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Santa Messa in occasione del Giubileo delle persone che aderiscono alla spiritualità della Divina Misericordia, 03.04.2016


Omelia del Santo Padre

Traduzione in lingua francese

Traduzione in lingua inglese

Traduzione in lingua tedesca

Traduzione in lingua spagnola

Traduzione in lingua portoghese

Traduzione in lingua araba

 

Alle ore 10.30 di oggi, II Domenica di Pasqua o della Divina Misericordia, il Santo Padre Francesco ha celebrato la Santa Messa sul Sagrato della Basilica Vaticana, in occasione del Giubileo delle persone che aderiscono alla spiritualità della Divina Misericordia.

Nel corso della celebrazione, dopo la proclamazione del Vangelo, il Papa ha tenuto la seguente omelia:

Omelia del Santo Padre

«Gesù, in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non sono stati scritti in questo libro» (Gv 20,30). Il Vangelo è il libro della misericordia di Dio, da leggere e rileggere, perché quanto Gesù ha detto e compiuto è espressione della misericordia del Padre. Non tutto, però, è stato scritto; il Vangelo della misericordia rimane un libro aperto, dove continuare a scrivere i segni dei discepoli di Cristo, gesti concreti di amore, che sono la testimonianza migliore della misericordia. Siamo tutti chiamati a diventare scrittori viventi del Vangelo, portatori della Buona Notizia a ogni uomo e donna di oggi. Lo possiamo fare mettendo in pratica le opere di misericordia corporale e spirituale, che sono lo stile di vita del cristiano. Mediante questi gesti semplici e forti, a volte perfino invisibili, possiamo visitare quanti sono nel bisogno, portando la tenerezza e la consolazione di Dio. Si prosegue così quello che ha compiuto Gesù nel giorno di Pasqua, quando ha riversato nei cuori dei discepoli impauriti la misericordia del Padre, effondendo su di loro lo Spirito Santo che perdona i peccati e dona la gioia.

Tuttavia, nel racconto che abbiamo ascoltato emerge un contrasto evidente: da una parte, c’è il timore dei discepoli, che chiudono le porte di casa; dall’altra, c’è la missione da parte di Gesù, che li invia nel mondo a portare l’annuncio del perdono. Può esserci anche in noi questo contrasto, una lotta interiore tra la chiusura del cuore e la chiamata dell’amore ad aprire le porte chiuse e uscire da noi stessi. Cristo, che per amore è entrato attraverso le porte chiuse del peccato, della morte e degli inferi, desidera entrare anche da ciascuno per spalancare le porte chiuse del cuore. Egli, che con la risurrezione ha vinto la paura e il timore che ci imprigionano, vuole spalancare le nostre porte chiuse e inviarci. La strada che il Maestro risorto ci indica è a senso unico, procede in una sola direzione: uscire da noi stessi, uscire per testimoniare la forza risanatrice dell’amore che ci ha conquistati. Vediamo davanti a noi un’umanità spesso ferita e timorosa, che porta le cicatrici del dolore e dell’incertezza. Di fronte al grido sofferto di misericordia e di pace, sentiamo oggi rivolto a ciascuno di noi l’invito fiducioso di Gesù: «Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi» (v. 21).

Ogni infermità può trovare nella misericordia di Dio un soccorso efficace. La sua misericordia, infatti, non si ferma a distanza: desidera venire incontro a tutte le povertà e liberare dalle tante forme di schiavitù che affliggono il nostro mondo. Vuole raggiungere le ferite di ciascuno, per medicarle. Essere apostoli di misericordia significa toccare e accarezzare le sue piaghe, presenti anche oggi nel corpo e nell’anima di tanti suoi fratelli e sorelle. Curando queste piaghe professiamo Gesù, lo rendiamo presente e vivo; permettiamo ad altri, che toccano con mano la sua misericordia, di riconoscerlo «Signore e Dio» (cfr v. 28), come fece l’apostolo Tommaso. È questa la missione che ci viene affidata. Tante persone chiedono di essere ascoltate e comprese. Il Vangelo della misericordia, da annunciare e scrivere nella vita, cerca persone con il cuore paziente e aperto, “buoni samaritani” che conoscono la compassione e il silenzio dinanzi al mistero del fratello e della sorella; domanda servi generosi e gioiosi, che amano gratuitamente senza pretendere nulla in cambio.

«Pace a voi!» (v. 21): è il saluto che Cristo porta ai suoi discepoli; è la stessa pace, che attendono gli uomini del nostro tempo. Non è una pace negoziata, non è la sospensione di qualcosa che non va: è la sua pace, la pace che proviene dal cuore del Risorto, la pace che ha vinto il peccato, la morte e la paura. È la pace che non divide, ma unisce; è la pace che non lascia soli, ma ci fa sentire accolti e amati; è la pace che permane nel dolore e fa fiorire la speranza. Questa pace, come nel giorno di Pasqua, nasce e rinasce sempre dal perdono di Dio, che toglie l’inquietudine dal cuore. Essere portatrice della sua pace: questa è la missione affidata alla Chiesa il giorno di Pasqua. Siamo nati in Cristo come strumenti di riconciliazione, per portare a tutti il perdono del Padre, per rivelare il suo volto di solo amore nei segni della misericordia.

