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Viaggio Apostolico di Sua Santità Francesco a Tirana (Albania, 21 settembre 2014) - Incontro con i Leader di altre religioni e altre denominazioni cristiane nell’Università Cattolica, 21.09.2014


Incontro con i Leader di altre religioni e altre denominazioni cristiane nell’Università Cattolica "Nostra Signora del Buon Consiglio"

Discorso del Santo Padre

Traduzione in lingua inglese

Traduzione in lingua spagnola

Lasciata la Nunziatura di Tirana, alle ore 16 il Santo Padre Francesco ha raggiunto l’Università Cattolica "Nostra Signora del Buon Consiglio" per l’Incontro con i Leader di altre religioni e denominazioni cristiane. Hanno partecipano all’incontro i responsabili delle 6 maggiori comunità religiose presenti nel Paese: musulmana, bektashi, cattolica, ortodossa, evangelica ed ebraica.

L’incontro è stato introdotto dal Presidente della Conferenza episcopale albanese, S.E. Mons. Angelo Massafra, O.F.M., Arcivescovo di Scutari-Pult, che ha rivolto un indirizzo di saluto al Papa.

Di seguito riportiamo il discorso pronunciato dal Santo Padre:

Discorso del Santo Padre

Cari amici,

sono veramente lieto di questo incontro, che riunisce i responsabili delle principali confessioni religiose presenti in Albania. Saluto con profondo rispetto ciascuno di voi e le comunità che rappresentate; e ringrazio di cuore Mons. Massafra per le sue parole di presentazione e introduzione. È importante che siate qui insieme: è il segno di un dialogo che vivete quotidianamente, cercando di costruire tra voi relazioni di fraternità e di collaborazione, per il bene dell’intera società. Grazie per quello che fate.

L’Albania è stata tristemente testimone di quali violenze e di quali drammi possa causare la forzata esclusione di Dio dalla vita personale e comunitaria. Quando, in nome di un’ideologia, si vuole estromettere Dio dalla società, si finisce per adorare degli idoli, e ben presto l’uomo smarrisce sé stesso, la sua dignità è calpestata, i suoi diritti violati. Voi sapete bene a quali brutalità può condurre la privazione della libertà di coscienza e della libertà religiosa, e come da tale ferita si generi una umanità radicalmente impoverita, perché priva di speranza e di riferimenti ideali.

I cambiamenti avvenuti a partire dagli anni ’90 del secolo scorso hanno avuto come positivo effetto anche quello di creare le condizioni per una effettiva libertà di religione. Ciò ha reso possibile ad ogni comunità di ravvivare tradizioni che non si erano mai spente, nonostante le feroci persecuzioni, ed ha permesso a tutti di offrire, anche a partire dalla propria convinzione religiosa, un positivo contributo alla ricostruzione morale, prima che economica, del Paese.

In realtà, come affermò san Giovanni Paolo II nella sua storica visita in Albania del 1993, «la libertà religiosa […] non è solo un prezioso dono del Signore per quanti hanno la grazia della fede: è un dono per tutti, perché è garanzia basilare di ogni altra espressione di libertà […] Niente come la fede ci ricorda che, se abbiamo un unico creatore, siamo anche tutti fratelli! La libertà religiosa è un baluardo contro tutti i totalitarismi e un contributo decisivo all’umana fraternità» (Messaggio alla nazione albanese, 25 aprile 1993).

Ma subito bisogna aggiungere: «La vera libertà religiosa rifugge dalle tentazioni dell’intolleranza e del settarismo, e promuove atteggiamenti di rispettoso e costruttivo dialogo» (ibid.). Non possiamo non riconoscere come l’intolleranza verso chi ha convinzioni religiose diverse dalle proprie sia un nemico molto insidioso, che oggi purtroppo si va manifestando in diverse regioni del mondo. Come credenti, dobbiamo essere particolarmente vigilanti affinché la religiosità e l’etica che viviamo con convinzione e che testimoniamo con passione si esprimano sempre in atteggiamenti degni di quel mistero che intendono onorare, rifiutando con decisione come non vere, perché non degne né di Dio né dell’uomo, tutte quelle forme che rappresentano un uso distorto della religione. La religione autentica è fonte di pace e non di violenza! Nessuno può usare il nome di Dio per commettere violenza! Uccidere in nome di Dio è un grande sacrilegio! Discriminare in nome di Dio è inumano.

