Sala Stampa

www.vatican.va

Sala Stampa Back Top Print Pdf
Sala Stampa


Viaggio Apostolico del Santo Padre Francesco in Egitto (28-29 aprile 2017) - Incontro con le Autorità all’Hotel Al-Màsah del Cairo, 28.04.2017


Incontro con le Autorità all’Hotel Al-Màsah del Cairo

Discorso del Santo Padre

Traduzione in lingua francese

Traduzione in lingua inglese

Traduzione in lingua tedesca

Traduzione in lingua spagnola

Traduzione in lingua portoghese

Traduzione in lingua polacca

Traduzione in lingua araba

Alle ore 17.15 di questo pomeriggio, il Santo Padre Francesco è arrivato all’Hotel Al-Màsah del Cairo per l’incontro con le Autorità. E’ prevista la presenza di circa 800 rappresentanti delle Istituzioni, del Corpo Diplomatico e della Società civile egiziana.

Dopo il discorso del Presidente, il Papa ha pronunciato il discorso che riportiamo di seguito:

Discorso del Santo Padre

Signor Presidente,
Signor Grande Imam di Al-Azhar,
Onorevoli Membri del Governo e del Parlamento,
Illustri Ambasciatori e membri del Corpo Diplomatico,
Cari Signori e Signore,

        Al Salamò Alaikum!

        La ringrazio, Signor Presidente, per le Sue cordiali parole di benvenuto e per l’invito che mi ha gentilmente rivolto a visitare il vostro caro Paese. Conservo viva la memoria della Sua visita a Roma, nel novembre 2014, come pure del fraterno incontro con Sua Santità Papa Tawadros II, nel 2013, e con il Grande Imam dell’Università dell’Al-Azhar, Dott. Ahmad Al-Tayyib, lo scorso anno.

Sono lieto di trovarmi in Egitto, terra di antichissima e nobile civiltà, le cui vestigia possiamo ammirare ancora oggi e che, nella loro maestosità, sembrano voler sfidare i secoli. Questa terra rappresenta molto per la storia dell’umanità e per la Tradizione della Chiesa, non solo per il suo prestigioso passato storico – dei faraoni, copto e musulmano –, ma anche perché tanti Patriarchi vissero in Egitto o lo attraversarono. Infatti, esso è menzionato un gran numero di volte nelle Sacre Scritture. In questa terra Dio si è fatto sentire, «ha rivelato il suo nome a Mosè 1 e sul monte Sinai ha affidato al suo popolo e all’umanità i Comandamenti divini. Sul suolo egiziano trovò rifugio e ospitalità la Santa Famiglia: Gesù, Maria e Giuseppe.

L’ospitalità data con generosità più di duemila anni fa, rimane nella memoria collettiva dell’umanità ed è fonte di abbondanti benedizioni che ancora si estendono. L’Egitto, quindi, è una terra che, in un certo senso, sentiamo tutti come nostra! E come dite voi: “Misr um al dugna / L’Egitto è la madre dell’universo”. Anche oggi vi trovano accoglienza milioni di rifugiati provenienti da diversi Paesi, tra cui Sudan, Eritrea, Siria e Iraq, rifugiati che con lodevole impegno si cerca di integrare nella società egiziana.

L’Egitto, a motivo della sua storia e della sua particolare posizione geografica, occupa un ruolo insostituibile nel Medio Oriente e nel contesto dei Paesi che cercano soluzioni a problemi acuti e complessi i quali necessitano di essere affrontati ora, per evitare una deriva di violenza ancora più grave. Mi riferisco a quella violenza cieca e disumana causata da diversi fattori: dal desiderio ottuso di potere, dal commercio di armi, dai gravi problemi sociali e dall’estremismo religioso che utilizza il Santo Nome di Dio per compiere inauditi massacri e ingiustizie.

Questo destino e questo compito dell’Egitto costituiscono anche il motivo che ha portato il popolo a sollecitare un Egitto dove non manchino a nessuno il pane, la libertà e la giustizia sociale. Certamente questo obiettivo diventerà una realtà se tutti insieme avranno la volontà di trasformare le parole in azioni, le valide aspirazioni in impegno, le leggi scritte in legge applicate, valorizzando la genialità innata di questo popolo.

L’Egitto, quindi, ha un compito singolare: rafforzare e consolidare anche la pace regionale, pur essendo, sul proprio suolo, ferito da violenze cieche. Tali violenze fanno soffrire ingiustamente tante famiglie – alcune delle quali sono qui presenti – che piangono i loro figli e figlie.

Il mio pensiero va in particolare a tutte le persone che, negli ultimi anni, hanno dato la vita per salvaguardare la loro Patria: i giovani, i membri delle forze armate e della polizia, i cittadini copti e tutti gli ignoti caduti a causa di diverse azioni terroristiche. Penso anche alle uccisioni e alle minacce che hanno determinato un esodo di cristiani dal Sinai settentrionale. Esprimo riconoscenza alle Autorità civili e religiose e a quanti hanno dato accoglienza e assistenza a queste persone tanto provate. Penso altresì a coloro che sono stati colpiti negli attentati alle chiese Copte, sia nel dicembre scorso sia più recentemente a Tanta e ad Alessandria. Ai loro familiari e a tutto l’Egitto vanno il mio più sentito cordoglio e la mia preghiera al Signore affinché dia pronta guarigione ai feriti.

Signor Presidente, illustri Signori e Signore,

non posso non incoraggiare l’audacia degli sforzi per la realizzazione di numerosi progetti nazionali, come anche le tante iniziative che sono state prese in favore della pace nel Paese e al di fuori di esso, in ordine all’auspicato sviluppo, nella prosperità e nella pace, che il popolo desidera e merita.

Lo sviluppo, la prosperità e la pace sono beni irrinunciabili che meritano ogni sacrificio. Sono anche obiettivi che richiedono lavoro serio, impegno convinto, metodologia adeguata e, soprattutto, rispetto incondizionato dei diritti inalienabili dell’uomo, quali l’uguaglianza tra tutti i cittadini, la libertà religiosa e di espressione, senza distinzione alcuna 2. Obiettivi che esigono una speciale attenzione al ruolo della donna, dei giovani, dei più poveri e dei malati. In realtà, lo sviluppo vero si misura dalla sollecitudine che si dedica all’uomo – cuore di ogni sviluppo –, alla sua educazione, alla sua salute e alla sua dignità; infatti la grandezza di qualsiasi nazione si rivela nella cura che essa dedica realmente ai più deboli della società: le donne, i bambini, gli anziani, i malati, i disabili, le minoranze, affinché nessuna persona e nessun gruppo sociale rimangano esclusi o lasciati ai margini.

Di fronte a uno scenario mondiale delicato e complesso, che fa pensare a quella che ho chiamato una “guerra mondiale a pezzi”, occorre affermare che non si può costruire la civiltà senza ripudiare ogni ideologia del male, della violenza e ogni interpretazione estremista che pretende di annullare l’altro e di annientare le diversità manipolando e oltraggiando il Sacro Nome di Dio. Lei, Signor Presidente, ne ha parlato più volte e in varie circostanze con chiarezza, che merita ascolto e apprezzamento.

Abbiamo tutti il dovere di insegnare alle nuove generazioni che Dio, il Creatore del cielo e della terra, non ha bisogno di essere protetto dagli uomini, anzi è Lui che protegge gli uomini; Egli non vuole mai la morte dei suoi figli ma la loro vita e la loro felicità; Egli non può né chiedere né giustificare la violenza, anzi la detesta e la rigetta3. Il vero Dio chiama all’amore incondizionato, al perdono gratuito, alla misericordia, al rispetto assoluto di ogni vita, alla fraternità tra i suoi figli, credenti e non credenti.

Abbiamo il dovere di affermare insieme che la storia non perdona quanti proclamano la giustizia e praticano l’ingiustizia; non perdona quanti parlano dell’eguaglianza e scartano i diversi. Abbiamo il dovere di smascherare i venditori di illusioni circa l’aldilà, che predicano l’odio per rubare ai semplici la loro vita presente e il loro diritto di vivere con dignità, trasformandoli in legna da ardere e privandoli della capacità di scegliere con libertà e di credere con responsabilità. Signor Presidente, Lei, alcuni minuti fa, mi ha detto che Dio è il Dio della libertà, e questo è vero. Abbiamo il dovere di smontare le idee omicide e le ideologie estremiste, affermando l’incompatibilità tra la vera fede e la violenza, tra Dio e gli atti di morte.

La storia invece onora i costruttori di pace, che, con coraggio e senza violenza, lottano per un mondo migliore: “Beati gli operatori di pace perché saranno chiamati figli di Dio” (Mt 5, 9).

L’Egitto, che al tempo di Giuseppe salvò gli altri popoli dalla carestia (cfr Gen 41,57), è quindi chiamato anche oggi a salvare questa cara regione dalla carestia dell’amore e della fraternità; è chiamato a condannare e a sconfiggere ogni violenza e ogni terrorismo; è chiamato a donare il grano della pace a tutti i cuori affamati di convivenza pacifica, di lavoro dignitoso, di educazione umana. L’Egitto, che nello stesso tempo costruisce la pace e combatte il terrorismo, è chiamato a dare prova che “AL DIN LILLAH WA AL WATàN LILGIAMIA’ / La fede è per Dio, la Patria è per tutti”, come recita il motto della Rivoluzione del 23 luglio 1952, dimostrando che si può credere e vivere in armonia con gli altri, condividendo con loro i valori umani fondamentali e rispettando la libertà e la fede di tutti4. Il peculiare ruolo dell’Egitto è necessario per poter affermare che questa regione, culla delle tre grandi religioni, può, anzi deve risvegliarsi dalla lunga notte di tribolazione per tornare a irradiare i supremi valori della giustizia e della fraternità, che sono il fondamento solido e la via obbligatoria per la pace5. Dalle nazioni grandi non si può attendere poco!

Quest’anno si celebrerà il 70° anniversario delle relazioni diplomatiche tra la Santa Sede e la Repubblica Araba dell’Egitto, uno dei primi Paesi Arabi a stabilire tali rapporti diplomatici. Essi sono sempre stati caratterizzati dall’amicizia, dalla stima e dalla collaborazione reciproca. Auspico che questa mia visita possa consolidarli e rafforzarli.

La pace è dono di Dio ma è anche lavoro dell’uomo. È un bene da costruire e da proteggere, nel rispetto del principio che afferma la forza della legge e non la legge della forza6. Pace per questo amato Paese! Pace per tutta questa regione, in particolare per Palestina e Israele, per la Siria, per la Libia, per lo Yemen, per l’Iraq, per il Sud Sudan; pace a tutti gli uomini di buona volontà!

Signor Presidente, Signore e Signori,

desidero rivolgere un affettuoso saluto e un paterno abbraccio a tutti i cittadini egiziani, che sono simbolicamente presenti qui in questa aula. Saluto altresì i figli e i fratelli cristiani che vivono in questo Paese: i copti ortodossi, i greco-bizantini, gli armeno-ortodossi, i protestanti e i cattolici. San Marco, l’evangelizzatore di questa terra, vi protegga e ci aiuti a costruire e a raggiungere l’unità, tanto desiderata dal Nostro Signore (cfr Gv 17,20-23). La vostra presenza in questa Patria non è né nuova né casuale, ma storica e inseparabile dalla storia dell’Egitto. Siete parte integrante di questo Paese e avete sviluppato nel corso dei secoli una sorta di rapporto unico, una particolare simbiosi, che può essere presa come esempio da altre Nazioni. Voi avete dimostrato e dimostrate che si può vivere insieme, nel rispetto reciproco e nel confronto leale, trovando nella differenza una fonte di ricchezza e mai un motivo di scontro7.

Grazie per la calorosa accoglienza. Chiedo a Dio Onnipotente e Unico di colmare tutti i cittadini egiziani con le Sue Benedizioni divine. Egli conceda all’Egitto pace e prosperità, progresso e giustizia e benedica tutti i suoi figli!

“Benedetto sia l’Egitto mio popolo”, dice il Signore nel Libro di Isaia (19,25).

Shukran wa tahìah misr!

[Grazie e viva l'Egitto!]

