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Intervento del Segretario di Stato Cardinale Pietro Parolin, al Consiglio di sicurezza dell’Onu sul tema "Minacce alla pace e alla sicurezza internazionali causate da atti terroristici" (New York, 24 settembre 2014), 26.09.2014


Intervento del Card. Pietro Parolin

Traduzione in lingua italiana

 

Pubblichiamo di seguito il testo dell’intervento del cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato, durante il dibattito aperto sui terroristi stranieri, svoltosi il 24 settembre al Consiglio di sicurezza dell'Onu, in connessione con il tema in agenda "Minacce alla pace e alla sicurezza internazionali causate da atti terroristici".

Intervento del Card. Pietro Parolin

Mr. President,

My Delegation congratulates the United States of America on assuming the Presidency of the Security Council and commends the convening of this timely open debate on "Threats to international peace and security caused by terrorist acts". 

Mr. President,

Today’s debate comes at a time when every region of the world faces the dehumanizing impact of terrorism. This is not a phenomenon which impacts only certain peoples, religions or regions but rather is a crime which impacts the entire international community. The ongoing, and in some regions, escalating use of terrorism is a reminder that such a shared challenge requires a shared commitment from all nations and people of good will. Indeed, terrorism represents a fundamental threat to our common and shared humanity since it dehumanizes both perpetrator and victim and seeks to destroy freedom and human dignity rooted in the natural moral order, replacing it instead with the logic of fear, power and destruction.1

This institution was founded in the wake of an era in which a similar nihilistic view of human dignity sought to destroy and divide our world. Today, as then, nations must come together in order to fulfill our primary responsibility to protect people threatened by violence and direct assaults on their human dignity.2

As, Pope Saint John Paul II reminded us in the wake of the tragic events of 11 September 2001, the right to defend countries and peoples from acts of terrorism does not provide license to merely meet violence with violence but rather "must be exercised with respect for moral and legal limits in the choice of ends and means. The guilty must be correctly identified, since criminal culpability is always personal and cannot be extended to the nation, ethnic group or religion to which the terrorists may belong." Moreover, we are discussing this matter in a body that is part of an international legal framework that is obligatory for all countries. Hence, any action against terrorism beyond the frontiers of the country which is directly under attack, as defined by article 51 of the Charter of the United Nation, should be sanctioned by the Security Council. Pacta sunt servanda is one of the core principles of international law.

International cooperation must also address the root causes upon which international terrorism feeds in order to grow. Moreover, the present terroristic challenge has a strong cultural component. Young people travelling abroad to join the ranks of terrorist organizations are often youth of poor immigrant families, deluded by what they feel as a situation of exclusion and by the lack of values of some wealthy societies. Together with the legal tools and resources to prevent citizens from becoming foreign terrorist fighters, Governments should engage with civil society to address the problems of communities most at risk of recruitment and radicalization and to achieve their smooth and satisfactory social integration.

Mr. President,

The Holy See – which is a sovereign international subject that also represents a world faith community – affirms that people of faith have a resolute responsibility to condemn those who seek to detach faith from reason and to instrumentalize faith as a justification for violence. As Pope Francis reiterated during his visit to Albania, "Let no one consider using God as a shield while planning and carrying out acts of violence and oppression! May no one use religion as a pretext for actions against human dignity and against the fundamental rights of every man and woman, above all, the right to life and the right of everyone to religious freedom!" 3 But, at the same time, it should be stressed that to end the new terroristic phenomenon, the goal of achieving cultural understanding among peoples and countries, and social justice for all, is indispensable. As Pope Francis stated, "whenever adherence to a specific religious tradition gives birth to service that shows conviction, generosity and concern for the whole of society without making distinctions, then there too exists an authentic and mature living out of religious freedom."4

Thank you Mr. President.

_________________

1 Cf. Pope John Paul II, Message for the World Day of Peace, No Peace Without Justice No Justice Without Forgiveness,  1 January 2002, para 4

2 Pope Benedict XVI, Meeting with the Member of the General Assembly of the United Nations Organization, 18 April 2008.

3 Pope Francis, Address at Welcoming Ceremony in Tirana, Albania, 21 September 2014.

4 Ibid.

[01507-02.01] [Original text: English]

Traduzione in lingua italiana

Signor Presidente,

La mia Delegazione congratula gli Stati Uniti per l’assunzione della presidenza del Consiglio di sicurezza e plaude all’opportuna convocazione di questo dibattito aperto del Consiglio di Sicurezza circa le "Minacce alla pace e alla sicurezza internazionali causate da atti terroristici".