Nel Salmo responsoriale è stato proclamato: «Il suo amore è per sempre» (117/118,2). È vero, la misericordia di Dio è eterna; non finisce, non si esaurisce, non si arrende di fronte alle chiusure, e non si stanca mai. In questo “per sempre” troviamo sostegno nei momenti di prova e di debolezza, perché siamo certi che Dio non ci abbandona: Egli rimane con noi per sempre. Ringraziamo per questo suo amore così grande, che ci è impossibile comprendere: è tanto grande! Chiediamo la grazia di non stancarci mai di attingere la misericordia del Padre e di portarla nel mondo: chiediamo di essere noi stessi misericordiosi, per diffondere ovunque la forza del Vangelo, per scrivere quelle pagine del Vangelo che l’apostolo Giovanni non ha scritto.

[00502-IT.02] [Testo originale: Italiano]

Traduzione in lingua francese

«Il y a encore beaucoup d’autres signes que Jésus a faits en présence des disciples et qui ne sont pas écrits dans ce livre» (Jn 20, 30). L’Évangile est le livre de la miséricorde de Dieu, à lire et à relire, parce que tout ce que Jésus a dit et accompli est une expression de la miséricorde du Père. Toutefois, tout n’a pas été écrit; l’Évangile de la miséricorde demeure un livre ouvert, où continuer à écrire les signes des disciples du Christ, gestes concrets d’amour, qui sont le meilleur témoignage de la miséricorde. Nous sommes tous appelés à devenir écrivains vivants de l’Évangile, porteurs de la Bonne Nouvelle à tout homme et à toute femme d’aujourd’hui. Nous pouvons le faire en mettant en pratique les œuvres de miséricorde corporelles et spirituelles, qui sont le style de vie du chrétien. Par ces gestes simples et forts, parfois même invisibles, nous pouvons visiter tous ceux qui sont dans le besoin, portant la tendresse et la consolation de Dieu. On poursuit ainsi ce que Jésus a accompli le jour de Pâques, quand il a répandu dans les cœurs des disciples effrayés la miséricorde du Père, soufflant sur eux l’Esprit Saint qui pardonne les péchés et donne la joie.

Toutefois, dans le récit que nous avons écouté émerge un contraste évident: il y a la crainte des disciples, qui ferment les portes de la maison; de l’autre, il y a la mission de la part de Jésus, qui les envoie dans le monde porter l’annonce du pardon. Il peut y avoir aussi en nous ce contraste, une lutte intérieure entre la fermeture du cœur et l’appel de l’amour à ouvrir les portes closes et à sortir de nous-mêmes. Le Christ, qui par amour est passé à travers les portes closes du péché, de la mort et des enfers, désire entrer aussi chez chacun pour ouvrir tout grand les portes closes du cœur. Lui, qui par la résurrection a vaincu la peur et la crainte qui nous emprisonnent, veut ouvrir tout grand nos portes closes et nous envoyer. La route que le Maître ressuscité nous indique est à sens unique, elle avance dans une seule direction: sortir de nous-mêmes, sortir pour témoigner de la force de guérison de l’amour qui nous a conquis. Nous voyons devant nous une humanité souvent blessée et craintive, qui porte les cicatrices de la douleur et de l’incertitude. Face à l’imploration douloureuse de miséricorde et de paix, nous entendons, aujourd’hui adressée à chacun de nous, l’invitation confiante de Jésus: « De même que le Père m’a envoyé, moi aussi, je vous envoie» (v. 21).

Chaque infirmité peut trouver dans la miséricorde de Dieu un secours efficace. Sa miséricorde, en effet, ne s’arrête pas à distance: il désire venir à la rencontre de toutes les pauvretés et libérer des nombreuses formes d’esclavage qui affligent notre monde. Il veut rejoindre les blessures de chacun, pour les soigner. Être apôtres de miséricorde signifie toucher et caresser ses plaies, présentes aussi aujourd’hui dans le corps et dans l’âme de tant de ses frères et sœurs. En soignant ces plaies nous professons Jésus, nous le rendons présent et vivant; nous permettons à d’autres, de toucher de la main sa miséricorde, de le reconnaître «Seigneur et Dieu» (cf. v. 28), comme fit l’Apôtre Thomas. C’est cela la mission qui nous a été confiée. Tant de personnes demandent d’être écoutées et comprises. L’Évangile de la miséricorde, à annoncer et à écrire dans la vie, cherche des personnes au cœur patient et ouvert, «bons samaritains» qui connaissent la compassion et le silence face au mystère du frère et de la sœur; il demande des serviteurs généreux et joyeux, qui aiment gratuitement sans rien exiger en échange.

