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MESSAGGIO DEL SANTO PADRE PER LA GIORNATA MONDIALE DI PREGHIERA PER LE VOCAZIONI, 16.01.2014


MESSAGGIO DEL SANTO PADRE PER LA GIORNATA MONDIALE DI PREGHIERA PER LE VOCAZIONI

MESSAGGIO DEL SANTO PADRE

TRADUZIONE IN LINGUA FRANCESE

TRADUZIONE IN LINGUA INGLESE 

TRADUZIONE IN LINGUA TEDESCA 

TRADUZIONE IN LINGUA SPAGNOLA 

TRADUZIONE IN LINGUA PORTOGHESE 

L’11 maggio 2014, IV Domenica di Pasqua, si celebra la 51ma Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni sul tema: "Le vocazioni, testimonianza della verità".
Pubblichiamo di seguito il Messaggio che il Santo Padre Francesco invia per l’occasione ai Vescovi, ai sacerdoti, ai consacrati ed ai fedeli di tutto il mondo:

● MESSAGGIO DEL SANTO PADRE

Le vocazioni, testimonianza della verità

Cari fratelli e sorelle!

1. Il Vangelo racconta che «Gesù percorreva tutte le città e i villaggi … Vedendo le folle, ne sentì compassione, perché erano stanche e sfinite come pecore che non hanno pastore. Allora disse ai suoi discepoli: "La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il Signore della messe, perché mandi operai nella sua messe"» (Mt 9,35-38). Queste parole ci sorprendono, perché tutti sappiamo che occorre prima arare, seminare e coltivare per poter poi, a tempo debito, mietere una messe abbondante. Gesù afferma invece che «la messe è abbondante». Ma chi ha lavorato perché il risultato fosse tale? La risposta è una sola: Dio. Evidentemente il campo di cui parla Gesù è l’umanità, siamo noi. E l’azione efficace che è causa del «molto frutto» è la grazia di Dio, la comunione con Lui (cfr Gv 15,5). La preghiera che Gesù chiede alla Chiesa, dunque, riguarda la richiesta di accrescere il numero di coloro che sono al servizio del suo Regno. San Paolo, che è stato uno di questi "collaboratori di Dio", instancabilmente si è prodigato per la causa del Vangelo e della Chiesa. Con la consapevolezza di chi ha sperimentato personalmente quanto la volontà salvifica di Dio sia imperscrutabile e l’iniziativa della grazia sia l’origine di ogni vocazione, l’Apostolo ricorda ai cristiani di Corinto: «Voi siete campo di Dio» (1 Cor 3,9). Pertanto sorge dentro il nostro cuore prima lo stupore per una messe abbondante che Dio solo può elargire; poi la gratitudine per un amore che sempre ci previene; infine l’adorazione per l’opera da Lui compiuta, che richiede la nostra libera adesione ad agire con Lui e per Lui.

2. Tante volte abbiamo pregato con le parole del Salmista: «Egli ci ha fatti e noi siamo suoi, suo popolo e gregge del suo pascolo» (Sal 100,3); o anche: «Il Signore si è scelto Giacobbe, Israele come sua proprietà» (Sal 135,4). Ebbene, noi siamo "proprietà" di Dio non nel senso del possesso che rende schiavi, ma di un legame forte che ci unisce a Dio e tra noi, secondo un patto di alleanza che rimane in eterno «perché il suo amore è per sempre» (Sal 136). Nel racconto della vocazione del profeta Geremia, ad esempio, Dio ricorda che Egli veglia continuamente su ciascuno affinché si realizzi la sua Parola in noi. L’immagine adottata è quella del ramo di mandorlo che primo fra tutti fiorisce, annunziando la rinascita della vita in primavera (cfr Ger 1,11-12). Tutto proviene da Lui ed è suo dono: il mondo, la vita, la morte, il presente, il futuro, ma – rassicura l’Apostolo – «voi siete di Cristo e Cristo è di Dio» (1 Cor 3,23). Ecco spiegata la modalità di appartenenza a Dio: attraverso il rapporto unico e personale con Gesù, che il Battesimo ci ha conferito sin dall’inizio della nostra rinascita a vita nuova. È Cristo, dunque, che continuamente ci interpella con la sua Parola affinché poniamo fiducia in Lui, amandolo «con tutto il cuore, con tutta l’intelligenza e con tutta la forza» (Mc 12,33). Perciò ogni vocazione, pur nella pluralità delle strade, richiede sempre un esodo da se stessi per centrare la propria esistenza su Cristo e sul suo Vangelo. Sia nella vita coniugale, sia nelle forme di consacrazione religiosa, sia nella vita sacerdotale, occorre superare i modi di pensare e di agire non conformi alla volontà di Dio. E’ un «esodo che ci porta a un cammino di adorazione del Signore di servizio a Lui nei fratelli e nelle sorelle» (Discorso all’Unione Internazionale delle Superiore Generali, 8 maggio 2013). Perciò siamo tutti chiamati ad adorare Cristo nei nostri cuori (cfr 1 Pt 3,15) per lasciarci raggiungere dall'impulso della grazia contenuto nel seme della Parola, che deve crescere in noi e trasformarsi in servizio concreto al prossimo. Non dobbiamo avere paura: Dio segue con passione e perizia l’opera uscita dalle sue mani, in ogni stagione della vita. Non ci abbandona mai! Ha a cuore la realizzazione del suo progetto su di noi e, tuttavia, intende conseguirlo con il nostro assenso e la nostra collaborazione.

3. Anche oggi Gesù vive e cammina nelle nostre realtà della vita ordinaria per accostarsi a tutti, a cominciare dagli ultimi, e guarirci dalle nostre infermità e malattie. Mi rivolgo ora a coloro che sono ben disposti a mettersi in ascolto della voce di Cristo che risuona nella Chiesa, per comprendere quale sia la propria vocazione. Vi invito ad ascoltare e seguire Gesù, a lasciarvi trasformare interiormente dalle sue parole che «sono spirito e sono vita» (Gv 6,62). Maria, Madre di Gesù e nostra, ripete anche a noi: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela!» (Gv 2,5). Vi farà bene partecipare con fiducia ad un cammino comunitario che sappia sprigionare in voi e attorno a voi le energie migliori. La vocazione è un frutto che matura nel campo ben coltivato dell’amore reciproco che si fa servizio vicendevole, nel contesto di un’autentica vita ecclesiale. Nessuna vocazione nasce da sé o vive per se stessa. La vocazione scaturisce dal cuore di Dio e germoglia nella terra buona del popolo fedele, nell’esperienza dell’amore fraterno. Non ha forse detto Gesù: «Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri» (Gv 13,35)?

