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Conferenza Stampa di presentazione del CD musicale “Missa Papæ Marcelli - Motets” della Cappella Musicale Pontificia “Sistina”, 07.10.2016


Intervento di S.E. Mons. Georg Gänswein

Intervento di Mons. Massimo Palombella

Alla Conferenza Stampa di questa mattina intervengono:

- S.E. Mons. Georg Gänswein, Prefetto della Casa Pontificia;

- Mons. Massimo Palombella, Maestro Direttore della Cappella Musicale Pontificia “Sistina”;

- Dott. Dickon Stainer, Presidente e CEO di Global Classics Universal Music Group International;

- Dott. Clemens Trautmann, Presidente della Deutsche Grammophon;

- Dott. Mirko Gratton, Direttore della divisione Classica di Universal Italia.

Dopo “Cantate Domino”, album di debutto del Coro della Cappella Musicale Pontificia “Sistina” su Deutsche Grammophon, arriva una nuova incisione interamente dedicata ad uno dei più celebri e raffinati compositori di musica sacra: Giovanni Pierluigi da Palestrina (1525-1594).

Il CD include 14 brani, tra cui tre prime registrazione mondiali assolute: la celebre “Missa Papæ Marcelli” - nella prima edizione a stampa del 1567 - e due Mottetti inediti: “Veritas mea et misericordia mea” e “Iubilate Deo”.

La registrazione è stata realizzata interamente all’interno della Cappella Sistina sotto la direzione del maestro Massimo Palombella.

Altro materiale

Indirizzo web per scaricare video, foto, comunicato e copertina del CD

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Intervento di S.E. Mons. Georg Gänswein

A distanza di un anno la Cappella Musicale Pontificia, presenta un secondo CD edito dalla prestigiosa etichetta discografica Deutsche Grammophon dedicato quest’anno interamente a musiche di Pierluigi da Palestrina: la famosa Missa Papæ Marcelli ed alcuni mottetti che hanno per tema la misericordia, scelti non a caso per sottolineare, anche musicalmente, quest’anno di grazia che ci è dato di vivere, il Giubileo della Misericordia voluto dal Santo Padre Francesco.

Lo scorso anno in occasione della presentazione del primo CD della Sistina il pensiero dominate era quello di far conoscere nella sua storia plurisecolare quest’antica istituzione della Santa Sede, la sua funzione artistica, culturale e soprattutto spirituale, il suo legame così particolare con il Papa. I sentimenti che accompagnavano una tale presentazione erano caratterizzati da una certa trepidazione sulla riuscita dell’iniziativa. Tali sentimenti si sono presto mutati in profonda soddisfazione per il grande successo del CD “Cantate Domino. La Cappella Sistina e la musica dei Papi” sigillato dal riconoscimento del premio Echo Klassik. Tutto questo costituisce uno sprone per la Cappella Musicale Pontificia ed il suo Maestro Direttore Mons. Massimo Palombella a continuare nell’impegno di rendere fruibile ad un pubblico sempre più vasto un patrimonio ricco, che nasce nel cuore della Chiesa Cattolica come lode a Dio nel momento più solenne del culto che è la celebrazione della liturgia, particolarmente dell’Eucaristia. La diffusione che la Deutsche Grammophon assicura in tutto il mondo delle musiche della Sistina consente a moltissime persone, anche lontane dalla tradizione cristiana, di venire in contatto con tale peculiare patrimonio e di questo lavoro non possiamo che esserne grati.

