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Santa Messa nella Solennità dell’Immacolata Concezione e Apertura della Porta Santa della Basilica Vaticana per l’inizio del Giubileo della Misericordia, 08.12.2015


Omelia del Santo Padre

Testo in lingua francese

Testo in lingua inglese

Testo in lingua tedesca

Testo in lingua spagnola

Testo in lingua portoghese

Alle ore 9.30 di oggi, in Piazza San Pietro, il Santo Padre Francesco ha celebrato la Santa Messa nella Solennità dell’Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria e ha presieduto poi il rito di Apertura della Porta Santa della Basilica di San Pietro per l’inizio del Giubileo Straordinario della Misericordia.

Ricorrendo oggi il cinquantesimo anniversario della chiusura del Concilio Vaticano II, la celebrazione eucaristica è stata introdotta dalla lettura di alcuni brani delle quattro costituzioni conciliari (Dei Verbum, Lumen gentium, Sacrosanctum concilium e Gaudium et spes), e da due brani rispettivamente di Unitatis redintegratio sull’ecumenismo e Dignitatis humanae sulla libertà religiosa.

Al termine della Santa Messa, dopo i riti di Comunione, Papa Francesco ha raggiunto la Porta Santa della Basilica di San Pietro. In silenzio il Papa ha salito i gradini, ha aperto la Porta Santa, sostando in preghiera sulla soglia. Quindi è entrato solo, e per primo, in Basilica, seguito dal Papa emerito Benedetto XVI, quindi dai Concelebranti e da alcuni rappresentanti di religiosi, religiose e fedeli laici. Processionalmente si sono recati all’Altare della Confessione, da dove si è svolto il rito conclusivo della Santa Messa.

Di seguito pubblichiamo il testo dell’omelia che Papa Francesco ha tenuto nel corso della celebrazione eucaristica, dopo la proclamazione del Santo Vangelo:

Omelia del Santo Padre

Tra poco avrò la gioia di aprire la Porta Santa della Misericordia. Compiamo questo gesto - come ho fatto a Bangui - tanto semplice quanto fortemente simbolico, alla luce della Parola di Dio che abbiamo ascoltato, e che pone in primo piano il primato della grazia. Ciò che ritorna più volte in queste Letture, infatti, rimanda a quell’espressione che l’angelo Gabriele rivolse a una giovane ragazza, sorpresa e turbata, indicando il mistero che l’avrebbe avvolta: «Rallegrati, piena di grazia» (Lc 1,28).

La Vergine Maria è chiamata anzitutto a gioire per quanto il Signore ha compiuto in lei. La grazia di Dio l’ha avvolta, rendendola degna di diventare madre di Cristo. Quando Gabriele entra nella sua casa, anche il mistero più profondo, che va oltre ogni capacità della ragione, diventa per lei motivo di gioia, motivo di fede, motivo di abbandono alla parola che le viene rivelata. La pienezza della grazia è in grado di trasformare il cuore, e lo rende capace di compiere un atto talmente grande da cambiare la storia dell’umanità.

La festa dell’Immacolata Concezione esprime la grandezza dell’amore di Dio. Egli non solo è Colui che perdona il peccato, ma in Maria giunge fino a prevenire la colpa originaria, che ogni uomo porta con sé entrando in questo mondo. E’ l’amore di Dio che previene, che anticipa e che salva. L’inizio della storia di peccato nel giardino dell’Eden si risolve nel progetto di un amore che salva. Le parole della Genesi riportano all’esperienza quotidiana che scopriamo nella nostra esistenza personale. C’è sempre la tentazione della disobbedienza, che si esprime nel voler progettare la nostra vita indipendentemente dalla volontà di Dio. E’ questa l’inimicizia che attenta continuamente la vita degli uomini per contrapporli al disegno di Dio. Eppure, anche la storia del peccato è comprensibile solo alla luce dell’amore che perdona. Il peccato si capisce soltanto sotto questa luce. Se tutto rimanesse relegato al peccato saremmo i più disperati tra le creature, mentre la promessa della vittoria dell’amore di Cristo rinchiude tutto nella misericordia del Padre. La parola di Dio che abbiamo ascoltato non lascia dubbi in proposito. La Vergine Immacolata è dinanzi a noi testimone privilegiata di questa promessa e del suo compimento.