4. Cari fratelli e sorelle, vivere questa «misura alta della vita cristiana ordinaria» (cfr Giovanni Paolo II, Lett. ap. Novo millennio ineunte, 31), significa talvolta andare controcorrente e comporta incontrare anche ostacoli, fuori di noi e dentro di noi. Gesù stesso ci avverte: il buon seme della Parola di Dio spesso viene rubato dal Maligno, bloccato dalle tribolazioni, soffocato da preoccupazioni e seduzioni mondane (cfr Mt 13,19-22). Tutte queste difficoltà potrebbero scoraggiarci, facendoci ripiegare su vie apparentemente più comode. Ma la vera gioia dei chiamati consiste nel credere e sperimentare che Lui, il Signore, è fedele, e con Lui possiamo camminare, essere discepoli e testimoni dell’amore di Dio, aprire il cuore a grandi ideali, a cose grandi. «Noi cristiani non siamo scelti dal Signore per cosine piccole, andate sempre al di là, verso le cose grandi. Giocate la vita per grandi ideali!» (Omelia nella Messa per i cresimandi, 28 aprile 2013). A voi Vescovi, sacerdoti, religiosi, comunità e famiglie cristiane chiedo di orientare la pastorale vocazionale in questa direzione, accompagnando i giovani su percorsi di santità che, essendo personali, «esigono una vera e propria pedagogia della santità, che sia capace di adattarsi ai ritmi delle singole persone. Essa dovrà integrare le ricchezze della proposta rivolta a tutti con le forme tradizionali di aiuto personale e di gruppo e con forme più recenti offerte nelle associazioni e nei movimenti riconosciuti dalla Chiesa» (Giovanni Paolo II, Lett. ap. Novo millennio ineunte, 31).

Disponiamo dunque il nostro cuore ad essere "terreno buono" per ascoltare, accogliere e vivere la Parola e portare così frutto. Quanto più sapremo unirci a Gesù con la preghiera, la Sacra Scrittura, l’Eucaristia, i Sacramenti celebrati e vissuti nella Chiesa, con la fraternità vissuta, tanto più crescerà in noi la gioia di collaborare con Dio al servizio del Regno di misericordia e di verità, di giustizia e di pace. E il raccolto sarà abbondante, proporzionato alla grazia che con docilità avremo saputo accogliere in noi. Con questo auspicio, e chiedendovi di pregare per me, imparto di cuore a tutti la mia Apostolica Benedizione.

Dal Vaticano, 15 gennaio 2014

FRANCESCO

[00068-01.01] [Testo originale: Italiano]

TRADUZIONE IN LINGUA FRANCESE

Les vocations, témoignage de la vérité

Chers frères et sœurs!

1. L’Évangile raconte que « Jésus parcourait toutes les villes et tous les villages... Voyant les foules, Jésus fut saisi de compassion envers elles parce qu’elles étaient désemparées et abattues comme des brebis sans berger. Alors il dit à ses disciples: "La moisson est abondante, mais les ouvriers sont peu nombreux. Priez donc le Maître de la moisson d'envoyer des ouvriers pour sa moisson"» (Mt 9, 35-38). Ces paroles nous surprennent, car nous savons tous qu’il faut d’abord labourer, semer et cultiver pour pouvoir ensuite, le moment venu, moissonner une récolte abondante. Jésus affirme en revanche que «la moisson est abondante». Mais qui a travaillé pour que le résultat soit tel? Il n’y a qu’une seule réponse : Dieu. Évidemment, le champ dont parle Jésus est l’humanité, c’est nous. Et l’action efficace qui est à l’origine du «beaucoup de fruit» est la grâce de Dieu, la communion avec lui (cf. Jn 15, 5). La prière que Jésus sollicite de l’Église concerne donc la demande d’accroître le nombre de ceux qui sont au service de son Royaume. Saint Paul, qui a été l’un de ces "collaborateurs de Dieu", s’est prodigué inlassablement pour la cause de l’Évangile et de l’Église. Avec la conscience de celui qui a personnellement expérimenté à quel point la volonté salvifique de Dieu est insondable, et l’initiative de la grâce est à l’origine de toute vocation, l’apôtre rappelle aux chrétiens de Corinthe: «Vous êtes le champ de Dieu» (1 Co 3, 9). C’est pourquoi naît tout d’abord dans notre cœur l’étonnement pour une moisson abondante que Dieu seul peut accorder; ensuite la gratitude pour un amour qui nous précède toujours; enfin, l’adoration pour l’œuvre qu’il a accomplie, qui demande notre libre adhésion pour agir avec lui et pour lui.

2. Bien des fois nous avons prié avec les paroles du Psalmiste: « Il nous a faits et nous sommes à lui, nous son peuple, son troupeau » (Ps 100, 3); ou encore: « C'est Jacob que le Seigneur a choisi, Israël dont il a fait son bien » (Ps 135, 4). Eh bien, nous sommes la "propriété" de Dieu non pas au sens de la possession qui rend esclaves, mais d’un lien fort qui nous unit à Dieu et entre nous, selon un pacte d’alliance qui demeure pour l’éternité «car éternel est son amour» (Ps 136). Dans le récit de la vocation du prophète Jérémie, par exemple, Dieu rappelle qu’il veille continuellement sur chacun, afin que sa Parole se réalise en nous. L’image adoptée est celle de la branche d’amandier qui fleurit avant tous les autres, annonçant la renaissance de la vie au printemps (cf. Jr 1, 11-12). Tout provient de lui et est don de lui ; le monde, la vie, la mort, le présent, l’avenir, mais — rassure l’apôtre — « vous êtes au Christ, et le Christ est à Dieu » (1 Co 3, 23). Voilà expliquée la modalité d’appartenance à Dieu: à travers le rapport unique et personnel avec Jésus, que le Baptême nous a conféré dès le début de notre renaissance à une vie nouvelle. C’est donc le Christ qui nous interpelle sans cesse par sa Parole afin que nous mettions notre confiance en lui, en l’aimant «de tout notre cœur, de toute notre intelligence et de toute notre force» (cf. Mc 12, 33). C’est pourquoi chaque vocation, malgré la pluralité des voies, demande toujours un exode de soi-même pour centrer sa propre existence sur le Christ et sur son Évangile. Que ce soit d

