PRESENTAZIONE DEL VOLUME IL DIALOGO INTERRELIGIOSO NELL’INSEGNAMENTO UFFICIALE DELLA CHIESA CATTOLICA (1963-2013) ● INTERVENTO DEL CARD. JEAN-LOUIS TAURAN
● INTERVENTO DI P. MIGUEL ÁNGEL AYUSO GUIXOT
Alle ore 11.30 di questa mattina, nell’Aula Giovanni Paolo II della Sala Stampa della Santa Sede, ha luogo la presentazione del volume Il Dialogo Interreligioso nell’insegnamento ufficiale della Chiesa Cattolica (1963 - 2013).
Intervengono: l’Em.mo Card. Jean-Louis Tauran, Presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso; il Rev.mo P. Miguel Ángel Ayuso Guixot, M.C.C.J., Segretario del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso, e S.E. Mons. Francesco Gioia, O.F.M. Cap., Curatore dell’opera.
Pubblichiamo di seguito gli interventi dell’Em.mo Card. Jean-Louis Tauran e del Rev.mo P. Miguel Ángel Ayuso Guixot, nella forma di domande e risposte:
● INTERVENTO DEL CARD. JEAN-LOUIS TAURAN
Prima parte – aspetti generali
Il Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso è lieto di pubblicare la terza edizione del volume sul Magistero Pontificio nel campo del Dialogo Interreligioso dall’inizio del Concilio Vaticano II fino a Benedetto XVI.
È diffusa l’idea che a Benedetto XVI il dialogo interreligioso non stesse molto a cuore. È vera quest’affermazione?
La vera novità del volume consiste proprio nella raccolta ragionata dei testi di Benedetto XVI, sui quali è bene soffermarsi un istante, perché – soltanto sulla base di alcuni dati statistici – si può comprendere quanto sia ingiusta una simile idea.
In sette anni di pontificato, si possono contare ben 188 interventi di Benedetto XVI sul dialogo interreligioso, rispetto ai 591 di Giovanni Paolo II in più di un quarto di secolo. L’attenzione a questo tema è stata costante, anzi crescente, in un pontificato, come nell’altro. Benedetto XVI ha proposto il "dialogo della carità nella verità".
Lo scossone di Ratisbona ha cambiato qualcosa nella relazione col mondo musulmano?
Un anno dopo Ratisbona, 38 saggi musulmani, divenuti poi 138, scrissero al papa, in un documento noto come "A common word between us and you", esponendo i principi dell’islam e auspicando una mutua comprensione, e un rapporto tra islam e cristianesimo fondato sull'amore di Dio e del prossimo, secondo l’insegnamento di Gesù. Frutto di questa lodevole iniziativa fu la creazione di un Forum islamo-cristiano, che dura ancora oggi.
Per quanto riguarda la libertà religiosa, qual è stato il contributo di Benedetto XVI?
Come i suoi predecessori, Benedetto XVI ha affermato che la libertà religiosa è un diritto sacro e inalienabile, e non ha perso occasione per sostenerla.
Convinto che negare o limitare in maniera arbitraria la libertà religiosa significhi coltivare una visione riduttiva della persona umana e rendere impossibile l’affermazione di una pace autentica e duratura di tutta la famiglia umana (Messaggio per la Giornata Mondiale per la Pace, 1° Gennaio 2011, n.1.4.), Benedetto XVI ha individuato nel processo di globalizzazione mondiale, tuttora in corso, un’occasione propizia per promuovere relazioni di universale fraternità tra gli uomini.
Tornando al volume che avete pubblicato, che cos’altro contiene di particolare?
Come si è detto, si tratta, fondamentalmente, di una raccolta di brani conciliari, di encicliche, esortazioni apostoliche, e discorsi dei pontefici, da Giovanni XXIII a Benedetto XVI. Vi sono poi alcuni documenti di Dicasteri della Curia Romana, riguardanti il dialogo interreligioso. In totale, si tratta di 909 documenti, di cui 7 testi conciliari, 2 di Giovanni XXIII, 97 di Paolo VI, 2 di Giovanni Paolo I, 591 di Giovanni Paolo II, 188 di Benedetto XVI, 15 della Curia Romana, 3 testi legislativi, e 4 della Commissione Teologica Internazionale.
Chi ne ha curato l’edizione?
S.E. Mons. Francesco Gioia, OFM Cap., che ha curato anche le precedenti edizioni, lo ha fatto con certosina pazienza anche stavolta, coadiuvato fattivamente dagli Officiali del Dicastero.
Quale fine ha questo lavoro? Era veramente necessario oggi che si può accedere on-line a ogni genere d’informazioni?
