Sala Stampa

www.vatican.va

Sala Stampa Back Top Print Pdf
Sala Stampa


Santa Messa del Crisma nella Basilica Vaticana, 13.04.2017


Omelia del Santo Padre

Traduzione in lingua francese

Traduzione in lingua inglese

Traduzione in lingua tedesca

Traduzione in lingua spagnola

Traduzione in lingua portoghese

Traduzione in lingua polacca

Alle ore 9.30 di oggi, ricorrenza del Giovedì Santo, il Santo Padre Francesco ha presieduto, nella Basilica Vaticana, la Santa Messa Crismale, Liturgia che si celebra in questo giorno in tutte le Chiese Cattedrali.

La Messa del Crisma è stata concelebrata dal Santo Padre con i Cardinali, i Vescovi e i Presbiteri (diocesani e religiosi) presenti a Roma.

Nel corso della Celebrazione Eucaristica, i sacerdoti hanno rinnovato le promesse fatte al momento della Sacra ordinazione; quindi ha avuto luogo la benedizione dell’olio degli infermi, dell’olio dei catecumeni e del crisma.

Pubblichiamo di seguito l’omelia che il Papa ha pronunciato dopo la proclamazione del Santo Vangelo:

Omelia del Santo Padre

«Lo Spirito del Signore è sopra di me; / per questo mi ha consacrato con l’unzione / e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, / a proclamare ai prigionieri la liberazione / e ai ciechi la vista; / a rimettere in libertà gli oppressi» (Lc 4,18). Il Signore, Unto dallo Spirito, porta il lieto Annuncio ai poveri. Tutto ciò che Gesù annuncia, e anche noi, sacerdoti, è lieto Annuncio. Gioioso della gioia evangelica: di chi è stato unto nei suoi peccati con l’olio del perdono e unto nel suo carisma con l’olio della missione, per ungere gli altri. E, al pari di Gesù, il sacerdote rende gioioso l’annuncio con tutta la sua persona. Quando predica l’omelia – breve, se possibile – lo fa con la gioia che tocca il cuore della sua gente mediante la Parola con cui il Signore ha toccato lui nella sua preghiera. Come ogni discepolo missionario, il sacerdote rende gioioso l’annuncio con tutto il suo essere. E, d’altra parte, sono proprio i particolari più piccoli – tutti lo abbiamo sperimentato – quelli che meglio contengono e comunicano la gioia: il particolare di chi fa un piccolo passo in più e fa sì che la misericordia trabocchi nelle terre di nessuno; il particolare di chi si decide a concretizzare e fissa giorno e ora dell’incontro; il particolare di chi lascia, con mite disponibilità, che usino il suo tempo…

Il lieto Annuncio può sembrare semplicemente un altro modo di dire “Vangelo”, come “buona novella”, o “buona notizia”. Tuttavia, contiene qualcosa che riassume in sé tutto il resto: la gioia del Vangelo. Riassume tutto perché è gioioso in sé stesso.

Il lieto Annuncio è la perla preziosa del Vangelo. Non è un oggetto, è una missione. Lo sa chi sperimenta «la dolce e confortante gioia di evangelizzare» (Esort. ap. Evangelii gaudium, 10).

Il lieto Annuncio nasce dall’Unzione. La prima, la “grande unzione sacerdotale” di Gesù, è quella che fece lo Spirito Santo nel seno di Maria.

In quei giorni, la lieta Annunciazione fece cantare il Magnificat alla Madre Vergine, riempì di santo silenzio il cuore di Giuseppe, suo sposo, e fece sussultare di gioia Giovanni nel seno di sua madre Elisabetta.

Oggi, Gesù ritorna a Nazaret, e la gioia dello Spirito rinnova l’Unzione nella piccola sinagoga del paese: lo Spirito si posa e si effonde su di Lui ungendolo con olio di letizia (cfr Sal 45,8).

Il lieto Annuncio. Una sola Parola – Vangelo – che nell’atto di essere annunciato diventa gioiosa e misericordiosa verità.

Che nessuno cerchi di separare queste tre grazie del Vangelo: la sua Verità – non negoziabile –, la sua Misericordia – incondizionata con tutti i peccatori – e la sua Gioia – intima e inclusiva –. Verità, Misericordia e Gioia: tutte e tre insieme.

Mai la verità del lieto Annuncio potrà essere solo una verità astratta, di quelle che non si incarnano pienamente nella vita delle persone perché si sentono più comode nella lettera stampata dei libri.

Mai la misericordia del lieto Annuncio potrà essere una falsa commiserazione, che lascia il peccatore nella sua miseria perché non gli dà la mano per alzarsi in piedi e non lo accompagna a fare un passo avanti nel suo impegno.

Mai potrà essere triste o neutro l’Annuncio, perché è espressione di una gioia interamente personale: «la gioia di un Padre che non vuole che si perda nessuno dei suoi piccoli» (Esort. ap. Evangelii gaudium, 237): la gioia di Gesù nel vedere che i poveri sono evangelizzati e che i piccoli vanno ad evangelizzare (cfr ibid., 5).

Le gioie del Vangelo – uso adesso il plurale, perché sono molte e diverse, a seconda di come lo Spirito vuole comunicare in ogni epoca, ad ogni persona in ogni cultura particolare – sono gioie speciali. Vanno messe in otri nuovi, quelli di cui parla il Signore per esprimere la novità del suo messaggio.

Condivido con voi, cari sacerdoti, cari fratelli, tre icone di otri nuovi in cui il lieto Annuncio si conserva bene - è necessario conservarlo - non diventa aceto e si versa in abbondanza.

Un’icona del lieto Annuncio è quella delle anfore di pietra delle nozze di Cana (cfr Gv 2,6). In un particolare, rispecchiano bene quell’Otre perfetto che è – lei stessa, tutta intera – la Madonna, la Vergine Maria. Dice il Vangelo che «le riempirono fino all’orlo» (Gv 2,7). Immagino che qualcuno dei servitori avrà guardato Maria per vedere se così era sufficiente e ci sarà stato un gesto con cui lei avrà detto di aggiungere un secchio in più. Maria è l’otre nuovo della pienezza contagiosa. Ma cari, senza la Madonna non possiamo andare avanti nel nostro sacerdozio! Lei è «la piccola serva del Padre che trasalisce di gioia nella lode» (Esort. ap. Evangelii gaudium, 286), la Madonna della prontezza, colei che appena ha concepito nel suo seno immacolato il Verbo della vita, va a visitare e servire la cugina Elisabetta. La sua pienezza contagiosa ci permette di superare la tentazione della paura: quel non avere il coraggio di farsi riempire fino all’orlo e anche di più, quella pusillanimità di non andare a contagiare di gioia gli altri. Niente di tutto ciò, perché «la gioia del Vangelo riempie il cuore e la vita intera di coloro che si incontrano con Gesù» (ibid., 1).

La seconda icona del lieto Annuncio che voglio condividere con voi è quella brocca che – con il suo mestolo di legno – nel pieno sole del mezzogiorno, portava sulla testa la Samaritana (cfr Gv 4,5-30). Esprime bene una questione essenziale: quella della concretezza. Il Signore, che è la Fonte dell’Acqua viva, non aveva un mezzo per attingere l’acqua e bere qualche sorso. E la Samaritana prese dell’acqua dalla sua brocca con il mestolo e saziò la sete del Signore. E la saziò ancora di più con la confessione dei suoi peccati concreti. Scuotendo l’otre di quell’anima samaritana, traboccante di misericordia, lo Spirito Santo si versò in tutti gli abitanti di quel piccolo paese, che invitarono il Signore a fermarsi in mezzo a loro.

