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CAPPELLA PAPALE NELLA SOLENNITÀ DELLA EPIFANIA DEL SIGNORE, 06.01.2014


CAPPELLA PAPALE NELLA SOLENNITÀ DELLA EPIFANIA DEL SIGNORE

OMELIA DEL SANTO PADRE

TRADUZIONE IN LINGUA FRANCESE

TRADUZIONE IN LINGUA INGLESE

TRADUZIONE IN LINGUA TEDESCA

TRADUZIONE IN LINGUA SPAGNOLA

TRADUZIONE IN LINGUA PORTOGHESE

Alle ore 10 di oggi, Solennità dell’Epifania del Signore, il Santo Padre Francesco ha celebrato la Santa Messa nella Basilica Vaticana.
Riportiamo di seguito il testo dell’omelia che il Papa ha pronunciato dopo la proclamazione del Santo Vangelo e l’annunzio del giorno della Pasqua, che quest’anno si celebra il 20 aprile:

OMELIA DEL SANTO PADRE

«Lumen requirunt lumine». Questa suggestiva espressione di un inno liturgico dell’Epifania si riferisce all’esperienza dei Magi: seguendo una luce essi ricercano la Luce. La stella apparsa in cielo accende nella loro mente e nel loro cuore una luce che li muove alla ricerca della grande Luce di Cristo. I Magi seguono fedelmente quella luce che li pervade interiormente, e incontrano il Signore.

In questo percorso dei Magi d’Oriente è simboleggiato il destino di ogni uomo: la nostra vita è un camminare, illuminati dalle luci che rischiarano la strada, per trovare la pienezza della verità e dell’amore, che noi cristiani riconosciamo in Gesù, Luce del mondo. E ogni uomo, come i Magi, ha a disposizione due grandi "libri" da cui trarre i segni per orientarsi nel pellegrinaggio: il libro della creazione e il libro delle Sacre Scritture. L’importante è essere attenti, vigilare, ascoltare Dio che ci parla, sempre ci parla. Come dice il Salmo, riferendosi alla Legge del Signore: «Lampada per i miei passi la tua parola, / luce sul mio cammino» (Sal 119,105). Specialmente ascoltare il Vangelo, leggerlo, meditarlo e farlo nostro nutrimento spirituale ci consente di incontrare Gesù vivo, di fare esperienza di Lui e del suo amore.

La prima Lettura fa risuonare, per bocca del profeta Isaia, l’appello di Dio a Gerusalemme: «Alzati, rivestiti di luce!» (60,1). Gerusalemme è chiamata ad essere la città della luce, che riflette sul mondo la luce di Dio e aiuta gli uomini a camminare nelle sue vie. Questa è la vocazione e la missione del Popolo di Dio nel mondo. Ma Gerusalemme può venire meno a questa chiamata del Signore. Ci dice il Vangelo che i Magi, quando giunsero a Gerusalemme, persero per un po’ la vista della stella. Non la vedevano più. In particolare, la sua luce è assente nel palazzo del re Erode: quella dimora è tenebrosa, vi regnano il buio, la diffidenza, la paura, l’invidia. Erode, infatti, si mostra sospettoso e preoccupato per la nascita di un fragile Bambino che egli sente come un rivale. In realtà Gesù non è venuto ad abbattere lui, misero fantoccio, ma il Principe di questo mondo! Tuttavia il re e i suoi consiglieri sentono scricchiolare le impalcature del loro potere, temono che vengano capovolte le regole del gioco, smascherate le apparenze. Tutto un mondo edificato sul dominio, sul successo sull’avere, sulla corruzione è messo in crisi da un Bambino! Ed Erode arriva fino a uccidere i bambini. «Tu uccidi i bambini nella carne perché la paura ti uccide nel cuore» - scrive san Quodvultdeus (Disc. 2 sul Simbolo: PL 40, 655). E’ così: aveva paura, e per questa paura è impazzito.

I Magi seppero superare quel pericoloso momento di oscurità presso Erode, perché credettero alle Scritture, alla parola dei profeti che indicava in Betlemme il luogo della nascita del Messia. Così sfuggirono al torpore della notte del mondo, ripresero la strada verso Betlemme e là videro nuovamente la stella, e il Vangelo dice che provarono «una gioia grandissima» (Mt 2,10). Quella stella che non si vedeva nel buio della mondanità di quel palazzo.

