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Messaggio del Santo Padre per la XXIV Giornata Mondiale del Malato, 15.09.2015


Messaggio del Santo Padre

Testo in lingua francese

Testo in lingua inglese

Testo in lingua tedesca

Testo in lingua spagnola

Testo in lingua portoghese

Testo in lingua polacca

Testo in lingua araba

Pubblichiamo di seguito il Messaggio del Santo Padre Francesco per la XXIV Giornata Mondiale del Malato, che si celebra l’11 febbraio 2016 a Nazareth, in Terra Santa:

Messaggio del Santo Padre

Affidarsi a Gesù misericordioso come Maria:
“Qualsiasi cosa vi dica, fatela” (Gv 2,5)

Cari fratelli e sorelle,

la XXIV Giornata Mondiale del Malato mi offre l’occasione per essere particolarmente vicino a voi, care persone ammalate, e a coloro che si prendono cura di voi.

Poiché tale Giornata sarà celebrata in modo solenne in Terra Santa, quest’anno propongo di meditare il racconto evangelico delle nozze di Cana (Gv 2,1-11), dove Gesù fece il suo primo miracolo per l’intervento di sua Madre. Il tema prescelto – Affidarsi a Gesù misericordioso come Maria: “Qualsiasi cosa vi dica, fatela” (Gv 2,5) si inscrive molto bene anche all’interno del Giubileo straordinario della Misericordia. La Celebrazione eucaristica centrale della Giornata avrà luogo 1’11 febbraio 2016, memoria liturgica della Beata Vergine Maria di Lourdes, proprio a Nazareth, dove «il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi» (Gv 1,14). A Nazareth Gesù ha dato inizio alla sua missione salvifica, ascrivendo a sé le parole del profeta Isaia, come ci riferisce l’evangelista Luca: «Lo spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; a rimettere in libertà gli oppressi, a proclamare l'anno di grazia del Signore» (4,18-19).

La malattia, soprattutto quella grave, mette sempre in crisi l’esistenza umana e porta con sé interrogativi che scavano in profondità. Il primo momento può essere a volte di ribellione: perché è capitato proprio a me? Ci si potrebbe sentire disperati, pensare che tutto è perduto, che ormai niente ha più senso...

In queste situazioni, la fede in Dio è, da una parte, messa alla prova, ma nello stesso tempo rivela tutta la sua potenzialità positiva. Non perché la fede faccia sparire la malattia, il dolore, o le domande che ne derivano; ma perché offre una chiave con cui possiamo scoprire il senso più profondo di ciò che stiamo vivendo; una chiave che ci aiuta a vedere come la malattia può essere la via per arrivare ad una più stretta vicinanza con Gesù, che cammina al nostro fianco, caricato della Croce. E questa chiave ce la consegna la Madre, Maria, esperta di questa via.

Nelle nozze di Cana, Maria è la donna premurosa che si accorge di un problema molto importante per gli sposi: è finito il vino, simbolo della gioia della festa. Maria scopre la difficoltà, in un certo senso la fa sua e, con discrezione, agisce prontamente. Non rimane a guardare, e tanto meno si attarda ad esprimere giudizi, ma si rivolge a Gesù e gli presenta il problema così come è: «Non hanno vino» (Gv 2,3). E quando Gesù le fa presente che non è ancora il momento per Lui di rivelarsi (cfr v. 4), dice ai servitori: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela» (v. 5). Allora Gesù compie il miracolo, trasformando una grande quantità di acqua in vino, un vino che appare subito il migliore di tutta la festa. Quale insegnamento possiamo ricavare dal mistero delle nozze di Cana per la Giornata Mondiale del Malato?

Il banchetto di nozze di Cana è un’icona della Chiesa: al centro c’è Gesù misericordioso che compie il segno; intorno a Lui ci sono i discepoli, le primizie della nuova comunità; e vicino a Gesù e ai suoi discepoli c’è Maria, Madre provvidente e orante. Maria partecipa alla gioia della gente comune e contribuisce ad accrescerla; intercede presso suo Figlio per il bene degli sposi e di tutti gli invitati. E Gesù non ha rifiutato la richiesta di sua Madre. Quanta speranza in questo avvenimento per noi tutti! Abbiamo una Madre che ha gli occhi vigili e buoni, come suo Figlio; il cuore materno e ricolmo di misericordia, come Lui; le mani che vogliono aiutare, come le mani di Gesù che spezzavano il pane per chi aveva fame, che toccavano i malati e li guarivano. Questo ci riempie di fiducia e ci fa aprire alla grazia e alla misericordia di Cristo. L’intercessione di Maria ci fa sperimentare la consolazione per la quale l’apostolo Paolo benedice Dio: «Sia benedetto Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, Padre misericordioso e Dio di ogni consolazione! Egli ci consola in ogni nostra tribolazione, perché possiamo anche noi consolare quelli che si trovano in ogni genere di afflizione con la consolazione con cui noi stessi siamo consolati da Dio. Poiché, come abbondano le sofferenze di Cristo in noi, così, per mezzo di Cristo, abbonda anche la nostra consolazione» (2 Cor 1,3-5). Maria è la Madre “consolata” che consola i suoi figli.

A Cana si profilano i tratti distintivi di Gesù e della sua missione: Egli è Colui che soccorre chi è in difficoltà e nel bisogno. E infatti nel suo ministero messianico guarirà molti da malattie, infermità e spiriti cattivi, donerà la vista ai ciechi, farà camminare gli zoppi, restituirà salute e dignità ai lebbrosi, risusciterà i morti, ai poveri annunzierà la buona novella (cfr Lc 7,21-22). E la richiesta di Maria, durante il banchetto nuziale, suggerita dallo Spirito Santo al suo cuore materno, fece emergere non solo il potere messianico di Gesù, ma anche la sua misericordia.

Nella sollecitudine di Maria si rispecchia la tenerezza di Dio. E quella stessa tenerezza si fa presente nella vita di tante persone che si trovano accanto ai malati e sanno coglierne i bisogni, anche quelli più impercettibili, perché guardano con occhi pieni di amore. Quante volte una mamma al capezzale del figlio malato, o un figlio che si prende cura del genitore anziano, o un nipote che sta vicino al nonno o alla nonna, mette la sua invocazione nelle mani della Madonna! Per i nostri cari che soffrono a causa della malattia domandiamo in primo luogo la salute; Gesù stesso ha manifestato la presenza del Regno di Dio proprio attraverso le guarigioni: «Andate e riferite a Giovanni ciò che udite e vedete: i ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano» (Mt 11,4-5). Ma l’amore animato dalla fede ci fa chiedere per loro qualcosa di più grande della salute fisica: chiediamo una pace, una serenità della vita che parte dal cuore e che è dono di Dio, frutto dello Spirito Santo che il Padre non nega mai a quanti glielo chiedono con fiducia.

Nella scena di Cana, oltre a Gesù e a sua Madre, ci sono quelli che vengono chiamati i “servitori”, che ricevono da Lei questa indicazione: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela» (Gv 2,5). Naturalmente il miracolo avviene per opera di Cristo; tuttavia, Egli vuole servirsi dell’aiuto umano per compiere il prodigio. Avrebbe potuto far apparire direttamente il vino nelle anfore. Ma vuole contare sulla collaborazione umana, e chiede ai servitori di riempirle di acqua. Come è prezioso e gradito a Dio essere servitori degli altri! Questo più di ogni altra cosa ci fa simili a Gesù, il quale «non è venuto per farsi servire, ma per servire» (Mc 10,45). Questi personaggi anonimi del Vangelo ci insegnano tanto. Non soltanto obbediscono, ma obbediscono generosamente: riempirono le anfore fino all’orlo (cfr Gv 2,7). Si fidano della Madre, e fanno subito e bene ciò che viene loro richiesto, senza lamentarsi, senza calcoli.

In questa Giornata Mondiale del Malato possiamo chiedere a Gesù misericordioso, attraverso l’intercessione di Maria, Madre sua e nostra, che conceda a tutti noi questa disposizione al servizio dei bisognosi, e concretamente dei nostri fratelli e delle nostre sorelle malati. Talvolta questo servizio può risultare faticoso, pesante, ma siamo certi che il Signore non mancherà di trasformare il nostro sforzo umano in qualcosa di divino. Anche noi possiamo essere mani, braccia, cuori che aiutano Dio a compiere i suoi prodigi, spesso nascosti. Anche noi, sani o malati, possiamo offrire le nostre fatiche e sofferenze come quell’acqua che riempì le anfore alle nozze di Cana e fu trasformata nel vino più buono. Con l’aiuto discreto a chi soffre, così come nella malattia, si prende sulle proprie spalle la croce di ogni giorno e si segue il Maestro (cfr Lc 9,23); e anche se l’incontro con la sofferenza sarà sempre un mistero, Gesù ci aiuta a svelarne il senso.

Se sapremo seguire la voce di Colei che dice anche a noi: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela», Gesù trasformerà sempre l’acqua della nostra vita in vino pregiato. Così questa Giornata Mondiale del Malato, celebrata solennemente in Terra Santa, aiuterà a realizzare l’augurio che ho espresso nella Bolla di indizione del Giubileo Straordinario della Misericordia: «Questo Anno Giubilare vissuto nella misericordia possa favorire l’incontro con [l’Ebraismo, con l’Islam] e con le altre nobili tradizioni religiose; ci renda più aperti al dialogo per meglio conoscerci e comprenderci; elimini ogni forma di chiusura e di disprezzo ed espella ogni forma di violenza e di discriminazione» (Misericordiae Vultus, 23). Ogni ospedale o casa di cura può essere segno visibile e luogo per promuovere la cultura dell’incontro e della pace, dove l’esperienza della malattia e della sofferenza, come pure l’aiuto professionale e fraterno, contribuiscano a superare ogni limite e ogni divisione.

Ci sono di esempio in questo le due Suore canonizzate nello scorso mese di maggio: santa Maria Alfonsina Danil Ghattas e santa Maria di Gesù Crocifisso Baouardy, entrambe figlie della Terra Santa. La prima fu testimone di mitezza e di unità, offrendo chiara testimonianza di quanto sia importante renderci gli uni responsabili degli altri, di vivere l’uno al servizio dell’altro. La seconda, donna umile e illetterata, fu docile allo Spirito Santo e divenne strumento di incontro con il mondo musulmano.

A tutti coloro che sono al servizio dei malati e dei sofferenti, auguro di essere animati dallo spirito di Maria, Madre della Misericordia. «La dolcezza del suo sguardo ci accompagni in questo Anno Santo, perché tutti possiamo riscoprire la gioia della tenerezza di Dio» (ibid., 24) e portarla impressa nei nostri cuori e nei nostri gesti. Affidiamo all’intercessione della Vergine le ansie e le tribolazioni, insieme alle gioie e alle consolazioni, e rivolgiamo a lei la nostra preghiera, perché rivolga a noi i suoi occhi misericordiosi, specialmente nei momenti di dolore, e ci renda degni di contemplare oggi e per sempre il Volto della misericordia, il suo Figlio Gesù.

Accompagno questa supplica per tutti voi con la mia Benedizione Apostolica.

Dal Vaticano, 15 settembre 2015
Memoria della Beata Vergine Maria Addolorata

FRANCISCUS

[01471-IT.01] [Testo originale: Italiano]

Testo in lingua francese

Se confier à Jésus miséricordieux comme Marie:
«Tout ce qu’il vous dira, faites-le» (Jn 2,5)

Chers frères et sœurs,

La XXIVème Journée Mondiale du Malade m’offre l’occasion d’être particulièrement proche de vous et de ceux qui vous entourent de leurs soins.

