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Viaggio Apostolico di Sua Santità Francesco in Georgia e Azerbaijan (30 settembre - 2 ottobre 2016) – Santa Messa nella chiesa dell’Immacolata a Baku, 02.10.2016


 

Santa Messa nella chiesa dell’Immacolata presso il Centro Salesiano di Baku

Omelia del Santo Padre

Traduzione in lingua francese

Traduzione in lingua inglese

Traduzione in lingua tedesca

Traduzione in lingua spagnola

Traduzione in lingua portoghese

Alle ore 9.45, il Santo Padre Francesco si è trasferito dall’aeroporto internazionale “Heydar Aliyev” di Baku alla chiesa dell’Immacolata presso il Centro Salesiano della città per la celebrazione della Santa Messa. Al suo arrivo, il Papa ha percorso a piedi il piazzale antistante la chiesa, dove erano riunite alcune centinaia di fedeli. Quindi, è entrato in chiesa e si è recato in sagrestia.

Alle ore 10.30, Papa Francesco ha dato inizio alla celebrazione della Santa Messa nella XXVII domenica del tempo ordinario. Al termine del rito, Padre Vladimír Fekete, sdb, Prefetto Apostolico dell’Azerbaijan, ha rivolto al Santo Padre un indirizzo di saluto.

Di seguito, riportiamo il testo dell’omelia che Papa Francesco ha pronunciato dopo la proclamazione del Santo Vangelo:

Omelia del Santo Padre

La Parola di Dio ci presenta oggi due aspetti essenziali della vita cristiana: la fede e il servizio. A proposito della fede, vengono rivolte al Signore due particolari richieste.

La prima è quella del profeta Abacuc, che implora Dio perché intervenga e ristabilisca la giustizia e la pace che gli uomini hanno infranto con violenza, liti e contese: «Fino a quando, Signore, - dice - implorerò aiuto e non ascolti?» (Ab 1,2). Dio, rispondendo, non interviene direttamente, non risolve la situazione in modo brusco, non si rende presente con la forza. Al contrario, invita ad attendere con pazienza, senza mai perdere la speranza; soprattutto, sottolinea l’importanza della fede. Perché per la sua fede l’uomo vivrà (cfr Ab 2,4). Così Dio fa anche con noi: non asseconda i nostri desideri che vorrebbero cambiare il mondo e gli altri subito e continuamente, ma mira anzitutto a guarire il cuore, il mio cuore, il tuo cuore, il cuore di ciascuno; Dio cambia il mondo cambiando i nostri cuori, e questo non può farlo senza di noi. Il Signore desidera infatti che gli apriamo la porta del cuore, per poter entrare nella nostra vita. E questa apertura a Lui, questa fiducia in Lui è proprio «la vittoria che ha vinto il mondo: la nostra fede» (1 Gv 5,4). Perché quando Dio trova un cuore aperto e fiducioso, lì può compiere meraviglie.

Ma avere fede, una fede viva, non è facile; ed ecco allora la seconda richiesta, quella che nel Vangelo gli Apostoli rivolgono al Signore: «Accresci in noi la fede!» (Lc 17,6). È una bella domanda, una preghiera che anche noi potremmo rivolgere a Dio ogni giorno. Ma la risposta divina è sorprendente e anche in questo caso ribalta la domanda: «Se aveste fede…». È Lui che chiede a noi di avere fede. Perché la fede, che è un dono di Dio e va sempre chiesta, va anche coltivata da parte nostra. Non è una forza magica che scende dal cielo, non è una “dote” che si riceve una volta per sempre, e nemmeno un super-potere che serve a risolvere i problemi della vita. Perché una fede utile a soddisfare i nostri bisogni sarebbe una fede egoistica, tutta centrata su di noi. La fede non va confusa con lo stare bene o col sentirsi bene, con l’essere consolati nell’animo perché abbiamo un po’ di pace nel cuore. La fede è il filo d’oro che ci lega al Signore, la pura gioia di stare con Lui, di essere uniti a Lui; è il dono che vale la vita intera, ma che porta frutto se facciamo la nostra parte.

E qual è la nostra parte? Gesù ci fa comprendere che è il servizio. Nel Vangelo, infatti, il Signore fa subito seguire alle parole sulla potenza della fede quelle sul servizio. Fede e servizio non si possono separare, anzi sono strettamente collegati, annodati tra di loro. Per spiegarmi vorrei utilizzare un’immagine a voi molto familiare, quella di un bel tappeto: i vostri tappeti sono delle vere opere d’arte e provengono da una storia antichissima. Anche la vita cristiana di ciascuno viene da lontano, è un dono che abbiamo ricevuto nella Chiesa e che proviene dal cuore di Dio, nostro Padre, il quale desidera fare di ciascuno di noi un capolavoro del creato e della storia. Ogni tappeto, voi lo sapete bene, va tessuto secondo la trama e l’ordito; solo con questa struttura l’insieme risulta ben composto e armonioso. Così è per la vita cristiana: va ogni giorno pazientemente intessuta, intrecciando tra loro una trama e un ordito ben definiti: la trama della fede e l’ordito del servizio. Quando alla fede si annoda il servizio, il cuore si mantiene aperto e giovane, e si dilata nel fare il bene. Allora la fede, come dice Gesù nel Vangelo, diventa potente, e fa meraviglie. Se cammina su quella strada, allora matura e diventa forte, a condizione che rimanga sempre unita al servizio.

Ma che cos’è il servizio? Possiamo pensare che consista solo nell’essere ligi ai propri doveri o nel compiere qualche opera buona. Ma per Gesù è molto di più. Nel Vangelo di oggi Egli ci chiede, anche con parole molto forti, radicali, una disponibilità totale, una vita a piena disposizione, senza calcoli e senza utili. Perché è così esigente Gesù? Perché Lui ci ha amato così, facendosi nostro servo «fino alla fine» (Gv 13,1), venendo «per servire e dare la propria vita» (Mc 10,45). E questo avviene ancora ogni volta che celebriamo l’Eucaristia: il Signore viene in mezzo a noi e per quanto noi ci possiamo proporre di servirlo e amarlo, è sempre Lui che ci precede, servendoci e amandoci più di quanto immaginiamo e meritiamo. Ci dona la sua stessa vita. E ci invita a imitarlo, dicendoci: «Se uno mi vuole servire, mi segua» (Gv 12,26).