_________________________________________

1 Giovanni Paolo II, Discorso nella cerimonia di benvenuto, 24 febbraio 2000: Insegnamenti XXIII, 1 [2000], 248.
2 Cfr Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo; Costituzione Egiziana del 2014, cap. III.
3 «Dio [...] odia chiunque ama la violenza» (Sal 11,5).
4 Cfr Costituzione Egiziana del 2014, Art. 5.
5 Cfr Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 2014‎, 4.
6 Cfr Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 2017, 1.
7 Cfr Benedetto XVI, Esort. ap. postsin. Ecclesia in ‎Medio Oriente, 24 e 25‎.

[00619-IT.02] [Testo originale: Italiano]

Traduzione in lingua francese

Monsieur le Président,
Monsieur le Grand Imam d’Al-Azhar,
Honorables membres du Gouvernement et du Parlement,
Messieurs les Ambassadeurs et membres du Corps diplomatique,
Mesdames et Messieurs,

Al Salamò Alaikum!

Je vous remercie, Monsieur le Président, pour vos cordiales paroles de bienvenue et pour l’aimable invitation que vous m’avez adressée à visiter votre cher pays. Je garde vivant le souvenir de votre visite à Rome, en novembre 2014, tout comme celui de la rencontre fraternelle avec Sa Sainteté le Pape Tawadros II, en 2013, et avec le Grand Imam de l’Université d’Al-Azhar, le Docteur Ahmad Al-Tayyib, l’année dernière.

Je suis heureux de me trouver en Égypte, terre d’une très ancienne et noble civilisation, dont nous pouvons admirer les vestiges encore aujourd’hui et qui, dans leur majesté, semblent vouloir défier les siècles. Cette terre représente beaucoup pour l’histoire de l’humanité et pour la Tradition de l’Église, non seulement par son prestigieux passé historique – des pharaons, copte et musulman -, mais aussi parce que beaucoup de Patriarches ont vécu en Égypte ou l’ont traversée. En effet, l’Égypte est mentionnée un grand nombre de fois dans les Saintes Écritures. Sur cette terre, Dieu a fait entendre sa voix, il «a révélé son nom à Moïse» (Jean-Paul II, Discours lors de la cérémonie de bienvenue, 24 février 2000: Insegnamenti XXIII, 1 [2000], p. 248) et sur le mont Sinaï, il a confié les dix commandements divins à son peuple ainsi qu’à l’humanité. Sur le sol égyptien, a trouvé refuge et hospitalitéla Sainte Famille : Jésus, Marie et Joseph.

L’hospitalité offerte avec générosité, il y a plus de deux mille ans, reste dans la mémoire collective de l’humanité et est source d’abondantes bénédictions qui s’étendent encore. L’Égypte est donc une terre qu’en un certain sens nous sentons tous comme nôtre! Et comme vous le dites: ‘‘Misr um al dugna/ L’Égypte est la mère de l’univers’’. Aujourd’hui, y trouvent également accueil des millions de réfugiés provenant de divers pays, dont le Soudan, l’Erythrée, la Syrie et l’Irak, réfugiés qu’on cherche à intégrer dans la société égyptienne avec un engagement admirable.

L’Égypte, en raison de son histoire et de sa situation géographique particulière, joue un rôle irremplaçable au Moyen Orient et dans le contexte des pays à la recherche de solutions à des problèmes aigus et complexes qui ont besoin d’être affrontés maintenant, pour éviter une dérive de violence plus grave encore. Je me réfère à cette violence aveugle et inhumaine causée par divers facteurs: par le désir borné de pouvoir, du commerce des armes, par de graves problèmes sociaux et par l’extrémisme religieux qui utilise le Saint Nom de Dieu pour perpétrer des massacres et des injustices inouïs.

Ce destin et cette tâche de l’Égypte constituent aussi le motif qui a conduit le peuple à aspirer à une Égypte où ne manquent à personne le pain, la liberté et la justice sociale. Certes, cet objectif deviendra une réalité à condition qu’ensemble tout le monde ait la volonté de transformer les paroles en actions, les légitimes aspirations en engagement, les lois écrites en lois appliquées, en valorisant le génie inné de ce peuple.

L’Égypte a donc un devoir particulier: renforcer et consolider aussi la paix régionale, tout en étant, sur son propre sol, affectée par des violences aveugles. Ces violences font souffrir injustement de nombreuses familles – dont certaines sont ici présentes – qui pleurent leurs fils et leurs filles.

Ma pensée va en particulier à toutes les personnes qui, ces dernières années, ont donné leur vie pour sauvegarder leur patrie: les jeunes, les membres des forces armées et de la police, les citoyens coptes et tous les anonymes victimes de diverses actions terroristes. Je pense aussi aux assassinats et aux menaces qui ont provoqué un exode de chrétiens du Sinaï septentrional. J’exprime ma reconnaissance aux Autorités civiles et religieuses et à tous ceux qui ont offert accueil et assistance à ces personnes si éprouvées. Je pense également à ceux qui ont été touchés lors des attentats aux églises coptes, aussi bien en décembre dernier que récemment à Tanta et à Alexandrie. À leurs proches et à toute l’Égypte, vont mes plus sincères condoléances et ma prière au Seigneur afin qu’il accorde une prompte guérison aux personnes blessées.

Monsieur le Président, Mesdames et Messieurs,

je ne peux pas ne pas encourager l’audace des efforts pour la réalisation de nombreux projets nationaux, ainsi que les nombreuses initiatives qui ont été prises en faveur de la paix dans le pays et en dehors, en vue du développement appelé de tous les vœux, dans la prospérité et dans la paix, que le peuple désire et mérite.

Le développement, la prospérité et la paix sont des biens inaliénables qui méritent tout sacrifice. Ce sont également des objectifs qui demandent du travail sérieux, un engagement convaincu, une méthodologie appropriée et, surtout, le respect inconditionnel des droits inaliénables de l’homme, tels que l’égalité entre tous les citoyens, la liberté religieuse et d’expression, sans aucune distinction (cf. Déclaration universelle des droits de l’homme; Constitution égyptienne de 2014, chap. III). Des objectifs qui exigent une attention spéciale au rôle de la femme, des jeunes, des plus pauvres et des malades. En réalité, le développement authentique se mesure à la sollicitude envers l’homme – cœur de tout développement - à son éducation, à sa santé et à sa dignité; en effet, la grandeur de toute nation se révèle par le soin dont elle entoure réellement les plus faibles de la société: les femmes, les enfants, les personnes âgées, les malades, les personnes porteuses de handicap, les minorités afin que personne et aucun groupe social ne soit exclu ou laissé pour compte.

Face à une situation mondiale délicate et complexe, qui fait penser à celle que j’ai appelée une ‘‘guerre mondiale par morceaux’’, il faut rappeler qu’on ne peut pas construire la civilisation sans rejeter toute idéologie du mal, de la violence et toute interprétation extrémiste qui prétend annuler l’autre et anéantir les diversités, en manipulant et en outrageant le Saint Nom de Dieu. Monsieur le Président, vous en avez parlé plus d’une fois et en diverses circonstances avec une clarté, qui mérite écoute et appréciation.

Nous avons tous le devoir d’enseigner aux nouvelles générations que Dieu, le Créateur du ciel et de la terre, n’a pas besoin d’être protégé par les hommes, au contraire c’est lui qui protège les hommes; lui ne veut jamais la mort de ses enfants mais leur vie et leur bonheur; il ne peut ni demander ni justifier la violence, au contraire il la déteste et la rejette[1]. Le vrai Dieu appelle à l’amour inconditionnel, au pardon gratuit, à la miséricorde, au respect absolu de toute vie, à la fraternité entre ses enfants, croyants et non croyants.

Nous avons le devoir d’affirmer ensemble que l’histoire ne pardonne pas à ceux qui proclament la justice et pratiquent l’injustice; elle ne pardonne pas à ceux qui parlent d’égalité et rejettent l’autre qui est différent. Nous avons le devoir de démasquer les vendeurs d’illusions sur l’au-delà, qui prêchent la haine pour voler aux gens simples leur vie présente et leur droit de vivre avec dignité, en les transformant en bois à brûler et en les privant de la capacité de choisir avec liberté et de croire avec responsabilité. Monsieur le Président, il y a quelques minutes, vous m’avez dit que Dieu est le Dieu de la liberté, et cela est vrai. Nous avons le devoir de démonter les idées homicides et les idéologies extrémistes, en affirmant l’incompatibilité entre la vraie foi et la violence, entre Dieu les actes de mort.

En revanche, l’histoire honore les bâtisseurs de paix, qui, avec courage et sans violence, luttent pour un monde meilleur: «Heureux les artisans de paix, car ils seront appelés fils de Dieu» (Mt 5, 9).

L’Égypte qui, au temps de Joseph, a sauvé les autres peuples de la famine (cf. Gn 47, 57), est donc appelée aujourd’hui également à sauver cette région bien-aimée de la famine de l’amour et de la fraternité; elle est appelée à condamner et à vaincre toute violence et tout terrorisme; elle est appelée à donner le grain de la paix à tous les cœurs affamés de cohabitation pacifique, de travail digne, d’éducation humaine. L’Égypte, qui en même temps construit et combat le terrorisme, est appelée à donner la preuve que ‘‘AL DIN LILLAH WA AL WATÀN LILGIAMIA’ / La foi est pour Dieu, la patrie est pour tous’’, comme le dit la devise de la Révolution du 23 juillet 1952, manifestant qu’on peut croire et vivre en harmonie avec les autres, en partageant avec eux les valeurs humaines fondamentales et en respectant la liberté et la foi de chacun (cf. Constitution égyptienne de 2014, art. 5). Le rôle particulier de l’Égypte est nécessaire pour pouvoir affirmer que cette région, berceau des trois grandes religions, peut, voire doit se réveiller de la longue nuit de tribulation pour faire rayonner de nouveau les valeurs suprêmes de la justice et de la fraternité, qui sont le fondement solide et la voie obligatoire de la paix (cf. Message pour la Journée Mondiale de la Paix 2014, n. 4). Des grandes nations, on ne peut attendrepeu !

Cette année, se célèbrera le 70ème anniversaire des relations diplomatiques entre le Saint-Siège et la République Arabe d’Égypte, l’un des premiers pays arabes à établir de telles relations diplomatiques. Elles ont toujours été caractérisées par l’amitié, par l’estime et par la collaboration réciproque. Je souhaite que ma présente visite puisse les consolider et les renforcer.

La paix est un don de Dieu mais elle est aussi un travail de l’homme. C’est un bien à construire et à protéger, dans le respect du principe qui affirme la force de la loi et non la loi de la force (cf. Message pour la Journée Mondiale de la Paix 2017, n. 1). Paix à ce pays bien-aimé! Paix à toute cette région, en particulier à la Palestine et à Israël, à la Syrie, à la Libye, au Yémen, à l’Irak, et au Soudan du Sud; paix à tous les hommes de bonne volonté!

Monsieur le Président, Mesdames et Messieurs,

je voudrais adresser une salutation affectueuse et une accolade paternelle à tous les citoyens égyptiens, qui sont symboliquement présents ici, dans cette salle. Je salue également les fils et les frères chrétiens qui vivent dans ce pays: les coptes orthodoxes, les gréco-byzantins, les arméniens-orthodoxes, les protestants et les catholiques. Que Saint Marc, l’évangélisateur de cette terre, vous protège et nous aide à construire et à atteindre l’unité, si désirée par Notre Seigneur (cf. Jn 17, 20-23). Votre présence dans ce pays n’est ni nouvelle ni fortuite, mais historique et inséparable de l’histoire de l’Égypte. Vous êtes une partie intégrante de ce pays et vous avez développé au cours des siècles une sorte de relation unique, une symbiose particulière, qui peut être prise comme exemple par d’autres nations. Vous avez démontré et vous démontrez qu’on peut vivre ensemble, dans le respect réciproque et dans la confrontation loyale, en trouvant dans la différence une source de richesse et jamais un motif d’affrontement (cf. Benoît XVI, Exhort. ap. postsyn. Ecclesia in Medio Oriente, nn. 24-25).

Merci pour votre chaleureux accueil. Je demande à Dieu Tout-puissant et Unique de combler tous les citoyens égyptiens de ses bénédictions divines. Qu’il accorde à l’Égypte paix et prospérité, progrès et justice et qu’il bénisse tous ses enfants!

«Béni soit l’Égypte, mon peuple», dit le Seigneur dans le Livre d’Isaïe (19, 25).

Shukram wa tahìah misr!

