Sala Stampa

www.vatican.va

Sala Stampa Back Top Print Pdf
Sala Stampa


SANTA MESSA PER LA "GIORNATA DEI SEMINARISTI, NOVIZI, NOVIZIE E DI QUANTI SONO IN CAMMINO VOCAZIONALE", IN OCCASIONE DELL’ANNO DELLA FEDE, 07.07.2013


SANTA MESSA PER LA "GIORNATA DEI SEMINARISTI, NOVIZI, NOVIZIE E DI QUANTI SONO IN CAMMINO VOCAZIONALE", IN OCCASIONE DELL’ANNO DELLA FEDE

OMELIA DEL SANTO PADRE

TRADUZIONE IN LINGUA FRANCESE  

TRADUZIONE IN LINGUA INGLESE  

TRADUZIONE IN LINGUA TEDESCA

TRADUZIONE IN LINGUA SPAGNOLA  

TRADUZIONE IN LINGUA PORTOGHESE  

TRADUZIONE IN LINGUA POLACCA  

Alle ore 9.30 di oggi, XIV Domenica del Tempo Ordinario, nella Basilica Vaticana, il Santo Padre Francesco ha celebrato la Santa Messa per la "Giornata dei Seminaristi, Novizi, Novizie e di quanti sono in cammino vocazionale", in occasione dell’Anno della fede.

Pubblichiamo di seguito il testo dell’omelia che il Papa ha pronunciato dopo la lettura del Santo Vangelo:

OMELIA DEL SANTO PADRE  

Cari fratelli e sorelle,

già ieri ho avuto la gioia di incontrarvi, e oggi la nostra festa è ancora più grande perché ci ritroviamo per l’Eucaristia, nel giorno del Signore. Voi siete seminaristi, novizi e novizie, giovani in cammino vocazionale, provenienti da ogni parte del mondo: rappresentate la giovinezza della Chiesa! Se la Chiesa è la Sposa di Cristo, in un certo senso voi ne raffigurate il momento del fidanzamento, la primavera della vocazione, la stagione della scoperta, della verifica, della formazione. Ed è una stagione molto bella, in cui si gettano le basi per il futuro. Grazie di essere venuti!

Oggi la Parola di Dio ci parla della missione. Da dove nasce la missione? La risposta è semplice: nasce da una chiamata, quella del Signore e chi è chiamato da Lui lo è per essere inviato. Quale dev’essere lo stile dell’inviato? Quali sono i punti di riferimento della missione cristiana? Le Letture che abbiamo ascoltato ce ne suggeriscono tre: la gioia della consolazione, la croce e la preghiera.

1. Il primo elemento: la gioia della consolazione. Il profeta Isaia si rivolge a un popolo che ha attraversato il periodo oscuro dell’esilio, ha subito una prova molto dura; ma ora per Gerusalemme è venuto il tempo della consolazione; la tristezza e la paura devono fare posto alla gioia: «Rallegratevi… esultate… sfavillate di gioia» - dice il Profeta (66,10). È un grande invito alla gioia. Perché? Qual è il motivo di questo invito alla gioia? Perché il Signore effonderà sulla Città santa e sui suoi abitanti una "cascata" di consolazione, una cascata di consolazione - così pieni di consolazione -, una cascata di tenerezza materna: «Sarete portati in braccio e sulle ginocchia sarete accarezzati» (v. 12). Quando la mamma prende il bambino sulle ginocchia e la accarezza; così il Signore farà con noi e fa con noi. Questa è la cascata di tenerezza che ci dà tanta consolazione. «Come una madre consola un figlio, così io vi consolerò» ( v. 13). Ogni cristiano e soprattutto noi, siamo chiamati a portare questo messaggio di speranza che dona serenità e gioia: la consolazione di Dio, la sua tenerezza verso tutti. Ma ne possiamo essere portatori se sperimentiamo noi per primi la gioia di essere consolati da Lui, di essere amati da Lui. Questo è importante perché la nostra missione sia feconda: sentire la consolazione di Dio e trasmetterla! Io ho trovato alcune volte persone consacrate che hanno paura della consolazione di Dio, e… poveri, povere, si tormentano, perché hanno paura di questa tenerezza di Dio. Ma non abbiate paura. Non abbiate paura, il Signore è il Signore della consolazione, il Signore della tenerezza. Il Signore è padre e Lui dice che farà con noi come una mamma con il suo bambino, con la sua tenerezza. Non abbiate paura della consolazione del Signore. L’invito di Isaia deve risuonare nel nostro cuore: «Consolate, consolate il mio popolo» (40,1) e questo diventare missione. Noi, trovare il Signore che ci consola e andare a consolare il popolo di Dio. Questa è la missione. La gente oggi ha bisogno certamente di parole, ma soprattutto ha bisogno che noi testimoniamo la misericordia, la tenerezza del Signore, che scalda il cuore, che risveglia la speranza, che attira verso il bene. La gioia di portare la consolazione di Dio!

2. Il secondo punto di riferimento della missione è la croce di Cristo. San Paolo, scrivendo ai Galati, afferma: «Quanto a me non ci sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo» (6,14). E parla di «stigmate», cioè delle piaghe di Gesù Crocifisso, come del contrassegno, del marchio distintivo della sua esistenza di Apostolo del Vangelo. Nel suo ministero Paolo ha sperimentato la sofferenza, la debolezza e la sconfitta, ma anche la gioia e la consolazione. Questo è il mistero pasquale di Gesù: mistero di morte e di risurrezione. Ed è proprio l’essersi lasciato conformare alla morte di Gesù che ha fatto partecipare san Paolo alla sua risurrezione, alla sua vittoria. Nell’ora del buio, nell’ora della prova è già presente e operante l’alba della luce e della salvezza. Il mistero pasquale è il cuore palpitante della missione della Chiesa! E se rimaniamo dentro questo mistero noi siamo al riparo sia da una visione mondana e trionfalistica della missione, sia dallo scoraggiamento che può nascere di fronte alle prove e agli insuccessi. La fecondità pastorale, la fecondità dell’annuncio del Vangelo non è data né dal successo, né dall’insuccesso secondo criteri di valutazione umana, ma dal conformarsi alla logica della Croce di Gesù, che è la logica dell’uscire da se stessi e donarsi, la logica dell’amore. È la Croce - sempre la Croce con Cristo, perché a volte ci offrono la croce senza Cristo: questa non va! – E’ la Croce, sempre la Croce con Cristo che garantisce la fecondità della nostra missione. Ed è dalla Croce, supremo atto di misericordia e di amore, che si rinasce come «nuova creatura» (Gal 6,15).

3. Infine il terzo elemento: la preghiera. Nel Vangelo abbiamo ascoltato: «Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe» (Lc 10,2). Gli operai per la messe non sono scelti attraverso campagne pubblicitarie o appelli al servizio della generosità, ma sono «scelti» e «mandati» da Dio. E’ Lui che sceglie, è Lui che manda, è Lui che manda, è Lui che dà la missione. Per questo è importante la preghiera. La Chiesa, ci ha ripetuto Benedetto XVI, non è nostra, ma è di Dio; e quante volte noi, i consacrati, pensiamo che sia nostra! Facciamo di lei… qualcosa che ci viene in mente. Ma non è nostra, è di Dio. il campo da coltivare è suo. La missione allora è soprattutto grazia. La missione è grazia. E se l’apostolo è frutto della preghiera, in essa troverà la luce e la forza della sua azione. La nostra missione, infatti, non è feconda, anzi si spegne nel momento stesso in cui si interrompe il collegamento con la sorgente, con il Signore.