Un otre nuovo con questa concretezza inclusiva il Signore ce l’ha regalato nell’anima “samaritana” che è stata Madre Teresa di Calcutta. Lui la chiamò e le disse: «Ho sete». “Piccola mia, vieni, portami nei buchi dei poveri. Vieni, sii mia luce. Non posso andare da solo. Non mi conoscono, e per questo non mi vogliono. Portami da loro”. E lei, cominciando da uno concreto, con il suo sorriso e il suo modo di toccare con le mani le ferite, ha portato il lieto Annuncio a tutti. Il modo di toccare con le mani le ferite: le carezze sacerdotali ai malati, ai disperati. Il sacerdote uomo della tenerezza. Concretezza e tenerezza!.

La terza icona del lieto Annuncio è l’Otre immenso del Cuore trafitto del Signore: integrità mite, umile e povera, che attira tutti a sé. Da Lui dobbiamo imparare che annunciare una grande gioia a coloro che sono molto poveri non si può fare se non in modo rispettoso e umile fino all’umiliazione. Non può essere presuntuosa l’evangelizzazione. Concreta, tenera e umile: così l’evangelizzazione sarà gioiosa. Non può essere presuntuosa l’evangelizzazione, non può essere rigida l’integrità della verità, perché la verità si è fatta carne, si è fatta tenerezza, si è fatta bambino, si è fatta uomo, si è fatta peccato in croce (cfr 2Cor 5,21). Lo Spirito annuncia e insegna «tutta la verità» (Gv 16,13) e non teme di farla bere a sorsi. Lo Spirito ci dice in ogni momento quello che dobbiamo dire ai nostri avversari (cfr Mt 10,19) e illumina il piccolo passo avanti che in quel momento possiamo fare. Questa mite integrità dà gioia ai poveri, rianima i peccatori, fa respirare coloro che sono oppressi dal demonio.

Cari sacerdoti, contemplando e bevendo da questi tre otri nuovi, il lieto Annuncio abbia in noi la pienezza contagiosa che la Madonna trasmette con tutto il suo essere, la concretezza inclusiva dell’annuncio della Samaritana e l’integrità mite con cui lo Spirito sgorga e si effonde, incessantemente, dal Cuore trafitto di Gesù nostro Signore.

[00545-IT.02] [Testo originale: Italiano]

Traduzione in lingua francese

«L’Esprit du Seigneur est sur moi parce que le Seigneur m’a consacré par l’onction. Il m’a envoyé porter la Bonne Nouvelle aux pauvres, annoncer aux captifs leur libération, et aux aveugles qu’ils retrouveront la vue, remettre en liberté les opprimés» (Lc 4, 18). Le Seigneur, oint par l’Esprit, apporte la joyeuse Annonce aux pauvres. Tout ce que Jésus annonce, et nous aussi prêtres, est joyeuse Annonce. Joyeux de la joie évangélique: de celui qui a été oint dans ses péchés par l’huile du pardon et oint dans son charisme par l’huile de la mission, pour oindre les autres. Et, à l’instar de Jésus, le prêtre rend joyeuse l’annonce par toute sa personne. Quand il fait l’homélie, (en étant bref dans la mesure du possible…) il le fait avec la joie qui touche le cœur de son peuple grâce à la Parole par laquelle le Seigneur l’a touché, lui, dans sa prière. Comme tout disciple missionnaire, le prêtre rend l’annonce joyeuse par tout son être. Et, d’autre part, ce sont justement les détailsles plus insignifiants - nous en avons tous fait l’expérience – qui contiennent et communiquent le mieux la joie: le détail de celui qui fait un petit pas de plus et fait en sorte que la miséricorde déborde dans les territoires qui n’appartiennent à personne; le détail de celui qui se décide à concrétiser la rencontre et en fixe le jour et l’heure. Le détail de celui qui permet, avec une douce disponibilité, qu’on use de son temps …

La joyeuse Annonce peut paraître simplement une autre façon de dire ‘‘Évangile’’: comme ‘‘bonne nouvelle’’ ou ‘‘joyeuse nouvelle’’. Cependant, elle contient quelque chose qui résume tout le reste: la joie de l’Évangile. Elle résume tout, parce qu’elle est joyeuse en elle-même.

La joyeuse Annonce est la perle précieuse de l’Évangile. Ce n’est pas un objet, c’est une mission. Celui qui fait l’expérience de «la douce et réconfortante joie d’évangéliser» (Exhort. ap. Evangelii gaudium, n. 10) le sait.

La joyeuse Annonce naît de l’Onction. La première, la ‘‘grande onction sacerdotale’’ de Jésus, c’est celle qu’a faite l’Esprit Saint dans le sein de Marie.

En ces jours-là, la joyeuse Annonciation a conduit la Mère Vierge à chanter le Magnificat, a rempli d’un saint silence le cœur de Joseph, son époux, et a fait tressaillir de joie Jean dans le sein de sa mère Elisabeth.

Aujourd’hui, Jésus revient à Nazareth et la joie de l’Esprit renouvelle l’Onction dans la petite synagogue du village: l’Esprit se pose et se répand sur lui, en le consacrant d’une onction de joie (cf. Ps 44, 8).

La joyeuse Annonce. Un seul mot – Évangile – qui par le fait même d’être annoncé devient une vérité joyeuse et miséricordieuse.

Que personne n’essaie de séparer ces trois grâces de l’Évangile: sa Vérité – non négociable -, sa Miséricorde – inconditionnelle pour tous les pécheurs – et sa Joie – intime et inclusive. Vérité, Miséricorde et Joie: toutes les trois ensemble.

La vérité de la joyeuse Annonce ne pourra jamais être uniquement une vérité abstraite, de celles qui n’en finissent pas de s’incarner pleinement dans la vie des personnes parce qu’elles se trouvent plus à l’aise dans la lettre imprimée dans les livres.

La miséricorde de la joyeuse Annonce ne pourra jamais être une fausse commisération, qui laisse le pécheur dans sa misère parce qu’elle ne lui tend pas la main pour qu’il se lève et ne l’accompagne pas pour qu’il fasse un pas en avant dans son engagement.

L’Annonce ne pourra jamais être triste ou neutre, car elle est l’expression d’une joie entièrement personnelle: «la joie d’un Père qui ne veut pas qu’un de ses petits se perde» (Exhort. ap. Evangelii gaudium, n. 237): la joie de Jésus lorsqu’il voit que les pauvres sont évangélisés et que les petits vont évangéliser (cf. Ibid., n. 5).

Les joies de l’Évangile – j’utilise à présent le pluriel, car elles sont nombreuses et variées, selon ce que l’esprit veut communiquer à chaque époque, à chaque personne dans chaque culture particulière – sont des joies spéciales. Elles doivent être conservées dans des outres neuves, celles dont parle le Seigneur pour exprimer la nouveauté de son message.

Je vous fais part, chers prêtres, chers frères, de trois icônes d’outres neuves dans lesquelles la joyeuse Annonce se conserve bien – il est nécessaire de la conserver -, ne devient pas aigre et se déverse abondamment.

Une icône de la joyeuse Annonce est celle des jarres de pierre des Noces de Cana (Jn 2, 6). Dans un détail, elles reflètent bien cette Outre parfaite qu’est – Elle-même, toute entière – Notre-Dame, la Vierge Marie. L’Évangile dit qu’«ils les remplirent jusqu’au bord» (Jn 2, 7). J’imagine que quelque servant aura regardé Marie pour voir si c’était suffisant ainsi et qu’il y aura eu un geste de sa part pour leur dire d’ajouter encore un seau [d’eau]. Marie est l’outre neuve de la plénitude contagieuse. Mais, très chers, sans la Vierge Marie nous ne pouvons pas progresser dans notre sacerdoce! Elle est « la petite servante du Père qui tressaille de joie dans la louange» (Exhort. ap. Evangelii gaudium, n. 286), Notre-Dame de la promptitude, celle qui, à peine a-t-elle conçu dans son sein immaculé le Verbe de vie, va visiter et servir sa cousine Elisabeth. Sa plénitude contagieuse nous permet de surmonter la tentation de la peur: ce fait de ne pas avoir le courage de nous faire remplir jusqu’au bord et aussi au-delà, cette pusillanimité à ne pas sortir pour communiquer la joie aux autres. Rien de tout cela, car «la joie de l’Évangile remplit le cœur et toute la vie de ceux qui rencontrent Jésus» (Ibid., n. 1).