Da questo punto di vista, la libertà religiosa non è un diritto che possa essere garantito unicamente dal sistema legislativo vigente, che pure è necessario: essa è uno spazio comune – come questo –, un ambiente di rispetto e collaborazione che va costruito con la partecipazione di tutti, anche di coloro che non hanno alcuna convinzione religiosa. Mi permetto di indicare due atteggiamenti che possono essere di particolare utilità nella promozione di questa libertà fondamentale.

Il primo è quello di vedere in ogni uomo e donna, anche in quanti non appartengono alla propria tradizione religiosa, non dei rivali, meno ancora dei nemici, bensì dei fratelli e delle sorelle. Chi è sicuro delle proprie convinzioni non ha bisogno di imporsi, di esercitare pressioni sull’altro: sa che la verità ha una propria forza di irradiazione. Tutti siamo, in fondo, pellegrini su questa terra, e in questo nostro viaggio, mentre aneliamo alla verità e all’eternità, non viviamo come entità autonome ed autosufficienti, né come singoli né come gruppi nazionali, culturali o religiosi, ma dipendiamo gli uni dagli altri, siamo affidati gli uni alle cure degli altri. Ogni tradizione religiosa, dal proprio interno, deve riuscire a dare conto dell’esistenza dell’altro.

Un secondo atteggiamento è l’impegno in favore del bene comune. Ogni volta che l’adesione alla propria tradizione religiosa fa germogliare un servizio più convinto, più generoso, più disinteressato all’intera società, vi è autentico esercizio e sviluppo della libertà religiosa. Questa appare allora non solo come uno spazio di autonomia legittimamente rivendicato, ma come una potenzialità che arricchisce la famiglia umana con il suo progressivo esercizio. Più si è a servizio degli altri e più si è liberi!

Guardiamoci attorno: quanti sono i bisogni dei poveri, quanto le nostre società devono ancora trovare cammini verso una giustizia sociale più diffusa, verso uno sviluppo economico inclusivo! Quanto l’animo umano ha bisogno di non perdere di vista il senso profondo delle esperienze della vita e di recuperare speranza! In questi campi di azione, uomini e donne ispirati dai valori delle proprie tradizioni religiose possono offrire un contributo importante, anzi insostituibile. È questo un terreno particolarmente fecondo anche per il dialogo interreligioso.

E poi, vorrei accennare ad una cosa che è sempre un fantasma: il relativismo, "tutto è relativo". Al riguardo, dobbiamo tenere presente un principio chiaro: non si può dialogare se non si parte dalla propria identità. Senza identità non può esistere dialogo. Sarebbe un dialogo fantasma, un dialogo sull’aria: non serve. Ognuno di noi ha la propria identità religiosa, è fedele a quella. Ma il Signore sa come portare avanti la storia. Partiamo ciascuno dalla propria identità, non facendo finta di averne un’altra, perché non serve e non aiuta ed è relativismo. Quello che ci accomuna è la strada della vita, è la buona volontà di partire dalla propria identità per fare il bene ai fratelli e alle sorelle. Fare del bene! E così, come fratelli camminiamo insieme. Ognuno di noi offre la testimonianza della propria identità all’altro e dialoga con l’altro. Poi il dialogo può andare più avanti su questioni teologiche, ma quello che è più importante e bello è camminare insieme senza tradire la propria identità, senza mascherarla, senza ipocrisia. A me fa bene pensare questo.

Cari amici, vi esorto a mantenere e sviluppare la tradizione di buoni rapporti tra le comunità religiose esistenti in Albania, e a sentirvi uniti nel servizio alla vostra cara patria. Con un po’ di senso dell’umorismo si può dire che questa sembra una squadra di calcio: i cattolici contro tutti gli altri, ma tutti insieme, per il bene della Patria e dell’umanità! Continuate ad essere segno, per il vostro Paese e non solo, della possibilità di relazioni cordiali e di feconda collaborazione tra uomini di religioni diverse. E vi chiedo un favore: di pregare per me. Anche io ne ho bisogno, tanto bisogno. Grazie.