Dunque, non siamo chiamati a servire solo per avere una ricompensa, ma per imitare Dio, fattosi servo per nostro amore. E non siamo chiamati a servire ogni tanto, ma a vivere servendo. Il servizio è allora uno stile di vita, anzi riassume in sé tutto lo stile di vita cristiano: servire Dio nell’adorazione e nella preghiera; essere aperti e disponibili; amare concretamente il prossimo; adoperarsi con slancio per il bene comune.

Non mancano anche per i credenti le tentazioni, che allontanano dallo stile del servizio e finiscono per rendere la vita inservibile. Dove non c’è servizio la vita è inservibile! Anche qui possiamo evidenziarne due. Una è quella di lasciare intiepidire il cuore. Un cuore tiepido si chiude in una vita pigra e soffoca il fuoco dell’amore. Chi è tiepido vive per soddisfare i propri comodi, che non bastano mai, e così non è mai contento; poco a poco finisce per accontentarsi di una vita mediocre. Il tiepido riserva a Dio e agli altri delle “percentuali” del proprio tempo e del proprio cuore, senza mai esagerare, anzi cercando sempre di risparmiare. Così la sua vita perde di gusto: diventa come un tè che era veramente buono, ma che quando si raffredda non si può più bere. Sono certo però che voi, guardando agli esempi di chi vi ha preceduto nella fede, non lascerete intiepidire il cuore. La Chiesa intera, che nutre per voi una speciale simpatia, vi guarda e vi incoraggia: siete un piccolo gregge tanto prezioso agli occhi di Dio!

C’è una seconda tentazione, nella quale si può cadere non perché si è passivi, ma perché si è “troppo attivi”: quella di pensare da padroni, di darsi da fare solo per guadagnare credito e per diventare qualcuno. Allora il servizio diventa un mezzo e non un fine, perché il fine è diventato il prestigio; poi viene il potere, il voler essere grandi. «Tra voi però – ricorda Gesù a tutti noi – non sarà così: ma chi vuole diventare grande tra voi, sarà vostro servitore» (Mt 20,26). Così si edifica e si abbellisce la Chiesa. Riprendo l’immagine del tappeto, applicandola alla vostra bella comunità: ciascuno di voi è come uno splendido filo di seta, ma solo se sono ben intrecciati tra di loro i diversi fili creano una bella composizione; da soli, non servono. Restate sempre uniti, vivendo umilmente in carità e gioia; il Signore, che crea l’armonia nelle differenze, vi custodirà.

Ci aiuti l’intercessione della Vergine Immacolata e dei Santi, in particolare di Santa Teresa di Calcutta, i cui frutti di fede e di servizio sono in mezzo a voi. Accogliamo alcune sue splendide parole, che riassumono il messaggio di oggi: «Il frutto della fede è l’amore. Il frutto dell’amore è il servizio. Il frutto del servizio è la pace» (Il cammino semplice, Introduzione).

[01527-IT.02] [Testo originale: Italiano]

Traduzione in lingua francese

La Parole de Dieu nous présente aujourd’hui deux aspects essentiels de la vie chrétienne: la foi et le service. À propos de la foi, deux demandes particulières sont adressées au Seigneur.

La première est celle du prophète Habacuc, qui implore Dieu pour qu’il intervienne et rétablisse la justice et la paix que les hommes ont rompu par la violence, les querelles et les disputes «Combien de temps, Seigneur, - dit-il- vais-je appeler, sans que tu m’entendes?» (Ha 1, 2). Dieu, en répondant, n’intervient pas directement, il ne résout pas la situation d’une manière brusque, il ne se rend pas présent par la force. Au contraire, il invite à attendre avec patience, sans jamais perdre l’espérance; surtout, il souligne l’importance de la foi. Parce que par sa foi, l’homme vivra (cf. Ha 2, 4). Ainsi Dieu fait de même avec nous: il ne cède pas à nos désirs qui voudraient changer le monde et les autres immédiatement et continuellement, mais il vise surtout à guérir le cœur, mon cœur, ton cœur, le cœur de chacun; Dieu change le monde en changeant nos cœurs, et cela il ne peut le faire sans nous. Le Seigneur désire en effet que nous lui ouvrions la porte de notre cœur, pour pouvoir entrer dans notre vie. Et cette ouverture à lui, cette confiance en Lui est vraiment «la victoire remportée sur le monde: c’est notre foi» (1 Jn 5, 4). Parce que lorsque Dieu trouve un cœur ouvert et confiant, là il peut accomplir des merveilles.

Mais avoir la foi, une foi vive, n’est pas facile; et voici alors la seconde demande, celle que dans l’Évangile les Apôtres adressent au Seigneur: «Augmente en nous la foi!» (Lc 17, 6). C’est une belle demande, une prière que nous aussi nous pourrions adresser à Dieu chaque jour. Mais la réponse divine est surprenante et aussi dans ce cas renverse la demande: «Si vous aviez de la foi…». C’est Lui qui nous demande d’avoir de la foi. Parce que la foi, qui est un don de Dieu et est toujours demandée, est aussi cultivée de notre part. Ce n’est pas une force magique qui descend du ciel, ce n’est pas une “dot” qui se reçoit une fois pour toutes, et non plus un superpouvoir qui sert à résoudre les problèmes de la vie. Parce qu’une foi utile pour satisfaire nos besoins serait une foi égoïste, toute centrée sur nous. La foi n’est pas confondue avec le bien-être ou avec le fait de se sentir bien, avec le fait d’être consolé dans l’âme parce que nous avons un peu de paix dans le cœur. La foi est un fil d’or qui nous lie au Seigneur, la pure joie de rester avec Lui, d’être unis à Lui; c’est le don qui est valable pour la vie entière, mais qui porte du fruit si nous faisons notre part.

