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SANTA MESSA "PRO ELIGENDO ROMANO PONTIFICE", 12.03.2013


Alle ore 10 di questa mattina, nella Basilica Vaticana, si celebra la Santa Messa pro eligendo Romano Pontifice (per l’elezione del Romano Pontefice).
La Celebrazione Eucaristica è presieduta dal Decano del Collegio Cardinalizio Angelo Sodano e concelebrata da tutti i Cardinali: i 115 elettori che questo pomeriggio entreranno in Conclave, e i Porporati che non prenderanno parte alle votazioni.
Dopo la proclamazione del Santo Vangelo, il Cardinale Decano Angelo Sodano pronuncia l’omelia che pubblichiamo di seguito nel testo originale italiano e nelle traduzioni di lavoro in altre lingue:

OMELIA DEL CARDINALE ANGELO SODANO

Cari Concelebranti, 
distinte Autorità, 
Fratelli e Sorelle nel Signore!

"Canterò in eterno le misericordie del Signore" è il canto che ancora una volta è risuonato presso la tomba dell’Apostolo Pietro in quest’ora importante della storia della Santa Chiesa di Cristo. Sono le parole del Salmo 88 che sono fiorite sulle nostre labbra per adorare, ringraziare e supplicare il Padre che sta nei Cieli. "Misericordias Domini in aeternum cantabo": è il bel testo latino, che ci ha introdotto nella contemplazione di Colui che sempre veglia con amore sulla sua Chiesa, sostenendola nel suo cammino attraverso i secoli e vivificandola con il suo Santo Spirito.

Anche noi oggi con tale atteggiamento interiore vogliamo offrirci con Cristo al Padre che sta nei Cieli per ringraziarlo per l’amorosa assistenza che sempre riserva alla sua Santa Chiesa ed in particolare per il luminoso Pontificato che ci ha concesso con la vita e le opere del 265º Successore di Pietro, l’amato e venerato Pontefice Benedetto XVI, al quale in questo momento rinnoviamo tutta la nostra gratitudine.

Allo stesso tempo oggi vogliamo implorare dal Signore che attraverso la sollecitudine pastorale dei Padri Cardinali voglia presto concedere un altro Buon Pastore alla sua Santa Chiesa. Certo, ci sostiene in quest’ora la fede nella promessa di Cristo sul carattere indefettibile della sua Chiesa. Gesù, infatti, disse a Pietro: "Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa, e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa" (cfr. Mt 16,18).

Miei fratelli, le letture della Parola di Dio che or ora abbiamo ascoltato ci possono aiutare a comprendere meglio la missione che Cristo ha affidato a Pietro ed ai suoi Successori.

1. Il messaggio dell’amore

La prima lettura ci ha riproposto un celebre oracolo messianico della seconda parte del libro di Isaia, quella parte che è chiamata "il Libro della consolazione" (Is 40-66). È una profezia rivolta al popolo d’Israele destinato all’esilio in Babilonia. Per esso Dio annunzia l’invio di un Messia pieno di misericordia, un Messia che potrà dire: "Lo spirito del Signore Dio è su di me… mi ha mandato a portare il lieto annunzio ai poveri, a fasciare le piaghe dei cuori spezzati, a proclamare la libertà degli schiavi, la scarcerazione dei prigionieri, a promulgare l'anno di misericordia del Signore" (Is 61,1-3).

Il compimento di tale profezia si è realizzato appieno in Gesù, venuto al mondo per rendere presente l’amore del Padre verso gli uomini. È un amore che si fa particolarmente notare nel contatto con la sofferenza, l’ingiustizia, la povertà, con tutte le fragilità dell’uomo, sia fisiche che morali. È nota al riguardo la celebre Enciclica del Papa Giovanni Paolo II "Dives in misericor dia", che soggiungeva: "il modo in cui si manifesta l’amore viene appunto denominato nel linguaggio biblico ‘misericordia’" (Ibidem, n. 3).

Questa missione di misericordia è stata poi affidata da Cristo ai Pastori della sua Chiesa. È una missione che impegna ogni sacerdote e vescovo, ma impegna ancor più il Vescovo di Roma, Pastore della Chiesa universale. A Pietro, infatti, Gesù disse: "Simone di Giovanni, mi ami tu più di costoro?... Pasci i miei agnelli" (Gv 21,15). È noto il commento di S. Agostino a queste parole di Gesù: "sia pertanto compito dell’amore pascere il gregge del Signore"; "sit amoris officium pascere dominicum gregem" (In Iohannis Evangelium, 123, 5; PL 35, 1967).

In realtà, è quest’amore che spinge i Pastori della Chiesa a svolgere la loro missione di servizio agli uomini d’ogni tempo, dal servizio caritativo più immediato fino al servizio più alto, quello di offrire agli uomini la luce del Vangelo e la forza della grazia.

