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Sintesi dell’Esortazione Apostolica Postsinodale del Santo Padre Francesco “Amoris laetitia”, sull’amore nella famiglia, 08.04.2016


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“Amoris laetitia”, sull’amore nella famiglia - Sintesi

“Amoris laetitia” (AL - “La gioia dell’amore”), l’Esortazione apostolica post-sinodale “sull’amore nella famiglia”, datata non a caso 19 marzo, Solennità di San Giuseppe, raccoglie i risultati di due Sinodi sulla famiglia indetti da Papa Francesco nel 2014 e nel 2015, le cui Relazioni conclusive sono largamente citate, insieme a documenti e insegnamenti dei suoi Predecessori e alle numerose catechesi sulla famiglia dello stesso Papa Francesco. Tuttavia, come già accaduto per altri documenti magisteriali, il Papa si avvale anche dei contributi di diverse Conferenze episcopali del mondo (Kenya, Australia, Argentina…) e di citazioni di personalità significative come Martin Luther King o Erich Fromm. Particolare una citazione dal film “Il pranzo di Babette”, che il Papa ricorda per spiegare il concetto di gratuità.

Premessa

L’Esortazione apostolica colpisce per ampiezza e articolazione. Essa è suddivisa in nove capitoli e oltre 300 paragrafi. Ma si apre con sette paragrafi introduttivi che mettono in piena luce la consapevolezza della complessità del tema e l’approfondimento che richiede. Si afferma che gli interventi dei Padri al Sinodo hanno composto un «prezioso poliedro» (AL 4) che va preservato. In questo senso il Papa scrive che «non tutte le discussioni dottrinali, morali o pastorali devono essere risolte con interventi del magistero». Dunque per alcune questioni «in ogni paese o regione si possono cercare soluzioni più inculturate, attente alle tradizioni e alle sfide locali. Infatti, “le culture sono molto diverse tra loro e ogni principio generale [...] ha bisogno di essere inculturato, se vuole essere osservato e applicato”» (AL 3). Questo principio di inculturazione risulta davvero importante persino nel modo di impostare e comprendere i problemi che, aldilà delle questioni dogmatiche ben definite dal Magistero della Chiesa, non può essere «globalizzato».

Ma soprattutto il Papa afferma subito e con chiarezza che bisogna uscire dalla sterile contrapposizione tra ansia di cambiamento e applicazione pura e semplice di norme astratte. Scrive: «I dibattiti che si trovano nei mezzi di comunicazione o nelle pubblicazioni e perfino tra i ministri della Chiesa vanno da un desiderio sfrenato di cambiare tutto senza sufficiente riflessione o fondamento, all’atteggiamento che pretende di risolvere tutto applicando normative generali o traendo conclusioni eccessive da alcune riflessioni teologiche» (AL 2).

Capitolo primo: “Alla luce della Parola”

Poste queste premesse, il Papa articola la sua riflessione a partire dalle Sacre Scritture con il primo capitolo, che si sviluppa come una meditazione sul Salmo 128, caratteristico della liturgia nuziale ebraica come di quella cristiana. La Bibbia «è popolata da famiglie, da generazioni, da storie di amore e di crisi familiari» (AL 8) e a partire da questo dato si può meditare come la famiglia non sia un ideale astratto, ma un «compito “artigianale”» (AL 16) che si esprime con tenerezza (AL 28) ma che si è confrontato anche con il peccato sin dall’inizio, quando la relazione d’amore si è trasformata in dominio (cfr AL 19). Allora la Parola di Dio «non si mostra come una sequenza di tesi astratte, bensì come una compagna di viaggio anche per le famiglie che sono in crisi o attraversano qualche dolore, e indica loro la meta del cammino» (AL 22).

Capitolo secondo: “La realtà e le sfide delle famiglie”

A partire dal terreno biblico nel secondo capitolo il Papa considera la situazione attuale delle famiglie, tenendo «i piedi per terra» (AL 6), attingendo ampiamente alle Relazioni conclusive dei due Sinodi e affrontando numerose sfide, dal fenomeno migratorio alla negazione ideologica della differenza di sesso (“ideologia del gender”); dalla cultura del provvisorio alla mentalità antinatalista e all’impatto delle biotecnologie nel campo della procreazione; dalla mancanza di casa e di lavoro alla pornografia e all’abuso dei minori; dall’attenzione alle persone con disabilità, al rispetto degli anziani; dalla decostruzione giuridica della famiglia, alla violenza nei confronti delle donne. Il Papa insiste sulla concretezza, che è una cifra fondamentale dell’Esortazione. E sono la concretezza e il realismo che pongono una sostanziale differenza tra «teorie» di interpretazione della realtà e «ideologie».

Citando la Familiaris consortio Francesco afferma che «è sano prestare attenzione alla realtà concreta, perché “le richieste e gli appelli dello Spirito risuonano anche negli stessi avvenimenti della storia”, attraverso i quali “la Chiesa può essere guidata ad una intelligenza più profonda dell'inesauribile mistero del matrimonio e della famiglia”» (AL 31). Senza ascoltare la realtà non è possibile comprendere né le esigenze del presente né gli appelli dello Spirito, dunque. Il Papa nota che l’individualismo esasperato rende difficile oggi donarsi a un’altra persona in maniera generosa (cfr AL 33). Ecco una interessante fotografia della situazione: «Si teme la solitudine, si desidera uno spazio di protezione e di fedeltà, ma nello stesso tempo cresce il timore di essere catturati da una relazione che possa rimandare il soddisfacimento delle aspirazioni personali» (AL 34).

L’umiltà del realismo aiuta a non presentare «un ideale teologico del matrimonio troppo astratto, quasi artificiosamente costruito, lontano dalla situazione concreta e dalle effettive possibilità delle famiglie così come sono» (AL 36). L’idealismo allontana dal considerare il matrimonio quel che è, cioè un «cammino dinamico di crescita e realizzazione». Per questo non bisogna neanche credere che le famiglie si sostengano «solamente insistendo su questioni dottrinali, bioetiche e morali, senza motivare l’apertura alla grazia» (AL 37). Invitando a una certa “autocritica” di una presentazione non adeguata della realtà matrimoniale e familiare, il Papa insiste che è necessario dare spazio alla formazione della coscienza dei fedeli: “Siamo chiamati a formare le coscienze, non a pretendere di sostituirle” (AL37). Gesù proponeva un ideale esigente ma «non perdeva mai la vicinanza compassionevole alle persone fragili come la samaritana o la donna adultera» (AL 38).

Capitolo terzo: “Lo sguardo rivolto a Gesù: la vocazione della famiglia”

Il terzo capitolo è dedicato ad alcuni elementi essenziali dell’insegnamento della Chiesa circa il matrimonio e la famiglia. La presenza di questo capitolo è importante perché illustra in maniera sintetica in 30 paragrafi la vocazione alla famiglia secondo il Vangelo così come è stata recepita dalla Chiesa nel tempo, soprattutto sul tema della indissolubilità, della sacramentalità del matrimonio, della trasmissione della vita e della educazione dei figli. Vengono ampiamente citate la Gaudium et spes del Vaticano II, la Humanae vitae di Paolo VI, la Familiaris consortio di Giovanni Paolo II.

Lo sguardo è ampio e include anche le «situazioni imperfette». Leggiamo infatti: «”Il discernimento della presenza dei “semina Verbi” nelle altre culture (cfr Ad gentes, 11) può essere applicato anche alla realtà matrimoniale e familiare. Oltre al vero matrimonio naturale ci sono elementi positivi presenti nelle forme matrimoniali di altre tradizioni religiose”, benché non manchino neppure le ombre” (AL 77). La riflessione include anche le «famiglie ferite» di fronte alle quali il Papa afferma —citando la Relatio finalis del Sinodo del 2015 —«occorre sempre ricordare un principio generale: “Sappiano i pastori che, per amore della verità, sono obbligati a ben discernere le situazioni” (Familiaris consortio, 84). Il grado di responsabilità non è uguale in tutti i casi, e possono esistere fattori che limitano la capacità di decisione. Perciò, mentre va espressa con chiarezza la dottrina, sono da evitare giudizi che non tengono conto della complessità delle diverse situazioni, ed è necessario essere attenti al modo in cui le persone vivono e soffrono a motivo della loro condizione» (AL 79).

Capitolo quarto: “L’amore nel matrimonio”

Il quarto capitolo tratta dell’amore nel matrimonio, e lo illustra a partire dall’”inno all’amore” di San Paolo in 1 Cor 13, 4-7. Il capitolo è una vera e propria esegesi attenta, puntuale, ispirata e poetica del testo paolino. Potremmo dire che si tratta di una collezione di frammenti di un discorso amoroso che è attento a descrivere l’amore umano in termini assolutamente concreti. Si resta colpiti dalla capacità di introspezione psicologica che segna questa esegesi. L’approfondimento psicologico entra nel mondo delle emozioni dei coniugi — positive e negative —e nella dimensione erotica dell’amore. Si tratta di un contributo estremamente ricco e prezioso per la vita cristiana dei coniugi, che non aveva finora paragone in precedenti documenti papali.

A suo modo questo capitolo costituisce un trattatello dentro la trattazione più ampia, pienamente consapevole della quotidianità dell’amore che è nemica di ogni idealismo: «non si deve gettare sopra due persone limitate — scrive il Pontefice —il tremendo peso di dover riprodurre in maniera perfetta l’unione che esiste tra Cristo e la sua Chiesa, perché il matrimonio come segno implica “un processo dinamico, che avanza gradualmente con la progressiva integrazione dei doni di Dio”» (AL 122). Ma d’altra parte il Papa insiste in maniera forte e decisa sul fatto che «nella stessa natura dell’amore coniugale vi è l’apertura al definitivo» (AL 123), proprio all’interno di quella «combinazione di gioie e di fatiche, di tensioni e di riposo, di sofferenze e di liberazioni, di soddisfazioni e di ricerche, di fastidi e di piaceri» (Al 126) che è appunto il matrimonio.

Il capitolo si conclude con una riflessione molto importante sulla «trasformazione dell’amore» perché «il prolungarsi della vita fa sì che si verifichi qualcosa che non era comune in altri tempi: la relazione intima e la reciproca appartenenza devono conservarsi per quattro, cinque o sei decenni, e questo comporta la necessità di ritornare a scegliersi a più riprese» (AL 163). L’aspetto fisico muta e l’attrazione amorosa non viene meno ma cambia: il desiderio sessuale col tempo si può trasformare in desiderio di intimità e “complicità”. «Non possiamo prometterci di avere gli stessi sentimenti per tutta la vita. Ma possiamo certamente avere un progetto comune stabile, impegnarci ad amarci e a vivere uniti finché la morte non ci separi, e vivere sempre una ricca intimità» (AL 163).

Capitolo quinto: “L’amore che diventa fecondo”

Il quinto capitolo è tutto concentrato sulla fecondità e la generatività dell’amore. Si parla in maniera spiritualmente e psicologicamente profonda dell’accogliere una nuova vita, dell’attesa propria della gravidanza, dell’amore di madre e di padre. Ma anche della fecondità allargata, dell’adozione, dell’accoglienza del contributo delle famiglie a promuovere una “cultura dell’incontro”, della vita nella famiglia in senso ampio, con la presenza di zii, cugini, parenti dei parenti, amici. L’Amoris laetitia non prende in considerazione la famiglia «mononucleare», perché è ben consapevole della famiglia come rete di relazioni ampie. La stessa mistica del sacramento del matrimonio ha un profondo carattere sociale (cfr AL 186). E all’interno di questa dimensione sociale il Papa sottolinea in particolare sia il ruolo specifico del rapporto tra giovani e anziani, sia la relazione tra fratelli e sorelle come tirocinio di crescita nella relazione con gli altri.

Capitolo sesto: “Alcune prospettive pastorali”

Nel sesto capitolo il Papa affronta alcune vie pastorali che orientano a costruire famiglie solide e feconde secondo il piano di Dio. In questa parte l’Esortazione fa largo ricorso alle Relazioni conclusive dei due Sinodi e alle catechesi di Papa Francesco e di Giovanni Paolo II. Si ribadisce che le famiglie sono soggetto e non solamente oggetto di evangelizzazione. Il Papa rileva «che ai ministri ordinati manca spesso una formazione adeguata per trattare i complessi problemi attuali delle famiglie» (AL 202). Se da una parte bisogna migliorare la formazione psico-affettiva dei seminaristi e coinvolgere di più la famiglia nella formazione al ministero (cfr AL 203), dall’altra «può essere utile (…) anche l’esperienza della lunga tradizione orientale dei sacerdoti sposati» (AL 202).

Quindi il Papa affronta il tema del guidare i fidanzati nel cammino di preparazione al matrimonio, dell’accompagnare gli sposi nei primi anni della vita matrimoniale (compreso il tema della paternità responsabile), ma anche in alcune situazioni complesse e in particolare nelle crisi, sapendo che «ogni crisi nasconde una buona notizia che occorre saper ascoltare affinando l’udito del cuore» (AL 232). Si analizzano alcune cause di crisi, tra cui una maturazione affettiva ritardata (cfr AL 239).

Inoltre si parla anche dell’accompagnamento delle persone abbandonate, separate o divorziate e si sottolinea l’importanza della recente riforma dei procedimenti per il riconoscimento dei casi di nullità matrimoniale. Si mette in rilievo la sofferenza dei figli nelle situazioni conflittuali e si conclude: “Il divorzio è un male, ed è molto preoccupante la crescita del numero dei divorzi. Per questo, senza dubbio, il nostro compito pastorale più importante riguardo alle famiglie è rafforzare l’amore e aiutare a sanare le ferite, in modo che possiamo prevenire l’estendersi di questo dramma nella nostra epoca” (AL 246). Si toccano poi le situazioni dei matrimoni misti e di quelli con disparità di culto, e la situazione delle famiglie che hanno al loro interno persone con tendenza omosessuale, ribadendo il rispetto nei loro confronti e il rifiuto di ogni ingiusta discriminazione e di ogni forma di aggressione o violenza. Pastoralmente preziosa è la parte finale del capitolo: “Quando la morte pianta il suo pungiglione”, sul tema della perdita delle persone care e della vedovanza.

Capitolo settimo: “Rafforzare l’educazione dei figli”

Il settimo capitolo è tutto dedicato all’educazione dei figli: la loro formazione etica, il valore della sanzione come stimolo, il paziente realismo, l’educazione sessuale, la trasmissione della fede, e più in generale la vita familiare come contesto educativo. Interessante la saggezza pratica che traspare a ogni paragrafo e soprattutto l’attenzione alla gradualità e ai piccoli passi «che possano essere compresi, accettati e apprezzati» (AL 271).

Vi è un paragrafo particolarmente significativo e pedagogicamente fondamentale nel quale Francesco afferma chiaramente che «l’ossessione non è educativa, e non si può avere un controllo di tutte le situazioni in cui un figlio potrebbe trovarsi a passare (…). Se un genitore è ossessionato di sapere dove si trova suo figlio e controllare tutti i suoi movimenti, cercherà solo di dominare il suo spazio. In questo modo non lo educherà, non lo rafforzerà, non lo preparerà ad affrontare le sfide. Quello che interessa principalmente è generare nel figlio, con molto amore, processi di maturazione della sua libertà, di preparazione, di crescita integrale, di coltivazione dell’autentica autonomia» (AL 261).

Notevole è la sezione dedicata all’educazione sessuale, intitolata molto espressivamente: “Sì all’educazione sessuale”. Si sostiene la sua necessità e ci si domanda “se le nostre istituzioni educative hanno assunto questa sfida (…) in un’epoca in cui si tende a banalizzare e impoverire la sessualità”. Essa va realizzata “nel quadro di un’educazione all’amore, alla reciproca donazione” (AL 280). Si mette in guardia dall’espressione “sesso sicuro”, perché trasmette “un atteggiamento negativo verso la naturale finalità procreativa della sessualità, come se un eventuale figlio fosse un nemico dal quale doversi proteggere. Così si promuove l’aggressività narcisistica invece dell’accoglienza” (AL 283).

Capitolo ottavo: “Accompagnare, discernere e integrare la fragilità”

Il capitolo ottavo costituisce un invito alla misericordia e al discernimento pastorale davanti a situazioni che non rispondono pienamente a quello che il Signore propone. Il Papa qui scrive usa tre verbi molto importanti: “accompagnare, discernere e integrare” che sono fondamentali nell’affrontare situazioni di fragilità, complesse o irregolari. Quindi il Papa presenta la necessaria gradualità nella pastorale, l’importanza del discernimento, le norme e circostanze attenuanti nel discernimento pastorale, e infine quella che egli definisce la «logica della misericordia pastorale».

Il capitolo ottavo è molto delicato. Per leggerlo si deve ricordare che «spesso il lavoro della Chiesa assomiglia a quello di un ospedale da campo» (AL 291). Qui il Pontefice assume ciò che è stato frutto della riflessione del Sinodo su tematiche controverse. Si ribadisce che cos’è il matrimonio cristiano e si aggiunge che «altre forme di unione contraddicono radicalmente questo ideale, mentre alcune lo realizzano almeno in modo parziale e analogo». La Chiesa dunque «non manca di valorizzare gli “elementi costruttivi in quelle situazioni che non corrispondono ancora o non più” al suo insegnamento sul matrimonio» (AL 292).

Per quanto riguarda il “discernimento” circa le situazioni “irregolari” il Papa osserva: “sono da evitare giudizi che non tengono conto della complessità delle diverse situazioni, ed è necessario essere attenti al modo in cui le persone vivono e soffrono a motivo della loro condizione” (AL 296). E continua: “Si tratta di integrare tutti, si deve aiutare ciascuno a trovare il proprio modo di partecipare alla comunità ecclesiale, perché si senta oggetto di una misericordia ‘immeritata, incondizionata e gratuita’”(AL 297). Ancora: “I divorziati che vivono una nuova unione, per esempio, possono trovarsi in situazioni molto diverse, che non devono essere catalogate o rinchiuse in affermazioni troppo rigide senza lasciare spazio a un adeguato discernimento personale e pastorale” (AL 298).