«La paix soit avec vous!» (v. 21): c’est le salut que le Christ adresse à ses disciples; c’est la même paix qu’attendent les hommes de notre temps. Ce n’est pas une paix négociée, ce n’est pas l’arrêt de quelque chose qui ne va pas: c’est sa paix, la paix qui vient du cœur du Ressuscité, la paix qui a vaincu le péché, la mort et la peur. C’est la paix qui ne divise pas, mais unit; c’est la paix qui ne laisse pas seuls, mais nous fait sentir accueillis et aimés; c’est la paix qui demeure dans la douleur et fait fleurir l’espérance. Cette paix, comme le jour de Pâques, naît et renaît toujours du pardon de Dieu, qui enlève l’inquiétude du cœur. Être porteuse de sa paix: c’est la mission confiée à l’Église le jour de Pâques. Nous sommes nés dans le Christ comme instruments de réconciliation, pour porter à tous le pardon du Père, pour révéler son visage de seul amour dans les signes de la miséricorde.

Dans le Psaume responsorial il a été proclamé: «Son amour est pour toujours» (117/118, 2). C’est vrai, la miséricorde de Dieu est éternelle; elle ne finit pas, elle ne s’épuise pas, elle ne se rend pas face aux fermetures, et elle ne se fatigue jamais. Dans ce «pour toujours» nous trouvons un soutien dans les moments d’épreuve et de faiblesse, parce que nous sommes certains que Dieu ne nous abandonne pas: il demeure avec nous pour toujours. Remercions pour son si grand amour, qu’il nous est impossible de comprendre: il si grand! Demandons la grâce de ne jamais nous fatiguer de puiser la miséricorde du Père et de la porter dans le monde: demandons d’être nous-mêmes miséricordieux, pour répandre partout la force de l’Évangile, pour écrire ces pages de l’Évangile que l’apôtre Jean n’a pas écrites.

[00502-FR.02] [Texte original: Italien]

Traduzione in lingua inglese

“Jesus did many other signs in the presence of the disciples, which are not written in this book” (Jn 20:30). The Gospel is the book of God’s mercy, to be read and reread, because everything that Jesus said and did is an expression of the Father’s mercy. Not everything, however, was written down; the Gospel of mercy remains an open book, in which the signs of Christ’s disciples – concrete acts of love and the best witness to mercy – continue to be written. We are all called to become living writers of the Gospel, heralds of the Good News to all men and women of today. We do this by practicing the corporal and spiritual works of mercy, which are the hallmarks of the Christian life. By means of these simple yet powerful gestures, even when unseen, we can accompany the needy, bringing God’s tenderness and consolation. Thus continues the great work of Jesus on Easter day, when he poured into the hearts of his fearful disciples the Father’s mercy, bringing them the Holy Spirit who forgives sins and bestows joy.

At the same time, the story we have just heard presents an evident contrast: there is the fear of the disciples, who gathered behind closed doors; and then there is the mission of Jesus, who sends them into the world to proclaim the message of forgiveness. This contrast may also be present in us, experienced as an interior struggle between a closed heart and the call of love to open doors closed by sin. It is a call that frees us to go out of ourselves. Christ, who for love entered through doors barred by sin, death and the powers of hell, wants to enter into each one of us to break open the locked doors of our hearts. Jesus, who by his resurrection has overcome the fear and dread which imprison us, wishes to throw open our closed doors and send us out. The path that the Risen Master shows us is a one way street, it goes in only one direction: this means that we must move beyond ourselves to witness to the healing power of love that has conquered us. We see before us a humanity that is often wounded and fearful, a humanity that bears the scars of pain and uncertainty. Before the anguished cry for mercy and peace, we hear Jesus’ inspiring invitation: “As the Father has sent me, even so I send you” (Jn 20:21).

In God’s mercy, all of our infirmities find healing. His mercy, in fact, does not keep a distance: it seeks to encounter all forms of poverty and to free this world of so many types of slavery. Mercy desires to reach the wounds of all, to heal them. Being apostles of mercy means touching and soothing the wounds that today afflict the bodies and souls of many of our brothers and sisters. Curing these wounds, we profess Jesus, we make him present and alive; we allow others, who touch his mercy with their own hands, to recognize him as “Lord and God” (Jn 20:28), as did the Apostle Thomas. This is the mission that he entrusts to us. So many people ask to be listened to and to be understood. The Gospel of mercy, to be proclaimed and written in our daily lives, seeks people with patient and open hearts, “good Samaritans” who understand compassion and silence before the mystery of each brother and sister. The Gospel of mercy requires generous and joyful servants, people who love freely without expecting anything in return.

“Peace be with you!” (Jn 20:21) is the greeting of Jesus to his disciples; this same peace awaits men and women of our own day. It is not a negotiated peace, it is not the absence of conflict: it is his peace, the peace that comes from the heart of the Risen Lord, the peace that has defeated sin, fear and death. It is a peace that does not divide but unites; it is a peace that does not abandon us but makes us feel listened to and loved; it is a peace that persists even in pain and enables hope to blossom. This peace, as on the day of Easter, is born ever anew by the forgiveness of God which calms our anxious hearts. To be bearers of his peace: this is the mission entrusted to the Church on Easter day. In Christ, we are born to be instruments of reconciliation, to bring the Father’s forgiveness to everyone, to reveal his loving face through concrete gestures of mercy.