Cette année, puisque la Journée sera célébrée de manière solennelle en Terre Sainte, je propose de méditer sur le récit évangélique des noces de Cana (Jn 2, 1-11), où Jésus accomplit son premier miracle grâce à l’intervention de sa Mère. Le thème de cette année: Se confier à Jésus miséricordieux comme Marie: «Tout ce qu’il vous dira, faites-le (Jn 2,5)», s’inscrit très bien dans le contexte du Jubilé extraordinaire de la miséricorde. Précisément, la célébration eucharistique solennelle, point central de la Journée, aura lieu le 11 février 2016 à Nazareth, lieu où le Verbe s’est fait chair et a habité parmi nous (Jn 1,14). À Nazareth aussi, Jésus a commencé sa mission salvifique, s’attribuant les paroles du prophète Isaïe, comme nous le rappelle l’Évangéliste Luc: «L’Esprit du Seigneur est sur moi, parce qu’il m’a consacré par l’onction, pour porter la Bonne Nouvelle aux pauvres. Il m’a envoyé annoncer aux captifs la délivrance et aux aveugles le retour à la vue, renvoyer en liberté les opprimés, proclamer une année de grâce du Seigneur» (4, 18-19).

La maladie, surtout lorsqu’elle est grave, met toujours l’existence humaine à l’épreuve et apporte avec elle des interrogations qui creusent en profondeur. Parfois, le premier moment peut être de révolte: pourquoi est-ce que cela m’est arrivé? On se sent désemparé, la tentation devient grande de penser que tout est perdu, que désormais rien n’a plus de sens…

Dans ces situations, la foi en Dieu est, d’une part, mise à l’épreuve et, d’autre part, révèle en même temps toute sa puissance positive. Non parce que la foi fait disparaître la maladie, la douleur ou les problèmes qui en dérivent, mais parce qu’elle offre une clé avec laquelle nous pouvons découvrir le sens le plus profond de ce que nous sommes en train de vivre; une clé qui nous aide à voir que la maladie peut être la voie pour arriver à une proximité plus étroite avec Jésus, qui chemine à nos côtés, chargé de la croix. Et cette clé c’est sa Mère, Marie, experte de cette voie, qui nous la remet.

Aux noces de Cana, Marie est la femme attentive qui s’aperçoit d’un problème très important pour les mariés: le vin est fini, le vin, symbole de la joie de la fête. Marie découvre la difficulté, la fait sienne dans un certain sens et, avec discrétion, agit immédiatement. Elle ne reste pas là à regarder, elle ne s’attarde pas à exprimer des jugements mais elle s’adresse à Jésus et lui présente le problème tel qu’il est: «ils n’ont pas de vin» (Jn 2,3). Et quand Jésus lui répond que son heure n’est pas encore arrivée (cf. v. 4), elle dit aux serviteurs: «Tout ce qu’il vous dira, faites-le» (v. 5). Alors Jésus accomplit le miracle, transformant une grande quantité d’eau en vin, un vin qui apparaît toute de suite le meilleur de toute la fête. Quel enseignement pouvons-nous tirer du mystère des noces de Cana pour la Journée mondiale du Malade?

Le banquet des noces de Cana est une icône de l’Église: au centre il y a Jésus miséricordieux qui accomplit le signe; autour de lui les disciples, les tout premiers de la nouvelle communauté; et près de Jésus et de ses disciples, il y a Marie, Mère prévoyante et priante. Marie participe à la joie des gens ordinaires et contribue à l’accroître; elle intercède auprès de son Fils pour le bien des époux et de tous les invités. Et Jésus n’a pas refusé la demande de sa Mère. Que d’espérance pour nous tous dans cet événement! Nous avons une Mère qui a les yeux vigilants et pleins de bonté, comme son Fils; le cœur maternel et débordant de miséricorde, comme lui; les mains qui veulent aider, comme les mains de Jésus qui rompaient le pain pour celui qui avait faim, qui touchaient les malades et les guérissaient. Cela nous remplit de confiance et fait que nous nous ouvrons à la grâce et à la miséricorde du Christ. L’intercession de Marie nous permet d’expérimenter la consolation pour laquelle l’apôtre Paul bénit Dieu: «Béni soit le Dieu et Père de notre Seigneur Jésus Christ, le Père des miséricordes et le Dieu de toute consolation, qui nous console dans toute notre tribulation, afin que, par la consolation que nous-mêmes recevons de Dieu, nous puissions consoler les autres en quelque tribulation que ce soit» (2 Co 1, 3-5). Marie est la Mère «consolée» qui console ses enfants.

À Cana se profilent les traits distinctifs de Jésus et de sa mission: il est Celui qui vient en aide à quiconque se trouve en difficulté et dans le besoin. Dans son ministère messianique, en effet, il guérira toutes sortes de maladies, d’infirmités et d’esprits mauvais, il rendra la vue aux aveugles, fera marcher les boiteux, rendra la santé et la dignité aux lépreux, ressuscitera les morts et annoncera la Bonne Nouvelle aux pauvres (cf. Lc 7, 21-22). Ainsi, la requête de Marie pendant le banquet de noces, suggérée par l’Esprit Saint à son cœur maternel, a fait apparaître non seulement le pouvoir messianique de Jésus mais aussi sa miséricorde.

Dans la sollicitude de Marie se reflète la tendresse de Dieu. Cette tendresse même devient présente dans la vie de beaucoup de personnes qui se trouvent aux côtés des malades et savent en comprendre les besoins, même les plus imperceptibles, parce qu’elles regardent avec des yeux pleins d’amour. Que de fois une maman au chevet de son enfant malade ou un enfant qui prend soin d’un parent âgé, ou un petit-fils proche de son grand-père ou de sa grand-mère, dépose sa prière entre les mains de la Vierge! Pour nos êtres chers qui souffrent à cause de la maladie, nous demandons en premier lieu la santé; Jésus lui-même a manifesté la présence du Royaume de Dieu à travers les guérisons précisément: «Allez rapporter à Jean ce que vous entendez et voyez: les aveugles voient et les boiteux marchent, les lépreux sont purifiés et les sourds entendent, les morts ressuscitent» (Mt 11, 4-5). Mais l’amour animé par la foi nous fait demander pour eux quelque chose de plus grand que la santé physique: nous demandons une paix, une sérénité du cœur qui est un don de Dieu, fruit de l’Esprit Saint que le Père ne refuse jamais à ceux qui le lui demandent avec confiance.

Dans la scène de Cana, outre Jésus et sa Mère, il y a ceux qui sont appelés les «serviteurs», qui reçoivent d’elle ce conseil: «Tout ce qu’il vous dira, faites-le» (Jn 2,5). Évidemment, le miracle a lieu par l’œuvre de Jésus; toutefois, il veut se servir de l’aide humaine pour accomplir le prodige. Il aurait pu faire apparaître directement le vin dans les jarres. Mais il veut compter sur la collaboration humaine et demande aux serviteurs de les remplir d’eau. Comme il est précieux et agréable à Dieu d’être au service des autres! Cela plus que toute autre chose nous rend semblables à Jésus, qui «n’est pas venu pour être servi mais pour servir» (Mc 10,45). Ces personnages anonymes de l’Évangile nous enseignent tant de choses. Non seulement ils obéissent, mais ils obéissent généreusement: ils remplissent les jarres jusqu’au bord (cf. Jn 2,7). Ils ont confiance en la Mère et font immédiatement et bien ce qui leur est demandé, sans se plaindre, sans tergiverser.

En cette Journée mondiale du Malade nous pouvons demander à Jésus miséricordieux, par l’intercession de Marie, sa Mère et la nôtre, qu’il nous accorde à tous cette disposition au service de ceux qui sont dans le besoin, et concrètement de nos frères et sœurs malades. Parfois, ce service peut être fatigant, lourd, mais nous sommes certains que le Seigneur ne manquera pas de transformer nos efforts humains en quelque chose de divin. Nous pouvons nous aussi être des mains, des bras, des cœurs qui aident Dieu à accomplir ses prodiges, souvent cachés. Nous aussi, bien-portants ou malades, nous pouvons offrir nos fatigues et nos souffrances comme cette eau qui remplit les jarres aux noces de Cana et a été transformée en un vin excellent. Avec l’aide discrète à celui qui souffre, comme dans la maladie, on porte sur ses épaules la croix de chaque jour et on suit le Maître (cf. Lc 9,23) et, même si la rencontre avec la souffrance sera toujours un mystère, Jésus nous aide à en dévoiler le sens.

Si nous savons suivre la voix de celle qui nous dit aussi: «tout ce qu’il vous dira, faites-le», Jésus transformera toujours l’eau de notre vie en un vin fin. Ainsi, cette Journée Mondiale du Malade, célébrée solennellement en Terre Sainte, aidera à réaliser le souhait que j’ai exprimé dans la Bulle d’indiction du Jubilé extraordinaire de la Miséricorde: «Que cette année jubilaire vécue dans la miséricorde favorise la rencontre avec le judaïsme et l’islam et avec les autres nobles traditions religieuses. Qu’elle nous rende plus ouverts au dialogue afin de mieux nous connaître et nous comprendre. Qu’elle chasse toute forme de fermeture et de mépris. Qu’elle repousse toute forme de violence et de discrimination» (cf. Misericordiae Vultus, 23). Chaque hôpital et chaque maison de soin peuvent être un signe visible et un lieu pour promouvoir la culture de la rencontre et de la paix où l’expérience de la maladie et de la souffrance, ainsi que l’aide professionnelle et fraternelle, contribuent à dépasser toute limite et toute division.

En cela peuvent nous servir d’exemple les deux religieuses canonisées au mois de mai dernier: sainte Mariam Alphonsine Danil Ghattas et sainte Marie de Jésus Crucifié Baouardy, toutes les deux filles de la Terre Sainte. La première fut un témoin de douceur et d’unité, offrant un témoignage clair de l’importance extrême d’être responsables les uns des autres, de vivre l’un au service de l’autre. La seconde, femme humble et illettrée, fut docile à l’Esprit Saint et devint un instrument de rencontre avec le monde musulman.

À tous ceux qui sont au service des malades et des personnes qui souffrent, je souhaite d’être animés par l’esprit de Marie, Mère de la Miséricorde. «Que la douceur de son regard nous accompagne en cette Année sainte, afin que tous puissent redécouvrir la joie de la tendresse de Dieu» (idem, 24) et la garder imprimée dans nos cœurs et dans nos gestes. Confions à l’intercession de la Vierge les angoisses et les tribulations, ainsi que les joies et les consolations et adressons-lui notre prière afin qu’elle tourne vers nous ses yeux miséricordieux, surtout dans les moments de douleur, et qu’elle nous rende dignes de contempler aujourd’hui et à jamais le Visage de la Miséricorde, son Fils Jésus.

J’accompagne cette prière pour vous tous de ma Bénédiction Apostolique.

Du Vatican, le 15 septembre 2015,
Mémoire de la Bienheureuse Vierge Marie, Notre Dame des Sept des Douleurs.

FRANCISCUS

[01471-FR.01] [Texte original: Français]

Testo in lingua inglese

Entrusting Oneself to the Merciful Jesus like Mary:
“Do whatever he tells you” (Jn 2:5)

Dear Brothers and Sisters,

The twenty-fourth World Day of the Sick offers me an opportunity to draw particularly close to you, dear friends who are ill, and to those who care for you.