[Merci et vive l’Égypte!]

_________________

[1] «Dieu […] hait quiconque aime la violence» (Ps 10, 5).

[00619-FR.02] [Texte original: Italien]

Traduzione in lingua inglese

Mr President,
Grand Imam of Al-Azhar,
Honourable Members of Government and Parliament,
Distinguished Ambassadors and Members of the Diplomatic Corps,
Ladies and Gentlemen,

As-salamu alaykum!

I thank you, Mr President, for your cordial words of greeting and for your kind invitation to visit your beloved country. I have vivid memories of your visit to Rome in November 2014, my fraternal meeting with his Holiness Pope Tawadros II in 2013, and my meeting last year with the Grand Imam of the University of Al-Azhar, Dr Ahmad Al-Tayyib.

I am happy to be here in Egypt, a land of ancient and noble civilization, whose vestiges we can admire even today; in their majestic splendour they appear to withstand the passing of time. This land is significant for the history of humanity and for the Church’s tradition, not only because of its prestigious past – that of Pharaohs, Copts and Muslims – but also because so many of the Patriarchs lived in Egypt or passed through it. Indeed, Egypt is often mentioned in the sacred Scriptures. In this land, God spoke and “revealed his name to Moses” (JOHN PAUL II, Welcome Ceremony, 24 February 2000: Insegnamenti XXIII, 1 [2000], 248), and on Mount Sinai he entrusted to his people and to all humanity the divine Commandments. On Egyptian soil the Holy Family of Jesus, Mary and Joseph found refuge and hospitality.

The generous hospitality shown more than two thousand years ago remains in the collective memory of humanity and is a source of abundant blessings that continue to expand. As a result, Egypt is a land that in some sense we all feel to be our own! As you say, “Misr um al-dunya” – “Egypt is the mother of the world”. Today too, this land welcomes millions of refugees from different countries, including Sudan, Eritrea, Syria and Iraq, refugees whom you make praiseworthy efforts to integrate into Egyptian society.

Thanks to its history and its particular geographical location, Egypt has a unique role to play in the Middle East and among those countries seeking solutions to pressing and complex problems that need to be faced now in order to avoid the spread of worse violence. I am speaking of the blind and brutal violence caused by different factors: sheer desire for power, the arms trade, grave social problems and that religious extremism which uses the Holy Name of God to carry out unprecedented atrocities and injustices.

This destiny and role of Egypt are also the reason that led the people to call for an Egypt where no one lacks bread, freedom and social justice. Certainly this aim will become a reality if all are willing, together, to turn words into actions, authentic aspirations into commitments, written laws into enforced laws, by drawing on the innate genius of the Egyptian people.

Egypt thus has a singular task, namely, to strengthen and consolidate regional peace even as it is assaulted on its own soil by senseless acts of violence. Such acts of violence have caused unjust suffering to so many families – some of them are present among us – who mourn their sons and daughters.

I think in a particular way of all those individuals who in recent years have given their lives to protect your country: young people, members of the armed forces and police, Coptic citizens and all those nameless victims of various forms of terrorist extremism. I think also of the murders and the threats that have led to an exodus of Christians from northern Sinai. I express my gratitude to the civil and religious authorities and to all those who have offered welcome and assistance to these persons who have suffered so greatly. I also think of the victims of the attacks on Coptic churches, both last December and more recently in Tanta and Alexandria. To the members of their families, and to all of Egypt, I offer my heartfelt condolences and my prayers that the Lord will grant speedy healing to the injured.

Mr President, Distinguished Ladies and Gentlemen,

I can only encourage the bold efforts being made to complete a number of national projects and the many initiatives of peacemaking, both within the country and beyond its borders, aimed at that development in prosperity and peace which its people desire and deserve.

Development, prosperity and peace are essential goods that merit every sacrifice. They are also goals that demand hard work, conviction and commitment, adequate planning and, above all, unconditional respect for inalienable human rights such as equality among all citizens, religious freedom and freedom of expression, without any distinction (cf. Universal Declaration of Human Rights; Egyptian Constitution of 2014, Chapter 3). Goals, too, that require special consideration for the role of women, young people, the poor and the sick. Ultimately, true development is measured by concern for human beings, who are the heart of all development: concern for their education, health and dignity. The greatness of any nation is revealed in its effective care of society’s most vulnerable members – women, children, the elderly, the sick, the disabled and minorities – lest any person or social group be excluded or marginalized.

In the fragile and complex situation of today’s world, which I have described as “a world war being fought piecemeal”, it needs to be clearly stated that no civilized society can be built without repudiating every ideology of evil, violence and extremism that presumes to suppress others and to annihilate diversity by manipulating and profaning the Sacred Name of God. Mr President, you have spoken of this often and on various occasions, with a clarity that merits attention and appreciation.

All of us have the duty to teach coming generations that God, the Creator of heaven and earth, does not need to be protected by men; indeed, it is he who protects them. He never desires the death of his children, but rather their life and happiness. He can neither demand nor justify violence; indeed, he detests and rejects violence (“God… hates the lover of violence”: Ps 11:5). The true God calls to unconditional love, gratuitous pardon, mercy, absolute respect for every life, and fraternity among his children, believers and nonbelievers alike.

It is our duty to proclaim together that history does not forgive those who preach justice, but then practice injustice.  History does not forgive those who talk about equality, but then discard those who are different.  It is our duty to unmask the peddlers of illusions about the afterlife, those who preach hatred in order to rob the simple of their present life and their right to live with dignity, and who exploit others by taking away their ability to choose freely and to believe responsibly.  Mr President, you said to me a few minutes ago that God is the God of freedom, and this is true.  It is our duty to dismantle deadly ideas and extremist ideologies, while upholding the incompatibility of true faith and violence, of God and acts of murder.

History instead honours men and women of peace, who courageously and non-violently strive to build a better world: “Blessed are the peacemakers, for they will be called children of God” (Mt 5:9).

Egypt, in the days of Joseph, saved other peoples from famine (cf. Gen 41:57); today it is called to save this beloved region from a famine of love and fraternity. It is called to condemn and vanquish all violence and terrorism. It is called to pour out the grain of peace upon all hearts that hunger for peaceful coexistence, dignified employment and humane education. Egypt, in building peace and at the same time combatting terrorism, is called to give proof that “al-din lillah wal watan liljami”religion belongs to God and the nation to all”, as the motto of the Revolution of 23 July 1952 states. Egypt is called to demonstrate that it is possible to believe and live in harmony with others, sharing with them fundamental human values and respecting the freedom and the faith of all (cf. Egyptian Constitution of 2014, Article 5). Egypt has a special role to play in this regard, so that this region, the cradle of the three great religions, can and indeed will awake from the long night of tribulation, and once more radiate the supreme values of justice and fraternity that are the solid foundation and the necessary path to peace (cf. Message for the 2014 World Day of Peace, 4). From great nations, one can expect no less!

This year marks the seventieth anniversary of diplomatic relations between the Holy See and the Arab Republic of Egypt, which was one of the first Arab countries to establish such relations. Those relations have always been characterized by friendship, esteem and reciprocal cooperation. It is my hope that my Visit may help to consolidate and strengthen them.

Peace is a gift of God, but also the work of man. It is a good that must be built up and protected, respecting the principle that upholds the force of law and not the law of force (cf. Message for the 2017 World Day of Peace, 1). Peace for this beloved country! Peace for this whole region, and particularly for Palestine and Israel, for Syria, for Libya, Yemen, for Iraq, for South Sudan. Peace to all people of good will!

Mr President, Ladies and Gentlemen,

I would like to greet with affection and a paternal embrace all the Egyptian people, who are symbolically present here in this hall. I also greet my Christian sons and daughters, and brothers and sisters, who live in this country: Coptic Orthodox, Greek Byzantines, Armenian Orthodox, Protestants and Catholics. May Saint Mark, the evangelizer of this land, watch over you and help all of us to build and achieve the unity so greatly desired by our Lord (cf. Jn 17:20-23). Your presence in this, your country, is not new or accidental, but ancient and an inseparable part of the history of Egypt. You are an integral part of this country, and over the course of the centuries you have developed a sort of unique rapport, a particular symbiosis, which can serve as an example to other nations. You have shown, and continue to show, that it is possible to live together in mutual respect and fairness, finding in difference a source of richness and never a motive of conflict (cf. BENEDICT XVI, Post-synodal Apostolic Exhortation Ecclesia in Medio Oriente, 24 and 25).

Thank you for your warm welcome. I ask the Almighty and One God to fill all the Egyptian people with his divine blessings. May he grant peace and prosperity, progress and justice to Egypt, and bless all her children!

“Blessed be Egypt my people”, says the Lord in the Book of Isaiah (19:25).

Shukran wa tahya misr!  

[Thank you and long live Egypt!]

[00619-EN.02] [Original text: Italian]

 

Traduzione in lingua tedesca

Herr Präsident,
Herr Großiman von Al-Azhar,
ehrenwerte Mitglieder der Regierung und des Parlaments,
verehrte Botschafter und Mitglieder des Diplomatischen Korps,
meine Damen und Herren,

Al Salamò Alaikum!

Ihnen, Herr Präsident, danke ich für Ihre herzlichen Willkommensworte wie auch für die freundliche Einladung, Ihr geliebtes Land zu besuchen. Mir ist Ihr Besuch in Rom im November 2014 in lebendiger Erinnerung, ebenso die brüderliche Begegnung mit Seiner Heiligkeit Papst Tawadros II. im Jahr 2013 und mit dem Großimam der Al-Azhar-Universität Dr. Ahmad Al-Tayyib vergangenes Jahr.

Ich freue mich, in Ägypten zu sein, einem Land von sehr alter und erhabener Kultur, deren Spuren wir noch heute bewundern können, die in ihrer überwältigenden Größe die Jahrhunderte herauszufordern scheinen. Dieses Land bedeutet viel für die Geschichte der Menschheit und für die Tradition der Kirche, nicht nur aufgrund seiner glanzvollen geschichtlichen Vergangenheit – der Pharaonen, der Kopten und Muslime –, sondern auch weil viele Patriarchen in Ägypten lebten oder hier durchgezogen sind. In der Tat wird es an zahlreichen Stellen in der Heiligen Schrift erwähnt. In diesem Land tat Gott sich kund, »wo [er] dem Mose seinen Namen offenbarte«[1], und auf dem Berg Sinai vertraute er seinem Volk und der Menschheit die göttlichen Gebote an. Auf ägyptischem Boden fand die Heilige Familie – Jesus, Maria und Josef – Zuflucht und Gastfreundschaft.

Die großzügig erwiesene Gastfreundschaft vor mehr als zweitausend Jahren bleibt im gemeinsamen Gedächtnis der Menschheit und ist Quell weiter anhaltenden reichen Segens. Ägypten ist also ein Land, das wir in gewisser Weise alle als unseres ansehen! Und wie ihr sagt: „Misr um al dugna“ / „Ägypten ist die Mutter der Welt“. Auch heute finden hier Millionen von Flüchtlingen aus verschiedenen Ländern wie Sudan, Eritrea, Syrien und Irak Aufnahme, und mit lobenswertem Einsatz versucht man, sie in die ägyptische Gesellschaft zu integrieren.

Aufgrund seiner Geschichte und seiner besonderen geographischen Lage nimmt Ägypten eine unersetzbare Rolle im Nahen Osten und im Gesamt der Länder ein, die nach Lösungen für brennende und komplexe Probleme suchen. Diese müssen jetzt angegangen werden, um ein noch schlimmeres Abdriften in die Gewalt zu vermeiden. Ich beziehe mich auf jene blinde und unmenschliche Gewalt, die von verschiedenen Faktoren verursacht wird: von der dumpfen Begierde nach Macht, vom Waffenhandel, von schwerwiegenden sozialen Problemen und vom religiösen Extremismus, der den heiligen Namen Gottes gebraucht, um unerhörte Blutbäder und unglaubliches Unrecht zu verüben.

Diese Bestimmung und diese Aufgabe Ägyptens stellen auch den Grund dar, der das Volk dazu gebracht hat, ein Ägypten zu fordern, in dem es niemandem an Brot, Freiheit und sozialer Gerechtigkeit fehlt. Gewiss wird diese Zielsetzung Realität, wenn alle gemeinsam gewillt sind, die Worte in Taten, die gerechtfertigten Bestrebungen in konkreten Einsatz, das geschriebene Recht in angewandte Gesetze umzuwandeln, und so die angeborene Genialität dieses Volkes zur Geltung bringen.