In the responsorial Psalm we heard these words: “His love endures forever” (Ps 117/118:2). Truly, God’s mercy is forever; it never ends, it never runs out, it never gives up when faced with closed doors, and it never tires. In this forever we find strength in moments of trial and weakness because we are sure that God does not abandon us. He remains with us forever. Let us give thanks for so great a love, which we find impossible to grasp; it is immense! Let us pray for the grace to never grow tired of drawing from the well of the Father’s mercy and bringing it to the world. Let us ask that we too may be merciful, to spread the power of the Gospel everywhere, and to write those pages of the Gospel which John the Apostle did not write.

[00502-EN.02] [Original text: Italian]

Traduzione in lingua tedesca

»Noch viele andere Zeichen, die in diesem Buch nicht aufgeschrieben sind, hat Jesus vor den Augen seiner Jünger getan« (Joh 20,30). Das Evangelium ist das Buch der Barmherzigkeit Gottes, das gelesen und wieder gelesen werden muss. Denn alles, was Jesus gesagt und getan hat, ist Ausdruck der Barmherzigkeit des Vaters. Aber nicht alles ist aufgeschrieben: Das Evangelium der Barmherzigkeit bleibt ein offenes Buch, in dem die Zeichen der Jünger Christi – konkrete Taten der Liebe als das beste Zeugnis der Barmherzigkeit – weiter aufzuschreiben sind. Wir alle sind berufen, lebendige Schreiber des Evangeliums, Überbringer der Guten Nachricht für alle Männer und Frauen von heute zu werden. Wir können dies tun, indem wir die Werke der leiblichen und der geistigen Barmherzigkeit vollbringen. Sie sind die Grundhaltung des christlichen Lebens. Durch diese einfachen und doch großen, mitunter selbst kaum sichtbaren Taten können wir alle, die in Not sind, aufsuchen und ihnen die Zärtlichkeit und den Trost Gottes bringen. So wird das weitergeführt, was Jesus am Ostertag getan hat, als er in die Herzen der verängstigten Jünger die Barmherzigkeit des Vaters, über sie den Heiligen Geist, der die Sünden vergibt und die Freude schenkt, ausgegossen hat.

Im Bericht, den wir gehört haben, taucht jedoch ein offenkundiger Gegensatz auf: Da ist die Furcht der Jünger, die die Tür des Hauses verschließen; anderseits gibt es die Sendung durch Jesus, der die Jünger in die Welt sendet, die Botschaft von der Vergebung zu bringen. Auch in uns mag dieser Gegensatz vorhanden sein, ein innerer Kampf zwischen dem Verschließen des Herzens und des Rufs der Liebe, die verschlossenen Türen zu öffnen und aus uns hinauszugehen. Christus, der aus Liebe durch die verschlossenen Türen der Sünde, des Todes und der Unterwelt eingetreten ist, möchte auch bei jedem eintreten, um die verschlossen Türen des Herzens aufzureißen. Durch die Auferstehung hat er die Angst und die Furcht überwunden, die uns gefangen halten; er will unsere verschlossen Türen aufreißen und uns senden. Der Weg, den uns der auferstandene Meister zeigt, ist eine Einbahnstraße und verläuft in eine einzige Richtung: aus uns selbst herausgehen, herausgehen, um die heilende Kraft der Liebe, von der wir ergriffen worden sind, zu bezeugen. Vor uns sehen wir eine oft verwundete und ängstliche Menschheit, welche die Narben des Schmerzes und der Unsicherheit trägt. Angesichts des leidenden Rufs nach Barmherzigkeit und Frieden hören wir, wie heute Jesus an jeden von uns die zuversichtliche Aufforderung richtet: »Wie mich der Vater gesandt hat, so sende ich euch« (V. 21).

Jede Krankheit kann in der Barmherzigkeit Gottes eine wirksame Hilfe finden. Seine Barmherzigkeit bleibt nämlich nicht auf Distanz: Sie möchte allen Armseligkeiten entgegenkommen und uns von den vielen Formen der Sklaverei, die unsere Welt plagen, befreien. Sie möchte die Wunden eines jeden erreichen, um sie zu behandeln. Apostel der Barmherzigkeit zu sein bedeutet, seine Wunden zu berühren und zu streicheln, die auch heute am Leib und an der Seele vieler seiner Brüder und Schwestern vorhanden sind. Indem wir diese Wunden versorgen, bekennen wir Jesus, machen wir ihn gegenwärtig und lebendig; wir ermöglichen es anderen, die so seine Barmherzigkeit mit Händen greifen, ihn als »Herrn und Gott« (vgl. V. 28) zu erkennen, wie es der Apostel Thomas getan hat. Das ist die Sendung, die uns anvertraut wird. Viele Menschen bitten darum, gehört und verstanden zu werden. Das Evangelium der Barmherzigkeit, das durch das Leben verkündet und geschrieben werden muss, sucht Menschen mit einem geduldigen und offenen Herzen, „gute Samariter“, die mitleiden und schweigen können vor dem Geheimnis des Bruders und der Schwester; es verlangt großherzige und freudige Diener, die unentgeltlich lieben, ohne etwas dafür zu verlangen.