Cari seminaristi, care novizie e cari novizi, cari giovani in cammino vocazionale. Uno di voi, uno dei vostri formatori, mi diceva l’altro giorno: évangéliser on le fait à genoux, l’evangelizzazione si fa in ginocchio. Sentite bene: "l’evangelizzazione si fa in ginocchio". Siate sempre uomini e donne di preghiera. Senza il rapporto costante con Dio la missione diventa mestiere. Ma da che lavori tu? Da sarto, da cuoca, da prete, lavori da prete, lavori da suora? No. Non è un mestiere, è un’altra cosa. Il rischio dell’attivismo, di confidare troppo nelle strutture, è sempre in agguato. Se guardiamo a Gesù, vediamo che alla vigilia di ogni decisione o avvenimento importante, si raccoglieva in preghiera intensa e prolungata. Coltiviamo la dimensione contemplativa, anche nel vortice degli impegni più urgenti e pesanti. E più la missione vi chiama ad andare verso le periferie esistenziali, più il vostro cuore sia unito a quello di Cristo, pieno di misericordia e di amore. Qui sta il segreto della fecondità pastorale, della fecondità di un discepolo del Signore!

Gesù manda i suoi senza «borsa, né sacca, né sandali» (Lc 10,4). La diffusione del Vangelo non è assicurata né dal numero delle persone, né dal prestigio dell’istituzione, né dalla quantità di risorse disponibili. Quello che conta è essere permeati dall’amore di Cristo, lasciarsi condurre dallo Spirito Santo, e innestare la propria vita nell’albero della vita, che è la Croce del Signore.

Cari amici e amiche, con grande fiducia vi affido all’intercessione di Maria Santissima. Lei è la Madre che ci aiuta a prendere le decisioni definitive con libertà, senza paura. Lei vi aiuti a testimoniare la gioia della consolazione di Dio, senza avere paura della gioia; Lei vi aiuti a conformarvi alla logica di amore della Croce e a crescere in un’unione sempre più intensa con il Signore nella preghiera. Così la vostra vita sarà ricca e feconda!

[01025-01.01] [Testo originale: Italiano]

TRADUZIONE IN LINGUA FRANCESE  

Chers frères et sœurs,

Hier déjà j’ai eu la joie de vous rencontrer, et aujourd’hui notre fête est plus grande encore parce que nous nous retrouvons pour l’Eucharistie, en ce jour du Seigneur. Vous êtes séminaristes, novices, jeunes en cheminement vocationnel, venant de toutes les parties du monde : vous représentez la jeunesse de l’Eglise ! Si l’Eglise est l’Epouse du Christ, en un certain sens vous représentez le moment des fiançailles, le printemps de la vocation, la saison de la découverte, de la vérification, de la formation. Et c’est une très belle saison dans laquelle sont jetées les bases pour l’avenir. Merci d’être venus.

Aujourd’hui la Parole de Dieu nous parle de la mission. D’où nait la mission ? La réponse est simple : elle nait d’un appel, l’appel du Seigneur ; et celui qui est appelé par Lui, l’est pour être envoyé. Quelle doit être la manière d’être de celui qui est envoyé ?Quels sont les points de repère de la mission chrétienne ? Les lectures que nous avons écoutées nous en suggèrent trois : la joie de la consolation, la croix et la prière.

1. Le premier élément : la joie de la consolation. Le prophète Isaïe s’adresse à un peuple qui a traversé la période sombre de l’exil, qui a subi une épreuve très dure ; mais maintenant est venu pour Jérusalem le temps de la consolation, la tristesse et la peur doivent céder la place à la joie : « Réjouissez-vous…exultez…soyez pleins d’allégresse »  dit le Prophète (66, 10). C’est une grande invitation à la joie. Pourquoi ? Quel est la raison de cette invitation à la joie ? Parce que le Seigneur répandra sur la Cité sainte et ses habitants un « torrent » de consolations, un torrent de consolations – tout rempli de consolations-, un torrent de tendresse maternelle : « Vous serez portés dans les bras et caressés sur les genoux. » (v. 12). Quand la maman prend son enfant sur les genoux et le caresse ; le Seigneur fera ainsi avec nous et le fait avec nous. C’est cela ce torrent de tendresse qui nous donne tant de consolations. « De même qu’une mère console son enfant, moi-même je vous consolerai » (v. 13). Tout chrétien, et nous-mêmes surtout, est appelé à porter ce message d’espérance qui donne sérénité et joie : la consolation de Dieu, sa tendresse envers tous. Mais nous ne pouvons pas en être porteur si nous n’expérimentons pas nous-mêmes en premier la joie d’être consolés par Lui, d’être aimés de Lui. Cela est important pour que notre mission soit féconde : vivre la consolation de Dieu et la transmettre ! J’ai rencontré quelquefois des personnes consacrées qui ont peur de la consolation de Dieu, et… les pauvres, ils se tourmentent, parce qu’ils ont peur de cette tendresse de Dieu. Mais n’ayez pas peur. N’ayez pas peur, le Seigneur est le Seigneur de la consolation, le Seigneur de la tendresse. Le Seigneur est père et Lui, il dit qu’il fera avec nous comme une maman avec son enfant, avec sa tendresse. N’ayez pas peur de la consolation du Seigneur. L’invitation d’Isaïe doit résonner dans notre cœur : « Consolez, consolez mon peuple » (40, 1) et cela doit devenir une mission. Nous, il nous faut trouver le Seigneur qui nous console et aller consoler le Peuple de Dieu. Cela est la mission. Les gens aujourd’hui ont besoin, certainement, de paroles, mais ils ont besoin surtout que nous témoignions la miséricorde, la tendresse du Seigneur qui réchauffe le cœur, qui réveille l’espérance, qui attire vers le bien. La joie de porter la consolation de Dieu.

2. Le second point de repère de la mission est la croix du Christ. Saint Paul, écrivant aux galates, affirme : « pour moi, que la croix de Notre Seigneur Jésus-Christ reste mon seul orgueil » (6, 14). Il parle des « stigmates », c'est-à-dire des plaies de Jésus Crucifié, comme du signe, de la marque distinctive de son être d’Apôtre de l’Evangile. Dans son ministère, Paul a expérimenté la souffrance, la faiblesse et l’échec, mais aussi la joie et la consolation. C’est le mystère pascal de Jésus : mystère de mort et de résurrection. Et c’est parce qu’il s’est laissé configurer à la mort de Jésus que Paul à participé à sa résurrection, à sa victoire. À l’heure de l’obscurité, à l’heure de l’épreuve est déjà présente et agissante l’aube de la lumière et du salut. Le mystère pascal est le cœur palpitant de la mission de l’Eglise ! Et si nous demeurons dans ce mystère, nous sommes à l’abri, aussi bien d’une vision mondaine et triomphaliste de la mission, que du découragement qui peut naître devant les épreuves et les échecs. La fécondité pastorale, la fécondité de l’annonce de l’Evangile n’est donnée ni par le succès, ni par l’insuccès évalués selon des critères humains, mais par la conformité avec la logique de la Croix de Jésus, qui est la logique du sortir de soi-même pour se donner, la logique de l’amour. C’est la Croix - toujours la Croix avec le Christ, parce que parfois on nous offre la croix sans le Christ : cela ne va pas ! – C’est la Croix, toujours la Croix avec le Christ qui assure la fécondité de notre mission. Et c’est de la Croix, acte suprême de miséricorde et d’amour, que l’on renaît comme « créature nouvelle » (Ga 6, 15).