Questo Anno Straordinario è anch’esso dono di grazia. Entrare per quella Porta significa scoprire la profondità della misericordia del Padre che tutti accoglie e ad ognuno va incontro personalmente. E’ Lui che ci cerca! E’ Lui che ci viene incontro! Sarà un Anno in cui crescere nella convinzione della misericordia. Quanto torto viene fatto a Dio e alla sua grazia quando si afferma anzitutto che i peccati sono puniti dal suo giudizio, senza anteporre invece che sono perdonati dalla sua misericordia (cfr Agostino, De praedestinatione sanctorum 12, 24)! Sì, è proprio così. Dobbiamo anteporre la misericordia al giudizio, e in ogni caso il giudizio di Dio sarà sempre nella luce della sua misericordia. Attraversare la Porta Santa, dunque, ci faccia sentire partecipi di questo mistero di amore, di tenerezza. Abbandoniamo ogni forma di paura e di timore, perché non si addice a chi è amato; viviamo, piuttosto, la gioia dell’incontro con la grazia che tutto trasforma.

Oggi, qui a Roma e in tutte le diocesi del mondo, varcando la Porta Santa vogliamo anche ricordare un’altra porta che, cinquant’anni fa, i Padri del Concilio Vaticano II spalancarono verso il mondo. Questa scadenza non può essere ricordata solo per la ricchezza dei documenti prodotti, che fino ai nostri giorni permettono di verificare il grande progresso compiuto nella fede. In primo luogo, però, il Concilio è stato un incontro. Un vero incontro tra la Chiesa e gli uomini del nostro tempo. Un incontro segnato dalla forza dello Spirito che spingeva la sua Chiesa ad uscire dalle secche che per molti anni l’avevano rinchiusa in sé stessa, per riprendere con entusiasmo il cammino missionario. Era la ripresa di un percorso per andare incontro ad ogni uomo là dove vive: nella sua città, nella sua casa, nel luogo di lavoro… dovunque c’è una persona, là la Chiesa è chiamata a raggiungerla per portare la gioia del Vangelo e portare la misericordia e il perdono di Dio. Una spinta missionaria, dunque, che dopo questi decenni riprendiamo con la stessa forza e lo stesso entusiasmo. Il Giubileo ci provoca a questa apertura e ci obbliga a non trascurare lo spirito emerso dal Vaticano II, quello del Samaritano, come ricordò il beato Paolo VI a conclusione del Concilio. Attraversare oggi la Porta Santa ci impegni a fare nostra la misericordia del buon samaritano.

[02164-IT.02] [Testo originale: Italiano]

Testo in lingua francese

D’ici peu, j’aurai la joie d’ouvrir la Porte Sainte de la Miséricorde. Nous accomplissons ce geste - comme je l’ai fait à Bangui - aussi simple que fortement symbolique, à la lumière de la Parole de Dieu que nous avons écoutée, et qui place au premier plan le primat de la grâce. Ce qui revient plusieurs fois dans ces Lectures, en effet, renvoie à l’expression que l’ange Gabriel adresse à une jeune fille, surprise et troublée, indiquant le mystère qui l’envelopperait: «Je te salue, comblée-de-grâce» (Lc 1, 28).

La Vierge Marie est appelée surtout à se réjouir de ce que le Seigneur a accompli en elle. La grâce de Dieu l’a enveloppée, la rendant digne de devenir mère du Christ. Lorsque Gabriel entre dans sa maison, le mystère le plus profond qui va au-delà de toute capacité de la raison, devient pour elle motif de joie, motif de foi, motif d’abandon à la parole qui lui est révélée. La plénitude de la grâce est en mesure de transformer le cœur, et le rend capable d’accomplir un acte tellement grand qu’il change l’histoire de l’humanité.