»Friede sei mit euch!« (V. 21): Es ist der Gruß, den Jesus seinen Jüngern entbietet; es ist der gleiche Friede, auf den die Menschen unserer Zeit warten. Es ist kein ausgehandelter Friede, es heißt nicht, etwas aufzuheben, was nicht geht: Es ist sein Friede, der Friede, der vom Herzen des Auferstandenen kommt, der Friede, der die Sünde, den Tod und die Angst überwunden hat. Es ist der Friede, der nicht trennt, sondern eint; der Friede, der nicht allein lässt, sondern uns spüren lässt, dass wir angenommen und geliebt sind. Wie am Ostertag entspringt dieser Friede immer und immer neu der Vergebung Gottes, der die Unruhe vom Herzen wegnimmt. Überbringerin seines Friedens zu sein – das ist die Sendung, die der Kirche am Ostertag aufgetragen wird. In Christus wurden wir als Werkzeuge der Versöhnung geboren, um allen die Vergebung des Vaters zu bringen, um sein Antlitz der bloßen Liebe in den Zeichen der Barmherzigkeit zu offenbaren.

Im Antwortpsalm wurde verkündet: »Denn seine Huld währt ewig« (Ps. 118,2). Es stimmt, seine Barmherzigkeit ist ewig; sie hat kein Ende, sie erschöpft sich nicht, sie gibt gegenüber der Verschlossenheit nicht auf und wird nie müde. In diesem „ewig“ finden wir Halt in den Momenten der Prüfung und der Schwäche, weil wir dessen gewiss sind, dass Gott uns nicht verlässt: Er bleibt ewig bei uns. Danken wir für seine so große Liebe, die wir unmöglich begreifen können: sie ist riesengroß! Bitten wir um die Gnade, nie müde zu werden, von der Barmherzigkeit des Vater zu schöpfen und sie in die Welt zu bringen: Bitten wir darum, dass wir selbst barmherzig sind, um überall die Kraft des Evangeliums zu verbreiten, um jene Seiten des Evangeliums zu schreiben, die der Apostel Johannes nicht geschrieben hat.

[00502-DE.02] [Originalsprache: Italienisch]

Traduzione in lingua spagnola

«Muchos otros signos, que no están escritos en este libro, hizo Jesús a la vista de los discípulos» (Jn 20,30). El Evangelio es el libro de la misericordia de Dios, para leer y releer, porque todo lo que Jesús ha dicho y hecho es expresión de la misericordia del Padre. Sin embargo, no todo fue escrito; el Evangelio de la misericordia continúa siendo un libro abierto, donde se siguen escribiendo los signos de los discípulos de Cristo, gestos concretos de amor, que son el mejor testimonio de la misericordia. Todos estamos llamados a ser escritores vivos del Evangelio, portadores de la Buena Noticia a todo hombre y mujer de hoy. Lo podemos hacer realizando las obras de misericordia corporales y espirituales, que son el estilo de vida del cristiano. Por medio de estos gestos sencillos y fuertes, a veces hasta invisibles, podemos visitar a los necesitados, llevándoles la ternura y el consuelo de Dios. Se sigue así aquello que cumplió Jesús en el día de Pascua, cuando derramó en los corazones de los discípulos temerosos la misericordia del Padre, exhaló sobre ellos el Espíritu Santo que perdona los pecados y da la alegría.

Sin embargo, en el relato que hemos escuchado surge un contraste evidente: está el miedo de los discípulos que cierran las puertas de la casa; por otro lado, la misión de parte de Jesús, que los envía al mundo a llevar el anuncio del perdón. Este contraste puede manifestarse también en nosotros, una lucha interior entre el corazón cerrado y la llamada del amor a abrir las puertas cerradas y a salir de nosotros mismos. Cristo, que por amor entró a través de las puertas cerradas del pecado, de la muerte y del infierno, desea entrar también en cada uno para abrir de par en par las puertas cerradas del corazón. Él, que con la resurrección venció el miedo y el temor que nos aprisiona, quiere abrir nuestras puertas cerradas y enviarnos. El camino que el Maestro resucitado nos indica es de una sola vía, va en una única dirección: salir de nosotros mismos, salir para dar testimonio de la fuerza sanadora del amor que nos ha conquistado. Vemos ante nosotros una humanidad continuamente herida y temerosa, que tiene las cicatrices del dolor y de la incertidumbre. Ante el sufrido grito de misericordia y de paz, escuchamos hoy la invitación esperanzadora que Jesús dirige a cada uno de nosotros: «Como el Padre me ha enviado, así también os envío yo» (v. 21).