This year, since the Day of the Sick will be solemnly celebrated in the Holy Land, I wish to propose a meditation on the Gospel account of the wedding feast of Cana (Jn 2: 1-11), where Jesus performed his first miracle through the intervention of his Mother. The theme chosen - Entrusting Oneself to the Merciful Jesus like Mary: “Do whatever he tells you” (Jn 2:5) is quite fitting in light of the Extraordinary Jubilee of Mercy. The main Eucharistic celebration of the Day will take place on 11 February 2016, the liturgical memorial of Our Lady of Lourdes, in Nazareth itself, where “the Word became flesh and made his dwelling among us” (Jn 1:14). In Nazareth, Jesus began his salvific mission, applying to himself the words of the Prophet Isaiah, as we are told by the Evangelist Luke: “The Spirit of the Lord is upon me, because he has anointed me to bring glad tidings to the poor. He has sent me to proclaim liberty to captives and recovery of sight to the blind, to let the oppressed go free, and to proclaim a year acceptable to the Lord” (Lk 4:18-19).

Illness, above all grave illness, always places human existence in crisis and brings with it questions that dig deep. Our first response may at times be one of rebellion: Why has this happened to me? We can feel desperate, thinking that all is lost, that things no longer have meaning…

In these situations, faith in God is on the one hand tested, yet at the same time can reveal all of its positive resources. Not because faith makes illness, pain, or the questions which they raise, disappear, but because it offers a key by which we can discover the deepest meaning of what we are experiencing; a key that helps us to see how illness can be the way to draw nearer to Jesus who walks at our side, weighed down by the Cross. And this key is given to us by Mary, our Mother, who has known this way at first hand.

At the wedding feast of Cana, Mary is the thoughtful woman who sees a serious problem for the spouses: the wine, the symbol of the joy of the feast, has run out. Mary recognizes the difficulty, in some way makes it her own, and acts swiftly and discreetly. She does not simply look on, much less spend time in finding fault, but rather, she turns to Jesus and presents him with the concrete problem: “They have no wine” (Jn 2:3). And when Jesus tells her that it is not yet the time for him to reveal himself (cf. v. 4), she says to the servants: “Do whatever he tells you” (v. 5). Jesus then performs the miracle, turning water into wine, a wine that immediately appears to be the best of the whole celebration. What teaching can we draw from this mystery of the wedding feast of Cana for the World Day of the Sick?

The wedding feast of Cana is an image of the Church: at the centre there is Jesus who in his mercy performs a sign; around him are the disciples, the first fruits of the new community; and beside Jesus and the disciples is Mary, the provident and prayerful Mother. Mary partakes of the joy of ordinary people and helps it to increase; she intercedes with her Son on behalf of the spouses and all the invited guests. Nor does Jesus refuse the request of his Mother. How much hope there is in that event for all of us! We have a Mother with benevolent and watchful eyes, like her Son; a heart that is maternal and full of mercy, like him; hands that want to help, like the hands of Jesus who broke bread for those who were hungry, touched the sick and healed them. All this fills us with trust and opens our hearts to the grace and mercy of Christ. Mary’s intercession makes us experience the consolation for which the apostle Paul blesses God: “Blessed be the God and Father of our Lord Jesus Christ, the Father of compassion and God of all encouragement, who encourages us in our affliction, so that we may be able to encourage those who are in any affliction with the encouragement with which we ourselves are encouraged by God. For as Christ’s sufferings overflow to us, so through Christ does our encouragement also overflow” (2 Cor 1:3-5). Mary is the “comforted” Mother who comforts her children.

At Cana the distinctive features of Jesus and his mission are clearly seen: he comes to the help of those in difficulty and need. Indeed, in the course of his messianic ministry he would heal many people of illnesses, infirmities and evil spirits, give sight to the blind, make the lame walk, restore health and dignity to lepers, raise the dead, and proclaim the good news to the poor (cf. Lk 7:21-22). Mary’s request at the wedding feast, suggested by the Holy Spirit to her maternal heart, clearly shows not only Jesus’ messianic power but also his mercy.

In Mary’s concern we see reflected the tenderness of God. This same tenderness is present in the lives of all those persons who attend the sick and understand their needs, even the most imperceptible ones, because they look upon them with eyes full of love. How many times has a mother at the bedside of her sick child, or a child caring for an elderly parent, or a grandchild concerned for a grandparent, placed his or her prayer in the hands of Our Lady! For our loved ones who suffer because of illness we ask first for their health. Jesus himself showed the presence of the Kingdom of God specifically through his healings: “Go and tell John what you hear and see: the blind regain their sight, the lame walk, lepers are cleansed, the deaf hear, the dead are raised, and the poor have the good news proclaimed to them” (Mt 11:4-5). But love animated by faith makes us ask for them something greater than physical health: we ask for peace, a serenity in life that comes from the heart and is God’s gift, the fruit of the Holy Spirit, a gift which the Father never denies to those who ask him for it with trust.

In the scene of Cana, in addition to Jesus and his Mother, there are the “servants”, whom she tells: “Do whatever he tells you” (Jn 2:5). Naturally, the miracle takes place as the work of Christ; however, he wants to employ human assistance in performing this miracle. He could have made the wine appear directly in the jars. But he wants to rely upon human cooperation, and so he asks the servants to fill them with water. How wonderful and pleasing to God it is to be servants of others! This more than anything else makes us like Jesus, who “did not come to be served but to serve” (Mk 10:45). These unnamed people in the Gospel teach us a great deal. Not only do they obey, but they obey generously: they fill the jars to the brim (cf. Jn 2:7). They trust the Mother and carry out immediately and well what they are asked to do, without complaining, without second thoughts.

On this World Day of the Sick let us ask Jesus in his mercy, through the intercession of Mary, his Mother and ours, to grant to all of us this same readiness to be serve those in need, and, in particular, our infirm brothers and sisters. At times this service can be tiring and burdensome, yet we are certain that the Lord will surely turn our human efforts into something divine. We too can be hands, arms and hearts which help God to perform his miracles, so often hidden. We too, whether healthy or sick, can offer up our toil and sufferings like the water which filled the jars at the wedding feast of Cana and was turned into the finest wine. By quietly helping those who suffer, as in illness itself, we take our daily cross upon our shoulders and follow the Master (cf. Lk 9:23). Even though the experience of suffering will always remain a mystery, Jesus helps us to reveal its meaning.

If we can learn to obey the words of Mary, who says: “Do whatever he tells you”, Jesus will always change the water of our lives into precious wine. Thus this World Day of the Sick, solemnly celebrated in the Holy Land, will help fulfil the hope which I expressed in the Bull of Indiction of the Extraordinary Jubilee of Mercy: ‘I trust that this Jubilee year celebrating the mercy of God will foster an encounter with [Judaism and Islam] and with other noble religious traditions; may it open us to even more fervent dialogue so that we might know and understand one another better; may it eliminate every form of closed-mindedness and disrespect, and drive out every form of violence and discrimination’ (Misericordiae Vultus, 23). Every hospital and nursing home can be a visible sign and setting in which to promote the culture of encounter and peace, where the experience of illness and suffering, along with professional and fraternal assistance, helps to overcome every limitation and division.

For this we are set an example by the two Religious Sisters who were canonized last May: Saint Marie-Alphonsine Danil Ghattas and Saint Mary of Jesus Crucified Baouardy, both daughters of the Holy Land. The first was a witness to meekness and unity, who bore clear witness to the importance of being responsible for one another other, living in service to one another. The second, a humble and illiterate woman, was docile to the Holy Spirit and became an instrument of encounter with the Muslim world.

To all those who assist the sick and the suffering I express my confident hope that they will draw inspiration from Mary, the Mother of Mercy. “May the sweetness of her countenance watch over us in this Holy Year, so that all of us may rediscover the joy of God’s tenderness” (ibid., 24), allow it to dwell in our hearts and express it in our actions! Let us entrust to the Virgin Mary our trials and tribulations, together with our joys and consolations. Let us beg her to turn her eyes of mercy towards us, especially in times of pain, and make us worthy of beholding, today and always, the merciful face of her Son Jesus!

With this prayer for all of you, I send my Apostolic Blessing.

From the Vatican, 15 September 2015
Memorial of Our Lady of Sorrows

FRANCISCUS

[01471-EN.01] [Original text: English]

Testo in lingua tedesca

Sich wie Maria dem barmherzigen Jesus anvertrauen:
»Was er euch sagt, das tut!« (Joh 2,5)

Liebe Brüder und Schwestern,

der XXIV. Welttag der Kranken gibt mir Gelegenheit, euch, liebe Kranke, und den Menschen, die euch pflegen, besonders nahe zu sein.

Da die Feier dieses Ereignisses in diesem Jahr im Heiligen Land stattfinden wird, schlage ich vor, das Evangelium von der Hochzeit in Kana zu betrachten (Joh 2,1-11), wo Jesus auf die Initiative seiner Mutter hin sein erstes Wunder wirkte. Darüber hinaus passt das gewählte Thema – Sich wie Maria dem barmherzigen Jesus anvertrauen: »Was er euch sagt, das tut!« (Joh 2,5) – sehr gut zum Außerordentlichen Jubiläum der Barmherzigkeit. Die zentrale Eucharistiefeier des Welttags der Kranken wird am 11. Februar 2016, dem liturgischen Gedenktag Unserer Lieben Frau in Lourdes, eben in Nazareth begangen, wo »das Wort Fleisch geworden ist und unter uns gewohnt hat« (Joh 1,14). In Nazareth nahm Jesus seine Heilssendung auf, indem er die Worte des Propheten Jesaja auf sich selbst bezog, wie uns der Evangelist Lukas berichtet: »Der Geist des Herrn ruht auf mir; denn der Herr hat mich gesalbt. Er hat mich gesandt, damit ich den Armen eine gute Nachricht bringe; damit ich den Gefangenen die Entlassung verkünde und den Blinden das Augenlicht; damit ich die Zerschlagenen in Freiheit setze und ein Gnadenjahr des Herrn ausrufe« (4,18-19).

Eine Krankheit, besonders wenn sie schwer ist, bedeutet stets eine Krise für die menschliche Existenz und wirft tiefschürfende Fragen auf. Im ersten Augenblick kann es Auflehnung sein: Warum gerade ich? Man könnte der Verzweiflung nachgeben und denken, dass alles verloren ist, dass jetzt nichts mehr einen Sinn hat…

In solchen Situationen wird der Glaube an Gott einerseits auf die Probe gestellt, aber andererseits offenbart er zugleich sein ganzes positives Potential. Nicht weil der Glaube die Krankheit, den Schmerz oder die daraus entstehenden Fragen zum Verschwinden bringt, sondern weil er einen Schlüssel anbietet, mit dem wir den tieferen Sinn dessen entdecken können, was wir erleben: ein Schlüssel, der uns zu sehen hilft, dass die Krankheit Weg zu einer größeren Nähe zu Jesus sein kann, der mit dem Kreuz beladen an unserer Seite geht. Und diesen Schlüssel gibt uns die Mutter, Maria, die diesen Weg gut kennt.

Bei der Hochzeit in Kana ist Maria die fürsorgliche Frau, die ein für das Brautpaar sehr wichtiges Problem bemerkt: Der Wein, Symbol der Festfreude, ist ausgegangen. Maria erkennt das Problem, macht es sich in gewisser Weise zu eigen und handelt unverzüglich und diskret. Sie sieht nicht tatenlos zu und noch viel weniger hält sie sich damit auf, ein Urteil abzugeben, sondern sie wendet sich an Jesus und legt ihm das Problem so dar, wie es ist: »Sie haben keinen Wein mehr« (Joh 2,3). Und als Jesus sie daran erinnert, dass seine Stunde, sich zu offenbaren, noch nicht gekommen ist (vgl. V. 4), sagt sie zu den Dienern: »Was er euch sagt, das tut!« (V. 5). Dann wirkt Jesus das Wunder, bei dem er eine große Menge Wasser in Wein verwandelt, und zwar einen Wein, der sich sofort als der beste Wein des Festes erweist. Was lehrt uns das Geheimnis der Hochzeit in Kana im Hinblick auf den Welttag der Kranken?