In questa linea, accogliendo le osservazioni di molti Padri sinodali, il Papa afferma che “i battezzati che sono divorziati e risposati civilmente devono essere più integrati nelle comunità cristiane nei diversi modi possibili, evitando ogni forma di scandalo”. “La loro partecipazione può esprimersi in diversi servizi ecclesiali (…) Essi non devono sentirsi scomunicati, ma possono vivere e maturare come membra vive della Chiesa (…) Questa integrazione è necessaria pure per la cura e l’educazione cristiana dei loro figli” (AL 299).

Più in generale il Papa fa una affermazione estremamente importante per comprendere l’orientamento e il senso dell’Esortazione: “Se si tiene conto dell’innumerevole varietà di situazioni concrete (…) è comprensibile che non ci si dovesse aspettare dal Sinodo o da questa Esortazione una nuova normativa generale di tipo canonico, applicabile a tutti i casi. E’ possibile soltanto un nuovo incoraggiamento ad un responsabile discernimento personale e pastorale dei casi particolari, che dovrebbe riconoscere che, poiché il ‘grado di responsabilità non è uguale in tutti i casi’, le conseguenze o gli effetti di una norma non necessariamente devono essere sempre gli stessi” (AL 300). Il Papa sviluppa in modo approfondito esigenze e caratteristiche del cammino di accompagnamento e discernimento in dialogo approfondito fra i fedeli e i pastori. A questo fine richiama la riflessione della Chiesa “su condizionamenti e circostanze attenuanti” per quanto riguarda la imputabilità e la responsabilità delle azioni e, appoggiandosi a San Tommaso d’Aquino, si sofferma sul rapporto fra “le norme e il discernimento” affermando: “E’ vero che le norme generali presentano un bene che non si deve mai disattendere né trascurare, ma nella loro formulazione non possono abbracciare assolutamente tutte le situazioni particolari. Nello stesso tempo occorre dire che, proprio per questa ragione, ciò che fa parte di un discernimento pratico davanti a una situazione particolare non può essere elevato al livello di una norma” (AL 304).

Nell’ultima sezione del capitolo: “La logica della misericordia pastorale”, Papa Francesco, per evitare equivoci, ribadisce con forza: “Comprendere le situazioni eccezionali non implica mai nascondere la luce dell’ideale più pieno né proporre meno di quanto Gesù offre all’essere umano. Oggi, più importante di una pastorale dei fallimenti è lo sforzo pastorale per consolidare i matrimoni e così prevenire le rotture” (AL 307). Ma il senso complessivo del capitolo e dello spirito che Papa Francesco intende imprimere alla pastorale della Chiesa è ben riassunto nelle parole finali: “Invito i fedeli che stanno vivendo situazioni complesse ad accostarsi con fiducia a un colloquio con i loro pastori o con laici che vivono dediti al Signore. Non sempre troveranno in essi una conferma delle proprie idee e dei propri desideri, ma sicuramente riceveranno una luce che permetterà loro di comprendere meglio quello che sta succedendo e potranno scoprire un cammino di maturazione personale. E invito i pastori ad ascoltare con affetto e serenità, con il desiderio sincero di entrare nel cuore del dramma delle persone e di comprendere il loro punto di vista, per aiutarle a vivere meglio e a riconoscere il loro posto nella Chiesa” (AL 312). Sulla “logica della misericordia pastorale” Papa Francesco afferma con forza: «A volte ci costa molto dare spazio nella pastorale all’amore incondizionato di Dio. Poniamo tante condizioni alla misericordia che la svuotiamo di senso concreto e di significato reale, e questo è il modo peggiore di annacquare il Vangelo» (AL 311).

Capitolo nono: “Spiritualità coniugale e familiare”

Il nono capitolo è dedicato alla spiritualità coniugale e familiare, «fatta di migliaia di gesti reali e concreti» (AL 315). Con chiarezza si dice che «coloro che hanno desideri spirituali profondi non devono sentire che la famiglia li allontana dalla crescita nella vita dello Spirito, ma che è un percorso che il Signore utilizza per portarli ai vertici dell’unione mistica» (AL 316). Tutto, «i momenti di gioia, il riposo o la festa, e anche la sessualità, si sperimentano come una partecipazione alla vita piena della sua Risurrezione» (AL 317). Si parla quindi della preghiera alla luce della Pasqua, della spiritualità dell’amore esclusivo e libero nella sfida e nell’anelito di invecchiare e consumarsi insieme, riflettendo la fedeltà di Dio (cfr AL 319). E infine la spiritualità «della cura, della consolazione e dello stimolo». «Tutta la vita della famiglia è un “pascolo” misericordioso. Ognuno, con cura, dipinge e scrive nella vita dell’altro» (AL 322), scrive il Papa. È profonda «esperienza spirituale contemplare ogni persona cara con gli occhi di Dio e riconoscere Cristo in lei» (AL 323).

Nel paragrafo conclusivo il Papa afferma: “Nessuna famiglia è una realtà perfetta e confezionata una volta per sempre, ma richiede un graduale sviluppo della propria capacità di amare (…). Tutti siamo chiamati a tenere viva la tensione verso qualcosa che va oltre noi stessi e i nostri limiti, e ogni famiglia deve vivere in questo stimolo costante. Camminiamo, famiglie, continuiamo a camminare ! (…). Non perdiamo la speranza a causa dei nostri limiti, ma neppure rinunciamo a cercare la pienezza di amore e di comunione che ci è stata promessa” (AL 325).

L’Esortazione apostolica si conclude con una Preghiera alla Santa Famiglia (AL 325).

* * *

Come è possibile comprendere già da un rapido esame dei suoi contenuti, L’Esortazione apostolica Amoris laetitia intende ribadire con forza non l’«ideale» della famiglia, ma la sua realtà ricca e complessa. Vi è nelle sue pagine uno sguardo aperto, profondamente positivo, che si nutre non di astrazioni o proiezioni ideali, ma di un’attenzione pastorale alla realtà. Il documento è una lettura densa di spunti spirituali e di sapienza pratica utile ad ogni coppia umana o a persone che desiderano costruire una famiglia. Si vede soprattutto che è stata frutto di esperienza concreta con persone che sanno per esperienza che cosa sia la famiglia e il vivere insieme per molti anni. L’Esortazione parla infatti il linguaggio dell’esperienza.

[00534-IT.01] [Testo originale: Italiano]

Sintesi in lingua francese

«Amoris Laetitia», sur l’amour dans la famille - Synthèse

«Amoris Laetitia» (AL – «La joie dans l’amour»), l’Exhortation apostolique post-synodale «sur l’amour dans la famille» qui ne porte pas par hasard la date du 19 mars, jour de la Solennité de Saint Joseph, rassemble les résultats des deux Synodes sur la famille convoqués par le Pape François en 2014 et 2015. Les Relations conclusives des deux Synodes y sont largement citées, ainsi que d’autres documents et enseignements des prédécesseurs du Pape François et des nombreuses catéchèses qu’il a prononcé sur la famille. Comme cela est déjà arrivé avec d’autres documents magistériels, le Pape puise également dans des documents de différentes Conférences épiscopales du monde (Kenya, Australie, Argentine…) et cite des personnalités bien connues telles que Martin Luther King ou Erich Fromm. À noter, une citation du film «Le Festin de Babette», que le Pape a souhaité évoquer pour expliquer le concept de gratuité.

Préambule

L’Exhortation apostolique frappe par son amplitude et son articulation. Elle est divisée en neuf chapitres et plus de 300 paragraphes. Elle s’ouvre avec sept paragraphes introductifs qui révèlent la conscience de la complexité du thème et de l’approfondissement qu’il requiert. Il y est dit que les interventions des Pères du Synode ont composé un «magnifique polyèdre» (AL 4) qui doit être préservé. En ce sens, le Pape écrit que «tous les débats doctrinaux, moraux ou pastoraux ne doivent pas être tranchés par des interventions magistérielles». Ainsi concernant certaines questions, «dans chaque pays ou région, peuvent être cherchées des solutions plus inculturées, attentives aux traditions et aux défis locaux. Car “les cultures sont très diverses entre elles et chaque principe général […] a besoin d’être inculturé, s’il veut être observé et appliqué”» (AL 3). Ce principe d’inculturation se révèle très important jusque dans la manière de formuler et de comprendre les problèmes qui, au-delà des questions dogmatiques bien définies par le Magistère de l’Église, ne peuvent être «mondialisées».

Mais surtout, le Pape affirme d’emblée et avec clarté qu’il faut sortir de l’opposition stérile entre l’angoisse du changement et l’application pure et simple de normes abstraites. Il écrit: «Les débats qui se déroulent dans les moyens de communication ou bien dans les publications et même entre les ministres de l’Église, vont d’un désir effréné de tout changer sans une réflexion suffisante ou sans fondement, à la prétention de tout résoudre en appliquant des normes générales ou bien en tirant des conclusions excessives de certaines réflexions théologiques» (AL 2) .

Chapitre premier: «A la lumière de la Parole»

Ce préambule étant posé, le Pape articule sa réflexion à partir des Saintes Écritures dans ce premier chapitre qui se développe comme une méditation sur le psaume 128, caractéristique tant de la liturgie nuptiale hébraïque que chrétienne. La Bible «abonde en familles, en générations, en histoires d’amour et en crises familiales» (AL 8) et à partir de cet état de fait, on peut méditer sur la manière dont la famille n’est pas un idéal abstrait, mais une «œuvre artisanale» (AL 16) qui s’exprime avec tendresse (AL 28) mais qui s’est confrontée aussi et dès le début au péché, quand la relation d’amour s’est transformée en une domination (cfr AL 19). Alors la Parole de Dieu «ne se révèle pas comme une séquence de thèses abstraites, mais comme une compagne de voyage, y compris pour les familles qui sont en crise ou sont confrontées à une souffrance ou à une autre, et leur montre le but du chemin » (AL 22).

Chapitre deux: «La réalité et les défis de la famille»

À partir du terrain biblique, le Pape considère, dans le deuxième chapitre, la situation actuelle des familles, en gardant «les pieds sur terre» (AL 6), en puisant amplement dans les Relations conclusives des deux Synodes, et en affrontant de nombreux défis: du phénomène migratoire aux négations idéologiques de la différence des sexes (idéologie du genre); de la culture du provisoire à la mentalité antinataliste et à l’impact des biotechnologies dans le domaine de la procréation; du manque de logements et de travail à la pornographie et aux abus sur mineurs; de l’attention aux handicapés, au respect des personnes âgées; de la déconstruction juridique de la famille aux violences à l’encontre des femmes. Le Pape insiste sur le caractère concret qui est une donnée fondamentale de l’Exhortation. Le caractère concret et le réalisme établissent une différence essentielle entre la «théorie» d’interprétation de la réalité, et les «idéologies».

Citant Familiaris consortio, le Pape François affirme qu’il «convient de prêter attention à la réalité concrète, parce que “les exigences, les appels de l’Esprit se font entendre aussi à travers les événements de l’histoire”, à travers lesquels “l’Église peut être amenée à une compréhension plus profonde de l’inépuisable mystère du mariage et de la famille”» (AL 31). Sans écouter la réalité, il est impossible de comprendre aussi bien les exigences du présent, que les appels de l’Esprit. Le Pape note qu’en raison de l’individualisme exaspéré, il est aujourd’hui difficile de se donner avec générosité à une autre personne (cfr AL 33). Voilà une description intéressante de la situation: «On craint la solitude, on désire un milieu de protection et de fidélité, mais en même temps grandit la crainte d’être piégé dans une relation qui peut retarder la réalisation des aspirations personnelles» (AL 34).

L’humilité du réalisme aide à ne pas présenter «un idéal théologique du mariage trop abstrait, presqu’artificiellement construit, loin de la situation concrète et des possibilités effectives des familles réelles» (AL36). L’idéalisme nous empêche de prendre le mariage pour ce qu’il est, c’est-à-dire «un chemin dynamique de développement et d’épanouissement ». Pour cette raison, il ne faut pas croire que pour défendre la famille, il suffise d’insister «seulement sur des questions doctrinales, bioéthiques et morales, sans encourager l’ouverture à la grâce» (AL 37). Le Pape invite à l’autocritique face à une présentation inadéquate de la réalité matrimoniale et familiale et il insiste sur le fait qu’il est nécessaire d’accorder de la place à la formation des consciences des fidèles: «Nous sommes appelés à former les consciences, mais non à prétendre nous substituer à elles» (AL 37). Jésus proposait un idéal exigeant mais «ne renonçait jamais à une proximité compatissante avec les personnes fragiles comme la samaritaine ou la femme adultère» (AL 38).

Chapitre trois: «L’amour dans le mariage»

Le troisième chapitre est consacré à un certain nombre d’éléments essentiels de l’enseignement de l’Église concernant le mariage et la famille. L’existence de ce chapitre est important parce qu’il présente de manière synthétique, en 30 paragraphes, la vocation de la famille selon l’Évangile et la manière dont elle a été reçue par l’Église à travers les époques, surtout sur le thème de l’indissolubilité, du caractère sacramentel du mariage, de la transmission de la vie et de l’éducation des enfants. La constitution pastorale Gaudium et spes du Concile Vatican II, l’Encyclique Humanae vitae de Paul VI et l’Exhortation apostolique Familiaris consortio de Jean-Paul II sont amplement citées.

Le regard est vaste et inclut aussi les «situations imparfaites». On peut lire en effet: «“Le discernement de la présence des semina Verbi dans les autres cultures (cf. Ad Gentes, n. 11) peut être appliqué aussi à la réalité conjugale et familiale. Outre le véritable mariage naturel, il existe des éléments positifs présents dans les formes matrimoniales d’autres traditions religieuses”, même si les ombres ne manquent pas non plus» (AL 77). La réflexion inclut aussi « les familles blessées» devant lesquelles le Pape affirme, en citant la Relatio finalis du Synode de 2015 - qu’«il faut toujours rappeler un principe général : ‘‘Les pasteurs doivent savoir que, par amour de la vérité, ils ont l'obligation de bien discerner les diverses situations’’ (Familiaris consortio, n. 84). Le degré de responsabilité n’est pas le même dans tous les cas et il peut exister des facteurs qui limitent la capacité de décision. C’est pourquoi, tout en exprimant clairement la doctrine, il faut éviter les jugements qui ne tiendraient pas compte de la complexité des diverses situations; il est également nécessaire d’être attentif à la façon dont les personnes vivent et souffrent à cause de leur condition» (AL 79).

Chapitre quatre: «L’amour dans le mariage»

Le quatrième chapitre traite de l’amour dans le mariage, et l’illustre à partir de «l’hymne à l’amour» de Saint Paul dans sa Première Lettre aux Corinthiens (13, 4-7). Ce chapitre est une véritable exégèse attentive, ponctuelle, inspirée et poétique du texte de Saint Paul. Nous pouvons dire qu’il s’agit d’une collection de fragments d’un discours amoureux, soucieux de décrire l’amour humain en des termes absolument concrets. On est frappé par la capacité d’introspection psychologique qui caractérise cette exégèse. L’analyse psychologique nous fait entrer dans le monde des émotions des conjoints – positives ou négatives - et dans la dimension érotique de l’amour. Il s’agit d’une contribution extrêmement riche et précieuse pour la vie chrétienne des conjoints; on ne trouve rien de comparable dans les précédents documents pontificaux .

À sa manière, ce chapitre constitue un petit traité au sein d’un développement plus ample, pleinement conscient de la quotidienneté de l’amour qui est l’ennemie de tout idéalisme: «il ne faut pas faire peser sur deux personnes ayant leurs limites la terrible charge d’avoir à reproduire de manière parfaite l’union qui existe entre le Christ et son Église; parce que le mariage, en tant que signe, implique “un processus dynamique qui va peu à peu de l'avant grâce à l'intégration progressive des dons de Dieu” » (AL 122). Le Pape insiste par ailleurs, et de manière forte et déterminée sur le fait que «dans la nature même de l’amour conjugal il y a l’ouverture au définitif» (AL 123), et c’est justement dans ce «mélange de satisfactions et d’efforts, de tensions et de repos, de souffrances et de libérations, de satisfactions et de recherches, d’ennuis et de plaisirs» (AL 126) que se trouve le mariage.

Le chapitre se conclut par une réflexion très importante sur la «transformation de l’amour» car «la prolongation de la vie conduit à quelque chose qui n’était pas fréquent à d’autres époques: la relation intime et l’appartenance réciproque doivent se conserver durant quatre, cinq ou six décennies, et cela se convertit en une nécessité de se choisir réciproquement sans cesse» (AL 163). L’aspect physique change et l’attraction amoureuse ne disparait pas mais elle change: le désir sexuel avec le temps peut se transformer en désir d’intimité et en «complicité». «Nous ne pouvons pas nous promettre d’avoir les mêmes sentiments durant toute la vie. En revanche, oui, nous pouvons avoir un projet commun stable, nous engager à nous aimer et à vivre unis jusqu’à ce que la mort nous sépare, et à vivre toujours une riche intimité» (AL 163).

Chapitre cinq: «L’amour qui devient fécond»

Le cinquième chapitre est tout entier consacré à la fécondité et la générativité de l’amour. On parle de manière profonde, tant spirituellement que psychologiquement, de l’accueil d’une vie nouvelle, de l’attente d’une grossesse, de l’amour d’une mère et d’un père. Mais aussi de la fécondité élargie, de l’adoption, de l’accueil, de la contribution des familles dans la promotion d’une «culture de la rencontre», de la vie dans la famille dans un sens large, avec la présence des oncles, des cousins, des parents de parents, des amis. L’Amoris Laetitiane prend pas en compte les familles «monoparentales» car elle considère la famille comme un réseau d’amples relations. Même la mystique du sacrement du mariage a un caractère social profond (cfr AL 186). À l’intérieur de cette dimension sociale, le Pape souligne en particulier tant le rôle spécifique du rapport entre les jeunes et les personnes âgées que la relation entre frères et sœurs comme un facteur d’apprentissage de la croissance dans la relation avec les autres.