Et quelle est notre part? Jésus nous fait comprendre que c’est le service. Dans l’Évangile en effet, le Seigneur fait tout de suite suivre aux paroles sur la puissance de la foi, celles sur le service. Foi et service ne peuvent se séparer, elles sont même étroitement liées, nouées entre elles. Pour m’expliquer, je voudrais utiliser une image qui vous est très familière, celle d’un beau tapis: vos tapis sont de véritables œuvres d’art et proviennent d’une histoire très ancienne. La vie chrétienne de chacun vient aussi de loin, c’est un don que nous avons reçu dans l’Église et qui provient du cœur de Dieu, notre Père, qui désire faire de chacun de nous un chef d’œuvre de la création et de l’histoire. Chaque tapis, vous le savez bien, est tissé selon la trame et la chaîne; seulement avec cette structure l’ensemble se trouve bien composé et harmonieux. C’est ainsi pour la vie chrétienne: elle est chaque jour patiemment tissée, entrecroisant entre elles une trame et une chaîne bien définies: la trame de la foi et la chaîne du service. Quand’à la foi se noue le service, le cœur se maintient ouvert et jeune, et il se dilate en faisant le bien. Alors la foi, comme dit Jésus dans l’Évangile, devient puissante et elle fait des merveilles. Si elle marche sur cette route, alors elle mûrit et devient forte, à condition qu’elle reste toujours unie au service.

Mais qu’est-ce que le service? Nous pouvons penser qu’il consiste seulement à être fidèle aux propres devoirs ou à accomplir quelque œuvre bonne. Mais pour Jésus, c’est beaucoup plus. Dans l’Évangile d’aujourd’hui, il nous demande, avec des paroles très fortes, radicales, une disponibilité totale, une vie mise pleinement à disposition, sans calculs et sans bénéfices. Pourquoi Jésus est-il si exigeant? Parce que Lui nous a aimés ainsi, se faisant notre serviteur «jusqu’au bout» (Jn 13, 1), venant «pour servir et donner sa vie» (Mc 10, 45). Et cela a lieu encore chaque fois que nous célébrons l’Eucharistie: le Seigneur vient au milieu de nous et pour autant que nous puissions proposer de le servir et de l’aimer, c’est toujours Lui qui nous précède, nous servant et nous aimant plus que tout ce que nous imaginons ou méritons. Il nous donne sa vie-même. Et il nous invite à l’imiter, en nous disant: «Si quelqu’un veut me servir, qu’il me suive» (cf. Jn 12, 26).

Donc, nous ne sommes pas appelés à servir seulement pour avoir une récompense, mais pour imiter Dieu, qui s’est fait serviteur pour notre amour. Et nous ne sommes pas appelés à servir de temps et temps mais à vivre en servant. Le service est alors un style de vie, il résume même en lui tout le style de viechrétien : servir Dieu dans l’adoration et dans la prière; être ouverts et disponibles; aimer concrètement le prochain: tout mettre en œuvre avec élan pour le bien commun.

Les tentations qui éloignent du style du service et finissent par rendre la vie inutile ne manquent pas aussi pour les croyants. Où il n’y a pas de service, la vie est inutile! Ici nous pouvons aussi en mettre deux en évidence. L’une est celle de laisser le cœur s’attiédir. Un cœur tiède se ferme dans une vie paresseuse et étouffe le feu de l’amour. Celui qui est tiède vit pour satisfaire ses propres aises, qui ne suffisent jamais, et ainsi il n’est jamais content; peu à peu il finit par se contenter d’une vie médiocre. Le tiède réserve à Dieu et aux autres des “pourcentages” de son temps et de son cœur, sans jamais exagérer, et même en cherchant toujours à économiser. Ainsi la vie perd du goût: elle devient comme un thé qui était vraiment bon, mais qui lorsqu’il se refroidit ne peut plus se boire. Mais je suis certain que vous, regardant les exemples de ceux qui vous ont précédés dans la foi, ne laisserez pas votre cœur s’attiédir. L’Église entière, qui nourrit pour vous une sympathie spéciale, vous regarde et vous encourage: vous êtes un petit troupeau si précieux aux yeux de Dieu!

Il y a une seconde tentation, dans laquelle on peut tomber non pas parce qu’on est passifs, mais parce qu’on est “trop actifs”: celle de penser comme des propriétaires, de se donner du mal seulement pour gagner du crédit et pour devenir quelqu’un. Le service devient alors un moyen et non une fin, parce que la fin est devenue le prestige; ensuite vient le pouvoir, la volonté d’être grands. «Parmi vous, – rappelle Jésus à nous tous – il ne devra pas en être ainsi: Celui qui veut devenir grand parmi vous sera votre serviteur» (Mt20, 26). Ainsi s’édifie et s’embellit l’Église. Reprenant l’image du tapis, en l’appliquant à votre belle communauté: chacun de vous est comme un splendide fil de soie, mais les fils différents créent une belle composition seulement s’ils sont bien tissés entre eux; tout seuls, ils ne servent pas. Restez toujours unis, en vivant humblement dans la charité et dans la joie; le Seigneur, qui crée l’harmonie dans les différences, vous gardera.

Que nous aide l’intercession de la Vierge Immaculée et des Saints, en particulier de sainte Teresa de Calcutta, dont les fruits de foi et de service sont au milieu de vous. Accueillons quelques-unes de ses paroles splendides, qui résument le message d’aujourd’hui: «Le fruit de la foi est l’amour. Le fruit de l’amour est le service. Le fruit du service est la paix» (Le chemin simple, Introduction).

[01527-FR.02] [Texte original: Italien]

Traduzione in lingua inglese

The word of God presents us today with two essential aspects of the Christian life: faith and service. With regard to faith, two specific requests are made to the Lord.

The first is made by the Prophet Habakkuk, who implores God to intervene in order to re-establish the justice and peace which men have shattered by violence, quarrels and disputes: “O Lord, how long”, he says, “shall I cry for help, and you will not hear?” (Hab 1:2). God, in response, does not intervene directly, does not resolve the situation in an abrupt way, does not make himself present by a show of force. Rather, he invites patient waiting, without ever losing hope; above all, he emphasizes the importance of faith, since it is by faith that man will live (cf. Hab 2:4). God treats us in the same way: he does not indulge our desire to immediately and repeatedly change the world and other people. Instead, he intends primarily to heal the heart, my heart, your heart, and the heart of each person; God changes the world by transforming our hearts, and this he cannot do without us. The Lord wants us to open the door of our hearts, in order to enter into our lives. And this act of opening to him, this trust in him is precisely “the victory that overcomes the world, our faith” (1 Jn 5:4). For when God finds an open and trusting heart, then he can work wonders there.