Das Hochzeitsmahl in Kana ist ein Bild für die Kirche: Im Mittelpunkt steht der barmherzige Jesus, der das Zeichen vollbringt. Um ihn sind seine Jünger versammelt, die Erstlingsfrüchte der neuen Gemeinschaft, und nahe bei Jesus und seinen Jüngern ist Maria, die fürsorgliche und betende Mutter. Maria nimmt an der Freude der einfachen Menschen teil und trägt dazu bei, sie zu vermehren; sie hält bei ihrem Sohn Fürsprache für das Wohl des Brautpaares und aller geladenen Gäste. Und Jesus hat die Bitte seiner Mutter nicht zurückgewiesen. Wie viel Hoffnung liegt in dieser Begebenheit für uns alle! Wir haben eine Mutter, die einen wachsamen und gütigen Blick hat wie ihr Sohn; ein mütterliches und von Barmherzigkeit erfülltes Herz wie er; Hände, die helfen wollen, wie die Hände Jesu, die den Hungrigen das Brot brachen, die die Kranken berührten und sie heilten. Das erfüllt uns mit Vertrauen und macht uns offen für die Gnade und Barmherzigkeit Christi. Die Fürsprache Marias lässt uns den Trost erfahren, für den der Apostel Paulus Gott preist: »Gepriesen sei der Gott und Vater Jesu Christi, unseres Herrn, der Vater des Erbarmens und der Gott allen Trostes. Er tröstet uns in all unserer Not, damit auch wir die Kraft haben, alle zu trösten, die in Not sind, durch den Trost, mit dem auch wir von Gott getröstet werden. Wie uns nämlich die Leiden Christi überreich zuteil geworden sind, so wird uns durch Christus auch überreicher Trost zuteil« (2 Kor 1,3-5). Maria ist die »getröstete« Mutter, die ihre Kinder tröstet.

In Kana zeichnen sich die charakteristischen Merkmale Jesu und seiner Sendung ab: Er ist derjenige, der den Menschen in Schwierigkeiten und in der Not hilft. In seinem messianischen Dienst wird er in der Tat viele von Krankheiten, Leiden und bösen Geistern heilen, er wird den Blinden das Augenlicht schenken, den Lahmen zum Gehen verhelfen, den Aussätzigen Gesundheit und Würde wiedergeben, die Toten auferwecken, den Armen die frohe Botschaft verkünden (vgl. Lk 7,21-22). Und die dem mütterlichen Herzen Marias vom Heiligen Geist eingegebene Bitte ließ beim Hochzeitsmahl nicht nur die messianische Macht Jesu hervortreten, sondern auch seine Barmherzigkeit.

In der Fürsorge Marias spiegelt sich die zärtliche Liebe Gottes. Diese Zärtlichkeit wird im Leben vieler Menschen gegenwärtig, die den Kranken zur Seite stehen und deren Bedürfnisse zu erkennen wissen, auch die kaum wahrnehmbaren, denn sie haben einen Blick voller Liebe. Wie oft legt eine Mutter am Krankenbett ihres Kindes ihre Bitten in die Hände der Muttergottes, oder ein Sohn oder eine Tochter, die sich um die betagten Eltern kümmern, oder ein Enkel, der für seine Großmutter oder seinen Großvater sorgt! Für unsere Lieben, die unter einer Krankheit leiden, bitten wir an erster Stelle um Gesundheit. Jesus selbst hat die Gegenwart des Reiches Gottes gerade durch Heilungen offenbart: »Geht und berichtet Johannes, was ihr hört und seht: Blinde sehen wieder und Lahme gehen; Aussätzige werden rein und Taube hören; Tote stehen auf« (Mt 11,4-5). Aber die vom Glauben beseelte Liebe lässt uns um etwas Größeres für sie bitten als körperliche Gesundheit: Wir bitten um einen Frieden, einen Lebensmut, der aus dem Herzen kommt und Geschenk Gottes ist, Frucht des Heiligen Geistes, den der Vater denen niemals verweigert, die ihn vertrauensvoll darum bitten.

Neben Jesus und seiner Mutter gibt es bei der Hochzeit in Kana auch jene, die »Diener« genannt werden und die von Maria den Hinweis erhalten: »Was er euch sagt, das tut!« (Joh 2,5). Natürlich geschieht das Wunder durch Jesus. Dennoch will er sich der menschlichen Hilfe bedienen, um das Wunder zu wirken. Er hätte den Wein direkt in die Krüge zaubern können. Aber er will auf die Mitarbeit des Menschen zählen und bittet die Diener, die Krüge mit Wasser zu füllen. Wie kostbar und Gott wohlgefällig ist es, Diener der anderen zu sein! Das macht uns mehr als alles andere Jesus ähnlich, der »nicht gekommen ist, um sich dienen zu lassen, sondern um zu dienen« (Mk 10,45). Diese namenlosen Personen des Evangeliums lehren uns sehr viel. Sie gehorchen nicht nur, sondern sie gehorchen großherzig: Sie füllen die Krüge bis zum Rand (vgl. Joh 2,7). Sie vertrauen der Mutter und tun das, was von ihnen erbeten wird, sofort und gut, ohne sich darüber zu beklagen, ohne Kalkül.

An diesem Welttag der Kranken wollen wir den barmherzigen Jesus auf die Fürsprache Marias, seiner und unserer Mutter, bitten, uns allen diese Bereitschaft zum Dienst an den Bedürftigen, und konkret an unseren kranken Brüdern und Schwestern, zu schenken. Zuweilen kann dieser Dienst mühevoll, belastend sein, aber wir können sicher sein, dass der Herr es nicht daran fehlen lassen wird, unser menschliches Bemühen in etwas Göttliches zu verwandeln. Auch wir können Hände, Arme, Herzen sein, die Gott helfen, seine häufig verborgenen Wunder zu vollbringen. Auch wir, ob gesund oder krank, können unsere Mühen und Leiden darbringen wie jenes Wasser, das bei der Hochzeit in Kana die Krüge füllte und in den besten Wein verwandelt wurde. Mit der unaufdringlichen Hilfe für die Leidenden nimmt man, genauso wie in der Krankheit, das tägliche Kreuz auf die Schultern und folgt dem Meister nach (vgl. Lk 9,23); und auch wenn die Begegnung mit dem Leid immer ein Geheimnis bleiben wird, hilft uns Jesus, dessen Sinn zu enthüllen.

Wenn wir der Stimme der Mutter zu folgen wissen, die auch zu uns spricht: »Was er euch sagt, das tut!« (Joh 2,5), dann wird Jesus das Wasser unseres Lebens immer in edlen Wein verwandeln. So wird dieser im Heiligen Land feierlich begangene Welttag der Kranken zur Verwirklichung des Wunsches beitragen, den ich in der Bulle zur Ausrufung des Außerordentlichen Jubiläums der Barmherzigkeit zum Ausdruck gebracht habe: »Dieses Jubiläumsjahr, das wir im Geist der Barmherzigkeit leben, mag die Begegnung mit [dem Judentum und dem Islam sowie mit] anderen ehrwürdigen religiösen Traditionen fördern. Es mache uns offener für den Dialog, damit wir uns besser kennen und verstehen lernen. Es überwinde jede Form der Verschlossenheit und Verachtung und vertreibe alle Form von Gewalt und Diskriminierung« (Misericordiae vultus, 23). Jedes Krankenhaus oder Pflegeheim kann sichtbares Zeichen und Ort zur Förderung der Kultur der Begegnung und des Friedens sein, wo die Erfahrung von Krankheit und Leid wie auch die professionelle und brüderliche Hilfe dazu beitragen, jede Ausgrenzung und jede Spaltung zu überwinden.

Dabei sind uns die beiden im vergangenen Mai heiliggesprochenen Ordensschwestern ein Vorbild: die heilige Maria Alfonsina Danil Ghattas und die heilige Myriam vom gekreuzigten Jesus Baouardy, beide Töchter des Heiligen Landes. Erstere war Zeugin der Sanftmut und der Einheit, indem sie ein klares Zeugnis dafür gab, wie wichtig es ist, füreinander Verantwortung zu übernehmen und in gegenseitigem Dienen zu leben. Letztere, eine einfache und ungelehrte Frau, hörte auf den Heiligen Geist und wurde zu einem Werkzeug der Begegnung mit der muslimischen Welt.

All jenen, die im Dienst der Kranken und Leidenden stehen, wünsche ich, dass sie vom Geist Marias, Mutter der Barmherzigkeit, beseelt sind. »Ihr liebevoller Blick begleite uns durch dieses Heilige Jahr, damit wir alle die Freude der Zärtlichkeit Gottes wiederentdecken« (ebd.) und sie in unsere Herzen und Gesten einprägen können. Vertrauen wir der Fürsprache der Jungfrau Maria die Ängste und Nöte an, gemeinsam mit der Freude und dem Trost, den wir erhalten. Richten wir an sie unser Gebet, auf dass sie uns ihre barmherzigen Augen zuwende, besonders in den Augenblicken des Schmerzes, und uns würdig mache, heute und auf ewig das Antlitz der Barmherzigkeit zu schauen, ihren Sohn Jesus.

Diese Bitte für euch alle begleite ich mit meinem Apostolischen Segen.

Aus dem Vatikan, am 15. September 2015

Gedächtnis der Schmerzen Mariens

FRANCISCUS

[01471-DE.01] [Originalsprache: Deutsch]

Testo in lingua spagnola

Confiar en Jesús misericordioso como María:
“Haced lo que Él os diga” (Jn 2,5)

Queridos hermanos y hermanas:

La XXIV Jornada Mundial del Enfermo me ofrece la oportunidad de estar especialmente cerca de vosotros, queridos enfermos, y de todos los que os cuidan.

Debido a que este año dicha Jornada será celebrada solemnemente en Tierra Santa, propongo meditar la narración evangélica de las bodas de Caná (Jn 2,1-11), donde Jesús realizó su primer milagro gracias a la mediación de su Madre. El tema elegido, «Confiar en Jesús misericordioso como María: “Haced lo que Él os diga”» (Jn 2,5), se inscribe muy bien en el marco del Jubileo extraordinario de la Misericordia. La Celebración eucarística central de la Jornada, el 11 de febrero de 2016, memoria litúrgica de Nuestra Señora de Lourdes, tendrá lugar precisamente en Nazaret, donde «la Palabra se hizo carne, y puso su morada entre nosotros» (Jn 1,14). Jesús inició allí su misión salvífica, aplicando a sí mismo las palabras del profeta Isaías, como dice el evangelista Lucas: «El Espíritu del Señor está sobre mí, porque él me ha ungido. Me ha enviado a evangelizar a los pobres, a proclamar a los cautivos la libertad, y a los ciegos, la vista; a poner en libertad a los oprimidos; a proclamar el año de gracia del Señor» (Lc 4,18-19).