Così lo ha indicato Benedetto XVI nel Messaggio per la Quaresima di questo anno (cfr. n. 3). Leggiamo, infatti, in tale messaggio: "Talvolta si tende, infatti, a circoscrivere il termine ‘carità’ alla solidarietà o al semplice aiuto umanitario. È importante, invece, ricordare che massima opera di carità è proprio l’evangelizzazione, ossia il ‘servizio della Parola’. Non v'è azione più benefica, e quindi caritatevole, verso il prossimo che spezzare il pane della Parola di Dio, renderlo partecipe della Buona Notizia del Vangelo, introdurlo nel rapporto con Dio: l'evangelizzazione è la più alta e integrale promozione della persona umana. Come scrive il Servo di Dio Papa Paolo VI nell'Enciclica Populorum progressio: è l'annuncio di Cristo il primo e principale fattore di sviluppo (cfr. n. 16)".

2. Il messaggio dell’unità

La seconda lettura è tratta dalla Lettera agli Efesini, scritta dall’Apostolo Paolo proprio in questa città di Roma durante la sua prima prigionia (anni 62-63 d.C.).

È una lettera sublime nella quale Paolo presenta il mistero di Cristo e della Chiesa. Mentre la prima parte è più dottrinale (cap. 1-3), la seconda, dove si inserisce il testo che abbiamo ascoltato, è di tono più pastorale (cap. 4-6). In questa parte Paolo insegna le conseguenze pratiche della dottrina presentata prima e comincia con un forte appello alla unità ecclesiale: "Vi esorto dunque io, il prigioniero nel Signore, a comportarvi in maniera degna della vocazione che avete ricevuto, con ogni umiltà, mansuetudine e pazienza, sopportandovi a vicenda con amore, cercando di conservare l'unità dello spirito per mezzo del vincolo della pace (Ef 4,1-3).

S. Paolo spiega poi che nell’unità della Chiesa esiste una diversità di doni, secondo la multiforme grazia di Cristo, ma questa diversità è in funzione dell’edificazione dell’unico corpo di Cristo: "È lui che ha stabilito alcuni come apostoli, altri come profeti, altri come evangelisti, altri come pastori e maestri, per rendere idonei i fratelli a compiere il ministero, al fine di edificare il corpo di Cristo" (cfr. 4,11-12).

È proprio per l’unità del suo Corpo Mistico che Cristo ha poi inviato il suo Santo Spirito ed allo stesso tempo ha stabilito i suoi Apostoli, fra cui primeggia Pietro come il fondamento visibile dell’unità della Chiesa.  

Nel nostro testo San Paolo ci insegna che anche tutti noi dobbiamo collaborare ad edificare l’unità della Chiesa, poiché per realizzarla è necessaria "la collaborazione di ogni giuntura, secondo l'energia propria di ogni membro" (Ef 4,16). Tutti noi, dunque, siamo chiamati a cooperare con il Successore di Pietro, fondamento visibile di tale unità ecclesiale.

3. La missione del Papa

Fratelli e sorelle nel Signore, il Vangelo di oggi ci riporta all’ultima cena, quando il Signore disse ai suoi Apostoli: "Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amati" (Gv 15,12). Il testo si ricollega così anche alla prima lettura del profeta Isaia sull’agire del Messia, per ricordarci che l’atteggiamento fondamentale dei Pastori della Chiesa è l’amore. È quell’amore che ci spinge ad offrire la propria vita per i fratelli. Ci dice, infatti, Gesù: "nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici" (Gv 15,12).

L’atteggiamento fondamentale di ogni buon Pastore è dunque dare la vita per le sue pecore (cfr. Gv 10,15). Questo vale soprattutto per il Successore di Pietro, Pastore della Chiesa universale. Perché quanto più alto e più universale è l’ufficio pastorale, tanto più grande deve essere la carità del Pastore. Per questo nel cuore di ogni Successore di Pietro sono sempre risuonate le parole che il Divino Maestro rivolse un giorno all’umile pescatore di Galilea: "Diligis me plus his? Pasce agnos meos… pasce oves meas"; "Mi ami più di costoro? Pasci i miei agnelli… pasci le mie pecorelle!" (cfr. Gv 21,15-17).

Nel solco di questo servizio d’amore verso la Chiesa e verso l’umanità intera, gli ultimi Pontefici sono stati artefici di tante iniziative benefiche anche verso i popoli e la comunità internazionale, promovendo senza sosta la giustizia e la pace. Preghiamo perché il futuro Papa possa continuare quest’incessante opera a livello mondiale.