ans la vie conjugale, que ce soit dans les formes de consécration religieuse, que ce soit dans la vie sacerdotale, il faut dépasser les manières de penser et d’agir qui ne sont pas conformes à la volonté de Dieu. C’est un exode « qui nous conduit à un chemin d’adoration du Seigneur et de service à lui dans nos frères et sœurs» (Discours à l’Union internationale des supérieures générales, 8 mai 2013). C’est pourquoi nous sommes tous appelés à adorer le Christ dans nos cœurs (cf. 1 P 3, 15), pour nous laisser rejoindre par l’impulsion de la grâce contenue dans la semence de la Parole, qui doit croître en nous et se transformer en service concret de notre prochain. Nous ne devons pas avoir peur : Dieu suit avec passion et habileté l’œuvre sortie de ses mains, à chaque saison de la vie. Il ne nous abandonne jamais! Il a à cœur la réalisation de son projet sur nous, mais il entend cependant l’obtenir avec notre assentiment et notre collaboration.

3. Aujourd’hui aussi, Jésus vit et chemine dans les réalités de la vie ordinaire pour s’approcher de tous, à commencer par les derniers, et nous guérir de nos infirmités et de nos maladies. Je m’adresse à présent à ceux qui sont bien disposés à se mettre à l’écoute de la voix du Christ qui retentit dans l’Église, pour comprendre quelle est leur vocation propre. Je vous invite à écouter et à suivre Jésus, à vous laisser transformer intérieurement par ses paroles qui « sont esprit et sont vie » (Jn 6, 63). Marie, la Mère de Jésus et la nôtre, nous répète à nous aussi: « Tout ce qu’il vous dira, faites-le » (Jn 2, 5). Cela vous fera du bien de participer avec confiance à un chemin communautaire qui sache libérer en vous et autour de vous les meilleures énergies. La vocation est un fruit qui mûrit dans le champ bien cultivé de l’amour réciproque qui se fait service mutuel, dans le contexte d’une authentique vie ecclésiale. Aucune vocation ne naît toute seule ou ne vit pour elle-même. La vocation jaillit du cœur de Dieu et germe dans la bonne terre du peuple fidèle, dans l’expérience de l’amour fraternel. Jésus n’a-t-il peut-être pas dit: « À ceci tous reconnaîtront que vous êtes mes disciples: si vous avez de l'amour les uns pour les autres » (Jn 13, 35)?

4. Chers frères et sœurs, vivre cette « haute mesure de la vie chrétienne ordinaire » (cf. Jean-Paul II, Lett. apost. Novo millennio ineunte, n. 31), signifie parfois aller à contre-courant et comporte de rencontrer également des obstacles, en dehors de nous et en nous. Jésus lui-même nous avertit : la bonne semence de la Parole de Dieu est souvent volée par le Malin, bloquée par les difficultés, étouffée par des préoccupations et des séductions mondaines (cf. Mt 13, 19-22). Toutes ces difficultés pourraient nous décourager, en nous faisant nous replier sur des voies apparemment plus commodes. Mais la véritable joie des appelés consiste à croire et à faire l’expérience que le Seigneur, lui, est fidèle, et qu’avec lui nous pouvons marcher, être des disciples et des témoins de l’amour de Dieu, ouvrir notre cœur à de grands idéaux, à de grandes choses. « Nous chrétiens nous ne sommes pas choisis par le Seigneur pour de petites bricoles, allez toujours au-delà, vers les grandes choses. Jouez votre vie pour de grands idéaux!» (Homélie lors de la Messe pour les confirmations, 28 avril 2013). À vous évêques, prêtres, religieux, communautés et familles chrétiennes, je demande d’orienter la pastorale des vocations dans cette direction, en accompagnant les jeunes sur des itinéraires de sainteté qui, étant personnels, «exigent une vraie pédagogie de la sainteté qui soit capable de s'adapter aux rythmes des personnes. Cette pédagogie devra intégrer aux richesses de la proposition adressée à tous les formes traditionnelles d'aide personnelle et de groupe, et les formes plus récentes apportées par les associations et par les mouvements reconnus par l'Église » (Jean-Paul II, Lett. apost. Novo millennio ineunte, n. 31).

Disposons donc notre cœur à être une "bonne terre" pour écouter, accueillir et vivre la Parole et porter ainsi du fruit. Plus nous saurons nous unir à Jésus par la prière, la Sainte Écriture, l’Eucharistie, les Sacrements célébrés et vécus dans l’Église, par la fraternité vécue, plus grandira en nous la joie de collaborer avec Dieu au service du Royaume de miséricorde et de vérité, de justice et de paix. Et la récolte sera abondante, proportionnée à la grâce qu’avec docilité nous aurons su accueillir en nous. Avec ce vœu, et en vous demandant de prier pour moi, je donne de tout cœur à tous ma Bénédiction apostolique.

Du Vatican, le 15 janvier 2014

FRANÇOIS

[00068-03.01] [Texte original: Italien]

TRADUZIONE IN LINGUA INGLESE

Vocations, Witness to the Truth

Dear Brothers and Sisters,

1. The Gospel says that "Jesus went about all the cities and villages... When he saw the crowds, he had compassion for them, because they were harassed and helpless, like sheep without a shepherd. Then he said to his disciples, ‘The harvest is plentiful, but the labourers are few; pray therefore the Lord of the harvest to send out labourers into his harvest’" (Mt 9:35-38). These words surprise us, because we all know that it is necessary first to plow, sow and cultivate to then, in due time, reap an abundant harvest. Jesus says instead that "the harvest is plentiful". But who did the work to bring about these results? There is only one answer: God. Clearly the field of which Jesus is speaking is humanity, us. And the efficacious action which has borne "much fruit" is the grace of God, that is, communion with Him (cf. Jn 15:5). The prayer which Jesus asks of the Church therefore concerns the need to increase the number of those who serve his Kingdom. Saint Paul, who was one of "God’s fellow workers", tirelessly dedicated himself to the cause of the Gospel and the Church. The Apostle, with the awareness of one who has personally experienced how mysterious God’s saving will is, and how the initiative of grace is the origin of every vocation, reminds the Christians of Corinth: "You are God’s field" (1 Cor 3:9). That is why wonder first arises in our hearts over the plentiful harvest which God alone can bestow; then gratitude for a love that always goes before us; and lastly, adoration for the work that he has accomplished, which requires our free consent in acting with him and for him.