La enfermedad, sobre todo cuando es grave, pone siempre en crisis la existencia humana y nos plantea grandes interrogantes. La primera reacción puede ser de rebeldía: ¿Por qué me ha sucedido precisamente a mí? Podemos sentirnos desesperados, pensar que todo está perdido y que ya nada tiene sentido…

En esta situación, por una parte la fe en Dios se pone a prueba, pero al mismo tiempo revela toda su fuerza positiva. No porque la fe haga desaparecer la enfermedad, el dolor o los interrogantes que plantea, sino porque nos ofrece una clave con la que podemos descubrir el sentido más profundo de lo que estamos viviendo; una clave que nos ayuda a ver cómo la enfermedad puede ser la vía que nos lleva a una cercanía más estrecha con Jesús, que camina a nuestro lado cargado con la cruz. Y esta clave nos la proporciona María, su Madre, experta en esta vía.

En las bodas de Caná, María aparece como la mujer atenta que se da cuenta de un problema muy importante para los esposos: se ha acabado el vino, símbolo del gozo de la fiesta. María descubre la dificultad, en cierto sentido la hace suya y, con discreción, actúa rápidamente. No se limita a mirar, y menos aún se detiene a hacer juicios, sino que se dirige a Jesús y le presenta el problema tal como es: «No tienen vino» (Jn 2,3). Y cuando Jesús le hace presente que aún no ha llegado el momento para que Él se revele (cf. v. 4), dice a los sirvientes: «Haced lo que Él os diga» (v. 5). Entonces Jesús realiza el milagro, transformando una gran cantidad de agua en vino, en un vino que aparece de inmediato como el mejor de toda la fiesta. ¿Qué enseñanza podemos obtener del misterio de las bodas de Caná para la Jornada Mundial del Enfermo?

El banquete de bodas de Caná es una imagen de la Iglesia: en el centro está Jesús misericordioso que realiza la señal; a su alrededor están los discípulos, las primicias de la nueva comunidad; y cerca de Jesús y de sus discípulos está María, Madre previsora y orante. María participa en el gozo de la gente común y contribuye a aumentarlo; intercede ante su Hijo por el bien de los esposos y de todos los invitados. Y Jesús no rechazó la petición de su Madre. Cuánta esperanza nos da este acontecimiento. Tenemos una Madre con ojos vigilantes y compasivos, como los de su Hijo; con un corazón maternal lleno de misericordia, como Él; con unas manos que quieren ayudar, como las manos de Jesús, que partían el pan para los hambrientos, que tocaban a los enfermos y los sanaba. Esto nos llena de confianza y nos abre a la gracia y a la misericordia de Cristo. La intercesión de María nos permite experimentar la consolación por la que el apóstol Pablo bendice a Dios: «¡Bendito sea el Dios y Padre de nuestro Señor Jesucristo, Padre de las misericordias y Dios de todo consuelo, que nos consuela en cualquier tribulación nuestra hasta el punto de poder consolar nosotros a los demás en cualquier lucha, mediante el consuelo con que nosotros mismos somos consolados por Dios! Porque lo mismo que abundan en nosotros los sufrimientos de Cristo, abunda también nuestro consuelo gracias a Cristo» (2 Co 1,3-5). María es la Madre «consolada» que consuela a sus hijos.

En Caná se perfilan los rasgos característicos de Jesús y de su misión: Él es Aquel que socorre al que está en dificultad y pasa necesidad. En efecto, en su ministerio mesiánico curará a muchos de sus enfermedades, dolencias y malos espíritus, dará la vista a los ciegos, hará caminar a los cojos, devolverá la salud y la dignidad a los leprosos, resucitará a los muertos y a los pobres anunciará la buena nueva (cf. Lc 7,21-22). La petición de María, durante el banquete nupcial, puesta por el Espíritu Santo en su corazón de madre, manifestó no sólo el poder mesiánico de Jesús sino también su misericordia.

En la solicitud de María se refleja la ternura de Dios. Y esa misma ternura se hace presente también en la vida de muchas personas que se encuentran junto a los enfermos y saben comprender sus necesidades, aún las más ocultas, porque miran con ojos llenos de amor. Cuántas veces una madre a la cabecera de su hijo enfermo, o un hijo que se ocupa de su padre anciano, o un nieto que está cerca del abuelo o de la abuela, confían su súplica en las manos de la Virgen. Para nuestros seres queridos que sufren por la enfermedad pedimos en primer lugar la salud; Jesús mismo manifestó la presencia del Reino de Dios precisamente a través de las curaciones: «Id a anunciar a Juan lo que estáis viendo y oyendo: los ciegos ven y los cojos andan; los leprosos quedan limpios y los sordos oyen; los muertos resucitan» (Mt 11,4-5). Pero el amor animado por la fe hace que pidamos para ellos algo más grande que la salud física: pedimos la paz, la serenidad de la vida que parte del corazón y que es don de Dios, fruto del Espíritu Santo que el Padre no niega nunca a los que se lo piden con confianza.

En la escena de Caná, además de Jesús y su Madre, están también los que son llamados «sirvientes», que reciben de Ella esta indicación: «Haced lo que Él os diga» (Jn 2,5). Naturalmente el milagro tiene lugar por obra de Cristo; sin embargo, Él quiere servirse de la ayuda humana para realizar el prodigio. Habría podido hacer aparecer directamente el vino en las tinajas. Sin embargo, quiere contar con la colaboración humana, y pide a los sirvientes que las llenen de agua. Cuánto valora y aprecia Dios que seamos servidores de los demás. Esta es de las cosas que más nos asemeja a Jesús, el cual «no ha venido a ser servido sino a servir» (Mc 10,45). Estos personajes anónimos del Evangelio nos enseñan mucho. No sólo obedecen, sino que lo hacen generosamente: llenaron las tinajas hasta el borde (cf. Jn 2,7). Se fían de la Madre, y con prontitud hacen bien lo que se les pide, sin lamentarse, sin hacer cálculos.

En esta Jornada Mundial del Enfermo podemos pedir a Jesús misericordioso por la intercesión de María, Madre suya y nuestra, que nos conceda esta disponibilidad para servir a los necesitados, y concretamente a nuestros hermanos enfermos. A veces este servicio puede resultar duro, pesado, pero estamos seguros de que el Señor no dejará de transformar nuestro esfuerzo humano en algo divino. También nosotros podemos ser manos, brazos, corazones que ayudan a Dios a realizar sus prodigios, con frecuencia escondidos. También nosotros, sanos o enfermos, podemos ofrecer nuestros cansancios y sufrimientos como el agua que llenó las tinajas en las bodas de Caná y fue transformada en el mejor vino. Cada vez que se ayuda discretamente a quien sufre, o cuando se está enfermo, se tiene la ocasión de cargar sobre los propios hombros la cruz de cada día y de seguir al Maestro (cf. Lc 9,23); y aún cuando el encuentro con el sufrimiento sea siempre un misterio, Jesús nos ayuda a encontrarle sentido.

Si sabemos escuchar la voz de María, que nos dice también a nosotros: «Haced lo que Él os diga», Jesús transformará siempre el agua de nuestra vida en vino bueno. Así, esta Jornada Mundial del Enfermo, celebrada solemnemente en Tierra Santa, ayudará a realizar el deseo que he manifestado en la Bula de convocación del Jubileo Extraordinario de la Misericordia: «Este Año Jubilar vivido en la misericordia pueda favorecer el encuentro con [el Hebraísmo, el Islam] y con las otras nobles tradiciones religiosas; nos haga más abiertos al diálogo para conocernos y comprendernos mejor; elimine toda forma de cerrazón y desprecio, y aleje cualquier forma de violencia y de discriminación» (Misericordiae Vultus, 23). Cada hospital o clínica puede ser un signo visible y un lugar que promueva la cultura del encuentro y de la paz, y en el que la experiencia de la enfermedad y del sufrimiento, así como también la ayuda profesional y fraterna, contribuyan a superar todo límite y división.

Son un ejemplo para nosotros las dos monjas canonizadas en el pasado mes de mayo: santa María Alfonsina Danil Ghattas y santa María de Jesús Crucificado Baouardy, ambas hijas de la Tierra Santa. La primera fue testigo de mansedumbre y de unidad, ofreciendo un claro testimonio de la importancia que tiene el que seamos unos responsables de los otros importante es que seamos responsables unos de otros, de que vivíamos al servicio de los demás. La segunda, mujer humilde e iletrada, fue dócil al Espíritu Santo y se convirtió en instrumento de encuentro con el mundo musulmán.

A todos los que están al servicio de los enfermos y de los que sufren, les deseo que estén animados por el ejemplo de María, Madre de la Misericordia. «La dulzura de su mirada nos acompañe en este Año Santo, a fin de que todos podamos descubrir la alegría de la ternura de Dios» (ibíd., 24) y llevarla grabada en nuestros corazones y en nuestros gestos. Encomendemos a la intercesión de la Virgen nuestras ansias y tribulaciones, junto con nuestros gozos y consolaciones, y dirijamos a ella nuestra oración, para que vuelva a nosotros sus ojos misericordiosos, especialmente en los momentos de dolor, y nos haga dignos de contemplar hoy y por toda la eternidad el Rostro de la misericordia, su Hijo Jesús.

Acompaño esta súplica por todos vosotros con mi Bendición Apostólica.

Dado en el Vaticano, el 15 de setiembre de 2015
Memoria de la Beata Virgen María Dolorosa

FRANCISCUS

[01471-ES.02] [Texto original: Español]

Testo in lingua portoghese

«Confiar em Jesus misericordioso, como Maria:
“Fazei o que Ele vos disser”(Jo 2, 5)»

Amados irmãos e irmãs!

A XXIV Jornada Mundial do Doente dá-me ocasião para me sentir particularmente próximo de vós, queridas pessoas doentes, e de quantos cuidam de vós.

Dado que a referida Jornada vai ser celebrada de maneira solene na Terra Santa, proponho que, neste ano, se medite a narração evangélica das bodas de Caná (Jo 2, 1-11), onde Jesus realizou o primeiro milagre a pedido de sua Mãe. O tema escolhido – Confiar em Jesus misericordioso, como Maria: «Fazei o que Ele vos disser» (Jo 2, 5) – insere-se muito bem no âmbito do Jubileu Extraordinário da Misericórdia. A celebração eucarística central da Jornada terá lugar a 11 de Fevereiro de 2016, memória litúrgica de Nossa Senhora de Lurdes, e precisamente em Nazaré, onde «o Verbo Se fez homem e veio habitar connosco» (Jo 1, 14). Em Nazaré, Jesus deu início à sua missão salvífica, aplicando a Si mesmo as palavras do profeta Isaías, como nos refere o evangelista Lucas: «O Espírito do Senhor está sobre mim, porque me ungiu para anunciar a Boa-Nova aos pobres; enviou-me a proclamar a libertação aos cativos e, aos cegos, a recuperação da vista; a mandar em liberdade os oprimidos, a proclamar um ano favorável da parte do Senhor» (4, 18-19).

A doença, sobretudo se grave, põe sempre em crise a existência humana e suscita interrogativos que nos atingem em profundidade. Por vezes, o primeiro momento pode ser de rebelião: Porque havia de acontecer precisamente a mim? Podemos sentir-nos desesperados, pensar que tudo está perdido, que já nada tem sentido...

Nestas situações, a fé em Deus se, por um lado, é posta à prova, por outro, revela toda a sua força positiva; e não porque faça desaparecer a doença, a tribulação ou os interrogativos que daí derivam, mas porque nos dá uma chave para podermos descobrir o sentido mais profundo daquilo que estamos a viver; uma chave que nos ajuda a ver como a doença pode ser o caminho para chegar a uma proximidade mais estreita com Jesus, que caminha ao nosso lado, carregando a Cruz. E esta chave é-nos entregue pela Mãe, Maria, perita deste caminho.