But to have faith, a lively faith, is not easy; and so we pass to the second request, which the Apostles bring to the Lord in the Gospel: “Increase our faith!” (Lk 17:6). It is a good question, a prayer which we too can direct to the Lord each day. But the divine response is surprising and here too turns the question around: “If you had faith…”. It is the Lord who asks us to have faith. Because faith, which is always God’s gift and always to be asked for, must be nurtured by us. It is no magic power which comes down from heaven, it is not a “talent” which is given once and for all, not a special force for solving life’s problems. A faith useful for satisfying our needs would be a selfish one, centred entirely on ourselves. Faith must not be confused with well-being or feeling well, with having consolation in our heart that gives us inner peace. Faith is the golden thread which binds us to the Lord, the pure joy of being with him, united to him; it is a gift that lasts our whole life, but bears fruit only if we play our part.

And what is our part? Jesus helps us understand that it consists of service. In the Gospel, immediately following his words on the power of faith, Jesus speaks of service. Faith and service cannot be separated; on the contrary, they are intimately linked, interwoven with each other. In order to explain this, I would like to take an image very familiar to you, that of a beautiful carpet. Your carpets are true works of art and have an ancient heritage. The Christian life that each of you has, also comes from afar. It is a gift we received in the Church which comes from the heart of God our Father, who wishes to make each of us a masterpiece of creation and of history. Every carpet, and you know this well, must be made according to a weft and a warp; only with this form can the carpet be harmoniously woven. So too in the Christian life: every day it must be woven patiently, intertwining a precise weft and warp: the weft of faith and the warp of service. When faith is interwoven with service, the heart remains open and youthful, and it expands in the process of doing good. Thus faith, as Jesus tells us in the Gospel, becomes powerful and accomplishes marvellous deeds. If faith follows this path, it matures and grows in strength, but only when it is joined to service.

But what is service? We might think that it consists only in being faithful to our duties or carrying out some good action. Yet for Jesus it is much more. In today’s Gospel, and in very firm and radical terms, he asks us for complete availability, a life offered in complete openness, free of calculation and gain. Why is Jesus so exacting? Because he loved us in this way, making himself our servant “to the end” (Jn 13:1), coming “to serve, and to give his life” (Mk 10:45). And this takes place again every time we celebrate the Eucharist: the Lord comes among us, and as much as we intend to serve him and love him, it is always he who precedes us, serving us and loving us more than we can imagine or deserve. He gives us his very own life. He invites us to imitate him, saying: “If anyone serves me, he must follow me” (Jn 12:26).

And so, we are not called to serve merely in order to receive a reward, but rather to imitate God, who made himself a servant for our love. Nor are we called to serve only now and again, but to live in serving. Service is thus a way of life; indeed it recapitulates the entire Christian way of life: serving God in adoration and prayer; being open and available; loving our neighbour with practical deeds; passionately working for the common good.

For Christians too, there are no shortage of temptations which lead us away from the path of service and end up by rendering life useless. Where there is no service, life is useless. Here too we can identify two forms. One is that of allowing our hearts to grow lukewarm. A lukewarm heart becomes self-absorbed in lazy living and it stifles the fire of love. The lukewarm person lives to satisfy his or her own convenience, which is never enough, and in that way is never satisfied; gradually such a Christian ends up being content with a mediocre life. The lukewarm person allocates to God and others a “percentage” of their time and their own heart, never spending too much, but rather always trying to economize. And so, he or she can lose the zest for life: rather like a cup of truly fine tea, which is unbearable to taste when it gets cold. I am sure, however, that when you look to the example of those who have gone before you in faith, you will not let your hearts become lukewarm. The whole Church, in showing you special affection, looks to you and offers you encouragement: you are a little flock that is so precious in God’s eyes.

There is a second temptation, which we can fall into not so much because we are passive, but because we are “overactive”: the one of thinking like masters, of giving oneself only in order to gain something or become someone. In such cases service becomes a means and not an end, because the end has become prestige; and then comes power, the desire to be great. “It shall not be so among you”, Jesus reminds all of us, “but whoever would be great among you must be your servant” (Mt 20:26). This is the way the Church grows and is adorned. Returning to our image of the carpet, and applying it to your fine community: each of you is like a magnificent silk thread. Only if you are woven together, however, will the different threads form a beautiful composition; on their own, they are of no use. Stay united always, living humbly in charity and joy; the Lord, who creates harmony from differences, will protect you.

May we be aided by the intercession of the Immaculate Virgin Mary and by the saints, especially Saint Teresa of Calcutta, the fruits of whose faith and service are in your midst. Let us recall some of her noble words to summarize today’s message: “The fruit of faith is love. The fruit of love is service. The fruit of service is peace” (A Simple Path, Introduction).

[01527-EN.02] [Original text: Italian]

Traduzione in lingua tedesca

Das Wort Gottes zeigt uns heute zwei wesentliche Aspekte des christlichen Lebens auf: den Glauben und den Dienst. Bezüglich des Glaubens werden zwei besondere Bitten an den Herrn gerichtet.

Die erste ist jene des Propheten Habakuk, der Gott anfleht, einzugreifen und die Gerechtigkeit und den Frieden, welche die Menschen durch Gewalt, Zank und Streit verletzt und gebrochen haben, wiederherzustellen. »Wie lange, Herr, soll ich noch rufen, und du hörst nicht?« (Hab 1,2), fragt er. Gott greift mit seiner Antwort nicht direkt ein, er löst die Situation nicht ruckartig und tritt nicht mit Gewalt auf. Im Gegenteil, er lädt ein, in Geduld zu warten, ohne jemals die Hoffnung zu verlieren; vor allem betont er die Bedeutung des Glaubens. Denn der Gerechte bleibt wegen seiner Glaubenstreue am Leben (vgl. Hab 2,4). So macht es Gott auch mit uns: Unsere Wünsche, welche die Welt und die Mitmenschen augenblicklich und fortwährend verändern wollen, unterstützt er nicht. Er möchte vielmehr das Herz heilen – mein Herz, dein Herz, das Herz eines jeden. Gott verändert die Welt durch die Verwandlung unserer Herzen und das kann er nicht ohne uns. Der Herr möchte nämlich, dass wir ihm die Tür des Herzens öffnen, damit er in unser Leben eintreten kann. Und dese Offenheit gegenüber ihm, dieses Vertrauen auf ihn ist gerade »der Sieg, der die Welt besiegt hat: unser Glaube« (1 Joh 5,4). Denn wo immer Gott ein offenes und vertrauensvolles Herz vorfindet, da kann er Wunder wirken.

