Sala Stampa

www.vatican.va

Sala Stampa Back Top Print Pdf
Sala Stampa


Veglia di preghiera con quanti aderiscono alla spiritualità della Divina Misericordia, 02.04.2016


Omelia del Santo Padre

Traduzione in lingua francese

Traduzione in lingua inglese

Traduzione in lingua tedesca

Traduzione in lingua spagnola

Traduzione in lingua portoghese

Traduzione in lingua polacca

Traduzione in lingua araba

 

Poco prima delle ore 18 di oggi, sul Sagrato della Basilica Vaticana, il Santo Padre Francesco ha presieduto la Veglia di preghiera con quanti aderiscono alla spiritualità della Divina Misericordia e prendono parte in questi giorni alle celebrazioni del Giubileo.
Al termine della Veglia, il Papa ha pronunciato l’omelia che riportiamo di seguito:

Omelia del Santo Padre

Condividiamo con gioia e riconoscenza questo momento di preghiera che ci introduce nella Domenica della Misericordia, tanto desiderata da san Giovanni Paolo II – undici anni fa, come oggi, nel 2005, se n’è andato –; e voleva questo per dare compimento a una richiesta di santa Faustina. Le testimonianze che sono state offerte – e di cui ringraziamo – e le letture che abbiamo ascoltato aprono squarci di luce e di speranza per entrare nel grande oceano della misericordia di Dio. Quanti sono i volti della sua misericordia, con cui Lui ci viene incontro? Sono veramente tanti; è impossibile descriverli tutti, perché la misericordia di Dio è un continuo crescendo. Dio non si stanca mai di esprimerla e noi non dovremmo mai abituarci a riceverla, ricercarla, desiderarla! E’ qualcosa di sempre nuovo che provoca stupore e meraviglia nel vedere la grande fantasia creatrice di Dio quando ci viene incontro con il suo amore.

Dio si è rivelato manifestando più volte il suo nome, e questo nome è “misericordioso” (cfr Es 34,6). Come è grande e infinita la natura di Dio, così grande e infinita è la sua misericordia, a tal punto che appare un’impresa ardua poterla descrivere in tutti i suoi aspetti. Scorrendo le pagine della Sacra Scrittura, troviamo che la misericordia è anzitutto la vicinanza di Dio al suo popolo. Una vicinanza che si esprime e si manifesta principalmente come aiuto e protezione. E’ la vicinanza di un padre e di una madre che si rispecchia in una bella immagine del profeta Osea. Dice così: «Io li traevo con legami di bontà, con vincoli d’amore, ero per loro come chi solleva un bimbo alla sua guancia, mi chinavo su di lui per dargli da mangiare» (11,4). L’abbraccio di un papà e di una mamma con il loro bambino. E’ molto espressiva questa immagine: Dio prende ciascuno di noi e ci solleva fino alla sua guancia. Quanta tenerezza contiene e quanto amore esprime! Tenerezza: parola quasi dimenticata e di cui il mondo di oggi – tutti noi – abbiamo bisogno. Ho pensato a questa parola del profeta quando ho visto il logo del Giubileo. Gesù non solo porta sulle sue spalle l’umanità, ma la sua guancia stretta con quella di Adamo, a tal punto che i due volti sembrano fondersi in uno.

Noi non abbiamo un Dio che non sappia comprendere e compatire le nostre debolezze (cfr Eb 4,15). Al contrario! Proprio in forza della sua misericordia Dio si è fatto uno di noi: «Con l’incarnazione il Figlio di Dio si è unito in certo modo ad ogni uomo. Ha lavorato con mani d’uomo, ha pensato con intelligenza d’uomo, ha agito con volontà d'uomo, ha amato con cuore d’uomo. Nascendo da Maria vergine, egli si è fatto veramente uno di noi, in tutto, in tutto simile a noi fuorché il peccato» (Gaudium et spes, 22). In Gesù, quindi, non solo possiamo toccare con mano la misericordia del Padre, ma siamo spinti a diventare noi stessi strumento della sua misericordia. Può essere facile parlare di misericordia, mentre è più impegnativo diventarne concretamente dei testimoni. E’ questo un percorso che dura tutta la vita e non dovrebbe conoscere alcuna sosta. Gesù ci ha detto che dobbiamo essere “misericordiosi come il Padre” (cfr Lc 6,36). E questo prende tutta la vita!

Quanti volti, dunque, ha la misericordia di Dio! Essa ci viene fatta conoscere come vicinanza e tenerezza, ma in forza di questo anche come compassione e condivisione, come consolazione e perdono. Chi più ne riceve, più è chiamato a offrirla, a condividerla; non può essere tenuta nascosta né trattenuta solo per sé stessi. E’ qualcosa che brucia il cuore e lo provoca ad amare, riconoscendo il volto di Gesù Cristo soprattutto in chi è più lontano, debole, solo, confuso ed emarginato. La misericordia non sta ferma: va alla ricerca della pecora perduta, e quando la ritrova esprime una gioia contagiosa. La misericordia sa guardare negli occhi ogni persona; ognuna è preziosa per lei, perché ognuna è unica. Quanto dolore nel cuore sentiamo quando sentiamo dire: “Questa gente… questa gente, questo poveracci, buttiamoli fuori, lasciamoli dormire sulle strade…”. Questo è da Gesù?

Cari fratelli e sorelle, la misericordia non può mai lasciarci tranquilli. E’ l’amore di Cristo che ci “inquieta” fino a quando non abbiamo raggiunto l’obiettivo; che ci spinge ad abbracciare e stringere a noi, a coinvolgere quanti hanno bisogno di misericordia per permettere che tutti siano riconciliati con il Padre (cfr 2 Cor 5,14-20). Non dobbiamo avere timore, è un amore che ci raggiunge e coinvolge a tal punto da andare oltre noi stessi, per permetterci di riconoscere il suo volto in quello dei fratelli. Lasciamoci condurre docilmente da questo amore e diventeremo misericordiosi come il Padre.

Abbiamo ascoltato il Vangelo: Tommaso era un testardo. Non aveva creduto. E ha trovato la fede proprio quando ha toccato le piaghe del Signore. Una fede che non è capace di mettersi nelle piaghe del Signore, non è fede! Una fede che non è capace di essere misericordiosa, come sono segno di misericordia le piaghe del Signore, non è fede: è idea, è ideologia. La nostra fede è incarnata in un Dio che si è fatto carne, che si è fatto peccato, che è stato piagato per noi. Ma se noi vogliamo credere sul serio e avere la fede, dobbiamo avvicinarci e toccare quella piaga, accarezzare quella piaga e anche abbassare la testa e lasciare che gli altri accarezzino le nostre piaghe.

E’ bene allora che sia lo Spirito Santo a guidare i nostri passi: Lui è l’Amore, Lui è la Misericordia che si comunica nei nostri cuori. Non poniamo ostacoli alla sua azione vivificante, ma seguiamolo docilmente sui sentieri che Lui ci indica. Rimaniamo con il cuore aperto, perché lo Spirito possa trasformarlo; e così, perdonati, e riconciliati, immersi nelle piaghe del Signore, diventiamo testimoni della gioia che scaturisce dall’aver incontrato il Signore Risorto, vivo in mezzo a noi.