Nas bodas de Caná, Maria é a mulher solícita que se apercebe de um problema muito importante para os esposos: acabou o vinho, símbolo da alegria da festa. Maria dá-Se conta da dificuldade, de certa maneira assume-a e, com discrição, age sem demora. Não fica a olhar e, muito menos, se demora a fazer juízos, mas dirige-Se a Jesus e apresenta-Lhe o problema como é: «Não têm vinho» (Jo 2, 3). E quando Jesus Lhe faz notar que ainda não chegou o momento de revelar-Se (cf. v. 4), Maria diz aos serventes: «Fazei o que Ele vos disser» (v. 5). Então Jesus realiza o milagre, transformando uma grande quantidade de água em vinho, um vinho que logo se revela o melhor de toda a festa. Que ensinamento podemos tirar, para a Jornada Mundial do Doente, do mistério das bodas de Caná?

O banquete das bodas de Caná é um ícone da Igreja: no centro, está Jesus misericordioso que realiza o sinal; em redor d’Ele, os discípulos, as primícias da nova comunidade; e, perto de Jesus e dos seus discípulos, está Maria, Mãe providente e orante. Maria participa na alegria do povo comum, e contribui para a aumentar; intercede junto de seu Filho a bem dos esposos e de todos os convidados. E Jesus não rejeitou o pedido de sua Mãe. Quanta esperança há neste acontecimento para todos nós! Temos uma Mãe de olhar vigilante e bom, como seu Filho; o coração materno e repleto de misericórdia, como Ele; as mãos que desejam ajudar, como as mãos de Jesus que dividiam o pão para quem tinha fome, que tocavam os doentes e os curavam. Isto enche-nos de confiança, fazendo-nos abrir à graça e à misericórdia de Cristo. A intercessão de Maria faz-nos experimentar a consolação, pela qual o apóstolo Paulo bendiz a Deus: «Bendito seja Deus e Pai de Nosso Senhor Jesus Cristo, o Pai das misericórdias e o Deus de toda consolação! Ele nos consola em toda a nossa tribulação, para que também nós possamos consolar aqueles que estão em qualquer tribulação, mediante a consolação que nós mesmos recebemos de Deus. Na verdade, assim como abundam em nós os sofrimentos de Cristo, também, por meio de Cristo, é abundante a nossa consolação» (2 Cor 1, 3-5). Maria é a Mãe «consolada», que consola os seus filhos.

Em Caná, manifestam-se os traços distintivos de Jesus e da sua missão: é Aquele que socorre quem está em dificuldade e passa necessidade. Com efeito, no seu ministério messiânico, curará a muitos de doenças, enfermidades e espíritos malignos, dará vista aos cegos, fará caminhar os coxos, restituirá saúde e dignidade aos leprosos, ressuscitará os mortos, e aos pobres anunciará a boa nova (cf. Lc 7, 21-22). E, durante o festim nupcial, o pedido de Maria – sugerido pelo Espírito Santo ao seu coração materno – fez revelar-se não só o poder messiânico de Jesus, mas também a sua misericórdia.

Na solicitude de Maria, reflecte-se a ternura de Deus. E a mesma ternura torna-se presente na vida de tantas pessoas que acompanham os doentes e sabem individuar as suas necessidades, mesmo as mais subtis, porque vêem com um olhar cheio de amor. Quantas vezes uma mãe à cabeceira do filho doente, ou um filho que cuida do seu progenitor idoso, ou um neto que acompanha o avô ou a avó, depõe a sua súplica nas mãos de Nossa Senhora! Para nossos familiares doentes, pedimos, em primeiro lugar, a saúde; o próprio Jesus manifestou a presença do Reino de Deus precisamente através das curas. «Ide contar a João o que vedes e ouvis: os cegos vêem e os coxos andam; os leprosos ficam limpos e os surdos ouvem, os mortos ressuscitam» (Mt 11, 4-5). Mas o amor, animado pela fé, leva-nos a pedir, para eles, algo maior do que a saúde física: pedimos uma paz, uma serenidade da vida que parte do coração e que é dom de Deus, fruto do Espírito Santo que o Pai nunca nega a quantos Lho pedem com confiança.

No episódio de Caná, além de Jesus e sua Mãe, temos aqueles que são chamados «serventes» e que d’Ela recebem esta recomendação: «Fazei o que Ele vos disser» (Jo 2, 5). Naturalmente, o milagre dá-se por obra de Cristo; contudo Ele quer servir-Se da ajuda humana para realizar o prodígio. Poderia ter feito aparecer o vinho directamente nas vasilhas. Mas quer valer-Se da colaboração humana e pede aos serventes que as encham de água. Como é precioso e agradável aos olhos de Deus ser serventes dos outros! Mais do que qualquer outra coisa, é isto que nos faz semelhantes a Jesus, que «não veio para ser servido, mas para servir» (Mc 10, 45). Aqueles personagens anónimos do Evangelho dão-nos uma grande lição. Não só obedecem, mas fazem-no generosamente: enchem as vasilhas até cima (cf. Jo 2, 7). Confiam na Mãe, fazendo, imediatamente e bem, o que lhes é pedido, sem lamentos nem cálculos.

Nesta Jornada Mundial do Doente, podemos pedir a Jesus misericordioso, pela intercessão de Maria, Mãe d’Ele e nossa, que nos conceda a todos a mesma disponibilidade ao serviço dos necessitados e, concretamente, dos nossos irmãos e irmãs doentes. Por vezes, este serviço pode ser cansativo, pesado, mas tenhamos a certeza de que o Senhor não deixará de transformar o nosso esforço humano em algo de divino. Também nós podemos ser mãos, braços, corações que ajudam a Deus a realizar os seus prodígios, muitas vezes escondidos. Também nós, sãos ou doentes, podemos oferecer as nossas canseiras e sofrimentos como aquela água que encheu as vasilhas nas bodas de Caná e foi transformada no vinho melhor. Tanto com a ajuda discreta de quem sofre, como suportando a doença, carrega-se aos ombros a cruz de cada dia e segue-se o Mestre (cf. Lc 9, 23); e, embora o encontro com o sofrimento seja sempre um mistério, Jesus ajuda-nos a desvendar o seu sentido.

Se soubermos seguir a voz d’Aquela que recomenda, a nós também, «fazei o que Ele vos disser», Jesus transformará sempre a água da nossa vida em vinho apreciado. Assim, esta Jornada Mundial do Doente, celebrada solenemente na Terra Santa, ajudará a tornar realidade os votos que formulei na Bula de proclamação do Jubileu Extraordinário da Misericórdia: «Possa este Ano Jubilar, vivido na misericórdia, favorecer o encontro com [o judaísmo e o islamismo] e com as outras nobres tradições religiosas; que ele nos torne mais abertos ao diálogo, para melhor nos conhecermos e compreendermos; elimine todas as formas de fechamento e desprezo e expulse todas as formas de violência e discriminação» (Misericordiae Vultus, 23). Cada hospital ou casa de cura pode ser sinal visível e lugar para promover a cultura do encontro e da paz, onde a experiência da doença e da tribulação, bem como a ajuda profissional e fraterna contribuam para superar qualquer barreira e divisão.

Exemplo disto são as duas Irmãs canonizadas no passado mês de Maio: Santa Maria Alfonsina Danil Ghattas e Santa Maria de Jesus Crucificado Baouardy, ambas filhas da Terra Santa. A primeira foi uma testemunha de mansidão e unidade, dando claro testemunho de como é importante tornarmo-nos responsáveis uns pelos outros, vivermos ao serviço uns dos outros. A segunda, mulher humilde e analfabeta, foi dócil ao Espírito Santo, tornando-se instrumento de encontro com o mundo muçulmano.

A todos aqueles que estão ao serviço dos doentes e atribulados, desejo que vivam animados pelo espírito de Maria, Mãe da Misericórdia. «A doçura do seu olhar nos acompanhe neste Ano Santo, para podermos todos nós redescobrir a alegria da ternura de Deus» (ibid., 24) e levá-la impressa nos nossos corações e nos nossos gestos. Confiamos à intercessão da Virgem as ânsias e tribulações, juntamente com as alegrias e consolações, dirigindo-Lhe a nossa oração para que Ela pouse sobre nós o seu olhar misericordioso, especialmente nos momentos de sofrimento, e nos torne dignos de contemplar, hoje e para sempre, o Rosto da misericórdia que é seu Filho Jesus.

Acompanho esta súplica por todos vós com a minha Bênção Apostólica.

Vaticano, 15 de Setembro – Memória de Nossa Senhora das Dores – do ano 2015.

FRANCISCUS

[01471-PO.01] [Texto original: Português]

Testo in lingua polacca

Zawierzmy się Jezusowi miłosiernemu jak Maryja:
„Zróbcie wszystko, cokolwiek wam powie”

(J 2,5)

Drodzy bracia i siostry,

XXIV Światowy Dzień Chorego jest dla mnie okazją, by w szczególny sposób być blisko was drodzy chorzy, a także osób, które się wami opiekują.

Ponieważ ten Dzień będzie uroczyście obchodzony w Ziemi Świętej pragnę rozważyć ewangeliczny opis wesela w Kanie Galilejskiej (J 2, 1-11), gdzie Jezus dokonał pierwszego cudu na prośbę swojej Matki. Wybrany temat – „Zawierzmy się Jezusowi miłosiernemu jak Maryja: „Zróbcie wszystko, cokolwiek wam powie” (J 2,5) wpisuje się bardzo dobrze w obchody Nadzwyczajnego Jubileuszu Miłosierdzia. Uroczysta Msza św. 11 lutego 2016 r., w liturgiczne wspomnienie Najświętszej Maryi Panny z Lourdes, będzie celebrowana właśnie w Nazarecie, gdzie „Słowo stało się ciałem i zamieszkało wśród nas” (J 1, 14). W Nazarecie również, zgodnie z przekazem ewangelisty Łukasza, Jezus rozpoczął swoją zbawczą misję odnosząc do siebie słowa proroka Izajasza: „Duch Pański spoczywa na Mnie, ponieważ Mnie namaścił i posłał Mnie, abym ubogim niósł dobrą nowinę, więźniom głosił wolność, a niewidomym przejrzenie; abym uciśnionych odsyłał wolnymi, abym obwoływał rok łaski od Pana” (4, 18-19).

Choroba, zwłaszcza ciężka, zawsze wywołuje kryzys w ludzkiej egzystencji i niesie ze sobą głębokie pytania. W pierwszej chwili może niekiedy wywołać bunt: dlaczego mnie to spotkało? Może prowadzić do rozpaczy, do przekonania, że wszystko stracone, że nic już nie ma sensu...

W tych sytuacjach wiara w Boga jest, z jednej strony, wystawiona na próbę, a jednocześnie ujawnia swą pozytywną moc. Nie dlatego, że dzięki wierze znika choroba czy ból, czy też pytania, jakie one rodzą, lecz dlatego, że daje ona klucz, który pozwala odkryć głęboki sens tego, co przeżywamy, pozwala nam zobaczyć, że choroba może być drogą do większej bliskości z Jezusem, który idzie u naszego boku, dźwigając krzyż. Ten klucz daje nam Maryja, Matka, która dobrze zna tę drogę.

Na weselu w Kanie Galilejskiej Maryja jawi się jako kobieta zatroskana, która widzi ważny problem nowożeńców: skończyło się wino, symbol świątecznej radości. Dostrzega Ona trudność, traktuje ją jako swoją własną, w dyskretny sposób zaczyna natychmiast działać. Nie stoi i patrzy obojętnie, nie traci czasu na osądzanie, lecz zwraca się do Jezusa i przedstawia Mu problem: „Nie mają wina” (J 2, 3). A kiedy Jezus daje Jej do zrozumienia, że nie nadeszła jeszcze Jego godzina, by się objawił (por. w. 4), Maryja mówi do sług: „Zróbcie wszystko, cokolwiek wam powie” (w. 5). Wówczas Jezus dokonuje cudu, przemieniając znaczną ilość wody w wino, które okazuje się najlepsze na całym weselu. Czego uczy nas tajemnica wesela w Kanie Galilejskiej w odniesieniu do Światowego Dnia Chorego?