Il vantaggio di un volume cartaceo, anche se corposo, perché conta 2100 pagine, è quello di offrire un accesso agevole al metodo e ai fondamenti teologici del dialogo interreligioso insegnato e praticato nel Magistero della Chiesa cattolica.
I tre indici, analitico, geografico e generale, consentono in pochi minuti di reperire i contenuti più interessanti, e poi magari di andare a cercare i testi in formato elettronico su internet. Penso, in particolare, proprio a voi giornalisti, ma anche agli studenti e ai docenti delle facoltà teologiche, agli incaricati diocesani per il dialogo interreligioso, e a chi lavora nel campo della formazione teologica e pastorale ad ogni livello.
Avete già pensato a un’edizione digitale?
Non si deve dimenticare poi che il divario digitale non è ancora del tutto superato, e inoltre vi sono molti che preferiscono ancora la carta stampata al computer, pur possedendo adeguate attrezzature elettroniche. Ci si stanca di meno e, forse si memorizza più facilmente. Questo si vedrà nei prossimi anni, perché quello degli e-book è un fenomeno troppo recente per dare valutazioni. Non è escluso, in ogni caso, che se ne possa realizzare un’edizione digitale.
Il volume si rivolge solo ai cattolici, visto che presenta l’insegnamento ufficiale della Chiesa?
No, lo scopo è anche quello di presentare direttamente ai seguaci di altre religioni il pensiero ufficiale della Chiesa, secondo lo spirito della Nostra aetate, che esorta «per mezzo del dialogo e la collaborazione con i seguaci delle altre religioni, a rendere testimonianza alla fede e alla vita cristiana, e a riconoscere, conservare e far progredire i beni spirituali e morali e i valori socio-culturali che si trovano in essi» (cfr NA n. 2).
Avete preso in considerazione anche il dialogo ecumenico e le relazioni con gli ebrei?
La scelta dei testi rispetta le competenze del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso, tralasciando, pertanto, sia il dialogo con gli ebrei, che è di competenza della Commissione per i Rapporti religiosi con l’Ebraismo costituita in seno al Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, sia il dialogo ecumenico, ossia l’aspetto delle relazioni con le altre Chiese e comunità ecclesiali, delle quali si occupa lo stesso Consiglio per l’Unità.
[01668-01.02] [Testo originale: Italiano]
● INTERVENTO DI P. MIGUEL ÁNGEL AYUSO GUIXOT
Seconda parte – uno sguardo ai contenuti specifici
Ci può aiutare a farci un’idea dei contenuti del volume?
Per comprendere il cammino percorso in quest’ultimo mezzo secolo, è utile rievocare telegraficamente quello che gli ultimi sei Papi hanno affermato nel loro Magistero sul dialogo con i seguaci delle altre religioni.
Si può cominciare da Giovanni XXIII, che nel Discorso di apertura del Concilio Vaticano II (11 ottobre 1962) invitò a promuovere l’unità basata sulla stima e il rispetto che coloro che seguono le diverse forme di religione non ancora cristiane nutrono verso la Chiesa cattolica, e non solo l’unità nella famiglia cristiana e umana, l’unità dei cattolici, l’unità con i cristiani non ancora in piena comunione (Gaudet Mater Ecclesia, § 8.2). Anche nell’Enciclica Pacem in Terris (11 aprile 1963), Giovanni XXIII metteva in guardia: «Non si dovrà confondere l’errore con l’errante, anche quando si tratta di errore o di conoscenza inadeguata della verità in campo morale o religioso. L’errante è sempre e anzitutto un essere umano e conserva, perciò, la sua dignità di persona; va sempre considerato e trattato come si conviene a tanta dignità» (n. 83).
Paolo VI, nell’ Ecclesiam Suam (6 agosto 1964), espresse la profonda convinzione che «la Chiesa deve venire a dialogo col mondo in cui si trova a vivere; la Chiesa si fa parola; la Chiesa si fa messaggio; la Chiesa si fa colloquio» (n. 67).
Giovanni Paolo I, pur nella brevità dei suoi 33 giorni di pontificato, si è incamminato sulla strada tracciata dal suo Predecessore, «chiamando tutti alla collaborazione per fare argine, all’interno delle nazioni, alla violenza cieca e, nella vita internazionale, promuovere l’elevazione dei popoli meno favoriti».