2. Many times we have prayed with the words of the Psalmist: "It is he who made us, and we are his; we are his people, and the sheep of his pasture" (Ps 100:3); or: "The Lord has chosen Jacob for himself, Israel as his own possession" (Ps 135:4). And yet we are God’s "possession" not in the sense of a possession that renders us slaves, but rather of a strong bond that unites us to God and one another, in accord with a covenant that is eternal, "for his steadfast love endures for ever" (Ps 136). In the account of the calling of the prophet Jeremiah, for example, God reminds us that he continually watches over each one of us in order that his word may be accomplished in us. The image is of an almond branch which is the first tree to flower, thus announcing life’s rebirth in the springtime (cf Jer 1:11-12). Everything comes from him and is his gift: the world, life, death, the present, the future, but — the Apostle assures us — "you are Christ’s; and Christ is God’s" (1 Cor 3:23). Hence the way of belonging to God is explained: it comes about through a unique and personal relationship with Jesus, which Baptism confers on us from the beginning of our rebirth to new life. It is Christ, therefore, who continually summons us by his word to place our trust in him, loving him "with all the heart, with all the understanding, and with all the strength" (Mk 12:33). Therefore every vocation, even within the variety of paths, always requires an exodus from oneself in order to centre one’s life on Christ and on his Gospel. Both in married life and in the forms of religious consecration, as well as in priestly life, we must surmount the ways of thinking and acting that do not conform to the will of God. It is an "exodus that leads us on a journey of adoration of the Lord and of service to him in our brothers and sisters" (Address to the International Union of Superiors General, 8 May 2013). Therefore, we are all called to adore Christ in our hearts (1 Pet 3:15) in order to allow ourselves to be touched by the impulse of grace contained in the seed of the word, which must grow in us and be transformed into concrete service to our neighbour. We need not be afraid: God follows the work of his hands with passion and skill in every phase of life. He never abandons us! He has the fulfilment of his plan for us at heart, and yet he wishes to achieve it with our consent and cooperation.

3. Today too, Jesus lives and walks along the paths of ordinary life in order to draw near to everyone, beginning with the least, and to heal us of our infirmities and illnesses. I turn now to those who are well disposed to listen to the voice of Christ that rings out in the Church and to understand what their own vocation is. I invite you to listen to and follow Jesus, and to allow yourselves to be transformed interiorly by his words, which "are spirit and life" (Jn 6:62). Mary, the Mother of Jesus and ours, also says to us: "Do whatever he tells you" (Jn 2:5). It will help you to participate in a communal journey that is able to release the best energies in you and around you. A vocation is a fruit that ripens in a well cultivated field of mutual love that becomes mutual service, in the context of an authentic ecclesial life. No vocation is born of itself or lives for itself. A vocation flows from the heart of God and blossoms in the good soil of faithful people, in the experience of fraternal love. Did not Jesus say: "By this all men will know that you are my disciples, if you have love for one another" (Jn 13:35)?

4. Dear brothers and sisters, this "high standard of ordinary Christian living" (cf John Paul II, Apostolic Letter Novo Millennio Ineunte, 31) means sometimes going against the tide and also encountering obstacles, outside ourselves and within ourselves. Jesus himself warns us: the good seed of God’s word is often snatched away by the Evil one, blocked by tribulation, and choked by worldly cares and temptation (cf Mt 13:19-22). All of these difficulties could discourage us, making us fall back on seemingly more comfortable paths. However, the true joy of those who are called consists in believing and experiencing that he, the Lord, is faithful, and that with him we can walk, be disciples and witnesses of God’s love, open our hearts to great ideals, to great things. "We Christians were not chosen by the Lord for small things; push onwards toward the highest principles. Stake your lives on noble ideals!" (Homily at Holy Mass and the Conferral of the Sacrament of Confirmation, 28 April 2013). I ask you bishops, priests, religious, Christian communities and families to orient vocational pastoral planning in this direction, by accompanying young people on pathways of holiness which, because they are personal, "call for a genuine ‘training in holiness’ capable of being adapted to every person’s need. This training must integrate the resources offered to everyone with both the traditional forms of individual and group assistance, as well as the more recent forms of support offered in associations and movements recognized by the Church" (Novo Millennio Ineunte, 31).

Let us dispose our hearts therefore to being "good soil", by listening, receiving and living out the word, and thus bearing fruit. The more we unite ourselves to Jesus through prayer, Sacred Scripture, the Eucharist, the Sacraments celebrated and lived in the Church and in fraternity, the more there will grow in us the joy of cooperating with God in the service of the Kingdom of mercy and truth, of justice and peace. And the harvest will be plentiful, proportionate to the grace we have meekly welcomed into our lives. With this wish, and asking you to pray for me, I cordially impart to you all my Apostolic Blessing.

From the Vatican, 15 January 2014

FRANCIS

[00068-02.01] [Original text: Italian]

TRADUZIONE IN LINGUA TEDESCA

Berufungen, Zeugnis der Wahrheit

Liebe Brüder und Schwestern!