La deuxième icône de la joyeuse Annonce que je veux partager avec vous est cette jarre que – avec sa louche de bois – en plein soleil de midi, la Samaritaine portait sur la tête (cf. Jn 4, 5-30). Elle exprime bien une question essentielle: celle du concret. Le Seigneur, qui est la Source d’Eau vive, n’avait pas de quoi puiser de l’eau pour en boire quelques gorgées. Et la Samaritaine a pris de l’eau de sa jarre avec la louche et a étanché la soif du Seigneur. Et elle l’a étanchée encore plus par la confession de ses péchés concrets. En agitant l’outre de cette âme samaritaine, débordant de miséricorde, l’Esprit Saint s’est répandu dans tous habitants de ce petit village, qui ont invité le Seigneur à rester parmi eux.

Une outre neuve, autant concrète et inclusive, le Seigneur nous l’a offerte dans l’âme ‘‘samaritaine’’ qu’a été Mère Teresa de Calcutta. Il l’a appelée et lui a dit ‘‘J’ai soif’’. ‘‘Ma petite, viens, conduis-moi dans les trous (taudis) des pauvres. Viens, sois ma lumière. Je ne peux pas y aller seul. Ils ne me connaissent pas, et c’est pourquoi ils ne veulent pas de moi. Conduis-moi chez eux’’. Et elle, en commençant par quelqu’un de concret, par son sourire et par sa façon de toucher des mains les blessures, a apporté la joyeuse Annonce à tous. La façon de toucher des mains les blessures: les caresses sacerdotales aux malades, aux désespérés. Le prêtre homme de la tendresse. Du concret et de la tendresse!

La troisième icône de la joyeuse Annonce est l’immense Outre du Cœur transpercé du Seigneur: intégrité douce, humble et pauvre, qui attire chacun à lui. Nous devons apprendre de lui qu’annoncer une grande joie à ceux qui sont très pauvres ne peut se faire que d’une manière respectueuse et humble jusqu’à l’humiliation. Concrète, tendre et humble: ainsi l’évangélisation sera joyeuse. L’évangélisation ne peut pas être présomptueuse, l’intégrité de la vérité ne peut pas être rigide parce que la vérité s’est faite chair, s’est faite tendresse, s’est faite enfant, s’est faite homme, s’est faite péché sur la croix (cf. 2 Co 5, 21). L’Esprit annonce et enseigne «toute la vérité» (Jn 16, 13) et ne craint pas de la faire boire par gorgées. L’Esprit nous inspire à tout moment ce que nous devons dire à nos adversaires (cf. Mt 10, 19) et éclaire le petit pas en avant qu’en ce moment nous pouvons faire. Cette douce intégrité donne de la joie aux pauvres, redonne du courage aux pécheurs, fait respirer ceux qui sont opprimés par le démon.

Chers prêtres, en contemplant et en buvant à ces trois outres neuves, que la joyeuse Annonce ait en nous la plénitude contagieuse que la Vierge transmet de tout son être, le caractère concret et inclusif de l’annonce de la Samaritaine et la douce intégrité par laquelle l’Esprit jaillit et se répand, continuellement, du Cœur transpercé de Jésus notre Seigneur.

[00545-FR.02] [Texte original: Italien]

Traduzione in lingua inglese

“The Spirit of the Lord is upon me, because he has anointed me to preach good news to the poor. He has sent me to proclaim release to the captives and recovering of sight to the blind, to set at liberty those who are oppressed” (Lk 4:18). Jesus, anointed by the Spirit, brings good news to the poor. Everything he proclaims, and we priests too proclaim, is good news. News full of the joy of the Gospel – the joy of those anointed in their sins with the oil of forgiveness and anointed in their charism with the oil of mission, in order to anoint others in turn.

Like Jesus, the priest makes the message joyful with his entire person. When he preaches – briefly, if possible! –, he does so with the joy that touches people’s hearts with that same word with which the Lord has touched his own heart in prayer. Like every other missionary disciple, the priest makes the message joyful by his whole being. For as we all know, it is in the little things that joy is best seen and shared: when by taking one small step, we make God’s mercy overflow in situations of desolation; when we decide to pick up the phone and arrange to see someone; when we patiently allow others to take up our time…

The phrase “good news” might appear as just another way of saying “the Gospel”. Yet those words point to something essential: the joy of the Gospel. The Gospel is good news because it is, in essence, a message of joy.

The good news is the precious pearl of which we read in the Gospel. It is not a thing but a mission. This is evident to anyone who has experienced the “delightful and comforting joy of evangelizing” (Evangelii Gaudium, 10).

The good news is born of Anointing. Jesus’ first “great priestly anointing” took place, by the power of the Holy Spirit, in the womb of Mary. The good news of the Annunciation inspired the Virgin Mother to sing her Magnificat. It filled the heart of Joseph, her spouse, with sacred silence, and it made John leap for joy in the womb of Elizabeth, his mother.

In today’s Gospel, Jesus returns to Nazareth and the joy of the Spirit renews that Anointing in the little synagogue of that town: the Spirit descends and is poured out upon him, “anointing him with the oil of gladness” (cf. Ps 45:8).

Good news. A single word – Gospel – that, even as it is spoken, becomes truth, brimming with joy and mercy. We should never attempt to separate these three graces of the Gospel: its truth, which is non-negotiable; its mercy, which is unconditional and offered to all sinners; and its joy, which is personal and open to everyone. Truth, mercy and joy: these three go together.

The truth of the good news can never be merely abstract, incapable of taking concrete shape in people’s lives because they feel more comfortable seeing it printed in books.

The mercy of the good news can never be a false commiseration, one that leaves sinners in their misery without holding out a hand to lift them up and help them take a step in the direction of change.

This message can never be gloomy or indifferent, for it expresses a joy that is completely personal. It is “the joy of the Father, who desires that none of his little ones be lost” (Evangelii Gaudium, 237). It is the joy of Jesus, who sees that the poor have the good news preached to them, and that the little ones go out to preach the message in turn (ibid., 5).

The joys of the Gospel are special joys. I say “joys” in the plural, for they are many and varied, depending on how the Spirit chooses to communicate them, in every age, to every person and in every culture. They need to be poured into new wineskins, the ones the Lord speaks of in expressing the newness of his message. I would like to share with you, dear priests, dear brothers, three images or icons of those new wineskins in which the good news is kept fresh – for we have to keep it fresh – never turning sour but rather pouring forth in abundance.

A first icon of the good news would be the stone water jars at the wedding feast of Cana (cf. Jn 2:6). In one way, they clearly reflect that perfect vessel which is Our Lady herself, the Virgin Mary. The Gospel tells us that the servants “filled them up to the brim” (Jn 2:7). I can imagine one of those servants looking to Mary to see if that was enough, and Mary signaling to add one more pailful. Mary is the new wineskin brimming with contagious joy. Without her, dear priests, we cannot move forward in our priesthood! She is “the handmaid of the Father who sings his praises” (Evangelii Gaudium, 286), Our Lady of Prompt Succour, who, after conceiving in her immaculate womb the Word of life, goes out to visit and assist her cousin Elizabeth. Her “contagious fullness” helps us overcome the temptation of fear, the temptation to keep ourselves from being filled to the brim and even overflowing, the temptation to a faint-heartedness that holds us back from going forth to fill others with joy. This cannot be, for “the joy of the Gospel fills the hearts and lives of all who encounter Jesus” (ibid., 1)

A second icon of the good news that I would like to share with you today is the jug with its wooden ladle that the Samaritan woman carried on her head in the midday sun (cf. Jn 4:5-30). It speaks to us of something crucial: the importance of concrete situations. The Lord, the Source of Living Water, had no means of drawing the water to quench his thirst. So the Samaritan woman drew the water with her jug, and with her ladle she sated the Lord’s thirst. She sated it even more by concretely confessing her sins. By mercifully shaking the vessel of that Samaritan women’s soul, the Holy Spirit overflowed upon all the people of that small town, who asked the Lord to stay with them.