Aber Glauben zu haben, einen lebendigen Glauben, das ist nicht einfach. Und so die zweite Bitte, welche die Apostel im Evangelium an den Herrn richten: „Stärke unseren Glauben!“ (Lk 17,5). Das ist eine schöne Bitte, ein Gebet, das auch wir täglich an Gott richten könnten. Aber die göttliche Antwort ist überraschend, und auch in diesem Fall kehrt er die Bitte um: „Wenn ihr Glauben hättet …“. Er bittet uns, Glauben zu haben. Denn der Glaube, der eine Gabe Gottes ist und immer erbeten werden muss, er muss auch von unserer Seite gepflegt werden. Er ist keine magische Kraft, die vom Himmel niedersteigt, er ist keine „Mitgift“, die man ein für alle Mal bekommt, und auch keine Super-Macht, die zur Lösung der Probleme des Lebens dient. Denn ein Glaube, der nützlich ist zur Befriedigung unserer Bedürfnisse, wäre ein egoistischer Glaube, allein auf uns selbst gerichtet. Glaube ist nicht zu verwechseln mit Wohlbehagen oder Wohlbefinden, mit innerer Tröstung, damit wir ein bisschen Frieden im Herzen haben. Der Glaube ist der goldene Faden, der uns an den Herrn bindet, die reine Freude, bei ihm zu sein, mit ihm verbunden zu sein. Er ist das Geschenk, welches das ganze Leben hindurch hilfreich ist, das aber nur Frucht bringt, wenn wir unseren Teil tun.

Und was ist unser Teil? Jesus lässt uns begreifen, dass es der Dienst ist. Im Evangelium lässt der Herr nämlich auf die Worte über die Kraft des Glaubens sofort jene über den Dienst folgen. Glaube und Dienst kann man nicht trennen, im Gegenteil, sie sind eng verbunden, miteinander verknüpft. Um das zu erklären, möchte ich ein Bild gebrauchen, das euch sehr geläufig ist, das Bild eines schönen Teppichs: Eure Teppiche sind echte Kunstwerke und haben eine sehr alte Geschichte. Auch das christliche Leben eines jeden reicht weit zurück; es ist ein Geschenk, das wir in der Kirche empfangen haben und das aus dem Herzen Gottes, unseres Vaters, kommt, der aus jedem von uns ein Meisterwerk der Schöpfung und der Geschichte machen möchte. Ihr wisst genau, dass jeder Teppich aus Schussfaden und Kette gewoben wird; nur in diesem Aufbau ist das Ganze gut zusammengefügt und harmonisch. So ist es auch mit dem christlichen Leben. Jeden Tag muss es geduldig gewoben werden, indem ein ganz bestimmter Schussfaden und eine genau definierte Kette miteinander verflochten werden: der Schussfaden des Glaubens und die Kette des Dienstes. Wenn man den Glauben mit dem Dienst verknüpft, bleibt das Herz offen und jung und weitet sich durch gute Taten. Dann wird der Glaube, wie Jesus im Evangelium sagt, mächtig und vollbringt Wunder. Auf diesem Weg reift er und wird stark, unter der Bedingung, dass er immer mit dem Dienst verbunden bleibt.

Aber was ist der Dienst? Wir könnten meinen, dass er nur in der treuen Erfüllung der eigenen Pflichten bestehe oder im Vollbringen der einen oder anderen guten Tat. Doch bei Jesus geht es um viel mehr. Im heutigen Evangelium verlangt er von uns – auch mit sehr deutlichen, radikalen Worten – eine umfassende Bereitschaft, ein Leben in vollkommener Verfügbarkeit, ohne Berechnung und ohne Gewinne. Warum ist Jesus so fordernd? Weil er uns so geliebt hat, sich zu unserem Diener gemacht hat »bis zur Vollendung« (Joh 13,1) und gekommen ist, »um zu dienen und sein Leben hinzugeben« (Mk 10,45). Und das geschieht immer noch jedes Mal, wenn wir Eucharistie feiern: Der Herr kommt in unsere Mitte, und wie sehr wir uns auch vornehmen können, ihm zu dienen und ihn zu lieben, kommt er uns doch immer zuvor und dient und liebt uns mehr, als wir uns vorstellen und verdienen. Er schenkt uns sein eigenes Leben. Und er lädt uns ein, ihn nachzuahmen, wenn er sagt: »Wenn einer mir dienen will, folge er mir nach« (Joh 12,26).

Wir sind also nicht für eine bloße Belohnung zum Dienst gerufen, sondern um Gott nachzuahmen, der sich aus Liebe zu uns zum Diener gemacht hat. Und wir sind nicht gerufen, ab und zu mal zu dienen, sondern als Dienende zu leben. Der Dienst ist also ein Lebensstil, ja, er fasst in sich alles zusammen, was den christlichen Lebensstil ausmacht: Gottesdienst in der Anbetung und im Gebet, Offenheit und Verfügbarkeit, konkrete Nächstenliebe, nachdrücklicher Einsatz für das Gemeinwohl.