La fête de l’Immaculée Conception exprime la grandeur de l’amour de Dieu. Il est non seulement celui qui pardonne le péché, mais en Marie, il va jusqu’à prévenir la faute originelle, que tout homme porte en lui en entrant dans ce monde. C’est l’amour de Dieu qui devance, qui anticipe et qui sauve. Le début de l’histoire du péché dans le jardin de l’Éden se conclut dans le projet d’un amour qui sauve. Les paroles de la Genèse renvoient à l’expérience quotidienne que nous découvrons dans notre existence personnelle. Il y a toujours la tentation de la désobéissance qui s’exprime dans le fait de vouloir envisager notre vie indépendamment de la volonté de Dieu. C’est cela l’inimitié qui tente continuellement la vie des hommes pour les opposer au dessein de Dieu. Pourtant, même l’histoire du péché n’est compréhensible qu’à la lumière de l’amour qui pardonne. Le péché se comprend seulement sous cette lumière. Si tout restait cantonné au péché, nous serions les plus désespérées des créatures, alors que la promesse de la victoire de l’amour du Christ enferme tout dans la miséricorde du Père. La Parole de Dieu que nous avons entendue ne laisse pas de doute à ce sujet. La Vierge Immaculée est devant nous un témoin privilégié de cette promesse et de son accomplissement.

Cette Année extraordinaire est aussi un don de grâce. Entrer par cette Porte signifie découvrir la profondeur de la miséricorde du Père qui nous accueille tous et va à la rencontre de chacun personnellement. C’est Lui qui nous cherche! C’est Lui qui vient à notre rencontre! Ce sera une Année pour grandir dans la conviction de la miséricorde. Que de tort est fait à Dieu et à sa grâce lorsqu’on affirme avant tout que les péchés sont punis par son jugement, sans mettre en avant au contraire qu’ils sont pardonnés par sa miséricorde (cf. Augustin, De praedestinatione sanctorum 12, 24)! Oui, c’est vraiment ainsi. Nous devons faire passer la miséricorde avant le jugement, et dans tous les cas le jugement de Dieu sera toujours à la lumière de sa miséricorde. Traverser la Porte Sainte nous fait donc nous sentir participants de ce mystère d’amour, de tendresse. Abandonnons toute forme de peur et de crainte, parce que cela ne sied pas à celui qui est aimé; vivons plutôt la joie de la rencontre avec la grâce qui transforme tout.

Aujourd’hui, ici à Rome et dans tous les diocèses du monde, en franchissant la Porte Sainte, nous voulons aussi rappeler une autre porte que, il y a cinquante ans, les Pères du Concile Vatican II ont ouverte vers le monde. Cette échéance ne peut pas être rappelée seulement pour la richesse des documents produits, qui jusqu’à nos jours permettent de vérifier le grand progrès accompli dans la foi. Mais, en premier lieu, le Concile a été une rencontre. Une véritable rencontre entre l’Église et les hommes de notre temps. Une rencontre marquée par la force de l’Esprit qui poussait son Église à sortir des obstacles qui pendant de nombreuses années l’avaient refermée sur elle-même, pour reprendre avec enthousiasme le chemin missionnaire. C’était la reprise d’un parcours pour aller à la rencontre de tout homme là où il vit: dans sa ville, dans sa maison, sur son lieu de travail… partout où il y a une personne, l’Église est appelée à la rejoindre pour lui apporter la joie de l’Évangile et pour apporter la miséricorde et le pardon de Dieu. Une poussée missionnaire, donc, qu’après ces décennies nous reprenons avec la même force et le même enthousiasme. Le Jubilé nous provoque à cette ouverture et nous oblige à ne pas négliger l’esprit qui a jailli de Vatican II, celui du Samaritain, comme l’a rappelé le bienheureux Paul VI lors de la conclusion du Concile. Franchir la Porte Sainte nous engage à faire nôtre la miséricorde du bon samaritain

[02164-FR.02] [Texte original: Italien]

Testo in lingua inglese

In a few moments I will have the joy of opening the Holy Door of Mercy. We carry out this act – as I did in Bangui – so simple yet so highly symbolic, in the light of the word of God which we have just heard. That word highlights the primacy of grace. Again and again these readings make us think of the words by which the angel Gabriel told an astonished young girl of the mystery which was about to enfold her: “Hail, full of grace” (Lk 1:28).