 1. Das Evangelium berichtet: »Jesus zog durch alle Städte und Dörfer … Als er die vielen Menschen sah, hatte er Mitleid mit ihnen; denn sie waren müde und erschöpft wie Schafe, die keinen Hirten haben. Da sagte er zu seinen Jüngern: „Die Ernte ist groß, aber es gibt nur wenig Arbeiter. Bittet also den Herrn der Ernte, Arbeiter für seine Ernte auszusenden"« (Mt 9,35-38). Diese Worte überraschen uns, denn wir alle wissen, dass man zuerst pflügen, säen und bebauen muss, um dann zu gegebener Zeit eine große Ernte einzufahren. Jesus dagegen sagt: »Die Ernte ist groß.« Wer aber hat gearbeitet, um ein solches Ergebnis zu erzielen? Es gibt nur eine Antwort: Gott. Offensichtlich ist das Ackerfeld, von dem Jesus spricht, die Menschheit: Wir sind es. Und das Wirken, das die »reiche Frucht« hervorbringt, ist die Gnade Gottes, die Gemeinschaft mit ihm (vgl. Joh 15,5). Bei dem Gebet, zu dem Jesus die Kirche auffordert, geht es also um die Bitte, die Zahl derer zu mehren, die im Dienst an seinem Reich stehen. Der heilige Paulus, der einer dieser »Mitarbeiter Gottes« war, hat sich unermüdlich für das Evangelium und für die Kirche eingesetzt. Mit dem Bewusstsein eines Menschen, der persönlich erfahren hat, wie unergründlich der Heilswille Gottes ist und dass die Initiative der Gnade der Ursprung einer jeden Berufung ist, erinnert der Apostel die Christen in Korinth: »Ihr seid Gottes Ackerfeld« (1 Kor 3,9). Daher kommt in unserem Herzen zunächst das Staunen auf eine große Ernte, die nur Gott schenken kann; dann die Dankbarkeit für eine Liebe, die uns stets vorausgeht; schließlich die Anbetung für das von ihm vollbrachte Werk, das unsere freie Zustimmung erfordert, mit ihm und für ihn zu handeln.

 2. Viele Male haben wir mit den Worten des Psalmisten gebetet: »Er hat uns geschaffen, wir sind sein Eigentum, sein Volk und die Herde seiner Weide« (Ps 100,3); oder auch: »Der Herr hat sich Jakob erwählt, Israel wurde sein Eigentum« (Ps 135,4). Wir sind jedoch Gottes „Eigentum" nicht im Sinne des Besitzes, der zu Sklaven macht, sondern im Sinne eines starken Bandes, das uns mit Gott und untereinander vereint, entsprechend einem Bund, der für immer bestehen bleibt, »denn seine Huld währt ewig« (Ps 136). In der Erzählung von der Berufung des Propheten Jeremia zum Beispiel erinnert Gott daran, dass er beständig über einen jeden wacht, damit sein Wort in uns verwirklicht wird. Das dazu gebrauchte Bild ist das Bild vom Mandelzweig, der als erster von allen blüht und die Wiedergeburt des Lebens im Frühling ankündigt (vgl. Jer 1,11-12). Alles kommt von ihm und ist sein Geschenk: die Welt, das Leben, der Tod, die Gegenwart, die Zukunft, »ihr aber« – beruhigt der Apostel – »gehört Christus, und Christus gehört Gott« (1 Kor 3,23). Damit wird die Form der Zugehörigkeit zu Gott erklärt: durch die einzigartige und persönliche Beziehung zu Jesus, die die Taufe uns vom Beginn unserer Wiedergeburt zu neuem Leben an geschenkt hat. Christus also ist es, der durch sein Wort unablässig zu uns spricht, damit wir auf ihn vertrauen und ihn lieben »mit ganzem Herzen, ganzem Verstand und ganzer Kraft« (Mk 12,33). Daher erfordert jede Berufung, trotz der Vielfalt der Wege, stets ein Herausgehen aus sich selbst, um das eigene Dasein auf Christus und sein Evangelium auszurichten. Sowohl im Eheleben als auch bei den Formen der Ordensgelübde und im priesterlichen Leben muss man Denk- und Handlungsweisen, die mit dem Willen Gottes nicht übereinstimmen, überwinden. Es ist »ein Auszug, der uns auf einen Weg der Anbetung des Herrn und des Dienens an ihm in den Brüdern und Schwestern führt« (Ansprache an die Teilnehmer der Vollversammlung der Internationalen Vereinigung der Generaloberinnen (UISG), 8. Mai 2013). Daher sind wir alle aufgerufen, Christus in unserem Herzen heilig zu halten (vgl. 1 Petr 3,15), um uns erreichen zu lassen vom Impuls der Gnade, die im Samenkorn des Wortes enthalten ist, das in uns wachsen und sich in konkreten Dienst am Nächsten verwandeln muss. Wir dürfen keine Angst haben: Gott sorgt mit Leidenschaft und Sorgfalt für das Werk, das aus seinen Händen hervorgegangen ist, in jedem Abschnitt des Lebens. Er verlässt uns nie! Die Umsetzung seines Planes mit uns liegt ihm am Herzen, und dennoch will er ihn mit unserer Zustimmung und mit unserer Zusammenarbeit durchführen.

 3. Auch heute lebt Jesus in den Wirklichkeiten unseres gewöhnlichen Lebens und ist in ihnen auf dem Weg, um sich allen zu nähern, begonnen bei den Letzten, und uns von unseren Krankheiten und Gebrechen zu heilen. Ich wende mich jetzt an jene, die bereit sind, auf die Stimme Christi zu hören, die in der Kirche erklingt, um zu verstehen, was ihre eigene Berufung ist. Ich lade euch ein, auf Jesus zu hören und ihm nachzufolgen, euch innerlich von seinen Worten verwandeln zu lassen: Sie »sind Geist und sind Leben« (Joh 6,63). Maria, die Mutter Jesu und unsere Mutter, sagt immer wieder auch zu uns: »Was er euch sagt, das tut!« (Joh 2,5). Es wird euch gut tun, mit Vertrauen teilzunehmen an einem gemeinsamen Weg, der in euch und um euch herum die besten Kräfte freizusetzen weiß. Die Berufung ist eine Frucht, die heranreift im gut bebauten Ackerfeld der gegenseitigen Liebe, die zum gegenseitigen Dienen wird, im Umfeld eines echten kirchlichen Lebens. Keine Berufung entsteht aus sich selbst heraus oder lebt für sich selbst. Die Berufung entspringt dem Herzen Gottes und keimt auf im guten Ackerboden des gläubigen Volkes, in der Erfahrung der brüderlichen Liebe. Hat Jesus etwa nicht gesagt: »Daran werden alle erkennen, dass ihr meine Jünger seid: wenn ihr einander liebt« (Joh 13,35)?

