Conferenza Stampa di presentazione del "Direttorio omiletico" Intervento del Card. Robert Sarah
Intervento di S.E. Mons. Arthur Roche
Intervento di P. Corrado Maggioni, S.M.M.
Intervento del Sig. Filippo Riva
Alle ore 11.00 di questa mattina, nell’Aula Giovanni Paolo II della Sala Stampa della Santa Sede, ha luogo la Conferenza Stampa di presentazione del Direttorio omiletico, redatto dalla Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti.
Intervengono il Card. Robert Sarah, Prefetto della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti; S.E. Mons. Arthur Roche, Segretario della medesima Congregazione; P. Corrado Maggioni, S.M.M., Sotto-Segretario del Dicastero e il Sig. Filippo Riva, Officiale del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, media project.
Ne pubblichiamo di seguito gli interventi:
Intervento del Card. Robert Sarah
Sono lieto di presentare oggi alla stampa il "Direttorio omiletico", raccogliendo l’eredità del Cardinale Antonio Cañizares che mi ha preceduto. Come sapete, sono pochi mesi che il Santo Padre mi ha nominato Prefetto della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti.
Parlando di "omelia", anche voi giornalisti vaticanisti sapete bene di che cosa si tratta: nella Messa, dopo la proclamazione del Vangelo, il sacerdote rivolge la parola ai fedeli per spezzare il Pane della parola divina, disponendoli ad una fruttuosa partecipazione alla mensa eucaristica, così che il sacramento ricevuto trovi compimento nella vita.
Spesso, per numerosi fedeli, è proprio il momento dell’omelia, sentita come bella o brutta, interessante oppure noiosa, a decidere la bontà o meno dell’intera celebrazione. Certo, la Messa non è l’omelia, ma questa rappresenta un momento rilevante al fine della partecipazione ai santi misteri, ossia all’ascolto della Parola di Dio e alla Comunione al Corpo e al Sangue del Signore. Il Direttorio non nasce senza un perché. Ha lo scopo di offrire una risposta al bisogno di migliorare il servizio, proprio dei ministri ordinati, della predicazione liturgica. Un primo invito in tal senso era risuonato nel Sinodo dei Vescovi del 2005, dove, nella proposizione 19, si sottolineavano due aspetti. 1° - Si chiedeva ai ministri ordinati di "preparare accuratamente l’omelia basandosi su una conoscenza adeguata della Sacra Scrittura". Ecco un primo dato da tener presente, poiché l’omelia è direttamente vincolata alle Sacre Scritture, specie il Vangelo, ed è illuminata da esse. 2° – Si chiedeva che nell’omelia risuonassero, nel corso dell’anno, i grandi temi della fede e della vita della Chiesa, e a tal fine si auspicavano sussidi che, alla luce del Lezionario triennale della Messa, aiutassero a mostrare il nesso che lega il messaggio delle letture bibliche con la dottrina della fede esposta nel Catechismo della Chiesa Cattolica. A partire da queste attese, Benedetto XVI, nell’Esortazione Sacramentum caritatis, dedicava il n. 46 all’omelia, incoraggiando una riflessione al riguardo.
I Vescovi ritornavano sul tema nel successivo Sinodo sulla Parola di Dio, e così Benedetto XVI, nell’Esortazione Verbum Domini, mentre ricordava che predicare in modo adeguato in riferimento al Lezionario è veramente un’arte che dev’essere coltivata, indicava anche l’opportunità di elaborare "un Direttorio sull’omelia, cosicché i predicatori possano trovare in esso un aiuto utile per prepararsi nell’esercizio del ministero" (n. 60).
Il solco era tracciato ed in questa linea la Congregazione ha avviato il progetto. Ulteriore accelerazione a portarlo a termine è venuta dall’accento posto sull’omelia da Papa Francesco, che nell’Evangelii gaudium riserva ben 25 numeri al nostro tema, 10 all’omelia (nn. 135-144) e 15 alla preparazione della predicazione (nn. 145-159). Scrive il Papa, nel capitolo dedicato all’annuncio del Vangelo: "Consideriamo ora la predicazione all’interno della liturgia, che richiede una seria valutazione da parte dei Pastori. Mi soffermerò particolarmente, e persino con una certa meticolosità, sull’omelia e la sua preparazione, perché molti sono i reclami in relazione a questo importante ministero e non possiamo chiudere le orecchie".
L’omelia è un servizio liturgico riservato al ministro ordinato, il quale è chiamato per vocazione a servire la Parola di Dio secondo la fede della Chiesa e non in modo personalistico. Non è un discorso qualsiasi, ma un parlare ispirato dalla Parola di Dio che risuona in un’assemblea di credenti, nel contesto di una azione liturgica, in vista di imparare a praticare il Vangelo di Gesù Cristo.