Toda enfermedad puede encontrar en la misericordia de Dios una ayuda eficaz. De hecho, su misericordia no se queda lejos: desea salir al encuentro de todas las pobrezas y liberar de tantas formas de esclavitud que afligen a nuestro mundo. Quiere llegar a las heridas de cada uno, para curarlas. Ser apóstoles de misericordia significa tocar y acariciar sus llagas, presentes también hoy en el cuerpo y en el alma de muchos hermanos y hermanas suyos. Al curar estas heridas, confesamos a Jesús, lo hacemos presente y vivo; permitimos a otros que toquen su misericordia y que lo reconozcan como «Señor y Dios» (cf. v. 28), como hizo el apóstol Tomás. Esta es la misión que se nos confía. Muchas personas piden ser escuchadas y comprendidas. El Evangelio de la misericordia, para anunciarlo y escribirlo en la vida, busca personas con el corazón paciente y abierto, “buenos samaritanos” que conocen la compasión y el silencio ante el misterio del hermano y de la hermana; pide siervos generosos y alegres que aman gratuitamente sin pretender nada a cambio.

«Paz a vosotros” (v. 21): es el saludo que Cristo trae a sus discípulos; es la misma paz, que esperan los hombres de nuestro tiempo. No es una paz negociada, no es la suspensión de algo malo: es su paz, la paz que procede del corazón del Resucitado, la paz que venció el pecado, la muerte y el miedo. Es la paz que no divide, sino que une; es la paz que no nos deja solos, sino que nos hace sentir acogidos y amados; es la paz que permanece en el dolor y hace florecer la esperanza. Esta paz, como en el día de Pascua, nace y renace siempre desde el perdón de Dios, que disipa la inquietud del corazón. Ser portadores de su paz: esta es la misión confiada a la Iglesia en el día de Pascua. Hemos nacido en Cristo como instrumentos de reconciliación, para llevar a todos el perdón del Padre, para revelar su rostro de amor único en los signos de la misericordia.

En el Salmo responsorial se ha proclamado: «Su amor es para siempre» (117/118,2). Es verdad, la misericordia de Dios es eterna; no termina, no se agota, no se rinde ante la adversidad y no se cansa jamás. En este “para siempre” encontramos consuelo en los momentos de prueba y de debilidad, porque estamos seguros que Dios no nos abandona. Él permanece con nosotros para siempre. Le agradecemos su amor tan inmenso, que no podemos comprender: es tan grande. Pidamos la gracia de no cansarnos nunca de acudir a la misericordia del Padre y de llevarla al mundo; pidamos ser nosotros mismos misericordiosos, para difundir en todas partes la fuerza del Evangelio, para escribir aquellas paginas del Evangelio que el apóstol Juan no ha escrito.

[00502-ES.02] [Texto original: Italiano]

Traduzione in lingua portoghese

«Muitos outros sinais miraculosos realizou ainda Jesus, na presença dos seus discípulos, que não estão escritos neste livro» (Jo 20, 30). O Evangelho é o livro da misericórdia de Deus, que havemos de ler e reler, porque tudo o que Jesus disse e fez é expressão da misericórdia do Pai. Nem tudo, porém, foi escrito; o Evangelho da misericórdia permanece um livro aberto, onde se há de continuar a escrever os sinais dos discípulos de Cristo, gestos concretos de amor, que são o melhor testemunho da misericórdia. Todos somos chamados a tornar-nos escritores viventes do Evangelho, portadores da Boa Nova a cada homem e mulher de hoje. Podemos fazê-lo praticando as obras corporais e espirituais de misericórdia, que são o estilo de vida do cristão. Através destes gestos simples e vigorosos, mesmo se por vezes invisíveis, podemos visitar aqueles que passam necessidade, levando a ternura e a consolação de Deus. Deste modo damos continuidade ao que fez Jesus no dia de Páscoa, quando derramou, nos corações assustados dos discípulos, a misericórdia do Pai, efundindo sobre eles o Espírito Santo que perdoa os pecados e dá a alegria.

Mas, na narração que ouvimos, aparece um contraste evidente: por um lado, temos o medo dos discípulos, que fecham as portas da casa; por outro, temos a missão, por parte de Jesus, que os envia ao mundo para levarem o anúncio do perdão. O mesmo contraste pode verificar-se também em nós: uma luta interior entre o fechamento do coração e a chamada do amor para abrir as portas fechadas e sair de nós mesmos. Cristo, que por amor entrou nas portas fechadas do pecado, da morte e da mansão dos mortos, deseja entrar também em cada um para abrir de par em par as portas fechadas do coração. Ele que venceu, com a ressurreição, o medo e o temor que nos algemam, quer escancarar as nossas portas fechadas e enviar-nos. A estrada que o Mestre ressuscitado nos aponta é estrada de sentido único, segue-se apenas numa direção: sair de nós mesmos, sair para testemunhar a força sanadora do amor que nos conquistou. Muitas vezes vemos, diante de nós, uma humanidade ferida e assustada, que tem as cicatrizes do sofrimento e da incerteza. Hoje, face ao seu doloroso clamor de misericórdia e paz, ouçamos como que dirigido a cada um de nós o convite feito confiadamente por Jesus: «Assim como o Pai Me enviou, também Eu vos envio a vós (Jo 20, 21).