The Virgin Mary was called to rejoice above all because of what the Lord accomplished in her. God’s grace enfolded her and made her worthy of becoming the Mother of Christ. When Gabriel entered her home, even the most profound and impenetrable of mysteries became for her a cause for joy, a cause for faith, a cause for abandonment to the message revealed to her. The fullness of grace can transform the human heart and enable it to do something so great as to change the course of human history.

The feast of the Immaculate Conception expresses the grandeur of God’s love. Not only does he forgive sin, but in Mary he even averts the original sin present in every man and woman who comes into this world. This is the love of God which precedes, anticipates and saves. The beginning of the history of sin in the Garden of Eden yields to a plan of saving love. The words of Genesis reflect our own daily experience: we are constantly tempted to disobedience, a disobedience expressed in wanting to go about our lives without regard for God’s will. This is the enmity which keeps striking at people’s lives, setting them in opposition to God’s plan. Yet the history of sin can only be understood in the light of God’s love and forgiveness. Sin can only be understood in this light. Were sin the only thing that mattered, we would be the most desperate of creatures. But the promised triumph of Christ’s love enfolds everything in the Father’s mercy. The word of God which we have just heard leaves no doubt about this. The Immaculate Virgin stands before us as a privileged witness of this promise and its fulfilment.

This Extraordinary Year is itself a gift of grace. To pass through the Holy Door means to rediscover the infinite mercy of the Father who welcomes everyone and goes out personally to encounter each of them. It is he who seeks us! It is he who comes to encounter us! This will be a year in which we grow ever more convinced of God’s mercy. How much wrong we do to God and his grace when we speak of sins being punished by his judgment before we speak of their being forgiven by his mercy (cf. Saint Augustine, De Praedestinatione Sanctorum, 12, 24)! But that is the truth. We have to put mercy before judgment, and in any event God’s judgement will always be in the light of his mercy. In passing through the Holy Door, then, may we feel that we ourselves are part of this mystery of love, of tenderness. Let us set aside all fear and dread, for these do not befit men and women who are loved. Instead, let us experience the joy of encountering that grace which transforms all things.

Today, here in Rome and in all the dioceses of the world, as we pass through the Holy Door, we also want to remember another door, which fifty years ago the Fathers of the Second Vatican Council opened to the world. This anniversary cannot be remembered only for the legacy of the Council’s documents, which testify to a great advance in faith. Before all else, the Council was an encounter. A genuine encounter between the Church and the men and women of our time. An encounter marked by the power of the Spirit, who impelled the Church to emerge from the shoals which for years had kept her self-enclosed so as to set out once again, with enthusiasm, on her missionary journey. It was the resumption of a journey of encountering people where they live: in their cities and homes, in their workplaces. Wherever there are people, the Church is called to reach out to them and to bring the joy of the Gospel, and the mercy and forgiveness of God. After these decades, we again take up this missionary drive with the same power and enthusiasm. The Jubilee challenges us to this openness, and demands that we not neglect the spirit which emerged from Vatican II, the spirit of the Samaritan, as Blessed Paul VI expressed it at the conclusion of the Council. May our passing through the Holy Door today commit us to making our own the mercy of the Good Samaritan.