Ägypten hat demnach eine einzigartige Aufgabe: auch den Frieden in der Region zu stärken und zu festigen, selbst wenn es auf eigenem Boden durch blinde Gewalt verwundet wird. Solche Formen der Gewalt lassen ungerechterweise viele Familien leiden und um ihre Söhne und Töchter trauern; einige von ihnen sind hier anwesend.

Meine Gedanken wenden sich besonders allen zu, die in den letzten Jahren ihr Leben gegeben haben, um ihr Heimatland zu schützen: die jungen Menschen, die Mitglieder der Streitkräfte und der Polizei, die koptischen Bürger und alle Unbekannten, die aufgrund verschiedener terroristischer Taten gefallen sind. Ich denke auch an die Ermordungen und Drohungen, die eine Flucht der Christen aus dem nördlichen Sinai verursacht haben. Ich bringe den zivilen und religiösen Verantwortungsträgern sowie allen, die diesen schwer geprüften Menschen Aufnahme und Unterstützung gewährt haben, meine dankbare Anerkennung zum Ausdruck. Ich denke ebenso an diejenigen, die von den Anschlägen auf die koptischen Kirchen im vergangenen Dezember wie auch unlängst in Tanta und Alexandrien getroffen wurden. Ihren Familienangehörigen und ganz Ägypten gilt mein aufrichtiges Beileid, und ich bitte den Herrn, dass er den Verletzten baldige Genesung schenke.

Herr Präsident, verehrte Damen und Herren,

ich kann nur die mutigen Bemühungen zur Verwirklichung von zahlreichen nationalen Projekten bestärken wie auch die vielen Initiativen zugunsten des Friedens innerhalb und außerhalb des Landes, die unternommen wurden im Hinblick auf die erhoffte Entwicklung in Wohlstand und Frieden, nach der sich das Volk sehnt und die es verdient.

Entwicklung, Wohlstand und Frieden sind unverzichtbare Güter, für die sich jedes Opfer lohnt. Es sind auch Ziele, die ernsthafte Tätigkeit, überzeugten Einsatz, eine angemessene Arbeitsweise und vor allem bedingungslosen Respekt vor den unveräußerlichen Menschenrechten wie die Gleichheit aller Bürger sowie die Religions- und Meinungsfreiheit ohne jeden Unterschied verlangen.[2] Diese Zielsetzungen erfordern eine besondere Aufmerksamkeit für die Rolle der Frau, der jungen Menschen, der Ärmsten und der Kranken. In Wirklichkeit misst sich die wahre Entwicklung am Einsatz für den Menschen, dem Herzstück einer jeden Entwicklung, für seine Bildung, Gesundheit und Würde; denn die Größe jeder Nation offenbart sich in der Sorge, die sie tatsächlich den Schwächsten der Gesellschaft angedeihen lässt: Frauen, Kinder, alte Menschen, Kranke, Behinderte, Minderheiten. Keine Person und keine gesellschaftliche Gruppe soll ausgeschlossen oder ins Abseits gestellt werden.

Angesichts einer heiklen und komplexen globalen Situation, die an das denken lässt, was ich einen „stückweisen Weltkrieg“ genannt habe, ist es notwendig zu bekräftigen: Man kann keine Kultur aufbauen, ohne jede Ideologie des Bösen und der Gewalt zurückzuweisen wie auch jegliche extremistische Interpretation, die sich anmaßt, den anderen auszuschalten und die Verschiedenheiten zunichte zu machen, indem sie den heiligen Namen Gottes missbraucht und beleidigt. Sie, Herr Präsident, haben darüber mehrfach und bei verschiedenen Anlässen deutlich gesprochen. Dies verdient, gehört und beherzigt zu werden.

Wir alle haben die Pflicht, die jungen Generationen zu lehren, dass Gott, der Schöpfer des Himmels und der Erde, es nicht nötig hat, von uns Menschen beschützt zu werden; vielmehr ist er es, der die Menschen beschützt; er will niemals den Tod seiner Kinder, sondern ihr Leben und ihr Glück. Er kann die Gewalt weder verlangen noch rechtfertigen, vielmehr verabscheut er sie und verwirft sie[3]. Der wahre Gott ruft zur bedingungslosen Liebe, zur unentgeltlichen Vergebung, zur Barmherzigkeit, zur absoluten Achtung vor jedem Leben, zur Brüderlichkeit unter seinen Kindern, Gläubigen wie Nichtgläubigen.

Wir haben die Pflicht, gemeinsam zu bekräftigen, dass die Geschichte denen nicht verzeiht, die die Gerechtigkeit verkünden und die Ungerechtigkeit praktizieren; sie vergibt nicht denen, die von der Gleichheit sprechen und die, die verschieden sind, verwerfen. Wir haben die Pflicht, die Verkäufer falscher Hoffnungen in Bezug auf das Jenseits zu entlarven, die den Hass predigen, um den Einfachen ihr gegenwärtiges Leben und ihr Recht, in Würde zu leben, zu stehlen, indem sie diese gleichsam verheizen und sie ihrer Fähigkeit zur Wahlfreiheit und zu einem verantworteten Glauben berauben. – Herr Präsident, Sie haben mir vor einigen Minuten gesagt, dass Gott der Gott der Freiheit ist. Und das ist wahr! – Wir haben die Pflicht, die mörderischen Ideen und die extremistischen Ideologien zu demontieren, indem wir die Unvereinbarkeit zwischen wahrem Glauben und Gewalt, zwischen Gott und den Todestaten bekräftigen.

Die Geschichte ehrt hingegen die Erbauer des Friedens, die mutig und gewaltlos für eine bessere Welt kämpfen: »Selig, die Frieden stiften; denn sie werden Söhne Gottes genannt werden« (Mt 5,9).

Ägypten, das zur Zeit Josefs die anderen Völker von der Hungersnot errettete (vgl. Gen 41,57), ist demnach gerufen, auch heute diesen geliebten Landstrich vor der Hungersnot der Liebe und der Brüderlichkeit zu bewahren; es ist gerufen, jede Gewalt und jede Form von Terrorismus zu verurteilen und zu besiegen; es ist gerufen, das Weizenkorn des Friedens allen Herzen zu geben, die nach friedlichem Zusammenleben, würdiger Arbeit und menschlicher Bildung hungern. Ägypten, das den Frieden aufbaut und zugleich den Terrorismus bekämpft, ist gerufen, unter Beweis zu stellen: „AL DIN LILLAH WA AL WATàN LILGIAMIÀ“ / „Der Glaube ist für Gott, die Heimat ist für alle“, wie die Devise der Revolution vom 23. Juli 1952 lautet. Es zeigt auf, dass man in Eintracht mit den anderen glauben und leben kann, indem man mit ihnen die grundlegenden menschlichen Werte teilt und die Freiheit und das Leben aller achtet[4]. Die besondere Rolle Ägyptens ist notwendig, um zu bekräftigen, dass dieses Gebiet, Wiege der drei großen Religionen, von der langen Nacht des Leids aufwachen kann, ja muss, um noch einmal die höchsten Werte der Gerechtigkeit und der Brüderlichkeit auszustrahlen, die die feste Grundlage und der für den Frieden verpflichtende Weg sind[5]. Von den großen Nationen kann man nicht wenig erwarten!

In diesem Jahr wird der 70. Jahrestag der diplomatischen Beziehungen zwischen dem Heiligen Stuhl und der Arabischen Republik Ägypten begangen. Ägypten war eines der ersten arabischen Länder, das solche diplomatischen Beziehungen aufgenommen hat. Diese Beziehungen waren immer von Freundschaft, Wertschätzung und gegenseitiger Zusammenarbeit gekennzeichnet. Ich hoffe, dass mein Besuch sie festigen und stärken möge.

Der Friede ist ein Geschenk Gottes, aber er ist auch Werk des Menschen. Er ist ein Gut, das erbaut und geschützt werden muss, in der Achtung des Prinzips, das die Gesetzeskraft und nicht die Kraft der Gewalt[6] vertritt. Frieden für dieses geliebte Land! Frieden für diese gesamte Region, insbesondere für Palästina und Israel, für Syrien, für Libyen, für den Jemen, für den Irak, für den Südsudan; Frieden allen Menschen guten Willens!

Herr Präsident, meine Damen und Herren,

ich möchte an alle ägyptischen Bürger, die hier in diesem Saal symbolisch anwesend sind, einen herzlichen Gruß richten und sie väterlich umarmen. Ich grüße ebenso die christlichen Söhne und Töchter, Brüder und Schwestern, die in diesem Land leben: Koptisch-Orthodoxe, Griechisch-Orthodoxe, Armenisch-Orthodoxe, Protestanten und Katholiken. Der heilige Markus, der dieses Land evangelisiert hat, möge euch schützen und helfen, die von unserem Herrn so sehr ersehnte Einheit (vgl. Joh 17,20-23) zu erbauen und zu erreichen. Eure Präsenz in dieser Heimat ist weder neu noch zufällig, sondern geschichtsträchtig und von der Geschichte Ägyptens nicht zu trennen. Ihr seid wesentlicher Bestandteil dieses Landes und habt im Lauf der Jahrhunderte eine Art einzigartige Beziehung entwickelt, eine besondere Symbiose, die für andere Nationen als Beispiel genommen werden kann. Ihr habt gezeigt und zeigt, dass man zusammenleben kann, in gegenseitigem Respekt und in fairer Auseinandersetzung, und dabei im Unterschied ein Quell des Reichtums und niemals ein Grund zum Streit gefunden wird[7].

Danke für den warmherzigen Empfang. Ich bitte Gott den Allmächtigen und Einzigen, alle ägyptischen Bürger mit seiner göttlichen Segensfülle zu beschenken. Er möge Ägypten Frieden und Wohlstand, Fortschritt und Gerechtigkeit verleihen und segne alle seine Kinder!

„Gesegnet ist Ägypten, mein Volk“, sagt der Herr im Buch Jesaja (19,25).

Shukran wa tahìah misr!

[Danke und es lebe Ägypten!]

______________

1 Johannes Paul II., Ansprache bei der Begrüßungszeremonie, 24. Februar 2000.
2 Vgl. Allgemeine Erklärung der Menschenrechte; Ägyptische Verfassung von 2014, Kapitel III.
3 »Wer Gewalttat liebt, den hasst seine [Gottes] Seele« (Ps 11,5).
4 Vgl. Ägyptische Verfassung von 2014, Art. 5.
5 Vgl. Botschaft zum Weltfriedenstag 2014, 4.
6 Vgl. Ansprache bei der Begegnung mit den Vertretern der Regierung und des öffentlichen Lebens Palästinas, Bethlehem, 25. Mai 2014.
7 Vgl. Benedikt XVI., Nachsynodales Apostolisches Schreiben Ecclesia in Medio Oriente, 24 und 25.

[00619-DE.02] [Originalsprache: Italienisch]

 

Traduzione in lingua spagnola

Señor Presidente,
Gran Imán di Al-Azhar,
Distinguidos Miembros del Gobierno y del Parlamento,
Ilustres Embajadores y miembros del Cuerpo Diplomático,
Señoras y señores:

Al Salamò Alaikum!

Le agradezco, Señor Presidente, sus cordiales palabras de bienvenida y la invitación que gentilmente me hizo para visitar su querido País. Conservo vivo el recuerdo de su visita a Roma, en noviembre de 2014, y también del encuentro fraterno con Su Santidad Papa Tawadros II, en 2013, así como la del año pasado con el Gran Imán de la Universidad Al-Azhar, Dr. Ahmad Al-Tayyib.

Me es grato encontrarme en Egipto, tierra de antiquísima y noble civilización, cuyas huellas podemos admirar todavía hoy y que, en su majestuosidad, parecen querer desafiar al tiempo. Esta tierra representa mucho para la historia de la humanidad y para la Tradición de la Iglesia, no sólo por su prestigioso pasado histórico —de los faraones, copto y musulmán—, sino también porque muchos Patriarcas vivieron en Egipto o lo recorrieron. En efecto, la Sagrada Escritura lo menciona así muchas veces. En esta tierra, Dios se hizo sentir, «reveló su nombre a Moisés»,[1] y sobre el monte Sinaí dio a su pueblo y a la humanidad los Mandamientos divinos. En tierra egipcia, encontró refugio y hospitalidad la Sagrada Familia: Jesús, María y José.

