santo Padre falou do tema dos refugiados na Grécia, em Lesbos, e usou a expressão «campo de concentração», porque superlotado de pessoas. Claro, para nós, alemães, trata-se duma designação muito, mas muito séria e muito próxima à de «campo de extermínio». Há quem diga que se tratou de um seu lapsus linguae… que pretendia dizer?

Papa Francisco:
            Primeiro, deveis ler bem tudo o que eu disse. Disse que os mais generosos da Europa eram a Itália e a Grécia: e têm sido... É verdade que são os mais próximos da Líbia e da Síria. Quanto à Alemanha, sempre admirei a capacidade de integração. Quando eu lá estudava, havia muitos turcos, integrados, em Francoforte. Muitos... integrados, e faziam uma vida normal. Não foi um lapsus linguae: há campos de refugiados que são verdadeiros campos de concentração. Talvez haja algum na Itália, há-os noutros lados... Na Alemanha não, de certeza. Tu pensa: Que fazem as pessoas que estão fechadas num campo e não podem sair? Pensa naquilo que aconteceu no Norte da Europa, quando queriam atravessar o mar para ir para a Inglaterra: fecharam-nos dentro! Deu-me vontade de rir – mas a cultura italiana é um pouco assim – deu-me vontade de rir ao ouvir o que sucedeu num campo de refugiados na Sicília (contou-mo o delegado da Ação Católica da diocese de Agrigento; naquela área, existem dois ou três de tais campos). Não sei em qual diocese, mas as autoridades daquela terra, onde está o campo, falaram às pessoas do campo de refugiados dizendo-lhes: «A vós, o facto de permanecerdes aqui dentro prejudicar-vos-á a saúde mental; deveis sair. Mas, por favor, não façais asneiras. Não vos podemos abrir a porta, mas fazemos um buraco, nas traseiras. E vós saí, fazei um belo passeio...» E, deste modo, se criaram relações com os habitantes daquela aldeia, relações boas... Estes não praticam delinquência, não praticam criminalidade. Mas o simples facto de estarem fechados, sem fazer nada, isto é um lagher, não? Mas não tem nada a ver com a Alemanha; isso não. Obrigado!

Greg Burke:
            Obrigado ao Santo Padre...

Papa Francisco:

            Obrigado a todos vós pelo trabalho que fazeis e que ajuda tantas pessoas. Não imaginais o bem que podeis fazer com as vossas crónicas, os vossos artigos, as vossas ideias... Devemos ajudar as pessoas e ajudar também a comunicação, para que a comunicação e a própria imprensa nos levem para coisas boas e não para despistes que não nos ajudam. Muito obrigado! E bom jantar. E rezai por mim!

[00650-PO.01] [Texto original: Plurilíngue]

[B0288-XX.01]