Uczta weselna w Kanie jest ikoną Kościoła: w centrum jest miłosierny Jezus, który czyni znak; wokół Niego są uczniowie, zalążek nowej wspólnoty; blisko Jezusa i Jego uczniów jest Maryja, Matka opatrznościowa i prosząca. Uczestniczy Ona w radości zwykłych ludzi i przyczynia się do tego, by była jeszcze większa; oręduje u swojego Syna dla dobra nowożeńców i wszystkich gości. A Jezus nie odmawia prośbie swojej Matki. Ileż nadziei dla nas wszystkich w tym wydarzeniu! Mamy Matkę, której oczy są czujne i dobre jak oczy Syna; Jej macierzyńskie serce jest pełne miłosierdzia, jak On; Jej ręce chcą pomagać, jak ręce Jezusa, które łamały chleb dla łaknących, które dotykały chorych i ich uzdrawiały. Napełnia nas to ufnością i otwiera na łaskę i miłosierdzie Chrystusa. Wstawiennictwo Maryi pozwala nam zaznać pociechy, za którą apostoł Paweł błogosławi Boga: „Błogosławiony Bóg i Ojciec Pana naszego, Jezusa Chrystusa, Ojciec miłosierdzia i Bóg wszelkiej pociechy. Ten, który nas pociesza w każdym naszym ucisku, byśmy sami mogli pocieszać tych, co są w jakimkolwiek ucisku, tą pociechą, której doznajemy od Boga. Jak bowiem obfitują w nas cierpienia Chrystusa, tak też wielkiej doznajemy przez Chrystusa pociechy (2 Kor 1, 3-5). Maryja jest Matką pocieszenia, która pociesza swoje dzieci.

W Kanie Galilejskiej zarysowują się cechy wyróżniające Jezusa i Jego misję: On jest Tym, który pomaga osobom w potrzebie i w trudnej sytuacji. I rzeczywiście w swojej mesjańskiej posłudze uzdrowi wielu z chorób, dolegliwości, uwolni od złych duchów, obdarzy wzrokiem niewidomych, sprawi, że chromi będą chodzić, przywróci trędowatym zdrowie i godność, wskrzesi umarłych, będzie głosił ubogim dobrą nowinę (por. Łk 7, 21-22). Prośba Maryi podczas przyjęcia weselnego, podszepnięta przez Ducha Świętego Jej macierzyńskiemu sercu, ujawniła nie tylko mesjańską moc Jezusa, ale także Jego miłosierdzie.

W trosce Maryi odzwierciedla się czułość Boga. Ta czułość uobecnia się w życiu licznych osób, które są blisko chorych i potrafią zrozumieć ich potrzeby, nawet najbardziej niedostrzegalne, ponieważ patrzą oczami pełnymi miłości. Ileż razy mama przy łóżku chorego dziecka, czy syn opiekujący się starszym rodzicem, bądź też wnuk będący blisko dziadka lub babci składa swoje prośby w ręce Matki Bożej! Dla drogich nam osób, które cierpią z powodu choroby, prosimy przede wszystkim o zdrowie; sam Jezus objawił obecność królestwa Bożego właśnie przez uzdrowienia: „Idźcie i oznajmijcie Janowi to, co słyszycie i na co patrzycie: niewidomi wzrok odzyskują, chromi chodzą, trędowaci zostają oczyszczeni, głusi słyszą, umarli zmartwychwstają” (Mt 11, 4-5). Lecz miłość ożywiana przez wiarę sprawia, że prosimy dla nich o coś więcej niż zdrowie fizyczne: prosimy o pokój, o pogodę ducha w życiu, która rodzi się w sercu i jest darem Boga, owocem Ducha Świętego, którego Ojciec nigdy nie odmawia tym, którzy Go o to z ufnością proszą.

W scenie z Kany Galilejskiej oprócz Jezusa i Jego Matki są też osoby nazwane „sługami”, którzy otrzymują od Niej tę wskazówkę: „Zróbcie wszystko, cokolwiek wam powie” (J 2, 5). Rzeczywiście cud następuje za sprawą Chrystusa, jednakże do dokonania nadzwyczajnego znaku chce On posłużyć się ludzką pomocą. Mógłby sprawić, by wino pojawiło się bezpośrednio w stągwiach, lecz chce włączyć we współpracę ludzi i prosi sługi, by napełnili je wodą. Jak cenne i miłe Bogu jest bycie sługami drugich! Bardziej niż cokolwiek innego upodabnia nas to do Jezusa, który „nie przyszedł, aby Mu służono, lecz żeby służyć” (Mk 10, 45). Te bezimienne postaci z Ewangelii uczą nas bardzo wiele. Nie tylko okazują posłuszeństwo, ale okazują je wielkodusznie: napełniają stągwie po brzegi (por. J 2, 7). Ufają Matce Jezusa i wykonują szybko i dobrze to, o co są proszone, bez narzekania, bez kalkulacji.

W tym Światowym Dniu Chorego możemy prosić Jezusa miłosiernego, przez wstawiennictwo Maryi, Jego i naszej Matki, aby obdarzył nas wszystkich gotowością służby potrzebującym, a konkretnie naszym braciom i siostrom chorym. Niekiedy posługa ta może być męcząca, ciężka, ale jesteśmy pewni, że Chrystus Pan nie omieszka przeobrazić naszego ludzkiego wysiłku w coś boskiego. My również możemy być rękami, ramionami, sercami, które pomagają Bogu w dokonywaniu cudów, często ukrytych. My również, zdrowi lub chorzy, możemy ofiarować nasze trudy i cierpienia, jak tę zwykłą wodę, która wypełniła stągwie na weselu w Kanie Galilejskiej i została przemieniona w najlepsze wino. Pomagając dyskretnie osobom cierpiącym, podobnie jak w chorobie, bierzemy na swoje barki codzienny krzyż i idziemy za Mistrzem (por. Łk 9, 23) i choć spotkanie z cierpieniem będzie zawsze tajemnicą, Jezus pomaga nam odsłonić jego sens.

Jeśli będziemy umieli słuchać głosu Tej, która mówi również do nas: „Zróbcie wszystko, cokolwiek wam powie”, Jezus zawsze będzie przemieniał wodę naszego życia w wyborne wino. Tym samym ten Światowy Dzień Chorego, obchodzony uroczyście w Ziemi Świętej pomoże urzeczywistnić życzenie, które wyraziłem w Bulli ogłaszającej Nadzwyczajny Jubileusz Miłosierdzia: „Niech ten Rok Jubileuszowy, przeżyty w miłosierdziu, ułatwi spotkanie z [judaizmem i z islamem] oraz z innymi szlachetnymi tradycjami religijnymi; niech sprawi, że staniemy się bardziej otwarci na dialog, aby poznać się lepiej i wzajemnie zrozumieć; niech wyeliminuje wszelkie formy zamknięcia i pogardy i odrzuci wszelką przemoc i dyskryminację” (por. Misericordiae Vultus, 23). Każdy szpital czy klinika mogą być widzialnym znakiem i miejscem promowania kultury spotkania i pokoju, gdzie doświadczenie choroby i cierpienia, a także profesjonalna i braterska pomoc przyczyniają się do przezwyciężenia wszelkich granic i podziałów.

Przykładami tego są dla nas dwie siostry zakonne kanonizowane w maju tego roku: św. Maria Alfonsyna Danil Ghattas i św. Maria od Jezusa Ukrzyżowanego Baouardy, dwie córki Ziemi Świętej. Pierwsza była świadkiem łagodności i jedności; dawała wyraźne świadectwo tego, jak ważne jest, byśmy stawali się odpowiedzialni za siebie nawzajem, byśmy żyli wzajemnie sobie służąc. Druga, kobieta prosta i niewykształcona, była posłuszna Duchowi Świętemu i stała się narzędziem spotkania ze światem muzułmańskim.

Wszystkim, którzy służą chorym i cierpiącym, życzę, by ożywiał ich duch Maryi, Matki Miłosierdzia. „Słodycz Jej spojrzenia niech nam towarzyszy w tym Roku Świętym, abyśmy wszyscy potrafili odkryć radość z czułości Boga” (por. tamże, 24) i aby odzwierciedlała się ona w naszych sercach i w naszych gestach. Powierzajmy wstawiennictwu Najświętszej Maryi Panny lęki i utrapienia razem z radościami i pociechą. Do Niej zwracajmy się w modlitwie, aby kierowała na nas swoje miłosierne oczy, zwłaszcza w chwilach bólu i byśmy za Jej sprawą byli godni kontemplować dziś i na wieki Oblicze miłosierdzia, jej Syna Jezusa.

Do tej modlitwy za was wszystkich dołączam moje Apostolskie Błogosławieństwo.

Watykan, 15 września 2015 r.
Wspomnienie Najświętszej Maryi Panny Bolesnej

FRANCISCUS

[01471-PL.01] [Testo originale: Polacco]

Testo in lingua araba

اليوم العالمي الرابع والعشرون للمريض

الوثوق بيسوع الرحيم على مثال مريم

"مهما قال لكم فافعلوه" (يو ۲، ٥)

أيها الإخوة والأخوات الأعزاء،

يُقدِّم لي اليوم العالمي الرابع والعشرون للمريض المناسبة لأكون بقربكم بشكل خاص، أيها الأشخاص المرضى الأعزاء، وبقرب الذين يعتنون بكم.

وإذ سيُحتفل بهذا اليوم العالمي رسميًّا في الأرض المقدّسة، أقترح هذه السنة أن نتأمّل بالرواية الإنجيليّة لعرس قانا (يو ۲، ۱- ۱۱)، حيث صنع يسوع أوّل معجزة له بفضل تدخل أمِّه. وبالتالي فإن الشعار المختار – الوثوق بيسوع الرحيم على مثال مريم: "مهما قال لكم فافعلوه" (يو ۲، ٥) يندرج جيّدًا داخل اليوبيل الاستثنائي للرحمة. إن الاحتفال الافخارستي الرئيسي لهذا اليوم سيقام في الحادي عشر من فبراير / شباط 2016، الذكرى الليتورجيّة للطوباوية مريم العذراء سيّدة لورد، وتحديدًا في الناصرة، حيث "الكلمة صار بشرًا وسكن بيننا" (يو ۱، ۱٤). في الناصرة بدأ يسوع رسالته الخلاصيّة، ناسِبًا لنفسه كلمات النبي أشعيا كما يشير الإنجيلي لوقا: "رُوحُ الرَّبِّ عَلَيَّ لأنَّهُ مَسَحَني لأبَشِّرَ الفُقَراء وأَرسَلَني لأُعلِنَ لِلمَأسورينَ تَخلِيَةَ سَبيلِهم ولِلعُميانِ عَودَةَ البصَرِ إِلَيهِم وأُفَرِّجَ عنِ المَظلومين وأُعلِنَ سَنَةَ رِضاً عِندَ الرَّبّ" (لو ٤، ۱۸- ۱۹).