Del resto, questo servizio di carità fa parte della natura intima della Chiesa. L’ha ricordato il Papa Benedetto XVI dicendoci: "anche il servizio della carità è una dimensione costitutiva della missione della Chiesa ed è espressione irrinunciabile della sua stessa essenza" (Lettera apostolica in forma di Motu proprio Intima Ecclesiae natura, 11 novembre 2012, proemio; cfr. Lettera Enciclica Deus caritas est, n. 25).

È una missione di carità che è propria della Chiesa, ed in modo particolare è propria della Chiesa di Roma, che, secondo la bella espressione di S. Ignazio d’Antiochia, è la Chiesa che "presiede alla carità"; "praesidet caritati" (cfr. Ad Romanos, praef.; Lumen gentium, n. 13).

Miei fratelli, preghiamo perché il Signore ci conceda un Pontefice che svolga con cuore generoso tale nobile missione. Glielo chiediamo per intercessione di Maria Santissima, Regina degli Apostoli, e di tutti i Martiri ed i Santi che nel corso dei secoli hanno reso gloriosa questa Chiesa di Roma. Amen!

[00365-01.01] [Testo originale: Italiano]

! TRADUZIONE IN LINGUA FRANCESE

Traduction non officielle

Messe «pro eligendo Summo Pontifice»
Homélie du Cardinal Angelo Sodano, 
Doyen du Collège des Cardinaux
(Basilique Saint-Pierre, 12 Mars, 2013)

Chers concélébrants, Eminentes Autorités, Chers frères et sœurs dans le Seigneur!

«Je chanterai toujours les bontés de l'Éternel" est le chant qui une fois de plus a raisonné sur la tombe de l'apôtre Pierre, en cette heure importante de l'histoire de la Sainte Eglise du Christ. Ce sont les mots du Psaume 88, qui ont fleuri sur nos lèvres pour adorer, remercier et supplier le Père céleste. "Misericordias Domini in aeternum cantabo" est le beau texte latin, qui nous a fait entrer en contemplation de Celui qui veille toujours avec amour sur son Église, en la soutenant sur son chemin à travers les siècles et en la vivifiant de l'Esprit Saint.

Aujourd'hui encore, par cette attitude intérieure, nous voulons nous offrir avec le Christ, au Père dans le Ciel pour le remercier de l'attention aimante qu’il a toujours réservée à sa sainte Église et en particulier pour le lumineux pontificat qu’il nous a concédé avec la vie et les œuvres du 265ème Successeur de Pierre, le bien-aimé et vénéré Pontife Benoît XVI, auquel, en ce moment, nous renouvelons notre gratitude.

Parallèlement aujourd'hui, nous souhaitons implorer le Seigneur, à travers la sollicitude pastorale des cardinaux, afin que bientôt il donne un autre Bon Pasteur à sa sainte Église. Bien sûr, la foi dans la promesse du Christ sur le caractère indéfectible de son Église nous soutient en cette heure. En effet, Jésus dit à Pierre: «Tu es Pierre, et sur cette pierre je construirai mon Eglise, et les portes de l'enfer ne prévaudront pas contre elle» (Mt 16:18).

Mes frères, les lectures de la Parole de Dieu que nous venons d'entendre peuvent nous aider à mieux comprendre la mission confiée par le Christ à Pierre et à ses successeurs.

1. Le message d'amour

Le première lecture nous a reproposé un célèbre oracle messianique de la deuxième partie du livre d'Isaïe, cette partie qui est appelée le "Livre de la consolation» (Is 40-66). Il s’agit d’une prophétie adressée au peuple d'Israël destiné à l'exil à Babylone. Il proclame que Dieu envoie le Messie, plein de miséricorde, un Messie qui pourra dire: «L'esprit du Seigneur Dieu est sur moi ... il m'a envoyé porter la Bonne Nouvelle aux pauvres, pour guérir ceux qui ont le cœur brisé, pour proclamer aux captifs la liberté, la libération les prisonniers, promulguer l’année de miséricorde du Seigneur "(Is 61:1-3).

L'accomplissement de cette prophétie a été entièrement réalisé en Jésus, venu au monde afin de rendre présent l'amour du Père pour les hommes. Cet amour se fait particulièrement remarquer au contact avec la souffrance, l'injustice, la pauvreté, avec toute les fragilités de l’homme, à la fois physiques et morales. A cet égard, la célèbre encyclique du Pape Jean-Paul II, « Dives in Misericordia », ajoutait: "La façon dont l'amour se manifeste dans le langage biblique est appelée à juste titre ‘miséricorde’ (ibid., n ° 3.).