 4. Liebe Brüder und Schwestern, »diesen ›hohen Maßstab‹ des gewöhnlichen christlichen Lebens« (Papst Johannes Paul II., Apostolisches Schreiben Novo millennio ineunte, 31) zu leben bedeutet zuweilen, gegen den Strom zu schwimmen, und bringt es mit sich, auch Hindernissen zu begegnen, außerhalb von uns und in uns. Jesus selbst mahnt uns: Der gute Same des Wortes Gottes wird oft vom Bösen weggenommen, von Bedrängnissen aufgehalten, von den Sorgen und Verführungen der Welt erstickt (vgl. Mt 13,19-22). All diese Schwierigkeiten könnten uns entmutigen und uns dazu bringen, auf scheinbar bequemere Wege auszuweichen. Aber die wahre Freude der Berufenen besteht darin, zu glauben und zu erfahren, dass er, der Herr, treu ist und dass wir mit ihm gehen, Jünger und Zeugen der Liebe Gottes sein und das Herz für große Ideale, für große Dinge öffnen können. »Wir Christen sind vom Herrn nicht für Kleinigkeiten auserwählt; geht immer darüber hinaus, zu den großen Dingen! Setzt das Leben für große Ideale ein!« (Predigt in der Heiligen Messe mit Firmungen, 28. April 2013). Euch Bischöfe, Priester, Ordensleute, Gemeinschaften und christliche Familien bitte ich, die Berufungspastoral in diesem Sinne auszurichten und die jungen Menschen auf Wegen der Heiligkeit zu begleiten. Da dies persönliche Wege sind, erfordern sie »eine wahre und eigene Pädagogik der Heiligkeit, die sich den Rhythmen der einzelnen Personen anzupassen vermag. Diese Pädagogik wird den Reichtum dessen, was allen vorgelegt wird, verbinden müssen mit den überkommenen Formen der Hilfe durch Personen und Gruppen sowie mit den jüngeren Formen, die sich in den Verbänden und den von der Kirche anerkannten Bewegungen finden« (Papst Johannes Paul II., Apostolisches Schreiben Novo millennio ineunte, 31). Machen wir also unser Herz bereit, „guter Ackerboden" zu sein, um das Wort zu hören, anzunehmen und zu leben und so Frucht zu bringen. Je mehr wir uns durch das Gebet, die Heilige Schrift, die Eucharistie, die in der Kirche gefeierten und gelebten Sakramente und durch die gelebte Brüderlichkeit mit Jesus zu vereinigen wissen, desto mehr wird in uns die Freude wachsen, mit Gott zusammenzuarbeiten im Dienst des Reiches der Barmherzigkeit und der Wahrheit, der Gerechtigkeit und des Friedens. Und die Ernte wird in dem Maße reich sein, wie es der Gnade entspricht, die wir mit offener Bereitschaft in uns aufgenommen haben. Mit diesem Wunsch und mit der Bitte an euch, für mich zu beten, erteile ich von Herzen allen den Apostolischen Segen.

 

Aus dem Vatikan, am 15. Januar 2014

 

FRANZISCUS

[00068-05.01] [Originalsprache: Italienisch]

TRADUZIONE IN LINGUA SPAGNOLA 

Vocaciones, testimonio de la verdad

Queridos hermanos y hermanas:

1. El Evangelio relata que «Jesús recorría todas las ciudades y aldeas… Al ver a las muchedumbres, se compadecía de ellas, porque estaban extenuadas y abandonadas "como ovejas que no tienen pastor". Entonces dice a sus discípulos: "La mies es abundante, pero los trabajadores son pocos; rogad, pues, al Señor de la mies que mande trabajadores a su mies"» (Mt 9,35-38). Estas palabras nos sorprenden, porque todos sabemos que primero es necesario arar, sembrar y cultivar para poder luego, a su debido tiempo, cosechar una mies abundante. Jesús, en cambio, afirma que «la mies es abundante». ¿Pero quién ha trabajado para que el resultado fuese así? La respuesta es una sola: Dios. Evidentemente el campo del cual habla Jesús es la humanidad, somos nosotros. Y la acción eficaz que es causa del «mucho fruto» es la gracia de Dios, la comunión con él (cf. Jn 15,5). Por tanto, la oración que Jesús pide a la Iglesia se refiere a la petición de incrementar el número de quienes están al servicio de su Reino. San Pablo, que fue uno de estos «colaboradores de Dios», se prodigó incansablemente por la causa del Evangelio y de la Iglesia. Con la conciencia de quien ha experimentado personalmente hasta qué punto es inescrutable la voluntad salvífica de Dios, y que la iniciativa de la gracia es el origen de toda vocación, el Apóstol recuerda a los cristianos de Corinto: «Vosotros sois campo de Dios» (1 Co 3,9). Así, primero nace dentro de nuestro corazón el asombro por una mies abundante que sólo Dios puede dar; luego, la gratitud por un amor que siempre nos precede; por último, la adoración por la obra que él ha hecho y que requiere nuestro libre compromiso de actuar con él y por él.

2. Muchas veces hemos rezado con las palabras del salmista: «Él nos hizo y somos suyos, su pueblo y ovejas de su rebaño» (Sal 100,3); o también: «El Señor se escogió a Jacob, a Israel en posesión suya» (Sal 135,4). Pues bien, nosotros somos «propiedad» de Dios no en el sentido de la posesión que hace esclavos, sino de un vínculo fuerte que nos une a Dios y entre nosotros, según un pacto de alianza que permanece eternamente «porque su amor es para siempre» (cf. Sal 136). En el relato de la vocación del profeta Jeremías, por ejemplo, Dios recuerda que él vela continuamente sobre cada uno para que se cumpla su Palabra en nosotros. La imagen elegida es la rama de almendro, el primero en florecer, anunciando el renacer de la vida en primavera (cf. Jr 1,11-12). Todo procede de él y es don suyo: el mundo, la vida, la muerte, el presente, el futuro, pero ­asegura el Apóstol­ «vosotros sois de Cristo y Cristo de Dios» (1 Co 3,23). He aquí explicado el modo de pertenecer a Dios: a través de la relación única y personal con Jesús, que nos confirió el Bautismo desde el inicio de nuestro nacimiento a la vida nueva. Es Cristo, por lo tanto, quien continuamente nos interpela con su Palabra para que confiemos en él, amándole «con todo el corazón, con todo el entendimiento y con todo el ser» (Mc 12,33). Por eso, toda vocación, no obstante la pluralidad de los caminos, requiere siempre un éxodo de sí mismos para centrar la propia existencia en Cristo y en su Evangelio. Tanto en la vida conyugal, como en las formas de consagración religiosa y en la vida sacerdotal, es necesario superar los modos de pensar y de actuar no concordes con la voluntad de Dios. Es un «éxodo que nos conduce a un camino de adoración al Señor y de servicio a él en los hermanos y hermanas» (Discurso a la Unión internacional de superioras generales, 8 de mayo de 2013). Por eso, todos estamos llamados a adorar a Cristo en nuestro corazón (cf. 1 P 3,15) para dejarnos alcanzar por el impulso de la gracia que anida en la semilla de la Palabra, que debe crecer en nosotros y transformarse en servicio concreto al prójimo. No debemos tener miedo: Dios sigue con pasión y maestría la obra fruto de sus manos en cada etapa de la vida. Jamás nos abandona. Le interesa que se cumpla su proyecto en nosotros, pero quiere conseguirlo con nuestro asentimiento y nuestra colaboración.