La hospitalidad, ofrecida con generosidad hace más de dos mil años, permanece en la memoria colectiva de la humanidad y es fuente de abundantes bendiciones que aún se siguen derramando. Egipto es una tierra que, en cierto modo, percibimos como nuestra. Como decís: «Misr um al dugna /Egipto es la madre del universo». También hoy encuentran aquí acogida millones de refugiados que proceden de diferentes países, como Sudán, Eritrea, Siria e Irak, refugiados a los que se busca integrar con encomiable tesón en la sociedad egipcia.

Egipto, a causa de su historia y de su concreta posición geográfica, ocupa un rol insustituible en Oriente Medio y en el contexto de los países que buscan soluciones a esos problemas difíciles y complejos, que han de ser afrontados ahora para evitar que deriven en una violencia aún más grave. Me refiero a la violencia ciega e inhumana causada por diferentes factores: el deseo obtuso de poder, el comercio de armas, los graves problemas sociales y el extremismo religioso que utiliza el Santo Nombre de Dios para cometer inauditas masacres e injusticias.

Este destino y esta tarea de Egipto constituyen también el motivo que ha animado al pueblo a pedir un Egipto donde no falte a nadie el pan, la libertad y la justicia social. Ciertamente este objetivo se hará una realidad si todos juntos tienen la voluntad de transformar las palabras en acciones, las valiosas aspiraciones en compromiso, las leyes escritas en leyes aplicadas, valorizando la genialidad innata de este pueblo.

Egipto tiene una tarea particular: reforzar y consolidar también la paz regional, a pesar de que haya sido herido en su propio suelo por una violencia ciega. Dicha violencia hace sufrir injustamente a muchas familias —algunas de ellas aquí presentes— que lloran por sus hijos e hijas.

Pienso de modo particular en todas las personas que, en los últimos años, han entregado la vida para proteger su patria: los jóvenes, los miembros de las fuerzas armadas y de la policía, los ciudadanos coptos y todos los desconocidos, caídos a causa de las distintas acciones terroristas. Pienso también en las matanzas y en las amenazas que han provocado un éxodo de cristianos desde el Sinaí septentrional. Manifiesto mi gratitud a las Autoridades civiles y religiosas, y a todos los que han acogido y asistido a estas personas que tanto sufren. Pienso además en los que han sido golpeados por los atentados en las iglesias Coptas, tanto en diciembre pasado como más recientemente en Tanta y en Alejandría. A sus familias y a todo Egipto dirijo mi sentido pésame y mi oración al Señor para que los heridos se restablezcan con rapidez.

Señor Presidente, ilustres señoras y señores:

No puedo dejar de reconocer la importancia de los esfuerzos realizados para llevar a cabo numerosos proyectos nacionales, como también por las muchas iniciativas realizadas en favor de la paz en el País y fuera del mismo, con vistas a ese ansiado desarrollo, en paz y prosperidad, que el pueblo anhela y merece.

El desarrollo, la prosperidad y la paz son bienes irrenunciables por los que vale la pena cualquier sacrificio. Son también metas que requieren trabajo serio, compromiso seguro, metodología adecuada y, sobre todo, respeto incondicionado a los derechos inalienables del hombre, como la igualdad entre todos los ciudadanos, la libertad religiosa y de expresión, sin distinción alguna.[2] Objetivos que exigen prestar una atención especial al rol de la mujer, de los jóvenes, de los más pobres y de los enfermos. En realidad, el verdadero desarrollo se mide por la solicitud hacia el hombre —corazón de todo desarrollo—, a su educación, a su salud y a su dignidad; de hecho, la grandeza de cualquier nación se revela en el cuidado con que atiende a los más débiles de la sociedad: las mujeres, los niños, los ancianos, los enfermos, los discapacitados, las minorías, para que nadie, ni ningún grupo social, quede excluido o marginado.

Ante un escenario mundial delicado y complejo, que hace pensar a lo que he llamado una «guerra mundial por partes», cabe afirmar que no se puede construir la civilización sin rechazar toda clase de ideología del mal, de la violencia, así como cualquier interpretación extremista que pretenda anular al otro y eliminar las diferencias manipulando y profanando el Santo Nombre de Dios. Usted, Señor Presidente, que ha hablado de esto con claridad muchas veces y en distintas ocasiones, merece ser escuchado y valorado.

Todos tenemos el deber de enseñar a las nuevas generaciones que Dios, el Creador del cielo y de la tierra, no necesita ser protegido por los hombres, sino que es él quien protege a los hombres; él no quiere nunca la muerte de sus hijos, sino que vivan y sean felices; él no puede ni pide ni justifica la violencia, sino que la rechaza y la desaprueba.[3] El verdadero Dios llama al amor sin condiciones, al perdón gratuito, a la misericordia, al respeto absoluto a cada vida, a la fraternidad entre sus hijos, creyentes y no creyentes.

Tenemos el deber de afirmar juntos que la historia no perdona a los que proclaman la justicia y en cambio practican la injusticia; no perdona a los que hablan de igualdad y desechan a los diferentes. Tenemos el deber de quitar la máscara a los vendedores de ilusiones sobre el más allá, que predican el odio para robar a los sencillos su vida y su derecho a vivir con dignidad, transformándolos en leña para el fuego y privándolos de la capacidad de elegir con libertad y de creer con responsabilidad. Señor Presidente, hace algunos minutos, usted me ha dicho que Dios es el Dios de la libertad, y esto es verdad. Tenemos el deber de desmontar las ideas homicidas y las ideologías extremistas, afirmando la incompatibilidad entre la verdadera fe y la violencia, entre Dios y los actos de muerte.

En cambio, la historia honra a los constructores de paz, que luchan con valentía y sin violencia por un mundo mejor: «Dichosos los constructores de paz porque se llamarán hijos de Dios» (Mt 5,9).

Egipto, que en tiempos de José salvó a otros pueblos del hambre (cf. Gn 41,57), está llamado también hoy a salvar a esta querida región del hambre de amor y de fraternidad; está llamado a condenar y a derrotar todo tipo de violencia y de terrorismo; está llamado a sembrar la semilla de la paz en todos los corazones hambrientos de convivencia pacífica, de trabajo digno, de educación humana. Egipto, que al mismo tiempo construye la paz y combate el terrorismo, está llamado a testimoniar que «AL DIN LILLAH WA AL WATàN LILGIAMIA’/ La fe es para Dios, la Patria es para todos», como dice el lema de la Revolución del 23 de julio de 1952, demostrando que se puede creer y vivir en armonía con los demás, compartiendo con ellos los valores humanos fundamentales y respetando la libertad y la fe de todos.[4] El rol especial de Egipto es necesario para afirmar que esta región, cuna de tres grandes religiones, puede —es más— debe salir de la larga noche de tribulaciones para volver a irradiar los supremos valores de la justicia y de la fraternidad, que son el fundamento sólido y la vía obligatoria para la paz.[5] De las naciones que son grandes es justo esperar mucho.

Este año se celebra el 70 aniversario de las relaciones diplomáticas entre la Santa Sede y la República Árabe de Egipto, que es uno de los primeros países árabes que estableció dichas relaciones diplomáticas. Estas siempre se han caracterizado por la amistad, estima y colaboración recíproca. Deseo que esta visita ayude a consolidarlas y reforzarlas.

La paz es un don de Dios pero es también trabajo del hombre. Es un bien que hay que construir y proteger, respetando el principio que afirma: la fuerza de la ley y no la ley de la fuerza.[6] Paz para este amado País. Paz para toda esta región, de manera particular para Palestina e Israel, para Siria, Libia, Yemen, Irak, Sudán del Sur; paz para todos los hombres de buena voluntad.

Señor Presidente, señoras y señores:

Deseo hacer llegar un afectuoso saludo y un paternal abrazo a todos los ciudadanos egipcios, que están presentes simbólicamente aquí, en este lugar. Saludo además a los hijos y a los hermanos cristianos que viven en este País: a los coptos ortodoxos, los griegos bizantinos, los armenios ortodoxos, los protestantes y los católicos. San Marcos, el evangelizador de esta tierra, os proteja y os ayude a construir y a alcanzar la unidad, tan anhelada por Nuestro Señor (cf. Jn 17,20-23). Vuestra presencia en esta Patria no es ni nueva ni casual, sino secular y unida a la historia de Egipto. Sois parte integral de este País y habéis desarrollado a lo largo de los siglos una especie de relación única, una particular simbiosis, que puede considerarse como un ejemplo para las demás naciones. Habéis demostrado, y lo seguís haciendo, que se puede vivir juntos, en el respeto recíproco y en la confrontación leal, descubriendo en la diferencia una fuente de riqueza y jamás una razón para el enfrentamiento.[7]

Gracias por la cálida bienvenida. Pido a Dios Todopoderoso y Uno para que derrame Su Bendición divina sobre todos los ciudadanos egipcios. Que conceda a Egipto la paz y la prosperidad, el progreso y la justicia, y que bendiga a todos sus hijos.

«Bendito mi pueblo, Egipto», dice el Señor en el libro de Isaías (19,25).

Shukran wa tahìah misr!

[Gracias y que viva Egipto!]

_________________

1 Juan Pablo II, Discurso en la ceremonia de bienvenida (24 febrero 2000).
2 Cf. Declaración universal de los derechos del hombre. Constitución Egipcia 2014, cap. III.
3 «El Señor [...] odia al que ama la violencia» (Sal 11,5).
4 Cf. Constitución Egipcia 2014, art. 5.
5 Cf. Mensaje para la Jornada Mundial de la Paz 2014, 4.
6 Cf. Mensaje para la Jornada Mundial de la Paz 2017, 1.
7 Cf. Benedicto XVI, Exhort. ap. postsin. Ecclesia in ‎Medio Oriente, 24 y 25‎.

[00619-ES.02] [Texto original: Italiano]

Traduzione in lingua portoghese

Senhor Presidente,
Grande Imã de Al-Azhar,
Distintos Membros do Governo e do Parlamento,
Ilustres Embaixadores e membros do Corpo Diplomático,
Prezados Senhores e Senhoras,

Al Salamò Alaikum!

Agradeço-lhe, Senhor Presidente, as suas palavras cordiais de boas-vindas e o amável convite que me dirigiu para visitar o seu querido país. Conservo viva lembrança da sua visita a Roma em novembro de 2014, bem como do encontro fraterno com Sua Santidade Papa Tawadros II em 2013, e do Grande Imã da Universidade de Al-Azhar, Dr. Ahmad Al-Tayyib, no ano passado.

Sinto-me feliz por me encontrar no Egito, terra duma civilização muito antiga e nobre, cujos vestígios podemos admirar ainda hoje e que, na sua majestade, parecem querer desafiar os séculos. Esta terra é muito significativa para a história da humanidade e para a Tradição da Igreja, não só pelo seu prestigioso passado histórico – faraónico, copta e muçulmano –, mas também porque muitos Patriarcas viveram no Egito ou o cruzaram. Na verdade, aparece mencionado numerosas vezes na Sagrada Escritura. Nesta terra, Deus fez-Se ouvir, «revelou o seu nome a Moisés»[1] e, no Monte Sinai, confiou ao seu povo e à humanidade os Mandamentos divinos. No solo egípcio, encontrou refúgio e hospitalidade a Sagrada Família: Jesus, Maria e José.

Esta hospitalidade, generosamente oferecida há mais de dois mil anos, permanece na memória coletiva da humanidade, sendo fonte de bênçãos abundantes que continuam a derramar-se. Assim o Egito é uma terra que, de certo modo, todos nós sentimos como nossa! E, como dizeis, «misr um al dugna (o Egisto é a mãe do universo)». Também hoje encontram aqui hospitalidade milhões de refugiados provenientes de vários países, entre os quais se conta o Sudão, a Eritreia, a Síria e o Iraque; refugiados esses, aos quais se procura, com um louvável esforço, integrar na sociedade egípcia.

Por causa da sua história e da sua particular posição geográfica, o Egito ocupa um papel insubstituível no Médio Oriente e no contexto dos países empenhados na busca de soluções para problemas agudos e complexos que precisam de ser encarados agora para se evitar uma precipitação de violência ainda mais grave. Refiro-me à violência cega e desumana, causada por vários fatores: o desejo obtuso de poder, o comércio de armas, os graves problemas sociais e o extremismo religioso que utiliza o Santo Nome de Deus para realizar inauditos massacres e injustiças.