[Benedizione]

L’altro giorno, parlando con i dirigenti di una associazione di aiuto, di carità, è uscita questa idea, e ho pensato: “La dirò in piazza, sabato”. Che bello sarebbe che come un ricordo, diciamo, un “monumento” di quest’Anno della Misericordia, ci fosse in ogni diocesi un’opera strutturale di misericordia: un ospedale, una casa per anziani, per bambini abbandonati, una scuola dove non ci fosse, una casa per recuperare i tossicodipendenti… Tante cose che si possono fare… Sarebbe bello che ogni diocesi pensasse: cosa posso lasciare come ricordo vivente, come opera di misericordia vivente, come piaga di Gesù vivente per questo Anno della Misericordia? Pensiamoci e parliamone con i Vescovi. Grazie.

[00501-IT.02] [Testo originale: Italiano]

Traduzione in lingua francese

Nous partageons avec joie et reconnaissance ce moment de prière qui nous introduit au Dimanche de la Miséricorde, tant désiré par saint Jean-Paul II – il y a onze ans, comme en ce jour, en 2005 il s’en est allé –; et il voulait ceci pour accomplir une demande de sainte Faustine. Les témoignages qui ont été proposés – et dont nous remercions – et les lectures que nous avons entendues ouvrent des trouées de lumière et d’espérance pour entrer dans le grand océan de la miséricorde de Dieu. Combien sont les visages de sa miséricorde, avec lesquels il vient à notre rencontre? Ils sont vraiment nombreux; il est impossible de tous les décrire, parce que la miséricorde de Dieu est en croissance continuelle. Dieu ne se fatigue jamais de l’exprimer et nous ne devrions jamais nous habituer à la recevoir, à la rechercher, à la désirer! C’est quelque chose de toujours nouveau qui provoque étonnement et surprise en voyant la grande imagination créatrice de Dieu quand il vient à notre rencontre avec son amour.

Dieu s’est révélé en manifestant plusieurs fois son nom, et ce nom est «miséricordieux» (cf. Ex. 34,6). Comme grande et infinie est la nature de Dieu, aussi grande et infinie est sa miséricorde, à tel point qu’il semble une entreprise ardue de pouvoir la décrire sous tous ses aspects. Parcourant les pages de la sainte Ecriture, nous trouvons que la miséricorde est avant tout la proximité de Dieu avec son peuple. Une proximité qui s’exprime et se manifeste principalement comme aide et protection. C’est la proximité d’un père et d’une mère qui se reflète dans une belle image du prophète Osée. Il dit ceci: «Je le guidais avec humanité, par des liens d’amour; je le traitais comme un nourrisson qu’on soulève tout contre sa joue; je me penchais vers lui pour le faire manger» (11, 4). L’accolade d’un père et d’une mère à leur enfant. Cette image est très expressive: Dieu prend chacun de nous et le soulève tout contre sa joue. Que de tendresse cela contient, que d’amour cela exprime ! Tendresse: mot presqu’oublié et dont le monde d’aujourd’hui – nous tous – nous avons besoin. J’ai pensé à cette parole du prophète quand j’ai vu le logo du Jubilé. Non seulement Jésus porte l’humanité sur ses épaules, mais sa joue est contre celle d’Adam, à tel point que les deux visages semblent se fondre en un.

Nous n’avons pas un Dieu qui ne saurait pas comprendre nos faiblesses et y compatir (cf. He 4, 15). Au contraire! Justement en vertu de sa miséricorde Dieu s’est fait l’un de nous: «Par son incarnation, le Fils de Dieu s’est en quelque sorte uni lui-même à tout homme. Il a travaillé avec des mains d’homme, il a pensé avec une intelligence d’homme, il a agi avec une volonté d’homme, il a aimé avec un cœur d’homme. Né de la Vierge Marie, il est vraiment devenu l’un de nous, en tout, en tout semblable à nous, hormis le péché (Gaudium et spes, n. 22). En Jésus, donc, non seulement nous pouvons toucher de la main la miséricorde du Père, mais nous sommes poussés à devenir nous-mêmes instrument de la miséricorde. Il peut être facile de parler de miséricorde, alors qu’il est plus engageant d’en devenir concrètement des témoins. C’est un parcours qui dure toute la vie et ne devrait connaître aucune pause. Jésus nous a dit que nous devons être «miséricordieux comme le Père» (cf. Lc 6, 36). Et cela dure toute la vie!

Que de visages a donc la miséricorde de Dieu! Elle nous est fait connaître comme proximité et tendresse, mais aussi en vertu de cela comme compassion et partage, comme consolation et pardon. Qui plus en reçoit, plus il est appelé à l’offrir, à la partager ; elle ne peut être tenue cachée ni gardée seulement pour soi-même. C’est quelque chose qui brûle le cœur et le provoque à aimer, reconnaissant le visage de Jésus Christ surtout en celui qui est plus loin, faible, seul, perdu et marginalisé. La miséricorde ne reste pas clouée sur place: elle va à la recherche de la brebis perdue, et quand elle la retrouve elle exprime une joie contagieuse. La miséricorde sait regarder dans les yeux chaque personne; chacune est précieuse pour elle, parce que chacune est unique. Que de douleur nous éprouvons dans le cœur lorsque nous entendons dire: ‘‘Ces gens… ces gens, ces pauvres gens, mettons-les dehors, laissons-les dormir dans la rue…’’. Cela est-il de Jésus?

Chers frères et sœurs, la miséricorde ne peut jamais nous laisser tranquilles. C’est l’amour du Christ qui nous «inquiète» tant que nous n’avons pas atteint l’objectif; qui nous pousse à embrasser et à serrer contre nous, à impliquer tous ceux qui ont besoin de miséricorde pour permettre à tous d’être réconciliés avec le Père (cf. 2 Co 5, 14-20). Nous ne devons pas avoir peur, c’est un amour qui nous rejoint et nous implique au point d’aller au-delà de nous-mêmes, pour nous permettre de reconnaître son visage dans celui de nos frères. Laissons-nous conduire docilement par cet amour et nous deviendrons miséricordieux comme le Père.

Nous avons écouté l’Évangile: Thomas était un homme têtu. Il n’avait pas cru. Et il a trouvé la foi précisément lorsqu’il a touché les plaies du Seigneur. Une foi qui n’est pas capable de se mettre dans les plaies du Seigneur n’est pas la foi! Une foi qui n’est pas capable d’être miséricordieuse, comme les plaies du Seigneur sont signe de miséricorde, n’est pas la foi: c’est une idée, c’est une idéologie. Notre foi est incarnée dans un Dieu qui s’est fait chair, qui s’est fait péché, qui a été plaie pour nous. Mais si nous voulons croire vraiment et avoir la foi, nous devons nous approcher et toucher cette plaie, caresser cette plaie et également abaisser la tête pour laisser les autres caresser nos plaies.

Il est bien alors que ce soit l’Esprit Saint qui guide nos pas: C’est lui l’Amour, c’est lui la Miséricorde qui se communique à nos cœurs. Ne mettons pas d’obstacles à son action vivifiante, mais suivons-le docilement sur les sentiers qu’il nous indique. Demeurons avec le cœur ouvert, pour que l’Esprit puisse le transformer; et ainsi, pardonnés, réconciliés, immergés dans les plaies du Seigneur, devenons des témoins de la joie qui jaillit du fait d’avoir rencontré le Seigneur ressuscité, vivant au milieu de nous.