The Lord gave us another new vessel or wineskin full of this “inclusive concreteness” in that Samaritan soul who was Mother Teresa. He called to her and told her: “I am thirsty”. He said: “My child, come, take me to the hovels of the poor. Come, be my light. I cannot do this alone. They do not know me, and that is why they do not love me. Bring me to them”. Mother Teresa, starting with one concrete person, thanks to her smile and her way of touching their wounds, brought the good news to all. The way we touch wounds with our hands, our priestly way of caressing the sick and those who have lost hope. The priest must be a man of tender love. Concreteness and tenderness!

The third icon of the good news is the fathomless vessel of the Lord’s pierced Heart: his utter meekness, humility and poverty which draw all people to himself. From him we have to learn that announcing a great joy to the poor can only be done in a respectful, humble, and even humbling, way. Concrete, tender and humble: in this way our evangelization will be joyful. Evangelization cannot be presumptuous, nor can the integrity of the truth be rigid, because truth became flesh, it became tenderness, it became a child, it became a man and, on the cross, it became sin (cf. 2 Cor 5:21). The Spirit proclaims and teaches “the whole truth” (cf. Jn 16:3), and he is not afraid to do this one sip at a time. The Spirit tells us in every situation what we need to say to our enemies (cf. Mt 10:19), and at those times he illumines our every small step forward. This meekness and integrity gives joy to the poor, revives sinners, and grants relief to those oppressed by the devil.

Dear priests, as we contemplate and drink from these three new wineskins, may the good news find in us that “contagious fullness” which Our Lady radiates with her whole being, the “inclusive concreteness” of the story of the Samaritan woman, and the “utter meekness” whereby the Holy Spirit ceaselessly wells up and flows forth from the pierced heart of Jesus our Lord.

[00545-EN.02] [Original text: Italian]

Traduzione in lingua tedesca

»Der Geist des Herrn ruht auf mir; denn er hat mich gesalbt. Er hat mich gesandt, damit ich den Armen eine frohe Botschaft bringe; damit ich den Gefangenen die Entlassung verkünde und den Blinden das Augenlicht; damit ich die Zerschlagenen in Freiheit setze« (Lk 4,18). Der Herr, der vom Geist Gesalbte, bringt den Armen die „frohe Botschaft“ – die frohe Kunde. Alles, was Jesus und auch wir Priester verkünden, ist frohe Kunde. Sie ist freudig erfüllt von der Freude des Evangeliums: sie offenbart die Freude dessen, der in seinen Sünden mit dem Öl der Vergebung gesalbt wurde und in seinem Charisma mit dem Öl der Sendung, um die anderen zu salben. Und so wie Jesus verleiht der Priester der Verkündigung mit seiner ganzen Person freudige Gestalt. Wenn er die Homilie – wenn möglich kurz – hält, tut er dies mit der Freude, die das Herz der ihm anvertrauten Menschen mit dem Wort anrührt, durch das der Herr ihn selbst während seines Gebets angerührt hat. Wie jeder missionarische Jünger verleiht der Priester mit seinem ganzen Wesen der Verkündigung freudigen Ausdruck. Und andererseits sind es gerade die kleinsten Einzelheiten – wir alle haben die Erfahrung gemacht –, welche die Freude besser fassen und mitteilen: wenn jemand einen kleinen Schritt mehr macht und so bewirkt, dass die Barmherzigkeit ins Niemandsland überläuft; wenn jemand sich entscheidet, konkret Tag und Zeit des Treffens festzulegen; wenn jemand ruhig und bereitwillig zulässt, dass man seine Zeit in Anspruch nimmt …

Die frohe Kunde kann einfach als eine andere Weise erscheinen, um „Evangelium“ zu sagen, wie etwa „Frohbotschaft“ oder „Gute Nachricht“. Dennoch enthält sie etwas, was alles Übrige in sich schließt: die Freude des Evangeliums. Sie fasst alles zusammen, weil sie in sich selbst freudig ist.

Die frohe Kunde ist die kostbare Perle aus dem Evangelium. Sie ist kein Gegenstand, sie ist eine Sendung. Dies weiß derjenige, der »die innige und tröstliche Freude der Verkündigung des Evangeliums« (Apostolisches Schreiben Evangelii gaudium, 10) erfährt.

Die frohe Kunde geht aus der Salbung hervor. Die erste „große priesterliche Salbung“ Jesu ist diejenige, die vom Heiligen Geist im Schoß Mariens gewirkt wurde.

In jenen Tagen ließ die frohe Kunde die jungfräuliche Mutter das Magnificat singen; sie erfüllte das Herz Josefs, ihres Bräutigams, mit heiligem Schweigen und ließ Johannes im Schoß seiner Mutter Elisabet vor Freude hüpfen.

Heute kehrt Jesus nach Nazaret zurück und die Freude des Geistes erneuert die Salbung in der kleinen Synagoge des Dorfes: Der Geist senkt sich auf ihn herab, er wird über ihn ausgegossen und salbt ihn mit dem Öl der Freude (vgl. Ps 45,8).

Die frohe Kunde. Ein einziges Wort – Evangelium –, das bei der Verkündigung selbst zu froher und barmherziger Wahrheit wird.

Niemand möge versuchen, diese drei Gnaden des Evangeliums voneinander zu trennen: seine Wahrheit – nicht verhandelbar –, seine Barmherzigkeit – vorbehaltlos für alle Sünder – und seine Freude – tief und einbeziehend. Wahrheit, Barmherzigkeit und Freude: alle drei zusammen.

Nie wird die Wahrheit der frohen Kunde nur eine jener abstrakten Wahrheiten sein, die im Leben der Personen nicht voll Gestalt annehmen, weil sie sich als gedruckter Buchstabe in Büchern angenehmer fühlen.

Nie wird die Barmherzigkeit der frohen Kunde eine falsche Bemitleidung sein, die den Sünder in seinem Elend zurücklässt, da es ihm nicht die Hand reicht, um aufzustehen, und ihn nicht in seinem Bemühen, einen Schritt vorwärts zu machen, begleitet.

Nie wird die Kunde traurig oder neutral sein, weil sie Ausdruck einer ganz persönlichen Freude ist, nämlich der »Freude eines Vaters, der nicht will, dass auch nur einer seiner Kleinen verloren geht« (Apostolisches Schreiben Evangelii gaudium, 237): Es ist die Freude Jesu, wenn er sieht, dass den Armen das Evangelium verkündet wird und die Kleinen sich aufmachen, das Evangelium zu verkünden (vgl. ebd., 5).

Die Freuden des Evangeliums – ich verwende nun den Plural, weil es viele und verschiedene sind, je nachdem wie der Geist sie zu allen Zeiten jedem Menschen jeglicher einzelnen Kultur mitteilen will – sind besondere Freuden. Sie müssen in neue Schläuche gefüllt werden, in jene Schläuche, von denen der Herr spricht, um die Neuheit seiner Kunde zum Ausdruck zu bringen.

Ich möchte gemeinsam mit euch, liebe Priester und Brüder, drei „Ikonen“ von neuen Schläuchen betrachten, in denen sich die frohe Kunde gut hält – man muss sie bewahren und nicht zu Essig wird, sondern in Fülle ausgegossen werden kann.