Chapitre six: «Quelques perspectives pastorales»

Dans le sixième chapitre, le Pape aborde un certain nombre de pratiques pastorales qui conduisent à construire une famille solide et féconde, selon le plan de Dieu. Dans cette partie, l’Exhortation accorde une large place aux Relations conclusives des deux Synodes et aux catéchèses du Pape François et de Jean-Paul II. Il est répété que les familles sont sujets et non pas seulement objets d’évangélisation. Le Pape relève qu’il «manque souvent aux ministres ordonnés la formation adéquate pour traiter les problèmes complexes actuels des familles» (AL 202). S’il faut améliorer la formation psycho-affective des séminaristes et impliquer davantage la famille dans la formation au ministère (cfr AL 203), «l’expérience de la vaste tradition orientale des prêtres mariés pourrait être utile» (AL 202).

Le Pape aborde le thème des jeunes fiancés qu’il faut guider sur le chemin de la préparation au mariage, de l’accompagnement des époux dans les premières années de vie conjugale (y compris le thème de la paternité responsable), mais aussi dans certaines situations complexes, et en particulier dans les crises en sachant que «chaque crise cache une bonne nouvelle qu’il faut savoir écouter en affinant l’ouïe du cœur» (AL 232). Certains facteurs de crise sont analysés, comme celle d’une maturation affective retardée (cfr AL 239).

La question de l’accompagnement des personnes abandonnées, séparées ou divorcées, est en outre abordée, et l’importance de la récente réforme des procédures pour la reconnaissance des cas de nullité des mariages est soulignée. La souffrance des enfants dans les situations conflictuelles est mise en avant. «Le divorce est un mal, et l’augmentation du nombre des divorces est très préoccupante. Voilà pourquoi, sans doute, notre tâche pastorale la plus importante envers les familles est de renforcer l’amour et d’aider à guérir les blessures, en sorte que nous puissions prévenir la progression de ce drame de notre époque» (AL 246). Sont également abordées, les mariages mixtes, les mariages avec disparité de culte, et la situation des familles qui ont en leur sein des personnes à tendance homosexuelle. Il y est répété le respect à avoir à leur encontre et le refus de toute discrimination injuste ou de toute forme d’agression et de violence. La partie finale du chapitre est précieuse sur le plan pastoral: «Quand la mort transperce de son aiguillon» évoque le thème de la perte des personnes chères et du veuvage.

Chapitre sept: «Renforcer l’éducation des enfants»

Le septième chapitre est entièrement consacré à l’éducation des enfants: leur formation éthique, la valeur de la sanction comme stimulation, le patient réalisme, l’éducation sexuelle, la transmission de la foi, et de manière plus générale la vie de famille comme contexte éducatif. La sagesse pratique qui ressort à chaque paragraphe est intéressante, et surtout l’attention à la gradualité et aux petits pas «qui peuvent être compris, acceptés et valorisés» (AL 271).

Il y a un paragraphe particulièrement significatif, et pédagogiquement fondamental, dans lequel François affirme clairement que «l’obsession n’éduque pas; et on ne peut pas avoir sous contrôle toutes les situations qu’un enfant pourrait traverser. Ici, vaut le principe selon lequel «le temps est supérieur à l’espace».C’est-à-dire qu’il s’agit plus de créer des processus que de dominer des espaces. Si un parent est obsédé de savoir où se trouve son enfant et de contrôler tous ses mouvements, il cherchera uniquement à dominer son espace. De cette manière, il ne l’éduquera pas, ne le fortifiera pas, ne le préparera pas à affronter les défis. Ce qui importe surtout, c’est de créer chez l’enfant, par beaucoup d’amour, des processus de maturation de sa liberté, de formation, de croissance intégrale, de culture d’une authentique autonomie» (AL 261).

À noter, le passage dédié à l’éducation sexuelle, intitulé de manière très expressive: «Oui à l’éducation sexuelle». On la juge nécessaire, et une question est posée: «Nous devrions nous demander si nos institutions éducatives ont pris en compte ce défi(…) à une époque où la sexualité tend à se banaliser et à s’appauvrir. Elle ne peut être comprise que dans le cadre d’une éducation à l’amour, au don de soi réciproque» (AL 280). On met en garde contre l’expression «sexe sûr», parce que cela transmet «une attitude négative quant à la finalité procréatrice naturelle de la sexualité, comme si un éventuel enfant était un ennemi dont il faut se protéger. Ainsi, l’on promeut l’agressivité narcissique au lieu de l’accueil» (AL 283).

Chapitre huit: «Accompagner, discerner et intégrer la fragilité»

Le chapitre huit est une invitation à la miséricorde et au discernement pastoral face aux situations qui ne répondent pas pleinement à ce que le Seigneur propose. Le Pape utilise ici trois verbes très importants : «accompagner, discerner et intégrer» qui sont fondamentaux pour affronter les situations de fragilité, complexes ou irrégulières. Le Pape présente la nécessaire gradualité dans la pastorale, l’importance du discernement, les normes et les circonstances atténuantes dans le discernement pastoral, et enfin ce qu’il définit comme «la logique de la miséricorde pastorale».

Le chapitre huit est très délicat. Pour le lire, il faut se rappeler que «souvent la mission de l’Église ressemble à celle d’un hôpital de campagne» (AL 291). Ici le Souverain Pontife assume le fruit de la réflexion du Synode sur des thématiques controversées. Il répète ce qu’est le mariage chrétien et ajoute que les «autresformes d’union contredisent radicalement cet idéal, mais certaines le réalisent au moins en partie et par analogie». Ainsi l’Église «ne cesse de valoriser “les éléments constructifs dans ces situations qui ne correspondent pas encore ou qui ne correspondent plus” à son enseignement sur le mariage» (AL 292).

En ce qui concerne le “discernement” vis-à-vis des situations irrégulières, le Pape note qu’il «faut éviter des jugements qui ne tiendraient pas compte de la complexité des diverses situations; il est également nécessaire d’être attentif à la façon dont les personnes vivent et souffrent à cause de leur condition» (AL 296). Il poursuit: «Il s’agit d’intégrer tout le monde, on doit aider chacun à trouver sa propre manière de faire partie de la communauté ecclésiale, pour qu’il se sente objet d’une miséricorde “imméritée, inconditionnelle et gratuite”» (AL 297). Ou encore: «Les divorcés engagés dans une nouvelle union, par exemple, peuvent se retrouver dans des situations très différentes, qui ne doivent pas être cataloguées ou enfermées dans des affirmations trop rigides sans laisser de place à un discernement personnel et pastoral approprié» (AL 298).

Dans ce même esprit, accueillant les observations des Pères synodaux, le Pape affirme que «les baptisés divorcés et remariés civilement doivent être davantage intégrés dans les communautés chrétiennes selon les diverses façons possibles, en évitant toute occasion de scandale». «Leur participation peut s’exprimer dans divers services ecclésiaux (…) ils ne doivent pas se sentir excommuniés, mais ils peuvent vivre et mûrir comme membres vivants de l’Église (…) Cette intégration est nécessaire également pour le soin et l’éducation chrétienne de leurs enfants» (AL 299).

De manière plus générale, le Pape fait une affirmation extrêmement importante pour comprendre l’orientation et le sens de l’Exhortation: «Si l’on tient compte de l’innombrable diversité des situations concrètes (…) on peut comprendre qu’on ne devait pas attendre du Synode ou de cette Exhortation une nouvelle législation générale du genre canonique, applicable à tous les cas. Il faut seulement un nouvel encouragement au discernement responsable personnel et pastoral des cas particuliers, qui devrait reconnaître que, étant donné que “le degré de responsabilité n’est pas le même dans tous les cas” les conséquences ou les effets d’une norme ne doivent pas nécessairement être toujours les mêmes» (AL 300). Le Pape développe de manière approfondie les exigences et les caractéristiques du chemin d’accompagnement et de discernement dans un dialogue approfondi entre les fidèles et les pasteurs. Pour y parvenir, il attire l’attention de l’Église «sur les conditionnements et les circonstances atténuantes» en ce qui concerne l’imputabilité et la responsabilité des actions, et s’appuyant sur Saint Thomas d’Aquin, il s’attarde sur le rapport entre «les normes et le discernement» en affirmantque «certes, les normes générales présentent un bien qu’on ne doit jamais ignorer ni négliger, mais dans leur formulation, elles ne peuvent pas embrasser dans l’absolu toutes les situations particulières. En même temps, il faut dire que, précisément pour cette raison, ce qui fait partie d’un discernement pratique face à une situation particulière ne peut être élevé à la catégorie d’une norme» (AL 304).

Dans la dernière partie du chapitre, «la logique de la miséricorde pastorale», le Pape François, pour éviter des malentendus, rappelle avec force: «Comprendre les situations exceptionnelles n’implique jamais d’occulter la lumière de l’idéal dans son intégralité ni de proposer moins que ce que Jésus offre à l’être humain. Aujourd’hui, l’effort pastoral pour consolider les mariages et prévenir ainsi les ruptures est plus important qu’une pastorale des échecs» (AL 307). Mais le sens global du chapitre et de l’esprit que le Pape François entend inscrire dans la pastorale de l’Église est bien résumé dans les paroles finales: «J’invite les fidèles qui vivent des situations compliquées, à s’approcher avec confiance de leurs pasteurs ou d’autres laïcs qui vivent dans le dévouement au Seigneur pour s’entretenir avec eux. Ils ne trouveront pas toujours en eux la confirmation de leurs propres idées ou désirs, mais sûrement, ils recevront une lumière qui leur permettra de mieux saisir ce qui leur arrive et pourront découvrir un chemin de maturation personnelle. Et j’invite les pasteurs à écouter avec affection et sérénité, avec le désir sincère d’entrer dans le cœur du drame des personnes et de comprendre leur point de vue, pour les aider à mieux vivre et à reconnaître leur place dans l’Église» (AL 312). Sur «la logique de la miséricorde pastorale», le Pape François affirme avec force que «parfois, il nous coûte beaucoup de faire place à l’amour inconditionnel de Dieu dans la pastorale. Nous posons tant de conditions à la miséricorde que nous la vidons de son sens concret et de signification réelle, et c’est la pire façon de liquéfier l’Évangile» (AL 311).

Chapitre neuf: «Spiritualité matrimoniale et familiale»

Le neuvième chapitre est dédié à la spiritualité matrimoniale et familiale, «faite de milliers de gestes réels et concrets» (AL 315). Avec clarté, il est dit que «ceux qui sont animés de profonds désirs de spiritualité ne doivent pas croire que la famille les éloigne de la croissance dans la vie de l’Esprit, mais qu’elle constitue un chemin que le Seigneur choisit pour les conduire aux sommets de l’union mystique» (AL 316). Tout, «les moments de joie, le repos ou la fête, et même la sexualité, sont vécus comme une participation à la vie pleine de sa Résurrection» (AL 317). On parle donc de la prière à la lumière de Pâques, de la spiritualité de l’amour exclusif et libre, dans le défi et le désir de vieillir et de se consumer ensemble, reflétant la fidélité de Dieu (cfr AL 319). Dans le passage portant sur «la spiritualité de l’attention, de la consolation et de l’encouragement», le Pape écrit que «toute la vie de la famille est un “mener paître” miséricordieux. Chacun, avec soin, peint et écrit dans la vie de l’autre» (AL 322). «C’est une profonde expérience spirituelle de contempler chaque proche avec les yeux de Dieu et de reconnaître le Christ en lui» (AL 323).

Dans le paragraphe conclusif, le Pape affirme qu’«aucune famille n’est une réalité céleste et constituée une fois pour toutes, mais la famille exige une maturation progressive de sa capacité d’aimer (…). Tous, nous sommes appelés à maintenir vive la tension vers un au-delà de nous-mêmes et de nos limites, et chaque famille doit vivre dans cette stimulation constante. Cheminons, familles, continuons à marcher! (…) Ne désespérons pas à cause de nos limites, mais ne renonçons pas non plus à chercher la plénitude d’amour et de communion qui nous a été promise» (AL 325).

L’Exhortation apostolique se conclut par une Prière à la Sainte Famille (AL 325).

* * *

Comme on le comprend déjà, après un rapide examen de son contenu, l’Exhortation apostolique Amoris Laetitia entend rappeler avec force non «l’idéal» de la famille, mais sa réalité riche et complexe. On trouve dans ses pages un regard ouvert, profondément positif, qui se nourrit non pas d’abstractions ou de projections idéales mais d’une attention pastorale à la réalité. Ce document offre une lecture riche en suggestions spirituelles et en sagesse pratique, utile pour tous les couples et les personnes qui désirent fonder une famille. On voit surtout que c’est le fruit d’une expérience concrète aux côtés de personnes qui savent par expérience ce qu’est une famille et ce que veut dire vivre ensemble depuis de nombreuses années. L’Exhortation parle en effet le langage de l’expérience.

[00534-FR.01] [Texte original: Français]

Sintesi in lingua inglese

Summary of Amoris Laetitia: On Love in the Family

It is not by chance that Amoris Laetitia (AL), “The Joy of Love”, the post-synodal Apostolic Exhortation “on Love in the Family”, was signed on 19 March, the Solemnity of Saint Joseph. It brings together the results of the two Synods on the family convoked by Pope Francis in 2014 and 2015. It often cites their Final Reports; documents and teachings of his Predecessors; and his own numerous catecheses on the family. In addition, as in previous magisterial documents, the Pope also makes use of the contributions of various Episcopal Conferences around the world (Kenya, Australia, Argentina...) and cites significant figures such as Martin Luther King and Erich Fromm. The Pope even quotes the film Babette’s Feast to illustrate the concept of gratuity.

Introduction (1-7)

The Apostolic Exhortation is striking for its breadth and detail. Its 325 paragraphs are distributed over nine chapters. The seven introductory paragraphs plainly set out the complexity of a topic in urgent need of thorough study. The interventions of the Synod Fathers make up [form] a “multifaceted gem” (AL 4), a precious polyhedron, whose value must be preserved. But the Pope cautions that “not all discussions of doctrinal, moral or pastoral issues need to be settled by interventions of the magisterium”. Indeed, for some questions, “each country or region … can seek solutions better suited to its culture and sensitive to its traditions and local needs. For ‘cultures are in fact quite diverse and every general principle … needs to be inculturated, if it is to be respected and applied’” (AL 3). This principle of inculturation applies to how problems are formulated and addressed and, apart from the dogmatic issues that have been well defined by the Church’s magisterium, none of this approach can be “globalized”. In his address at the end of the 2015 Synod, the Pope said very clearly: “What seems normal for a bishop on one continent, is considered strange and almost scandalous – almost! – for a bishop from another; what is considered a violation of a right in one society is an evident and inviolable rule in another; what for some is freedom of conscience is for others simply confusion.”

The Pope clearly states that we need above all to avoid a sterile juxtaposition between demands for change and the general application of abstract norms. He writes: “The debates carried on in the media, in certain publications and even among the Church’s ministers, range from an immoderate desire for total change without sufficient reflection or grounding, to an attitude that would solve everything by applying general rules or deriving undue conclusions from particular theological considerations” (AL 2).

Chapter One: “In the light of the Word” (8-30)

Following this introduction, the Pope begins his reflections with the Holy Scriptures in the first chapter, which unfolds as a meditation on Psalm 128 (which appears in the Jewish wedding liturgy as well as that of Christian marriages). The Bible “is full of families, births, love stories and family crises” (AL 8). This impels us to meditate on how the family is not an abstract ideal but rather like a practical “trade” (AL 16), which is carried out with tenderness (AL 28), but which has also been confronted with sin from the beginning, when the relationship of love turned into domination (cf. AL 19). Hence, the Word of God “is not a series of abstract ideas but rather a source of comfort and companionship for every family that experiences difficulties or suffering. For it shows them the goal of their journey...” (AL 22).

Chapter two: “The experiences and challenges of families” (31-57)

Building on the biblical base, in the second chapter the Pope considers the current situation of families. While keeping “firmly grounded in [the] reality” of family experiences (AL 6), he also draws heavily on the final Reports of the two Synods. Families face many challenges, from migration to the ideological denial of differences between the sexes (“ideology of gender” AL 56); from the culture of the provisional to the antibirth mentality and the impact of biotechnology in the field of procreation; from the lack of housing and work to pornography and abuse of minors; from inattention to persons with disabilities, to lack of respect for the elderly; from the legal dismantling of the family, to violence against women. The Pope insists on concreteness, which is a key concept in the Exhortation. And it is concreteness, realism and daily life that make up the substantial difference between acceptable “theories” of interpretation of reality and arbitrary “ideologies”.

Citing Familiaris Consortio, Francis states that “we do well to focus on concrete realities, since ‘the call and the demands of the Spirit resound in the events of history’, and through these ‘the Church can also be guided to a more profound understanding of the inexhaustible mystery of marriage and the family’” (AL 31). Conversely, if we fail to listen to reality, we cannot understand the needs of the present or the movements of the Spirit. The Pope notes that rampant individualism makes it difficult today for a person to give oneself generously to another (cf. AL 33). Here is an interesting picture of the situation: “The fear of loneliness and the desire for stability and fidelity exist side by side with a growing fear of entrapment in a relationship that could hamper the achievement of one’s personal goals” (AL 34).

The humility of realism helps us to avoid presenting “a far too abstract and almost artificial theological ideal of marriage, far removed from the concrete situations and practical possibilities of real families” (AL 36). Idealism does not allow marriage to be understood for what it is, that is, a “dynamic path to personal development and fulfilment”. It is unrealistic to think that families can sustain themselves “simply by stressing doctrinal, bioethical and moral issues, without encouraging openness to grace” (AL 37). Calling for a certain “self-criticism” of approaches that are inadequate for the experience of marriage and the family, the Pope stresses the need to make room for the formation of the conscience of the faithful: “We have been called to form consciences, not to replace them” (AL 37). Jesus proposed a demanding ideal but “never failed to show compassion and closeness to the frailty of individuals like the Samaritan woman or the woman caught in adultery” (AL 38).