[Bénédiction]

L’autre jour, en parlant avec les dirigeants d’une association d’aide, de charité, a émergé cette idée, et j’ai pensé: ‘‘Je l’exprimerai à Place [Saint Pierre], le samedi’’. Qu’il serait beau que comme souvenir, disons, comme un ‘‘monument’’ de cette Année de la Miséricorde, il y ait dans chaque diocèse une œuvre, sous la forme d’une structure, de miséricorde: un hôpital, une maison pour les personnes âgées, pour les enfants abandonnés, une école là où il n’y en a pas, une maison pour récupérer les toxicomanes… Tant de choses qu’on peut faire… Il serait beau que chaque diocèse y pense: que puis-je laisser comme souvenir vivant, comme œuvre de miséricorde vivante, comme plaie de Jésus vivant à l’occasion de cette Année de la Miséricorde? Pensons-y et parlons-en avec les Evêques. Merci!

[00501-FR.02] [Texte original: Italien]

Traduzione in lingua inglese

With joy and thanksgiving we come together to share this time of prayer that begins Mercy Sunday. It is a liturgical feast which Saint John Paul II – he left us on this day in 2005 - ardently desired as a response to the request of Sister Faustina. The testimonies offered – for which we are grateful – and the readings we have just heard provide us the light and hope needed to enter the great ocean of God’s mercy. How many are the expressions of mercy with which God encounters us? They are numerous and it is impossible to describe them all, for the mercy of God continually increases. God never tires of showing us mercy and we should never take for granted the opportunity to receive, seek and desire this mercy. It is something always new, which inspires awe and wonder as we see God’s immense creativity in the ways he comes to meet us.

God has revealed himself, on many occasions, through his name which is “merciful” (cf. Ex 34:6). How great and infinite is the nature of God, so great and infinite his mercy, to the point that it is greatly challenging to describe it in all its entirety. Through Sacred Scriptures, we find that mercy is above all the closeness of God to his people. It is a closeness expressed essentially through help and protection. It is the closeness of a father or mother reflected in the beautiful words of the prophet Hosea: “I led them with cords of compassion, with the bands of love, and I became to them as one who eases the yoke on their jaws, and I bent down to them and fed them” (11:4). A father and mother’s embrace of their child. This image is extremely evocative: God picks each one of us up and holds us to his cheek. How much tenderness and love is expressed here! Tenderness: a word almost forgotten and one which the world today needs, all of us need. I had these words of the prophet in mind when I saw the image for the Jubilee. Jesus not only carries humanity on his shoulders, but his face is so closely joined to Adam’s face that it gives the impression they are one.

We do not have a God who is incapable of understanding and sharing our weaknesses (cf. Heb 4:15). Quite the contrary! Precisely because of his mercy God became one of us: “For by his incarnation the Son of God has united himself in some fashion with every man. He worked with human hands, he thought with a human mind, acted by human choice and loved with a human heart. Born of the Virgin Mary, he has truly been made one of us, like us in all things except sin” (Gaudium et Spes, 22). In Jesus, therefore, we are able not only to touch the mercy of God with our hands, but we are inspired to become instruments of his mercy. It is easy to speak of mercy, yet more difficult to become its witness. This is a path that is lifelong and which should not be interrupted. Jesus has said to us that we must be “merciful as the Father” (cf. Lk 6:36). It is a lifelong endeavour.

How many expressions there are, therefore, of God’s mercy! This mercy comes to us as closeness and tenderness, and because of this, comes also as compassion and solidarity, as consolation and forgiveness. The more we receive, the more we are called to share it with others; it cannot be kept hidden or kept only for ourselves. It is something which burns within our hearts, driving us to love, thus recognizing the face of Jesus Christ, above all in those who are most distant, weak, alone, confused and marginalized. Mercy does not remain still: it seeks out the lost sheep, and when one is found, a contagious joy overflows. Mercy knows how to look into the eyes of every person; each one is precious, for each one is unique. How much pain do we feel in our hearts when we hear: “These people… these people, these poor souls, let’s throw them out, let them sleep on the streets…”. Are these words from Jesus?

Dear brothers and sisters, mercy never allows us to feel satisfied. It is the love of Christ which makes us restless until we reach the goal; it impels us to embrace, welcome and include those who need mercy, so that all may be reconciled with the Father (cf. 2 Cor 5:14-20). We ought not to fear for it is a love which comes to us and involves us to such an extent that we go beyond ourselves, enabling us to see his face in our brothers and sisters. Let us allow ourselves to be humbly guided by this love; then we will become merciful as the Father is merciful.

We have heard the Gospel: Thomas was hard-headed. He did not believe. And he found his faith at precisely the moment he touched the wounds of the Lord. A faith that is not able to touch the Lord’s wounds, is not faith! A faith that cannot be merciful, as the Lord’s wounds were a sign of mercy, is not faith: it is an idea, an ideology. Our faith is incarnated in a God who was made man, who became sin, who was wounded for us. But if we really want to believe and have faith, we must draw near and touch those wounds, caress those wounds and even lower our head and allow others to sooth our wounds.

It is good that it is the Holy Spirit who guides us: he is love, he is the mercy that is poured into our hearts. May we not place obstacles to his life-giving work but with docility follow the path he shows us. Let us open our hearts so that the Spirit can transform us; thus forgiven, reconciled, and sheltered in our Lord’s wounds, we will become witnesses to the joy that brims over on finding the risen Lord, alive among us.

[The Holy Father imparts his Apostolic Blessing].

The other day, speaking with the directors of a charitable agency, the following idea surfaced. I thought it would be good to share it with you this evening. How beautiful it would be to have as a reminder, a “memorial” as it were, in every diocese during this Year of Mercy, an institutional expression of mercy: a hospital, a home for the elderly, for abandoned children, a school where none exists, a home for the recovery of addicts… There are so many things that could be done… It would be very good for each diocese to consider: what can we leave as a living memory, as a work of living mercy, as a wound of the living Jesus for this Year of Mercy? Let us reflect on this and speak to the Bishops about it. Thank you.

[00501-EN.02] [Original text: Italian]

Traduzione in lingua tedesca

Voll Freude und Dankbarkeit halten wir gemeinsam diesen Moment des Gebets, der uns in den Sonntag der göttlichen Barmherzigkeit einführt. Dieser Tag war der große Wunsch des heiligen Johannes Paul II. – vor elf Jahren wie heute, im Jahr 2005 ist er von uns gegangen; er wollte diesen Tag, um damit eine Bitte der heiligen Faustyna zu erfüllen. Die Zeugnisse, die vorgetragen wurden – und für die wir danken –, und die Lesungen, die wir gehört haben, sind ein Licht- und Hoffnungsstrahl, um in den großen Ozean der Barmherzigkeit Gottes einzutreten. Wie viele Gesichter hat seine Barmherzigkeit, mit denen er uns entgegenkommt? Es sind wirklich sehr viele; es ist unmöglich, sie alle zu beschreiben, denn die Barmherzigkeit Gottes wächst beständig. Gott wird nie müde, sie zum Ausdruck zu bringen, und wir sollten uns nie daran gewöhnen, sie zu empfangen, zu suchen und zu ersehnen. Sie ist etwas stets Neues, das Staunen und Verwunderung hervorruft, wenn wir den großen schöpferischen Erfindungsreichtum Gottes sehen, wenn er uns mit seiner Liebe entgegenkommt.