Auch bei den Gläubigen mangelt es nicht an Versuchungen, die von der Haltung des Dienstes entfernen und das Leben schließlich unnütz machen. Wo es kein Dienen gibt, ist das Leben nutzlos! Auch hier können wir zwei dieser Versuchungen herausstellen: Die eine besteht darin, das Herz lau werden zu lassen. Ein laues Herz verschließt sich in einem faulen Leben und erstickt die Flamme der Liebe. Wer lau ist, lebt für die Befriedigung der eigenen Bequemlichkeiten, die ihm nie genügen, und somit ist er nie zufrieden. Nach und nach gibt er sich schließlich mit einem mittelmäßigen Leben zufrieden. Der Laue hält für Gott und die Mitmenschen einige „Prozentsätze“ der eigenen Zeit und des eigenen Herzens bereit, ohne je zu übertreiben, im Gegenteil immer bemüht zu sparen. So verliert sein Leben an Geschmack: Er wird wie ein Tee, der wirklich gut war, aber sobald er kalt geworden ist, ungenießbar wird. Ich bin jedoch sicher, dass ihr im Blick auf die Beispiele derer, die euch im Glauben vorangegangen sind, das Herz nicht lau werden lasst. Die ganze Kirche, die für euch eine besondere Sympathie hegt, schaut auf euch und ermutigt euch: Ihr seid eine kleine, in den Augen Gottes ganz kostbare Herde!

Es gibt eine zweite Versuchung, in die man fallen kann, und zwar nicht durch Passivität, sondern durch eine „übertriebene Aktivität“: das Herrschaftsdenken, sich nur einzusetzen, um Ansehen zu gewinnen und jemand zu werden. Dann wird der Dienst zu einem Mittel und nicht zu einem Ziel, denn das Ziel ist das Prestige geworden; dazu kommt dann die Macht, der Wunsch, bedeutend zu sein. »Bei euch soll es nicht so sein«, erinnert Jesus uns alle, »sondern wer bei euch groß sein will, der soll euer Diener sein« (Mt 20,26). So baut man die Kirche auf und verschönert sie. Ich greife das Bild des Teppichs noch einmal auf und wende es auf eure schöne Gemeinschaft an: Jeder von euch ist wie ein prächtiger Faden aus Seide. Aber nur wenn alle gut miteinander verknüpft sind, bilden die verschiedenen Fäden ein schönes Gesamtwerk. Allein nützen sie nichts. Bleibt immer miteinander verbunden, lebt bescheiden in Liebe und Freude. Der Herr, der die Harmonie in der Unterschiedlichkeit schafft, wird euch beschützen.

Es helfe uns die Fürsprache der unbefleckten Jungfrau und der Heiligen, besonders der heiligen Teresa von Kalkutta, deren Früchte des Glaubens und des Dienstes mitten unter euch da sind. Beherzigen wir einige ihrer großartigen Worte, welche die heutige Botschaft zusammenfassen. Sie sagt: »Die Frucht des Glaubens ist die Liebe. Die Frucht der Liebe ist der Dienst. Die Frucht des Dienstes ist der Friede« (Der einfache Weg, Einführung).

[01527-DE.02] [Originalsprache: Italienisch]

Traduzione in lingua spagnola

La palabra de Dios nos presenta hoy dos aspectos esenciales de la vida cristiana: la fe y el servicio. A propósito de la fe, le hacen al Señor dos peticiones concretas.

La primera es del profeta Habacuc, que suplica a Dios para que intervenga y restablezca la justicia y la paz, que los hombres han destruido con la violencia, las disputas y las contiendas: «¿Hasta cuándo, Señor —dice—, pediré auxilio sin que tú me escuches?» (Ha 1,2). Dios, en su respuesta, no interviene directamente, no resuelve la situación de modo brusco, no se hace presente con la fuerza. Al contrario, invita a esperar con paciencia, sin perder nunca la esperanza; sobre todo, subraya la importancia de la fe. Porque el hombre vivirá por su fe (cf. Ha 2,4). Así actúa Dios también con nosotros: no favorece nuestros deseos de cambiar el mundo y a los demás de manera inmediata y continuamente, sino que busca ante todo curar el corazón, mi corazón, tu corazón, el corazón de cada uno; Dios cambia el mundo cambiando nuestros corazones, y esto no puede hacerlo sin nosotros. El Señor quiere que le abramos la puerta del corazón para poder entrar en nuestra vida. Esta apertura a él, esta confianza en él es precisamente lo que ha vencido al mundo: nuestra fe (cf. 1 Jn 5,4). Porque cuando Dios encuentra un corazón abierto y confiado, allí puede hacer sus maravillas.

Pero tener fe, una fe viva, no es fácil, y de ahí la segunda petición, esa que los Apóstoles dirigen al Señor en el Evangelio: «Auméntanos la fe» (Lc 17,6). Es una hermosa súplica, una oración que también nosotros podríamos dirigir a Dios cada día. Pero la respuesta divina es sorprendente, y también en este caso da la vuelta a la petición: «Si tuvierais fe...». Es él quien nos pide a nosotros que tengamos fe. Porque la fe, que es un don de Dios y hay que pedirla siempre, también requiere que nosotros la cultivemos. No es una fuerza mágica que baja del cielo, no es una «dote» que se recibe de una vez para siempre, ni tampoco un superpoder que sirve para resolver los problemas de la vida. Porque una fe concebida para satisfacer nuestras necesidades sería una fe egoísta, totalmente centrada en nosotros mismos. No hay que confundir la fe con el estar bien o sentirse bien, con el ser consolados para que tengamos un poco de paz en el corazón. La fe es un hilo de oro que nos une al Señor, la alegría pura de estar con él, de estar unidos a él; es un don que vale la vida entera, pero que fructifica si nosotros ponemos nuestra parte.

Y, ¿cuál es nuestra parte? Jesús nos hace comprender que es el servicio. En el Evangelio, en efecto, el Señor pone las palabras sobre el servicio después de las referidas al poder de la fe. Fe y servicio no se pueden separar, es más, están estrechamente unidas, enlazadas entre ellas. Para explicarme, quisiera usar una imagen que os es familiar, la de una bonita alfombra: vuestras alfombras son verdaderas obras de arte y provienen de una antiquísima tradición. También la vida cristiana de cada uno viene de lejos, y es un don que hemos recibido en la Iglesia y que proviene del corazón de Dios, nuestro Padre, que desea hacer de cada uno de nosotros una obra maestra de la creación y de la historia. Cada alfombra, lo sabéis bien, se va tejiendo según la trama y la urdimbre; sólo gracias a esta estructura el conjunto resulta bien compuesto y armonioso. Así sucede en la vida cristiana: hay que tejerla cada día pacientemente, entrelazando una trama y una urdimbre bien definidas: la trama de la fe y la urdimbre del servicio. Cuando a la fe se enlaza el servicio, el corazón se mantiene abierto y joven, y se ensancha para hacer el bien. Entonces la fe, como dice Jesús en el Evangelio, se hace fuerte y realiza maravillas. Si avanza por este camino, entonces madura y se fortalece, a condición de que permanezca siempre unida al servicio.