Este destino e esta tarefa do Egito constituem também o motivo que levou o povo a solicitar um Egito, onde a ninguém falte o pão, a liberdade e a justiça social. Com certeza, este objetivo tornar-se-á realidade, se todos juntos tiverem a vontade de transformar as palavras em ações, as aspirações válidas em compromissos, as leis escritas em leis aplicadas, valorizando a genialidade inata deste povo.

Assim o Egito tem uma tarefa singular: reforçar e consolidar também a paz regional, apesar de se ver, em seu próprio território, ferido por violências cegas. Tais violências fazem sofrer injustamente tantas famílias – algumas das quais aqui presentes – que choram os seus filhos e filhas.

Penso de modo particular em todas as pessoas que, nos últimos anos, deram a vida para salvaguardar a sua pátria: os jovens, os membros das forças armadas e da polícia, os cidadãos coptas e todos os desconhecidos que tombaram por causa de várias ações terroristas. Penso também nos assassinatos e nas ameaças que levaram a um êxodo de cristãos do Sinai setentrional. Expresso viva gratidão às autoridades civis e religiosas e a quantos deram hospitalidade e assistência a estas pessoas tão provadas. Penso igualmente naqueles que foram atingidos nos atentados contra as igrejas coptas, quer em dezembro passado quer mais recentemente em Tanta e Alexandria. Aos seus familiares e a todo o Egito, as minhas sentidas condolências com a certeza da minha oração ao Senhor pela rápida recuperação dos feridos.

Senhor Presidente, ilustres Senhores e Senhoras!

Não posso deixar de encorajar os esforços audaciosos na realização de numerosos projetos nacionais, bem como as muitas iniciativas que foram tomadas a favor da paz no país e fora dele, tendo em vista o almejado desenvolvimento na prosperidade e na paz que o povo deseja e merece.

O desenvolvimento, a prosperidade e a paz são bens indispensáveis que merecem todos os sacrifícios; constituem também objetivos que requerem trabalho sério, compromisso convicto, metodologia adequada e sobretudo respeito incondicional pelos direitos inalienáveis do homem, tais como a igualdade entre todos os cidadãos, a liberdade religiosa e de expressão, sem distinção alguma.[2] Tais objetivos exigem uma atenção especial ao papel da mulher, dos jovens, dos mais pobres e dos doentes. Na realidade, o verdadeiro desenvolvimento mede-se pela solicitude que se dedica ao homem – coração de todo o desenvolvimento –, à sua educação, saúde e dignidade; com efeito, a grandeza de qualquer nação revela-se no cuidado que efetivamente dedica aos membros mais frágeis da sociedade: as mulheres, as crianças, os idosos, os doentes, as pessoas com deficiência, as minorias, de modo que nenhuma pessoa e nenhum grupo social fique excluído ou marginalizado.

Perante um delicado e complexo cenário mundial, fazendo pensar naquela que designei uma «guerra mundial aos pedaços», é preciso afirmar que não se pode construir a civilização sem repudiar toda a ideologia do mal, da violência e toda a interpretação extremista que pretende aniquilar o outro e destruir as diversidades, manipulando e ultrajando o Santo Nome de Deus. O Senhor Presidente falou disto várias vezes e em diferentes circunstâncias com clareza, que merece escuta e apreço.

Todos temos o dever de ensinar às novas gerações que Deus, o Criador do céu e da terra, não precisa de ser protegido pelos homens; antes, é Ele que protege os homens. Ele nunca quer a morte dos seus filhos, mas a sua vida e felicidade. Ele não pode solicitar nem justificar a violência; antes, detesta-a e rejeita-a.[3] O verdadeiro Deus chama ao amor incondicional, ao perdão gratuito, à misericórdia, ao respeito absoluto por cada vida, à fraternidade entre os seus filhos, crentes e não-crentes.

Temos o dever de afirmar, juntos, que a história não perdoa a quantos proclamam a justiça e praticam a injustiça; não perdoa a quantos falam da igualdade e descartam os que são diferentes. Temos o dever de desmascarar os vendedores de ilusões acerca do Além, que pregam o ódio para roubar aos simples a sua vida presente e o seu direito de viver com dignidade, transformando-os em lenha para queimar e privando-os da capacidade de escolher com liberdade e acreditar com responsabilidade. Senhor Presidente, disse-me há pouco que Deus é o Deus da liberdade, e isto é verdade. Temos o dever de desmantelar os planos homicidas e as ideologias extremistas, afirmando a incompatibilidade entre a verdadeira fé e a violência, entre Deus e os atos de morte.

Ao contrário, a história honra os construtores de paz que, com coragem e sem violência, lutam por um mundo melhor: «Felizes os pacificadores, porque serão chamados filhos de Deus» (Mt 5, 9).

Por conseguinte o Egito, que no tempo de José salvou os outros povos da carestia (cf. Gn 41,57), também hoje é chamado a salvar esta amada região da carestia do amor e da fraternidade; é chamado a condenar e derrotar toda a violência e todo o terrorismo; é chamado a dar o trigo da paz a todos os corações famintos de convivência pacífica, de trabalho digno, de educação humana. O Egito, que ao mesmo tempo constrói a paz e combate o terrorismo, é chamado a dar provas de que «Al din lillah wa Al watàn lilgiamia’ (a fé é para Deus, a pátria é para todos)», como recita o lema da Revolução de 23 de julho de 1952, demonstrando que se pode crer e viver em harmonia com os outros, partilhando com eles os valores humanos fundamentais e respeitando a liberdade e a fé de todos.[4] O papel peculiar do Egito é necessário para se poder afirmar que esta região, berço das três grandes religiões, pode – antes, deve – despertar da longa noite de tribulação, para voltar a irradiar os valores supremos da justiça e da fraternidade, que são o fundamento sólido e o caminho obrigatório para a paz.[5] Das grandes nações, não se pode esperar pouco!

Neste ano, comemora-se o 70º aniversário das relações diplomáticas entre a Santa Sé e a República Árabe do Egipto, um dos primeiros países árabes que estabeleceu tais relações diplomáticas. Estas sempre se caraterizaram pela amizade, a estima e a cooperação recíproca. Espero que esta minha visita as possa consolidar e reforçar.

A paz é dom de Deus, mas também trabalho do homem. É um bem que se há de construir e proteger, no respeito pelo princípio que afirma a força da lei e não a lei da força.[6] Paz para este amado país! Paz para toda esta região, em particular para a Palestina e Israel, para a Síria, para a Líbia, para o Iémen, para o Iraque, para o Sudão do Sul; paz a todos os homens de boa vontade!

Senhor Presidente, Senhoras e Senhores!

Quero dirigir uma saudação afetuosa e um abraço paterno a todos os cidadãos egípcios, que estão simbolicamente presentes aqui, nesta sala. Saúdo igualmente os filhos e os irmãos cristãos que vivem neste país: os coptas ortodoxos, os greco-bizantinos, os arménios ortodoxos, os protestantes e os católicos. Que São Marcos, o evangelizador desta terra, vos proteja e nos ajude a construir e a alcançar a unidade, tão desejada por Nosso Senhor (cf. Jo 17, 20-23). A vossa presença nesta pátria não é nova nem casual, mas histórica e inseparável da história do Egito. Sois parte integrante deste país, tendo desenvolvido ao longo dos séculos uma espécie de relação única, uma simbiose particular, que pode ser tomada como exemplo por outras nações. Demonstrastes, e continuais a fazê-lo, que é possível viver juntos, no respeito mútuo e leal confronto, encontrando na diferença uma fonte de riqueza e nunca um motivo de conflito.[7]

Obrigado pela calorosa receção. Peço a Deus Omnipotente e Único que cumule todos os cidadãos egípcios com as suas bênçãos divinas. Que Ele conceda ao Egito paz e prosperidade, progresso e justiça, e abençoe todos os seus filhos!

«Bendito seja o Egito, meu povo»: diz o Senhor no Livro de Isaías (19, 25).

Shukran wa tahìah misr

[Obrigado e viva o Egito!]

_______________________________________________________

1 João Paulo II, Discurso na Cerimónia de Chegada, Cairo, 24 de fevereiro de 2000, 1.
2 Cf. Declaração Universal dos Direitos do Homem; Constituição Egípcia de 2014, cap. III.
3 «O Senhor (…) odeia os que amam a violência» (Salmo 11/10, 5).
4 Cf. Constituição Egípcia de 2014, Art. 5.
5 Cf. Francisco, Mensagem para o Dia Mundial da Paz de 2014, 4.
6 Cf. Idem, Mensagem para o Dia Mundial da Paz de 2017, 1.
7 Cf. Bento XVI, Exort. ap. pós-sinodal Ecclesia in Medio Oriente, 24 e 25.

[00619-PO.02] [Texto original: Italiano]

Traduzione in lingua polacca

Panie Prezydencie,
Panie Wielki Imamie Al-Azhar,
Szanowni członkowie Rządu i Parlamentu,
Dostojni ambasadorowie i członkowie Korpusu Dyplomatycznego,
Drodzy Panie i Panowie,

Al Salamò Alaikum!

Dziękuję, Panie Prezydencie za uprzejme słowa powitania, i za zaproszenie do odwiedzenia waszego umiłowanego kraju, jakie zechciał Pan do mnie skierować. Mam żywo w pamięci Pańską wizytę w Rzymie w listopadzie 2014 roku, jak również braterskie spotkanie z Jego Świątobliwością, papieżem Tawadrosem II, w 2013 roku, oraz z Wielkim Imamem Uniwersytetu dr. Ahmadem al-Tajjebem, w minionym roku.

Cieszę się, że jestem w Egipcie, w ziemi starożytnej i szlachetnej kultury, której pozostałości możemy podziwiać jeszcze dzisiaj i które w swojej majestatyczności zdają się stawiać wyzwanie wiekom. Ta ziemia wiele znaczy dla historii ludzkości i dla Tradycji Kościoła, nie tylko ze względu na swoją godną podziwu przeszłość historyczną - faraonów, koptyjską i muzułmańską - ale także dlatego, że wielu patriarchów żyło w Egipcie lub go przemierzało. Jest on rzeczywiście wielokrotnie wspominany w Piśmie Świętym. W tej ziemi Bóg się odezwał, „objawił swoje imię Mojżeszowi”[1], a na Górze Synaj powierzył swemu ludowi i ludzkości Boże przykazania. Na egipskiej ziemi znalazła schronienie i gościnę Święta Rodzina: Jezus, Maryja i Józef.

Gościnność szczodrze ofiarowana ponad dwa tysiące lat temu pozostaje w zbiorowej pamięci ludzkości i jest źródłem obfitych błogosławieństw, które trwają nadal. Zatem Egipt jest w pewnym sensie krajem, który wszyscy postrzegamy jako swoją ojczyznę! Jak mówicie: „Misr um al dugna / Egipt jest matką wszechświata”. Także dzisiaj znajdują tutaj gościnę miliony uchodźców pochodzących z różnych krajów, w tym z Sudanu, Erytrei, Syrii i Iraku, uchodźcy, których z godnym pochwały zaangażowaniem próbuje się włączyć w społeczeństwo egipskie.

Egipt, ze względu na swoją historię i położenie geograficzne odgrywa niezastąpioną rolę na Bliskim Wschodzie oraz w gronie krajów, które poszukują rozwiązań palących i skomplikowanych problemów, którymi należy się zająć teraz, aby uniknąć ewentualności jeszcze poważniejszej przemocy. Mam na myśli tę ślepą i nieludzką przemoc spowodowaną przez różne czynniki: ciasne pragnienie władzy, handel bronią, poważne problemy społeczne i ekstremizm religijny, który wykorzystuje święte imię Boga, aby dopuszczać się niesłychanych rzezi i niesprawiedliwości.

To przeznaczenie i zadanie stanowią także motyw, który skłonił lud, by domagać się takiego Egiptu, gdzie nikomu nie brakuje chleba, wolności i sprawiedliwości społecznej. Oczywiście cel ten stanie się rzeczywistością, jeśli wszyscy razem będą mieli wolę zamienienia słów w czyny, cennych aspiracji w zaangażowanie, praw pisanych w prawa stosowane, doceniając wrodzony geniusz tego ludu.