Cette mission de miséricorde a été ensuite confiée par le Christ aux pasteurs de son Eglise. C’est une mission qui engage tout prêtre et évêque, mais qui plus encore engage l'évêque de Rome, Pasteur de l'Eglise universelle. Jésus dit en effet à Pierre : «Simon, fils de Jean, m'aimes-tu plus que ceux-ci ? ... Pais mes brebis » (Jn 21:15). Saint- Augustin commentait ainsi les paroles de Jésus: " paître le troupeau du Seigneur est donc un engagement d'amour », «sit amoris officium pascere dominicum gregem" (In Iohannis Evangeliums, 123, 5, PL 35, 1967).

En réalité, c'est cet amour qui pousse les Pasteurs de l'Eglise à mener à bien leur mission aux service des hommes de tous les temps, du service caritatif plus immédiat, jusqu’au plus grand service, celui d’offrir aux hommes la lumière de l'Evangile et la puissance de la grâce.

Benoît XVI donne une indication dans son message pour le Carême de cette année (voir n. 3). Nous lisons dans ce message:  Parfois, on tend en effet à circonscrire le terme de « charité » à la solidarité ou à la simple aide humanitaire. Il est important, en revanche, de rappeler que la plus grande œuvre de charité est justement l’évangélisation, c’est-à-dire le « service de la Parole ». Il n’y a pas d’action plus bénéfique, et donc charitable, envers le prochain que rompre le pain de la Parole de Dieu, le faire participer de la Bonne Nouvelle de l’Évangile, l’introduire dans la relation avec Dieu: l’évangélisation est la promotion la plus élevée et la plus complète de la personne humaine. Comme l’écrit le Serviteur de Dieu le Pape Paul VI dans l’Encyclique Populorum progressio, le premier et principal facteur de développement est l’annonce du Christ (cf. n. 16) ».

2. Le message d'unité

La deuxième lecture est tirée de la Lettre aux Ephésiens, écrite par l'Apôtre Paul dans cette ville de Rome au cours de son premier emprisonnement (AD 62-63 d.C.).

Il s'agit d'une lettre sublime dans laquelle Paul présente le mystère du Christ et de l'Église. Si la première partie est plus doctrinale (ch. 1-3), la seconde, où s’insère le texte que nous venons d’entendre, est sur un ton plus pastoral (ch. 4-6). Dans cette partie, Paul enseigne les conséquences pratiques de la doctrine présentée plus tôt et commence par un vibrant appel à l'unité de l'Eglise: « Moi qui suis en prison à cause du Seigneur, je vous encourage à suivre fidèlement l'appel que vous avez reçu de Dieu : ayez beaucoup d'humilité, de douceur et de patience, supportez-vous les uns les autres avec amour ; ayez à cœur de garder l'unité dans l'Esprit par le lien de la paix ». (Eph. 4:1-3).

S. Paul explique ensuite que dans l'unité de l'Eglise, il existe une diversité de dons, selon la grâce multiforme du Christ, mais cette diversité est en fonction de l’édification de l’unique Corps du Christ: «C'est lui qui a établi les uns comme apôtres, d’autres comme prophètes, d’autres comme évangélistes, d’autres comme pasteurs et maitres, pour rendre aptes les frères à accomplir leur ministère, en vue de l'édification du corps du Christ »(cf. 4:11-12).

C’est précisément pour l'unité de son Corps mystique que le Christ a envoyé son Esprit Saint et choisi dans le même temps ses apôtres, en premier lieu desquels Pierre, qui apparait comme le fondement visible de l’unité de l'Eglise.

Dans notre texte, Saint Paul nous enseigne que nous devons travailler tous ensemble pour construire l'unité de l'Eglise, et que pour cette réalisation, « la collaboration de chaque connexion, selon l'énergie propre de chaque membre est nécessaire» (Ep 4:16). Nous tous, par conséquent, sommes appelés à coopérer avec le Successeur de Pierre, le fondement visible de cette unité de l'Eglise.

3. La mission du Pape

Frères et sœurs dans le Seigneur, l'Evangile d'aujourd'hui nous ramène à la dernière Cène, quand le Seigneur dit à ses Apôtres: «Ceci est mon commandement: vous aimer les uns les autres comme je vous ai aimés» (Jn 15, 12). Ce texte est également lié à la première lecture du prophète Isaïe sur l'action du Messie, pour nous rappeler que l'amour constitue l'attitude fondamentale des pasteurs de l'Eglise. C'est l'amour qui nous pousse à donner notre propre vie pour nos frères. Jésus nous dit en effet : «Nul n'a plus grand amour que de donner sa vie pour ses amis» (Jn 15:12).