3. Enfin, le troisième élément : la prière. Dans l’Evangile nous avons entendu : « priez donc le maître de la moisson d’envoyer des ouvriers pour sa moisson » (Lc 10, 2). Les ouvriers pour la moisson ne sont pas choisis par campagne publicitaire ou appel au service de la générosité, mais ils sont « choisis » et « envoyés » par Dieu. C’est Lui qui choisit, c’est Lui qui envoie, c’est Lui qui envoie, c’est Lui qui donne la mission. Pour cette raison, la prière est importante. L’Eglise, nous a répété Benoît XVI, n’est pas nôtre, mais elle est de Dieu ; et tant de fois, nous, les consacrés, nous pensons qu’elle est nôtre ! Nous faisons d’elle… quelque chose qui nous vient à l’esprit. Mais elle n’est pas nôtre, elle est de Dieu. Le champ à cultiver est le sien. En conséquence, la mission est essentiellement grâce. La mission est grâce. Et si l’apôtre est le fruit de la prière, il trouvera en elle la lumière et la force de son action. Notre mission, en effet, n’est plus féconde, ou plutôt s’éteint, au moment même où est interrompue la relation avec la source, avec le Seigneur.

Chers séminaristes, chers novices, chers jeunes en cheminement vocationnel. L’un de vous, un de vos formateurs, me disait l’autre jour : évangéliser, on fait à genoux « l’évangélisation se fait à genoux ». Soyez toujours des hommes et des femmes de prière. Sans un rapport constant avec Dieu la mission devient un métier. Mais quel travail fais-tu ? couturier, cuisinière, prêtre ; tu travailles comme prêtre, tu travailles comme sœur ? Non. Ce n’est pas un métier, c’est autre chose. Le risque de l’activisme, d’une trop grande confiance dans les structures, est toujours un piège. Si nous regardons Jésus, nous voyons qu’à la veille de chaque décision ou évènement important, il se recueillait dans une prière intense et prolongée. Cultivons la dimension contemplative, y compris dans le tourbillon des engagements les plus urgents et pesants . Et plus la mission vous appelle à aller vers les périphéries existentielles, plus votre cœur doit être uni à celui du Christ, plein de miséricorde et d’amour. Là se trouve le secret de la fécondité pastorale, de la fécondité d’un disciple du Seigneur !

Jésus envoie les siens sans « argent, ni sac, ni sandales » (Lc 10, 4). La diffusion de l’Evangile n’est assurée ni par le nombre de personnes, ni par le prestige de l’institution, ni par la quantité des ressources disponibles. Ce qui compte, c’est d’être imprégné de l’amour du Christ, se laisser conduire par le Saint Esprit et greffer sa propre vie sur l’arbre de vie, qui est la Croix du Seigneur.

Chers amis, avec grande confiance je vous confie à l’intercession de Marie Très Sainte. Elle est la Mère qui nous aide à prendre librement les décisions définitives, sans peur. Qu’Elle vous aide à témoigner de la joie de la consolation de Dieu, sans avoir peur de la joie ; qu’elle vous aide à vous conformer à la logique de l’amour de la Croix, à croître dans l’union toujours plus intime avec le Seigneur dans la prière. Ainsi votre vie sera riche et féconde !

[01025-03.01] [Texte original: Italien]

TRADUZIONE IN LINGUA INGLESE  

Dear Brothers and Sisters,

Yesterday I had the pleasure of meeting you, and today our joy is even greater, because we have gathered for the Eucharist on the Lord’s Day. You are seminarians, novices, young people on a vocational journey, from every part of the world. You represent the Church’s youth! If the Church is the Bride of Christ, you in a certain sense represent the moment of betrothal, the Spring of vocation, the season of discovery, assessment, formation. And it is a very beautiful season, in which foundations are laid for the future. Thank you for coming!

Today the word of God speaks to us of mission. Where does mission originate? The answer is simple: it originates from a call, the Lord’s call, and when he calls people, he does so with a view to sending them out. How is the one sent out meant to live? What are the reference points of Christian mission? The readings we have heard suggest three: the joy of consolation, the Cross and prayer.

1. The first element: the joy of consolation. The prophet Isaiah is addressing a people that has been through a dark period of exile, a very difficult trial. But now the time of consolation has come for Jerusalem; sadness and fear must give way to joy: "Rejoice ... be glad ... rejoice with her in joy," says the prophet (66:10). It is a great invitation to joy. Why? What is the reason for this invitation to joy? Because the Lord is going to pour out over the Holy City and its inhabitants a "cascade" of consolation, a veritable overflow of consolation – such that it will be overcome – a cascade of maternal tenderness: "You shall be carried upon her hip and dandled upon her knees" (vv. 12). As when a mother takes her child upon her knee and caresses him or her: so the Lord will do and does with us. This is the cascade of tenderness which gives us much consolation. "As one whom his mother comforts, so I will comfort you" (v. 13). Every Christian, and especially you and I, is called to be a bearer of this message of hope that gives serenity and joy: God’s consolation, his tenderness towards all. But if we first experience the joy of being consoled by him, of being loved by him, then we can bring that joy to others. This is important if our mission is to be fruitful: to feel God’s consolation and to pass it on to others! I have occasionally met consecrated persons who are afraid of the consolations of God, and … the poor things, they were tormented, because they are of this divine tenderness. But be not afraid. Do not be afraid, because the Lord is the Lord of consolation, he is the Lord of tenderness. The Lord is a Father and he says that he will be for us like a mother with her baby, with a mother’s tenderness. Do not be afraid of the consolations of the Lord. Isaiah’s invitation must resound in our hearts: "Comfort, comfort my people" (40:1) and this must lead to mission. We must find the Lord who consoles us and go to console the people of God. This is the mission. People today certainly need words, but most of all they need us to bear witness to the mercy and tenderness of the Lord, which warms the heart, rekindles hope, and attracts people towards the good. What a joy it is to bring God’s consolation to others!

2. The second reference point of mission is the Cross of Christ. Saint Paul, writing to the Galatians, says: "Far be it from me to glory except in the Cross of our Lord Jesus Christ" (6:14). And he speaks of the "marks of Jesus", that is, the wounds of the crucified Lord, as a countersign, as the distinctive mark of his life as an Apostle of the Gospel. In his ministry Paul experienced suffering, weakness and defeat, but also joy and consolation. This is the Paschal mystery of Jesus: the mystery of death and resurrection. And it was precisely by letting himself be conformed to the death of Jesus that Saint Paul became a sharer in his resurrection, in his victory. In the hour of darkness, in the hour of trial, the dawn of light and salvation is already present and operative. The Paschal mystery is the beating heart of the Church’s mission! And if we remain within this mystery, we are sheltered both from a worldly and triumphalistic view of mission and from the discouragement that can result from trials and failures. Pastoral fruitfulness, the fruitfulness of the Gospel proclamation is measured neither by success nor by failure according to the criteria of human evaluation, but by becoming conformed to the logic of the Cross of Jesus, which is the logic of stepping outside oneself and spending oneself, the logic of love. It is the Cross – always the Cross that is present with Christ, because at times we are offered the Cross without Christ: this has not purpose! – it is the Cross, and always the Cross with Christ, which guarantees the fruitfulness of our mission. And it is from the Cross, the supreme act of mercy and love, that we are reborn as a "new creation" (Gal 6:15).

