Sala Stampa

www.vatican.va

Sala Stampa Back Top Print Pdf
Sala Stampa


Omelia del Santo Padre nella Celebrazione Eucaristica presso la Basilica di San Giovanni in Laterano al III Ritiro Mondiale dei Sacerdoti (12 giugno 2015), 13.06.2015


Omelia del Santo Padre

Traduzione in lingua italiana

Pubblichiamo di seguito il testo dell’omelia che il Santo Padre Francesco ha pronunciato ieri sera nel corso della Celebrazione Eucaristica, nella Solennità del Sacro Cuore di Gesù, nella Basilica di San Giovanni in Laterano, al III Ritiro Mondiale dei Sacerdoti, promosso dall’International Catholic Charismatic Renewal Services (ICCRS) e dalla Catholic Fraternity sul tema: “Chiamati alla santità per la nuova evangelizzazione” (10-14 giugno):

Omelia del Santo Padre

En la primera lectura nos adentramos en la ternura de Dios, como que Dios le cuenta a su pueblo como lo quiere, como lo ama, como lo cuida. Y lo que Dios dice a su pueblo en esta lectura del profeta Oseas, capítulo 11, en adelante, versículo primero en adelante, lo dice a cada uno de nosotros, y nos hará bien tomar este texto en un momento de soledad, ponernos en la presencia de Dios y escuchar cuando nos dice esto: «cuando vos eras chico yo te amé, te amé desde niño, te salvé, te traje de Egipto, te salvé de la esclavitud, de la esclavitud del pecado, de la esclavitud de la autodestrucción, y de todas las esclavitudes que cada uno conoce, que tuvo o tiene dentro. Yo te salvé, yo te enseñé a caminar».

Qué lindo escuchar Dios me enseña a caminar, el Omnipotente se abaja y me enseña a caminar. Recuerdo esa frase del Deuteronomio, cuando Moisés le dice a su pueblo, «escuchen ustedes que son tan duros de cabeza», cuando vieron un Dios tan cercano a su pueblo como Dios está cercano a nosotros. Y la cercanía de Dios es ésta ternura: me enseñó a caminar, sin Él yo no sabría caminar en el Espíritu. Y lo tomaba por los brazos pero «vos no reconociste que yo te cuidaba». Vos te creíste que te las arreglabas solo. Esta es la historia de la vida de cada uno de nosotros. «Y yo te atraía con lazos humanos, no con leyes punitivas, con lazos de amor, con ataduras de amor». El amor ata, pero ata en la libertad, ata en dejarte lugar para que respondas con amor. «Yo era para ti como los que alzan a una criatura a las mejillas y lo besaba, y me inclinaba y le daba de comer». Decíme, ¿ésta no es tu historia? Al menos es mi historia. Cada uno de nosotros puede leer aquí su propia historia. Decíme: «¿Cómo te voy a abandonar ahora, cómo te voy a entregar al enemigo?». En los momentos donde tenemos miedo, en los momentos donde tenemos inseguridad, Él nos dice: «pero si hice todo esto por vos, ¿cómo pensás que te voy a dejar solo, que te voy a abandonar?».

En las costas de Libia, los 23 mártires coptos estaban seguros de que Dios no los abandonaba y se dejaron degollar diciendo el nombre de Jesús, porque sabían que Dios, pese a que les cortaban la cabeza, no los abandonaba. «¿Cómo te voy a tratar como un enemigo? Mi corazón se subleva dentro de mí y se enciende toda mi ternura». Cuando la ternura de Dios se enciende, esa ternura cálida – es el único capaz de calidez y de ternura- «no le voy a dar un día libre a la ira por los pecados que hiciste, por tus equivocaciones, por adorar ídolos, porque yo soy Dios, soy el Santo en medio de ti». Es una declaración de amor de Padre a sus hijos y a cada uno de nosotros.

Cuántas veces pienso que le tenemos miedo a la ternura de Dios, y porque le tenemos miedo a la ternura de Dios, no dejamos que se experimente en nosotros y por eso tantas veces somos duros, severos, castigadores, somos pastores sin ternura. ¿Qué nos dice Jesús en el capítulo 15 de Lucas, de aquel pastor que notó que tenía solamente noventa y nueve ovejas y le faltaba una, que las dejó bien cuidaditas cerradas con llave y se fue a buscar a la otra, que estaba enredada ahí entre los espinos y no le pegó, no la retó, la tomó en sus brazos, en sus hombros y la trajo y la curó, si estaba herida. ¿Hacés lo mismo vos con tus feligreses, cuando notás que no hay uno en el rebaño o nos hemos acostumbrado a ser una Iglesia que tiene una sola oveja en el rebaño y dejamos que noventa y nueve se pierdan en el monte? ¿Tus entrañas de ternura se conmueven? ¿Sos pastor de ovejas o te has convertido en un peinador, en un peluquero de una sola oveja exquisita, porque te buscás a vos mismo y te olvidaste de la ternura que te dio tu Padre, que te los cuenta aquí, en el capítulo 11 de Oseas y te olvidaste de cómo se da ternura. El corazón de Cristo es la ternura de Dios, «¿Cómo voy a entregarte, cómo te voy a abandonar? Cuando estás solo, desorientado, perdido, vení a mí que yo te voy a salvar, yo te voy a consolar».

Hoy les pido a ustedes en este Retiro que sean pastores con ternura de Dios, que dejen el látigo colgado en la sacristía y sean pastores con ternura, incluso con los que le traen más problemas. Es una gracia, es una gracia divina. Nosotros no creemos en un Dios etéreo, creemos en un Dios que se hizo carne, que tiene un corazón, y ese corazón hoy nos habla así: «vengan a mí si están cansados, agobiados, yo los voy a aliviar, pero a los míos, a mis pequeños trátenlos con ternura, con la misma ternura con que los trato yo». Eso nos dice el corazón de Cristo hoy y es lo que en esta misa pido para ustedes y también para mí.