Un aspetto della luce che ci guida nel cammino della fede è anche la santa "furbizia". E’ una anche virtù questa, la santa "furbizia". Si tratta di quella scaltrezza spirituale che ci consente di riconoscere i pericoli ed evitarli. I Magi seppero usare questa luce di "furbizia" quando, sulla via del ritorno, decisero di non passare dal palazzo tenebroso di Erode, ma di percorrere un’altra strada. Questi saggi venuti da Oriente ci insegnano come non cadere nelle insidie delle tenebre e come difenderci dall’oscurità che cerca di avvolgere la nostra vita. Loro, con questa santa "furbizia" hanno custodito la fede. E anche noi dobbiamo custodire la fede. Custodirla da quel buio. Ma, anche, tante volte, un buio travestito di luce! Perché il demonio, dice san Paolo, si veste da angelo di luce, alcune volte. E qui è necessaria la santa "furbizia", per custodire la fede, custodirla dai canti delle Sirene, che ti dicono: "Guarda, oggi dobbiamo fare questo, quello..." Ma la fede è una grazia, è un dono. A noi tocca custodirla con questa santa "furbizia", con la preghiera, con l’amore, con la carità. Occorre accogliere nel nostro cuore la luce di Dio e, nello stesso tempo, coltivare quella furbizia spirituale che sa coniugare semplicità ed astuzia, come chiede Gesù ai discepoli: «Siate prudenti come i serpenti e semplici come le colombe» (Mt 10,16).

Nella festa dell’Epifania, in cui ricordiamo la manifestazione di Gesù all’umanità nel volto di un Bambino, sentiamo accanto a noi i Magi, come saggi compagni di strada. Il loro esempio ci aiuta ad alzare lo sguardo verso la stella e a seguire i grandi desideri del nostro cuore. Ci insegnano a non accontentarci di una vita mediocre, del "piccolo cabotaggio", ma a lasciarci sempre affascinare da ciò che è buono, vero, bello… da Dio, che tutto questo lo è in modo sempre più grande! E ci insegnano a non lasciarci ingannare dalle apparenze, da ciò che per il mondo è grande, sapiente, potente. Non bisogna fermarsi lì. E’ necessario custodire la fede. In questo tempo è tanto importante questo: custodire la fede. Bisogna andare oltre, oltre il buio, oltre il fascino delle Sirene, oltre la mondanità, oltre tante modernità che oggi ci sono, andare verso Betlemme, là dove, nella semplicità di una casa di periferia, tra una mamma e un papà pieni d’amore e di fede, risplende il Sole sorto dall’alto, il Re dell’universo. Sull’esempio dei Magi, con le nostre piccole luci, cerchiamo la Luce e custodiamo la fede. Così sia!

[00009-01.02] [Testo originale: Italiano]

TRADUZIONE IN LINGUA FRANCESE

"Lumen requirunt lumine". Cette expression suggestive d’un hymne liturgique de l’Épiphanie se réfère à l’expérience des Mages : en suivant une lumière ils recherchent la lumière. L’étoile apparue dans le ciel allume dans leur esprit et dans leur cœur une lumière qui les pousse à la recherche de la grande Lumière du Christ. Les Mages suivent fidèlement cette lumière qui les envahit intérieurement, et ils rencontrent le Seigneur.

Dans ce parcours des Mages d‘Orient se trouve symbolisé le destin de tout homme : notre vie est un cheminement, nous qui sommes illuminés par les lumières qui éclairent la route, pour trouver la plénitude de la vérité et de l’amour, que nous chrétiens nous reconnaissons en Jésus, Lumière du monde. Et tout homme, comme les Mages, a à sa disposition deux grands « livres » d’où tirer les signes pour s’orienter dans le pèlerinage : le livre de la création et le livre des saintes Écritures. L’important est d’être attentifs, de veiller, d’écouter Dieu qui nous parle, qui nous parle toujours. Comme dit le psaume, se référant à la Loi du Seigneur : « Ta parole est la lumière de mes pas, la lampe de ma route » (Ps 119, 105). Écouter l’Évangile, le lire, le méditer et en faire notre nourriture spirituelle nous permet spécialement de rencontrer Jésus vivant, d’apprendre de lui et de son amour.

La première lecture fait résonner, par la bouche du prophète Isaïe, l’appel de Dieu à Jérusalem : « Debout, resplendis ! » (60, 1). Jérusalem est appelée à être la ville de la lumière, qui reflète sur le monde la lumière de Dieu et aide les hommes à marcher sur ses voies. C’est la vocation et la mission du Peuple de Dieu dans le monde. Mais Jérusalem peut manquer à cet appel du Seigneur. L’Évangile nous dit que les Mages, quand ils parvinrent à Jérusalem, perdirent un peu de vue l’étoile. Ils ne la voyaient plus. En particulier, sa lumière est absente dans le palais du roi Hérode : cette demeure est ténébreuse, l’obscurité, la méfiance, la peur, la jalousie y règnent. En effet, Hérode se montre soupçonneux et préoccupé par la naissance d’un Enfant fragile qu’il ressent comme un rival. En réalité Jésus n’est pas venu pour le renverser lui, pauvre fantoche, mais le Prince de ce monde ! Toutefois, le roi et ses conseillers sentent craquer les structures de leur pouvoir, ils craignent que soient retournées les règles du jeu, démasquées les apparences. Tout un monde édifié sur la domination, sur le succès et sur l’avoir, sur la corruption, est mis en crise par un Enfant ! Et Hérode en arrive à tuer les enfants : « Tu assassines ces faibles corps parce que la peur assassine ton cœur » – écrit saint Quodvultdeus (Disc. 2 sur le Symbole : PL 40, 655). C’est ainsi : il avait peur, et par cette peur il devient fou.