Ascoltando questo CD e leggendo il libretto che lo accompagna ci si rende conto immediatamente delle ragioni spirituali di una musica così raffinata e sublime, ma anche del grande impegno del maestro e dei cantori della Sistina per cogliere e rendere l’originaria ispirazione. Con questa Messa il principe della polifonia romana ha cercato, riuscendovi, di rispondere a quanto il Concilio di Trento chiedeva alla musica liturgica, cioè l’intellegibilità del testo unita alla qualità della musica. Papa Marcello II, non ascolterà mai la Messa a lui dedicata perché morirà dopo soli 22 giorni di pontificato, ma l’auspicio di quanto da Cardinale partecipava alle sessioni del Concilio di Trento a che la musica liturgica fosse al tempo stesso veicolo di bellezza, aiuto all’elevazione dell’animo nella preghiera liturgica senza cadere nell’autoreferenzialità sarà fatto proprio da Palestrina. Questa sfida rimane attuale ancora oggi e vede la Cappella Musicale Pontificia impegnata nel collocare con pertinenza liturgica il grande patrimonio musicale della Chiesa, recependo con intelligenza gli studi scientifici sulla musica antica e sperimentando concretamente vie nuove di attualizzazione e di proposta della grande musica nel contesto della riforma liturgica del Concilio Vaticano II. Così le finalità proprie di questa, che si presenta ed è un’operazione culturale, vanno al di là in quanto vogliono contribuire a comunicare l’essenza della missione della Chiesa Cattolica che è evangelizzare, cioè annunciare la buona novella anche attraverso la bellezza, che è via a Dio, ed invitare alla ricerca di Dio, il querere Deum che è sottesa all’arte, alla musica sacra. Tutto ciò vuole esprimere quella Chiesa in uscita, di cui ci parla Papa Francesco, una Chiesa che non ha paura di parlare il linguaggio dell’uomo e dei suoi bisogni di cui la musica è espressione alta ed universale. Fuori da un tale ambito non avrebbe senso una istituzione come la Cappella Musicale Pontificia, in quanto il fare solo un po’ di buona musica non ne giustifica l’esistenza e tanto meno il suo essere inserita a pieno titolo in quell’antica istituzione che è la Domus pontificalis, la casa del Papa. Questa finalità evangelizzatrice, che passa anche necessariamente nel rendere l’umano più umano, è la ragione più profonda anche dell’impegno professionale di quest’antica istituzione con un grande passato e con un futuro carico di aspettative.

[01598-IT.01] [Testo originale: Italiano]

Intervento di Mons. Massimo Palombella

La Missa Papæ Marcelli di Giovanni Pierluigi da Palestrina è avvolta da una comprensione quasi “mitologica”. è la prima composizione a sei voci pubblicata da Palestrina, è l’unica composizione dedicata esplicitamente a un Papa, le si attribuisce il merito di aver salvato la polifonia assicurando quella “intellegibilità del testo” richiesta per la musica polifonica dal Concilio di Trento, è stata oggetto di numerose trascrizioni ed è di fatto oggi forse la composizione più conosciuta di Palestrina e giudicata “esemplare” del suo stile di scrittura.

Tutti questi elementi conferiscono un fascino particolare e unico a questa Messa che è stata oggetto di molte registrazioni e studi.

Questo insieme di elementi pone doverosamente serie questioni nell’affrontare oggi una nuova registrazione della Missa Papæ Marcelli. Infatti, per non ripetere incisioni già fatte, è necessario oggi interrogarsi circa lo stutus quaestionis dello studio scientifico sulle fonti musicali del Rinascimento. Questo esige ricercare un’edizione critica pertinente e lasciarsi sfidare, nella prassi esecutiva, da tutto ciò che la scrittura rinascimentale comunica in forma implicita (tactus, figure retoriche, color minor…).

La possibilità – più unica che rara – di incidere in Cappella Sistina (come avvenne per il CD “Cantate Domino” edito nel settembre del 2015) è un valore aggiunto nella ricerca di una “pertinenza estetica”. Infatti, intraprendendo seriamente questa strada, la Cappella Musicale Pontificia “Sistina” ha rivisitato ormai da qualche tempo un certo modo di cantare atto a produrre forti e possenti “suoni basilicali”. Ciò è avvenuto per il semplice fatto che al tempo di Palestrina le Celebrazioni del Papa non si svolgevano nella Basilica di San Pietro ma usualmente in Cappella Sistina, e anche perché l’attuale Basilica Vaticana non esisteva essendo in costruzione1. Il cantare in Cappella Sistina obbliga necessariamente alla ricerca di una sonorità di più intima percezione. La grande emotività di una massa sonora che canta “in voce” per riempire di suono le volte di una Basilica è sostituita dalla raffinata percezione del testo, dalla resa emotiva ed espressiva della parola attraverso il suono, dalle relazioni dialettiche emergenti dal linguaggio contrappuntistico inteso come componente intellettuale mossa dagli affetti. La scrittura palestriniana offre inoltre una grande trasparenza, realizza una polifonia che assegna a ogni voce separatamente una partecipazione emotiva trasformando il tutto in una polifonia di emozioni, in un contesto percettivo dove ognuno ha modo di ritrovarsi. In questo delicato processo è stato allora necessario ricuperare il testo, interpretarlo su basi semiologiche, decidere la dinamica nel rapporto tempo-scrittura, scegliere le altezze giuste in relazione alla regola rinascimentale del trasporto, curare l’intonazione in conformità alla scala usata nel Cinquecento (e non quindi su scala temperata), misurare e calibrare le sonorità non per un mero ripristino “filologico” ma per una corretta collocazione “liturgica” di questa musica e per una plausibile ricomprensione del clima vocale rapportato alla scrittura.