Cada doença pode encontrar na misericórdia de Deus um auxílio eficaz. Com efeito, a sua misericórdia não se detém à distância: quer vir ao encontro de todas as pobrezas e libertar de tantas formas de escravidão que afligem o nosso mundo. Quer alcançar as feridas de cada um, para medicá-las. Ser apóstolos de misericórdia significa tocar e acariciar as suas chagas, presentes hoje também no corpo e na alma de muitos dos seus irmãos e irmãs. Ao cuidar destas chagas, professamos Jesus, tornamo-Lo presente e vivo; permitimos a outros que palpem a sua misericórdia, e O reconheçam «Senhor e Deus» (cf. Jo 20, 28), como fez o apóstolo Tomé. Eis a missão que nos é confiada. Inúmeras pessoas pedem para ser escutadas e compreendidas. O Evangelho da misericórdia, que se deve anunciar e escrever na vida, procura pessoas com o coração paciente e aberto, «bons samaritanos» que conhecem a compaixão e o silêncio perante o mistério do irmão e da irmã; pede servos generosos e alegres, que amam gratuitamente sem nada pretender em troca.

«A paz esteja convosco!» (Jo 20, 21): é a saudação que Cristo leva aos seus discípulos; é a mesma paz que esperam os homens do nosso tempo. Não é uma paz negociada, nem a suspensão de algo errado: é a sua paz, a paz que brota do coração do Ressuscitado, a paz que venceu o pecado, a morte e o medo. É a paz que não divide, mas une; é a paz que não deixa sozinhos, mas faz-nos sentir acolhidos e amados; é a paz que sobrevive no sofrimento e faz florescer a esperança. Esta paz, como no dia de Páscoa, nasce e renasce sempre do perdão de Deus, que tira a ansiedade do coração. Ser portadora da sua paz: esta é a missão confiada à Igreja no dia de Páscoa. Nascemos em Cristo como instrumentos de reconciliação, para levar a todos o perdão do Pai, para revelar o seu rosto de amor nos sinais da misericórdia.

No Salmo Responsorial, foi proclamado: «O seu amor é para sempre» (118/117, 2). É verdade, a misericórdia de Deus é eterna; não acaba, não se esgota, não se dá por vencida diante das portas fechadas e nunca se cansa. Neste «para sempre», encontramos apoio nos momentos de provação e fraqueza, porque temos a certeza de que Deus não nos abandona: permanece connosco para sempre. Demos-Lhe graças por este amor tão grande que nos é impossível compreender. É tão grande! Peçamos a graça de nunca nos cansarmos de tomar a misericórdia de Deus e levá-la pelo mundo: peçamos para ser misericordiosos, a fim de irradiar por todo o lado a força do Evangelho, para escrever aquelas páginas do Evangelho que o apóstolo João não escreveu.

[00502-PO.02] [Texto original: Italiano]

Traduzione in lingua araba

عظة قَدَاسَة البَابَا فرنسيس

أحد الرحمة الإلهية

3 أبريل / نيسان 2016

ساحة القديس بطرس

"وأتى يسوعُ أَمامَ التَّلاميذ بِآياتٍ أُخرى كثيرة لم تُكتَبْ في هذا الكِتاب" (يو 20، 30). الإنجيل هو كتاب رحمة الله، ينبغي علينا أن نقرأه مرارًا وتكرارًا، لأن كل ما قاله يسوع وفعله هو تعبير عن رحمة الآب. لكن كل شيء لم يُكتَب؛ لأن إنجيل الرحمة يبقى كتابًا مفتوحًا، حيث لا تزال تُكتب علامات تلاميذ المسيح، أعمال حب ملموسة، وهي أفضل شهادة للرحمة. جميعنا مدعوون لنصبح كُتّابًا أحياء للإنجيل وحَمَلة البشرى السارة إلى كلّ رجل وكلّ امرأة في أيامنا هذه. ويمكننا أن نقوم بذلك من خلال ممارسة أعمال الرحمة الجسديّة والروحيّة التي هي نمط حياة المسيحي. من خلال هذه الأعمال البسيطة والقويّة، والمخفيّة أحيانًا، يمكننا أن نزور المعوزين، وأن نحمل إليهم حنان الله وعزاءه. فيستمر هكذا ما حققه يسوع يومَ الفصح، عندما أفاض في قلوب التلاميذ الخائفين، رحمة الآب، أفاض عليهم الروح القدس الذي يغفر الخطايا ويعطي الفرح.