Les Mages surent dépasser ce moment dangereux d’obscurité auprès d’Hérode, parce qu’ils crurent aux Écritures, à la parole des prophètes qui indiquait à Bethléem le lieu de la naissance du Messie. Ainsi ils échappèrent à la torpeur de la nuit du monde, ils reprirent la route vers Bethléem et là ils virent de nouveau l’étoile, et l’Évangile dit qu’ils éprouvèrent « une très grande joie » (Mt 2, 10). Cette étoile qui ne se voyait pas dans l’obscurité de la mondanité de ce palais.

Un aspect de la lumière qui nous guide sur le chemin de la foi est aussi la sainte « ruse ». C’est aussi une vertu, la sainte « ruse ». Il s’agit de cette rouerie spirituelle qui nous permet de reconnaître les dangers et de les éviter. Les Mages surent utiliser cette lumière de « ruse » quand, sur la route du retour, il décidèrent de ne pas passer par le palais ténébreux d’Hérode, mais de prendre un autre chemin. Ces sages venus d’Orient nous enseignent comment ne pas tomber dans les pièges des ténèbres et comment nous défendre de l’obscurité qui cherche à envelopper notre vie. Eux, avec cette sainte « ruse » ont gardé la foi. Et nous aussi nous devons garder la foi. La garder de cette obscurité. Mais aussi, souvent, une obscurité revêtue de lumière ! Parce que le démon, dit saint Paul, s’habille en ange de lumière, certaines fois. Et ici, la sainte « ruse » est nécessaire pour garder la foi, la garder des chants des Sirènes, qui te disent : « Regarde, aujourd’hui nous devons faire ceci, cela… » Mais la foi est une grâce, elle est un don. Il nous revient de la garder avec cette sainte « ruse », avec la prière, avec l’amour, avec la charité. Il faut accueillir dans notre cœur la lumière de Dieu et, en même temps, cultiver cette ruse spirituelle qui sait unir simplicité et astuce, comme demande Jésus à ses disciples : « Soyez prudents comme les serpents, et candides comme les colombes » (Mt 10, 16).

En la fête de l’Épiphanie, où nous rappelons la manifestation de Jésus à l’humanité dans le visage d’un Enfant, nous sentons près de nous les Mages, comme de sages compagnons de route. Leur exemple nous aide à lever les yeux vers l’étoile et à suivre les grands désirs de notre cœur. Ils nous enseignent à ne pas nous contenter d’une vie médiocre, « sans envergure », mais à nous laisser toujours fasciner par ce qui est bon, vrai, beau… par Dieu, que tout cela il est de façon toujours plus grande ! Et ils nous enseignent à ne pas nous laisser tromper par les apparences, par ce qui pour le monde est grand, sage, puissant. Il ne faut pas s’arrêter là. Il est nécessaire de garder la foi. À notre époque cela est très important : garder la foi. Il faut aller au-delà, au-delà de l’obscurité, au-delà de l’attrait des Sirènes, au-delà de la mondanité, au-delà de tant de modernités qui existent aujourd’hui, aller vers Bethléem, là où, dans la simplicité d’une maison de périphérie, entre une maman et un papa pleins d’amour et de foi, resplendit le Soleil venu d’en-haut, le Roi de l’univers. À l’exemple des Mages, avec nos petites lumières, cherchons la Lumière et gardons la foi. Qu’il en soit ainsi !

[00009-03.02] [Texte original: Italien]

TRADUZIONE IN LINGUA INGLESE

"Lumen requirunt lumine". These evocative words from a liturgical hymn for the Epiphany speak of the experience of the Magi: following a light, they were searching for the Light. The star appearing in the sky kindled in their minds and in their hearts a light that moved them to seek the great Light of Christ. The Magi followed faithfully that light which filled their hearts, and they encountered the Lord.

The destiny of every person is symbolized in this journey of the Magi of the East: our life is a journey, illuminated by the lights which brighten our way, to find the fullness of truth and love which we Christians recognize in Jesus, the Light of the World. Like the Magi, every person has two great "books" which provide the signs to guide this pilgrimage: the book of creation and the book of sacred Scripture. What is important is that we be attentive, alert, and listen to God who speaks to us, who always speaks to us. As the Psalm says in referring to the Law of the Lord: "Your word is a lamp to my feet and a light to my path" (Ps 119:105). Listening to the Gospel, reading it, meditating on it and making it our spiritual nourishment especially allows us to encounter the living Jesus, to experience him and his love.