[01453-01.02] [Testo originale: Italiano]

Traduzione in lingua inglese

Dear Friends,

It is a great pleasure to be here at this meeting which brings together leaders of the main religious confessions present in Albania. With deep respect I greet each one of you and the communities that you represent; and I wish to express my heartfelt gratitude to Archbishop Massafra for his words of introduction. It is important that you are here together: it is a sign of the dialogue which you experience daily, seeking to build among yourselves bonds of fraternity and cooperation for the good of the whole of society. Thank you for all that you are doing.

Albania sadly witnessed the violence and tragedy that can be caused by a forced exclusion of God from personal and communal life. When, in the name of an ideology, there is an attempt to remove God from society, it ends up adoring idols, and very soon men and women lose their way, their dignity is trampled and their rights violated. You know well how much pain comes from the denial of freedom of conscience and of religious freedom, and how from such a wound comes a humanity that is impoverished because it lacks hope and ideals to guide it.

The changes that have come since the 1990’s have had the positive effect, among other things, of creating the conditions for an exercise of authentic religious freedom. This has made it possible for each community to renew traditions which were never really extinguished, despite ferocious persecution. With this religious freedom has come also the possibility for every person to offer, according to their own religious convictions, a positive contribution; firstly, to the moral reconstruction of the country and then, subsequently, to the economic reconstruction.

In reality, as John Paul II stated during his historic visit to Albania in 1993, "Religious freedom […] is not only a precious gift from the Lord for those who have faith: it is a gift for each person, because it is the basic guarantee of every other expression of freedom […]. Only faith reminds us that, if we have one Creator, we are therefore all brothers and sisters. Religious freedom is a safeguard against all forms of totalitarianism and contributes decisively to human fraternity" (Message to the Albanian People, 25 April 1993).

He immediately then added, "True religious freedom shuns the temptation to intolerance and sectarianism, and promotes attitudes of respect and constructive dialogue" (ibid.). We cannot deny that intolerance towards those with different religious convictions is a particularly insidious enemy, one which today is being witnessed in various areas around the world. All believers must be particularly vigilant so that, in living out with conviction our religious and ethical code, we may always express the mystery we intend to honour. This means that all those forms which present a distorted use of religion, must be firmly refuted as false since they are unworthy of God or humanity. Authentic religion is a source of peace and not of violence! No one must use the name of God to commit violence! To kill in the name of God is a grave sacrilege. To discriminate in the name of God is inhuman.

Seen in this light, religious freedom is not a right which can be guaranteed solely by existing legislation, although laws are necessary. Rather religious freedom is a shared space – like this one – an atmosphere of respect and cooperation that must be built with everyone’s participation, even those who have no religious convictions. Allow me to outline two attitudes which can be especially helpful in the advancement of this fundamental freedom.

The first attitude is that of regarding every man and woman, even those of different religious traditions, not as rivals, less still enemies, but rather as brothers and sisters. When a person is secure of his or her own beliefs, there is no need to impose or put pressure on others: there is a conviction that truth has its own power of attraction. Deep down, we are all pilgrims on this earth, and on this pilgrim journey, as we yearn for truth and eternity, we do not live autonomous and self-sufficient individual lives; the same applies to religious, cultural and national communities. We need each other, and are entrusted to each other’s care. Each religious tradition, from within, must be able to take account of others.

The second attitude which fosters the promotion of religious freedom is the work done in service of the common good. Whenever adherence to a specific religious tradition gives birth to service that shows conviction, generosity and concern for the whole of society without making distinctions, then there too exists an authentic and mature living out of religious freedom. This presents itself not only as a space in which to legitimately defend one’s autonomy, but also as a potential that enriches the human family as it advances. The more men and women are at the service of others, the greater their freedom!

Let us look around us: there are so many poor and needy people, so many societies that try to find a more inclusive way of social justice and path of economic development! How great is the need for the human heart to be firmly fixed on the deepest meaning of experiences in life and rooted in a rediscovery of hope! Men and women, inspired in these areas by the values of their respective religious traditions, can offer an important, and even unique, contribution. This is truly a fertile land offering much fruit, also in the field of interreligious dialogue.