Signor Presidente,

Il dibattito odierno giunge in un momento in cui ogni regione del mondo si confronta con l’impatto disumanizzante del terrorismo. Non è un fenomeno che affligge solo alcuni popoli, religioni o regioni, bensì un crimine che colpisce l’intera comunità internazionale. L’uso costante, e in alcune regioni sempre più intenso, del terrorismo ci ricorda che una tale sfida comune esige l’impegno condiviso di tutte le nazioni e le persone di buona volontà. Di fatto, il terrorismo costituisce una minaccia fondamentale alla nostra umanità comune e condivisa, poiché disumanizza sia l’autore sia la vittima e cerca di distruggere la libertà e la dignità umana, radicate nell’ordine morale naturale, sostituendo ad esse la logica della paura, del potere e della distruzione (cfr. Giovanni Paolo II, Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace, Non c’è pace senza giustizia, non c’è giustizia senza perdono. 1° gennaio 2002, n. 4).

Questa istituzione è stata fondata nella scia di un’era in cui un’analoga visione nichilistica della dignità umana cercò di distruggere e dividere il nostro mondo. Oggi, come allora, le nazioni devono unirsi per adempiere alla nostra responsabilità primaria di proteggere le persone minacciate dalla violenza e da attacchi diretti alla loro dignità umana (cfr. Papa Benedetto XVI, Incontro con i Membri dell’Assemblea Generale dell’Organizzazione delle Nazioni Unite, 18 aprile 2008).

Come ci ha ricordato Papa san Giovanni Paolo II nella scia dei tragici eventi dell’11 settembre 2001, il diritto di difendere paesi e popoli contro atti di terrorismo non autorizza a rispondere semplicemente con violenza alla violenza, ma piuttosto "deve essere esercitato rispettando i limiti morali e legali nella scelta dei fini e dei mezzi. I colpevoli devono essere correttamente identificati, poiché la responsabilità penale è sempre personale e non può essere estesa alla nazione, al gruppo etnico o alla religione di appartenenza dei terroristi". Inoltre, stiamo discutendo della questione in seno a un organismo che è parte di una struttura legale internazionale vincolante per tutti i paesi. Pertanto, ogni azione nei confronti del terrorismo al di là dei confini del paese che è direttamente sotto attacco, così come definito dall’articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite, deve essere sanzionata dal Consiglio di Sicurezza. Pacta sunt servanda è uno dei principi centrali del diritto internazionale.

La cooperazione internazionale deve anche affrontare le cause fondamentali di cui il terrorismo internazionale si alimenta per crescere. Inoltre, l’attuale sfida terroristica ha una forte componente culturale. I giovani che si recano all’estero per unirsi alle organizzazioni terroristiche spesso sono ragazzi provenienti da famiglie povere di immigranti, delusi da quella che percepiscono come una situazione di esclusione e dalla mancanza di valori di alcune società opulente. Insieme con gli strumenti legali e le risorse per evitare che i cittadini diventino combattenti terroristi stranieri, i Governi dovrebbero impegnarsi con la società civile per affrontare i problemi delle comunità più a rischio di reclutamento e di radicalizzazione e ottenere la loro integrazione sociale serena e soddisfacente.

Signor Presidente,

La Santa Sede – che è un soggetto internazionale rappresentante anche una comunità di fede mondiale – afferma che le persone di fede hanno la decisa responsabilità di condannare quanti cercano di scindere la fede dalla ragione e di strumentalizzarla per giustificare la violenza. Come ha ribadito Papa Francesco durante la sua visita in Albania, "Nessuno pensi di poter farsi scudo di Dio mentre progetta e compie atti di violenza e sopraffazione! Nessuno prenda a pretesto la religione per le proprie azioni contrarie alla dignità dell’uomo e ai suoi diritti fondamentali, in primo luogo quello alla vita ed alla libertà religiosa di tutti!" (Incontro con le autorità, Tirana, 21 settembre 2014). Allo stesso tempo, però, è bene sottolineare che per porre fine al nuovo fenomeno terroristico, l’obiettivo di raggiungere la comprensione culturale tra popoli e paesi e la giustizia sociale per tutti è essenziale.

Come ha affermato Papa Francesco, "Ogni volta che l’adesione alla propria tradizione religiosa fa germogliare un servizio più convinto, più generoso, più disinteressato all’intera società, vi è autentico esercizio e sviluppo della libertà religiosa" (Incontro con i leader di altre religioni e altre denominazioni cristiane, Tirana, 21 settembre 2014).

Grazie, Signor Presidente.

[01507-01.01] [Testo originale: Inglese]

[B0677-XX.01]