Gott hat sich geoffenbart und mehrmals seinen Namen kundgetan, und dieser Name ist „Barmherzigkeit“ (vgl. Ex 34,6). So groß und unendlich wie das Wesen Gottes, so groß und unendlich ist seine Barmherzigkeit, derart, dass es ein schwieriges Unterfangen scheint, sie in allen ihren Aspekten zu beschreiben. Wenn wir die Seiten der Heiligen Schrift durchgehen, sehen wir, dass die Barmherzigkeit zuallererst die Nähe Gottes zu seinem Volk ist. Eine Nähe, die sich vor allem als Hilfe und Schutz ausdrückt und zeigt. Es ist die Nähe eines Vaters und einer Mutter, die sich im schönen Bild des Propheten Hosea widerspiegelt. Er sagt so: „Mit menschlichen Fesseln zog ich sie an mich, mit den Ketten der Liebe. Ich war da für sie wie die (Eltern), die den Säugling an ihre Wangen heben. Ich neigte mich ihm zu und gab ihm zu essen“ (11,4). Die Umarmung eines Vaters und einer Mutter mit ihrem Kind. Dieses Bild ist sehr ausdrucksstark: Gott nimmt einen jeden von uns und hebt uns an seine Wange. Wie viel Zärtlichkeit steckt in diesem Bild, wie viel Liebe drückt es aus! Zärtlichkeit: ein fast vergessenes Wert – und die Welt von heute, wir alle, brauchen sie.Ich habe an dieses Wort des Propheten gedacht, als ich das Logo des Heiligen Jahres sah. Jesus trägt auf seinen Schultern nicht nur die Menschheit, sondern seine Wange liegt so eng an der Wange Adams, dass die beiden Gesichter scheinbar zu einem verschmelzen.

Wir haben keinen Gott, der uns nicht verstehen und nicht mitfühlen könnte mit unserer Schwäche (vgl. Hebr 4,15). Im Gegenteil! Gerade kraft seiner Barmherzigkeit ist Gott einer von uns geworden: „Der Sohn Gottes hat sich in seiner Menschwerdung gewissermaßen mit jedem Menschen vereinigt. Mit Menschenhänden hat er gearbeitet, mit menschlichem Geist gedacht, mit einem menschlichen Willen hat er gehandelt, mit einem menschlichen Herzen geliebt. Geboren aus Maria, der Jungfrau, ist er in Wahrheit einer aus uns geworden, in allem [, in allem] uns gleich außer der Sünde“ (Gaudium et spes, 22). In Jesus können wir daher die Barmherzigkeit des Vaters nicht nur mit Händen greifen, sondern wir sind angespornt, selbst ein Werkzeug der Barmherzigkeit zu werden. Es kann leicht sein, über Barmherzigkeit zu reden, während es viel anstrengender ist, sie konkret zu bezeugen. Dies ist ein Weg, der das ganze Leben dauert und keinen Stillstand kennen darf. Jesus hat uns gesagt, dass wir „barmherzig wie der Vater“ (vgl. Lk 6,36) sein müssen. Und dies beansprucht das ganze Leben.

Wie viele Gesichter hat also die Barmherzigkeit Gottes! Sie wird uns kundgetan als Nähe und Zärtlichkeit, aber kraft dessen auch als Mitleid und Teilhabe, als Trost und Vergebung. Je mehr einer sie empfängt, umso mehr ist er aufgerufen, sie anzubieten, mitzuteilen; man kann sie nicht versteckt halten, noch sie nur für sich selbst behalten. Sie ist etwas, das das Herz durchglüht und Liebe hervorruft, wenn wir das Antlitz Jesu Christi vor allem in dem erkennen, der weiter weg, schwächer, einsamer, besorgter und ausgegrenzter ist. Die Barmherzigkeit steht nicht still: sie macht sich auf die Suche nach dem verlorenen Schaf, und wenn sie es wiederfindet, zeigt sie eine ansteckende Freude. Die Barmherzigkeit versteht es, jeder Person in die Augen zu sehen; jeder Mensch ist für sie wertvoll, weil jeder einzigartig ist. Wie viel Schmerz spüren wir im Herzen, wenn wir sagen hören: „Diese Leute… diese Leute, diese armen Kerle, stoßen wir sie hinaus, lassen wir sie auf der Straße schlafen …“ Kommt dies von Jesus?

Liebe Brüder und Schwestern, die Barmherzigkeit darf uns nie unbewegt lassen. Die Liebe Christi „beunruhigt“ uns, solange wir nicht das Ziel erreicht haben; sie drängt uns, alle, die der Barmherzigkeit bedürfen, zu umarmen und an uns zu drücken, sie teilhaben zu lassen, um zu ermöglichen, dass alle mit dem Vater versöhnt werden (vgl. 2 Kor 5,14-20). Wir dürfen keine Angst haben. Sie ist eine Liebe, die uns erreicht und soweit teilhaben lässt, dass wir aus uns herausgehen, um uns zu erlauben, sein Antlitz in dem der Brüder und Schwestern zu erkennen. Lassen wir uns von dieser Liebe folgsam führen, und wir werden barmherzig wie der Vater.

Wir haben das Evangelium gehört: Thomas war ein Dickkopf. Er hat nicht geglaubt. Und er kam zum Glauben gerade, als er die Wunden des Herrn berührte. Ein Glaube, der sich nicht in die Wunden des Herrn legen kann, ist kein Glaube! Ein Glaube, der nicht barmherzig sein kann, wie die Wunden des Herrn ein Zeichen der Barmherzigkeit sind, ist kein Glaube: er ist eine Idee, eine Ideologie. Unser Glaube ist Fleisch geworden in einem Gott, der Fleisch geworden ist, der zur Sünde geworden ist, der für uns verwundet wurde. Aber wenn wir ernsthaft glauben wollen und Glauben haben wollen, müssen wir näher kommen und jene Wunde berühren, wir müssen jene Wunde streicheln und auch das Haupt beugen und zulassen, dass die anderen unsere Wunden streicheln.

Es ist also gut, dass der Heilige Geist unsere Schritte lenkt: Er ist die Liebe, Er ist die Barmherzigkeit, die sich in unsere Herzen hinein mitteilt. Setzen wir seinem lebenspendenden Handeln keine Hindernisse, sondern folgen wir ihm fügsam auf seinen Wegen, die Er uns zeigt. Halten wir unser Herz offen, damit der Geist es verwandeln kann; und so werden wir nach unserer eigenen Vergebung und Versöhnung, wenn wir hineingetaucht sind in die Wunden des Herrn, zu Zeugen der Freude, die aus der Begegnung mit dem auferstandenen Herrn hervorgeht, der unter uns lebt.

[Segen]

Als ich neulich mit den Leitern einer karitativen Hilfsorganisation sprach, kam es zu folgender Idee, und ich dachte: „Diese erwähne ich am Samstag auf dem Petersplatz“. Wie schön wäre es, wenn es gleichsam als Erinnerung, sagen wir als „Denkmal“ des Jahres der Barmherzigkeit, in jeder Diözese ein Bauwerk der Barmherzigkeit gäbe: ein Krankenhaus, ein Seniorenheim, ein Kinderheim, eine Schule, wo es noch keine gab, ein Haus, um Drogenabhängige wieder einzugliedern… Man kann viele Dinge tun… Es wäre schön, wenn jede Diözese darüber nachdenken würde: Was kann ich als lebendige Erinnerung, als Werk der lebendigen Barmherzigkeit, als Wunde des lebendigen Jesus für dieses Jahr der Barmherzigkeit hinterlassen? Denken wir darüber nach und sprechen wir darüber mit den Bischöfen. Danke.