إن المرض، ولاسيما المرض الخطير، يضع الحياة البشريّة في أزمة على الدوام ويحمل معه تساؤلات تحفر في العمق. قد تكون اللحظة الأولى تمرُّدًا أحيانًا: لماذا حصل هذا الأمر لي أنا بالذات؟ وقد يشعر المرء باليأس ويفكّر بأن كل شيء قد ضاع وبأنه لم يعد هناك معنى لأي شيء...

في هذه الأوضاع، يتعرّض الإيمان بالله للامتحان من جهة وفي الوقت عينه يظهر قوته الإيجابية بكاملها. ليس لأن الإيمان يجعل المرض والألم يختفيان أو الأسئلة التي تنبثق عنهما؛ وإنما لأنه يقدّم قراءةً يمكننا من خلالها أن نكتشف المعنى الأعمق لما نعيشه؛ قراءةً تساعدنا لنرى كيف بإمكان المرض أن يصبح الوسيلة للوصول إلى قرب حميم من يسوع الذي يسير بجانبنا، حاملاً الصليب. وهذه القراءة تعطينا إياها مريم الأم، الخبيرة في هذا المجال.

في عرس قانا، مريم هي المرأة المهتمّة التي تتنبّه لمشكلة مهمّة جدًّا للعروسين: نفد الخمر، علامة الفرح والعيد. فمريم تكتشف الصعوبة، وتأخذها بنوع ما على عاتقها، وبتكتُّمٍ، تتصرّف بسرعة. لم تقف مكتوفة اليدين، كما وأنها لم تُضَيّع وقتها في الحكم على الآخرين، بل توجّهت إلى يسوع وعرضت عليه المشكلة هكذا كما هي: "ليس عندهم خمر" (يو ۲، ۳). وعندما قال لها يسوع أنّه لم يحن الوقت بعد ليُظهر نفسه (را. الآية ٤)، قالت للخدم: "مهما قال لكم فافعلوه" (الآية ٥). فأتمّ يسوع عندها المعجزة محوّلاً كميّة كبيرة من الماء إلى خمر، خمر يظهر سريعًا أنه الأفضل في العيد كلّه. ما هو التعليم الذي يمكننا أن نستخلصه من سرّ عرس قانا لليوم العالميّ للمريض؟

تشكّل وليمة عرس قانا أيقونة للكنيسة: في الوسط نجد يسوع الرحوم الذي يتمّم الآية، وحوله الرسل، بواكير الجماعة الجديدة؛ وبالقرب من يسوع وتلاميذه نجد مريم، الأم الحكيمة والمصلّية. فمريم تشارك في فرح الناس العاديين وتساهم في زيادته؛ تتشفّع لدى ابنها من أجل خير العروسين والمدعوّين كافة. ويسوع لم يرفض طلب أمِّه. كم من الرجاء يحمل هذا الحدث لنا جميعًا! لدينا أمٌّ عيناها ساهرتان ومحبّتان، تمامًا كابنها، وقلبها الوالدي يفيض بالرحمة مثله أيضًا، ويداها تريدان المساعدة مثل يدي يسوع اللتين كانتا تكسران الخبز للجائع وتلمسان المرضى فتشفياهم. هذا الأمر يملؤنا ثقة ويفتحنا على نعمة المسيح ورحمته. إن شفاعة مريم تجعلنا نختبر العزاء الذي من أجله، باركَ بولسُ الرسول اللهَ قائلاً: "تَبارَكَ اللهُ أَبو ربِّنا يسوعَ المسيحِ، أَبو الرَّأفةِ وإلهُ كلِّ عَزاء، فهو الذي يُعزِّينا في جميعِ شَدائِدِنا لنَستَطيعَ، بما نتلقَّى نحنُ مِن عَزاءٍ مِنَ الله، أَن نُعزِّيَ الذينَ هُم في أيَّةِ شِدَّةٍ كانت. فكَما تَفيضُ علينا آلامُ المسيح، فكذلك بالمسيحِ يَفيضُ عَزاؤنا أيضًا" (۲ قور ۱، ۳ـ ٥). مريم هي الأمّ "التي تعزَّت" وتعزّي أبناءها.

في قانا، تبرز الملامح المميّزة ليسوع ولرسالته: فهو الذي يساعد من هو في ضيق وعوز. وسوف يشفي بالفعل، في خدمته المسيحانية، العديدَ من الأمراض والعلل ومن الأرواح الخبيثة، وسيهب البصر للعميان، وسيجعل العُرج يمشون، وسيعيد الصحة والكرامة للبُرص، وسيقيم الموتى وسيعلن البشرى السارة للفقراء (را. لو ۷، ۲۱ ـ ۲۲). إن طلب مريم خلال وليمة العرس والذي أوحى به الروح القدس إلى قلبها الوالدي، لا يُظهر فقط سلطان يسوع المسيحاني، بل رحمته أيضا.

في اهتمام مريم ينعكس حنان الله. وهذا الحنان نفسه يظهر في حياة أشخاص كثيرين يتواجدون بالقرب من المرضى ويدركون احتياجاتهم، حتى تلك التي يصعب إدراكها، لأنهم ينظرون بأعين ملأى بالمحبة. كم من مرة يوضع بين يدي العذراء تضرُّعُ أمٍّ إلى جانب سرير ابنها المريض، أو ابن يعتني بوالده المسنّ، أو حفيد يتواجد بالقرب من جدّه أو جدّته! فلأعزّائنا المتألمين بسبب المرض، نطلب الصحة أوّلاً؛ ويسوع نفسه قد أظهر حضور ملكوت الله خاصة من خلال الشفاءات: "اذهبوا فأَخبروا يوحنّا بما تَسمَعونَ وتَرَون: العميانُ يُبصِرون والعُرْجُ يَمشونَ مشيًا سويًّا، البُرصُ يَبرأُون والصُّمُ يَسمَعون، الموتى يقومون" (متى ۱۱، ٤ ـ ٥). لكن المحبّة التي ينعشها الإيمان تجعلنا نطلب من أجلهم ما هو أعظم من الصحة الجسدية: نطلب سلامًا، طمأنينة حياة تنطلق من القلب وهي عطيّة من الله، ثمرة الروح القدس التي لا يرفضها الآب أبدًا للذين يسألونه إياها بثقة.

في مشهد قانا، وإضافة إلى يسوع وأمّه، يوجد أولئك الذين يُدعَون "الخَدَم"، ويتلقّون من مريم هذا التوجيه: "مَهما قالَ لكم فافعَلوه" (يو ۲، ٥). بالطبع إن المعجزة تحدث بفضل عمل المسيح؛ ولكنه يريد أن يستعين بمساعدة الإنسان لإتمام الآية. لقد كان بوسعه أن يُظهر الخمر فورًا في الأجران، لكنه يريد الاعتماد على تعاون الإنسان ويطلب من الخَدَم أن يملأوها ماءً. كم هو ثمين ومقبول عند الله أن نكون خدامًا للآخرين! فهذا الأمر يجعلنا، وأكثر من أي شيء آخر، شبيهين بيسوع الذي "لم يَأتِ ليُخدَم، بل ليَخدُم" (مر ۱۰، ٤٥). إن هذه الشخصيات المجهولة في الإنجيل تعلّمنا الكثير. فهي لا تطيع فقط، بل تطيع بسخاء: تملأ الأجران إلى أعلاها (را. يو ۲، ۷). تثق بالأمّ، وتعمل فورًا وبشكل جيّد ما يُطلب منها، بدون تذمّر، وبدون حساب.

في هذا اليوم العالمي للمريض، يمكننا أن نطلب من يسوع الرحيم، وبشفاعة مريم أمّه وأمنا، أن يهبنا جميعًا الاستعداد الدائم لخدمة المحتاجين، لاسيما أخوتنا وأخواتنا المرضى. قد تبدو هذه الخدمة متعبة وشاقة أحيانا، بيد أننا واثقون بأن الرب لن يتوانى عن تحويل مجهودنا البشري إلى ما هو إلهي. نحن أيضا باستطاعتنا أن نتحول إلى أياد وأذرع وقلوب تساعد الله على القيام بعجائبه، التي غالبًا ما تكون خفيّة. بإمكاننا نحن أيضا، الأصحاء والمرضى، أن نقدّم أتعابنا وآلامنا على غرار المياه التي ملأت الأجران في عرس قانا وتحوّلت إلى الخمر الأطيب. من خلال تقديم المساعدة المتواضعة للمتألم، كما في حالة المرض، نحمل على أكتافنا الصليب اليومي ونتبع المعلم (را. لو ۹، ۲۳)؛ وإذا كان اللقاء مع المرض يبقى لغزًا مستمرًّا، فيسوع يساعدنا على الكشف عن معناه.

إذا عرفنا كيف نتبع صوت التي تقول لنا أيضًا "مهما قال لكم فافعلوه"، فيسوع سوف يحوّل دوًما مياهَ حياتِنا إلى خمر فاخر. هكذا سيساعد هذا اليوم العالمي للمريض، والذي يُحتفل به رسميًّا في الأرض المقدسة، على تحقيق الأمنية التي عبّرتُ عنها في رسالة إعلان اليوبيل الاستثنائي للرحمة: "فلتتمكّن هذه السنة اليوبيليّة المعاشة في الرحمة من تعزيز التلاقي مع اليهودية والإسلام ومع باقي التقاليد الدينية النبيلة الأخرى؛ ولتجعلنا منفتحين أكثر على الحوار من أجل بلوغ مستوى أفضل من التعارف والتفاهم المتبادل؛ ولتُزِلْ كلّ شكل من أشكال الانغلاق والاحتقار ولتنبذ كلّ شكل من أشكال العنف والتمييز" (وجه الرحمة، ۲۳). يمكن أن يصبح كلّ مستشفى أو دار للعناية علامة مرئيّة ومكانًا لتعزيز ثقافة التلاقي والسلام، حيث تساهمُ تجربةُ المرض والألم، فضلًا عن الإعانة المهنيّة والأخوية، في تخطي كلّ حدود وكلّ انقسام.

وتشكل مثالا على ذلك الراهبتان اللتان أُعلنتا قديستين في شهر أيار مايو الفائت: القديسة مريم ألفونسين دانيل غطاس والقديسة مريم يسوع المصلوب بوادري، وهما من بنات الأرض المقدّسة. فكانت الأولى شاهدة للوداعة والوحدة إذ قدّمت شهادة واضحة عن أهمية أن نكون مسؤولين عن بعضنا البعض وأن نعيش لنخدم بعضنا. أما الثانية، المرأة المتواضعة والأميّة، فكانت مطيعة للروح القدس وأصبحت أداة للتلاقي مع العالم المسلم.

أتمنى أن يُحرّك روح مريم، أم الرحمة، جميع الأشخاص الملتزمين في خدمة المرضى والمتألمين. "فلترافق عذوبة نظرتها كل واحد منا في هذه السنة المقدسة، كي نتمكّن جميعًا من إعادة اكتشاف فرح حنان الله" (وجه الرحمة، ۲٤) وحمله مطبوعا في قلوبنا وتصرفاتنا. لنكل إلى شفاعة العذراء المخاوف والمحن مرفقة بالأفراح والمواساة ولنرفع إليها صلواتنا كي تنعطف بنظرها الرؤوف نحونا، بالأخص في أوقات الألم، ولتجعلنا أهلا للتأمل بوجه الرحمة، ابنها يسوع، اليوم وإلى الأبد.

وأمنحكم جميعا بركاتي الرسولية مرفقةً بهذه الرسالة.

صدر عن الفاتيكان، 15 سبتمبر / أيلول 2015

ذكرى الطوباوية العذراء مريم الأم الحزينة

FRANCISCUS

 

[01471-AR.02] [Testo originale: Arabo]

[B0677-XX.02]