[02164-EN.02] [Original text: Italian]

Testo in lingua tedesca

Gleich werde ich die Freude haben, die Heilige Pforte der Barmherzigkeit zu öffnen. Wie ich es schon in Bangui getan habe, vollziehen wir diese ebenso einfache wie symbolträchtige Geste im Licht des Wortes Gottes, das wir gehört haben und das die Vorrangstellung der Gnade deutlich hervorhebt. Mehrere Male findet sich nämlich in diesen Lesungen etwas, das auf jenen Gruß hindeutet, den der Erzengel Gabriel an ein junges, erschrockenes Mädchen richtet und mit dem er auf das Geheimnis hinweist, in das sie gehüllt werden sollte: „Freue dich, du Begnadete!“ (vgl. Lk 1,28).

Die Jungfrau Maria wird vor allem dazu bewegt, sich über all das zu freuen, was der Herr in ihr vollbracht hat. Die Gnade Gottes hat sie eingehüllt und sie würdig gemacht, die Mutter Christi zu werden. Als Gabriel in ihr Haus eintritt, wird auch das tiefste Geheimnis, das jedes Fassungsvermögen des Verstandes überschreitet, für sie ein Grund zur Freude, ein Grund zum Glauben und ein Grund zur völligen Hingabe an das ihr offenbarte Wort. Die Fülle der Gnade ist imstande, das Herz zu verwandeln, und macht es fähig, einen Schritt zu vollziehen, der so groß ist, dass er die Geschichte der Menschheit verändert.

Das Fest der Unbefleckten Empfängnis drückt die Größe der Liebe Gottes aus. Er ist nicht nur derjenige, der die Sünde vergibt, sondern bei Maria geht er so weit, dass er der Erbsünde zuvorkommt, die jeder Mensch in sich trägt, wenn er in diese Welt kommt. Es ist die Liebe Gottes, die zuvorkommt, vorwegnimmt und rettet. Der Anfang der Geschichte der Sünde im Garten Eden wird im Plan einer rettenden Liebe aufgelöst. Die Worte aus dem Buch Genesis geben die tägliche Erfahrung wieder, die wir in unserem persönlichen Leben machen. Es besteht immer die Versuchung zum Ungehorsam, die in dem Bestreben zum Ausdruck kommt, unser Leben unabhängig vom Willen Gottes zu planen. Das ist die Feindschaft, die ständig das Leben der Menschen gefährdet, um sie dem Plan Gottes entgegenzustellen. Und doch ist auch die Geschichte der Sünde nur im Licht der verzeihenden Liebe verständlich. Die Sünde selbst versteht man nur in diesem Licht. Wenn alles der Sünde überlassen bliebe, wären wir die hoffnungslosesten aller Geschöpfe, während die Verheißung des Sieges der Liebe Christi alles in das Erbarmen des Vaters einschließt. Das Wort Gottes, das wir gehört haben, lässt daran keinen Zweifel. Die ohne Erbsünde empfangene Jungfrau steht vor uns als die bevorzugte Zeugin dieser Verheißung und ihrer Erfüllung.

Dieses Außerordentliche Heilige Jahr ist selbst ein Geschenk der Gnade. Durch diese Pforte einzutreten bedeutet, die Tiefe der Barmherzigkeit des Vaters zu entdecken, der alle aufnimmt und jedem persönlich entgegengeht. Er ist es, der uns sucht; er ist es, der uns entgegenkommt! Es wird ein Jahr sein, in dem man sich immer mehr von der Barmherzigkeit überzeugen kann. Wieviel Unrecht wird Gott und seiner Gnade getan, wenn man vor allem behauptet, dass die Sünden durch sein Gericht bestraft werden, anstatt allem voranzustellen, dass sie von seiner Barmherzigkeit vergeben werden (vgl. Augustinus, De praedestinatione sanctorum 12,24)! Ja, genauso ist es. Wir müssen die Barmherzigkeit dem Gericht voranstellen, und in jedem Fall wird das Gericht Gottes immer im Licht seiner Barmherzigkeit stehen. Möge das Durchschreiten der Heiligen Pforte uns also das Gefühl vermitteln, Anteil zu haben an diesem Geheimnis der Liebe, der zärtlichen Zuwendung. Lassen wir jede Form von Angst und Furcht hinter uns, denn das passt nicht zu dem, der geliebt wird; erleben wir vielmehr die Freude über die Begegnung mit der alles verwandelnden Gnade!