L'attitude fondamentale de tout bon pasteur est donc de donner sa vie pour ses brebis (cf. Jn 10:15). Cela est particulièrement vrai pour le Successeur de Pierre, Pasteur de l'Eglise universelle. Parce que la charge pastorale est aussi haute et universelle que l’amour du Pasteur. Pour cela, dans le cœur de chaque Successeur de Pierre, raisonnent toujours les paroles que le Maitre Divin adressa à un humble pêcheur de Galilée », "Diligis me plus his? Pasce agnos meos… pasce oves meas", « M'aimes-tu plus que ceux-ci? Pais mes agneaux ... Pais mes brebis »(cf. Jn 21:15-17).

Dans le sillage de ce service d'amour pour l'Eglise et pour l'humanité toute entière, les derniers Papes ont été les artificiers de nombreuses initiatives, bénéfiques aussi pour les peuples et la communauté internationale, promouvant sans relâche de la justice et de la paix. Prions afin que le futur Pape poursuive cette œuvre incessante au niveau mondial.

Par ailleurs, ce service de charité fait partie de la nature intime de l'Église. Le Pape Benoît XVI a rappelé en disant: « même le service de la charité est une dimension constituante de la mission de l'Eglise et une expression essentielle de son être ».

Il s'agit d'une mission de charité propre à l'Église, et en particulier propre à l'Église de Rome, qui, selon la belle expression de Saint Ignace d'Antioche, est l'Église qui «préside à la charité", "praesidet caritati" (cf. Ad Romanos, Praef.; Lumen gentium, n. 13).

Mes frères, prions pour que le Seigneur nous accorde un Pape qui exerce cette noble mission avec un cœur généreux. Nous le demandons par l'intercession de la Très Sainte Vierge Marie, Reine des Apôtres, et de tous les martyrs et les saints qui au cours des siècles ont rendu glorieuse cette Eglise de Rome.

Amen!

[00365-03.01] [Texte original: Italien]

! TRADUZIONE IN LINGUA INGLESE

WORKING TRANSLATION

Homily of Cardinal Angelo Sodano

Dean of the College of Cardinals

Vatican Basilica - March 12, 2013

Dear Concelebrants, Distinct Authorities, Brothers and Sisters in Christ,

"Forever I will sing the mercies of the Lord" is the hymn that resounds once again near the tomb of the Apostle Peter in this important hour of the history of the Holy Church of Christ. These are the words of Psalm 88 that have flowed from our lips to adore, give thanks and beg the Father who is in heaven. "Misericordias Domini in aeternum cantabo": is the beautiful Latin text that has introduced us into contemplation of the One who always watches over his Church with love, sustaining her on her journey down through the ages, and giving her life through his Holy Spirit.

Such an interior attitude is ours today as we wish to offer ourselves with Christ to the Father who is in heaven, to thank him for the loving assistance that he always reserves for the Holy Church, and in particular for the brilliant Pontificate that he granted to us through the life and work of the 265th Successor of Peter, the beloved and venerable Pontiff Benedict XVI, to whom we renew in this moment all of our gratitude.

At the same time today, we implore the Lord, that through the pastoral sollicitude of the Cardinal Fathers, He may soon grant another Good Shepherd to his Holy Church. In this hour, faith in the promise of Christ sustains us in the indefectible character of the church. Indeed Jesus said to Peter: "You are Peter and on this rock I will build my Church, and the gates of hell shall not prevail against her." (Mt. 16:18).

My brothers, the readings of the World of God that we have just heard can help us better understand the mission that Christ has entrusted to Peter and to his successors.

1. The Message of Love

The first reading has offered us once again a well-known messianic oracle from the second part of the book of Isaiah that is known as "the book of consolation" (Isaiah 40-66). It is a prophecy addressed to the people of Israel who are in exile in Babylon. Through this prophecy, God announces that he will send a Messiah full of mercy, a Messiah who would say: "The spirit of the Lord God is upon me… he has sent me to bring good news to the poor, to bind up the wounds of broken hearts, to proclaim liberty to captives, freedom to prisoners, and to announce a year of mercy of the Lord" (Isaiah 61:1-3).

The fulfilment of such a prophecy is fully realized in Jesus, who came into the world to make present the love of the Father for all people. It is a love which is especially felt in contact with suffering, injustice, poverty and all human frailty, both physical and moral. It is especially found in the well known encyclical of Pope John Paul II, "Dives in Misericordia" where we read: "It is precisely the mode and sphere in which love manifests itself that in biblical language is called "mercy" (n. 3).

This mission of mercy has been entrusted by Christ to the pastors of his Church. It is a mission that must be embraced by every priest and bishop, but is especially entrusted to the Bishop of Rome, Shepherd of the universal Church. It is infact to Peter that Jesus said: "Simon son of John, do you love me more than these?... Feed my lambs (John 21:15). In his commentary on these words, St. Augustine wrote: "May it be therefore the task of love to feed the flock of the Lord" (In Iohannis Evangelium, 123, 5; PL 35, 1967).