I also wish to mention something which is always an illusion: relativism, "everything is relative". In this regard, we must keep in mind a clear principle: we cannot enter into dialogue if we do not approach it from the perspective of our own identity. Without identity, there can be no dialogue. It would be an illusory dialogue, a dialogue without substance: it would serve no purpose. All of us have our own religious identity to which we are faithful. But the Lord knows how to guide history. May each one of us begin with our own identity, not pretending to have another, because it serves no end and does not help; it is relativism. What unites us is the path of life, is starting from our own identify for the good of our brothers and sisters. To do good! And so, we walk together as brothers and sisters. Every one of us offers the witness of our identity to others and engages in dialogue with others. Then dialogue can move onto theological questions. But even more important and beautiful is to walk together without betraying our own identity, without disguising it, without hypocrisy. This is what I like to think.

Dear friends, I encourage you to maintain and develop the tradition of good relations among the various religious communities in Albania, and to be united in serving your beloved homeland. With a sense of humour, one could say that this seems like a football match: Catholics against everyone else. But it is everyone together, for the good of the country and of humanity. Continue to be a sign for your country, and beyond, that good relations and fruitful cooperation are truly possible among men and women of different religions. And I ask a favour: pray for me. I have great need of your prayers. Thank you.

[01453-02.02] [Original text: Italian]

Traduzione in lingua spagnola

Queridos amigos:

Me alegro mucho de este encuentro con los responsables de las principales confesiones religiosas presentes en Albania. Mi saludo respetuoso a cada uno de ustedes y a las comunidades que representan; y gracias de corazón a Mons. Massafra por sus palabras de presentación e introducción. Es importante que estén aquí juntos: es signo del diálogo que viven día a día, intentando establecer entre ustedes relaciones fraternas y de colaboración por el bien de toda la sociedad. Gracias por cuanto hacen.

Albania ha sido tristemente testigo de la violencia y de las tragedias que se pueden producir si se excluye a Dios a la fuerza de la vida personal y comunitaria. Cuando, en nombre de una ideología, se quiere expulsar a Dios de la sociedad, se acaba por adorar ídolos, y enseguida el hombre se pierde, su dignidad es pisoteada, sus derechos violados. Ustedes saben bien a qué atrocidades puede conducir la privación de la libertad de conciencia y de la libertad religiosa, y cómo esa herida deja a la humanidad radicalmente empobrecida, privada de esperanza y de ideales.

Los cambios que se han producido a partir de los años 90 del siglo pasado han tenido también como efecto positivo la creación de las condiciones adecuadas para una efectiva libertad religiosa. Esto ha hecho posible que las comunidades reaviven tradiciones que nunca se habían apagado del todo, a pesar de las feroces persecuciones, y ha permitido que todos, también desde sus propias convicciones religiosas, puedan colaborar en la reconstrucción moral, antes que económica, del país.

En realidad, como dijo San Juan Pablo II en su visita a Albania en 1993, «la libertad religiosa […] no es sólo un don precioso del Señor para cuantos tienen la gracia de la fe: es un don para todos, porque es la garantía fundamental para cualquier otra expresión de libertad […]. La fe nos recuerda mejor que nadie que, si tenemos un único creador, todos somos hermanos. La libertad religiosa es un baluarte contra todos los totalitarismos y una aportación decisiva a la fraternidad humana» (Mensaje a la Nación de Albania, 25 de abril de 1993).

Pero inmediatamente es necesario añadir: «La verdadera libertad religiosa rehúye la tentación de la intolerancia y del sectarismo, y promueve actitudes de respeto y diálogo constructivo» (ibid.). No podemos dejar de reconocer que la intolerancia con los que tienen convicciones religiosas diferentes es un enemigo particularmente insidioso, que desgraciadamente hoy se está manifestando en diversas regiones del mundo. Como creyentes, hemos de estar atentos a que la religión y la ética que vivimos con convicción y de la que damos testimonio con pasión se exprese siempre en actitudes dignas del misterio que pretende venerar, rechazando decididamente como no verdaderas, por no ser dignas ni de Dios ni de los hombres, todas aquellas formas que representan un uso distorsionado de la religión. La religión auténtica es fuente de paz y no de violencia. Nadie puede usar el nombre de Dios para cometer violencia. Matar en nombre de Dios es un gran sacrilegio. Discriminar en nombre de Dios es inhumano.