3. También hoy Jesús vive y camina en nuestras realidades de la vida ordinaria para acercarse a todos, comenzando por los últimos, y curarnos de nuestros males y enfermedades. Me dirijo ahora a aquellos que están bien dispuestos a ponerse a la escucha de la voz de Cristo que resuena en la Iglesia, para comprender cuál es la propia vocación. Os invito a escuchar y seguir a Jesús, a dejaros transformar interiormente por sus palabras que «son espíritu y vida» (Jn 6,63). María, Madre de Jesús y nuestra, nos repite también a nosotros: «Haced lo que él os diga» (Jn 2,5). Os hará bien participar con confianza en un camino comunitario que sepa despertar en vosotros y en torno a vosotros las mejores energías. La vocación es un fruto que madura en el campo bien cultivado del amor recíproco que se hace servicio mutuo, en el contexto de una auténtica vida eclesial. Ninguna vocación nace por sí misma o vive por sí misma. La vocación surge del corazón de Dios y brota en la tierra buena del pueblo fiel, en la experiencia del amor fraterno. ¿Acaso no dijo Jesús: «En esto conocerán todos que sois discípulos míos: si os amáis unos a otros» (Jn 13,35)?

4. Queridos hermanos y hermanas, vivir este «"alto grado" de la vida cristiana ordinaria» (cf. Juan Pablo II, Carta ap. Novo millennio ineunte, 31), significa algunas veces ir a contracorriente, y comporta también encontrarse con obstáculos, fuera y dentro de nosotros. Jesús mismo nos advierte: La buena semilla de la Palabra de Dios a menudo es robada por el Maligno, bloqueada por las tribulaciones, ahogada por preocupaciones y seducciones mundanas (cf. Mt 13,19-22). Todas estas dificultades podrían desalentarnos, replegándonos por sendas aparentemente más cómodas. Pero la verdadera alegría de los llamados consiste en creer y experimentar que él, el Señor, es fiel, y con él podemos caminar, ser discípulos y testigos del amor de Dios, abrir el corazón a grandes ideales, a cosas grandes. «Los cristianos no hemos sido elegidos por el Señor para pequeñeces. Id siempre más allá, hacia las cosas grandes. Poned en juego vuestra vida por los grandes ideales» (Homilía en la misa para los confirmandos, 28 de abril de 2013). A vosotros obispos, sacerdotes, religiosos, comunidades y familias cristianas os pido que orientéis la pastoral vocacional en esta dirección, acompañando a los jóvenes por itinerarios de santidad que, al ser personales, «exigen una auténtica pedagogía de la santidad, capaz de adaptarse a los ritmos de cada persona. Esta pedagogía debe integrar las riquezas de la propuesta dirigida a todos con las formas tradicionales de ayuda personal y de grupo, y con las formas más recientes ofrecidas en las asociaciones y en los movimientos reconocidos por la Iglesia» (Juan Pablo II, Carta ap. Novo millennio ineunte, 31).

Dispongamos por tanto nuestro corazón a ser «terreno bueno» para escuchar, acoger y vivir la Palabra y dar así fruto. Cuanto más nos unamos a Jesús con la oración, la Sagrada Escritura, la Eucaristía, los Sacramentos celebrados y vividos en la Iglesia, con la fraternidad vivida, tanto más crecerá en nosotros la alegría de colaborar con Dios al servicio del Reino de misericordia y de verdad, de justicia y de paz. Y la cosecha será abundante y en la medida de la gracia que sabremos acoger con docilidad en nosotros. Con este deseo, y pidiéndoos que recéis por mí, imparto de corazón a todos la Bendición Apostólica.

Vaticano, 15 de Enero de 2014

FRANCISCO

[00068-04.01] [Texto original: Italiano]

TRADUZIONE IN LINGUA PORTOGHESE

Vocações, testemunho da verdade

Amados irmãos e irmãs!

1. Narra o Evangelho que «Jesus percorria as cidades e as aldeias (...). Contemplando a multidão, encheu-Se de compaixão por ela, pois estava cansada e abatida, como ovelhas sem pastor. Disse, então, aos seus discípulos: "A messe é grande, mas os trabalhadores são poucos. Rogai, portanto, ao Senhor da messe para que envie trabalhadores para a sua messe"» (Mt 9, 35-38). Estas palavras causam-nos surpresa, porque todos sabemos que, primeiro, é preciso lavrar, semear e cultivar, para depois, no tempo devido, se poder ceifar uma messe grande. Jesus, ao invés, afirma que «a messe é grande». Quem trabalhou para que houvesse tal resultado? A resposta é uma só: Deus. Evidentemente, o campo de que fala Jesus é a humanidade, somos nós. E a acção eficaz, que é causa de «muito fruto», deve-se à graça de Deus, à comunhão com Ele (cf. Jo 15, 5). Assim a oração, que Jesus pede à Igreja, relaciona-se com o pedido de aumentar o número daqueles que estão ao serviço do seu Reino. São Paulo, que foi um destes «colaboradores de Deus», trabalhou incansavelmente pela causa do Evangelho e da Igreja. Com a consciência de quem experimentou, pessoalmente, como a vontade salvífica de Deus é imperscrutável e como a iniciativa da graça está na origem de toda a vocação, o Apóstolo recorda aos cristãos de Corinto: «Vós sois o seu [de Deus] terreno de cultivo» (1 Cor 3, 9). Por isso, do íntimo do nosso coração, brota, primeiro, a admiração por uma messe grande que só Deus pode conceder; depois, a gratidão por um amor que sempre nos precede; e, por fim, a adoração pela obra realizada por Ele, que requer a nossa livre adesão para agir com Ele e por Ele.