The first reading echoes, in the words of the prophet Isaiah, the call of God to Jerusalem: "Arise, shine!" (Is 60:1). Jerusalem is called to be the city of light which reflects God’s light to the world and helps humanity to walk in his ways. This is the vocation and the mission of the People of God in the world. But Jerusalem can fail to respond to this call of the Lord. The Gospel tells us that the Magi, when they arrived in Jerusalem, lost sight of the star for a time. They no longer saw it. Its light was particularly absent from the palace of King Herod: his dwelling was gloomy, filled with darkness, suspicion, fear, envy. Herod, in fact, proved himself distrustful and preoccupied with the birth of a frail Child whom he thought of as a rival. In realty Jesus came not to overthrow him, a wretched puppet, but to overthrow the Prince of this world! Nonetheless, the king and his counsellors sensed that the foundations of their power were crumbling. They feared that the rules of the game were being turned upside down, that appearances were being unmasked. A whole world built on power, on success, possessions and corruption was being thrown into crisis by a child! Herod went so far as to kill the children. As Saint Quodvultdeus writes, "You destroy those who are tiny in body because fear is destroying your heart" (Sermo 2 de Symbolo: PL 40, 655). This was in fact the case: Herod was fearful and on account of this fear, he became insane.

The Magi were able to overcome that dangerous moment of darkness before Herod, because they believed the Scriptures, the words of the prophets which indicated that the Messiah would be born in Bethlehem. And so they fled the darkness and dreariness of the night of the world. They resumed their journey towards Bethlehem and there they once more saw the star, and the gospel tells us that they experienced "a great joy" (Mt 2:10). The very star which could not be seen in that dark, worldly palace.

One aspect of the light which guides us on the journey of faith is holy "cunning". This holy "cunning" is also a virtue. It consists of a spiritual shrewdness which enables us to recognize danger and avoid it. The Magi used this light of "cunning" when, on the way back, they decided not to pass by the gloomy palace of Herod, but to take another route. These wise men from the East teach us how not to fall into the snares of darkness and how to defend ourselves from the shadows which seek to envelop our life. By this holy "cunning", the Magi guarded the faith. We too need to guard the faith, guard it from darkness. Many times, however, it is a darkness under the guise of light. This is because the devil, as Saint Paul says, disguises himself at times as an angel of light. And this is where a holy "cunning" is necessary in order to protect the faith, guarding it from those alarmist voices that exclaim: "Listen, today we must do this, or that...". Faith though, is a grace, it is a gift. We are entrusted with the task of guarding it, by means of this holy "cunning" and by prayer, love, charity. We need to welcome the light of God into our hearts and, at the same time, to cultivate that spiritual cunning which is able to combine simplicity with astuteness, as Jesus told his disciples: "Be wise as serpents and innocent as doves" (Mt 10:16).

On the feast of the Epiphany, as we recall Jesus’ manifestation to humanity in the face of a Child, may we sense the Magi at our side, as wise companions on the way. Their example helps us to lift our gaze towards the star and to follow the great desires of our heart. They teach us not to be content with a life of mediocrity, of "playing it safe", but to let ourselves be attracted always by what is good, true and beautiful… by God, who is all of this, and so much more! And they teach us not to be deceived by appearances, by what the world considers great, wise and powerful. We must not stop at that. It is necessary to guard the faith. Today this is of vital importance: to keep the faith. We must press on further, beyond the darkness, beyond the voices that raise alarm, beyond worldliness, beyond so many forms of modernity that exist today. We must press on towards Bethlehem, where, in the simplicity of a dwelling on the outskirts, beside a mother and father full of love and of faith, there shines forth the Sun from on high, the King of the universe. By the example of the Magi, with our little lights, may we seek the Light and keep the faith. May it be so.

[00009-02.02] [Original text: Italian]

TRADUZIONE IN LINGUA TEDESCA

«Lumen requirunt lumine». Diese ausdrucksstarke Wendung eines liturgischen Hymnus zum Fest der Erscheinung des Herrn bezieht sich auf die Erfahrung der Sterndeuter: Indem sie einem Licht folgen, suchen sie das Licht. Der Stern, der am Himmel erschienen ist, entzündet in ihrem Verstand und in ihrem Herzen ein Licht, das sie zur Suche des großen Lichtes Christi bewegt. Die Sterndeuter folgen treu jenem Licht, das sie innerlich erfüllt, und sie begegnen dem Herrn.

