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Messaggio al XXXVII Meeting per l’amicizia fra i popoli (Rimini, 19 - 25 agosto 2016), 19.08.2016


In occasione della 37.ma edizione del Meeting per l’amicizia fra i popoli, che si è aperto oggi a Rimini sul tema «Tu sei un bene per me», il Santo Padre Francesco ha inviato al Vescovo Mons. Lambiasi, tramite il Cardinale Segretario di Stato Pietro Parolin, il Messaggio che riportiamo di seguito:

A Sua Eccellenza Reverendissima
Mons. Francesco LAMBIASI
Vescovo di Rimini

Eccellenza Reverendissima,

in occasione del XXXVII Meeting per l’amicizia fra i popoli, sono lieto di far pervenire a Lei, agli organizzatori, ai volontari e a quanti vi prenderanno parte il beneaugurante saluto del Santo Padre Francesco, unitamente al mio personale auspicio di ogni bene per questo significativo evento.

Il titolo dell’incontro – «Tu sei un bene per me» – è coraggioso. Infatti, ci vuole coraggio per affermare ciò, mentre tanti aspetti della realtà che ci circonda sembrano condurre in senso opposto. Troppe volte si cede alla tentazione di chiudersi nell’orizzonte ristretto dei propri interessi, così che gli altri diventano qualcosa di superfluo, o peggio ancora un fastidio, un ostacolo. Ma questo non è conforme alla nostra natura: fin da bambini noi scopriamo la bellezza del legame fra gli esseri umani, impariamo ad incontrare l’altro, riconoscendolo e rispettandolo come interlocutore e come fratello, perché figlio del comune Padre che è nei cieli. Invece l’individualismo allontana dalle persone, ne coglie soprattutto i limiti e i difetti, indebolendo il desiderio e la capacità di una convivenza in cui ciascuno possa essere libero e felice in compagnia degli altri con la ricchezza delle loro diversità.

Di fronte alle minacce alla pace e alla sicurezza dei popoli e delle nazioni, siamo chiamati a prendere coscienza che è innanzitutto un’insicurezza esistenziale che ci fa avere paura dell’altro, come se fosse un nostro antagonista che ci toglie spazio vitale e oltrepassa i confini che ci siamo costruiti. Di fronte al cambiamento d’epoca in cui tutti siamo coinvolti, chi può pensare di salvarsi da solo e con le proprie forze? È la presunzione che sta all’origine di ogni conflitto tra gli uomini. Sull’esempio del Signore Gesù, il cristiano coltiva sempre un pensiero aperto verso l’altro, chiunque egli sia, perché non considera alcuna persona come perduta definitivamente. Il Vangelo ci consegna un’immagine suggestiva di questo atteggiamento: il figlio prodigo che pascola i porci e il padre che tutte le sere sale sulla terrazza per vedere se torna a casa e spera, malgrado tutto e tutti. Come cambierebbe il nostro mondo se questa speranza senza misura diventasse la lente con cui gli uomini si guardano tra di loro! Il pubblicano Zaccheo e il buon ladrone sulla croce sono stati guardati da Gesù come creature di Dio bisognose dell’abbraccio che salva. E perfino Giuda, proprio mentre lo consegnava ai suoi avversari, si è sentito chiamare «amico» da Gesù.

C’è una parola che non dobbiamo mai stancarci di ripetere e soprattutto di testimoniare: dialogo. Scopriremo che aprirci agli altri non impoverisce il nostro sguardo, ma ci rende più ricchi perché ci fa riconoscere la verità dell’altro, l’importanza della sua esperienza e il retroterra di quello che dice, anche quando si nasconde dietro atteggiamenti e scelte che non condividiamo. Un vero incontro implica la chiarezza della propria identità, ma al tempo stesso la disponibilità a mettersi nei panni dell’altro per cogliere, al di sotto della superficie, ciò che agita il suo cuore, che cosa cerca veramente. In questo modo può iniziare quel dialogo che fa avanzare nel cammino verso nuove sintesi che arricchiscono l’uno e l’altro. Questa è la sfida davanti alla quale si trovano tutti gli uomini di buona volontà.

Tanti sconvolgimenti di cui spesso ci sentiamo testimoni impotenti sono, in realtà, un invito misterioso a ritrovare i fondamenti della comunione tra gli uomini per un nuovo inizio. Di fronte a tutto questo, noi discepoli di Gesù quale contributo possiamo dare? Il nostro compito coincide con la missione per cui siamo stati scelti da Dio: è «l’annuncio del Vangelo, che oggi più che mai si traduce soprattutto nell’andare incontro alle ferite dell’uomo, portando la presenza forte e semplice di Gesù, la sua misericordia consolante e incoraggiante (Francesco, Discorso in occasione del Premio Carlo Magno, 6 maggio 2016).

Questo è l’auspicio del Santo Padre, il Quale incoraggia i partecipanti al Meeting a porre ogni attenzione alla personale testimonianza creativa, nella consapevolezza che ciò che attrae, ciò che conquista e scioglie dalle catene non è la forza degli strumenti, ma la mitezza tenace dell’amore misericordioso del Padre, che ognuno può attingere dalla sorgente di grazia che Dio offre nei Sacramenti, specialmente l’Eucaristia e la Penitenza, per poi donarlo ai fratelli. Egli esorta a continuare nell’impegno di prossimità agli altri, facendo a gara nel servirli con gioia, secondo l’insegnamento di Don Giussani: «Lo sguardo cristiano vibra di un impeto che lo rende capace di esaltare tutto il bene che c’è in tutto ciò che si incontra, in quanto glielo fa riconoscere partecipe di quel disegno la cui attuazione sarà compiuta nell’eternità e che in Cristo ci è stato rivelato» (L. Giussani – S. Alberto – J. Prades, Generare tracce nella storia del mondo, Rizzoli, Milano 1998, p. 157).

Con questi sentimenti, Sua Santità invoca su Vostra Eccellenza, sugli organizzatori, i partecipanti e i numerosi volontari del Meeting per l’amicizia fra i popoli la luce dello Spirito Santo per una feconda esperienza di fede e di comunione fraterna e, mentre chiede di pregare per Lui, volentieri invia la Benedizione Apostolica.

Nel chiedere a Vostra Eccellenza di assicurare anche il mio personale augurio, profitto della circostanza per confermarmi con sensi di distinto ossequio.

dell’Eccellenza Vostra Rev.ma
dev.mo

Piero Card. Parolin
Segretario di Stato

[01322-IT.01] [Testo originale: Italiano]

[B0590-XX.02]