It is indeed this love that urges the Pastors of the Church to undertake their mission of service of the people of every age, from immediate charitable work even to the highest form of service, that of offering to every person the light of the Gospel and the strength of grace.

This is what Benedict XVI wrote in his Lenten Message for this year (n.3). "Sometimes we tend, in fact, to reduce the term "charity" to solidarity or simply humanitarian aid. It is important, however, to remember that the greatest work of charity is evangelization, which is the "ministry of the word". There is no action more beneficial – and therefore more charitable – towards one’s neighbour than to break the bread of the word of God, to share with him the Good News of the Gospel, to introduce him to a relationship with God: evangelization is the highest and the most integral promotion of the human person. As the Servant of God Pope Paul VI wrote in the Encyclical Populorum Progressio, the proclamation of Christ is the first and principal contributor to development (cf. n. 16)."

2. The message of unity

The second reading is taken from the letter to the Ephesians., written by the Apostle Paul in this very city of Rome during his first imprisonment (62-63 A.D.)

It is a sublime letter in which Paul presents the mystery of Christ and his Church. While the first part is doctrinal (ch.1-3), the second part, from which today’s reading is taken, has a much more pastoral tone (ch. 4-6). In this part Paul teaches the practical consequences of the doctrine that was previously presented and begins with a strong appeal for church unity: "As a prisoner for the Lord, then, I urge you to live a life worthy of the calling you have received. Be completely humble and gentle; be patient, bearing with one another in love. Make every effort to keep the unity of the Spirit through the bond of peace. (Eph 4,1-3).

St. Paul then explains that in the unity of the Church, there is a diversity of gifts, according to the manifold grace of Christ, but this diversity is in function of the building up of the one body of Christ. "So Christ himself gave the apostles, the prophets, the evangelists, the pastors and teachers, to equip his people for works of service, so that the body of Christ may be built up (Eph 4:11-12).

It is for the very unity of His mystical body that Christ then has sent His Holy Spirit and, at the same time, He has established His apostles and among them Peter, who takes the lead as the visible foundation of the unity of the Church.

In our text, St. Paul teaches that each of us must work to build up the unity of the Church, so that "From him the whole body, joined and held together by every supporting ligament, grows and builds itself up in love, as each part does its work (Eph 4:16). Each of us is therefore called to cooperate with the Successor of Peter, the visible foundation of such an ecclesial unity.

3. The Mission of the Pope

Brothers and sisters in Christ today’s Gospel takes us back to the Last Supper, when the Lord said to his Apostles: "This is my commandment: that you love one another as I have loved you" (John 15:12). The text is linked to the first reading from the Messiah’s actions in the first reading from the prophet Isaiah, reminding us that the fundamental attitude of the Pastors of the Church is love. It is this love that urges us to offer our own lives for our brothers and sisters. Jesus himself tells us: "There is no greater love than to lay down one’s life for one’s friends" (John 15:12).

The basic attitude of every Shepherd is therefore to lay down one’s life for his sheep (John 10:15). This also applies to the Successor of Peter, Pastor of the Universal Church. As high and universal the pastoral office, so much greater must be the charity of the Shepherd. In the heart of every Successor of Peter, the words spoken one day by the Divine Master to the humble fisherman of Galilee have resounded: "Diligis me plus his? Pasce agnos meos… pasce oves meas"; "Do you love me more than these? Feed my lambs… feed my sheep!" (John 21:15-17)

In the wake of this service of love toward the Church and towards all of humanity, the last popes have been builders of so many good initiatives for people and for the international community, tirelessly promoting justice and peace. Let us pray that the future Pope may continue this unceasing work on the world level.

Moreover, this service of charity is part of the intimate nature of the Church. Pope Benedict XVI reminded us of this fact when he said: "The service of charity is also a constitutive element of the Church’s mission and an indispensable expression of her very being; (Apostolic Letter in the form of a Motu Proprio Intima Ecclesiae natura, November 11, 2012, introduction; cf. Deus caritas est, n. 25).

It is a mission of charity that is proper to the Church, and in a particular way is proper to the Church of Rome, that in the beautiful expression of St. Ignatius of Antioch, is the Church that "presides in charity" "praesidet caritati" (cf. Ad Romanos (preface).; Lumen Gentium, n. 13).

My brothers, let us pray that the Lord will grant us a Pontiff who will embrace this noble mission with a generous heart. We ask this of the Lord, through the intercession of Mary most holy, Queen of the Apostles and of all the Martyrs and Saints, who through the course of history, made this Church of Rome glorious through the ages. Amen.