Desde este punto de vista, la libertad religiosa no es un derecho que garantiza únicamente el sistema legislativo vigente –lo cual es también necesario–: es un espacio común –como éste–, un ambiente de respeto y colaboración que se construye con la participación de todos, también de aquellos que no tienen ninguna convicción religiosa. Me permito indicar dos actitudes que pueden ser especialmente útiles en la promoción de la libertad religiosa.

La primera es ver en cada hombre y mujer, también en los que no pertenecen a nuestra tradición religiosa, no a rivales, y menos aún a enemigos, sino a hermanos y hermanas. Quien está seguro de sus convicciones no tiene necesidad de imponerse, de forzar al otro: sabe que la verdad tiene su propia fuerza de irradiación. En el fondo, todos somos peregrinos en esta tierra, y en este viaje, aspirando a la verdad y a la eternidad, no vivimos, ni individualmente ni como grupos nacionales, culturales o religiosos, como entidades autónomas y autosuficientes, sino que dependemos unos de otros, estamos confiados los unos a los cuidados de los otros. Toda tradición religiosa, desde dentro, debería lograr dar razón de la existencia del otro.

La segunda actitud es el compromiso en favor del bien común. Siempre que de la adhesión a una tradición religiosa nace un servicio más convencido, más generoso, más desinteresado a toda la sociedad, se produce un auténtico ejercicio y un desarrollo de la libertad religiosa, que aparece así no sólo como un espacio de autonomía legítimamente reivindicado, sino como una potencialidad que enriquece a la familia humana con su ejercicio progresivo. Cuanto más se pone uno al servicio de los demás, más libre es.

Miremos a nuestro alrededor: cuántas necesidades tienen los pobres, cuánto les falta aún a nuestras sociedades para encontrar caminos hacia una justicia social más compartida, hacia un desarrollo económico inclusivo. El alma humana no puede perder de vista el sentido profundo de las experiencias de la vida y necesita recuperar la esperanza. En estos ámbitos, hombres y mujeres inspirados en los valores de sus tradiciones religiosas pueden ofrecer una ayuda importante, insustituible. Es un terreno especialmente fecundo para el diálogo interreligioso.

Y además, quisiera referirme a una cosa que es siempre un fantasma: el relativismo, "todo es relativo". A este respecto, hemos de tener presente un principio claro: no se puede dialogar si no se parte de la propia identidad. Sin identidad no puede haber diálogo. Sería un diálogo fantasma, un diálogo en el aire: sin valor. Cada uno de nosotros tiene su propia identidad religiosa, a la que es fiel. Pero el Señor sabe cómo hacer avanzar la historia. Cada uno parte de su identidad, pero sin fingir que tiene otra, porque así no vale y no ayuda, y es relativismo. Lo que nos une es el camino de la vida, es la buena voluntad de partir de la propia identidad para hacer el bien a los hermanos y a las hermanas. Hacer el bien. Y así, como hermanos, caminamos juntos. Cada uno de nosotros da testimonio de su propia identidad ante el otro y dialoga con él. Después el diálogo puede avanzar más sobre cuestiones teológicas, pero lo que es más importante y hermoso es caminar juntos sin traicionar la propia identidad, sin ocultarla, sin hipocresía. A mí me hace bien pensar esto.

Queridos amigos, les animo a mantener y a desarrollar la tradición de buenas relaciones entre las comunidades religiosas presentes en Albania, y a sentirse unidos en el servicio a su querida patria. Con un poco de sentido del humor, se podría decir que esto es como un equipo de fútbol: los católicos contra los otros, pero todos juntos, por el bien de la patria y de la humanidad. Sigan siendo signo, para su país y para los demás países, de que son posibles las relaciones cordiales y de fecunda colaboración entre hombres de diversas religiones. Y les pido un favor: recen por mí. También yo lo necesito, lo necesito mucho. Gracias.

[01453-04.02] [Texto original: Italiano]

[B0657-XX.02]