Pero, ¿qué es el servicio? Es posible pensar que consista sólo en ser fieles a nuestros deberes o en hacer alguna obra buena. Pero para Jesús es mucho más. En el Evangelio de hoy, él nos pide, incluso con palabras muy fuertes, radicales, una disponibilidad total, una vida completamente entregada, sin cálculos y sin ganancias. ¿Por qué Jesús es tan exigente? Porque él nos ha amado de ese modo, haciéndose nuestro siervo «hasta el extremo» (Jn 13,1), viniendo «para servir y dar su vida» (Mc 10,45). Y esto sucede aún hoy cada vez que celebramos la Eucaristía: el Señor se presenta entre nosotros y, por más que nosotros nos propongamos servirlo y amarlo, es siempre él quien nos precede, sirviéndonos y amándonos más de cuanto podamos imaginar y merecer. Nos da su misma vida. Y nos invita a imitarlo, diciéndonos: «El que quiera servirme que me siga» (Jn 12,26).

Por tanto, no estamos llamados a servir sólo para tener una recompensa, sino para imitar a Dios, que se hizo siervo por amor nuestro. Y no estamos llamados a servir de vez en cuando, sino a vivir sirviendo. El servicio es un estilo de vida, más aún, resume en sí todo el estilo de vida cristiana: servir a Dios en la adoración y la oración; estar abiertos y disponibles; amar concretamente al prójimo; trabajar con entusiasmo por el bien común.

También los creyentes sufren tentaciones que alejan del estilo de servicio y terminan por hacer la vida inservible. Donde no hay servicio, la vida es inservible. Aquí podemos destacar dos. Una es dejar que el corazón se vuelva tibio. Un corazón tibio se encierra en una vida perezosa y sofoca el fuego del amor. El que es tibio vive para satisfacer sus comodidades, que nunca son suficientes, y de ese modo nunca está contento; poco a poco termina por conformarse con una vida mediocre. El tibio reserva a Dios y a los demás algunos «porcentajes» de su tiempo y de su corazón, sin exagerar nunca, sino más bien buscando siempre recortar. Así su vida pierde sabor: es como un té que era muy bueno, pero que al enfriarse ya no se puede beber. Estoy convencido de que vosotros, viendo los ejemplos de quienes os han precedido en la fe, no dejaréis que vuestro corazón se vuelva tibio. Toda la Iglesia, que tiene una especial simpatía por vosotros, os mira y os anima: sois un pequeño rebaño pero de gran valor a los ojos de Dios.

Hay una segunda tentación en la que se puede caer, no por ser pasivos, sino por ser «demasiado activos»: es la de pensar como dueños, de trabajar sólo para ganar prestigio y llegar a ser alguien. Entonces, el servicio se convierte en un medio y no en un fin, porque el fin es ahora el prestigio, después vendrá el poder, el querer ser grandes. «Entre vosotros —nos recuerda Jesús a todos— no será así: el que quiera ser grande entre vosotros que sea vuestro servidor» (Mt 20,26). Así se edifica y se embellece la Iglesia. Retomo la imagen de la alfombra, aplicándola a vuestra hermosa comunidad: cada uno de vosotros es como un espléndido hilo de seda, pero sólo si los distintos hilos están bien entrelazados crean una bella composición; solos, no sirven. Permaneced siempre unidos, viviendo humildemente en caridad y alegría; el Señor, que crea la armonía en la diferencia, os custodiará.

Que nos ayude la intercesión de la Virgen Inmaculada y de los santos, en particular santa Teresa de Calcuta, los frutos de cuya fe y servicio están entre vosotros. Acojamos algunas de sus espléndidas palabras, que resumen el mensaje de hoy: «El fruto de la fe es el amor; el fruto del amor es el servicio; y el fruto del servicio es la paz» (Camino de sencillez, Introducción).

[01527-ES.02] [Texto original: Italiano]

Traduzione in lingua portoghese

Hoje a Palavra de Deus apresenta-nos dois aspetos essenciais da vida cristã: a e o serviço. A propósito da fé, temos dois pedidos particulares dirigidos ao Senhor.

O primeiro é do profeta Habacuc, suplicando a Deus para intervir restabelecendo a justiça e a paz que os homens romperam com a violência, lutas e contendas: «Até quando, Senhor – diz ele –, pedirei socorro, sem que me escutes?» (Hab 1, 2). Em resposta, Deus não intervém diretamente, não resolve bruscamente a situação, nem Se torna presente com a força. Pelo contrário, convida a aguardar com paciência, sem nunca perder a esperança; sobretudo sublinha a importância da fé: porque o homem viverá pela sua fé (cf. Hab 2, 4). Do mesmo modo procede Deus também connosco: não subscreve os nossos desejos que pretenderiam mudar imediata e continuamente o mundo e os outros, mas visa antes de tudo curar o coração: o meu coração, o teu coração, o coração de cada um. Deus muda o mundo, mudando os nossos corações, mas isto não o pode fazer sem nós; com efeito, o Senhor deseja que Lhe abramos a porta do coração, para poder entrar na nossa vida. E esta abertura a Ele, esta confiança n’Ele é precisamente «o poder vitorioso que venceu o mundo: a nossa fé» (1 Jo 5, 4). Porque, quando Deus encontra um coração aberto e confiante, nele pode realizar maravilhas.