Giovanni Paolo II sviluppò la "cultura del dialogo". Sarebbe impossibile elencare qui tutti gli incontri che hanno costellato il suo pontificato. Mi piace ricordare quando, nel 1986, ad Assisi incontrò i seguaci di tutte le religioni del mondo per una Giornata di Preghiera. O quando, nel 2002, dopo i drammatici avvenimenti di New York e Washington dell’11 settembre 2001 e le loro tragiche conseguenze nel Medio e Vicino Oriente, propose un Decalogo per la pace ai Capi di Stato e ai Rappresentanti dei Governi di tutto il mondo.
Nel 50° dell’apertura del Concilio, Benedetto XVI ha ribadito che, per trovare l’autentico spirito del Vaticano II, si deve ritornare alla sua "lettera", cioè ai suoi testi. Ad illustrare l’apertura della Chiesa vi sono, soprattutto, le due Dichiarazioni: Nostra Aetate (28 ottobre 1965) e Dignitatis Humanae (6 dicembre 1965). Nella prima, ormai considerata "la Magna Charta del dialogo", vi è il riconoscimento del bene presente in tutte le tradizioni religiose. La seconda insiste sulla libertà, propria di ogni uomo, di seguire la propria coscienza in ambito religioso.
In cinquant’anni sono stati compiuti passi significativi verso le tappe indicate dal Concilio Vaticano II e dagli ultimi cinque papi, passi documentati in questo volume.
Quali sono gli aspetti salienti del dialogo secondo Benedetto XVI?
Il frutto maturo del suo pontificato si coglie alla fine. Nel suo ultimo Natale vissuto da papa, in occasione degli auguri natalizi alla Curia romana, egli ha colpito tutti con l’affermazione che «non siamo noi a possedere la verità, ma è essa a possedere noi: Cristo, che è la Verità, ci ha presi per mano, e sulla via della nostra ricerca appassionata di conoscenza sappiamo che la sua mano ci tiene saldamente. L’essere interiormente sostenuti dalla mano di Cristo ci rende liberi e al tempo stesso sicuri. Liberi: se siamo sostenuti da Lui, possiamo entrare in qualsiasi dialogo apertamente e senza paura. Sicuri, perché Egli non ci lascia, se non siamo noi stessi a staccarci da Lui. Uniti a Lui, siamo nella luce della verità» (Presentazione degli auguri natalizi della Curia romana, 21 dicembre 2012). Nel cammino del dialogo, è Cristo stesso che ci garantisce la libertà e la sicurezza che ci sono necessarie.
D’altronde, all’inizio del Pontificato, egli si è posto subito sul solco del magistero di papa Wojtyła, dicendo che "la Chiesa vuole continuare a costruire ponti di amicizia con i seguaci di tutte le religioni, al fine di ricercare il bene autentico di ogni persona e della società nel suo insieme" (Ai Delegati delle altre religioni, 25 aprile 2005). E poi, nella Verbum Domini (30 settembre 2010): «La Chiesa riconosce come parte essenziale dell’annuncio della Parola l’incontro, il dialogo e la collaborazione con tutti gli uomini di buona volontà, in particolare con le persone appartenenti alle diverse tradizioni religiose dell’umanità, evitando forme di sincretismo e di relativismo e seguendo le linee indicate dalla Dichiarazione del Concilio Vaticano II Nostra aetate, sviluppate dal Magistero successivo dei Sommi Pontefici" (NA, n. 117)».
E Papa Francesco? In quale direzione si muove il dialogo interreligioso?
Il cammino è ancora lungo, ma con papa Francesco esso continua con il "dialogo dell’amicizia". In pochi mesi, Papa Francesco ha già tenuto numerosi incontri con rappresentanti di altre religioni e speso molte parole sul dialogo interreligioso.
Ad esempio, rivolgendosi all’inizio del Suo Pontificato ai Rappresentanti delle chiese e delle comunità ecclesiali e di altre religioni, egli ha ricordato e ripetuto che "La Chiesa cattolica è consapevole dell’importanza che ha la promozione dell’amicizia e del rispetto tra uomini e donne di diverse tradizioni religiose (Ai Rappresentanti delle chiese e delle comunità ecclesiali e di altre religioni, 20 marzo 2013). Vorrei anche ricordare che quest’anno è stato lui stesso a firmare il messaggio annuale di auguri alla comunità musulmana per la festa della fine del Ramadan.
Un’ultima curiosità. Il volume riporta una dedica un po’ speciale.
Sì, il Card. Jean-Louis Tauran ha compiuto settant’anni lo scorso 5 aprile e gli Officiali del nostro Dicastero hanno pensato bene di dedicare a lui la terza edizione di questo volume in segno di affetto verso la sua persona e di stima per il suo stupendo operato in questo campo d’azione così delicato e importante per il futuro della chiesa e del mondo.
[01669-01.02] [Testo originale: Italiano]
[B0740-XX.01]