Tra i criteri ricordati nel Direttorio, ne indico alcuni: 1° - l’omelia è suscitata dalle Scritture disposte dalla Chiesa nel Lezionario, ossia il Libro che contiene, per i giorni dell’anno, le letture bibliche per la Messa. 2° - L’omelia è suscitata dalla celebrazione in cui "queste" letture sono inserite, ossia dalle preghiere e dai riti che costituiscono "questa" liturgia, il cui protagonista principale è Dio, per il Cristo suo Figlio, nella potenza dello Spirito Santo.
Ovviamente l’omelia chiama in causa chi la pronuncia. Ecco l’importanza della preparazione dell’omileta, che domanda studio e preghiera, esperienza di Dio e conoscenza della comunità a cui si rivolge, amore per i santi Misteri e amore per il Corpo vivente di Cristo che è la Chiesa.
[00235-01.01] [Testo originale: Italiano]
Intervento di S.E. Mons. Arthur Roche
Mi pare assai efficace aprire il mio intervento con queste espressioni dell’Evangelii gaudium: «L’omelia non può essere uno spettacolo di intrattenimento, non risponde alla logica delle risorse mediatiche, ma deve dare fervore e significato alla celebrazione. E’ un genere peculiare, dal momento che si tratta di una predicazione dentro la cornice di una celebrazione liturgica"» (n. 138).
Se le cose stanno così, è davvero importante sapere rispondere ad alcune domande: che cosa è l’omelia? Quali attenzioni esige? Dove attingerne i contenuti? Come articolarla? A queste ed altre domande intende dare risposte ed orientamenti il Direttorio omiletico, redatto dalla Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti.
Raccomandata vivamente dai Padri del Concilio Vaticano II (cf. Sacrosanctum Concilium n. 52), l’omelia riveste a buon diritto la qualifica di "liturgica", nel senso che ha un posto specifico dentro la celebrazione dei santi misteri, è richiesta da essa ed è al servizio della pia, attiva, consapevole partecipazione ad essa del popolo santo di Dio. Non è pensabile infatti un’omelia a sé stante, come un pezzo di oratoria, ossia disgiunta dalla Parola di Dio che risuona per la concreta assemblea raccolta per l’Eucaristia, a cui appunto è destinata. A tale proposito, Papa Francesco ricorda che «vi è una speciale valorizzazione dell’omelia, che deriva dal suo contesto eucaristico e fa sì che essa superi qualsiasi catechesi, essendo il momento più alto del dialogo tra Dio e il suo popolo, prima della comunione sacramentale» (EG n. 137).
In questa luce l’omelia chiama in causa, in prima persona, il ministro ordinato che la pronuncia. Si deve riconoscere che per un Vescovo e un sacerdote, specialmente se è parroco, la predicazione omiletica è la parte principale del suo magistero, cioè del ministero, elargitogli e accettato con l’ordine sacro, di annunciare l’Evangelo di Gesù Cristo, aiutando chi ascolta ad ospitare sempre meglio nei propri cuori la Parola che trasforma la vita di chi la mette in pratica. Penso alle omelie di sant’Ambrogio, sant’Agostino, san Leone Magno, eloquente testimonianza del loro magistero liturgico di Pastori dediti al gregge loro affidato. Similmente, per quanto gli compete, la predicazione omiletica è anche eccellente azione ministeriale per il diacono.
Perciò l’omelia non può essere improvvisata. Occorre che l’omileta sappia e ravvivi incessantemente in sé la coscienza di che cosa la Chiesa gli chiede nel dargli mandato di spezzare il pane della divina Parola nell’assemblea eucaristica, che cosa prevedono i libri liturgici circa questa peculiare azione, che competenze egli debba coltivare, quali siano i reali bisogni e le attese della comunità riunita in preghiera. Perciò, rammenta Papa Francesco, «la preparazione della predicazione è un compito così importante che conviene dedicarle un tempo prolungato di studio, preghiera, riflessione e creatività pastorale» (EG n. 145).
Certo, il Direttorio non può risolvere tutti i problemi intorno all’omelia. Si è scelto di privilegiare alcuni aspetti, accennando soltanto ad altri e non considerandone altri ancora. Noi crediamo e auspichiamo che sia un aiuto concreto per la formazione, specie dei sacerdoti, al fine di compiere la meglio il loro ministero liturgico.
Termino ricordando il n. 41 dell’Introduzione al Lezionario, in cui viene descritto sinteticamente, attraverso cinque verbi precisi, che cosa è chiamato a fare il sacerdote con la predicazione liturgica:
«Con l’omelia egli guida i fratelli a intendere e a gustare la sacra Scrittura,
apre il cuore ai fedeli al rendimento di grazie per i fatti mirabili da Dio compiuti;
in particolare, alimenta la fede dei presenti per ciò che riguarda quella parola che nella celebrazione, sotto l’azione dello Spirito Santo, si fa sacramento;
li prepara, infine, a una fruttuosa comunione
e li esorta ad assumersi gli impegni della vita cristiana».