In diesem Weg der Sterndeuter aus dem Osten ist die Bestimmung eines jeden Menschen angedeutet: Unser Leben ist ein Gehen, erleuchtet von den Lichtern, die die Straße hell machen, um die Fülle der Wahrheit und der Liebe zu finden, die wir Christen in Jesus, dem Licht der Welt, erkennen. Und jeder Mensch hat wie die Sterndeuter zwei große „Bücher" zur Verfügung, aus denen er die Hinweise entnimmt, um sich auf der Pilgerschaft zu orientieren: das Buch der Schöpfung und das Buch der Heiligen Schrift. Es ist wichtig, aufmerksam zu sein, wachsam, Gott zu hören, der zu uns immer wieder spricht. So wie der Psalm in Bezug auf das Gesetz des Herrn sagt: „Dein Wort ist meinem Fuß eine Leuchte, ein Licht für meine Pfade" (Ps 119,105). Insbesondere das Evangelium hören, es lesen, es betrachten, es zu unserer geistlichen Nahrung machen, das erlaubt uns, dem lebendigen Jesus zu begegnen, ihn und seine Liebe zu erfahren.

Die erste Lesung lässt durch den Mund des Propheten Jesaja den Aufruf Gottes an Jerusalem wieder erklingen: „Auf, werde Licht!" (60,1). Jerusalem ist berufen, die Stadt des Lichts zu sein, die das Licht Gottes auf die Welt zurückstrahlt und den Menschen hilft, auf seinen Wegen zu gehen. Dies ist die Berufung und Sendung des Volkes Gottes in der Welt. Aber Jerusalem kann diesen Ruf des Herrn auch nicht erfüllen. Das Evangelium berichtet uns, dass die Sterndeuter, als sie nach Jerusalem kamen, den Anblick des Sterns kurz verloren. Sie sahen ihn nicht mehr. Insbesondere im Palast des Königs Herodes ist sein Licht nicht da: dieser Ort ist dunkel, hier regieren Finsternis, Misstrauen, Angst und Neid. Herodes zeigt sich in der Tat argwöhnisch und beunruhigt ob der Geburt eines schwachen Kindes, in dem er einen Rivalen sieht. In Wirklichkeit ist Jesus nicht gekommen, um ihn, eine erbärmliche Marionette, sondern den Fürsten dieser Welt zu stürzen! Trotzdem fühlen der König und seine Berater, dass ihre Machtstrukturen ins Wanken geraten, sie fürchten, dass die Spielregeln auf den Kopf gestellt werden, dass der Schein aufgedeckt wird. Eine ganze Welt, die auf Herrschaft, auf Erfolg, auf Besitz, auf Bestechung gegründet ist, wird durch ein Kind in eine Krise gestürzt! Und Herodes geht soweit, die Kinder zu töten: „Du mordest den Leib der Kleinen, aber die Furcht mordet dein Herz" – so schreibt der heilige Quodvultdeus (Sermo de symbolo 2, 4: PL 40, 655). So ist es: er hatte Angst, und durch diese Angst ist er wahnsinnig geworden.

Die Sterndeuter waren in der Lage, jenen gefährlichen Augenblick der Dunkelheit bei Herodes zu überwinden, weil sie der Schrift glaubten, dem Wort der Propheten, das Bethlehem als den Geburtsort des Messias benannte. So entflohen sie der Abgestumpftheit der Nacht der Welt, nahmen den Weg nach Bethlehem wieder auf, und dort sahen sie erneut den Stern, und das Evangelium berichtet, dass sie „von sehr großer Freude" (Mt 2,10) erfüllt wurden. Sie sahen diesen Stern, den man nicht im Dunkel der Weltlichkeit jenes Palastes sah.

Ein Aspekt des Lichtes, das uns auf dem Weg des Glaubens leitet, ist auch die heilige „Schläue". Dies ist auch eine Tugend, die heilige „Schläue". Es handelt sich um jene geistliche Gerissenheit, die uns Gefahren erkennen und vermeiden lässt. Die Sterndeuter wussten dieses Licht der „Schläue" zu nutzen, als sie auf ihrem Rückweg entschieden, nicht über den dunklen Palast des Herodes zu gehen, sondern auf einem anderen Weg heimzukehren. Diese Weisen aus dem Osten lehren uns, wie wir nicht in den Hinterhalt der Finsternis fallen und wie wir uns gegen die Dunkelheit verteidigen können, die unser Leben zu umfangen sucht. Mit dieser heiligen „Schläue" haben sie den Glauben bewahrt. Und auch wir müssen den Glauben bewahren. Wir müssen ihn im Dunkel bewahren. Aber oft ist das Dunkel auch als Licht verkleidet! Denn der Dämon, so sagt der heilige Paulus, kleidet sich gelegentlich als Engel des Lichts. Und hier ist die heilige „Schläue" wichtig, um den Glauben zu bewahren, um ihn zu beschützen vor dem Gesang der Sirenen, die dir sagen: „Schau, heute müssen wir dieses und jenes tun ..." Aber der Glaube ist Gnade, er ist Geschenk. Wir müssen ihn bewahren mit dieser heiligen „Schläue", mit dem Gebet und mit der Liebe. Wir müssen in unserem Herzen das Licht Gottes aufnehmen und zugleich jene geistliche Schläue üben, die Einfachheit und Schlauheit zu verbinden weiß, wie Jesus von seinen Jüngern verlangt: „Seid klug wie die Schlangen und arglos wie die Tauben" (Mt 10,16).