مع ذلك، وفي الرواية التي سمعناها يظهر تناقض واضح: من جهة، هناك خوف التلاميذ الذين يغلقون أبواب البيت، ومن جهة أخرى، هناك مهمة يسوع الذي يُرسلهم ليحملوا بشارة المغفرة إلى العالم. يمكن لهذا التناقض أن يقيم فينا أيضًا: جهاد داخلي بين انغلاق القلب ودعوة الحب لفتح الأبواب المُغلقة والخروج من ذواتنا. المسيح الذي، محبّةً بنا، دخل في أبواب الخطيئة المغلقة وأبواب الموت والجحيم، يرغب في عيادة كلّ واحد منا كي يشرّع أبواب القلب المغلقة. هو الذي بقيامته انتصر على الخوف والقلق اللذين يأسراننا، يريد أن يشرِّع أبوابنا المغلقة وأن يرسلنا. والدرب التي يدلنا عليها المعلّم القائم من الموت لها اتجاه واحد وتسير في اتجاه واحد: الخروج من ذواتنا، الخروج لنشهد لقوّة المحبّة الشافية التي استولت علينا. غالبًا ما نرى أمامنا بشرية مجروحة وخائفة تحمل ندبات الألم والشك. وإزاء صرخة رحمةٍ وسلامٍ ملؤها المُعاناة، نسمع اليوم دعوة يسوع الواثقة، موجّهة لكلّ واحدٍ منّا: "كما أَرسَلَني الآب أُرسِلُكم أَنا أَيضاً" (الآية 21).

يمكن لكل مرض أن يجد في رحمة الله عضدًا فعّالاً. إن رحمته في الواقع لا تقف بعيدة: بل ترغب في الذهاب للقاء جميع أنواع الفقر، وفي التحرير من جميع أنواع العبوديّة التي تضرب عالمنا. تريد أن تبلغ جراح كلّ واحد منا لتعالجها. أن نكون رسل رحمة يعني أن نلمس بحنان الجراح الحاضرة اليوم أيضًا في أجساد ونفوس العديد من إخوتنا وأخواتنا. وإذ نعتني بهذه الجراح، نعترف بيسوع ونجعله حاضرًا وحيًّا، ونسمح للآخرين الذين يلمسون رحمته بأيديهم بأن يعترفوا به "ربًّا وإلهًا" (را. الآية 28) على غرار توما الرسول. هذه هي الرسالة التي أوكِلَت إلينا. الكثير من الأشخاص يطلبون أن نصغي إليهم وأن نفهمَهم. إنجيل الرحمة، الذي ينبغي إعلانه وكتابته في الحياة، يبحث عن أشخاص ذوي قلوب صبورة ومنفتحة، "سامريين صالحين" يعرفون التعاطف والصمت إزاء سرّ الأخ والأخت، ويطلب خدامًا أسخياء وفرحين، يحبون بمجانيّة بدون أن ينتظروا شيئًا بالمقابل.

"السَّلامُ علَيكم!" (الآية 21): إنها التحيّة التي يحملها المسيح لتلاميذه؛ إنه السلام عينُه الذي ينتظره الناس في زمننا هذا. ليس سلامًا ينتج عن مفاوضات أو عن إيقاف خلل ما: إنه سلامه، سلام ينبع من قلبِ القائم من بين الأموات، السلام الذي غلب الخطيئة والموت والخوف. إنه السلام الذي لا يُقسِّم بل يوحِّد؛ إنه السلام الذي لا يتركنا وحدنا بل يجعلنا نشعر بأننا مقبولون ومحبوبون؛ إنه السلام الذي يستمر أثناء الألم ويجعل الرجاء يُزهر. هذا السلام كما في يوم الفصح، يولد مجدّدًا وعلى الدوام من مغفرة الله التي تُزيل القلق من القلب. أن تكون حاملة لسلامه: هذه هي الرسالة التي أوكِلَت إلى الكنيسة يومَ الفصح. لقد ولدنا في المسيح كأدوات مصالحة لنحمل للجميع مغفرة الآب ونُظهر وجهه، وجه الحب عبر علامات الرحمة.

لقد أُعلِنَ في المزمور: "إن إلى الأبد محبّته" (117/ 118، 2). هذا صحيح، إن رحمة الله أزليّة؛ لا تنتهي ولا تنضب ولا تستسلم أمام الانغلاقات ولا تتعب أبدًا. في هذه "الأزليّة" نجد عضدًا في أوقات التجربة والضعف، لأننا على يقين بأن الله لا يتركنا: هو يبقى معنا إلى الأبد. لنشكره على محبّته الكبيرة هذه التي يستحيل علينا فهمها: إنها هائلة! لنطلب نعمة ألا نتعب أبدًا من الاستقاء من رحمة الآب ومن حملها إلى العالم: لنطلب أن نكون نحن بدورنا رحماء لننشر قوّة الإنجيل في كل مكان، ولنكتب صفحات الإنجيل، تلك التي لم يكتبها الرسول يوحنا.

[00502-AR.01] [Testo originale: Italiano]

[B0228-XX.02]