[00501-DE.02] [Originalsprache: Italienisch]

Traduzione in lingua spagnola

Compartimos con alegría y agradecimiento este momento de oración que nos introduce en el Domingo de la Misericordia, muy deseado por san Juan Pablo II — hoy, hace once años, en el 2005 se ha ido—, y quería esto para hacer realidad una petición de santa Faustina. Los testimonios que han sido presentados —por los que damos gracias— y las lecturas que hemos escuchado abren espacios de luz y de esperanza para entrar en el gran océano de la misericordia de Dios. ¿Cuántos son los rostros de la misericordia, con los que él viene a nuestro encuentro? Son verdaderamente muchos; es imposible describirlos todos, porque la misericordia de Dios es un crescendo continuo. Dios no se cansa nunca de manifestarla y nosotros no deberíamos acostumbrarnos nunca a recibirla, buscarla y desearla. Siempre es algo nuevo que provoca estupor y maravilla al ver la gran fantasía creadora de Dios, cuando sale a nuestro encuentro con su amor.

Dios se ha revelado, manifestando muchas veces su nombre, y este nombre es “misericordioso” (cf. Ez 34,6). Así como la naturaleza de Dios es grande e infinita, del mismo modo es grande e infinita su misericordia, hasta el punto que parece una tarea difícil poder describirla en todos sus aspectos. Recorriendo las páginas de la Sagrada Escritura, encontramos que la misericordia es sobre todo cercanía de Dios a su pueblo. Una cercanía que se expresa y se manifiesta principalmente como ayuda y protección. Es la cercanía de un padre y de una madre que se refleja en una bella imagen del profeta Oseas, que dice así: «Con lazos humanos los atraje, con vínculos de amor. Fui para ellos como quien alza un niño hasta sus mejillas. Me incliné hacia él para darle de comer» (11,4). El abrazo de un papá y de una mamá con su niño. Es muy expresiva esta imagen: Dios toma a cada uno de nosotros y nos alza hasta sus mejillas. Cuánta ternura contiene y cuánto amor manifiesta. Ternura: palabra casi olvidada y de la que hoy el mundo —todos nosotros— tenemos necesidad.

He pensado en esta palabra del Profeta cuando he visto el logo del Jubileo. Jesús no sólo lleva sobre sus espaldas a la humanidad, sino que además pega su mejilla a la de Adán, hasta el punto que los dos rostros parecen fundirse en uno.

No tenemos un Dios que no sepa comprender y compadecerse de nuestras debilidades (cf. Hb 4, 15). Al contrario, precisamente en virtud de su misericordia, Dios se ha hecho uno de nosotros: «El Hijo de Dios con su encarnación, se ha unido, en cierto modo, con cada hombre. Trabajó con manos de hombre, pensó con inteligencia de hombre, obró con voluntad de hombre, amó con corazón de hombre. Nacido de la Virgen María, se hizo verdaderamente uno de nosotros, en todo, en todo semejantes a nosotros, excepto en el pecado» (Gaudium et spes, 22). Por lo tanto, en Jesús no sólo podemos tocar la misericordia del Padre, sino que somos impulsados a convertirnos nosotros mismos en instrumentos de misericordia. Puede ser fácil hablar de misericordia, mientras que es más difícil llegar a ser testigos de esa misericordia en lo concreto. Este es un camino que dura toda la vida y no debe detenerse. Jesús nos dijo que debemos ser “misericordiosos como el Padre” (cf. Lc 6,36). Y esto toma toda la vida.

¡Cuántos rostros, entonces, tiene la misericordia de Dios! Ésta se nos muestra como cercanía y ternura, pero en virtud de ello también como compasión y comunicación, como consolación y perdón. Quién más la recibe, más está llamado a ofrecerla, a comunicarla; no se puede tener escondida ni retenida sólo para sí mismo. Es algo que quema el corazón y lo estimula a amar, porque reconoce el rostro de Jesucristo sobre todo en quien está más lejos, débil, solo, confundido y marginado. La misericordia no se detiene: sale a buscar la oveja perdida, y cuando la encuentra manifiesta una alegría contagiosa. La misericordia sabe mirar a los ojos de cada persona; cada una es preciosa para ella, porque cada una es única. Cuanto dolor sentimos en el corazón, al escuchar decir: “Esta gente… esta gente, esta pobre gente, echémosla fuera, dejémosla dormir en la calle…”. ¿Esto es de Jesús?

Queridos hermanos y hermanas, la misericordia nunca puede dejarnos tranquilos. Es el amor de Cristo que nos “inquieta” hasta que no hayamos alcanzado el objetivo; que nos empuja a abrazar y estrechar a nosotros, a involucrar, a quienes tienen necesidad de misericordia para permitir que todos sean reconciliados con el Padre (cf. 2 Co 5,14-20). No debemos tener miedo, es un amor que nos alcanza y envuelve hasta el punto de ir más allá de nosotros mismos, para darnos la posibilidad de reconocer su rostro en los hermanos. Dejémonos guiar dócilmente por este amor y llegaremos a ser misericordiosos como el Padre.

Hemos escuchado el Evangelio. Tomás era un testarudo. No había creído. Y ha encontrado la fe cuando ha tocado las llagas del Señor. Una fe que no es capaz de meterse en las llagas del Señor, no es fe. Una fe que no es capaz de ser misericordiosa, como son signos de misericordia las llagas del Señor, no es fe: es idea, es ideología. Nuestra fe es encarnada en Dios que se ha hecho carne, que se ha hecho pecado, que ha sido herido por nosotros. Si queremos creer seriamente y tener la fe, debemos acercarnos y tocar aquellas llagas, acariciar aquellas llagas e incluso bajar la cabeza y dejar que los otros acaricien nuestras heridas.

Que sea, pues, el Espíritu Santo quien guíe nuestros pasos: Él es el amor, él es la misericordia que se comunica a nuestros corazones. No pongamos obstáculos a su acción vivificante, sino sigámoslo dócilmente por los caminos que nos indica. Permanezcamos con el corazón abierto, para que el Espíritu pueda transformarlo; y así, perdonados, reconciliados, inmersos en las llagas del Señor, seamos testigos de la alegría que brota del encuentro con el Señor Resucitado, vivo entre nosotros.

[Bendición]

El otro día, hablando con los directivos de una asociación de ayuda, de caridad, ha salido está idea, y pensé: “la diré en la Plaza, el sábado”. Que bello sería, que como un recuerdo, digamos, un “monumento” de este Año de la Misericordia, haya en cada diócesis una obra estructural de misericordia: un hospital, una casa para ancianos, para niños abandonados, una escuela donde no haya, una casa para recuperar los toxicómanos… Tantas cosas que se pueden hacer… Sería hermoso que cada diócesis pensara: ¿Qué podemos dejar como recuerdo vivo, como obra de misericordia viva, como llaga de Jesús vivo en este Año de la Misericordia? Pensemos y hablémoslo con los Obispos. Gracias.

[00501-ES.02] [Texto original: Italiano]

Traduzione in lingua portoghese

Com alegria e gratidão, partilhamos estes momentos de oração que nos introduzem no Domingo da Misericórdia, tão desejado por São João Paulo II – partiu há onze anos, em 2005, num sábado da Divina Misericórdia como hoje –; e queria este Domingo para satisfazer um pedido de Santa Faustina. Os testemunhos que nos foram oferecidos – e que agradecemos – e as leituras que ouvimos abrem clareiras de luz e de esperança para entrar no grande oceano da misericórdia de Deus. Quantas são as faces da misericórdia com que Ele vem ao nosso encontro? São verdadeiramente muitas; é impossível descrevê-las todas, porque a misericórdia de Deus cresce sem cessar. Deus nunca Se cansa de a exprimir, e nós não deveríamos jamais recebê-la, procurá-la, desejá-la por hábito. É sempre algo de novo que gera surpresa e maravilha à vista da imaginação criadora de Deus, quando vem ao nosso encontro com o seu amor.