Sarà un buon omileta chi, attraverso la predicazione omiletica, sarà capace di fare questo: guidare a intendere gustare ciò che esce dalla bocca di Dio, aprire i cuori al rendimento di grazie a Dio, alimentare la fede in quanto lo Spirito opera per noi, adesso e qui nell’azione liturgica, preparare a una fruttuosa comunione sacramentale con Cristo, esortando a vivere quanto si è ricevuto nel sacramento. Sarà un cattivo omileta chi, pur essendo magari un grande oratore, non sarà capace di suscitare questi effetti.
[00236-01.01] [Testo originale: Italiano]
Intervento di P. Corrado Maggioni, S.M.M.
Il Direttorio è stato redatto tenendo presente, come quadro normativo, quanto disposto da Sacrosanctum Concilium e dal Magistero successivo, in particolare i Praenotanda dell’Ordo lectionum Missae e l’Institutio generalis Missalis Romani.
Il motivo e la struttura sono esposti in sintesi nel Decreto che introduce il testo. Non si tratta di una raccolta di omelie già pronte né di un sussidio, come ne esistono tanti, con spiegazioni esegetiche, spirituali e pastorali intorno alle letture della Messa. Risponde ad una logica chiara, secondo criteri e limiti fissati, al fine di non dire tutto sull’omiletica ma su alcuni aspetti precisi dal punto di vista teologico-liturgico e celebrativo. Ad esempio, pur accennandovi, non si è toccato l’ambito rilevante della comunicazione, dell’oratoria, del come parlare in pubblico.
Quattro attenzioni hanno fatto da sfondo alla redazione: il posto della Parola di Dio nell’azione liturgica; i principi dell’interpretazione biblica; la conoscenza della Scrittura e della liturgia da parte dell’omileta, e l’incidenza sulla sua vita spirituale; coloro a cui l’omelia è rivolta, le loro culture e situazioni, al fine di aiutali a rendere evangelica la loro esistenza.
È articolato in due parti.
La I: L’omelia e l’ambito liturgico, costituisce la parte sostanziale, poiché si descrive: 1 - che cos’è l’omelia, la sua funzione e il contesto in cui è posta - non è tanto un’istruzione informativa quanto un atto inserito in una sequenza liturgica performativa - come gli aspetti che la connotano, tra cui il ministro ordinato a cui spetta, la dinamica che la percorre (riferimento a letture bibliche e preghiere, l’esperienza sacramentale in atto, il vissuto), l’attenzione ai destinatari. 2 - L’interpretazione della Parola di Dio esposta nell’omelia (i criteri ermeneutici delle Scritture; non solo esegesi del testo scritto ma esegesi orante della Parola di Dio, in vista dell’esegesi vissuta del Vangelo che è la carità). 3 - Preparazione prossima e remota, che chiede all’omileta di coniugare conoscenze-principi con la loro messa in pratica, rammentando in particolare la lectio divina.
Nella seconda parte, Ars praedicandi, sono tratteggiate le coordinate metodologiche e contenutistiche che l’omileta deve tener presenti nell’organizzare un’omelia (scegliere cosa dire, perché dirlo, come dirlo a "questa" assemblea). Sono abbozzate delle chiavi di accostamento a temi e a testi, a titolo esemplificativo e non esaustivo, per il ciclo domenicale-festivo a partire dal cuore dell’anno liturgico (Triduo e Tempo Pasquale, Quaresima, Avvento, Natale, Tempo durante l’anno), con riferimenti anche alle Messe feriali, di matrimonio e delle esequie; in questi esempi sono applicati i criteri esposti nella parte I, ossia la tipologia tra Antico e Nuovo Testamento, l’importanza del brano del Vangelo per l’ermeneutica del messaggio biblico, l’ordinamento delle letture e il motivo della loro scelta, il legame tra liturgia della Parola e liturgia eucaristica, tra messaggio biblico e risposta orante, tra celebrazione e vita, tra ascolto di Dio e della comunità storica, cioè di un dato tempo, luogo, cultura.
Seguono due Appendici. Nella prima, sono segnalati riferimenti al Catechismo della Chiesa Cattolica a partire da accenti tematici del messaggio biblico dei tre cicli domenicali-festivi. Nella seconda Appendice sono elencati i documenti magisteriali sull’omelia-predicazione.