[01019-ES.01] [Texto original: Español]

Traduzione in lingua italiana

Nella prima Lettura ci addentriamo nella tenerezza di Dio: Dio racconta al suo popolo quanto lo ama, quanto lo cura. Quello che Dio dice al suo popolo, in questa Lettura del profeta Osea, capitolo 11, lo dice a ciascuno di noi. E sarà bene prendere questo testo, in un momento di solitudine, metterci alla presenza di Dio e ascoltare: “Quando tu eri bambino, io ti ho amato; ti ho amato da bambino; ti ho salvato; ti ho portato dall’Egitto, ti ho salvato dalla schiavitù”, dalla schiavitù del peccato, dalla schiavitù dell’autodistruzione e da tutte le schiavitù che ciascuno conosce, che ha avuto e che ha dentro. “Io ti ho salvato. Io ti ho insegnato a camminare”. Che bello ascoltare che Dio che mi insegna a camminare! L’Onnipotente si abbassa e mi insegna a camminare. Ricordo questa frase del Deuteronomio, quando Mosè dice al suo popolo: “Ascoltate voi - sono così duri di testa! -: quando mai avete visto un dio tanto vicino al suo popolo, così come Dio è vicino a noi?”. E la vicinanza di Dio è questa tenerezza: mi ha insegnato a camminare. Senza di Lui non saprei camminare nello Spirito. “E ti tenevo per mano. Però non hai compreso che ti guidavo, tu credevi che ti avrei lasciato solo”. Questa è la storia di ciascuno di noi. “Io ti traevo con legami umani, non con leggi punitive”. Con legami di amore, legature d’amore. L’amore lega, ma lega nella libertà; lega nel lasciarti lo spazio affinché tu risponda con amore. “Ero per te come chi solleva un bimbo alla sua guancia e lo bacia. E mi chinavo e gli davo da mangiare”. Questa è la nostra storia, almeno è la mia storia. Ciascuno di noi può leggere qui la propria storia. “Dimmi, come ti posso abbandonare ora? Come ti posso consegnare al nemico?”. Nei momenti in cui abbiamo paura, nei momenti in cui abbiamo insicurezza, Lui ci dice: “Se ho fatto tutto questo per te, come puoi pensare che ti lasci solo, che ti possa abbandonare?”.

Sulle coste della Libia, i ventitré martiri copti erano sicuri che Dio non li avrebbe abbandonati. E si sono fatti decapitare pronunciando il nome di Gesù! Sapevano che Dio, mentre tagliavano loro la testa, non li avrebbe abbandonati.

“Come ti posso trattare come nemico? Il mio cuore si commuove dentro di me e si accende tutta la mia tenerezza”. La tenerezza di Dio si accende, questa calda tenerezza: è l’Unico capace di una calda tenerezza. Non darò libero sfogo all’ira per i peccati che esistono, per tutte queste incomprensioni, per il fatto di adorare idoli. Perché io sono Dio, sono il Santo in mezzo a te. E’ una dichiarazione di amore di un padre a suo figlio. E a ciascuno di noi.

Quando volte penso che abbiamo paura della tenerezza di Dio e per il fatto che abbiamo paura della tenerezza di Dio non lasciamo che essa si sperimenti in noi stessi. E per questo tante volte siamo duri, severi, castigatori… Siamo pastori senza tenerezza. Che ci dice Gesù nel capitolo 15 di Luca? Di quel pastore che notò che aveva 99 pecore e gliene mancava una. Le lasciò ben custodite, chiuse a chiave e andò a cercare l’altra, che era imprigionata tra i rovi… E non la picchiò, non la rimproverò: la prese fra le sue braccia e la strinse e la curò, perché era ferita. Lo stesso fate voi con i vostri fedeli? Quando vi accorgete che manca uno nel gregge? O siamo abituati a essere una Chiesa che ha una sola pecora nel suo gregge e lasciamo che le altre 99 si perdano sul monte? Ti commuove tutta questa tenerezza? Sei un pastore di pecore o sei diventato uno che sta a “pettinare” l’unica pecora rimasta? Perché cerchi solo te stesso e ti sei dimenticato della tenerezza che ti ha dato tuo Padre, e te lo racconta qui, nel capitolo 11 di Osea. E ti sei dimenticato di come si dà tenerezza. Il Cuore di Cristo è la tenerezza di Dio. “Come posso farti venir meno? Como posso abbandonarti? Quando sei solo, disorientato, perso, vieni da me, e io ti salverò, ti consolerò”.

Oggi chiedo a voi, in questo ritiro, di essere pastori con la tenerezza di Dio. Di lasciare la “frusta” appesa nella Sacrestia e di essere pastori con tenerezza, anche con coloro che vi creano più problemi. E’ una grazia. E’ una grazia divina. Noi non crediamo in un Dio etereo, crediamo in un Dio che si è fatto carne, che ha un cuore e questo cuore oggi ci parla così: “Venite a me. Se siete stanchi, oppressi e io vi darò ristoro. Ma i più piccoli trattateli con tenerezza, con la stessa tenerezza con cui li tratto io”. Questo ci dice oggi il Cuore di Gesù Cristo, ed è ciò che in questa Messa chiedo per voi, e anche per me.

[01019-IT.01] [Testo originale: Spagnolo]

[B0465-XX.02]