Deus revelou-Se, manifestando várias vezes o seu nome; este nome é «misericordioso» (cf. Ex 34, 6). Tal como é grande e infinita a natureza de Deus, assim é grande e infinita a sua misericórdia, de tal modo que se revela uma árdua tarefa conseguir descrevê-la em todos os seus aspetos. Repassando as páginas da Sagrada Escritura, vemos que a misericórdia é, antes de mais nada, a proximidade de Deus ao seu povo. Uma proximidade que se exprime e manifesta principalmente como ajuda e proteção. É a proximidade dum pai e duma mãe que se espelha numa bela imagem do profeta Oseias. Diz assim: «Segurava-os com laços humanos, com laços de amor, fui para ele como os que levantam uma criancinha contra o seu rosto; inclinei-me para ele, para lhe dar de comer» (11, 4). O abraço dum pai e duma mãe ao seu filho. É muito expressiva esta imagem: Deus pega em cada um de nós e levanta-nos até ao seu rosto. Quanta ternura contém e quanto amor manifesta! Ternura: palavra quase esquecida e de que o mundo atual, todos nós temos necessidade. Pensei nesta palavra do profeta quando vi o logótipo do Jubileu. Jesus não só leva aos seus ombros a humanidade, mas tem o seu rosto tão chegado ao de Adão, que os dois rostos parecem fundir-se num só.

Nós não temos um Deus que não saiba compreender e compadecer-Se das nossas fraquezas (cf. Heb 4, 15). Pelo contrário! Foi precisamente em virtude da sua misericórdia que Deus Se fez um de nós: «Pela sua encarnação, Ele, o Filho de Deus, uniu-Se de certo modo a cada homem. Trabalhou com mãos humanas, pensou com uma inteligência humana, agiu com uma vontade humana, amou com um coração humano. Nascido da Virgem Maria, tornou-Se verdadeiramente um de nós, semelhante a nós em tudo, exceto no pecado» (Gaudium et spes, 22). Por conseguinte, em Jesus, podemos não só palpar a misericórdia do Pai, mas somos impelidos a tornar-nos nós mesmos instrumentos da misericórdia. Falar de misericórdia pode ser fácil; mais difícil é tornar-se suas testemunhas na vida concreta. Trata-se dum percurso que dura toda a vida e não deveria registar interrupções. Jesus disse-nos que devemos ser «misericordiosos como o Pai» (cf. Lc 6, 36). E isto requer a vida inteira!

Muitas são, portanto, as faces com que se apresenta a misericórdia de Deus! É-nos dada a conhecer como proximidade e ternura, mas, em virtude disto, também como compaixão e partilha, como consolação e perdão. Quem dela mais recebe, mais é chamado a oferecer, a partilhar; não pode ser mantida oculta nem retida só para nós mesmos. É algo que faz arder o coração e o desafia a amar, reconhecendo a face de Jesus Cristo, sobretudo em quem está mais longe, fraco, abandonado, confuso e marginalizado. A misericórdia não fica parada: vai à procura da ovelha perdida e, quando a encontra, irradia uma alegria contagiosa. A misericórdia sabe olhar cada pessoa nos olhos; cada uma delas é preciosa para ela, porque cada uma é única. Quanta amargura sentimos no coração, quando ouvimos dizer: «Esta gente… esta gente, estes miseráveis, expulsemo-los, deixemo-los dormir na estrada». Será isto de Jesus?

Queridos irmãos e irmãs, a misericórdia não pode jamais deixar-nos tranquilos. É o amor de Cristo que nos «inquieta» enquanto não tivermos alcançado o objetivo; que nos impele a abraçar e estreitar a nós, a envolver quantos necessitam de misericórdia, para permitir que todos sejam reconciliados com o Pai (cf. 2 Cor 5, 14-20). Não devemos ter medo; é um amor que nos alcança e envolve de tal maneira que se antecipa a nós mesmos, permitindo-nos reconhecer a sua face na dos irmãos. Deixemo-nos conduzir docilmente por este amor, e tornar-nos-emos misericordiosos como o Pai.

Como ouvimos no Evangelho, Tomé era um teimoso. Não acreditara e encontrou a fé, precisamente quando tocou as chagas do Senhor. Uma fé que não é capaz de se imergir nas chagas do Senhor, não é fé. Uma fé que não é capaz de ser misericordiosa, à semelhança das chagas do Senhor que são sinal de misericórdia, não é fé: é mera ideia, é ideologia. A nossa fé está encarnada num Deus que Se fez carne, que Se fez pecado, que Se cobriu de chagas por nós. Por isso, se queremos acreditar a sério e possuir a fé, devemos aproximar-nos e tocar aquela chaga, afagar aquela chaga e também inclinar a cabeça e deixar que os outros afaguem as nossas chagas.

Para isso é bom que seja o Espírito Santo a guiar os nossos passos: Ele é o Amor, Ele é a misericórdia que é comunicada aos nossos corações. Não ponhamos obstáculos à sua ação vivificante, mas sigamo-Lo docilmente pelas sendas que nos aponta. Permaneçamos de coração aberto, para que o Espírito possa transformá-lo; e assim, perdoados, reconciliados, imersos nas chagas do Senhor, nos tornemos testemunhas da alegria que brota de ter encontrado o Senhor Ressuscitado, vivo no meio de nós.

[depois da Bênção]

Há poucos dias, em conversa com os dirigentes duma associação de assistência, de caridade, surgiu esta ideia e pensei comigo: «Vou dizê-la, sábado, na Praça de São Pedro». Como seria belo se em cada diocese, como recordação, digamos, como «monumento» deste Ano da Misericórdia, se erguesse uma estrutura de misericórdia: um hospital, uma casa para idosos, para crianças abandonadas, uma escola onde não houvesse, uma casa para recuperação dos toxicodependentes… Tantas coisas que se podem fazer! Seria bom que cada diocese pensasse nisto: que posso deixar como recordação viva, como obra de misericórdia viva, como chaga de Jesus vivo neste Ano da Misericórdia? Pensemos e falemos com os Bispos. Obrigado!

[00501-PO.02] [Texto original: Italiano]

Traduzione in lingua polacca

Z radością i wdzięcznością uczestniczymy w tej chwili modlitwy wprowadzającej nas w Niedzielę Bożego Miłosierdzia, tak bardzo upragnionej przez św. Jana Pawła II, - przed jedenastoma laty, w 2005 roku, podobnie jak dziś odszedł do Domu Ojca. Bardzo chciał on spełnić prośbę św. Faustyny. Przedstawione nam świadectwa, za które dziękujemy i usłyszane przez nas czytania otwierają szczeliny światła i nadziei, aby wpłynąć na wielki ocean miłosierdzia Bożego. Jakże wiele jest twarzy Jego miłosierdzia, z którym wychodzi On nam na spotkanie? Jest ich doprawdy wiele. Nie sposób ich wszystkich opisać, gdyż Boże miłosierdzie jest nieustannym wzrostem. Bóg je niestrudzenie wyraża, a my nie powinniśmy nigdy przyzwyczaić się do jego przyjmowania, poszukiwania i pragnienia. Jest czymś nieustannie nowym, budzącym podziw i zdumienie, gdy widzimy wielką twórczą wyobraźnię Boga, przychodzącego do nas ze swoją miłością.