Zatem Egipt posiada wyjątkowe zadanie: umocnienie i utrwalenie pokoju regionalnego, choć na własnej ziemi został zraniony przez ślepą przemoc. Taka przemoc powoduje niesprawiedliwe cierpienie wielu rodzin, - niektóre z nich są tutaj obecne - opłakujących swoich synów i córki.

Myślą obejmuję szczególnie tych wszystkich, którzy w ostatnich latach oddali swoje życie, aby chronić swą ojczyznę: młodzież, członków sił zbrojnych i policji, obywateli koptyjskich i wszystkich nieznanych poległych z powodu różnych działań terrorystycznych. Myślę również o zabójstwach i zagrożeniach, które doprowadziły do ​​ucieczki chrześcijan z północnego Synaju. Wyrażam uznanie dla władz cywilnych i religijnych oraz dla tych, którzy dali gościnę i pomoc tym tak udręczonym ludziom. Myślę też o osobach dotkniętych podczas ataków na kościoły koptyjskie, zarówno w grudniu ubiegłego roku jak i   niedawno w Tanta i w Aleksandrii. Ich rodzinom i wszystkim mieszkańcom Egiptu wyrażam najgłębsze współczucie oraz zapewniam o modlitwie do Pana, aby dał rychły powrót do zdrowia osobom rannym.

 

Panie Prezydencie, Szanowni Panowie i Panie,

Nie mogę nie zachęcać do wzmożenia wysiłków na rzecz realizacji wielu projektów krajowych, a także wielu inicjatyw, podjętych na rzecz pokoju w kraju i poza jego granicami, w celu upragnionego rozwoju, dobrobytu i pokoju, którego naród pragnie i na który zasługuje.

Rozwój, dobrobyt i pokój są dobrami niezbywalnymi, zasługującymi na wszelkie poświęcenie. Są to też cele, które wymagają poważnej pracy, szczerego zaangażowania, odpowiedniej metodologii a przede wszystkim bezwarunkowego poszanowania niezbywalnych praw, takich jak równość wszystkich obywateli, swoboda religijna i wolność słowa, bez jakiegokolwiek rozróżnienia[2]. Cele te wymagają szczególnego uwzględnienia roli kobiet, młodzieży, ubogich i chorych. Bowiem prawdziwy rozwój mierzony jest troską poświęconą człowiekowi – znajdującemu się w centrum wszelkiego rozwoju – a także jego wykształceniu, zdrowiu i jego godności. W istocie wielkość każdego narodu objawia się w trosce, jaką rzeczywiście poświęca on najsłabszym członkom społeczeństwa: kobietom, dzieciom, osobom starszym, chorym, niepełnosprawnym, mniejszościom, tak aby żadna osoba ani też żadna grupa społeczna nie były wykluczone lub pozostawione na marginesie.

W obliczu trudnej i złożonej sytuacji na świecie, która przywodzi na myśl tę,  którą  nazywałem „wojną światową w kawałkach”, trzeba powiedzieć, że nie można budować cywilizacji nie odrzucając wszelkiej ideologii zła, przemocy oraz wszelkich interpretacji ekstremistycznych, które domagają się zniweczenia drugiego oraz unicestwienia różnorodności, manipulując i znieważając Święte Imię Boga. Pan, panie Prezydencie, mówił o tym wielokrotnie i przy różnych okolicznościach wyraźnie, co zasługuje na wysłuchanie i uznanie.

Wszyscy mamy obowiązek uczenia nowych pokoleń, że ​​Bóg, Stwórca nieba i ziemi, nie potrzebuje by Go chronili ludzie, co więcej to On chroni ludzi. On nigdy nie chce śmierci swoich dzieci, ale ich życia i szczęścia. On nie może domagać się ani też usprawiedliwiać przemocy, a wręcz brzydzi się nią i odrzuca[3]. Prawdziwy Bóg wzywa do bezwarunkowej miłości, do bezinteresownego przebaczenia, do miłosierdzia, do absolutnego poszanowania każdego życia, do braterstwa między Jego dziećmi, wierzącymi i niewierzącymi.

Musimy wspólnie stwierdzić, że historia nie wybacza tym, którzy głoszą sprawiedliwość a dopuszczają się niesprawiedliwości; nie wybacza tym, którzy mówią o równości a odrzucają ludzi różnych od siebie. Mamy obowiązek demaskować sprzedawców złudzeń o życiu pozagrobowym, którzy głoszą nienawiść, by ograbić ludzi prostych z ich życia doczesnego i ich prawa do życia w godności, zamieniając ich w materiał zapalny i pozbawiając ich zdolności do swobodnego wyboru i odpowiedzialnej wiary. Panie Prezydencie, kilka minut temu powiedział mi Pan, że Bóg jest Bogiem wolności, i to prawda. Musimy odwodzić od morderczych idei i ideologii ekstremistycznych, potwierdzając niezgodność między prawdziwą wiarą a przemocą, między Bogiem a zabijaniem ludzi.

Historia natomiast czci budowniczych pokoju, ludzi którzy z odwagą i bez przemocy walczą o lepszy świat: „Błogosławieni, którzy wprowadzają pokój, albowiem oni będą nazwani synami Bożymi” (Mt 5, 9).

          Egipt, który w czasach Józefa ocalił inne narody od głodu (por. Rdz 47,57), jest zatem również dzisiaj wezwany, aby ocalić ten umiłowany region od głodu miłości i braterstwa; jest powołany do potępienia i przezwyciężenia wszelkiej przemocy i wszelkiego terroryzmu; jest powołany, by dać ziarno pokoju wszystkim sercom żądnym pokojowego współistnienia, godnej pracy, ludzkiej edukacji. Egipt, który równocześnie buduje pokój i zwalcza terroryzm jest powołany do wykazania, że „AL DIN LILLAH WA AL WATÀN LILGIAMIA”/ Wiara jest dla Boga, Ojczyzna jest dla wszystkich”, jak mówi motto rewolucji z 23 lipca 1952 roku, udowadniając, że można wierzyć i żyć w zgodzie z innymi, dzieląc z nimi podstawowe wartości ludzkie oraz szanując wolność i wiarę wszystkich[4]. Potrzeba szczególnej roli Egiptu, by można było stwierdzić, że ten region, kolebka trzech wielkich religii, może - co więcej - musi się przebudzić z długiej nocy cierpienia, aby na nowo promieniować najwyższymi wartościami sprawiedliwości i braterstwa, stanowiącymi solidną podstawę i niezbędną drogę do pokoju[5]. Od wielkich narodów, nie można oczekiwać mało!

W tym roku będziemy obchodzili 70. rocznicę nawiązania stosunków dyplomatycznych między Stolicą Apostolską a Arabską Republiką Egiptu, jednym z pierwszych krajów arabskich, który nawiązał takie stosunki dyplomatyczne. Zawsze charakteryzowały się one przyjaźnią, szacunkiem i wzajemną współpracą. Chciałbym, aby moja obecna wizyta przyczyniła się do ich utrwalenia i umocnienia.

          Pokój jest darem Boga, ale również ludzkiej pracy. Jest on dobrem, które trzeba budować i strzec, szanując zasadę, która potwierdza siłę prawa, a nie prawo siły[6]. Pokój temu umiłowanemu krajowi! Pokój dla całego tego regionu, a w szczególności dla Palestyny ​​i Izraela, Syrii, Libii, dla Jemenu, Iraku, dla Południowego Sudanu; pokój wszystkim ludziom dobrej woli!

 

Panie Prezydencie, Panie i Panowie!

Pragnę skierować serdeczne pozdrowienia i ojcowski uścisk do wszystkich obywateli egipskich, którzy są obecni symbolicznie tutaj, w tej sali. Pozdrawiam również dzieci i braci chrześcijan mieszkających w tym kraju: ortodoksyjnych Koptów, chrześcijan grecko-bizantyńskich, ormiańskich, prawosławnych, protestantów i katolików. Niech święty Marek, ewangelizator tej ziemi was strzeże i pomoże nam w budowaniu i osiągnięciu jedności, tak bardzo upragnionej przez naszego Pana (por. J 17,20-23). Wasza obecność w tej ojczyźnie nie jest ani nowa, ani przypadkowa, ale historyczna i nierozerwalnie związana z dziejami Egiptu. Jesteście integralną częścią tego kraju i rozwinęliście na przestrzeni wieków rodzaj wyjątkowej relacji, szczególnej symbiozy, która może być traktowana jako wzór dla innych państw. Ukazaliście i ukazujcie, że można żyć razem, we wzajemnym szacunku i uczciwej konfrontacji, odnajdując w różnicy źródło bogactwa, a nigdy motyw konfliktu[7].

          Dzięki za serdeczne powitanie. Proszę Wszechmogącego i Jedynego Boga, aby obdarzył wszystkich obywateli Egiptu swoim Bożym błogosławieństwem. Niech udzieli Egiptowi pokoju i dobrobytu, postępu i sprawiedliwości oraz błogosławi wszystkie swoje dzieci!

„Błogosławiony niech będzie Egipt, mój lud”, mówi Pan w Księdze Izajasza (19,25).

Shukran wa tahìah misr!

[Dziękuję i niech żyje Egipt!]

__________________________

[1] JAN PAWEŁ II, Przemówienie powitalne na lotnisku, 24 lutego 2000, w: L’Osservatore Romano, wyd. pl. 4 (222)/2000, s. 13.
[2] Por. Powszechna Deklaracja Praw Człowieka; Konstytucja Egipska z 2014, rozdz. III.
[3] „Bóg […] jest wrogiem kochającego przemoc” (Ps 11,5)
[4] Por. Konstytucja Egipska z 2014, art. 5.
[5] Por. Orędzie na Światowy Dzień Pokoju, 1 stycznia 2014.[6] Por. Orędzie na Światowy Dzień Pokoju 2017, n. 1.
[7] Por. BENEDYKT XVI, Adhort. ap. Ecclesia in Medio Oriente, 24 i 25.

[00619-PL.01] [Testo originale: Italiano]

Traduzione in lingua araba

فخامة رئيس الجمهورية،

فضيلة الإمام الأكبر، شيخ الأزهر،

السادة أعضاء الحكومة والبرلمان المحترمين،

السادة السفراء وأعضاء السلك الدبلوماسي

السيدات والسادة الأعزاء،

السلام عليكم!

أشكركم، فخامة الرئيس، من أجل كلمات الترحاب الطيبة ومن أجل الدعوة التي تفضلتم بتوجيهها لي لزيارة بلدكم الحبيب. لا زلت أتذكر زيارتكم لروما، في شهر نوفمبر 2014، وكذلك اللقاء الأخوي مع قداسة البابا تواضروس الثاني، سنة 2013، ومع الإمام الأكبر لجامعة الأزهر، الدكتور أحمد الطيب، العام المنصرم.

إني لسعيد أن أكون في مصر، أرض الحضارة النبيلة والعريقة للغاية، والتي حتى اليوم يمكن الانبهار أمام آثارها التي تصمد، في هيبة وجلال، وكأنها تتحدى العصور. إن هذه الأرض تعني الكثير لتاريخ البشرية ولتقليد الكنيسة، ليس فقط من أجل ماضيها التاريخي العريق - الفرعوني والقبطي والإسلامي -، إنما أيضًا لأن العديد من الآباء البطاركة عاشوا في مصر واجتازوها. في الحقيقة، قد ورد اسم مصر مرات عديدة في الكُتب المقدسة. ففي هذه الأرض أسمع الله صوته، و"كشف عن اسمه لموسى النبي"[1] وفوق جبل سيناء أودع شعبه والبشرية الوصايا الإلهية. وعلى أرض مصر وجدت ملجأ وضيافة العائلة المقدسة: يسوع ومريم ويوسف.

إن الضيافة التي قدمت بكرم منذ أكثر من ألفي عام خلت، تبقى في ذاكرة البشرية الجمعية، وهي مصدر للعديد من البركات الممتدة حتى اليوم. إن مصر، إذا، هي الأرض التي، بشكل ما، نشعر وكأنها أرضنا جميعًا! كما تقولون أنتم: "مصر أمّ الدنيا". وهي، حتى يومنا الحاضر، ترحب بالملايين من اللاجئين القادمين من بلدان مختلفة، والتي من بينها السودان واريتريا وسوريا والعراق، والذين، يُحَاول دمجهم في المجتمع المصري من خلال جهود تستحق كل ثناء.