3. Finally the third element: prayer. In the Gospel we heard: "Pray therefore the Lord of the harvest, to send out labourers into his harvest" (Lk 10:2). The labourers for the harvest are not chosen through advertising campaigns or appeals of service and generosity, but they are "chosen" and "sent" by God. It is he who chooses, it is he who sends, it is Lord who sends, it is he who gives the mission. For this, prayer is important. The Church, as Benedict XVI has often reiterated, is not ours, but God’s; and how many times do we, consecrated men and women, think that the Church is ours! We make of it… something that we invent in our minds. But it is not ours!, it is God’s. The field to be cultivated is his. The mission is grace. And if the Apostle is born of prayer, he finds in prayer the light and strength of his action. Our mission ceases to bear fruit, indeed, it is extinguished the moment the link with its source, with the Lord, is interrupted.

Dear seminarians, dear novices, dear young people discerning your vocations. One of you, one of your formators, said to me the other days, "evangeliser, on le fait à genoux" "evangelization is done on one’s knees". Listen well: "evangelization is done on one’s knees". Without a constant relationship with God, the mission becomes a job. But for what do you work? As a tailor, a cook a priest, is your job being a priest, being a sister? No. It is not a job, but rather something else. The risk of activism, of relying too much on structures, is an ever-present danger. If we look towards Jesus, we see that prior to any important decision or event he recollected himself in intense and prolonged prayer. Let us cultivate the contemplative dimension, even amid the whirlwind of more urgent and heavy duties. And the more the mission calls you to go out to the margins of existence, let your heart be the more closely united to Christ’s heart, full of mercy and love. Herein lies the secret of pastoral fruitfulness, of the fruitfulness of a disciple of the Lord!

Jesus sends his followers out with no "purse, no bag, no sandals" (Lk 10:4). The spread of the Gospel is not guaranteed either by the number of persons, or by the prestige of the institution, or by the quantity of available resources. What counts is to be permeated by the love of Christ, to let oneself be led by the Holy Spirit and to graft one’s own life onto the tree of life, which is the Lord’s Cross.

Dear friends, with great confidence I entrust you to the intercession of Mary Most Holy. She is the Mother who helps us to take life decisions freely and without fear. May she help you to bear witness to the joy of God’s consolation, without being afraid of joy, she will help you to conform yourselves to the logic of love of the Cross, to grow in ever deeper union with the Lord in prayer. Then your lives will be rich and fruitful! Amen.

[01025-02.01] [Original text: Italian]

TRADUZIONE IN LINGUA TEDESCA  

Liebe Brüder und Schwestern,

schon gestern hatte ich die Freude, euch zu begegnen, und heute ist unser Fest noch größer, denn wir treffen uns am Tag des Herrn zur Eucharistiefeier wieder. Ihr seid Seminaristen, Novizen und Novizinnen, junge Menschen auf dem Berufungsweg aus allen Teilen der Erde: Ihr steht für die Jugend der Kirche! Wenn die Kirche die Braut Christi ist, dann stellt ihr in gewissem Sinn die Phase der Verlobung dar, den Frühling der Berufung, die Zeit der Entdeckung, der Überprüfung, der Formung. Und es ist eine sehr schöne Zeit, in der die Fundamente für die Zukunft gelegt werden. Danke, dass ihr gekommen seid!

Heute spricht uns das Wort Gottes von der Sendung. Woher kommt die Sendung? Die Antwort ist einfach: Sie geht aus einer Berufung hervor, aus dem Ruf des Herrn, und wen er ruft, den ruft er, um ihn auszusenden. Wie muss der Stil des Gesendeten sein? Welche sind die Bezugspunkte der christlichen Sendung? Die Lesungen, die wir gehört haben, stellen uns drei davon vor: die Freude des Trostes, das Kreuz und das Gebet.

1. Das erste Element: die Freude des Trostes. Der Prophet Jesaja wendet sich an ein Volk, das die dunkle Zeit des Exils durchgemacht und eine sehr harte Prüfung durchlitten hat. Jetzt aber ist für Jerusalem die Zeit des Trostes gekommen; Traurigkeit und Angst müssen der Freude weichen: „Freut euch … jubelt … seid fröhlich", sagt der Prophet (66,10). Es ist eine große Einladung zur Freude. Warum? Was ist der Grund dieser Einladung zur Freude? Der Herr wird über die Heilige Stadt und ihre Bewohner einen „Strom" des Trostes ausgießen, einen Strom des Trostes – so voll des Trostes – einen Strom der mütterlich-zärtlichen Liebe: „Ihre Kinder wird man auf den Armen tragen und auf den Knien schaukeln (V. 12). Wenn die Mutter ihr Kind auf die Knie nimmt und liebkost – so wird es der Herr mit uns tun und tut es. Das ist der Strom der zärtlichen Liebe, die uns großen Trost schenkt. „Wie eine Mutter ihren Sohn tröstet, so tröste ich euch" (V. 13). Jeder Christ und vor allem wir sind gerufen, diese Botschaft der Hoffnung zu bringen, die Unbeschwertheit und Freude schenkt: den Trost Gottes, seine zärtliche Liebe zu allen. Diese Botschaft aber können wir vermitteln, wenn zuerst wir selbst die Erfahrung machen, von ihm getröstet, von ihm geliebt zu sein. Das ist wichtig, damit unsere Sendung fruchtbar ist: den Trost Gottes spüren und weitergeben! Ich habe manchmal Personen des geweihten Lebens angetroffen, die vor dem Trost Gottes Angst haben und … arme Menschen – sich damit quälen, weil sie vor dieser zärtlichen Liebe Gottes Angst haben. Aber habt keine Angst. Habt keine Angst, der Herr ist der Herr des Trostes, der Herr der zärtlichen Liebe. Der Herr ist ein Vater und sagt, dass er an uns tut wie eine Mutter mit ihrem Kind in ihrer zärtlichen Liebe. Habt keine Angst vor dem Trost des Herrn. Die Aufforderung Jesajas „Tröstet, tröstet mein Volk" (40,1) muss in unserem Herzen widerhallen und das muss zur Sendung werden. Wir müssen den Herrn finden, der uns tröstet, und gehen, das Volk Gottes zu trösten. Dies ist die Sendung. Gewiss brauchen die Menschen heute Worte, vor allem aber brauchen sie unser Zeugnis der Barmherzigkeit, der zärtlichen Liebe des Herrn, die das Herz erwärmt, Hoffnung weckt und zum Guten hinzieht. Die Freude, den Trost Gottes zu bringen!