Wenn wir heute durch die Heilige Pforte gehen – hier in Rom und in allen Diözesen der Welt –, wollen wir auch an eine andere Pforte denken: an die Tür, welche die Väter des Zweiten Vatikanischen Konzils vor fünfzig Jahren zur Welt hin aufgestoßen haben. Dieses Jahresgedenken darf aber nicht nur wegen des Reichtums der erstellten Dokumente erwähnt werden, die bis in unsere Tage erlauben, den großen Fortschritt festzustellen, der im Glauben gemacht wurde. An erster Stelle war das Konzil eine Begegnung. Eine wirkliche Begegnung zwischen der Kirche und den Menschen unserer Zeit. Eine von der Kraft des Geistes gekennzeichnete Begegnung, der seine Kirche drängte, aus der Dürre, die sie viele Jahre lang in sich selbst verschlossen gehalten hatte, herauszukommen, um mit Begeisterung den missionarischen Weg wieder aufzunehmen. Es war ein neuer Aufbruch, um auf jeden Menschen dort zuzugehen, wo er lebt: in seiner Stadt, in seinem Haus, am Arbeitsplatz… wo auch immer er sich befindet, da muss die Kirche ihn erreichen, um ihm die Freude des Evangeliums zu bringen und ihm das Erbarmen und die Vergebung Gottes zu bringen. Ein missionarischer Impuls, also, den wir nach diesen Jahrzehnten mit derselben Kraft und derselben Begeisterung wieder aufnehmen. Das Jubiläum fordert uns zu dieser Öffnung heraus und verpflichtet uns – entsprechend der Mahnung des seligen Pauls VI. beim Konzilsabschluss –, die aus dem Vaticanum II hervorgegangene Mentalität des barmherzigen Samariters nicht zu vernachlässigen. Möge also das Durchschreiten der Heiligen Pforte heute für uns mit dem Anspruch verbunden sein, uns die Haltung des barmherzigen Samariters zu Eigen zu machen.

[02164-DE.02] [Originalsprache: Italienisch]

Testo in lingua spagnola

En breve tendré la alegría de abrir la Puerta Santa de la Misericordia. Como hice en Bangui, cumplimos este gesto, a la vez sencillo y fuertemente simbólico, a la luz de la Palabra de Dios que hemos escuchado, y que pone en primer plano el primado de la gracia. En efecto, en estas lecturas se repite con frecuencia una expresión que evoca la que el ángel Gabriel dirigió a una joven muchacha, asombrada y turbada, indicando el misterio que la envolvería: «Alégrate, llena de gracia» (Lc 1,28).

La Virgen María está llamada en primer lugar a regocijarse por todo lo que el Señor hizo en ella. La gracia de Dios la envolvió, haciéndola digna de convertirse en la madre de Cristo. Cuando Gabriel entra en su casa, también el misterio más profundo, que va más más allá de la capacidad de la razón, se convierte para ella en un motivo de alegría, motivo de fe, motivo de abandono a la palabra que se revela. La plenitud de la gracia transforma el corazón, y lo hace capaz de realizar ese acto tan grande que cambiará la historia de la humanidad.

La fiesta de la Inmaculada Concepción expresa la grandeza del amor Dios. Él no sólo perdona el pecado, sino que en María llega a prevenir la culpa original que todo hombre lleva en sí cuando viene a este mundo. Es el amor de Dios el que previene, anticipa y salva. El comienzo de la historia del pecado en el Jardín del Edén desemboca en el proyecto de un amor que salva. Las palabras del Génesis nos remiten a la experiencia cotidiana de nuestra existencia personal. Siempre existe la tentación de la desobediencia, que se manifiesta en el deseo de organizar nuestra vida al margen de la voluntad de Dios. Esta es la enemistad que insidia continuamente la vida de los hombres para oponerlos al diseño de Dios. Y, sin embargo, también la historia del pecado se comprende sólo a la luz del amor que perdona. El pecado sólo se entiende con esta luz. Si todo quedase relegado al pecado, seríamos los más desesperados de entre las criaturas, mientras que la promesa de la victoria del amor de Cristo encierra todo en la misericordia del Padre. La palabra de Dios que hemos escuchado no deja lugar a dudas a este propósito. La Virgen Inmaculada es para nosotros testigo privilegiado de esta promesa y de su cumplimiento.