Eine Ikone der frohe Kunde sind die Wasserkrüge bei der Hochzeit zu Kana (vgl. Joh 2,6). In einem Detail spiegeln sie gut jenen vollkommenen Schlauch wider, der die Muttergottes, die Jungfrau Maria, sie selbst ganz und gar ist. Im Evangelium heißt es: »Sie füllten sie bis zum Rand« (Joh 2,7). Ich stelle mir vor, dass manch einer der Diener Maria angeschaut haben wird, um zu sehen, ob es so ausreichend war, und es von ihr ein Zeichen gab, um zu sagen, dass ein weiterer Kübel hinzugefügt werden soll. Maria ist der neue Schlauch der ansteckenden Fülle. Meine Lieben, ohne die Muttergottes können wir in unserem Priestertum nicht vorangehen! Sie ist »die Magd des Vaters, die in Lobpreis ausbricht« (Apostolisches Schreiben Evangelii gaudium, 286), die Mutter Gottes der schnellen Hilfe. Nachdem sie eben erst in ihrem unbefleckten Schoß das Wort des Lebens empfangen hat, geht sie ihre Cousine Elisabet besuchen und dient ihr. Ihre ansteckende Fülle macht es uns möglich, die Versuchung der Angst zu überwinden: jenen Mangel an Mut, sich bis zum Rand und auch noch mehr füllen zu lassen; jenen Kleinmut, nicht hinzugehen und die anderen mit Freude anzustecken. Nichts von alledem, denn »die Freude des Evangeliums erfüllt das Herz und das gesamte Leben derer, die Jesus begegnen« (ebd., 1).

Die zweite Ikone der frohen Kunde, die ich mit euch betrachten möchte, ist der Krug, den die Samariterin mit ihrem hölzernen Schöpfgefäß in der prallen Mittagssonne auf dem Kopf trug (vgl. Joh 4,5-30). Hier kommt eine wesentliche Sache gut zum Ausdruck: die Konkretheit. Der Herr, der Quell des lebendigen Wasser, hatte kein Schöpfgefäß, um Wasser zu schöpfen und einen Schluck zu trinken. Und die Samariterin nahm mit dem Schöpfgefäß Wasser aus ihrem Krug und stillte den Durst des Herrn. Und sie stillte ihn noch mehr mit dem Bekenntnis ihrer konkreten Sünden. Da der Heilige Geist den Schlauch dieser samaritanischen Seele, vor Barmherzigkeit überfließend, schüttelte, ergoss er sich über alle Bewohner jenes kleinen Dorfs, die den Herrn einluden, bei ihnen zu verweilen.

Einen neuen Schlauch mit dieser einbeziehenden Konkretheit hat uns der Herr in der „samaritanischen“ Seele einer Mutter Teresa von Kalkutta geschenkt. Er rief sie und sagte ihr: »Mich dürstet«. „Meine Kleine, komm, trage mich in die Höhlen der Armen. Komm, sei mein Licht. Ich kann nicht allein gehen. Sie kennen mich nicht und deshalb wollen sie mich auch nicht. Trage mich zu ihnen.“ Und bei einer konkreten Tat beginnend hat sie mit ihrem Lächeln und ihrer Art, mit den Händen die Wunden zu berühren, allen die frohe Kunde gebracht. Die Art und Weise, mit den Händen die Wunden zu berühren: liebevolle Zuneigung des Priesters gegenüber den Kranken und den Verzweifelten. Der Priester ist ein Mann des Zartgefühls. Konkret und zärtlich!

Die dritte Ikone der frohen Kunde ist der unermessliche Schlauch des durchbohrten Herzens des Herrn: sanfte, demütige und arme Unversehrtheit, die alle zu sich zieht. Von ihm müssen wir lernen, dass man eine große Freude denen, die sehr arm sind, nur verkünden kann, wenn es auf respektvolle und demütige Weise bis hin zur Erniedrigung geschieht. Die Evangelisierung darf nicht überheblich sein. Konkret, zärtlich und demütig: So wird die Evangelisierung freudig sein. Die Evangelisierung darf nicht überheblich sein, die Unversehrtheit der Wahrheit darf nicht starr sein. Denn die Wahrheit ist Fleisch, Zartheit, Kind, Mensch geworden, sie hat sich am Kreuz zur Sünde gemacht (vgl. 2Kor 5,21). Der Heilige Geist verkündet und lehrt »die ganze Wahrheit« (Joh 16,13) und fürchtet sich nicht, sie schluckweise trinken zu lassen. Der Geist sagt uns in jedem Augenblick, was wir unseren Gegnern sagen müssen (vgl. Mt 10,19) und erleuchtet den kleinen Schritt nach vorne, den wir in jenem Augenblick machen können. Diese sanfte Unversehrtheit gibt den Armen Freude, richtet die Sünder wieder auf und lässt die vom Teufel Unterdrückten Atem schöpfen.

Liebe Priester, wenn wir diese drei neuen Schläuche betrachten und aus ihnen trinken, so möge die frohe Kunde in uns die ansteckende Fülle, haben, welche die Muttergottes mit ihrem ganzen Wesen überträgt, sowie die einbeziehende Konkretheit der Verkündigung der Samariterin und die sanfte Unversehrtheit, mit der der Geist unablässig aus dem durchbohrten Herzen Jesu unseres Herrn hervorströmt und sich ergießt.

[00545-DE.01] [Originalsprache: Italienisch]

Traduzione in lingua spagnola

«El Espíritu del Señor está sobre mí, porque él me ha ungido para que dé la Buena noticia a los pobres, me ha enviado a anunciar la libertad a los cautivos y la vista a los ciegos, para poner en libertad a los oprimidos» (Lc 4, 18). El Señor, Ungido por el Espíritu, lleva la Buena Noticia a los pobres. Todo lo que Jesús anuncia, y también nosotros, sacerdotes, es Buena Noticia. Alegre con la alegría evangélica: de quien ha sido ungido en sus pecados con el aceite del perdón y ungido en su carisma con el aceite de la misión, para ungir a los demás. Y, al igual que Jesús, el sacerdote hace alegre al anuncio con toda su persona. Cuando predica la homilía, —breve en lo posible— lo hace con la alegría que traspasa el corazón de su gente con la Palabra con la que el Señor lo traspasó a él en su oración. Como todo discípulo misionero, el sacerdote hace alegre el anuncio con todo su ser. Y, por otra parte, son precisamente los detalles más pequeños —todos lo hemos experimentado— los que mejor contienen y comunican la alegría: el detalle del que da un pasito más y hace que la misericordia se desborde en la tierra de nadie. El detalle del que se anima a concretar y pone día y hora al encuentro. El detalle del que deja que le usen su tiempo con mansa disponibilidad…

La Buena Noticia puede parecer una expresión más, entre otras, para decir «Evangelio»: como buena nueva o feliz anuncio. Sin embargo, contiene algo que cohesiona en sí todo lo demás: la alegría del Evangelio. Cohesiona todo porque es alegre en sí mismo.

La Buena Noticia es la perla preciosa del Evangelio. No es un objeto, es una misión. Lo sabe el que experimenta «la dulce y confortadora alegría de anunciar» (Exhort. ap. Evangelii gaudium, 10).

La Buena Noticia nace de la Unción. La primera, la «gran unción sacerdotal» de Jesús, es la que hizo el Espíritu Santo en el seno de María.

En aquellos días, la feliz noticia de la Anunciación hizo cantar el Magníficat a la Madre Virgen, llenó de santo silencio el corazón de José, su esposo, e hizo saltar de gozo a Juan en el seno de su madre Isabel.

Hoy, Jesús regresa a Nazaret, y la alegría del Espíritu renueva la Unción en la pequeña sinagoga del pueblo: el Espíritu se posa y se derrama sobre él ungiéndolo con oleo de alegría (cf. Sal 45,8).

La Buena Noticia. Una sola Palabra —Evangelio— que en el acto de ser anunciado se vuelve alegre y misericordiosa verdad.