2. Der zweite Bezugspunkt der Sendung ist das Kreuz Christi. Der heilige Paulus schreibt in seinem Brief an die Galater: „Ich aber will mich allein des Kreuzes Jesu Christi, unseres Herrn, rühmen" (6,14). Er spricht von „Zeichen Jesu", das heißt von den Wundmalen des gekreuzigten Jesus als Kennzeichen, als Unterscheidungsmerkmal für sein Leben als Apostel des Evangeliums. In seinem Dienst hat Paulus Leiden, Schwachheit und Niederlage erfahren, aber auch Freude und Trost. Das ist das Pascha-Mysterium Jesu: Geheimnis des Todes und der Auferstehung. Und gerade dadurch, dass er den Tod Jesu in sich Gestalt annehmen ließ, konnte der heilige Paulus an Jesu Auferstehung, an seinem Sieg teilhaben. In der Stunde des Dunkels, in der Stunde der Prüfung ist das erste Aufleuchten des Lichtes und des Heiles schon da und bereits am Werk. Das Pascha-Mysterium ist das lebendige Herz der Sendung der Kirche! Und wenn wir in diesem Mysterium bleiben, sind wir sowohl vor einer weltlichen, triumphalistischen Sicht der Sendung, als auch vor der Entmutigung geschützt, die angesichts der Prüfungen und der Misserfolge aufkommen kann. Die pastorale Fruchtbarkeit, die Fruchtbarkeit der Verkündigung des Evangeliums hängt weder vom Erfolg noch vom Misserfolg nach den Kriterien menschlichen Ermessens ab, sondern von einer inneren Ausrichtung nach der Logik des Kreuzes Jesu, welche die Logik des Aus-sich-Herausgehens und des Sich-Schenkens ist, die Logik der Liebe. Das Kreuz ist es – immer das Kreuz mit Christus, denn manchmal bieten sie uns das Kreuz ohne Christus: Das geht nicht! – das Kreuz ist es, immer das Kreuz mit Christus, das die Fruchtbarkeit unserer Sendung garantiert. Und aus dem Kreuz, dem höchsten Akt der Barmherzigkeit und Liebe, geht man als „neue Schöpfung" hervor (Gal 6,15).

3. Schließlich das dritte Element: das Gebet. Im Evangelium haben wir gehört: „Bittet also den Herrn der Ernte, Arbeiter für seine Ernte auszusenden" (Lk 10,2). Die Arbeiter für die Ernte werden nicht durch Werbekampagnen oder durch Aufrufe zum Dienst der Großherzigkeit ausgewählt, sondern sie sind von Gott „erwählt" und „gesendet". Er ist es, der erwählt; er ist es, der sendet; er sendet; er trägt die Sendung auf. Darum ist das Gebet wichtig. Wie Benedikt XVI. uns wiederholt gesagt hat, gehört die Kirche nicht uns, sondern Gott; und wie oft denken wir, die geweihten Personen, dass sie uns gehöre! Wir machen die Kirche … zu etwas, das uns in den Sinn kommt. Aber sie gehört nicht uns, sie gehört Gott; das zu bebauende Feld ist sein. So ist die Sendung vor allem Gnade. Und wenn der Apostel Frucht des Gebets ist, wird er im Gebet das Licht und die Kraft für sein Handeln finden. Unsere Sendung ist nämlich unfruchtbar, ja sie erlischt im selben Moment, in dem die Verbindung zur Quelle, zum Herrn unterbrochen wird.

Liebe Seminaristen, liebe Novizinnen und liebe Novizen, liebe junge Freunde auf dem Berufungsweg, einer von euch, von euren Ausbildern, hat mir neulich gesagt: „Évangéliser on le fait à genoux." – Die Evangelisierung wird kniend getan. Hört gut: „Die Evangelisierung wird kniend getan." Seid immer Männer und Frauen des Gebetes! Ohne die ständige Beziehung zu Gott wird die Sendung zum Geschäft. Aber als was arbeitest du? Als Schneider, als Köchin, als Priester. – Du arbeitest als Priester, als Ordensschwester? Nein. Es ist kein Beruf, es ist etwas anderes. Die Gefahr des Aktivismus, des zu großen Vertrauens auf die Strukturen, lauert uns immer auf. Wenn wir auf Jesus schauen, sehen wir, dass er sich am Vorabend jeder wichtigen Entscheidung oder jedes wichtigen Geschehens in intensivem, langem Gebet sammelte. Pflegen wir die kontemplative Dimension, auch im Strudel der dringendsten und schwersten Verpflichtungen. Und je mehr die Sendung euch ruft, bis an die existentiellen Grenzen zu gehen, umso mehr sei euer Herz mit dem Herzen Christi vereint, das voll Barmherzigkeit und Liebe ist. Hier liegt das Geheimnis der pastoralen Fruchtbarkeit, der Fruchtbarkeit eines Jüngers des Herrn!

Jesus sendet die Seinen ohne „Geldbeutel, ohne Vorratstasche und ohne Schuhe" aus (vgl. Lk 10,4). Die Verbreitung des Evangeliums ist weder durch die Anzahl der Menschen, noch durch das Ansehen der Institution, noch durch die Menge der verfügbaren Mittel gewährleistet. Das ist es, worauf es ankommt: von der Liebe Christi durchdrungen zu sein, sich vom Heiligen Geist leiten zu lassen und sein Leben in den Baum des Lebens, das Kreuz des Herrn, einzupfropfen.

Liebe junge Freunde, mit großer Zuversicht vertraue ich euch der Fürsprache Marias an. Sie ist die Mutter, die uns hilft, die endgültigen Entscheidungen in Freiheit und ohne Furcht zu treffen. Möge sie euch helfen, die Freude des Trostes Gottes zu bezeugen, ohne Angst zu haben vor der Freude; sie möge euch helfen, euch nach der Logik der Liebe des Kreuzes auszurichten und im Gebet in eine immer tiefere Einheit mit dem Herrn hineinzuwachsen. So wird euer Leben reich und fruchtbar sein! Amen.

[01025-05.01] [Originalsprache: Italienisch]

TRADUZIONE IN LINGUA SPAGNOLA

Queridos hermanos y hermanas:

Ya ayer tuve la alegría de encontrarme con ustedes, y hoy nuestra fiesta es todavía mayor porque nos reunimos de nuevo para celebrar la Eucaristía, en el día del Señor. Ustedes son seminaristas, novicios y novicias, jóvenes en el camino vocacional, provenientes de todas las partes del mundo: ¡representan a la juventud de la Iglesia! Si la Iglesia es la Esposa de Cristo, en cierto sentido ustedes constituyen el momento del noviazgo, la primavera de la vocación, la estación del descubrimiento, de la prueba, de la formación. Y es una etapa muy bonita, en la que se ponen las bases para el futuro. ¡Gracias por haber venido!

Hoy la palabra de Dios nos habla de la misión. ¿De dónde nace la misión? La respuesta es sencilla: nace de una llamada que nos hace el Señor, y quien es llamado por Él lo es para ser enviado. ¿Cuál debe ser el estilo del enviado? ¿Cuáles son los puntos de referencia de la misión cristiana? Las lecturas que hemos escuchado nos sugieren tres: la alegría de la consolación, la cruz y la oración.