Am Fest der Erscheinung des Herrn, an dem wir gedenken, dass Jesus uns Menschen im Antlitz eines Kindes geoffenbart wurde, erfahren wir die Sterndeuter an unserer Seite wie weise Weggefährten. Ihr Beispiel helfe uns, den Blick zum Stern zu erheben und den großen Sehnsüchten unseres Herzens zu folgen. Sie lehren uns, uns nicht mit einem mittelmäßigen Leben, mit dem Kleinem zufrieden zu geben, sondern uns immer faszinieren zu lassen vom Guten, Wahren und Schönen …, von Gott, der all das in immer größerer Weise ist! Und sie lehren uns, uns nicht vom Schein betrügen zu lassen, von dem, was für die Welt groß, weise und mächtig ist. Man darf hier nicht stehen bleiben. Es ist wichtig, den Glauben zu bewahren. In dieser Zeit ist das ganz wichtig: den Glauben zu bewahren. Man muss weiter gehen, jenseits des Dunkels, jenseits der Faszination der Sirenen, jenseits der Weltlichkeit, die heute so viele Ausdrucksformen hat, man muss weiter gehen nach Bethlehem, dorthin, wo in der Einfachheit eines Hauses der Peripherie, bei einer Mutter und einem Vater voller Liebe und Glaube, die Sonne aus der Höhe erstrahlt, der König des Universums. Nach dem Beispiel der Sterndeuter wollen wir mit unseren kleinen Lichtern das Licht suchen und den Glauben bewahren. So sei es.

[00009-05.02] [Originalsprache: Italienisch]

TRADUZIONE IN LINGUA SAPAGNOLA

«Lumen requirunt lumine». Esta sugerente expresión de un himno litúrgico de la Epifanía se refiere a la experiencia de los Magos: siguiendo una luz, buscan la Luz. La estrella que aparece en el cielo enciende en su mente y en su corazón una luz que los lleva a buscar la gran Luz de Cristo. Los Magos siguen fielmente aquella luz que los ilumina interiormente y encuentran al Señor.

En este recorrido que hacen los Magos de Oriente está simbolizado el destino de todo hombre: nuestra vida es un camino, iluminados por luces que nos permiten entrever el sendero, hasta encontrar la plenitud de la verdad y del amor, que nosotros cristianos reconocemos en Jesús, Luz del mundo. Y todo hombre, como los Magos, tiene a disposición dos grandes "libros" de los que sacar los signos para orientarse en su peregrinación: el libro de la creación y el libro de las Sagradas Escrituras. Lo importante es estar atentos, vigilantes, escuchar a Dios que nos habla, siempre nos habla. Como dice el Salmo, refiriéndose a la Ley del Señor: «Lámpara es tu palabra para mis pasos, / luz en mi sendero» (Sal 119,105). Sobre todo, escuchar el Evangelio, leerlo, meditarlo y convertirlo en alimento espiritual nos permite encontrar a Jesús vivo, hacer experiencia de Él y de su amor.

En la primera Lectura resuena, por boca del profeta Isaías, el llamado de Dios a Jerusalén: «¡Levántate, brilla!» (60,1). Jerusalén está llamada a ser la ciudad de la luz, que refleja en el mundo la luz de Dios y ayuda a los hombres a seguir sus caminos. Ésta es la vocación y la misión del Pueblo de Dios en el mundo. Pero Jerusalén puede desatender esta llamada del Señor. Nos dice el Evangelio que los Magos, cuando llegaron a Jerusalén, de momento perdieron de vista la estrella. No la veían. En especial, su luz falta en el palacio del rey Herodes: aquella mansión es tenebrosa, en ella reinan la oscuridad, la desconfianza, el miedo, la envidia. De hecho, Herodes se muestra receloso e inquieto por el nacimiento de un frágil Niño, al que ve como un rival. En realidad, Jesús no ha venido a derrocarlo a él, ridículo fantoche, sino al Príncipe de este mundo. Sin embargo, el rey y sus consejeros sienten que el entramado de su poder se resquebraja, temen que cambien las reglas de juego, que las apariencias queden desenmascaradas. Todo un mundo edificado sobre el poder, el prestigio, el tener, la corrupción, entra en crisis por un Niño. Y Herodes llega incluso a matar a los niños: «Tú matas el cuerpo de los niños, porque el temor te ha matado a ti el corazón» - escribe san Quodvultdeus (Sermón 2 sobre el Símbolo: PL 40, 655). Es así: tenía temor, y por este temor pierde el juicio.