Chapter three: “Looking to Jesus: The vocation of the family” (58-88)

The third chapter is dedicated to some essential elements of the Church’s teaching on marriage and the family. This chapter is important because its 30 paragraphs concisely depict the vocation of the family according to the Gospel and as affirmed by the Church over time. Above all, it stresses the themes of indissolubility, the sacramental nature of marriage, the transmission of life and the education of children. Gaudium et Spes of VaticanII, Humanae Vitae of PaulVI, and Familiaris Consortio of John PaulII are widely quoted.

The chapter provides a broad view and touches on “imperfect situations” as well. We can read, in fact: “‘Discernment of the presence of ‘seeds of the Word’ in other cultures (cf. Ad Gentes 11) can also apply to the reality of marriage and the family. In addition to true natural marriage, positive elements exist in the forms of marriage found in other religious traditions’, even if, at times, obscurely” (AL 77). The reflection also includes the “wounded families” about whom the Pope – quoting the Final Report of the 2015 Synod extensively – says that “it is always necessary to recall this general principle: ‘Pastors must know that, for the sake of truth, they are obliged to exercise careful discernment of situations’ (Familiaris Consortio, 84). The degree of responsibility is not equal in all cases and factors may exist which limit the ability to make a decision. Therefore, while clearly stating the Church’s teaching, pastors are to avoid judgements that do not take into account the complexity of various situations, and they are to be attentive, by necessity, to how people experience and endure distress because of their condition” (AL 79).

Chapter four: “Love in marriage” (89-164)

The fourth chapter treats love in marriage, which it illuminates with Saint Paul’s Hymn to Love in 1Corinthians13:4-7. This opening section is truly a painstaking, focused, inspired and poetic exegesis of the Pauline text. It is a collection of brief passages carefully and tenderly describing human love in absolutely concrete terms. The quality of psychological introspection that marks this exegesis is striking. The psychological insights enter into the emotional world of the spouses – positive and negative – and the erotic dimension of love. This is an extremely rich and valuable contribution to Christian married life, unprecedented in previous papal documents.

This section digresses briefly from the more extensive, perceptive treatment of the day-to-day experience of married love which the Pope refuses to judge against ideal standards: “There is no need to lay upon two limited persons the tremendous burden of having to reproduce perfectly the union existing between Christ and his Church, for marriage as a sign entails ‘a dynamic process…, one which advances gradually with the progressive integration of the gifts of God’” (AL 122). On the other hand, the Pope forcefully stresses the fact that conjugal love by its very nature defines the partners in a richly encompassing and lasting union (AL 123), precisely within that “mixture of enjoyment and struggles, tensions and repose, pain and relief, satisfactions and longings, annoyances and pleasures” (Al 126) which indeed make up a marriage.

The chapter concludes with a very important reflection on the “transformation of love” because “Longer life spans now mean that close and exclusive relationships must last for four, five or even six decades; consequently, the initial decision has to be frequently renewed” (AL 163). As physical appearance alters, the loving attraction does not lessen but changes as sexual desire can be transformed over time into the desire for togetherness and mutuality: “There is no guarantee that we will feel the same way all through life. Yet if a couple can come up with a shared and lasting life project, they can love one another and live as one until death do them part, enjoying an enriching intimacy” (AL 163).

Chapter five: “Love made fruitful” (165-198)

The fifth chapter is entirely focused on love’s fruitfulness and procreation. It speaks in a profoundly spiritual and psychological manner about welcoming new life, about the waiting period of pregnancy, about the love of a mother and a father. It also speaks of the expanded fruitfulness of adoption, of welcoming the contribution of families to promote a “culture of encounter”, and of family life in a broad sense which includes aunts and uncles, cousins, relatives of relatives, friends. Amoris Laetitia does not focus on the so-called “nuclear” family” because it is very aware of the family as a wider network of many relationships. The spirituality of the sacrament of marriage has a deeply social character (cf. AL 187). And within this social dimension the Pope particularly emphasizes the specific role of the relationship between youth and the elderly, as well as the relationship between brothers and sisters as a training ground for relating with others.

Chapter six: “Some pastoral perspectives” (199-258)

In the sixth chapter the Pope treats various pastoral perspectives that are aimed at forming solid and fruitful families according to God’s plan. The chapter use the Final Reports of the two Synods and the catecheses of Pope Francis and Pope John PaulII extensively. It reiterates that families should not only be evangelized, they should also evangelize. The Pope regrets “that ordained ministers often lack the training needed to deal with the complex problems currently facing families” (AL 202). On the one hand, the psycho-affective formation of seminarians needs to be improved, and families need to be more involved in formation for ministry (cf. AL 203); and on the other hand, “the experience of the broad oriental tradition of a married clergy could also be drawn upon” (AL 202).

The Pope then deals with the preparation of the engaged for marriage; with the accompaniment of couples in the first years of married life, including the issue of responsible parenthood; and also with certain complex situations and crises, knowing that “each crisis has a lesson to teach us; we need to learn how to listen for it with the ear of the heart” (AL 232). Some causes of crisis are analysed, among them a delay in maturing affectively (cf. AL 239).

Mention is furthermore made of accompanying abandoned, separated or divorced persons. The Exhortation stresses the importance of the recent reform of the procedures for marriage annulment. It highlights the suffering of children in situations of conflict and concludes: “Divorce is an evil and the increasing number of divorces is very troubling. Hence, our most important pastoral task with regard to families is to strengthen their love, helping to heal wounds and working to prevent the spread of this drama of our times” (AL 246). It then touches on the situations of a marriage between a Catholic and a Christian of another denomination (mixed marriages), and between a Catholic and someone of another religion (disparity of cult). Regarding families with members with homosexual tendencies, it reaffirms the necessity to respect them and to refrain from any unjust discrimination and every form of aggression or violence. The last, pastorally poignant part of the chapter, “When death makes us feel its sting”, is on the theme of the loss of dear ones and of widowhood.

Chapter seven: “Towards a better education of children” (259-290)

The seventh chapter is dedicated to the education of children: their ethical formation, the learning of discipline which can include punishment, patient realism, sex education, passing on the faith and, more generally, family life as an educational context. The practical wisdom present in each paragraph is remarkable, above all the attention given to those gradual, small steps “that can be understood, accepted and appreciated” (AL 271).

There is a particularly interesting and pedagogically fundamental paragraph in which Francis clearly states that “obsession, however, is not education. We cannot control every situation that a child may experience… If parents are obsessed with always knowing where their children are and controlling all their movements, they will seek only to dominate space. But this is no way to educate, strengthen and prepare their children to face challenges. What is most important is the ability lovingly to help them grow in freedom, maturity, overall discipline and real autonomy” (AL 260).

The notable section on education in sexuality is very expressively entitled: “Yes to sex education”. The need is there, and we have to ask “if our educational institutions have taken up this challenge … in an age when sexuality tends to be trivialized and impoverished”. Sound education needs to be carried out “within the broader framework of an education for love, for mutual self-giving” (AL 280). The text warns that the expression ‘safe sex’ conveys “a negative attitude towards the natural procreative finality of sexuality, as if an eventual child were an enemy to be protected against. This way of thinking promotes narcissism and aggressivity in place of acceptance” (AL 283).

Chapter eight: “Guiding, discerning and integrating weakness” (291-312)

The eighth chapter is an invitation to mercy and pastoral discernment in situations that do not fully match what the Lord proposes. The Pope uses three very important verbs: guiding, discerning and integrating, which are fundamental in addressing fragile, complex or irregular situations. The chapter has sections on the need for gradualness in pastoral care; the importance of discernment; norms and mitigating circumstances in pastoral discernment; and finally what the Pope calls the “logic of pastoral mercy”.

Chapter eight is very sensitive. In reading it one must remember that “the Church’s task is often like that of a field hospital” (AL 291). Here the Holy Father grapples with the findings of the Synods on controversial issues. He reaffirms what Christian marriage is and adds that “some forms of union radically contradict this ideal, while others realize it in at least a partial and analogous way”. The Church therefore “does not disregard the constructive elements in those situations which do not yet or no longer correspond to her teaching on marriage” (AL 292).

As far as discernment with regard to “irregular” situations is concerned, the Pope states: “There is a need ‘to avoid judgements which do not take into account the complexity of various situations’ and ‘to be attentive, by necessity, to how people experience distress because of their condition’” (AL 296). And he continues: “It is a matter of reaching out to everyone, of needing to help each person find his or her proper way of participating in the ecclesial community, and thus to experience being touched by an ‘unmerited, unconditional and gratuitous’ mercy” (AL 297). And further: “The divorced who have entered a new union, for example, can find themselves in a variety of situations, which should not be pigeonholed or fit into overly rigid classifications leaving no room for a suitable personal and pastoral discernment” (AL 298).

In this line, gathering the observations of many Synod Fathers, the Pope states that “the baptized who are divorced and civilly remarried need to be more fully integrated into Christian communities in the variety of ways possible, while avoiding any occasion of scandal”. “Their participation can be expressed in different ecclesial services… Such persons need to feel not as excommunicated members of the Church, but instead as living members, able to live and grow in the Church… This integration is also needed in the care and Christian upbringing of their children” (AL 299).

In a more general vein, the Pope makes an extremely important statement for understanding the orientation and meaning of the Exhortation: “If we consider the immense variety of concrete situations, … it is understandable that neither the Synod nor this Exhortation could be expected to provide a new set of general rules, canonical in nature and applicable to all cases. What is needed is simply a renewed encouragement to undertake a responsible personal and pastoral discernment of particular cases, one which would recognize that, since ‘the degree of responsibility is not equal in all cases’, the consequences or effects of a rule need not necessarily always be the same” (AL 300). The Pope develops in depth the needs and characteristics of the journey of accompaniment and discernment necessary for profound dialogue between the faithful and their pastors.

For this purpose the Holy Father recalls the Church’s reflection on “mitigating factors and situations” regarding the attribution of responsibility and accountability for actions; and relying on St. Thomas Aquinas, he focuses on the relationship between rules and discernment by stating: “It is true that general rules set forth a good which can never be disregarded or neglected, but in their formulation they cannot provide absolutely for all particular situations. At the same time, it must be said that, precisely for that reason, what is part of a practical discernment in particular circumstances cannot be elevated to the level of a rule” (AL 304).

The last section of the chapter treats “The logic of pastoral mercy”. To avoid misunderstandings, Pope Francis strongly reiterates: “To show understanding in the face of exceptional situations never implies dimming the light of the fuller ideal, or proposing less than what Jesus offers to the human being. Today, more important than the pastoral care of failures is the pastoral effort to strengthen marriages and thus to prevent their breakdown” (AL 307).

The overall sense of the chapter and of the spirit that Pope Francis wishes to impart to the pastoral work of the Church is well summed up in the closing words: “I encourage the faithful who find themselves in complicated situations to speak confidently with their pastors or with other lay people whose lives are committed to the Lord. They may not always encounter in them a confirmation of their own ideas or desires, but they will surely receive some light to help them better understand their situation and discover a path to personal growth. I also encourage the Church’s pastors to listen to them with sensitivity and serenity, with a sincere desire to understand their plight and their point of view, in order to help them live better lives and to recognize their proper place in the Church.” (AL 312).

On the “logic of pastoral mercy”, Pope Francis emphasizes: “At times we find it hard to make room for God’s unconditional love in our pastoral activity. We put so many conditions on mercy that we empty it of its concrete meaning and real significance. That is the worst way of watering down the Gospel” (AL 311).

Chapter nine: “The spirituality of marriage and the family” (313-325)

The ninth chapter is devoted to marital and family spirituality, which “is made up of thousands of small but real gestures” (AL 315). The Pope clearly states that “those who have deep spiritual aspirations should not feel that the family detracts from their growth in the life of the Spirit, but rather see it as a path which the Lord is using to lead them to the heights of mystical union” (AL 316). Everything, “moments of joy, relaxation, celebration, and even sexuality can be experienced as a sharing in the full life of the resurrection” (AL 317). He then speaks of prayer in the light of Easter, of the spirituality of exclusive and free love in the challenge and the yearning to grow old together, reflecting God’s fidelity (cf. AL 319). And finally the spirituality of care, consolation and incentive: the Pope teaches that “all family life is a ‘shepherding’ in mercy. Each of us, by our love and care, leaves a mark on the life of others” (AL 322). It is a profound “spiritual experience to contemplate our loved ones with the eyes of God and to see Christ in them” (AL 323).

In the final paragraph the Pope affirms: “No family drops down from heaven perfectly formed; families need constantly to grow and mature in the ability to love … All of us are called to keep striving towards something greater than ourselves and our families, and every family must feel this constant impulse. Let us make this journey as families, let us keep walking together. (…) May we never lose heart because of our limitations, or ever stop seeking that fullness of love and communion which God holds out before us” (AL 325).

The Apostolic Exhortation concludes with a Prayer to the Holy Family.

* * *

As can readily be understood from a quick review of its contents, the Apostolic Exhortation Amoris Laetitia seeks emphatically to affirm not the “ideal family” but the very rich and complex reality of family life. Its pages provide an openhearted look, profoundly positive, which is nourished not with abstractions or ideal projections, but with pastoral attention to reality. The text is a close reading of family life, with spiritual insights and practical wisdom useful for every human couple or persons who want to build a family. Above all, it is patently the result of attention to what people have lived over many years. The Exhortation Amoris Laetitia: On Love in the Family indeed speaks the language of experience and of hope.

[00534-EN.01] [Original text: English]

Sintesi in lingua tedesca

Amoris Laetitia, über die Liebe in der Familie - ein Überblick

„Amoris Laetitia” (AL - „Die Freude der Liebe, die in den Familien gelebt wird”), ist der Name der postsynodalen Apostolischen Exhortation über die Liebe in der Familie. Sie wurde am 19. März, dem Hochfest des Heilgen Josef, unterzeichnet und trägt die Ergebnisse der beiden Versammlungen der Bischofssynode zur Familie zusammen, welche von Papst Franziskus 2014 und 2015 zusammen gerufen wurden. Die Abschlusstexte der Synoden werden vom Papst ausführlich zitiert, gemeinsam mit Dokumenten und Lehraussagen seiner Vorgänger, außerdem seine zahlreichen eigenen Katechesen zur Familie. Außerdem, wie es bereits bei anderen Lehrschreiben der Fall war, greift der Papst auch auf Äußerungen verschiedener Bischofskonferenzen zurück (Kenia, Australien, Argentinien …) und zitiert bedeutende Persönlichkeiten wie Martin Luther King oder Erich Fromm. Besonders ist die Erwähnung eines Films - Babettes Fest - den der Papst nennt, um auf das selbstlose Schenken hinzuweisen.

Einleitung

Die Apostolische Exhortation beeindruckt durch ihre Fülle und Ausdrucksweise. Sie ist in neun Kapitel eingeteilt und umfasst mehr als 300 Abschnitte. Der Text beginnt mit sieben einleitenden Abschnitten, welche das Bewusstsein um die Komplexität des Themas und die dafür nötige Vertiefung darlegen. Sie bestätigen, dass die Beiträge der Teilnehmer der Synode einen „kostbaren Polyeder“ (AL 4) ergeben haben, der erhalten bleibt. In diesem Sinn schreibt der Papst, dass „nicht alle doktrinellen, moralischen oder pastoralen Diskussionen durch ein lehramtliches Eingreifen entschieden werden müssen“ (AL 3). Also „können in jedem Land oder jeder Region besser inkulturierte Lösungen gesucht werden, welche die örtlichen Traditionen und Herausforderungen berücksichtigen. Denn »die Kulturen [sind] untereinander sehr verschieden, und jeder allgemeine Grundsatz […] muss inkulturiert werden, wenn er beachtet und angewendet werden soll«“ (ebd.). Dieses Prinzip der Inkulturation wird dann auch bei der Weise wichtig, die Probleme darzulegen und zu verstehen, die jenseits dogmatischer Fragen, die durch das Lehramt der Kirche entschieden sind, nicht „globalisiert“ werden können.

Vor allem aber betont der Papst gleich zu Beginn und sehr deutlich, dass es gilt, aus dem sterilen Gegensatz zwischen Angst vor dem Wandel und reiner und schlichter Anwendung abstrakter Normen heraus zu kommen. Er schreibt: „Die Debatten, wie sie in den Medien oder in Veröffentlichungen und auch unter kirchlichen Amtsträgern geführt werden, reichen von einem ungezügelten Verlangen, ohne ausreichende Reflexion oder Begründung alles zu verändern, bis zu der Einstellung, alles durch die Anwendung genereller Regelungen oder durch die Herleitung übertriebener Schlussfolgerungen aus einigen theologischen Überlegungen lösen zu wollen“ (AL 2).

Erstes Kapitel: Im Licht des Wortes

Nach der Einleitung beginnt der Papst seine Reflexion des Themas bei der Heiligen Schrift. Das erste Kapitel entwickelt sich anhand einer Meditation über den Psalm 128, der in Tradition der Eheliturgie des Judentums und dann auch des Christentums bedeutsam ist. Die Schrift „ist bevölkert mit Familien, mit Generationen, sie ist voller Geschichten der Liebe wie auch der Familienkrisen“ (AL 8). Von da aus kann man dann die Familie betrachten, nicht als abstraktes Ideal, sondern als „handwerkliche Aufgabe“ (AL 16), die zärtlich angegangen wird (AL 28), die aber gleich von Beginn an auch mit der Sünde konfrontiert wird, als die Beziehung aus Liebe sich in einer der Dominanz verwandelt (vgl. AL 19). „In diesem kurzen Überblick können wir feststellen, dass das Wort Gottes sich nicht als eine Folge abstrakter Thesen erweist, sondern als ein Reisegefährte auch für die Familien, die sich in einer Krise oder inmitten irgendeines Leides befinden. Es zeigt ihnen das Ziel des Weges“ (AL 22).