1. El primer elemento: la alegría de la consolación. El profeta Isaías se dirige a un pueblo que ha atravesado el periodo oscuro del exilio, ha sufrido una prueba muy dura; pero ahora, para Jerusalén, ha llegado el tiempo de la consolación; la tristeza y el miedo deben dejar paso a la alegría: "Festejad… gozad… alegraos", dice el Profeta (66,10). Es una gran invitación a la alegría. ¿Por qué? ¿Cuál es el motivo de esta invitación a la alegría? Porque el Señor hará derivar hacia la santa Ciudad y sus habitantes un "torrente" de consolación, un torrente de consolación –así llenos de consolación-, un torrente de ternura materna: "Llevarán en brazos a sus criaturas y sobre las rodillas las acariciarán" (v. 12). Como la mamá pone al niño sobre sus rodillas y lo acaricia, así el Señor hará con nosotros y hace con nosotros. Éste es el torrente de ternura que nos da tanta consolación. "Como a un niño a quien su madre consuela, así os consolaré yo" (v. 13). Todo cristiano, y sobre todo nosotros, estamos llamados a ser portadores de este mensaje de esperanza que da serenidad y alegría: la consolación de Dios, su ternura para con todos. Pero sólo podremos ser portadores si nosotros experimentamos antes la alegría de ser consolados por Él, de ser amados por Él. Esto es importante para que nuestra misión sea fecunda: sentir la consolación de Dios y transmitirla. A veces me he encontrado con personas consagradas que tienen miedo a la consolación de Dios, y… pobres, se atormentan, porque tienen miedo a esta ternura de Dios. Pero no tengan miedo. No tengan miedo, el Señor es el Señor de la consolación, el Señor de la ternura. El Señor es padre y Él dice que nos tratará como una mamá a su niño, con su ternura. No tengan miedo de la consolación del Señor. La invitación de Isaías ha de resonar en nuestro corazón: "Consolad, consolad a mi pueblo" (40,1), y esto convertirse en misión. Encontrar al Señor que nos consuela e ir a consolar al pueblo de Dios, ésta es la misión. La gente de hoy tiene necesidad ciertamente de palabras, pero sobre todo tiene necesidad de que demos testimonio de la misericordia, la ternura del Señor, que enardece el corazón, despierta la esperanza, atrae hacia el bien. ¡La alegría de llevar la consolación de Dios!

2. El segundo punto de referencia de la misión es la cruz de Cristo. San Pablo, escribiendo a los Gálatas, dice: "Dios me libre de gloriarme si no es en la cruz de nuestro Señor Jesucristo" (6,14). Y habla de las "marcas", es decir, de las llagas de Cristo Crucificado, como el cuño, la señal distintiva de su existencia de Apóstol del Evangelio. En su ministerio, Pablo ha experimentado el sufrimiento, la debilidad y la derrota, pero también la alegría y la consolación. He aquí el misterio pascual de Jesús: misterio de muerte y resurrección. Y precisamente haberse dejado conformar con la muerte de Jesús ha hecho a San Pablo participar en su resurrección, en su victoria. En la hora de la oscuridad, en la hora de la prueba está ya presente y activa el alba de la luz y de la salvación. ¡El misterio pascual es el corazón palpitante de la misión de la Iglesia! Y si permanecemos dentro de este misterio, estamos a salvo tanto de una visión mundana y triunfalista de la misión, como del desánimo que puede nacer ante las pruebas y los fracasos. La fecundidad pastoral, la fecundidad del anuncio del Evangelio no procede ni del éxito ni del fracaso según los criterios de valoración humana, sino de conformarse con la lógica de la Cruz de Jesús, que es la lógica del salir de sí mismos y darse, la lógica del amor. Es la Cruz –siempre la Cruz con Cristo, porque a veces nos ofrecen la cruz sin Cristo: ésa no sirve–. Es la Cruz, siempre la Cruz con Cristo, la que garantiza la fecundidad de nuestra misión. Y desde la Cruz, acto supremo de misericordia y de amor, renacemos como "criatura nueva" (Ga 6,15).

3. Finalmente, el tercer elemento: la oración. En el Evangelio hemos escuchado: "Rogad, pues, al dueño de la mies que mande obreros a su mies" (Lc 10,2). Los obreros para la mies no son elegidos mediante campañas publicitarias o llamadas al servicio de la generosidad, sino que son "elegidos" y "mandados" por Dios. Él es quien elige, Él es quien manda, Él es quien manda, Él es quien encomienda la misión. Por eso es importante la oración. La Iglesia, nos ha repetido Benedicto XVI, no es nuestra, sino de Dios; ¡y cuántas veces nosotros, los consagrados, pensamos que es nuestra! La convertimos… en lo que se nos ocurre. Pero no es nuestra, es de Dios. El campo a cultivar es suyo. Así pues, la misión es sobre todo gracia. La misión es gracia. Y si el apóstol es fruto de la oración, encontrará en ella la luz y la fuerza de su acción. En efecto, nuestra misión pierde su fecundidad, e incluso se apaga, en el mismo momento en que se interrumpe la conexión con la fuente, con el Señor.

Queridos seminaristas, queridas novicias y queridos novicios, queridos jóvenes en el camino vocacional. Uno de ustedes, uno de sus formadores, me decía el otro día: évangéliser on le fait à genoux, la evangelización se hace de rodillas. Óiganlo bien: "la evangelización se hace de rodillas". ¡Sean siempre hombres y mujeres de oración! Sin la relación constante con Dios la misión se convierte en función. Pero, ¿en qué trabajas tú? ¿Eres sastre, cocinera, sacerdote, trabajas como sacerdote, trabajas como religiosa? No. No es un oficio, es otra cosa. El riesgo del activismo, de confiar demasiado en las estructuras, está siempre al acecho. Si miramos a Jesús, vemos que la víspera de cada decisión y acontecimiento importante, se recogía en oración intensa y prolongada. Cultivemos la dimensión contemplativa, incluso en la vorágine de los compromisos más urgentes y duros. Cuanto más les llame la misión a ir a las periferias existenciales, más unido ha de estar su corazón a Cristo, lleno de misericordia y de amor. ¡Aquí reside el secreto de la fecundidad pastoral, de la fecundidad de un discípulo del Señor!

Jesús manda a los suyos sin "talega, ni alforja, ni sandalias" (Lc 10,4). La difusión del Evangelio no está asegurada ni por el número de personas, ni por el prestigio de la institución, ni por la cantidad de recursos disponibles. Lo que cuenta es estar imbuidos del amor de Cristo, dejarse conducir por el Espíritu Santo, e injertar la propia vida en el árbol de la vida, que es la Cruz del Señor.

Queridos amigos y amigas, con gran confianza les pongo bajo la intercesión de María Santísima. Ella es la Madre que nos ayuda a tomar las decisiones definitivas con libertad, sin miedo. Que Ella les ayude a dar testimonio de la alegría de la consolación de Dios, sin tener miedo a la alegría; que Ella les ayude a conformarse con la lógica de amor de la Cruz, a crecer en una unión cada vez más intensa con el Señor en la oración. ¡Así su vida será rica y fecunda! Amén.

[01025-04.01] [Texto original: Italiano]

TRADUZIONE IN LINGUA PORTOGHESE  

Amados irmãos e irmãs!

Já ontem tive a alegria de vos encontrar, e hoje a nossa festa é ainda maior porque nos reunimos para a Eucaristia, no Dia do Senhor. Sois seminaristas, noviços e noviças, jovens em caminhada vocacional, vindos dos diversos cantos do mundo: representais a juventude da Igreja. Se a Igreja é a Esposa de Cristo, de certo modo vós representais o seu tempo de noivado, a primavera da vocação, o período da descoberta, do discernimento, da formação. E é um período muito belo, em que se lançam as bases do futuro. Obrigado por terdes vindo!

Hoje a Palavra de Deus fala-nos da missão. Donde nasce a missão? A resposta é simples: nasce de uma chamada – a do Senhor – e Ele chama para ser enviado. Qual deve ser o estilo do enviado? Quais são os pontos de referência da missão cristã? As leituras que ouvimos sugerem-nos três: a alegria da consolação, a cruz e a oração.