Bóg się objawił ukazując wiele razy swoje imię, a imię to brzmi: „miłosierny” (por. Wj 34,6). Tak, jak wielka i nieskończona jest natura Boga, tak też wielkie i nieskończone jest Jego miłosierdzie, do tego stopnia, że opisanie Go we wszystkich jego aspektach wydaje się przedsięwzięciem trudnym. Przeglądając karty Pisma Świętego, możemy stwierdzić, że miłosierdzie jest przede wszystkim bliskością Boga wobec swego ludu. Bliskością się ukazującą się i wyrażającą głównie jako pomoc i ochrona. Jest to bliskość ojca i matki, która znajduje odzwierciedlenie w pięknym obrazie proroka Ozeasza. Powiada on: „Pociągnąłem ich ludzkimi więzami, a były to więzy miłości. Byłem dla nich jak ten, co podnosi do swego policzka niemowlę - schyliłem się ku niemu i nakarmiłem go” (11,4). Uścisk tatusia i mamusi ze swoim dzieckiem. To bardzo wyrazisty obraz: Bóg bierze każdego z nas i podnosi do swego policzka. Ileż zawiera on czułości i ile wyraża miłości! Czułość – słowo niemal zapomniane, którego współczesny świat – my wszyscy – potrzebujemy. Myślałem o tym słowie widząc logo Jubileuszu. Jezus nie tylko niesie ludzkość na swoich ramionach, ale zbliża swój policzek do policzka Adama, do tego stopnia, że ​​dwa oblicza zdają się stapiać w jedną całość.

Nasz Bóg nie jest Bogiem, który nie potrafiłby zrozumieć i współczuć z naszymi słabościami (por. Hbr 4,15). Przeciwnie! Właśnie ze względu na swoje miłosierdzie Bóg stał się jednym z nas: „Syn Boży, poprzez wcielenie zjednoczył się w pewien sposób z każdym człowiekiem. Ludzkimi rękami wykonywał pracę, ludzkim umysłem myślał, ludzką wolą działał, ludzkim sercem kochał. Zrodzony z Maryi Dziewicy stał się prawdziwie jednym z nas, podobny do nas we wszystkim z wyjątkiem grzechu” (Gaudium et spes, 22). Zatem w Jezusie możemy nie tylko namacalnie dotknąć miłosierdzia Ojca, ale jesteśmy pobudzeni abyśmy sami stali się narzędziami miłosierdzia. Łatwo można by mówić o miłosierdziu, natomiast znacznie trudniej stawać się konkretnie jego świadkami. Jest to droga trwająca całe życie, która nigdy nie powinna ustawać. Jezus powiedział nam, że powinniśmy być „miłosierni, jak Ojciec” (por. Łk 6,36). A to zajmuje całe życie!

Jakże zatem wiele obliczy ma Boże miłosierdzie! Poznajemy je jako bliskość i czułość, ale ze względu na to także jako współczucie i dzielenie się, jako pocieszenie i przebaczenie. Ten, kto go więcej otrzymuje, ten jest też wezwany by bardziej je ofiarowywać, dzielić z innymi. Nie można go trzymać w ukryciu albo zatrzymywać jedynie dla samych siebie. To coś, co rozpala serce i pobudza je do miłowania, rozpoznając oblicze Jezusa Chrystusa zwłaszcza w tych, którzy są najdalej, w słabych, samotnych, zdezorientowanych i usuniętych na margines. Miłosierdzie nie stoi w miejscu: wyrusza w poszukiwaniu owcy zagubionej, a gdy ją znajduje wyraża zaraźliwą radość. Miłosierdzie potrafi spojrzeć w oczy każdej osobie; każda z nich jest dla niego cenna, bo każda z nich jest wyjątkowa. Ileż bólu odczuwamy w sercu, kiedy słyszymy: „Ci ludzie ... ci ludzie, ci biedacy, wyrzućmy ich, niech śpią na ulicach…”. Czy to pochodzi od Jezusa?

Słyszeliśmy Ewangelię: Tomasz był uparty. Nie uwierzył. A odnalazł swoją wiarę właśnie wtedy, gdy dotknął ran Pana. Wiara, która nie potrafi wejść w rany Pana, nie jest wiarą! Wiara, która nie jest zdolna by była miłosierną, tak jak znakami miłosierdzia są rany Pana – nie jest wiarą, jest ideę, jest ideologią. Nasza wiara jest ucieleśniona w Boga, który stał się ciałem, który stał się grzechem, który dla nas poniósł rany. Ale jeśli chcemy wierzyć na serio i mieć wiarę, musimy podejść i dotknąć tej rany, okryć pieszczotami tę ranę a także pochylić głowę i pozwolić, aby inni umiłowali nasze rany.

Drodzy bracia i siostry, miłosierdzie nie może nas nigdy zostawiać w spokoju. Jest miłością Chrystusa, która nas „niepokoi”, aż nie uda się nam osiągnąć celu; która pobudza nas do objęcia i przyciśnięcia do siebie, do wciągnięcia osób potrzebujących miłosierdzia, aby umożliwić, żeby wszyscy byli pojednani z Ojcem (por. 2 Kor 5,14-20). Nie powinniśmy się lękać. Jest to miłość, która do nas dociera i angażuje do tego stopnia, byśmy wychodzili poza nasze ograniczenia, pozwalając rozpoznać Jego oblicze w obliczu braci. Pozwólmy się posłusznie prowadzić tą miłością a staniemy się miłosierni jak Ojciec.

Dobrze zatem, aby to Duch Święty kierował naszymi krokami: On jest Miłością, On jest Miłosierdziem, które rozbrzmiewa w naszych sercach. Nie stawiajmy przeszkód Jego ożywiającemu działaniu, ale idźmy za Nim drogami, jakie On nam wskazuje. Trwajmy z otwartym sercem, aby Duch Święty mógł je przekształcić i w ten sposób otrzymawszy przebaczenie, pojednani, zanurzeni w ranach Pana stawajmy się świadkami radości wypływającej ze spotkania Zmartwychwstałego Pana żyjącego pośród nas.

[Błogosławieństwo]

Przed kilku dniami, rozmawiając z kierownictwem pewnego stowarzyszenia pomocy, dobroczynności, pojawia się pewna idea, a ja pomyślałem: „Powiem o tym w sobotę na placu św. Piotra”. Jakże dobrze byłoby, aby pamiątką, powiedzmy, „pomnikiem” tego Roku Miłosierdzia stało się w każdej diecezji strukturalne dzieło miłosierdzia: szpital, dom opieki dla osób starszych, dla opuszczonych dzieci, szkoła tam, gdzie jej nie było, ośrodek dla leczenia narkomanów... Wiele rzeczy można zrobić ... Wspaniale byłoby, aby w każdej diecezji pomyślano: co można zostawić jako żywe upamiętnienie, jako żywe dzieło miłosierdzia, jako rana żyjącego Jezusa z okazji tego Roku Miłosierdzia? Zastanówmy się i porozmawiajmy o tym z biskupami. Dziękuję.