Zweites Kapitel: Die Wirklichkeit und die Herausforderungen der Familie

So ausgehend von der Schrift betrachtet der Papst im zweiten Kapitel die aktuellen Situationen der Familien, mit „Bodenhaftung“ (AL 6). Dabei greift er ausführlich auf die Abschlusstexte der beiden Synoden zurück und beschreibt zahlreiche Herausforderungen, von der Migration über die ideologische Ablehnung der Geschlechterdifferenz („Gender-Ideologie“); von der Kultur des Provisorischen zu einer Mentalität, die sich gegen Geburt und Kinder richtet und zum Einfluss der Bio-Technologien auf dem Gebiet der Fruchtbarkeit; von Wohnungs- und Arbeitsplatzmangel bis zur Pornografie und zum Missbrauch Minderjähriger; von der Aufmerksamkeit für Menschen mit Behinderung bis zum Respekt für alte Menschen; von der juristischen Dekonstruktion der Familie bis zur Gewalt gegen Frauen. Der Papst betont die Konkretheit, Konkretheit ist einer der Zentralbegriffe der Exhortation. Es sind diese Konkretheit und der Realismus, die den Unterschied ausmachen zwischen der „Theorie“ der Interpretation der Realität und den „Ideologien“.

Familiaris Consortio zitierend betont der Papst, dass es heilsam ist „auf die konkrete Wirklichkeit zu achten, denn »die Forderungen und Anrufe des göttlichen Geistes sprechen auch aus den Ereignissen der Geschichte«, durch die »die Kirche […] zu einer tieferen Kenntnis des unerschöpflichen Mysteriums der Ehe und Familie geführt werden kann«“ (AL 31). Ohne Aufmerksamkeit für die Realität kann man weder die Notwendigkeiten der Gegenwart noch den Ruf des Heiligen Geistes verstehen. Der Papst weist darauf hin, dass der verschärfte Individualismus von heute es Menschen schwer macht, sich einem Anderen großzügig und ganz und gar zu schenken (vgl. AL 33). „Man fürchtet die Einsamkeit, man wünscht sich einen Raum des Schutzes und der Treue, doch zugleich wächst die Furcht, gefangen zu sein durch eine Beziehung, die das Erreichen der persönlichen Bestrebungen zurückstellen könnte“ (AL 349.

Die Demut des Realismus helfe dabei, „ein allzu abstraktes theologisches Ideal der Ehe (..), das fast künstlich konstruiert und weit von der konkreten Situation und den tatsächlichen Möglichkeiten der realen Familien entfernt ist“, zu vermeiden (AL 36). Der Idealismus lässt nicht die Ehe als das betrachten, was sie ist, nämlich ein „ dynamischen Weg der Entwicklung und Verwirklichung“ (AL 37). Ebensowenig lassen sich Familien „allein mit dem Beharren auf doktrinellen, bioethischen und moralischen Fragen und ohne dazu anzuregen, sich der Gnade zu öffnen“ erhalten (ebd.). Der Papst lädt zu einer Selbstkritik zur Frage ein, ob Familie und Ehe nicht richtig dargestellt wurden und besteht darauf, dass es notwendig ist, dem Gewissen der Gläubigen Raum zu lassen: „Wir sind berufen, die Gewissen zu bilden, nicht aber dazu, den Anspruch zu erheben, sie zu ersetzen.“ (ebd.). Jesus legte ein anspruchsvolles Ideal vor, zugleich hat er aber „ niemals die mitfühlende Nähe zu den Schwachen wie der Samariterin und der Ehebrecherin verloren“ (AL 38).

Drittes Kapitel: Aus Jesus schauen - die Berufung der Familie

Das dritte Kapitel ist einigen Elementen der Lehre der Kirche zu Ehe und Familie gewidmet. Es ist wichtig, weil es zusammenfassend in 30 Abschnitten die Berufung der Familie, wie das Evangelium es lehrt, ausdrückt und wie die Kirche es aufgenommen hat, vor allem was die Unauflöslichkeit, die Sakramentalität, die Weitergabe des Lebens und die Erziehung der Kinder angeht. Die Dokumente Gaudium et Spes des Zweiten Vatikanischen Konzils, Humanae Vitae von Papst Paul VI. und Familiaris Consortio von Papst Johannes Paul II. werden ausgiebig zitiert.

Der Blick ist weit und schießt auch die „unvollkommenen Situationen“ ein. Wir lesen: „ »Die Unterscheidung des Vorhandenseins der semina Verbi in den anderen Kulturen (vgl. Ad gentes, 11) kann auch auf die Realität von Ehe und Familie angewandt werden. Über die wahre Naturehe hinaus gibt es wertvolle Elemente in den Eheformen anderer religiöser Traditionen«, auch wenn es ebenso Schattenseiten gibt“ (AL 77). Die Reflexion schließt auch die „verletzten Familien“ ein, zu denen der Papst die Relatio Finalis der Synode von 2015 zitierend sagt: Es „muss immer ein allgemeines Prinzip in Erinnerung gerufen werden: „Die Hirten mögen beherzigen, dass sie um der Liebe willen zur Wahrheit verpflichtet sind, die verschiedenen Situationen gut zu unterscheiden“ (Familiaris consortio, 84). Der Grad der Verantwortung ist nicht in allen Fällen gleich, und es kann Faktoren geben, die die Entscheidungsfähigkeit begrenzen. Daher sind, während die Lehre klar zum Ausdruck gebracht wird, Urteile zu vermeiden, welche die Komplexität der verschiedenen Situationen nicht berücksichtigen. Es ist erforderlich, auf die Art und Weise zu achten, in der die Menschen leben und aufgrund ihres Zustands leiden“ (AL 79).

Viertes Kapitel: Die Liebe in der Ehe

Das vierte Kapitel handelt von der Liebe in der Ehe und diese wird anhand des Hohenlieds der Liebe des Apostel Paulus aus dem Ersten Korintherbrief (13:4-7) ausgelegt. Dieses Kapitel ist eine echte und eigenständige aufmerksame Exegese, sie ist genau und vom Paulustext inspiriert. Wir können sagen, dass es sich hierbei um eine Sammlung von Einzelstücken aus einem Liebesdiskurs handelt, der versucht, die menschliche Liebe in konkreten Begriffen auszudrücken. Diese Exegese strahlt eine große Fähigkeit zu psychologischer Introspektion aus. Die psychologische Vertiefung des Themas betrifft dabei die Welt der Emotionen der Eheleute - positive und negative - und die Dimension der Erotik. Es ist ein sehr fruchtbarer und kostbarer Beitrag zum christlichen Leben der Eheleute, der in den bisherigen päpstlichen Dokumenten seinesgleichen sucht.

Auf seine Art und Weise ist dieses Kapitel ein kleiner Traktat innerhalb der weiteren Behandlung des Themas, es ist sich immer bewusst, wie sehr im Alltag die Liebe verwurzelt ist und bleibt Feind jedes Idealismus: „Man sollte nicht zwei begrenzten Menschen die gewaltige Last aufladen, in vollkommener Weise die Vereinigung nachzubilden, die zwischen Christus und seiner Kirche besteht, denn die Ehe als Zeichen beinhaltet einen »dynamischen Prozess von Stufe zu Stufe entsprechend der fortschreitenden Hereinnahme der Gaben Gottes«“ (AL 122). Aber gleichzeitig besteht der Papst auf klare und deutliche Weise auf der Tatsache, dass „ im Wesen der ehelichen Liebe selbst die Öffnung auf die Endgültigkeit hin vorhanden ist“ (AL 123), und zwar in der ganzen Weite der Ehe, im „Miteinander von Wonnen und Mühen, von Spannungen und Erholung, von Leiden und Befreiung, von Befriedigung und Streben, von Missbehagen und Vergnügen“ (AL 126).

Das Kapitel schließt mit einer wichtigen Reflexion über die „Verwandlung der Liebe“, denn: „Die Verlängerung des Lebens lässt ein Phänomen entstehen, das in vergangenen Zeiten eher ungewöhnlich war: Die vertraute Beziehung und die gegenseitige Zugehörigkeit müssen über vier, fünf oder sechs Jahrzehnte hin bewahrt werden, und das wird zu einer Notwendigkeit, einander immer wieder neu zu erwählen“ (AL 163). Der physische Aspekt und die gegenseitige liebende Anziehung wird nicht weniger, aber sie wandelt sich: der sexuelle Trieb kann sich über die Zeit in ein Verlangen nach Einmütigkeit verwandeln. „ Wir können einander nicht versprechen, das ganze Leben hindurch die gleichen Gefühle zu haben. Stattdessen können wir aber sehr wohl ein festes gemeinsames Vorhaben teilen, uns verpflichten, einander zu lieben und vereint zu leben, bis der Tod uns scheidet, und immer in reicher Vertrautheit leben“ (ebd.).

Fünftes Kapitel: Die Liebe, die fruchtbar wird

Dieses fünfte Kapitel dreht sich um Fruchtbarkeit und die lebensspendende Dimension der Liebe. Es spricht auf geistliche und psychologisch tiefe Weise von der Annahme des neuen Lebens, von der Erwartung in der Schwangerschaft und von der Vater- und Mutterliebe. Es behandelt das Thema aber auch erweitert und spricht von Adoption, von der Annahme des Beitrages von Familien zu einer „Kultur der Begegnung“, vom Leben in der weiter gefassten Familie mit Onkeln, Cousinen, Großeltern Freunden. Amoris Laetitia spricht nicht von Kleinfamilien, denn das Dokument ist sich der Familie als weites Netz von Beziehungen bewusst. Das Geheimnis der Sakramentalität der Ehe hat auch einen zutiefst sozialen Charakter (AL 186). In dieser sozialen Dimension unterstreicht der Papst besonders die Rolle der Beziehungen zwischen jungen und alten Menschen und die Beziehung zwischen Bruder und Schwester als „Lehrzeit“ für das Wachsen in den Beziehungen zu den Anderen.

Sechstes Kapitel: Einige pastorale Perspektiven

Im sechsten Kapitel behandelt der Papst einige pastorale Wege, die dabei helfen, stabile und fruchtbare Familien nach dem Plan Gottes aufzubauen. In diesem Teil der Exhortation greift er ausführlich auf die Abschlussdokumente der beiden Synoden und auf die Katechesen - seine eigenen und die von Papst Johannes Paul II. - zurück. Er betont, dass die Familien Subjekte, nicht nur Objekte, der Verkündigung sind. Der Papst stellt fest, „ dass es den geweihten Amtsträgern gewöhnlich an einer geeigneten Ausbildung fehlt, um mit den vielschichtigen aktuellen Problemen der Familien umzugehen“ (AL 202). Auf der einen Seite muss die psycho-affektive Ausbildung der Seminaristen verbessert werden und dazu Familien in die Ausbildung zum Dienst integriert werden (vgl. AL 203), auf der anderen Seite „kann auch die Erfahrung der langen östlichen Tradition der verheirateten Priester nützlich sein“ (AL 202).

Dann spricht der Papst über die Themen der Begleitung der Verlobten auf dem Weg der Vorbereitung zur Ehe, über die Begleitung der Verheirateten während der ersten Jahre des Ehelebens (was auch das Thema der verantwortlichen Elternschaft einschließt), aber auch über einige komplexe Situationen und besonders Krisen, „jede Krise bedeutet eine Lehrzeit, die erlaubt, die Intensität des miteinander geteilten Lebens zu vertiefen oder zumindest einen neuen Sinn in der Eheerfahrung zu finden“ (AL 232). Es werden einige Gründe für Krisen analysiert, unter anderem eine nicht voll entwickelte emotionale Reife (vgl. AL 239).

Außerdem spricht der Papst von der Begleitung verlassener Menschen, getrennt lebend oder geschieden, und er betont die Wichtigkeit der jüngsten Reform der Verfahren zur Feststellung einer möglichen Ehenichtigkeit. Der Papst betont das Leiden der Kinder in Situationen des Konfliktes und schließt daraus: „Die Scheidung ist ein Übel, und es ist sehr beunruhigend, dass die Anzahl der Scheidungen zunimmt. Darum besteht zweifellos unsere wichtigste pastorale Aufgabe in Bezug auf die Familien darin, die Liebe zu stärken und zur Heilung der Wunden beizutragen, so dass wir dem Vordringen dieses Dramas unserer Zeit vorbeugen können“ (AL 246). Darauf geht es um gemischt-konfessionelle Ehen und um Familien mit homosexuellen Mitgliedern, wobei er die Bedeutung des Respektes im Umgang mit ihnen betont und die Ablehnung jeder ungerechten Diskriminierung und jeder Form von Aggression und Gewalt. Pastoral kostbar ist der Abschlussteil dieses Kapitels: „Wenn der Stachel des Todes eindringt“, über die Themen Verlust eines geliebten Menschen und Witwenschaft.

Siebtes Kapitel: Die Erziehung der Kinder stärken

Das siebte Kapitel ist vollständig der Erziehung der Kinder gewidmet: es geht um ihre ethische Ausbildung, den Wert von Sanktionen als Anreiz, den geduldige Realismus, die Sexualerziehung, die Weitergabe des Glaubens, und vor allem allgemeiner um das Familienleben im Zusammenhang der Erziehung. Interessant ist die praktische Vernunft, die in jedem Abschnitt deutlich wird, vor allem die Aufmerksamkeit für die Gradualität und die kleinen Schritte, „die verstanden, akzeptiert und gewürdigt werden können“ (AL 271).

Im Kapitel ist ein besonders bezeichnender und pädagogisch grundlegender Absatz enthalten, in dem Papst Franziskus etwas klar betont: „übertriebene Sorge nicht erzieht und man kann nicht alle Situationen, in die ein Kind geraten könnte, unter Kontrolle haben. (..) Wenn ein Vater versessen darauf ist zu wissen, wo sein Sohn ist, und alle seine Bewegungen zu kontrollieren, wird er nur bestrebt sein, dessen Raum zu beherrschen. Auf diese Weise wird er ihn nicht erziehen, er wird ihn nicht stärken und ihn nicht darauf vorbereiten, Herausforderungen die Stirn zu bieten. Worauf es ankommt, ist vor allem, mit viel Liebe im Sohn Prozesse der Reifung seiner Freiheit, der Befähigung, des ganzheitlichen Wachstums und der Pflege der echten Selbständigkeit auszulösen.

Bemerkenswert ist der Teil, welcher der Sexualerziehung gewidmet ist und der sehr ausdrucksstark „Ja zur Sexualerziehung“ heißt. Er betont ihre Notwendigkeit und fragt „ob unsere Erziehungseinrichtungen diese Herausforderung angenommen haben“ (AL 280). Der Papst warnt vor dem Begriff „sicherer Sex“, dieser Ausdruck vermittelt „eine negative Haltung gegenüber dem natürlichen Zeugungszweck der Geschlechtlichkeit, als sei ein eventuelles Kind ein Feind, vor dem man sich schützen muss. So wird die narzisstische Aggressivität anstatt einer Annahme gefördert“ (AL 283).

Achtes Kapitel: Die Zerbrechlichkeit begleiten, unterscheiden und eingliedern

Das achte Kapitel ist eine Einladung zu Barmherzigkeit und pastoraler Unterscheidung angesichts von Situationen, die nicht voll dem entsprechen, was der Herr geboten hat. Der Papst nutzt hier drei sehr bedeutsame Verben: „begleiten, unterscheiden und eingliedern“, die grundlegend sind für Situationen von Zerbrechlichkeit, Komplexität oder so genannten „irregulären“ Situationen. Der Papst betont die Notwendigkeit von Gradualität in der Pastoral, die Wichtigkeit von Unterscheidung, die in einer Unterscheidung einzubeziehenden Normen und Umstände, und zuletzt definiert er eine „Logik der pastoralen Barmherzigkeit“.

Das achte Kapitel ist sehr heikel. Um es verstehen zu können muss man sich daran erinnern, „dass die Aufgabe der Kirche oftmals der eines Feldlazaretts gleicht“ (AL 291). Hier greift der Papst das auf, was die Ergebnisse der Reflexionen der Synode über kontroverse Themen waren. Er bekräftigt, was eine christliche Ehe ist und betont, „Andere Formen der Vereinigung widersprechen diesem Ideal von Grund auf, doch manche verwirklichen es zumindest teilweise und analog. Die Synodenväter haben betont, dass die Kirche nicht unterlässt, die konstitutiven Elemente in jenen Situationen zu würdigen, die noch nicht oder nicht mehr in Übereinstimmung mit ihrer Lehre von der Ehe sind.“ (AL 292).

Was die „Unterscheidung“ in „irregulären“ [im Text ist das Wort immer in Anführungszeichen gesetzt] Situationen angeht, sagt der Papst: „Daher sind […] Urteile zu vermeiden, welche die Komplexität der verschiedenen Situationen nicht berücksichtigen. Es ist erforderlich, auf die Art und Weise zu achten, in der die Menschen leben und aufgrund ihres Zustands leiden“ (AL 296). Und er fährt fort: „ Es geht darum, alle einzugliedern; man muss jedem Einzelnen helfen, seinen eigenen Weg zu finden, an der kirchlichen Gemeinschaft teilzuhaben, damit er sich als Empfänger einer »unverdienten, bedingungslosen und gegenleistungsfreien« Barmherzigkeit empfindet“ (AL 297). Oder hier: „Die Geschiedenen in einer neuen Verbindung, zum Beispiel, können sich in sehr unterschiedlichen Situationen befinden, die nicht katalogisiert oder in allzu starre Aussagen eingeschlossen werden dürfen, ohne einer angemessenen persönlichen und pastoralen Unterscheidung Raum zu geben“ (AL 298).

Auf dieser Linie greift der Papst die Beiträge vieler Synodenväter auf uns sagt, dass „Getaufte, die geschieden und zivil wiederverheiratet sind, […] auf die verschiedenen möglichen Weisen stärker in die Gemeinschaft integriert werden [müssen], wobei zu vermeiden ist, jedwelchen Anstoß zu erregen. (…) Ihre Teilnahme kann in verschiedenen kirchlichen Diensten zum Ausdruck kommen. (…) Sie sollen sich nicht nur als nicht exkommuniziert fühlen, sondern können als lebendige Glieder der Kirche leben und reifen. (…) Diese Integration ist auch notwendig für die Sorge und die christliche Erziehung ihrer Kinder, die als das Wichtigste anzusehen sind“ (AL 299).