Una particolarità unica che accomuna tutta la musica di Palestrina presente in questo CD è la ricerca dei color minor – operata in ogni brano musicale nella stampa più antica - e la proposta di una plausibile prassi esecutiva. Essendo i color minor con molta probabilità affidati alla prassi improvvisativa dei cantori, le soluzioni proposte rappresentano una delle tante possibilità.

Studiando con attenzione la Missa Papæ Marcelli e il suo contesto storico-ecclesiale, si constata con chiarezza che Giovanni Pierluigi da Palestrina era un uomo che viveva nel suo tempo guardando avanti, lasciandosi sfidare da ciò che la Chiesa chiedeva circa la Musica Sacra con il Concilio di Trento e ricercando un linguaggio nuovo che rispondesse a tali richieste in modo esaustivo.

Oggi, paradossalmente, ci troviamo in qualche modo in una sorta di analoga situazione nella quale si trovò Palestrina. Infatti, l’ultimo Concilio Ecumenico della Chiesa Cattolica, il Concilio Vaticano II, nei suoi preziosi documenti ci interpella profondamente circa il dialogo con la modernità e la cultura: solo una visione superficiale e ideologica di questo Concilio può giungere ad affermare che “è tutto finito”, che la grande musica destinata alla Liturgia è stata abbandonata per sempre. La sfida del Concilio Vaticano II circa la “Musica Sacra” si può sinteticamente identificare nella necessaria ricerca di una pertinenza celebrativa del segno musica all’interno della Liturgia che questo Concilio ci ha consegnato, nel doveroso dialogo con la modernità, e, proprio per questo, nell’intelligente recezione di quanto, ad oggi, gli studi scientifici circa il Canto Gregoriano e la Polifonia rinascimentale ci hanno comunicato, per trovare vie che traducano il “segno grafico” in “segno sonoro” all’interno della Celebrazione Liturgica.

Esaminando la storia della Cappella Musicale Pontificia “Sistina” emerge che il momento di massimo splendore fu proprio quando questa storica istituzione viveva nell’”oggi”, sperimentava nuovi linguaggi, aveva tra i suoi cantori i migliori musicisti d’Europa, respirava “cum Ecclesia”. Quando, per un insieme di circostanze, nel corso della storia ha identificato la sua esistenza esclusivamente nel “conservare”, nel ritenersi grande e “a posto” solo in forza del suo glorioso passato, nel ritenere che qualunque novità – studi semiologici e Concilio Vaticano II compreso – fosse da evitare o ignorare… si è ritrovata a essere un’istituzione decadente, povera testimonianza di un passato che non esiste più, preoccupata di coltivare e conservare con grande impegno prassi esecutive “vecchie” - ingenuamente scambiate per “antica scuola” - che nulla avevano a che fare con la “musica antica”.

Ricercare la pertinenza estetica, ingegnarsi per essere “infedelmente fedeli” a un mondo lontano da noi, esige studio quotidiano, ricerca e sperimentazione. Tutto ciò credo sia la fedeltà a quanto oggi il Concilio Vaticano II ci chiede in relazione al grande patrimonio culturale della Musica Sacra, per restituire nella Liturgia un segno sonoro “antico” e dunque “prezioso”, capace di resistere in modo fecondo alla storia, continuare ad essere attuale e, proprio per il suo essere “vivo”, aiutare ancora oggi tante persone nel loro cammino di fede.

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1 Il cantiere per la costruzione della nuova Basilica fu iniziato nel 1505 e il Bramante, per realizzare i quattro possenti pilasti uniti da quattro archi destinati a sorreggere la grande cupola, fece demolire quasi tutta la parte presbiterale dell'antica e veneranda basilica. Nel 1611 il Papa diede per la prima volta la benedizione dalla nuova Loggia, nel 1616 fu terminato l’Altare della Confessione e il 18 novembre del 1626 vi fu la consacrazione della Basilica.

[01596-IT.01] [Testo originale: Italiano]

[B0716-XX.01]