Mas ter fé – uma fé viva – não é fácil e, daí, o segundo pedido; o pedido que, no Evangelho, os Apóstolos dirigem ao Senhor: «Aumenta a nossa fé!» (Lc 17, 5). É uma boa petição, uma súplica que poderíamos também nós dirigir a Deus todos os dias. Mas a resposta divina é surpreendente e, também neste caso, devolve-nos o pedido feito: «Se tivésseis fé...» É Ele que nos pede para ter fé; porque a fé, que é um dom de Deus e sempre se deve pedir, tem de ser, por sua vez, cultivada também por nós. Não é uma força mágica que desce do céu, não é um «dote» pessoal que se recebe duma vez para sempre, nem mesmo um superpoder que serviria para resolver os problemas da vida. Com efeito, uma fé útil para satisfazer as nossas necessidades seria uma fé egoísta, completamente centrada em nós. A fé não deve ser confundida com estar bem ou sentir-se bem, com sentir-se consolado no íntimo, porque temos um pouco de paz no coração. A fé é o fio de ouro que nos liga ao Senhor, a pura alegria de estar com Ele, de estar unido a Ele; é o dom que vale a vida inteira, mas que só dá fruto, se fizermos a nossa parte.

E qual é a nossa parte? Jesus faz-nos compreender que é o serviço. De facto no Evangelho, logo depois das palavras sobre a força da fé, o Senhor fala do serviço. Fé e serviço não se podem separar; antes, pelo contrário, estão intimamente ligados, atados entre si. Para explicar isto, gostaria de usar uma imagem que vos é muito familiar: a de um lindo tapete. Os vossos tapetes são verdadeiras obras de arte e provêm duma tradição muito antiga. Também a vida cristã de cada um vem de longe, é um dom que recebemos na Igreja e que provém do coração de Deus, nosso Pai, que deseja fazer de cada um de nós uma obra-prima da criação e da história. Cada tapete, como bem sabeis, deve ser tecido segundo a teia e a tecedura; só com esta estrutura é que o conjunto resulta bem composto e harmonioso. O mesmo se passa com a vida cristã: tem de ser pacientemente tecida cada dia, entrelaçando entre si uma teia e uma tecedura bem definida: a teia da fé e a tecedura do serviço. Quando se enlaça a fé com o serviço, o coração permanece aberto e jovem, e dilata-se ao fazer o bem. Então a fé, como diz Jesus no Evangelho, torna-se poderosa e faz maravilhas. Se caminha por tal estrada, então amadurece e torna-se forte, desde que permaneça sempre unida ao serviço.

Mas que é o serviço? Poderíamos pensar que consistisse apenas em ser fiéis aos próprios deveres ou na prática de qualquer obra boa. Mas, para Jesus, é muito mais. No Evangelho de hoje, pede-nos, mesmo com palavras muito fortes e radicais, uma disponibilidade total, uma vida totalmente disponível, sem olhar a cálculos nem conveniências. Porque é tão exigente Jesus? Porque Ele nos amou assim, fazendo-Se nosso servo «até ao extremo» (Jo 13, 1), tendo vindo «para servir e dar a sua vida» (Mc 10, 45). E isto acontece ainda agora todas as vezes que celebramos a Eucaristia: o Senhor vem estar no meio de nós e, por mais que nos proponhamos de O servir e amar, é sempre Ele que nos precede, servindo-nos e amando-nos imensamente mais de quanto possamos imaginar e merecer. Dá-nos a sua própria vida; e convida-nos a imitá-Lo, dizendo: «Se alguém Me serve, que Me siga» (Jo 12, 26).

Portanto, não somos chamados a servir apenas para ter uma recompensa, mas para imitar Deus, que Se fez servo por nosso amor. Nem somos chamados a servir de vez em quando, mas a viver servindo. Então o serviço é um estilo de vida; mais ainda, resume em si todo o estilo cristão de vida: servir a Deus na adoração e na oração; estar abertos e disponíveis; amar concretamente o próximo; trabalhar com ardor pelo bem comum.

E não faltam, aos crentes, também as tentações, que afastam do estilo de serviço e acabam por tornar a vida inútil. Onde não há serviço, a vida é inútil. Também aqui podemos pôr em evidência duas delas. Uma é deixar o coração entibiar-se. Um coração tíbio fecha-se numa vida preguiçosa e sufoca o fogo do amor. Quem é tíbio vive para satisfazer as suas próprias comodidades, que não bastam jamais e, por isso, nunca está contente; pouco a pouco acaba por se contentar com uma vida medíocre. O tíbio reserva, para Deus e os outros, uma determinada «percentagem» do seu tempo e do seu coração, sem nunca exagerar, antes procurando poupar. Assim a sua vida perde o sabor: torna-se como um chá que era verdadeiramente bom, mas, quando fica frio, não se pode beber. Estou certo, porém, de que vós, fixando os exemplos daqueles que vos precederam na fé, não deixareis entibiar o coração. A Igreja inteira, que por vós nutre uma simpatia especial, tem os olhos postos em vós e vos encoraja: sois um rebanho pequeno mas muito precioso aos olhos de Deus.

Mas há uma segunda tentação, na qual se pode cair, não por ser passivo, mas porque se é «demasiado ativo»: a tentação de pensar como donos, trabalhar apenas para ganhar crédito e tornar-se alguém. Então o serviço torna-se um meio e não um fim, porque o fim passou a ser o prestígio; depois, vem o poder, o desejo de ser grande. Mas Jesus lembra a todos nós: «Não seja assim entre vós. Pelo contrário, quem entre vós quiser fazer-se grande, seja o vosso servo» (Mt 20, 26). É assim que se edifica e embeleza a Igreja. Retomo a imagem do tapete, aplicando-a à vossa bela comunidade: cada um de vós é como um esplêndido fio de seda, mas os vários fios só criam uma composição bonita se estiverem bem entrelaçados uns com os outros; sozinhos, não servem. Permanecei sempre unidos, vivendo humildemente em caridade e alegria; o Senhor, que cria a harmonia nas diferenças, vos guardará.

Assim nos ajude a intercessão da Virgem Imaculada e dos Santos, especialmente de Santa Teresa de Calcutá, cujos frutos de fé e serviço estão presentes no meio de vós. Acolhamos uma das suas palavras estupendas que resume a mensagem de hoje: «O fruto da fé é o amor. O fruto do amor é o serviço. O fruto do serviço é a paz» (O caminho simples, Introdução).

[01527-PO.02] [Texto original: Italiano]

[B0695-XX.02]