1. O primeiro elemento: a alegria de consolação. O profeta Isaías dirige-se a um povo que atravessou o período escuro do exílio, sofreu uma prova muito dura; mas agora, para Jerusalém, chegou o tempo da consolação; a tristeza e o medo devem dar lugar à alegria: «Alegrai-vos (...), rejubilai (…) regozijai-vos» – diz o Profeta (66, 10). É um grande convite à alegria. Porquê? Qual é o motivo deste convite à alegria? Porque o Senhor derramará sobre a Cidade Santa e seus habitantes uma «cascata» de consolação, uma cascata de consolação – ficando assim repletos de consolação –, uma cascata de ternura materna: «Serão levados ao colo e acariciados sobre os seus regaços» (v. 12). Como faz a mãe quando põe o filho no regaço e o acaricia, assim o Senhor fará connosco… faz connosco. Esta é a cascata de ternura que nos dá tanta consolação. «Como a mãe consola o seu filho, assim Eu vos consolarei» (v. 13). Cada cristão, mas sobretudo nós, somos chamados a levar esta mensagem de esperança, que dá serenidade e alegria: a consolação de Deus, a sua ternura para com todos. Mas só podemos ser seus portadores, se experimentarmos nós primeiro a alegria de ser consolados por Ele, de ser amados por Ele. Isto é importante para que a nossa missão seja fecunda: sentir a consolação de Deus e transmiti-la! Algumas vezes encontrei pessoas consagradas que têm medo da consolação de Deus e… pobrezinho, pobrezinha delas, se amofinam porque têm medo desta ternura de Deus. Mas não tenhais medo. Não tenhais medo, o nosso Deus é o Senhor da consolação, o Senhor da ternura. O Senhor é Pai e Ele disse que procederá connosco como faz uma mãe com o seu filho, com a ternura dela. Não tenhais medo da consolação do Senhor. O convite de Isaías: «consolai, consolai o meu povo» (40,1) deve ressoar no nosso coração e tornar-se missão. Encontrarmos, nós, o Senhor que nos consola e irmos consolar o povo de Deus: esta é a missão. Hoje as pessoas precisam certamente de palavras, mas sobretudo têm necessidade que testemunhemos a misericórdia, a ternura do Senhor, que aquece o coração, desperta a esperança, atrai para o bem. A alegria de levar a consolação de Deus!

2. O segundo ponto de referência da missão é a cruz de Cristo. São Paulo, ao escrever aos Gálatas, diz: «Quanto a mim, de nada me quero gloriar, a não ser na cruz de Nosso Senhor Jesus Cristo» (6, 14). E fala de «estigmas», isto é, das chagas de Jesus crucificado, como selo, marca distintiva da sua vida de apóstolo do Evangelho. No seu ministério, Paulo experimentou o sofrimento, a fraqueza e a derrota, mas também a alegria e a consolação. Isto é o mistério pascal de Jesus: mistério de morte e ressurreição. E foi precisamente o ter-se deixado configurar à morte de Jesus que fez São Paulo participar na sua ressurreição, na sua vitória. Na hora da escuridão, na hora da prova, já está presente e operante a alvorada da luz e da salvação. O mistério pascal é o coração palpitante da missão da Igreja. E, se permanecermos dentro deste mistério, estamos a coberto quer de uma visão mundana e triunfalista da missão, quer do desânimo que pode surgir à vista das provas e dos insucessos. A fecundidade pastoral, a fecundidade do anúncio do Evangelho não deriva do sucesso nem do insucesso vistos segundo critérios de avaliação humana, mas de conformar-se com a lógica da Cruz de Jesus, que é a lógica de sair de si mesmo e dar-se, a lógica do amor. É a Cruz – sempre a Cruz com Cristo, porque às vezes oferecem-nos a cruz sem Cristo: esta não vale! É a Cruz, sempre a Cruz com Cristo – que garante a fecundidade da nossa missão. E é da Cruz, supremo acto de misericórdia e amor, que se renasce como «nova criação» (Gl 6, 15).

3. Finalmente, o terceiro elemento: a oração. Ouvimos no Evangelho: «Rogai ao dono da messe que mande trabalhadores para a sua messe» (Lc 10, 2). Os trabalhadores para a messe não são escolhidos através de campanhas publicitárias ou apelos ao serviço da generosidade, mas são «escolhidos» e «mandados» por Deus. É Ele que escolhe, é Ele que manda; sim, é Ele que manda, é Ele que confere a missão. Por isso é importante a oração. A Igreja – repetia Bento XVI – não é nossa, mas de Deus; e quantas vezes nós, os consagrados, pensamos que seja nossa! Fazemos dela… qualquer coisa que nos vem à cabeça. Mas não é nossa; é de Deus. O campo a cultivar é d’Ele. Assim, a missão é sobretudo graça. A missão é graça. E, se o apóstolo é fruto da oração, nesta encontrará a luz e a força da sua acção. De contrário, a nossa missão não será fecunda; mais, apaga-se no próprio momento em que se interrompe a ligação com a fonte, com o Senhor.

Queridos seminaristas, queridas noviças e queridos noviços, queridos jovens em caminhada vocacional! Há dias, um de vós, um dos vossos formadores, dizia-me: évangéliser on le fait à genoux, a evangelização faz-se de joelhos. Ouvi bem: «A evangelização faz-se de joelhos». Sede sempre homens e mulheres de oração! Sem o relacionamento constante com Deus a missão torna-se um ofício. Mas que trabalho fazes? Trabalho de alfaiate, de cozinheira, de padre… Trabalhas de padre, de freira? Não. Não é um ofício, é diverso. O risco do activismo, de confiar demasiado nas estruturas, está sempre à espreita. Se olhamos a vida de Jesus, constatamos que, na véspera de cada decisão ou acontecimento importante, Ele Se recolhia em oração intensa e prolongada. Cultivemos a dimensão contemplativa, mesmo no turbilhão dos compromissos mais urgentes e pesados. E quanto mais a missão vos chamar para ir para as periferias existenciais, tanto mais o vosso coração se mantenha unido ao de Cristo, cheio de misericórdia e de amor. Aqui reside o segredo da fecundidade pastoral, da fecundidade de um discípulo do Senhor!

Jesus envia os seus sem «bolsa, nem alforge, nem sandálias» (Lc 10, 4). A difusão do Evangelho não é assegurada pelo número das pessoas, nem pelo prestígio da instituição, nem ainda pela quantidade de recursos disponíveis. O que conta é estar permeados pelo amor de Cristo, deixar-se conduzir pelo Espírito Santo e enxertar a própria existência na árvore da vida, que é a Cruz do Senhor.

Queridos amigos e amigas, com grande confiança vos confio à intercessão de Maria Santíssima. Ela é a Mãe que nos ajuda a tomar as decisões definitivas com liberdade, sem medo. Que Ela vos ajude a testemunhar a alegria da consolação de Deus, sem ter medo da alegria; Ela vos ajude a conformar-vos com a lógica de amor da Cruz, a crescer numa união cada vez mais intensa com o Senhor na oração. Assim a vossa vida será rica e fecunda!