A chi è destinato? Ai vescovi e ai preti anzitutto, ma anche ai seminaristi, e ai loro formatori. È uno strumento che può aiutare a riflettere sia personalmente che negli incontri di formazione permanente del clero.
È stato inviato il lingua inglese (originale) e in traduzione italiana alle Conferenze dei Vescovi. E’ stata anche offerta una traduzione "base" in castigliano e in francese, ricordando che per queste e altre lingue, sarà responsabilità della Conferenza dei Vescovi sia tradurre il testo, accordandosi con altre Conferenze nel caso di identica lingua, sia provvedere alla sua pubblicazione tramite l’editore/editori che la Conferenza stima idoneo/i. Per gli aspetti editoriali, come per ogni documento della Sede Apostolica, occorre intendersi con la Libreria Editrice Vaticana, che ha curato l’edizione del volume disponibile da oggi in lingua italiana e in lingua inglese.
[00237-01.01] [Testo originale: Italiano]
Intervento del Sig. Filippo Riva
Sappiamo dal Vangelo che quanti ascoltavano Gesù "erano stupiti del suo insegnamento: egli infatti insegnava loro come uno che ha autorità" (Mc 1, 22). La parola "autorità" traduce il latino "potestas", indica qualcosa di cui Gesù era totalmente "padrone" e che promanava dal suo essere, cioè l’autenticità e la libertà.
Ma un autorevole insegnamento e un’alta capacità di parola possono essere anche le doti di un intellettuale, che non coinvolge la propria esistenza con il suo giudicare e con il suo dire; possono essere il gioco teorico di un professore. Invece, nel caso di Gesù, non bastava ascoltarlo, ma si desiderava stare con lui, andare con lui. L’omelia deve, dunque, essere il mezzo con cui il sacerdote instilla in me il desiderio di conoscere o ri-conoscere Gesù, presentandolo nel modo più diretto e chiaro, non accartocciato o parziale.
Come ha scritto Benedetto XVI "All’origine dell’essere cristiano non c’è una decisione etica o una grande idea, bensì l’incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte". Questa affermazione credo che faccia emergere una caratteristica di metodo essenziale che deve essere tenuta presente da chi tiene l’omelia, ovvero il riandare all’origine storica, il recuperare la sorgente che dà alle parole il loro senso.
Nella quotidianità della mia vita spesso mi è facile dimenticare e vivere nell’abitudine della mentalità dominante, poiché il male, che vedo nel mondo e che è lo stesso che opera anche in me, tende a rendere opaca questa origine storica perché "la so già", ma, proprio perché "la so già", non m’interpella più; credo, dunque, sia un lavoro necessario riprenderla, darle spazio e chiedersi: è vero che "la so già"? veramente "la so già"? Ecco, vorrei che l’omelia mi spingesse verso questo mettere in pericolo ciò che "so già".
Come dice Papa Francesco: "Il predicatore ha la bellissima e difficile missione di unire i cuori che si amano: quello del Signore e quelli del suo popolo. Il dialogo tra Dio e il suo popolo rafforza ulteriormente l’alleanza tra di loro e rinsalda il vincolo della carità. Durante il tempo dell’omelia, i cuori dei credenti fanno silenzio e lasciano che parli Lui" (EG 143).
Mi sorprendo a desiderare di sperimentare questo vincolo indissolubile tra la mia fede e l’esistenza quotidiana in tutta la sua drammaticità; desidero, cioè, fare esperienza dell’Eterno che abbraccia il mio limite e lo destina a sé. In fin dei conti, ciò che accomuna ognuno di noi quando varchiamo le porte di una chiesa, anche in modo inespresso, credo siano quelle stesse e, se ascoltate attentamente, commoventi parole di Pietro: "Signore tu sai tutto, tu sai che ti voglio bene".
Attendo dunque nell’omelia un timbro che ridesti il senso dell’appartenenza al mistero che Gesù ha chiamato Padre, perché, in esso, mi accorgo recuperato nella mia totalità originaria e non più, come nella parola a cui la mentalità dominante facilmente mi abitua, accostato solo per la funzione che posso avere: ora come inquilino, ora come consumatore, ora come bisognoso d’affezione, ora come esperto di una particolare disciplina, ora come soggetto di doveri.
Il parlare di un sacerdote deve dunque essere incarnato, deve cioè testimoniare un atteggiamento di fronte alla vita, una posizione umana. La parola è in sintesi autentica solo se posso testarla come intima alla mia esperienza personale, ma il desiderio di verifica sorge se il testimone che la pronuncia è compromesso lui stesso con essa, così che sia provocata la mia persona intera. L’omelia va a segno se testimonia un metodo davanti alla domanda che emerge dalla realtà concreta e, con essa, dalla storia del mondo.
[00238-01.01] [Testo originale: Italiano]
[B0109-XX.01]