Etwas allgemeiner macht der Papst eine Feststellung, die sehr wichtig ist um die Orientierung und den Sinn der Exhortation verstehen zu können: „Wenn man die zahllosen Unterschiede der konkreten Situationen (…) berücksichtigt, kann man verstehen, dass man von der Synode oder von diesem Schreiben keine neue, auf alle Fälle anzuwendende generelle gesetzliche Regelung kanonischer Art erwarten durfte. Es ist nur möglich, eine neue Ermutigung auszudrücken zu einer verantwortungsvollen persönlichen und pastoralen Unterscheidung der je spezifischen Fälle. Und da »der Grad der Verantwortung […] nicht in allen Fällen gleich [ist]«, müsste diese Unterscheidung anerkennen, dass die Konsequenzen oder Wirkungen einer Norm nicht notwendig immer dieselben sein müssen“ (300).

Der Papst entwickelt vertiefend Anforderungen und Charakteristiken des Weges der Begleitung und der Unterscheidung in einem vertiefenden Dialog zwischen Hirt und Gläubigen. Dazu verweist er auf die Gedanken der Kirche zu „mildernden Bedingungen und Umständen“, was die Schuldfähigkeit und die Verantwortung für das eigene Handeln angeht. Sich auf den heiligen Thomas von Aquin berufend, der sich mit der Beziehung zwischen Normen und Unterscheidung befasst, bekräftigt er: „Es ist wahr, dass die allgemeinen Normen ein Gut darstellen, das man niemals außer Acht lassen oder vernachlässigen darf, doch in ihren Formulierungen können sie unmöglich alle Sondersituationen umfassen. Zugleich muss gesagt werden, dass genau aus diesem Grund das, was Teil einer praktischen Unterscheidung angesichts einer Sondersituation ist, nicht in den Rang einer Norm erhoben werden kann“ (AL 304).

Im abschließenden Teil des Kapitels, „die Logik der pastoralen Barmherzigkeit“, bekräftigt der Papst sehr deutlich um Zweideutigkeiten zu vermeiden: „Außergewöhnliche Situationen zu verstehen bedeutet niemals, das Licht des vollkommeneren Ideals zu verdunkeln, und auch nicht, weniger anzuempfehlen als das, was Jesus dem Menschen anbietet. Wichtiger als eine Seelsorge der Gescheiterten ist heute das pastorale Bemühen, die Ehen zu festigen und so den Brüchen zuvorzukommen“ (AL 307).

Aber der gesamte Sinn des Kapitel und den Geist, den Papst Franziskus der Pastoral der Kirche mitgeben will, wird mit diesen abschließenden Worten gut erfasst: „Ich lade die Gläubigen, die in komplexen Situationen leben, ein, vertrauensvoll auf ein Gespräch mit ihren Hirten oder mit anderen Laien zuzugehen, die ihr Leben dem Herrn geschenkt haben. Nicht immer werden sie bei ihnen die Bestätigung ihrer eigenen Vorstellungen und Wünsche finden, doch sicher werden sie ein Licht empfangen, das ihnen erlaubt, ihre Situation besser zu verstehen, und sie werden einen Weg der persönlichen Reifung entdecken. Und ich lade die Hirten ein, liebevoll und gelassen zuzuhören, mit dem aufrichtigen Wunsch, mitten in das Drama der Menschen einzutreten und ihren Gesichtspunkt zu verstehen, um ihnen zu helfen, besser zu leben und ihren eigenen Ort in der Kirche zu erkennen“ (AL 312). Zur „Logik der barmherzigen Pastoral betont Papst Franziskus sehr deutlich: „ Manchmal fällt es uns schwer, der bedingungslosen Liebe in der Seelsorge Raum zu geben. Wir stellen der Barmherzigkeit so viele Bedingungen, dass wir sie gleichsam aushöhlen und sie um ihren konkreten Sinn und ihre reale Bedeutung bringen, und das ist die übelste Weise, das Evangelium zu verflüssigen“ (AL 311).

Neuntes Kapitel: Spiritualität in Ehe und Familie

Das neunte Kapitel ist der Spiritualität in Ehe und Familie gewidmet, die „aus Tausenden von realen und konkreten Gesten“ besteht (AL 315). Mit Deutlichkeit heißt es, dass „wer also ein tiefes Verlangen nach Spiritualität hat, soll nicht meinen, die Familie halte ihn von einem Wachstum im Leben des Geistes fern; sie ist vielmehr ein Weg, den der Herr verwendet, um ihn auf die Gipfel der mystischen Vereinigung zu führen“ (AL 316). Alles, „die Momente der Freude, der Erholung oder des Festes und auch die Sexualität [werden] als eine Teilhabe an der Fülle des Lebens in seiner Auferstehung erlebt“ (AS 317).

Es geht also um das Gebet im Licht des Osterfestes, um eine Spiritualität der ausschließlichen und freien Liebe in der Herausforderung des gemeinsam älter Werdens und sich aufreibend, die Treue Gottes immer im Blick (vgl. AL 319). Es ist letztlich die „Spiritualität der Fürsorge, des Trostes und des Ansporns“. „Das ganze Leben der Familie ist ein barmherziges „Weiden und Hüten“. Behutsam malt und schreibt jeder in das Leben des anderen ein“ (AL 322), so der Papst. „ Es ist eine tiefe geistliche Erfahrung, jeden geliebten Menschen mit den Augen Gottes zu betrachten und in ihm Christus zu erkennen“ (AL 323).

Im abschließenden Abschnitt beteuert der Papst: „keine Familie (ist) eine himmlische Wirklichkeit und ein für alle Mal gestaltet, sondern sie verlangt eine fortschreitende Reifung ihrer Liebesfähigkeit. (…) Alle sind wir aufgerufen, das Streben nach etwas, das über uns selbst und unsere Grenzen hinausgeht, lebendig zu erhalten, und jede Familie muss in diesem ständigen Anreiz leben. Gehen wir voran als Familien, bleiben wir unterwegs! (…) Verzweifeln wir nicht an unseren Begrenztheiten, doch verzichten wir ebenso wenig darauf, nach der Fülle der Liebe und der Communio zu streben, die uns verheißen ist“ (AL 325). Die Exhortation endet mit einem Gebet zur Heiligen Familie (AL 325).

* * *

Wenn es überhaupt möglich sein sollte, von einer schnellen Lesung der Inhalte aus die Exhortation zu verstehen, dann muss man sagen, dass Amoris Laetitia mit großer Deutlichkeit nicht das „Ideal“ einer Familie, sondern ihre reiche und komplexe Realität betont. Aus den Seiten spricht ein offener Blick, zutiefst positiv, der sich nicht aus Abstraktionen oder Projektionen eines Ideals ergibt, sondern aus der pastoralen Aufmerksamkeit für die Realität. Das Dokument ist eine dichte Lektüre von geistlichen Anregungen und von praktischer Vernunft, die jedem menschlichen Paar oder auch Menschen, die eine Familie gründen wollen, hilfreich sein kann. Es wird auch deutlich, dass das Dokument Frucht von ganz konkreten Erfahrungen mit Menschen ist, die aus ihrem eigenen Leben heraus wissen, was eine Familie ist und die seit vielen Jahren zusammen leben. Die Exhortation spricht außerdem eine Sprache der Erfahrung und der Hoffnung.

[00534-DE.01] [Originalsprache: Deutsch]

Sintesi in lingua spagnola

Amoris laetitia, sobre el amor en la familia - síntesis

“Amoris laetitia” (AL – “La alegría del amor”), la Exhortación apostólica post-sinodal “sobre el amor en la familia”, con fecha no casual del 19 de marzo, Solemnidad de San José, recoge los resultados de dos Sínodos sobre la familia convocados por Papa Francisco en el 2014 y en el 2015, cuyas Relaciones conclusivas son largamente citadas, junto a los documentos y enseñanzas de sus Predecesores y a las numerosas catequesis sobre la familia del mismo Papa Francisco. Todavía, como ya ha sucedido en otros documentos magisteriales, el Papa hace uso tambiénde las contribuciones de diversas Conferencias episcopales del mundo (Kenia, Australia, Argentina…) y de citaciones de personalidades significativas como Martin Luther King o Eric Fromm. Es particular una citación de la película “La fiesta de Babette”, que el Papa recuerda para explicar el concepto de gratuidad.

Premisa

La Exhortación apostólica impresiona por su amplitud y articulación. Esta se subdivide en nueva capítulos y más de 300 párrafos. Se abre con siete párrafos introductivos que ponen en plena luz la conciencia de la complejidad del tema y la profundización que requiere. Se afirma que las intervenciones de los Padres en el Sínodo han compuesto un “precioso poliedro” (AL 4) que debe ser preservado. En este sentido, el Papa escribe que “no todas las discusiones doctrinales, morales o pastorales deben ser resueltas con intervenciones del magisterio”. Por lo tanto para algunas cuestiones “en cada país o región se deben buscar soluciones más inculturadas, atentas a la tradiciones y a los desafíos locales. De hecho,“las culturas son muy diversas entre sí y todo principio general (…) tiene necesidad de ser inculturado, si quiere ser observado y aplicado”” (AL 3). Este principio de inculturación resulta verdaderamente importante incluso en el modo de plantear y comprender los problemas que, más allá de las cuestiones dogmáticas bien definidas del Magisterio de la Iglesia, no puede ser “globalizado”.

Pero sobre todo el Papa afirma inmediatamente y con claridad que es necesario salir de la estéril contraposición entre la ansiedad de cambio y la aplicación pura y simple de normas abstractas. Escribe: “los debates que se dan en los medios de comunicación, en las publicaciones y aún entre ministros de la Iglesia, van desde un deseo desenfrenado de cambiar todo sin suficiente reflexión o fundamentación, hasta la actitud de pretender resolver todo aplicando normativas generales o extrayendo conclusiones excesivas de algunas reflexiones teológicas” (AL 2).

Capítulo primero: “A la luz de la Palabra”

Puestas estas premisas, el Papa articula su reflexión a partir de la Sagrada Escritura en el primer capítulo, que se desarrolla como una meditación sobre el Salmo 128, característico de la liturgia nupcial tanto judía como cristiana. La Biblia “está poblada de familias, de generaciones, de historias de amor y de crisis familiares” (AL 8) y a partir de este dato se puede meditar cómo la familia no es un ideal abstracto sino un “trabajo ‘artesanal’” (AL 16) que se expresa con ternura (AL 28) pero que se ha confrontado también con el pecado desde el inicio, cuando la relación de amor se transforma en dominio (cfr. AL 19). Entonces la Palabra de Dios “no se muestra como un secuencia de tesis abstractas, sino como una compañera de viaje también para las familias que están en crisis o en medio de algún dolor, y les muestra la meta del camino” (AL 22).

Capítulo segundo: “La realidad y los desafíos de la familia”

A partir del terreno bíblico en el segundo capítulo el Papa considera la situación actual de las familias, poniendo “los pies sobre la tierra” (AL 6), recurriendo ampliamente a las Relaciones conclusivas de los dos Sínodos y afrontando numerosos desafíos, desde el fenómeno migratorio a las negociaciones ideológicas de la diferencia de sexos (“ideología del gender”); desde la cultura de lo provisorio a la mentalidad antinatalista y al impacto de la biotecnología en el campo de la procreación; de la falta de casa y de trabajo a la pornografía y el abuso de menores; de la atención a las personas con discapacidad, al respeto de los ancianos; de la desconstrucción jurídica de la familia, a la violencia contra las mujeres. El Papa insiste sobre lo concreto, que es una propiedad fundamental de la Exhortación. Y son las cosas concretas y el realismo que ponen una substancial diferencia entre teoría de interpretación de la realidad e “ideologías”.

Citando la Familiares consortio Francisco afirma que “es sano prestar atención a la realidad concreta, porque “las exigencias y llamadas del Espíritu resuenan también en los acontecimientos mismos de la historia”, a través de los cuales “la Iglesia puede ser guiada a una comprensión más profunda del inagotable misterio del matrimonio y de la familia”. (AL 31) Por lo tanto, sin escuchar la realidad no es posible comprender las exigencias del presente ni los llamados del Espíritu. El Papa nota que el individualismo exagerado hace difícil hoy la entrega a otra persona de manera generosa (Cfr. AL 33). Esta es una interesante fotografía de la situación: “se teme la soledad, se desea un espacio de protección y de fidelidad, pero al mismo tiempo crece el temor de ser atrapado por una relación que pueda postergar el logro de las aspiraciones personales” (AL 34).

La humildad del realismo ayuda a no presentar “un ideal teológico del matrimonio demasiado abstracto, casi artificialmente construido, lejano de la situación concreta y de las posibilidades efectivas de las familias reales” (AL 36). El idealismo aleja de considerar al matrimonio tal cual es, esto es “un camino dinámico de crecimiento y realización”. Por esto no es necesario tampoco creer que las familias se sostienen “solamente insistiendo sobre cuestiones doctrinales, bioéticas y morales, sin motivar la apertura a la gracia” (AL 37). Invitando a una cierta “autocrítica” de una presentación no adecuada de la realidad matrimonial y familiar, el Papa insiste que es necesario dar espacio a la formación de la conciencia de los fieles: “Estamos llamado a formar las conciencias no a pretender sustituirlas” (AL 37). Jesús proponía un ideal exigente pero “no perdía jamás la cercana compasión con las personas más frágiles como la samaritana o la mujer adúltera” (AL 38).

Capítulo tercero: “La mirada puesta en Jesús: la vocación de la familia”

El tercer capítulo está dedicado a algunos elementos esenciales de la enseñanza de la Iglesia a cerca del matrimonio y la familia. La presencia de este capítulo es importante porque ilustra de manera sintética en 30 párrafos la vocación de la familia según el Evangelio, así como fue entendida por la Iglesia en el tiempo, sobre todo sobre el tema de la indisolubilidad, de la sacramentalidad del matrimonio, de la transmisión de la vida y de la educación de los hijos. Son ampliamente citadas la Gaudium et spes del Vaticano II, la Humanae vitae de Pablo VI, la Familiares consortio de Juan Pablo II.

La mirada es amplia e incluye también las “situaciones imperfectas”. Leemos de hecho: “’El discernimiento de la presencia de las ‘semina Verbi’’ en otras culturas (cfr Ad gentes, 11) puede ser aplicado también a la realidad matrimonial y familiar. Fuera del verdadero matrimonio natural también hay elementos positivos presentes en las formas matrimoniales de otras tradiciones religiosas’, aunque tampoco falten las sombras” (AL 77). La reflexión incluye también a las “familias heridas” frente a las cuales el Papa afirma –citando la Relatio finalis del Sínodo 2015- “siempre es necesario recordar un principio general: “Sepan los pastores que, por amor a la verdad, están obligados a discernir bien las situaciones” (Familiares consortio, 84). El grado de responsabilidad no es igual en todos los casos, y puede haber factores que limitan la capacidad de decisión. Por lo tanto, al mismo tiempo que la doctrina debe expresarse con claridad, hay que evitar los juicios que no toman en cuenta la complejidad de las diversas situaciones, y hay que estar atentos al modo en que las personas viven y sufren a causa de su condición” (AL 79).

Capítulo cuatro: “El amor en el matrimonio”

El cuarto capítulo trata del amor en el matrimonio, y lo ilustra a partir del “himno al amor” de san Pablo en 1 Cor 13,4-7. El capítulo es una verdadera y propia exégesis atenta, puntual, inspirada y poética del texto paulino. Podríamos decir que se trata de una colección de fragmentos de un discurso amoroso que está atento a describir el amor humano en términos absolutamente concretos. Uno se queda impresionado por la capacidad de introspección psicológica que sella esta exégesis. La profundización psicológica entra en el mundo de las emociones de los conyugues –positivas y negativas- y en la dimensión erótica del amor. Se trata de una contribución extremamente rica y preciosa para la vida cristiana de los conyugues, que no tiene hasta ahora parangón en precedentes documentos papales.

A su modo este capítulo constituye un tratado dentro del desarrollo más amplio, plenamente consciente de la cotidianidad del amor que es enemiga de todo idealismo: “no hay que arrojar sobre dos personas limitadas –escribe el Pontífice- el tremendo peso de tener que reproducir de manera perfecta la unión que existe entre Cristo y su Iglesia, porque el matrimonio como signo implica “un proceso dinámico, que avanza gradualmente con la progresiva integración de los dones de Dios”” (AL 122). Pero por otra parte el Papa insiste de manera fuerte y decidida sobre el hecho de que “en la naturaleza misma del amor conyugal está la apertura a lo definitivo” (AL 123), propiamente al interior de esa “combinación de alegrías y de fatigas, de tensiones y de reposo, de sufrimientos y de liberación, de satisfacciones y de búsquedas, de fastidios y de placeres” (AL 126) es, precisamente, el matrimonio.

El capítulo se concluye con una reflexión muy importante sobre la “transformación del amor” porque “la prolongación de la vida hace que se produzca algo que no era común en otros tiempos: la relación íntima y la pertenencia mutua deben conservarse por cuatro, cinco o seis décadas, y esto se convierte en una necesidad de volver a elegirse una y otra vez” (AL 163). El aspecto físico cambia y la atracción amorosa no disminuye pero cambia: el deseo sexual con el tiempo se puede transformar en deseo de intimidad y “complicidad”. “No podemos prometernos tener los mismos sentimientos durante toda la vida. En cambio, sí podemos tener un proyecto común estable, comprometernos a amarnos y a vivir unidos hasta que la muerte nos separe, y vivir siempre una rica intimidad” (AL 163).