[00365-02.01] [Original text: Italian]

! TRADUZIONE IN LINGUA TEDESCA

ARBEITSÜBERSETZUNG

Heilige Messe "pro eligendo Summo Pontifice"

Predigt von Kardinal Angelo Sodano,

Dekan des Kardinalskollegiums

(Petersbasilika, 12. März 2013)

Liebe Konzelebranten, erhabene Autoritäten, Brüder und Schwestern im Herrn!

"Von den Taten deiner Huld, Herr, will ich ewig singen" ist der Gesang, der ein weiteres Mal am Grab des Apostels Petrus in dieser wichtigen Stunde in der Geschichte der Heiligen Kirche Christi erklingt. Es sind die Worte des Psalms 89, die auf unseren Lippen erblüht sind, um den Vater im Himmel anzubeten, ihm zu danken und ihn anzuflehen. "Misericordias Domini in aeternum cantabo": es ist der schöne lateinische Text, der uns in die Betrachtung desjenigen eingeführt hat, der immer mit Liebe über seine Kirche wacht, sie in ihrem Weg durch die Jahrhunderte unterstützt und sie mit seinem Heiligen Geist belebt.

Auch wir wollen uns heute mit dieser inneren Haltung mit Christus dem Vater im Himmel darbieten, um ihm für den liebevollen Beistand zu danken, den er immer für seine Heilige Kirche bereit hält, und insbesondere für das leuchtende Pontifikat, das er uns mit dem Leben und Wirken des 265. Nachfolgers Petri gewährt hat, mit dem geliebten und ehrwürdigen Papst Benedikt XVI., dem wir in diesem Augenblick nochmals unseren ganzen Dank aussprechen.

Zugleich wollen wir heute den Herrn anflehen, dass er uns mit Hilfe der pastoralen Dienstbarkeit der Kardinäle bald einen anderen guten Hirten für seine Heilige Kirche zugestehen möge. Ganz sicher stützt uns in dieser Stunde der Glaube an das Versprechen Christi über den unvergänglichen Charakter seiner Kirche. In der Tat sagte Jesus zu Petrus: "Du bist Petrus und auf diesen Felsen werde ich meine Kirche bauen, und die Mächte der Unterwelt werden sie nicht überwältigen" (vgl. Mt 16,18).

Meine Brüder, die Lesungen des Wortes des Herrn, die wir soeben gehört haben, können uns helfen besser den Auftrag zu verstehen, den Christus Petrus und seinen Nachfolgern aufgegeben hat.

1. Die Botschaft der Liebe

Die erste Lesung hat uns ein berühmtes messianisches Orakel aus dem zweiten Teil des Buches Jesaja vorgeschlagen, den Teil, der „Buch des Trostes" genannt wird (Js 40-66). Es ist eine Prophezeiung, die an das Volk Israel gerichtet ist, das dem Babylonischen Exil entgegengeht. Gott verkündet ihm die Sendung eines Messias voll von Gnade, eines Messias, der wird sagen können: „Der Geist Gottes, des Herrn, ruht auf mir … Er hat mich gesandt, damit ich den Armen eine frohe Botschaft bringe und alle heile, deren Herz zerbrochen ist, damit ich den Gefangenen die Entlassung verkünde und den Gefesselten die Befreiung, damit ich ein Gnadenjahr des Herrn ausrufe" (Js 61,1-3).

Diese Prophezeiung hat sich gänzlich durch Jesus erfüllt, der in die Welt gekommen ist, um die Liebe des Vaters den Menschen gegenüber zu verwirklichen. Es ist eine Liebe, die sich besonders im Kontakt mit dem Leid bemerkbar macht, mit Ungerechtigkeit, Armut, mit allen Zerbrechlichkeiten des Menschen, seien sie physisch oder moralisch. Dazu bekannt ist die berühmte Enzyklika von Papst Johannes Paul II. "Dives in misericordia" (Über das göttliche Erbarmen). Darin merkt er an, dass die Art und Weise, in der sich diese Liebe zeigt, gerade im biblischen Wort des Erbarmens zum Ausdruck kommt (vgl. n. 3).

Dieser Auftrag der Barmherzigkeit ist dann von Christus den Hirten seiner Kirche anvertraut worden. Es ist ein Auftrag, der jeden Priester und Bischof verpflichtet, doch noch mehr den Bischof von Rom, den Hirten der Weltkirche. Jesus sagte in der Tat zu Petrus: „Simon, Sohn des Johannes, liebst du mich mehr, als diese mich lieben? ... Weide meine Lämmer" (Joh 21,15). Der Kommentar des heiligen Augustinus zu diesen Worten Jesu ist bekannt: „sit amoris officium pascere dominicum gregem", „Es sei das Amt der Liebe, die Herde des Herrn zu weiden" (In Iohannis Evangelium, 123, 5; PL 35, 1967).