2. Muitas vezes rezámos estas palavras do Salmista: «O Senhor é Deus; foi Ele quem nos criou e nós pertencemos-Lhe, somos o seu povo e as ovelhas do seu rebanho» (Sal 100/99, 3); ou então: «O Senhor escolheu para Si Jacob, e Israel, para seu domínio preferido» (Sal 135/134, 4). Nós somos «domínio» de Deus, não no sentido duma posse que torna escravos, mas dum vínculo forte que nos une a Deus e entre nós, segundo um pacto de aliança que permanece para sempre, «porque o seu amor é eterno!» (Sal 136/135, 1). Por exemplo, na narração da vocação do profeta Jeremias, Deus recorda que Ele vigia continuamente sobre a sua Palavra para que se cumpra em nós. A imagem adoptada é a do ramo da amendoeira, que é a primeira de todas as árvores a florescer, anunciando o renascimento da vida na Primavera (cf. Jr 1, 11-12). Tudo provém d’Ele e é dádiva sua: o mundo, a vida, a morte, o presente, o futuro, mas – tranquiliza-nos o Apóstolo - «vós sois de Cristo e Cristo é de Deus» (1 Cor 3, 23). Aqui temos explicada a modalidade de pertença a Deus: através da relação única e pessoal com Jesus, que o Baptismo nos conferiu desde o início do nosso renascimento para a vida nova. Por conseguinte, é Cristo que nos interpela continuamente com a sua Palavra, pedindo para termos confiança n’Ele, amando-O «com todo o coração, com todo o entendimento, com todas as forças» (Mc 12, 33). Embora na pluralidade das estradas, toda a vocação exige sempre um êxodo de si mesmo para centrar a própria existência em Cristo e no seu Evangelho. Quer na vida conjugal, quer nas formas de consagração religiosa, quer ainda na vida sacerdotal, é necessário superar os modos de pensar e de agir que não estão conformes com a vontade de Deus. É «um êxodo que nos leva por um caminho de adoração ao Senhor e de serviço a Ele nos irmãos e nas irmãs» (Discurso à União Internacional das Superioras Gerais, 8 de Maio de 2013). Por isso, todos somos chamados a adorar Cristo no íntimo dos nossos corações (cf. 1 Ped 3, 15), para nos deixarmos alcançar pelo impulso da graça contido na semente da Palavra, que deve crescer em nós e transformar-se em serviço concreto ao próximo. Não devemos ter medo: Deus acompanha, com paixão e perícia, a obra saída das suas mãos, em cada estação da vida. Ele nunca nos abandona! Tem a peito a realização do seu projecto sobre nós, mas pretende consegui-lo contando com a nossa adesão e a nossa colaboração.

3. Também hoje Jesus vive e caminha nas nossas realidades da vida ordinária, para Se aproximar de todos, a começar pelos últimos, e nos curar das nossas enfermidades e doenças. Dirijo-me agora àqueles que estão dispostos justamente a pôr-se à escuta da voz de Cristo, que ressoa na Igreja, para compreenderem qual possa ser a sua vocação. Convido-vos a ouvir e seguir Jesus, a deixar-vos transformar interiormente pelas suas palavras que «são espírito e são vida» (Jo 6, 63). Maria, Mãe de Jesus e nossa, repete também a nós: «Fazei o que Ele vos disser!» (Jo 2, 5). Far-vos-á bem participar, confiadamente, num caminho comunitário que saiba despertar em vós e ao vosso redor as melhores energias. A vocação é um fruto que amadurece no terreno bem cultivado do amor uns aos outros que se faz serviço recíproco, no contexto duma vida eclesial autêntica. Nenhuma vocação nasce por si, nem vive para si. A vocação brota do coração de Deus e germina na terra boa do povo fiel, na experiência do amor fraterno. Porventura não disse Jesus que «por isto é que todos conhecerão que sois meus discípulos: se vos amardes uns aos outros» (Jo 13, 35)?

4. Amados irmãos e irmãs, viver esta «medida alta da vida cristã ordinária» (João Paulo II, Carta ap. Novo millennio ineunte, 31) significa, por vezes, ir contra a corrente e implica encontrar também obstáculos, fora e dentro de nós. O próprio Jesus nos adverte: muitas vezes a boa semente da Palavra de Deus é roubada pelo Maligno, bloqueada pelas tribulações, sufocada por preocupações e seduções mundanas (cf. Mt 13, 19-22). Todas estas dificuldades poder-nos-iam desanimar, fazendo-nos optar por caminhos aparentemente mais cómodos. Mas a verdadeira alegria dos chamados consiste em crer e experimentar que o Senhor é fiel e, com Ele, podemos caminhar, ser discípulos e testemunhas do amor de Deus, abrir o coração a grandes ideais, a coisas grandes. «Nós, cristãos, não somos escolhidos pelo Senhor para coisas pequenas; ide sempre mais além, rumo às coisas grandes. Jogai a vida por grandes ideais!» (Homilia na Missa para os crismandos, 28 de Abril de 2013). A vós, Bispos, sacerdotes, religiosos, comunidades e famílias cristãs, peço que orienteis a pastoral vocacional nesta direcção, acompanhando os jovens por percursos de santidade que, sendo pessoais, «exigem uma verdadeira e própria pedagogia da santidade, capaz de se adaptar ao ritmo dos indivíduos; deverá integrar as riquezas da proposta lançada a todos com as formas tradicionais de ajuda pessoal e de grupo e as formas mais recentes oferecidas pelas associações e movimentos reconhecidos pela Igreja» (João Paulo II, Carta ap. Novo millennio ineunte, 31).

Disponhamos, pois, o nosso coração para que seja «boa terra» a fim de ouvir, acolher e viver a Palavra e, assim, dar fruto. Quanto mais soubermos unir-nos a Jesus pela oração, a Sagrada Escritura, a Eucaristia, os Sacramentos celebrados e vividos na Igreja, pela fraternidade vivida, tanto mais há-de crescer em nós a alegria de colaborar com Deus no serviço do Reino de misericórdia e verdade, de justiça e paz. E a colheita será grande, proporcional à graça que tivermos sabido, com docilidade, acolher em nós. Com estes votos e pedindo-vos que rezeis por mim, de coração concedo a todos a minha Bênção Apostólica.

Vaticano, 15 de Janeiro de 2014

FRANCISCO

[00068-06.01] [Texto original: Português]

[B0035-XX.01]