Que nadie intente separar estas tres gracias del Evangelio: su Verdad —no negociable—, su Misericordia —incondicional con todos los pecadores— y su Alegría —íntima e inclusiva—. Verdad, misericordia y alegría: las tres juntas.

Nunca la verdad de la Buena Noticia podrá ser sólo una verdad abstracta, de esas que no terminan de encarnarse en la vida de las personas porque se sienten más cómodas en la letra impresa de los libros.

Nunca la misericordia de la Buena Noticia podrá ser una falsa conmiseración, que deja al pecador en su miseria porque no le da la mano para ponerse en pie y no lo acompaña a dar un paso adelante en su compromiso.

Nunca podrá ser triste o neutro el Anuncio, porque es expresión de una alegría enteramente personal: «La alegría de un Padre que no quiere que se pierda ninguno de sus pequeñitos» (Exhort. ap. Evangelii gaudium, 237). La alegría de Jesús al ver que los pobres son evangelizados y que los pequeños salen a evangelizar (cf. ibíd., 5).

Las alegrías del Evangelio —lo digo ahora en plural, porque son muchas y variadas, según el Espíritu tiene a bien comunicar en cada época, a cada persona en cada cultura particular— son alegrías especiales. Vienen en odres nuevos, esos de los que habla el Señor para expresar la novedad de su mensaje. Les comparto, queridos sacerdotes, queridos hermanos, tres íconos de odres nuevos en los que la Buena Noticia se conserva bien ―es necesario conservarla―, no se avinagra y se vierte abundantemente.

Un ícono de la Buena Noticia es el de las tinajas de piedra de las bodas de Caná (cf. Jn 2,6). En un detalle, espejan bien ese Odre perfecto que es —Ella misma, toda entera— Nuestra Señora, la Virgen María. Dice el Evangelio que «las llenaron hasta el borde» (Jn 2,7). Imagino yo que algún sirviente habrá mirado a María para ver si así ya era suficiente y habrá sido un gesto suyo el que los llevó a echar un balde más. María es el odre nuevo de la plenitud contagiosa. Queridos hermanos, sin la Virgen no podemos llevar adelante nuestro sacerdocio. «Ella es la esclavita del Padre que se estremece en la alabanza» (Exhort. ap. Evangelii gaudium, 286), Nuestra Señora de la prontitud, la que apenas ha concebido en su seno inmaculado al Verbo de vida, sale a visitar y a servir a su prima Isabel. Su plenitud contagiosa nos permite superar la tentación del miedo: ese no animarnos a ser llenados hasta el borde, y mucho más aún, esa pusilanimidad de no salir a contagiar de gozo a los demás. Nada de eso: «La alegría del Evangelio llena el corazón y la vida entera de los que se encuentran con Jesús» (Ibíd., 1)

El segundo ícono de la Buena Noticia que deseo compartir con vosotros es aquella vasija que —con su cucharón de madera—, al pleno sol del mediodía, portaba sobre su cabeza la Samaritana. Refleja bien una cuestión esencial: la de la concreción. El Señor —que es la Fuente de Agua viva— no tenía «con qué» sacar agua para beber unos sorbos. Y la Samaritana sacó agua de su vasija con el cucharón y sació la sed del Señor. Y la sació más con la confesión de sus pecados concretos. Agitando el odre de esa alma samaritana, desbordante de misericordia, el Espíritu Santo se derramó en todos los paisanos de aquel pequeño pueblo, que invitaron al Señor a hospedarse entre ellos.

Un odre nuevo con esta concreción inclusiva nos lo regaló el Señor en el alma samaritana que fue Madre Teresa. Él llamó y le dijo: «Tengo sed», «pequeña mía, ven, llévame a los agujeros de los pobres. Ven, sé mi luz. No puedo ir solo. No me conocen, y por eso no me quieren. Llévame hasta ellos». Y ella, comenzando por uno concreto, con su sonrisa y su modo de tocar con las manos las heridas, llevó la Buena Noticia a todos. El modo de tocar las heridas con las manos: las caricias sacerdotales a los enfermos, a los desesperados. El sacerdote hombre de la ternura. Concreción y ternura.

El tercer ícono de la Buena Noticia es el Odre inmenso del Corazón traspasado del Señor: integridad mansa —humilde y pobre— que atrae a todos hacia sí. De él tenemos que aprender que anunciar una gran alegría a los muy pobres no puede hacerse sino de modo respetuoso y humilde hasta la humillación. Concreta, tierna y humilde: así la evangelización será alegre. No puede ser presuntuosa la evangelización. No puede ser rígida la integridad de la verdad, porque la verdad se ha hecho carne, se ha hecho ternura, se ha hecho niño, se ha hecho hombre, se ha hecho pecado en cruz (cf. 2 Co 5,21). El Espíritu anuncia y enseña «toda la verdad» (Jn 16,13) y no teme hacerla beber a sorbos. El Espíritu nos dice en cada momento lo que tenemos que decir a nuestros adversarios (cf. Mt 10,19) e ilumina el pasito adelante que podemos dar en ese momento. Esta mansa integridad da alegría a los pobres, reanima a los pecadores, hace respirar a los oprimidos por el demonio.

Queridos sacerdotes, que contemplando y bebiendo de estos tres odres nuevos, la Buena Noticia tenga en nosotros la plenitud contagiosa que transmite con todo su ser nuestra Señora, la concreción inclusiva del anuncio de la Samaritana, y la integridad mansa con que el Espíritu brota y se derrama, incansablemente, del Corazón traspasado de Jesús nuestro Señor.

[00545-ES.02] [Texto original: Italiano]

Traduzione in lingua portoghese

«O Espírito do Senhor está sobre mim, porque me ungiu para anunciar a Boa-Nova aos pobres; enviou-me a proclamar a libertação aos cativos e, aos cegos, a recuperação da vista; a mandar em liberdade os oprimidos» (Lc 4, 18). O Senhor, Ungido pelo Espírito, leva a Boa-Nova aos pobres. Tudo aquilo que Jesus anuncia é Boa-Nova; alegra com a alegria evangélica; e o mesmo se diga de nós, sacerdotes, de quem foi ungido em seus pecados com o óleo do perdão, e ungido no seu carisma com o óleo da missão, para ungir os outros. E, tal como Jesus, o sacerdote torna jubiloso o anúncio com toda a sua pessoa. Quando pronuncia a homilia – breve, se possível –, fá-lo com a alegria que toca o coração do seu povo, valendo-se da Palavra com que o Senhor o tocou na sua oração. Como qualquer discípulo missionário, o sacerdote torna jubiloso o anúncio com todo o seu ser. Aliás, como todos experimentamos, são precisamente os detalhes mais insignificantes que melhor contêm e comunicam a alegria: o detalhe de quem dá um pequeno passo a mais, fazendo com que a misericórdia transborde nas terras de ninguém; o detalhe de quem se decide a concretizar, fixando dia e hora para o encontro; o detalhe de quem deixa, com suave disponibilidade, que ocupem o seu tempo…

A Boa-Nova pode parecer simplesmente um modo diferente de dizer «Evangelho», como «feliz anúncio» ou «boa notícia». Todavia contém algo que compendia em si tudo o mais: a alegria do Evangelho. Compendia tudo, porque é jubilosa em si mesma.

A Boa-Nova é a pérola preciosa do Evangelho. Não é um objeto; mas uma missão. Bem o sabe quem experimenta «a suave e reconfortante alegria de evangelizar» (Exort. ap. Evangelii gaudium, 10).

A Boa-Nova nasce da Unção. A primeira, a «grande unção sacerdotal» de Jesus, é a que fez o Espírito Santo no seio de Maria.

Naqueles dias, a boa-nova da Anunciação fez a Virgem Mãe cantar o Magnificat, encheu de um sacro silêncio o coração de José, seu esposo, e fez saltar de gozo João no seio de sua mãe Isabel.