إن لمصر، بسبب تاريخها وموقعها الجغرافي الفريد، دورًا لا غنى عنه في الشرق الأوسط وبين البلدان التي تبحث عن حلول للمشاكل الملحة والمعقدة التي تحتاج إلى معالجة فورية، لتفادي الانحدار في دوامة عنف أكثر خطورة. أشير هنا إلى العنف الأعمى وغير الإنساني الناتج عن عدة عوامل: الرغبة الجامحة للسلطة؛ وتجارة الأسلحة؛ والمشاكل الاجتماعية الخطيرة والتطرف الديني الذي يستخدم اسم الله القدوس لارتكاب مجازر ومظالم مريعة.

إن مصير مِصرَ هذا وواجبها هما اللذان قد دفعا الشعب لأن يلتمس بلدًا لا ينقص فيها الخبز والحرية والعدالة الاجتماعية. إن هذه الغاية ستكون بكل تأكيد واقعا ملموسا إذ وحد الجميع إرادتهم، على قلب رجل واحد، في تحويل الكلمات إلى أفعال، والرغبات المشروعة إلى التزام، والقوانين المكتوبة إلى قوانين مُطَبَّقة، مستغلين في ذلك العبقرية الفطرية لهذا الشعب.

لدى مصر، إذا، واجب فريد: واجب تقوية وتعزيز السلام في المنطقة أيضًا، برغم من كونها جريحة، فوق أرضها، نتيجة للعنف الأعمى. مثل هذه الأعمال تسببت، عن غير حق، في آلام للعديد من الأسر – وبعضها حاضر هنا اليوم – التي تبكي موت أبنائها وبناتها.

أفكر خاصة في جميع الأشخاص الذين، في السنوات الأخيرة، فقدوا حياتهم من أجل المحافظة على سلامة وطنهم: في الشباب، ورجال القوات المسلحة والشرطة؛ والمواطنين الأقباط؛ وآخرين مجهولين؛ سقطوا جميعا نتيجة لأعمال إرهابية مختلفة. أفكر كذلك في عمليات القتل والتهديدات التي أدت إلى تهجير المسيحيين من شمال سيناء. أعبر هنا عن الامتنان للسلطات المدنية والدينية، ولجميع الذين قدموا ضيافة وعونا لهؤلاء الأشخاص الذين عانوا كثيرًا. أفكر كذلك بأولئك الذين سقطوا ضحية الهجمات التي وقعت ضد الكنائس القبطية، سواء في شهر ديسمبر الماضي أو الهجمات الأخيرة في طنطا والإسكندرية. أتقدم لأقربائهم ولكل مصر باحر التعازي وأرفع صلاتي للرب كي يمن على الجرحى بالشفاء العاجل.

فخامة الرئيس، السيدات والسادة المحترمون،

لا يسعني إلا أن أشجع جرأة العديد من المساعي التي تُبذل لتحقيق العديد من المشروعات الوطنية، وكذلك الكثير من المبادرات التي تم اتخاذها لصالح السلام في البلاد وخارجها، بهدف الوصول إلى التنمية والازدهار والسلام المنشودة، التي يريدها الشعب ويستحقها.

إن التنمية والازدهار والسلام هي خيرات لا يمكن التنازل عنها وتستحق كل التضحيات. وهي تشكل أيضًا غايات تتطلب العمل الجدي؛ والالتزام المقتنع؛ والمنهجيات المناسبة؛ وقبل كل شيء، الاحترام غير المشروط لحقوق الإنسان غير القابلة للمساومة: كالحق في المساواة بين كافة المواطنين، وحق حرية الدين والتعبير، دون أدنى تمييز[2]. إنها أهداف تستوجب عناية خاصة بدور المرأة والشباب والأكثر فقرًا والمرضى. في الواقع، تُقاس التنمية الحقيقية بمدى الاهتمام المكرس لصالح الإنسان – قلب كل تنمية -، لتعليمه، ولصحته ولكرامته؛ ففي الحقيقة، تتجلى عظمة أي أمة في مدى الرعاية التي تكرسها حقًا للأكثر ضعفًا من أفراد المجتمع: النساء والأطفال وكبار السن والمرضى والمعوقين، والأقليات، بحيث لا يبقى هناك شخص أو فئة مجتمعية مُقْصَيَيْن أو متروكين على الهامش.

إزاء مشهد عالمي في غاية الحساسية والتعقيد، يجعلنا نفكّر في ما قد سمّيتُ "حربا عالمية على أجزاء"، يحتم علينا أن نؤكد أنه لا يمكن بناء الحضارة دون التبرؤ من أي أيديولوجية للشر، والعنف ومن كل تفسير متطرف يرمي إلى إلغاء الآخر وإبادة التنوع عن طريق التلاعب باسم الله القدوس والإساءة إليه. أنتم، يا فخامة الرئيس، قد تكلمتم عن هذا الأمر عدة مرات وفي مختلف المناسبات بوضوح يستحق كل إصغاء وتقدير.

علينا جميعا واجب أن نُعلِّم الأجيال الجديدة أن الله، خالق السماوات والأرض، ليس بحاجة إلى حماية من البشر بل، على العكس، هو الذي يحمي البشر؛ وهو لا يرغب مطلقًا في موت أبنائه بل في حياتهم وسعادتهم؛ وهو لا يمكن له أن يطلب العنف أو أن يبرره، إنما، على العكس، يرذله وينبذه[3]. إن الإله الحقيقي يدعو للمحبة غير المشروطة، وللمغفرة المجانية، وللرحمة، وللاحترام المطلق لكل حياة، وللإخوّة ما بين أبنائه، مؤمنين كانوا أو غير مؤمنين.

علينا واجب أن نؤكد معًا أن التاريخ لا يغفر لهؤلاء الذين ينادون بالعدالة ويمارسون الظلم؛ التاريخ لن يغفر لهؤلاء الذين يتحدّثون عن المساواة ويقصون المختلفين. علينا واجب أن نفضح باعة أوهام الآخرة، الذين يعظون بالكراهية كي يسرقوا من البسطاء حياتهم الحاضرة وحقّهم في العيش بكرامة، ويحوّلونهم إلى وقود حرب حارمين إياهم من إمكانيّة أن يختاروا بحرّية، وأن يؤمنوا بمسؤوليّة. وقد قلتم منذ دقائق، فخامة الرئيس، أن الله هو إله الحرّية، وهذا صحيح. يجب علينا أن ندحض الأفكار القاتلة والايديولوجيات المتطرفة، مؤكدين على أنه لا يمكن الجمع بين الإيمان الحقيقي والعنف؛ بين الله وأفعال الموت.

لكن التاريخ، خلافا لذلك، يكرِّم بناة السلام، الذين يناضلون من أجل عالم أفضل، بشجاعة وبدون عنف: "طوبى لِصَانِعِي السَّلاَمِ، لأَنَّهُمْ أَبْنَاءَ اللَّهِ يُدْعَوْنَ" (متى 5، 9).

بيد أن مصر، والتي في زمن يوسف انقذت الشعوب الأخرى من المجاعة (را. تك 41، 57) هي مدعوة اليوم إذا لأن تنقذ هذه المنطقة العزيزة من مجاعة المحبة والإخوة؛ مدعوة لإدانة ولهزيمة أي عنف وأي إرهاب؛ إنها مدعوة لتقديم قمح السلام لجميع القلوب الجائعة لتعايش سلمي، لعمل كريم، ولتعليم إنساني. إن مصر، التي، في ذات الوقت، بيدٍ تبني السلام وبالأخرى تحارب الإرهاب، مدعوة لإثبات أن "الدين لله والوطن للجميع"، كما كان شعار ثورة 23 يوليو 1952، مؤكدة على أنه يمكن للشخص أن يؤمن وأن يعيش في وئام مع الآخرين، متشاركا معهم في القيم الإنسانية الأساسية، ومحترما حرية وإيمان الجميع[4]. إن دورَ مِصرَ الفريد هو ضروري حتى نتمكن من التشديد على أن هذه المنطقة، مهد الأديان الثلاثة الكبرى، بإمكانها، بل ويجب عليها، أن تنهض من ليل المحنة الطويل هذا كي تشع مجددا قيم العدالة والأخوة العليا. تلك القيم التي تمثل الأساس المتين واللازم لبلوغ السلام[5]. فمن الدول الكبرى لا يمكن توقع القليل!

إننا نحتفل هذا العام بذكرى مرور سبعين سنة على العلاقات الدبلوماسية بين الكرسي الرسولي وجمهورية مصر العربية، إحدى أوائل الدول العربية التي أقامت مثل هذه العلاقات الدبلوماسية. إنها علاقات اتسمت دائما بالصداقة، والتقدير والتعاون المتبادل. أتمنى أن تسهم زيارتي هذه في تدعيمها وتعزيزها.

إن السلام هو هبة من الله ولكنه أيضًا ثمرة لجهد الإنسان. إنه خير يجب أن يُشيَّد وأن يُحرَّس، في إطار احترام المبدأ الذي يؤكد قوة القانون لا قانون القوة[6]. سلامٌ لهذا الوطن الحبيب! سلامٌ لكل هذه المنطقة، وبصفة خاصة لفلسطين وإسرائيل، ولسوريا، ولليبيا، ولليمن، وللعراق ولجنوب السودان؛ السلام لجميع الأشخاص ذوي الإرادة الطيبة!

فخامة الرئيس، السيدات والسادة،

أود أن أقدم تحية مودة وعناق أبوي لجميع المواطنين المصريين، الموجودين وبطريقة رمزية هنا في هذه القاعة. أحيي كذلك الأبناء والإخوة المسيحيين الذي يعيشون في هذا البلد: الأقباط الأرثوذكس، واليونانيين البيزنطيين، والأرمن الأرثوذكس والبروتستانت والكاثوليك. ليحفظكم القديس مرقس، الذي بشر هذه الأرض، ويساعدنا على بلوغ الوحدة، العزيزة جدًا على قلب ربنا (را. يو 17، 20 - 23). إن وجودكم في هذا البلد ليس أمرًا جديدًا ولا عرضيًّا، ولكنه تاريخي وجزء لا يتجزأ من تاريخ مصر. فأنتم جزء أصيل من هذا البلد وقد طورتم عبر القرون نمطًا من العلاقة الاستثنائية، علاقة تكافل فريدة من نوعها، يمكن أن تؤخذ كمثال يحتذى به في البلدان الأخرى. وقد أثبتم، وتثبتون، أنه يمكن أن نعيش معا في الاحترام المتبادل والمواجهة المتكافئة، وأن نجد في الاختلاف مصدرا للإثراء وليس أبدًا سببا للخلاف[7].

أشكركم جميعًا على استقبالكم الحار. وأطلب من الله القدير والواحد أن يغمر جميع المواطنين المصريين ببركاته الإلهية. وليمنح الله مصر السلام والازدهار والتقدم والعدالة ويبارك جميع أبنائها!

"مُبَارَكٌ شَعْبِي مِصْرُ" كما يقول الرب في سفر النبي إشعياء (19، 25).

شكرًا لكم وتحيا مِصر!

_______________________

[1] يوحنا بولس الثاني، حفل الاستقبال الرسمي، 24 فبراير 2000: تعاليم XXIII، [2000]، 248.

[2] را. الإعلان العالمي لحقوق الإنسان؛ والدستور المصري عام 2014، الفصل الثالث.

[3] "الرَّبُّ يَمْتَحِنُ الصِّدِّيقَ. أَمَّا الشِّرِّيرُ وَمُحِبُّ الظُّلْمِ فَتُبْغِضُهُ نَفْسُهُ" (مز 11، 5).

[4] را. الدستور المصري 2014، المادة 5.

[5] را. رسالة اليوم العالمي للسلام 2014، 4.

[6] را. رسالة اليوم العالمي للسلام 2017، 1.

[7] را. بيندكتوس السادس عشر، الإرشادُ الرَّسوليُّ ما بعدَ السّينودُس الكنيسةُ في الشَّرقِ الأوسط، 24 – 25.

[00619-AR.02] [Testo originale: Italiano]

A conclusione dell’incontro, il Santo Padre si trasferisce in auto al Patriarcato Copto-Ortodosso per la visita di cortesia a Sua Santità Papa Tawadros II.

[B0277-XX.02]