Los Magos consiguieron superar aquel momento crítico de oscuridad en el palacio de Herodes, porque creyeron en las Escrituras, en la palabra de los profetas que señalaba Belén como el lugar donde había de nacer el Mesías. Así escaparon al letargo de la noche del mundo, reemprendieron su camino y de pronto vieron nuevamente la estrella, y el Evangelio dice que se llenaron de «inmensa alegría» (Mt 2,10). Esa estrella que no se veía en la oscuridad de la mundanidad de aquel palacio.

Un aspecto de la luz que nos guía en el camino de la fe es también la santa "astucia". Es también una virtud, la santa "astucia". Se trata de esa sagacidad espiritual que nos permite reconocer los peligros y evitarlos. Los Magos supieron usar esta luz de "astucia" cuando, de regreso a su tierra, decidieron no pasar por el palacio tenebroso de Herodes, sino marchar por otro camino. Estos sabios venidos de Oriente nos enseñan a no caer en las asechanzas de las tinieblas y a defendernos de la oscuridad que pretende cubrir nuestra vida. Ellos, con esta santa "astucia", han protegido la fe. Y también nosotros debemos proteger la fe. Protegerla de esa oscuridad. Esa oscuridad que a menudo se disfraza incluso de luz. Porque el demonio, dice san Pablo, muchas veces se viste de ángel de luz. Y entonces es necesaria la santa "astucia", para proteger la fe, protegerla de los cantos de las sirenas, que te dicen: «Mira, hoy debemos hacer esto, aquello…» Pero la fe es una gracia, es un don. Y a nosotros nos corresponde protegerla con la santa "astucia", con la oración, con el amor, con la caridad. Es necesario acoger en nuestro corazón la luz de Dios y, al mismo tiempo, practicar aquella astucia espiritual que sabe armonizar la sencillez con la sagacidad, como Jesús pide a sus discípulos: «Sean sagaces como serpientes y simples como palomas» (Mt 10,16).

En esta fiesta de la Epifanía, que nos recuerda la manifestación de Jesús a la humanidad en el rostro de un Niño, sintamos cerca a los Magos, como sabios compañeros de camino. Su ejemplo nos anima a levantar los ojos a la estrella y a seguir los grandes deseos de nuestro corazón. Nos enseñan a no contentarnos con una vida mediocre, de "poco calado", sino a dejarnos fascinar siempre por la bondad, la verdad, la belleza… por Dios, que es todo eso en modo siempre mayor. Y nos enseñan a no dejarnos engañar por las apariencias, por aquello que para el mundo es grande, sabio, poderoso. No nos podemos quedar ahí. Es necesario proteger la fe. Es muy importante en este tiempo: proteger la fe. Tenemos que ir más allá, más allá de la oscuridad, más allá de la atracción de las sirenas, más allá de la mundanidad, más allá de tantas modernidades que existen hoy, ir hacia Belén, allí donde en la sencillez de una casa de la periferia, entre una mamá y un papá llenos de amor y de fe, resplandece el Sol que nace de lo alto, el Rey del universo. A ejemplo de los Magos, con nuestras pequeñas luces busquemos la Luz y protejamos la fe. Así sea.

[00009-04.02] [Texto original: Italiano]

TRADUZIONE IN LINGUA PORTOGHESE

«Lumen requirunt lumine». Esta sugestiva frase dum hino litúrgico da Epifania refere-se à experiência dos Magos: seguindo uma luz, eles procuram a Luz. A estrela aparecida no céu acende, nas suas mentes e corações, uma luz que os move à procura da grande Luz de Cristo. Os Magos seguem fielmente aquela luz, que os penetra interiormente, e encontram o Senhor.

Neste percurso dos Magos do Oriente, está simbolizado o destino de cada homem: a nossa vida é um caminhar, guiado pelas luzes que iluminam a estrada, para encontrar a plenitude da verdade e do amor, que nós, cristãos, reconhecemos em Jesus, Luz do mundo. E, como os Magos, cada homem dispõe de dois grandes «livros» donde tirar os sinais para se orientar na peregrinação: o livro da criação e o livro das Sagradas Escrituras. Importante é estar atento, velar, ouvir Deus que nos fala – sempre nos fala. Como diz o Salmo, referindo-se à Lei do Senhor: «A tua palavra é farol para os meus passos e luz para os meus caminhos» (Sal 119/118, 105). E, de modo especial, o ouvir o Evangelho, lê-lo, meditá-lo e fazer dele nosso alimento espiritual permite-nos encontrar Jesus vivo, ter experiência d’Ele e do seu amor.