Capitulo quinto: “El amor que se vuelve fecundo”

El capítulo quinto esta todo concentrado sobre la fecundidad y la generatividad del amor. Se habla de manera espiritual y psicológicamente profunda del recibir una vida nueva, de la espera propia del embarazo, del amor de madre y de padre. Pero también de la fecundidad ampliada, de la adopción, de la aceptación de la contribución de las familias para promover la “cultura del encuentro”, de la vida de la familia en sentido amplio, con la presencia de los tíos, primos, parientes de parientes, amigos. Amoris laetitia no toma en consideración la familia “mononuclear”, porque es bien consciente de la familia como amplia red de relaciones. La misma mística del sacramento del matrimonio tiene un profundo carácter social (cfr. AL 186). Y al interno de esta dimensión el Papa subraya en particular tanto el rol específico de la relación entre jóvenes y ancianos, como la relación entre hermanos y hermanas como práctica de crecimiento en relación con los otros.

Capítulo sexto: “Algunas perspectivas pastorales”

En el sexto capítulo el Papa afronta algunas vías pastorales que orientan para construir familias sólidas y fecundas según el plan de Dios. En esta parte la Exhortación hace un largo recurso a las Relaciones conclusivas de los dos Sínodos y a las catequesis del Papa Francisco y de Juan Pablo II. Se confirma que las familias son sujeto y no solamente objeto de evangelización. El Papa señala que “a los ministros ordenados les suele faltar formación adecuada para tratar los complejos problemas actuales de las familias” (AL 202). Si por una parte es necesario mejorar la formación psico-afectiva de los seminaristas e involucrar más a las familias en la formación al ministerio (cfr. AL 203), por otra “puede ser útil (…) también la experiencia de la larga tradición oriental de los sacerdotes casados” (cfr. AL 239).

Después el Papa afronta el tema de guiar a los novios en el camino de la preparación al matrimonio, de acompañar a los esposos en los primeros años de vida matrimonial (incluido el tema de la paternidad responsable), pero también en algunas situaciones complejas y en particular en las crisis, sabiendo que “cada crisis esconde una buena noticia que hay que saber escuchar afinando el oído del corazón” (AL 232). Se analizan algunas causas de crisis, entre las cuales una maduración afectiva retrasada (cfr. AL 239).

Entre otras cosas se habla también del acompañamiento de las personas abandonadas, separadas y divorciadas y se subraya la importancia de la reciente reforma de los procedimientos para el reconocimiento de los casos de nulidad matrimonial. Se pone de relieve el sufrimiento de los hijos en las situaciones de conflicto y se concluye: “El divorcio es un mal, y es muy preocupante el crecimiento del número de divorcios. Por eso, sin duda, nuestra tarea pastoral más importante con respecto a las familias, es fortalecer el amor y ayudar a sanar las heridas, de manera que podamos prevenir el avance de este drama de nuestra época” (AL 246).

Se tocan después las situaciones de matrimonios mixtos y de aquellos con disparidad de culto, y las situaciones de las familias que tienen en su interior personas con tendencia homosexual, confirmando el respeto en relación a ellos y el rechazo de toda injusta discriminación y de toda forma de agresión o violencia. Pastoralmente preciosa es la parte final del capítulo; “Cuando la muerte planta su aguijón”, sobre el tema de la perdida de las personas queridas y la viudez.

Capítulo séptimo: “Reforzar la educación de los hijos”

El séptimo capítulo esta todo dedicado a la educación de los hijos: su formación ética, el valor de la sanción como estímulo, el paciente realismo, la educación sexual, la transmisión de la fe, y más en general, la vida familiar como contexto educativo. Es interesante la sabiduría práctica que transparenta en cada párrafo y sobre todo la atención a la gradualidad y a los pequeños pasos “que puedan ser comprendidos, aceptados y valorados” (AL 271).

Hay un párrafo particularmente significativo y pedagógicamente fundamental en el cual Francisco afirma claramente que “la obsesión no es educativa, y no se puede tener un control de todas las situaciones por las que podría llegar a pasar un hijo (…) Si un padre está obsesionado por saber dónde está su hijo y por controlar todos sus movimientos, sólo buscará dominar su espacio. De ese modo no lo educará, no lo fortalecerá, no lo preparará para enfrentar los desafíos. Lo que interesa sobre todo es generar en el hijo, con mucho amor, procesos de maduración de su libertad, de capacitación, de crecimiento integral, de cultivo de la auténtica autonomía” (AL 261).

Notable es la sección dedicada a la educación sexual titulada muy expresivamente: “Si a la educación sexual”. Se sostiene su necesidad y se nos pregunta “si nuestras instituciones educativas han asumido este desafío (…) en una época en que se tiende a banalizar y a empobrecer la sexualidad”. Ella debe realizarse “en el cuadro de una educación al amor, a la recíproca donación” (AL 280). Se pone en guardia de la expresión “sexo seguro”, porque transmite “una actitud negativa hacia la finalidad procreativa natural de la sexualidad, como si un posible hijo fuera un enemigo del cual hay que protegerse. Así se promueve la agresividad narcisista en lugar de la acogida” (AL 283).

Capítulo octavo: “Acompañar, discernir e integrar la fragilidad”

El capítulo octavo constituye una invitación a la misericordia y al discernimiento pastoral frente a situaciones que no responden plenamente a aquello que el Señor propone. El Papa que escribe usa tres verbos muy importantes: “acompañar, discernir e integrar” que son fundamentales para afrontar situaciones de fragilidad, complejas o irregulares. Entonces el Papa presenta la necesaria gradualidad en la pastoral, la importancia del discernimiento, las normas y circunstancias atenuantes en el discernimiento pastoral y en fin, aquella que él define la “lógica de la misericordia pastoral”.

El capítulo octavo es muy delicado. Para leerlo se debe recordar que “a menudo, la tarea de la Iglesia asemeja a la de un hospital de campaña” (AL 291). Aquí el Pontífice asume lo que ha sido fruto de las reflexiones del Sínodo sobre temáticas controvertidas. Se confirma qué es el matrimonio cristiano y se agrega que “otras formas de unión contradicen radicalmente este ideal, pero algunas lo realizan al menos de modo parcial y análogo”. La Iglesia por lo tanto “no deja de valorar los elementos constructivos en aquellas situaciones que no corresponden todavía o ya no corresponden más a su enseñanza sobre el matrimonio” (AL 292).

En relación al “discernimiento” acerca de las situaciones “irregulares” el Papa observa que “hay que evitar los juicios que no toman en cuenta la complejidad de las diversas situaciones, y es necesario estar atentos al modo en que las personas viven y sufren a causa de su condición” (AL 296). Y continua: “Se trata de integrar a todos, se debe ayudar a cada uno a encontrar su propia manera de participar en la comunidad eclesial, para que se sienta objeto de una misericordia “inmerecida, incondicional y gratuita”” (AL 297). Todavía: “Los divorciados en nueva unión, por ejemplo, pueden encontrarse en situaciones muy diferentes, que no han de ser catalogadas o encerradas en afirmaciones demasiado rígidas sin dejar lugar a un adecuado discernimiento personal y pastoral” (AL 298).

En esta línea, acogiendo las observaciones de muchos Padres sinodales, el Papa afirma que “los bautizados que se han divorciado y se han vuelto a casar civilmente deben ser más integrados en la comunidad cristiana en las diversas formas posibles, evitando cualquier ocasión de escándalo”. “Su participación puede expresarse en diferentes servicios eclesiales (…) Ellos no sólo no tienen que sentirse excomulgados, sino que pueden vivir y madurar como miembros vivos de la Iglesia (…) Esta integración es también necesaria para el cuidado y la educación cristiana de sus hijos, que deben ser considerados los más importantes” (AL 299).

Más en general el Papa hace una afirmación extremamente importante para comprender la orientación y el sentido de la Exhortación: “Si se tiene en cuenta la innumerable diversidad de situaciones concretas (…) puede comprenderse que no debería esperarse del Sínodo o de esta Exhortación una nueva normativa general de tipo canónica, aplicable a todos los casos. Sólo cabe un nuevo aliento a un responsable discernimiento personal y pastoral de los casos particulares, que debería reconocer que, puesto que “el grado de responsabilidad no es igual en todos los casos”, las consecuencias o efectos de una norma no necesariamente deben ser siempre las mismas” (AL 300). El Papa desarrolla de modo profundo exigencias y características del camino de acompañamiento y discernimiento en diálogo profundo entre fieles y pastores. A este fin llama a la reflexión de la Iglesia “sobre los condicionamientos y circunstancias atenuantes” en lo que reguarda a la imputabilidad y la responsabilidad de las acciones y, apoyándose en Santo Tomas de Aquino, se detiene sobre la relación entre “las normas y el discernimiento” afirmando: “Es verdad que las normas generales presentan un bien que nunca se debe desatender ni descuidar, pero en su formulación no pueden abarcar absolutamente todas las situaciones particulares. Al mismo tiempo, hay que decir que, precisamente por esa razón, aquello que forma parte de un discernimiento práctico ante una situación particular no puede ser elevado a la categoría de una norma” (AL 304).

En la última sección del capítulo: “la lógica de la misericordia pastoral”, Papa Francisco, para evitar equívocos, reafirma con fuerza: “Comprender las situaciones excepcionales nunca implica ocultar la luz del ideal más pleno ni proponer menos que lo que Jesús ofrece al ser humano. Hoy, más importante que una pastoral de los fracasos es el esfuerzo pastoral para consolidar los matrimonios y así prevenir las rupturas” (AL 307). Pero el sentido general del capítulo y del espíritu que el Papa quiere imprimir a la pastoral de la Iglesia está bien resumido en las palabras finales: “Invito a los fieles que están viviendo situaciones complejas, a que se acerquen con confianza a conversar con sus pastores o con laicos que viven entregados al Señor. No siempre encontrarán en ellos una confirmación de sus propias ideas o deseos, pero seguramente recibirán una luz que les permita comprender mejor lo que les sucede y podrán descubrir un camino de maduración personal. E invito a los pastores a escuchar con afecto y serenidad, con el deseo sincero de entrar en el corazón del drama de las personas y de comprender su punto de vista, para ayudarles a vivir mejor y a reconocer su propio lugar en la Iglesia” (AL 312). Sobre la “lógica de la misericordia pastoral” Papa Francisco afirma con fuerza:“A veces nos cuesta mucho dar lugar en la pastoral al amor incondicional de Dios. Ponemos tantas condiciones a la misericordia que la vaciamos de sentido concreto y de significación real, y esa es la peor manera de licuar el Evangelio” (AL 311).

Capítulo noveno: “Espiritualidad conyugal y familiar”

El noveno capítulo está dedicado a la espiritualidad conyugal y familiar, “hecha de miles de gestos reales y concretos” (AL 315). Con claridad se dice que “quienes tienen hondos deseos espirituales no deben sentir que la familia los aleja del crecimiento en la vida del Espíritu, sino que es un camino que el Señor utiliza para llevarles a las cumbres de la unión mística” (AL 316). Todo, “los momentos de gozo, el descanso o la fiesta, y aun la sexualidad, se experimentan como una participación en la vida plena de su Resurrección” (AL 317). Se habla entonces de la oración a la luz de la Pascua, de la espiritualidad del amor exclusivo y libre en el desafío y el anhelo de envejecer y gastarse juntos, reflejando la fidelidad de Dios (cfr. AL 319). Y, en fin, de la espiritualidad “del cuidado, de la consolación y el estímulo”. “Toda la vida de la familia es un “pastoreo” misericordioso. Cada uno, con cuidado, pinta y escribe en la vida del otro” (AL 322), escribe el Papa. Es una honda “experiencia espiritual contemplar a cada ser querido con los ojos de Dios y reconocer a Cristo en él” (AL 323).

En el párrafo conclusivo el Papa afirma: “ninguna familia es una realidad perfecta y confeccionada de una vez para siempre, sino que requiere una progresiva maduración de su capacidad de amar (...). Todos estamos llamados a mantener viva la tensión hacia un más allá de nosotros mismos y de nuestros límites, y cada familia debe vivir en ese estímulo constante. ¡Caminemos familias, sigamos caminando! (…) No desesperemos por nuestros límites, pero tampoco renunciemos a buscar la plenitud de amor y de comunión que se nos ha prometido” (AL 325).

La Exhortación apostólica se concluye con una Oración a la Sagrada Familia (AL 325).

* * *

Como es posible comprender con un rápido examen de sus contenidos, la Exhortación apostólica Amoris laetitia quiere confirmar con fuerza no el “ideal” de la familia, sino su realidad rica y compleja. Hay en sus páginas una mirada abierta, profundamente positiva, que se nutre no de abstracciones o proyecciones ideales, sino de una atención pastoral a la realidad. El documento es una lectura densa de sugerencias espirituales y de sabiduría práctica, útil a cada pareja humana o a personas que desean construir una familia. Se ve sobretodo que es fruto de una experiencia concreta con personas que saben por experiencia qué es la familia y el vivir juntos por muchos años. La Exhortación habla de hecho el lenguaje de la experiencia.

[00534-ES.01] [Texto original: Español]

Sintesi in lingua portoghese

Amoris laetitia, sobre o amor na família - Sumário

“Amoris laetitia” (AL - “A alegria do amor”), a Exortação apostólica pós-sinodal “sobre o amor na família”, datada não por acaso de 19 de março, Solenidade de S. José, recolhe os resultados de dois Sínodos sobre a família convocados pelo Papa Francisco em 2014 e 2015, cujas Relações conclusivas são abundantemente citadas, juntamente com documentos e ensinamentos dos seus Predecessores e as numerosas catequeses sobre a família do próprio Papa Francisco. Contudo, como já sucedeu noutros documentos magisteriais, o Papa recorre também a contributos de diversas Conferências episcopais de todo o mundo (Quénia, Austrália, Argentina...) e a citações de personalidades de relevo, como Martin Luther King ou Erich Fromm. Ressalta em particular uma citação do filme “A Festa de Babette”, que o Papa recorda para explicar o conceito de gratuitidade.

Premissa

A Exortação apostólica chama a atenção pela sua amplitude e articulação. Está dividida em nove capítulos e mais de 300 parágrafos. Tem início com sete parágrafos introdutórios que evidenciam a plena consciência da complexidade do tema, que requer ser aprofundado. Afirma-se que as intervenções dos Padres no Sínodo constituíram um «precioso poliedro» (AL 4) que deve ser preservado. Neste sentido, o Papa escreve que «nem todas as discussões doutrinais, morais ou pastorais devem ser resolvidas através de intervenções magisteriais». Por conseguinte, para algumas questões «em cada país ou região, é possível buscar soluções mais inculturadas, atentas às tradições e aos desafios locais. De facto, “as culturas são muito diferentes entre si e cada princípio geral (...), se quiser ser observado e aplicado, precisa de ser inculturado”» (AL 3). Este princípio de inculturação revela-se como muito importante até no modo de articular e compreender os problemas, modo esse que, sem entrar nas questões dogmáticas bem definidas pelo Magistério da Igreja, não pode ser «globalizado».

Mas sobretudo o Papa afirma de imediato e com clareza que é necessário sair da estéril contraposição entre a ânsia de mudança e a aplicação pura e simples de normas abstratas. Escreve: «Os debates, que têm lugar nos meios de comunicação ou em publicações e mesmo entre ministros da Igreja, estendem-se desde o desejo desenfreado de mudar tudo sem suficiente reflexão ou fundamentação até à atitude que pretende resolver tudo através da aplicação de normas gerais ou deduzindo conclusões excessivas de algumas reflexões teológicas» (AL 2).

Capítulo primeiro: “À luz da Palavra”

Enunciadas estas premissas, o Papa articula a sua reflexão a partir das Sagradas Escrituras no primeiro capítulo, que se desenvolve como uma meditação acerca do Salmo 128, característico da liturgia nupcial hebraica, assim como da cristã. A Bíblia «aparece cheia de famílias, gerações, histórias de amor e de crises familiares» (AL 8) e a partir deste dado pode meditar-se como a família não é um ideal abstrato, mas uma «tarefa “artesanal”» (AL 16) que se exprime com ternura (AL 28), mas que se viu confrontada desde o início também pelo pecado, quando a relação de amor se transformou em domínio (cf. AL 19). Então, a Palavra de Deus «não se apresenta como uma sequência de teses abstratas, mas como uma companheira de viagem, mesmo para as famílias que estão em crise ou imersas nalguma tribulação, mostrando-lhes a meta do caminho» (AL 22).

Capítulo segundo: “A realidade e os desafios das famílias”

Partindo do terreno bíblico, o Papa considera no segundo capítulo a situação atual das famílias, mantendo «os pés assentes na terra» (AL 6), bebendo com abundância das Relações conclusivas dos dois Sínodos e enfrentando numerosos desafios, desde o fenómeno migratório à negação ideológica da diferença de sexo («ideologia de género»); da cultura do provisório à mentalidade anti-natalidade e ao impacto das biotecnologias no campo da procriação; da falta de habitação e de trabalho à pornografia e ao abuso de menores; da atenção às pessoas com deficiência ao respeito pelos idosos; da desconstrução jurídica da família à violência para com as mulheres. O Papa insiste no carácter concreto, que é um elemento fundamental da Exortação. E é este carácter concreto e realista que estabelece uma diferença substancial entre «teorias» de interpretação da realidade e «ideologias».

Citando a Familiaris consortio, Francisco afirma que «é salutar prestar atenção à realidade concreta, porque “os pedidos e os apelos do Espírito ressoam também nos acontecimentos da história” através dos quais “a Igreja pode ser guiada para uma compreensão mais profunda do inexaurível mistério do matrimónio e da família”» (AL 31). Sem escutar a realidade não é possível compreender nem as exigências do presente nem os apelos do Espírito. O Papa nota que o individualismo exacerbado torna hoje difícil a doação a uma outra pessoa de uma maneira generosa (cf. AL 33). Eis um interessante retrato da situação: «Teme-se a solidão, deseja-se um espaço de proteção e fidelidade mas, ao mesmo tempo, cresce o medo de ficar encurralado numa relação que possa adiar a satisfação das aspirações pessoais» (AL 34).