Este Año Extraordinario es también un don de gracia. Entrar por la puerta significa descubrir la profundidad de la misericordia del Padre que acoge a todos y sale personalmente al encuentro de cada uno. Es Él el que nos busca. Es Él el que sale a nuestro encuentro. Será un año para crecer en la convicción de la misericordia. Cuánto se ofende a Dios y a su gracia cuando se afirma sobre todo que los pecados son castigados por su juicio, en vez de destacar que son perdonados por su misericordia (cf. san Agustín, De praedestinatione sanctorum 12, 24) Sí, así es precisamente. Debemos anteponer la misericordia al juicio y, en cualquier caso, el juicio de Dios tendrá lugar siempre a la luz de su misericordia. Que el atravesar la Puerta Santa, por lo tanto, haga que nos sintamos partícipes de este misterio de amor. Abandonemos toda forma de miedo y temor, porque no es propio de quien es amado; vivamos, más bien, la alegría del encuentro con la gracia que lo transforma todo.

Hoy, aquí en Roma y en todas las diócesis del mundo, cruzando la Puerta Santa, queremos recordar también otra puerta que los Padres del Concilio Vaticano II, hace cincuenta años, abrieron hacia el mundo. Esta fecha no puede ser recordada sólo por la riqueza de los documentos producidos, que hasta el día de hoy permiten verificar el gran progreso realizado en la fe. En primer lugar, sin embargo, el Concilio fue un encuentro. Un verdadero encuentro entre la Iglesia y los hombres de nuestro tiempo. Un encuentro marcado por el poder del Espíritu que empujaba a la Iglesia a salir de las aguas poco profundas que durante muchos años la habían recluido en sí misma, para reemprender con entusiasmo el camino misionero. Era un volver a tomar el camino para ir al encuentro de cada hombre allí donde vive: en su ciudad, en su casa, en el trabajo...; dondequiera que haya una persona, allí está llamada la Iglesia a ir para llevar la alegría del Evangelio y llevar la misericordia y el perdón de Dios. Un impulso misionero, por lo tanto, que después de estas décadas seguimos retomando con la misma fuerza y el mismo entusiasmo. El jubileo nos estimula a esta apertura y nos obliga a no descuidar el espíritu surgido en el Vaticano II, el del Samaritano, como recordó el beato Pablo VI en la conclusión del Concilio. Que al cruzar hoy la Puerta Santa nos comprometamos a hacer nuestra la misericordia del Buen Samaritano.

[02164-ES.02] [Texto original: Italiano]

Testo in lingua portoghese

Daqui a pouco, terei a alegria de abrir a Porta Santa da Misericórdia. Este gesto, como fiz em Bangui, simples mas altamente simbólico, realizamo-lo à luz da Palavra de Deus escutada que põe em evidência a primazia da graça. Na verdade, o tema que mais vezes aflora nestas Leituras remete para aquela frase que o anjo Gabriel dirigiu a uma jovem mulher, surpresa e turbada, indicando o mistério que a iria envolver: «Salve, ó cheia de graça» (Lc 1, 28).

Antes de mais nada, a Virgem Maria é convidada a alegrar-Se com aquilo que o Senhor realizou n’Ela. A graça de Deus envolveu-A, tornando-A digna de ser mãe de Cristo. Quando Gabriel entra na sua casa, até o mistério mais profundo, que ultrapassa toda e qualquer capacidade da razão, se torna para Ela motivo de alegria, motivo de fé, motivo de abandono à palavra que Lhe é revelada. A plenitude da graça é capaz de transformar o coração, permitindo-lhe realizar um acto tão grande que muda a história da humanidade.