A primeira leitura faz ressoar, pela boca do profeta Isaías, este apelo de Deus a Jerusalém: «Ergue-te e sê iluminada!» (60, 1). Jerusalém é chamada a ser a cidade da luz, que irradia sobre o mundo a luz de Deus e ajuda os homens a seguirem os seus caminhos. Esta é a vocação e a missão do Povo de Deus no mundo. Mas Jerusalém pode falhar a esta chamada do Senhor. Diz-nos o Evangelho que, chegados a Jerusalém, os Magos deixaram de ver a estrela durante algum tempo. Já não a viam. Em particular, a sua luz está ausente no palácio do rei Herodes: aquela habitação é tenebrosa; lá reinam a escuridão, a desconfiança, o medo, a inveja. Efectivamente Herodes mostra-se apreensivo e preocupado com o nascimento de um frágil Menino, que ele sente como rival. Na realidade, Jesus não veio para derrubar um miserável fantoche como ele, mas o Príncipe deste mundo! Todavia o rei e os seus conselheiros sentem fender-se os suportes do seu poder, temem que sejam invertidas as regras do jogo, desmascaradas as aparências. Todo um mundo construído sobre o domínio, o sucesso, a riqueza, a corrupção é posto em crise por um Menino! E Herodes chega ao ponto de matar os meninos: «Tu matas o corpo das crianças, porque o temor te matou o coração», escreve São Quodvultdeus (Sermão 2 sobre o Símbolo: PL 40, 655). É assim: tinha medo e, com este medo, enlouqueceu.

Os Magos souberam superar aquele perigoso momento de escuridão junto de Herodes, porque acreditaram nas Escrituras, na palavra dos profetas que indicava Belém como o local do nascimento do Messias. Assim escaparam do torpor da noite do mundo, retomaram a estrada para Belém e lá viram de novo a estrela, e o Evangelho diz que sentiram uma «enorme alegria» (Mt 2,10). Precisamente a estrela que não se via na escuridão da mundanidade daquele palácio.

Entre os vários aspectos da luz, que nos guia no caminho da fé, inclui-se também uma santa «astúcia». Também esta é uma virtude: a «astúcia» santa. Trata-se daquela sagacidade espiritual que nos permite reconhecer os perigos e evitá-los. Os Magos souberam usar esta luz feita de «astúcia» quando, no caminho de regresso, decidiram não passar pelo palácio tenebroso de Herodes, mas seguir por outra estrada. Estes sábios vindos do Oriente ensinam-nos o modo de não cair nas ciladas das trevas e defender-nos da obscuridade que teima em envolver a nossa vida. Com esta «astúcia» santa, eles guardaram a fé. Também nós devemos guardar a fé. Guardá-la daquela escuridão, se bem que, muitas vezes, é uma escuridão travestida de luz! Porque às vezes o demónio, diz São Paulo, veste-se de anjo de luz. Daí ser necessária uma santa «astúcia», para guardar a fé, guardá-la do canto das Sereias que te dizem: "Olha! Hoje devemos fazer isto, aquilo…" Mas, a fé é uma graça, é um dom. Compete-nos a nós guardá-la com esta «astúcia» santa, com a oração, com o amor, com a caridade. É preciso acolher no nosso coração a luz de Deus e, ao mesmo tempo, cultivar aquela astúcia espiritual que sabe combinar simplicidade e argúcia, como Jesus pede aos discípulos: «Sede, pois, prudentes como as serpentes e simples como as pombas» (Mt 10, 16).

Na festa da Epifania, em que recordamos a manifestação de Jesus à humanidade no rosto dum Menino, sentimos ao nosso lado os Magos como sábios companheiros de estrada. O seu exemplo ajuda-nos a levantar os olhos para a estrela e seguir os anseios grandes do nosso coração. Ensinam-nos a não nos contentarmos com uma vida medíocre, sem «grandes voos», mas a deixarmo-nos sempre fascinar pelo que é bom, verdadeiro, belo... por Deus, que é tudo isso elevado ao máximo! E ensinam-nos a não nos deixarmos enganar pelas aparências, por aquilo que, aos olhos do mundo, é grande, sábio, poderoso. É preciso não se deter aí. É necessário guardar a fé. Neste tempo, isto é muito importante: guardar a fé. É preciso ir mais além, além da escuridão, além do fascínio das Sereias, além da mundanidade, além de muitas modernidades que existem hoje, ir rumo a Belém, onde, na simplicidade duma casa de periferia, entre uma mãe e um pai cheios de amor e de fé, brilha o Sol nascido do alto, o Rei do universo. Seguindo o exemplo dos Magos, com as nossas pequenas luzes, procuramos a Luz e guardamos a fé. Assim seja!

[00009-06.02] [Texto original: Italiano]

[B0007-XX.02]