[00501-PL.02] [Testo originale: Italiano]

Traduzione in lingua araba

عظة قداسة البابا فرنسيس
عشية عيد الرحمة الإلهية
ساحة القديس بطرس
السبت 2 أبريل / نيسان 2016

إننا نتشارك بفرح وامتنان بلحظات الصلاة هذه التي تُدخلنا في أحد الرحمة الذي رغب في إقامته القديس يوحنا بولس الثاني – والذي قد رحل عن عالمنا كاليوم منذ أحدى عشر عاما- وقد أراد هذا كي يلبي طلب القديسة فوستينا. إن الشهادات التي قُدمت -ونحن ممتنون لها- والقراءات التي استمعنا إليها تفتح فسحات من النور والرجاء بغية الدخول في محيط رحمة الله الكبير. كم هي متعددة وجوه رحمته التي، من خلالها، يأتي لملاقاتنا؟ إنها كثيرة حقا؛ ومن المستحيل أن نصفها كلها، لأن رحمة الله تنمو باستمرار. والله لا يتعب أبدًا من التعبير عنها وينبغي ألا نعتاد على الحصول عليها والبحث عنها والتوق إليها. إنها شيء جديد دائما يُحدث الدهشة والإعجاب من خلال رؤية خيال الله الخلاق عندما يأتي لملاقاتنا بمحبته.

لقد أظهر الله نفسه كاشفا عن اسمه أكثر من مرة، وهذا الاسم هو "رحيم" (را. خر 34، 6). وعلى قدر ما هي كبيرة ولامتناهية طبيعة الله هكذا أيضا كبيرة ولامتناهية هي رحمته، لحد أن وصفَها بكل أبعادها، يبدو مهمة صعبة. من خلال قراءة صفحات الكتاب المقدس، نجد أن الرحمة هي قبل كل شيء قرب الله من شعبه. وهذا القُرب يظهر ويتجلى أساسًا بشكل المساعدة والحماية. إنه قرب أب وأم ينعكس بصورة رائعة قدمها النبي هوشع. والذي يقول: "بِحِبالِ البَشرِ، بِرَوابِطِ الحُبِّ اجتَذَبتُهم وكُنتُ لَهم كمَن يَرفَعُ الرَّضيعَ إِلى وَجنَتَيه وانحَنَيتُ علَيه وأَطعَمتُه" (هو 11، 4). إنه العناق بين أب أو أم مع ابنهما. إنها صورة تعبيرية للغاية: إن الله يأخذ كل واحد منا ويرفعنا إلى وجنتيه. كم من الحنان تحتوي هذه الصورة وكم من الحب تُظهر! الحنان: كلمة نكاد أن نكون قد نسيناها، كلمة يحتاج إليها العالم – ونحن أيضًا – نحتاجها. فكرتُ بكلمة النبي هذه عندما رأيتُ شعار اليوبيل. إن المسيح لا يحمل البشرية على كتفيه وحسب، بل إن وجنته تتلاصق بوجنة آدم لحد أن الوجهين يبدوان وكأنهما يذوبان في وجه واحد.

إلهنا ليس إلهًا لا يعرف كيف يفهم ضعفنا ويتعاطف معه (را. عب 4، 15). بل على العكس! فبفعل رحمته صار الله واحدا منا: "بتجسُّدِهِ اتَّحَدَ ابن الله نوعاً ما بكلِّ إنسان. لقد اشتغل بيدي إنسانٍ وفكر كما يُفكر الإنسان وعمل بإرادة إنسانٍ وأحبَّ بقلبِ الإنسان. لقد وُلِدَ من العذراء مريم وصار حقاً واحداً منا شبيهاً بنا في كلِّ شيء ما عدا الخطيئة" (فرح ورجاء، 22). ففي يسوع، لا يمكننا أن نلمس رحمة الله لمس اليد وحسب، بل هذا يدفعنا إلى أن نصبح نحن أيضًا أدوات للرحمه. قد يكون الحديث عن الرحمة سهلا، لكن من الأصعب أن نشهد لها عمليًّا. إنها مسيرة تستمر مدى الحياة ويجب ألا تتوقف إطلاقا. قال يسوع بأنه علينا أن نكون "رحماء كالآب" (را. لو 6، 36). وهذا يحتاج لكل الحياة!

كم هي عديدة أوجه رحمة الله! إننا نتعرف عليها بشكل قرب وحنان، وبموجب هذا، كتعاطف ومشاركة أيضًا، وكتعزية وغفران. من ينال الرحمة أكثر من غيره هو مدعو إلى تقديمها والمشاركة بها أكثر من الآخرين؛ لا يجب إبقائها مخفية أو الاحتفاظ بها لذواتنا. إنها شيء يشعل القلب ويدفعه على المحبة، والتعرف على وجه يسوع المسيح لاسيما في أوجه الأشخاص البعيدين والضعفاء والوحيدين والمربكين والمهمشين. إن الرحمة لا تقف مكتفة اليدين بل تذهب للبحث عن الخروف الضال، وعندما تجده تعبّر عن فرح مُعدٍ. الرحمة تعرف كيف تنظر في عيني كل شخص؛ إن كل شخص ثمين بالنسبة لها، لأنه فريد. كم من الألم نشعر في القلب عندما نسمع هذه الكلمات: "هؤلاء، هؤلاء المساكين، دعونا نطردهم خارجا، ليموتوا فوق الطرقات...". هل هذا من يسوع؟

أيها الأخوة والأخوات الأعزاء، الرحمة لا تتركنا أبدًا هامدين. إن محبة المسيح "تقلقنا" إلى حين بلوغنا الهدف؛ إنها تدفعنا إلى ضم ومعانقة وإشراك كل المحتاجين إلى الرحمة كي يتصالح الجميع مع الآب (را. 2 قور 5، 14-20). يجب ألا نخاف، إنها محبة تلاقينا وتُشركنا إلى حد تخطي ذواتنا، كي تسمح لنا بالتعرف على وجهها في وجوه الأخوة. لندع هذه المحبة طوعًا تقودنا فنصبح رحماء كالآب.

لقد سمعنا الإنجيل: لقد كان توما عنيدًا. لم يشاء أن يؤمن. وقد وجد الإيمان فقط عندما لمس جراح الرب. فإيمان لا يستطيع أن يثق بجراح المسيح ليس إيمانًا! إيمان لا يستطيع أن يتحول إلى رحمة، وكم هي علامات رحمة جراح المسيح، ليس إيمانًا: إنه مجرد فكرة أو ايدولوجية. إن إيماننا هو متجسد في إله قد صار بشرًا، صار خطيئة، إله قد انحنى من أجلنا. فإن كنّا نريد أن نثق حقا، وأن نؤمن، وجب علينا أن نقترب، وأن نلمس تلك الجراح، وأن نعانق تلك الجراح، وأن نحني رؤوسنا وأن نسمح للآخرين أن يعانقوا جراحنا.

من الجيد إذًا أن يكون الروح القدس هو من يقود خطواتنا: فهو المحبة، هو الرحمة التي تخرج من قلوبنا. دعونا لا نضع عراقيل أمام عمله المحيي، بل لنتبعه بوداعة على الدروب التي يرشدنا إليها. ولنُبقي قلوبنا منفتحة كي يقدر الروح القدس أن يغيّرها؛ وهكذا، وبعد أن نحصل على الغفران والمصالحة وبعد أن ننغمس في جراح الرب، نصبح شهودًا للفرح النابع من لقائنا بالرب القائم من الموت والحي في وسطنا.

[00501-AR.01] [Testo originale: Italiano]

[B0227-XX.02]