[01025-06.01] [Texto original: Italiano]

TRADUZIONE IN LINGUA POLACCA  

Drodzy bracia i siostry,

Już wczoraj przeżywałem radość, spotykając się z wami, a dziś nasze święto jest jeszcze większe, gdyż w Dzień Pański spotykamy się na Eucharystii. Jesteście klerykami, nowicjuszami i nowicjuszkami, młodymi ludźmi, którzy wyruszyli na drogę powołania. Pochodzicie z całego świata: reprezentujecie młodość Kościoła! Jeśli Kościół jest oblubienicą Chrystusa, to wy w pewnym sensie, wyrażacie moment zaręczyn, wiosnę powołania, okres odkrycia, weryfikacji, formacji. Jest to bardzo piękny okres, w którym stawiane są fundamenty pod przyszłość. Dziękuję wam za przybycie!

Dzisiaj Słowo Boże mówi nam o misji. Skąd rodzi się misja? Odpowiedź jest prosta: rodzi się z powołania, jakim wzywa Pan, a ten, który jest przez Niego powoływany, jest nim po to, ażeby być posłanym. Jaki jednak powinien być styl człowieka posłanego przez Boga? Jakie są punkty odniesienia misji chrześcijańskiej? Wysłuchane przez nas czytania sugerują nam trzy: radość pocieszenia, krzyż i modlitwę.

1. Pierwszy element: radość pocieszenia. Prorok Izajasz zwraca się do ludu, który przeszedł mroczny okres niewoli, zniósł bardzo ciężką próbę. Teraz jednak dla Jerozolimy nadszedł czas pocieszenia. Smutek i lęk muszą ustąpić przed radością: „Radujcie się...weselcie się...cieszcie się" - mówi prorok (66, 10). Jest to wielka zachęta do radości. Dlaczego? Z jakiego powodu? Ponieważ Pan wyleje na Miasto Święte i jego mieszkańców „kaskadę" pocieszenia, matczynej czułości: „Ich niemowlęta będą noszone na rękach i na kolanach będą pieszczone. Jak kogo pociesza własna matka, tak Ja was pocieszać będę" (ww.12-13). Każdy chrześcijanin, a zwłaszcza my jesteśmy powołani, by nieść to orędzie nadziei, które daje pokój ducha i radość: pocieszenie Boga, Jego czułość wobec wszystkich. Ale możemy je nieść, jeśli jako pierwsi doświadczamy radości bycia pocieszanymi przez Niego, bycia przez Niego miłowanymi. Jest to ważne, aby nasza misja była owocna: odczuwać Boże pocieszenie i przekazywać je! Zachęta Izajasza musi rozbrzmiewać w naszym sercu: „Pocieszcie, pocieszcie mój lud!" (40, 1) i musi stać się misją. Ludzie potrzebują dzisiaj na pewno słów, ale przede wszystkim potrzebują, abyśmy świadczyli miłosierdzie, czułość Pana, które rozgrzewa serce, budzi nadzieję, pociąga ku dobru. Radość niesienia Bożego pocieszenia.

2. Drugim punktem odniesienia misji jest krzyż Chrystusa. Święty Paweł, pisząc do Galatów stwierdza: „Co do mnie, nie daj Boże, bym się miał chlubić z czego innego, jak tylko z krzyża Pana naszego Jezusa Chrystusa" (6, 14). I mówi o „stygmatach", to znaczy o ranach ukrzyżowanego Jezusa, jako cesze charakterystycznej, znaku wyróżniającym swego życia, jako Apostoła Ewangelii. W swojej posłudze Paweł doświadczał cierpienia, słabości i klęski, ale także radości i pocieszenia. Tym jest właśnie misterium paschalne Jezusa: tajemnica śmierci i zmartwychwstania. I to właśnie pozwolenie, by upodobnić się do śmierci Jezusa, sprawiło, że św. Paweł miał udział w Jego zmartwychwstaniu, w Jego zwycięstwie. W godzinie ciemności i próby jest już obecna i działa jutrzenka światła i zbawienia. Misterium Paschalne jest samą istotą misji Kościoła! Jeśli pozostajemy w obrębie tej tajemnicy, to ustrzeżemy się zarówno od światowej i triumfalistycznej wizji misji, jak i od zniechęcenia, które może się zrodzić w obliczu prób i niepowodzeń. Owocność głoszenia Ewangelii nie zależy od sukcesu ani też od niepowodzenia według kryteriów ludzkiej oceny, ale od upodobnienia się do logiki Jezusowego krzyża, która jest logiką wychodzenia z siebie i obdarzania sobą, logiką miłości. To krzyż – zawsze krzyż z Chrystusem – zapewnia owocność naszej misji. To z krzyża, najwyższego aktu miłosierdzia i miłości, rodzimy się jako „nowe stworzenie" ( Gal 6, 15).

3. Wreszcie trzeci element: modlitwa. W Ewangelii słyszeliśmy: „Proście więc Pana żniwa, żeby wyprawił robotników na swoje żniwo" (Łk 10, 2). Robotnicy na żniwo nie są wybierani poprzez kampanie reklamowe czy też apele o służbę i wielkoduszność, lecz są „wybrani" i „posłani" przez Boga. Dlatego ważna jest modlitwa. Kościół, jak to wielokrotnie powtarzał Benedykt XVI, nie jest nasz, lecz Boga. Pole, które należy uprawiać jest Jego. Tak więc misja jest przede wszystkim łaską. I jeśli apostoł jest owocem modlitwy, to w niej znajdzie światło i moc dla swojego działania. W gruncie rzeczy nasza misja nie jest owocna, a wręcz gaśnie w tym momencie, kiedy przerwaniu ulega połączenie ze źródłem, z Panem.

Drodzy seminarzyści, drodzy nowicjuszki i nowicjusze, drodzy ludzie młodzi, którzy wyruszyliście na drogę powołania. Przedwczoraj jeden z was powiedział mi „ewangelizację dokonuje się na kolanach". Bądźcie zawsze ludźmi modlitwy! Bez nieustannej relacji z Bogiem misja staje się zawodem. Zawsze istnieje zagrożenie aktywizmu, zbytniego polegania na strukturach. Jeśli spojrzymy na Jezusa, widzimy, że w przeddzień każdej decyzji czy też ważnego wydarzenia przebywał na intensywnej i długotrwałej modlitwie. Dbajmy o wymiar kontemplacyjny, także w wirze najbardziej naglących i najpilniejszych zobowiązań. I im bardziej wasza misja wzywa was do wyruszenia ku peryferiom egzystencjalnym, niech tym bardziej wasze serce będzie zjednoczone z Sercem Chrystusa, pełnym miłosierdzia i miłości. Na tym polega sekret owocności ucznia Pana!

Jezus posyła swoich uczniów „bez trzosa ani torby, ani sandałów" (Łk 10, 4). Upowszechnianie Ewangelii nie jest zapewnione ani przez liczbę osób, ani prestiż instytucji, ani też kwotę dostępnych zasobów. To co się liczy, to być przenikniętym miłością Chrystusa, pozwolić się prowadzić Duchowi Świętemu i wszczepiać swoje życie w drzewo życia, którym jest krzyż Pana.

Drodzy przyjaciele, z wielką ufnością zawierzam was wstawiennictwu Najświętszej Maryi Panny. Ona jest Matką, która nam pomaga swobodnie podjąć decyzje definitywne bez lęku. Niech Ona wam pomaga w świadczeniu radości Bożej pociechy, podporządkowaniu się logice miłości krzyża, wzrastaniu w coraz głębszej jedności z Panem. W ten sposób wasze życie będzie bogate i owocne! Amen.

[01025-09.01] [Testo originale: Italiano]

[B0455-XX.02]