Hoje, Jesus regressa a Nazaré e a alegria do Espírito renova a Unção na pequena sinagoga local: o Espírito pousa e espalha-Se sobre Ele, ungindo-O com o óleo da alegria (cf. Sal 45/44, 8).

A Boa-Nova. Uma única palavra – Evangelho – que, no ato de ser anunciada, se torna verdade jubilosa e misericordiosa.

Que ninguém procure separar estas três graças do Evangelho: a sua Verdade – não negociável –a sua Misericórdia – incondicional com todos os pecadores – e a sua Alegria – íntima e inclusiva. Verdade, misericórdia e alegria: todas três juntas.

Nunca a verdade da Boa-Nova poderá ser apenas uma verdade abstrata, uma daquelas que não se encarnam plenamente na vida das pessoas, porque se sentem mais confortáveis na palavra escrita dos livros.

Nunca a misericórdia da Boa-Nova poderá ser uma falsa compaixão, que deixa o pecador na sua miséria, não lhe dando a mão para se levantar nem o acompanhando para dar um passo mais no seu compromisso.

Nunca a Boa-Nova poderá ser triste ou neutra, porque é expressão duma alegria inteiramente pessoal: «a alegria dum Pai que não quer que se perca nenhum dos seus pequeninos» (Exort. ap. Evangelii gaudium, 237): a alegria de Jesus, ao ver que os pobres são evangelizados e que os pequeninos saem a evangelizar (cf. ibid., 5).

As alegrias do Evangelho – uso agora o plural, porque são muitas e variadas, segundo o modo como o Espírito as quer comunicar em cada época, a cada pessoa, em cada cultura particular – são alegrias especiais. Chegam-nos em odres novos, aqueles de que fala o Senhor para expressar a novidade da sua mensagem.

Partilho convosco, queridos sacerdotes, queridos irmãos, três ícones de odres novos em que a Boa-Nova se conserva bem – é preciso conservá-la –, não se torna vinagrenta e se derrama em abundância.

Um ícone da Boa-Nova é o das talhas de pedra das bodas de Caná (cf. Jo 2, 6). Num detalhe, as talhas espelham bem aquele Odre perfeito que é – em Si mesma, toda inteira – Nossa Senhora, a Virgem Maria. Diz o Evangelho que «as encheram até acima» (Jo 2, 7). Imagino que algum dos serventes terá olhado para Maria para ver se já bastava assim, e terá havido um gesto com o qual Ela terá dito para acrescentar mais um balde. Maria é o odre novo da plenitude contagiosa. Queridos amigos, sem Nossa Senhora não podemos avançar no nosso sacerdócio! Ela é «a serva humilde do Pai, que transborda de alegria no louvor» (Exort. ap. Evangelii gaudium, 286), é a Nossa Senhora da prontidão, Aquela que acabara de conceber em seu seio imaculado o Verbo da vida e já parte para ir visitar e servir a sua prima Isabel. A sua plenitude contagiosa permite-nos superar a tentação do medo: não ter coragem de se deixar encher até acima e transbordar, aquela pusilanimidade de não ir contagiar de alegria os outros. Não haja nada disto, porque «a alegria do Evangelho enche o coração e a vida inteira daqueles que se encontram com Jesus» (ibid., 1).

O segundo ícone da Boa-Nova que quero compartilhar convosco é aquele cântaro – com a sua concha de pau – que trazia à cabeça a Samaritana, sob o sol ardente do meio-dia (cf. Jo 4, 5-30). Expressa bem uma questão essencial: ser concreto. O Senhor, que é a Fonte de Água viva, não tinha um meio para tirar água e beber alguns goles. E a Samaritana tirou água do seu cântaro com a concha e saciou a sede do Senhor. E saciou-a ainda mais com a confissão dos seus pecados concretos. Agitando o odre daquela alma samaritana, transbordante de misericórdia, o Espírito Santo derramou-Se sobre todos os habitantes daquela pequena cidade, que convidaram o Senhor a demorar-Se no meio deles.

Um odre novo com esta concretização inclusiva, no-lo presenteou o Senhor na alma «samaritana» que foi Madre Teresa de Calcutá. Ele chamou-a e disse-lhe: «Tenho sede». «Vem, pequenina minha! Leva-Me aos tugúrios dos pobres. Vem! Sê a minha luz. Não posso ir sozinho. Não Me conhecem, e por isso não Me querem. Leva-Me a eles». E ela, começando por um pobre concreto, com o seu sorriso e o seu modo de tocar as feridas com as mãos, levou a Boa-Nova a todos. O modo de tocar as feridas com as mãos: as carícias sacerdotais aos doentes, aos desesperados. O sacerdote, homem da ternura. Concretização e ternura!

O terceiro ícone da Boa-Nova é o Odre imenso do Coração trespassado do Senhor: integridade suave, humilde e pobre, que atrai todos a Si. D’Ele devemos aprender que, anunciar uma grande alegria àqueles que são muito pobres, só se pode fazer de forma respeitosa e humilde, até à humilhação. A evangelização não pode ser presunçosa. Concreta, terna e humilde: assim a evangelização será jubilosa. Não pode ser presunçosa a evangelização; não pode ser rígida a integridade da verdade, porque a verdade fez-Se carne, fez-Se ternura, fez-Se criança, fez-Se homem, fez-Se pecado na cruz (cf. 2 Cor 5, 21). O Espírito anuncia e ensina «a verdade completa» (Jo 16, 13), e não tem medo de a dar a beber aos goles. O Espírito diz-nos, em cada momento, aquilo que devemos dizer aos nossos adversários (cf. Mt 10, 19) e ilumina-nos sobre o pequeno passo em frente que podemos dar naquele momento. Esta integridade suave dá alegria aos pobres, reanima os pecadores, faz respirar aqueles que estão oprimidos pelo demónio.

Queridos sacerdotes, contemplando e bebendo destes três odres novos, que a Boa-Nova tenha em nós a plenitude contagiosa que Nossa Senhora transmite com todo o seu ser, a concretização inclusiva do anúncio da Samaritana e a integridade suave com que o Espírito jorra e Se derrama incessantemente a partir do Coração trespassado de Jesus, Nosso Senhor.

[00545-PO.02] [Texto original: Italiano]

Traduzione in lingua polacca

„Duch Pański spoczywa na mnie, ponieważ mnie namaścił i posłał mnie, abym ubogim niósł dobrą nowinę, więźniom głosił wolność, a niewidomym przejrzenie; abym uciśnionych odsyłał wolnych” (Łk 4,18). Pan, namaszczony przez Ducha Świętego, niesie radosną nowinę ubogim. Wszystko, co głosi Jezus, a także my, kapłani, jest radosną nowiną. Jest radosne radością ewangeliczną: człowieka namaszczonego w swojej grzeszności olejem przebaczenia i namaszczonego w swoim charyzmacie olejem misji, aby z kolei namaścić innych. I kapłan, na równi z Jezusem, czyni nowinę radosną całą swoją osobą. Gdy głosi homilię – krótką, jeśli to możliwe – czyni to z radością, która porusza serce jego ludu przez słowo, którym Pan poruszył go na modlitwie. Podobnie jak każdy uczeń-misjonarz, kapłan czyni swoje przepowiadanie radosnym całym osobą. A z drugiej strony, to właśnie najmniejsze szczegóły – doświadczyliśmy tego wszyscy – najlepiej zawierają i przekazują radość: szczegół kogoś, kto czyni mały krok ponad to, co konieczne, i sprawia, że miłosierdzie obfituje nad miarę na ziemi niczyjej; szczegół kogoś, kto postanawia i ukonkretnia, wyznaczając dzień i godzinę spotkania; szczegół kogoś, kto pozwala z łagodną dyspozycyjnością, by wykorzystywano jego czas…

Radosna nowina może wydawać się zwyczajnie innym sposobem powiedzenia „Ewangelia” jako „dobra nowina” lub „dobra wiadomość”. Zawiera jednak coś, co podsumowuje całą resztę: radość Ewangelii. Zawiera wszystko dlatego, że jest radosna sama w sobie.