A humildade do realismo ajuda a não apresentar «um ideal teológico do matrimónio demasiado abstrato, construído quase artificialmente, distante da situação concreta e das possibilidades efetivas das famílias tais como são» (AL 36). O idealismo não permite considerar o matrimónio assim como é, ou seja, «um caminho dinâmico de crescimento e realização». Por isso, também não se pode julgar que se possa apoiar as famílias «com a simples insistência em questões doutrinais, bioéticas e morais, sem motivar a abertura à graça» (AL 37). Convidando a uma certa “autocrítica” de uma apresentação não adequada da realidade matrimonial e familiar, o Papa insiste na necessidade de dar espaço à formação da consciência dos fiéis: «Somos chamados a formar as consciências, não a pretender substituí-las» (AL37). Jesus propunha um ideal exigente, mas «não perdia jamais a proximidade compassiva às pessoas frágeis como a samaritana ou a mulher adúltera» (AL 38).

Capítulo terceiro: “O olhar fixo em Jesus: a vocação da família”

O terceiro capítulo é dedicado a alguns elementos essenciais do ensinamento da Igreja acerca do matrimónio e da família. É importante a presença deste capítulo, porque ilustra de uma maneira sintética em 30 parágrafos a vocação à família de acordo com o Evangelho, assim como ela foi recebida pela Igreja ao longo do tempo, sobretudo quanto ao tema da indissolubilidade, da sacramentalidade do matrimónio, da transmissão da vida e da educação dos filhos. Fazem-se inúmeras citações da Gaudium et spes do Vaticano II, da Humanae vitae de Paulo VI, da Familiaris consortio de João Paulo II.

O olhar é amplo e inclui também as «situações imperfeitas». Com efeito, lemos: «“O discernimento da presença das semina Verbi nas outras culturas (cf. Ad gentes, 11) pode-se aplicar também à realidade matrimonial e familiar. Para além do verdadeiro matrimónio natural, há elementos positivos também nas formas matrimoniais doutras tradições religiosas”, embora não faltem também as sombras» (AL 77). A reflexão inclui ainda as «famílias feridas», a propósito das quais o Papa afirma - citando a Relatio finalis do Sínodo de 2015 — «é preciso lembrar sempre um princípio geral: “Saibam os pastores que, por amor à verdade, estão obrigados a discernir bem as situações” (Familiaris consortio, 84). O grau de responsabilidade não é igual em todos os casos, e podem existir fatores que limitem a capacidade de decisão. Por isso, ao mesmo tempo que se exprime com clareza a doutrina, há que evitar juízos que não tenham em conta a complexidade das diferentes situações, e é preciso estar atentos ao modo como as pessoas vivem e sofrem por causa da sua condição» (AL 79).

Capítulo quarto: “O amor no matrimónio”

O quarto capítulo trata do amor no matrimónio e ilustra-o a partir do “hino ao amor” de São Paulo de 1 Cor 13, 4-7. O capítulo é uma verdadeira e autêntica exegese cuidadosa, precisa, inspirada e poética do texto paulino. Poderemos dizer que se trata de uma coleção de fragmentos de um discurso amoroso que cuida de descrever o amor humano em termos absolutamente concretos. Surpreende-nos a capacidade de introspeção psicológica evidenciada por esta exegese. O aprofundamento psicológico chega ao mundo das emoções dos cônjuges - positivas e negativas - e à dimensão erótica do amor. Este é um contributo extremamente rico e precioso para a vida cristã dos cônjuges, que não tinha até agora paralelo em anteriores documentos papais.

À sua maneira, este capítulo constitui um pequeno tratado no conjunto de um desenvolvimento mais amplo, plenamente consciente do carácter quotidiano do amor que se opõe a todos os idealismos: «não se deve atirar para cima de duas pessoas limitadas o peso tremendo de ter que reproduzir perfeitamente a união que existe entre Cristo e a sua Igreja, porque o matrimónio como sinal implica “um processo dinâmico, que avança gradualmente com a progressiva integração dos dons de Deus”» (AL 122). Mas, por outro lado, o Papa insiste de modo enérgico e firme no facto de que «na própria natureza do amor conjugal, existe a abertura ao definitivo» (AL 123) precisamente no íntimo daquela «combinação necessária de alegrias e fadigas, de tensões e repouso, de sofrimentos e libertações, de satisfações e buscas, de aborrecimentos e prazeres» (Al 126) que é de facto o matrimónio.

O capítulo conclui-se com uma reflexão muito importante acerca da «transformação do amor» uma vez que «o alongamento da vida provocou algo que não era comum noutros tempos: a relação íntima e a mútua pertença devem ser mantidas durante quatro, cinco ou seis décadas, e isto gera a necessidade de renovar repetidas vezes a recíproca escolha» (AL 163). A aparência física transforma-se e a atração amorosa não desaparece, mas muda: com o tempo, o desejo sexual pode transformar-se em desejo de intimidade e «cumplicidade». «Não é possível prometer que teremos os mesmos sentimentos durante a vida inteira; mas podemos ter um projeto comum estável, comprometer-nos a amar-nos e a viver unidos até que a morte nos separe, e viver sempre uma rica intimidade» (AL 163).

Capítulo quinto: “O amor que se torna fecundo”

O quinto capítulo centra-se por completo na fecundidade e no carácter gerador do amor. Fala-se de uma maneira espiritualmente e psicologicamente profunda do acolher uma nova vida, da espera própria da gravidez, do amor de mãe e de pai. Mas também da fecundidade alargada, da adoção, do acolhimento do contributo das famílias para a promoção de uma “cultura do encontro”, da vida na família em sentido amplo, com a presença de tios, primos, parentes dos parentes, amigos. A Amoris laetitia não toma em consideração a família «mononuclear», mas está bem consciente da família como rede de relações alargadas. A própria mística do sacramento do matrimónio tem um profundo carácter social (cf. AL 186). E no âmbito desta dimensão social, o Papa sublinha em particular tanto o papel específico da relação entre jovens e idosos, como a relação entre irmãos como aprendizagem de crescimento na relação com os outros.

Capítulo sexto: “Algumas perspetivas pastorais”

No sexto capítulo, o Papa aborda algumas vias pastorais que orientam para a edificação de famílias sólidas e fecundas de acordo com o plano de Deus. Nesta parte, a Exortação recorre às Relações conclusivas dos dois Sínodos e às catequeses do Papa Francisco e de João Paulo II. Volta-se a sublinhar que as famílias são sujeito e não apenas objeto de evangelização. O Papa observa que «os ministros ordenados carecem, habitualmente, de formação adequada para tratar dos complexos problemas atuais das famílias» (AL 202). Se, por um lado, é necessário melhorar a formação psicoafetiva dos seminaristas e envolver mais a família na formação para o ministério (cf. AL 203), por outro «pode ser útil também a experiência da longa tradição oriental dos sacerdotes casados» (AL 202).

Em seguida, o Papa desenvolve o tema da orientação dos noivos no caminho de preparação para o matrimónio, do acompanhamento dos esposos nos primeiros anos da vida matrimonial (incluindo o tema da paternidade responsável), mas também em algumas situações complexas e, em particular, nas crises, sabendo que «cada crise esconde uma boa notícia, que é preciso saber escutar, afinando os ouvidos do coração» (AL 232). São analisadas algumas causas de crise, entre elas uma maturação afetiva retardada (cf. AL 239).

Além disso, fala-se também do acompanhamento das pessoas abandonadas, separadas ou divorciadas e sublinha-se a importância da recente reforma dos procedimentos para o reconhecimento dos casos de nulidade matrimonial. Coloca-se em relevo o sofrimento dos filhos nas situações de conflito e conclui-se: «O divórcio é um mal, e é muito preocupante o aumento do número de divórcios. Por isso, sem dúvida, a nossa tarefa pastoral mais importante relativamente às famílias é reforçar o amor e ajudar a curar as feridas, para podermos impedir o avanço deste drama do nosso tempo» (AL 246). Referem-se de seguida as situações dos matrimónios mistos e daqueles com disparidade de culto, e a situação das famílias que têm dentro de si pessoas com tendência homossexual, insistindo no respeito para com elas e na recusa de qualquer discriminação injusta e de todas das formas de agressão e violência. A parte final do capítulo, «quando a morte crava o seu aguilhão», é de grande valor pastoral, tocando o tema da perda das pessoas queridas e da viuvez.

Capítulo sétimo: “Reforçar a educação dos filhos”

O sétimo capítulo é totalmente dedicado à educação dos filhos: a sua formação ética, o valor da sanção como estímulo, o realismo paciente, a educação sexual, a transmissão da fé e, mais em geral, a vida familiar como contexto educativo. É interessante a sabedoria prática que transparece em cada parágrafo e sobretudo a atenção à gradualidade e aos pequenos passos que «possam ser compreendidos, aceites e apreciados» (AL 271).

Há um parágrafo particularmente significativo e de um valor pedagógico fundamental em que Francisco afirma com clareza que «a obsessão (...) não é educativa; e também não é possível ter o controle de todas as situações onde um filho poderá chegar a encontrar-se (...). Se um progenitor está obcecado com saber onde está o seu filho e controlar todos os seus movimentos, procurará apenas dominar o seu espaço. Mas, desta forma, não o educará, não o reforçará, não o preparará para enfrentar os desafios. O que interessa acima de tudo é gerar no filho, com muito amor, processos de amadurecimento da sua liberdade, de preparação, de crescimento integral, de cultivo da autêntica autonomia» (AL 261).

A secção dedicada à educação sexual é notável, e intitula-se muito expressivamente: «Sim à educação sexual». Sustenta-se a sua necessidade e formula-se a interrogação de saber «se as nossas instituições educativas assumiram este desafio (…) num tempo em que se tende a banalizar e empobrecer a sexualidade». A educação sexual deve ser realizada «no contexto duma educação para o amor, para a doação mútua» (AL 280). É feita uma advertência em relação à expressão «sexo seguro», pois transmite «uma atitude negativa a respeito da finalidade procriadora natural da sexualidade, como se um possível filho fosse um inimigo de que é preciso proteger-se. Deste modo promove-se a agressividade narcisista, em vez do acolhimento» (AL 283).

Capítulo oitavo: “Acompanhar, discernir e integrar a fragilidade”

O capítulo oitavo representa um convite à misericórdia e ao discernimento pastoral diante de situações que não correspondem plenamente ao que o Senhor propõe. O Papa usa aqui três verbos muito importantes: «acompanhar, discernir e integrar», os quais são fundamentais para responder a situações de fragilidade, complexas ou irregulares. Em seguida, apresenta a necessária gradualidade na pastoral, a importância do discernimento, as normas e circunstâncias atenuantes no discernimento pastoral e, por fim, aquela que é por ele definida como a «lógica da misericórdia pastoral».

O oitavo capítulo é muito delicado. Na sua leitura deve recordar-se que «muitas vezes, o trabalho da Igreja é semelhante ao de um hospital de campanha» (AL 291). O Pontífice assume aqui aquilo que foi fruto da reflexão do Sínodo acerca de temáticas controversas. Reforça-se o que é o matrimónio cristão e acrescenta-se que «algumas formas de união contradizem radicalmente este ideal, enquanto outras o realizam pelo menos de forma parcial e analógica». Por conseguinte, «a Igreja não deixa de valorizar os elementos construtivos nas situações que ainda não correspondem ou já não correspondem à sua doutrina sobre o matrimónio» (AL 292).

No que respeita ao «discernimento» acerca das situações «irregulares», o Papa observa: «temos de evitar juízos que não tenham em conta a complexidade das diversas situações e é necessário estar atentos ao modo em que as pessoas vivem e sofrem por causa da sua condição» (AL 296). E continua: «Trata-se de integrar a todos, deve-se ajudar cada um a encontrar a sua própria maneira de participar na comunidade eclesial, para que se sinta objeto duma misericórdia “imerecida, incondicional e gratuita”»(AL 297). E ainda: «Os divorciados que vivem numa nova união, por exemplo, podem encontrar-se em situações muito diferentes, que não devem ser catalogadas ou encerradas em afirmações demasiado rígidas, sem deixar espaço para um adequado discernimento pessoal e pastoral» (AL 298).

Nesta linha, acolhendo as observações de muitos Padres sinodais , o Papa afirma que «os batizados que se divorciaram e voltaram a casar civilmente devem ser mais integrados na comunidade cristã sob as diferentes formas possíveis, evitando toda a ocasião de escândalo». «A sua participação pode exprimir-se em diferentes serviços eclesiais (…). Não devem sentir-se excomungados, mas podem viver e maturar como membros vivos da Igreja (…). Esta integração é necessária também para o cuidado e a educação cristã dos seus filhos» (AL 299).

Mais em geral, o Papa profere uma afirmação extremamente importante para que se compreenda a orientação e o sentido da Exortação: «Se se tiver em conta a variedade inumerável de situações concretas (…) é compreensível que se não devia esperar do Sínodo ou desta Exortação uma nova normativa geral de tipo canónico, aplicável a todos os casos. É possível apenas um novo encorajamento a um responsável discernimento pessoal e pastoral dos casos particulares, que deveria reconhecer: uma vez que “o grau de responsabilidade não é igual em todos os casos”, as consequências ou efeitos duma norma não devem necessariamente ser sempre os mesmos» (AL 300). O Papa desenvolve em profundidade as exigências e características do caminho de acompanhamento e discernimento em diálogo profundo entre fiéis e pastores. A este propósito, faz apelo à reflexão da Igreja «sobre os condicionamentos e as circunstâncias atenuantes» no que respeita à imputabilidade das ações e, apoiando-se em S. Tomás de Aquino, detém-se na relação entre «as normas e o discernimento», afirmando: «É verdade que as normas gerais apresentam um bem que nunca se deve ignorar nem transcurar, mas, na sua formulação, não podem abarcar absolutamente todas as situações particulares. Ao mesmo tempo é preciso afirmar que, precisamente por esta razão, aquilo que faz parte dum discernimento prático duma situação particular não pode ser elevado à categoria de norma» (AL 304).

Na última secção do capítulo, «A lógica da misericórdia pastoral», o Papa Francisco, para evitar equívocos, reafirma com vigor: «A compreensão pelas situações excecionais não implica jamais esconder a luz do ideal mais pleno, nem propor menos de quanto Jesus oferece ao ser humano. Hoje, mais importante do que uma pastoral dos falimentos é o esforço pastoral para consolidar os matrimónios e assim evitar as ruturas» (AL 307). Mas o sentido abrangente do capítulo e do espírito que o Papa Francisco pretende imprimir à pastoral da Igreja encontra um resumo adequado nas palavras finais: «Convido os fiéis, que vivem situações complexas, a aproximar-se com confiança para falar com os seus pastores ou com leigos que vivem entregues ao Senhor. Nem sempre encontrarão neles uma confirmação das próprias ideias ou desejos, mas seguramente receberão uma luz que lhes permita compreender melhor o que está a acontecer e poderão descobrir um caminho de amadurecimento pessoal. E convido os pastores a escutar, com carinho e serenidade, com o desejo sincero de entrar no coração do drama das pessoas e compreender o seu ponto de vista, para ajudá-las a viver melhor e reconhecer o seu lugar na Igreja» (AL 312). Acerca da «lógica da misericórdia pastoral», o Papa Francisco afirma com força: «Às vezes custa-nos muito dar lugar, na pastoral, ao amor incondicional de Deus. Pomos tantas condições à misericórdia que a esvaziamos de sentido concreto e real significado, e esta é a pior maneira de aguar o Evangelho» (AL 311).

Capítulo nono: “Espiritualidade conjugal e familiar”

O nono capítulo é dedicado à espiritualidade conjugal e familiar, «feita de milhares de gestos reais e concretos» (AL 315). Diz-se com clareza que «aqueles que têm desejos espirituais profundos não devem sentir que a família os afasta do crescimento na vida do Espírito, mas é um percurso de que o Senhor Se serve para os levar às alturas da união mística» (AL 316). Tudo, «os momentos de alegria, o descanso ou a festa, e mesmo a sexualidade são sentidos como uma participação na vida plena da sua Ressurreição» (AL 317). Fala-se de seguida da oração à luz da Páscoa, da espiritualidade do amor exclusivo e livre diante do desafio e do desejo de envelhecer e gastar-se juntos, refletindo a fidelidade de Deus (cf. AL 319). E, por fim, a espiritualidade «da solicitude, da consolação e do estímulo». «Toda a vida da família é um “pastoreio” misericordioso. Cada um, cuidadosamente, desenha e escreve na vida do outro» (AL 322), escreve o Papa. «É uma experiência espiritual profunda contemplar cada ente querido com os olhos de Deus e reconhecer Cristo nele» (AL 323).

No parágrafo conclusivo, o Papa afirma: «Nenhuma família é uma realidade perfeita e confecionada duma vez para sempre, mas requer um progressivo amadurecimento da sua capacidade de amar. (…). Todos somos chamados a manter viva a tensão para algo mais além de nós mesmos e dos nossos limites, e cada família deve viver neste estímulo constante. Avancemos, famílias; continuemos a caminhar! (…). Não percamos a esperança por causa dos nossos limites, mas também não renunciemos a procurar a plenitude de amor e comunhão que nos foi prometida» (AL 325).

A Exortação apostólica conclui-se com uma Oração à Sagrada Família (AL 325).

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Como já se pode depreender a partir de um rápido exame dos seus conteúdos, a Exortação apostólica Amoris laetitia pretende reafirmar com força não o «ideal» da família, mas a sua realidade rica e complexa. Há nas suas páginas um olhar aberto, profundamente positivo, que se nutre não de abstrações ou projeções ideais, mas de uma atenção pastoral à realidade. O documento é uma leitura densa de motivos espirituais e de sabedoria prática útil a cada casal ou a pessoas que desejam construir uma família. Nota-se sobretudo que foi fruto de uma experiência concreta com pessoas que sabem a partir da experiência o que é a família e o viver juntos durante muitos anos. A Exortação fala de facto a linguagem da experiência e da esperança.

[00534-PO.01] [Texto original: Português]

[B0240-XX.02]