A festa da Imaculada Conceição exprime a grandeza do amor divino. Deus não é apenas Aquele que perdoa o pecado, mas, em Maria, chega até a evitar a culpa original, que todo o homem traz consigo ao entrar neste mundo. É o amor de Deus que evita, antecipa e salva. O início da história do pecado no Jardim do Éden encontra solução no projecto de um amor que salva. As palavras do Génesis levam-nos à experiência diária que descobrimos na nossa existência pessoal. Há sempre a tentação da desobediência, que se exprime no desejo de projectar a nossa vida independentemente da vontade de Deus. Esta é a inimizade que ameaça continuamente a vida dos homens, tentando contrapô-los ao desígnio de Deus. E todavia a própria história do pecado só é compreensível à luz do amor que perdoa. O pecado só se entende sob esta luz. Se tudo permanecesse ligado ao pecado, seríamos os mais desesperados entre as criaturas. Mas não! A promessa da vitória do amor de Cristo encerra tudo na misericórdia do Pai. Sobre isto, não deixa qualquer dúvida a palavra de Deus que ouvimos. Diante de nós, temos a Virgem Imaculada como testemunha privilegiada desta promessa e do seu cumprimento.

Também este Ano Extraordinário é dom de graça. Entrar por aquela Porta significa descobrir a profundidade da misericórdia do Pai que a todos acolhe e vai pessoalmente ao encontro de cada um. É Ele que nos procura, ´Ele que nos vem ao encontro. Neste Ano, deveremos crescer na convicção da misericórdia. Que grande injustiça fazemos a Deus e à sua graça, quando se afirma, em primeiro lugar, que os pecados são punidos pelo seu julgamento, sem antepor, diversamente, que são perdoados pela sua misericórdia (cf. Santo Agostinho, De praedestinatione sanctorum 12, 24)! E assim é verdadeiramente. Devemos antepor a misericórdia ao julgamento e, em todo o caso, o julgamento de Deus será sempre feito à luz da sua misericórdia. Por isso, oxalá o cruzamento da Porta Santa nos faça sentir participantes deste mistério de amor, de ternura. Ponhamos de lado qualquer forma de medo e temor, porque não se coaduna em quem é amado; vivamos, antes, a alegria do encontro com a graça que tudo transforma.

Hoje, aqui em Roma e em todas as dioceses do mundo, ao cruzar a Porta Santa, queremos também recordar outra porta que, há cinquenta anos, os Padres do Concílio Vaticano II escancararam ao mundo. Esta efeméride não pode lembrar apenas a riqueza dos documentos emanados, que permitem verificar até aos nossos dias o grande progresso que se realizou na fé. Mas o Concílio foi também, e primariamente, um encontro; um verdadeiro encontro entre a Igreja e os homens do nosso tempo. Um encontro marcado pela força do Espírito que impelia a sua Igreja a sair dos baixios que por muitos anos a mantiveram fechada em si mesma, para retomar com entusiasmo o caminho missionário. Era a retomada de um percurso para ir ao encontro de cada homem no lugar onde vive: na sua cidade, na sua casa, no local de trabalho... em qualquer lugar onde houver uma pessoa, a Igreja é chamada a ir lá ter com ela, para lhe levar a alegria do Evangelho e levar a Misericórdia e o perdão de Deus. Trata-se, pois, de um impulso missionário que, depois destas décadas, retomamos com a mesma força e o mesmo entusiasmo. O Jubileu exorta-nos a esta abertura e obriga-nos a não transcurar o espírito que surgiu do Vaticano II, o do Samaritano, como recordou o Beato Paulo VI na conclusão do Concílio. Atravessar hoje a Porta Santa compromete-nos a adoptar a misericórdia do bom samaritano.

[02164-PO.02] [Texto original: Italiano]

[B0969-XX.02]