Radosna nowina jest ewangeliczną cenną perłą. Nie jest to przedmiot, ale misja. Wie o tym ten, kto doświadcza „słodkiej i pełnej pociechy radości z ewangelizowania” (Adhort. ap. Evangelii gaudium, 10).

Radosna nowina rodzi się z namaszczenia. Pierwszym, „wielkim namaszczeniem kapłańskim” Jezusa było to, którego dokonał Duch Święty w łonie Maryi.

W tych dniach, radosne zwiastowanie sprawiło, że Matka-Dziewica wyśpiewywała Magnificat, napełniło świętym milczeniem serce Jej oblubieńca Józefa, i sprawiło, że Jan skakał z radości w łonie swej matki Elżbiety.

Dzisiaj Jezus wraca do Nazaretu, a radość Ducha Świętego odnawia namaszczenie w małej prowincjonalnej synagodze: Duch spoczywa na Nim i napełnia Go, namaszczając olejkiem radości (por. Ps 45,8).

Radosna nowina. Jedno słowo – Ewangelia – która w akcie głoszenia staje się prawdą radosną i miłosierną.

Niech nikt nie próbuje oddzielić tych trzech łask Ewangelii: jej prawdy – która nie podlega negocjacjom –, jej miłosierdzia – bezwarunkowego dla wszystkich grzeszników – oraz jej radości – wewnętrznej i integrującej. Prawda, Miłosierdzie i Radość: wszystkie trzy razem.

Nigdy prawda o radosnej nowinie nie może być jedynie jakąś prawdą abstrakcyjną, z tych prawd, które nie w pełni wcielają się w życie ludzi, ponieważ czują się wygodniej w drukowanym piśmie książek.

Nigdy miłosierdzie radosnej nowiny nie może być fałszywą litością, która pozostawia grzesznika w jego niedoli, gdyż nie podaje jemu ręki, aby powstał i nie towarzyszy mu w dokonaniu kroku naprzód w jego trudzie.

Nigdy nowina nie może być smutna lub neutralna, ponieważ jest ona wyrazem radości w pełni osobistej, „radości Ojca, który nie chce, aby się zatracił któryś z Jego najmniejszych” (Adhort. ap. Evangelii gaudium, 237): jest radością Jezusa, gdy widzi, że ubogim głoszona jest Ewangelia a dzieci wyruszają, aby głosić Ewangelię (por. tamże, 5).

Radości Ewangelii – teraz używam liczby mnogiej, bo są one liczne i zróżnicowane, w zależności od tego, jak Duch zechce je przekazywać w każdej epoce, każdej osobie, w każdej poszczególnej kulturze – są radościami specjalnymi. Trzeba je umieścić w nowych bukłakach, tych, o których mówi Pan, by wyrazić nowość swojego orędzia.

Dzielę się z wami, drodzy kapłani, drodzy bracia, trzema ikonami nowych bukłaków, w których radosna nowina dobrze się przechowuje – trzeba ją przechowywać – nie staje się octem i z których wylewa się obficie.

Jedną z ikon radosnej nowiny są stągwie kamienne wesela w Kanie Galilejskiej (por. J 2, 6). W jednym szczególe dobrze odzwierciedlają one ten doskonały Bukłak, jakim jest Ona sama, z ciałem i duszą – Nasza Pani, Maryja Panna. Ewangelia mówi, że „napełnili je aż po brzegi” (J 2, 7). Wyobrażam sobie, jak niektórzy ze sług obserwują Maryję, by zobaczyć, czy to wystarczy i następuje gest, którym wskazuje, że trzeba dolać jeszcze jedno wiadro. Maryja jest nowym bukłakiem zaraźliwej pełni. Ale Drodzy, bez Madonny nie możemy postępować w naszym kapłaństwie. Jest Ona „pokorną służebnicą Ojca, radującą się, kiedy Go wielbi” (Adhort. ap. Evangelii gaudium, 286), Matką Bożą spieszącą ochotnie, tą, która ledwie począwszy w swoim niepokalanym łonie Słowo życia, idzie nawiedzić i służyć swojej kuzynce Elżbiecie. Jego zaraźliwa pełnia pozwala nam przezwyciężać pokusę lęku: tą pokusę braku odwagi, aby dać się napełnić aż po brzegi i jeszcze bradziej, tej małoduszności zniechęcającej do pójścia i zarażania innych radością. Nic z tego, bo „radość Ewangelii napełnia serce i całe życie tych, którzy spotykają się z Jezusem” (tamże, 1).

Drugą ikoną radosnej nowiny, którą chcę się z wami podzielić, jest ten dzban, który – wraz z drewnianym czerpakiem – w pełnym słońcu południa niosła na głowie Samarytanka (por. J 4, 5-30). Dobrze wyraża kluczową kwestię: konkretności. Pan, który jest Źródłem wody żywej, nie miał niczego, aby mógł nabrać wody i wypić kilka łyków. A Samarytanka wzięła czerpakiem wody ze swego dzbana i zaspokoiła pragnienie Pana. A zaspokoiła je jeszcze bardziej wyznając swoje konkretne grzechy. Wstrząsając bukłaki tej samarytańskiej duszy, Duch Święty przepełniony miłosierdziem wylał się na wszystkich mieszkańców tego małego miasteczka, którzy zaprosili Pana, by zatrzymał się poród nich.

Nowy bukłak z ową integrującą konkretnością podarował nam Pan w „samarytańskiej” duszy, jaką była Matka Teresa z Kalkuty. Powołał ją i powiedział: „Pragnę”. „Moja mała, chodź, zabierz mnie do bukłaków ludzi ubogich. Przyjdź, bądź moim światłem. Nie mogę iść sam. Nie znają mnie i dlatego mnie nie chcą. Zabierz mnie do nich”. A ona, począwszy od pewnego konkretu, ze swoim uśmiechem i swoim sposobem dotykania rękoma ran, zaniosła radosną nowinę do wszystkich. Sposób dotykania rękoma ran: kapłańska czułość wobec chorych, zdesperowanych. Kapłan, człowiek czułości. Konkret i czułość!

Trzecią ikoną radosnej nowiny jest ogromny Bukłak przebitego Serca Pana: doskonałość łagodna, pokorna i uboga, która przyciąga wszystkich do siebie. Od Niego musimy się nauczyć, że nie można dokonywać głoszenia wielkiej radości tym, którzy są bardzo biedni, inaczej, jak w sposób naznaczony szacunkiem i pokorą, aż po upokorzenie. Konkretna, czuła i pokorna: taka ewangelizacja będzie radosna. Ewangelizacja nie może być zarozumiała. Nie może być sztywną integralnością prawdy, bo prawda stała się ciałem, stała się czułością, stała się dzieckiem, stała się człowiekiem, stała się grzechem na krzyżu (por. 2Kor 5, 21). Duch Święty głosi i naucza „całej prawdy” (J 16, 13), i nie boi się pozwalać pić ją po łyku. Duch mówi nam w każdej chwili to, co powinniśmy powiedzieć naszym przeciwnikom (por. Mt 10, 19) i oświeca mały krok naprzód, jaki w tej chwili możemy uczynić. Ta łagodna integralność daje radość ubogim, ożywia grzeszników, pozwala odetchnąć uciśnionym przez diabła.

Drodzy kapłani, jeśli będziemy kontemplowali i pili z tych trzech nowych bukłaków, to radosna nowina będzie w nas miała zaraźliwą pełnię, którą Matka Boża przekazuje całą swoją istotą, integrującą konkretność przepowiadania Samarytanki oraz łagodną integralność, z jaką Duch Święty nieustannie wypływa i wylewa się z przebitego Serca Jezusa, naszego Pana.

[B0238-XX.02]