Diese Liebe ist es doch tatsächlich, die die Hirten der Kirche dazu antreibt, ihre Dienstmission für die Menschen jeder Zeit zu leisten, vom unmittelbareren karitativen Dienst bis zum höheren Dienst, dem Dienst nämlich, den Menschen das Licht des Evangeliums und die Kraft der Gnade zu bringen.

So hat es Benedikt XVI. in seiner Botschaft für die Fastenzeit für dieses Jahr formuliert (vgl. Nr. 3). Dort lesen wir: „Manchmal neigt man in der Tat dazu, den Begriff ,Nächstenliebe’ auf die Solidarität oder die einfache humanitäre Hilfeleistung zu beschränken. Es gilt jedoch zu bedenken, dass das höchste Werk der Nächstenliebe gerade die Evangelisierung, also der ,Dienst am Wort’ ist. Es gibt kein heilsameres und somit wohltätigeres Werk am Nächsten, als das Brot des Wortes Gottes mit ihm zu brechen, ihn an der Frohen Botschaft des Evangeliums teilhaben zu lassen, ihn in die Beziehung zu Gott einzuführen: Die Evangelisierung ist die höchste und umfassendste Förderung des Menschen. Wie der Diener Gottes Papst Paul VI. in der Enzyklika Populorum progressio schreibt, ist die Verkündigung Christi der erste und hauptsächliche Entwicklungsfaktor (vgl. Nr. 16)."

2. Die Botschaft der Einheit

Die zweite Lesung stammt aus dem Brief an die Epheser, den der Apostel Paulus hier, in dieser Stadt Rom, während seiner ersten Gefangenschaft ungefähr um 62-63 n.Chr. herum verfasst hat. Es ist ein tiefgründiges Schreiben, in dem Paulus das Mysterium Christi und der Kirche umreißt. Während der erste Teil, die Kapitel 1-3, eher lehrmäßiger Natur sind, verfügt der zweite, zu dem der von uns eben gehörte Text zählt, über einen eher pastoralen Ton; es sind die Kapitel 4-6. Hier zeigt Paulus die praktischen Konsequenzen der Lehre auf, die er zuvor ausgebreitet hat, und beginnt mit einem starken Appell zur Einheit der Kirche: „Ich, der ich um des Herrn willen im Gefängnis bin, ermahne euch, ein Leben zu führen, das des Rufes würdig ist, der an euch erging. Seid demütig, friedfertig und geduldig, ertragt einander in Liebe, und bemüht euch, die Einheit des Geistes zu wahren durch den Frieden, der euch zusammenhält" (Eph 4,1-3).

Der heilige Paulus erklärt daraufhin, dass innerhalb der Einheit der Kirche eine Vielfalt der Gaben existiert, der vielfältigen Gnade Christi entsprechend. Aber diese Vielfalt dient dazu, den einen Leib Christi aufzubauen: „Er gab den einen das Apostelamt, andere setzte er als Propheten ein, andere als Evangelisten, andere als Hirten und Lehrer, um die Heiligen für die Erfüllung ihres Dienstes zu rüsten, für den Aufbau des Leibes Christi" (vgl. 4,11-12).

Es ist genau um der Einheit seines mystischen Leibes willen, dass Christus dann seinen Heiligen Geist gesandt und gleichzeitig seine Apostel berufen hat, unter denen Petrus als sichtbares Fundament der kirchlichen Einheit hervorsticht.

In unserem Text lehrt uns der heilige Paulus, dass auch wir alle zusammenstehen müssen, um die Einheit der Kirche zu errichten, denn um zu ihr zu gelangen, ist es notwendig, dass „der ganze Leib zusammengefügt und gefestigt [wird] in jedem Gelenk" (Eph 4,16). Wir alle sind daher aufgefordert, mit dem Nachfolger Petri, dem sichtbaren Fundament jener Einheit der Kirche, zusammenzuwirken.

3. Die Sendung des Papstes

Liebe Brüder und Schwestern im Herrn, das heutige Evangelium führt uns zurück zum Letzten Abendmahl, als der Herr zu seinen Aposteln sagte: „Das ist mein Gebot: Liebt einander, so wie ich euch geliebt habe." (Joh 15,12). Der Text knüpft damit auch an die erste Lesung aus dem Propheten Jesaja über das Handeln des Messias an und erinnert uns daran, dass die grundlegende Haltung der Hirten der Kirche die Liebe ist. Es ist jene Liebe, die uns dazu veranlasst, unser eigenes Leben für unsere Mitbrüder zu schenken. So sagt uns in der Tat Jesus: "Es gibt keine größere Liebe, als wenn einer sein Leben für seine Freunde hingibt." (Joh 15,13)

Die grundlegende Haltung jedes guten Hirten ist es also, sein Leben hinzugeben für die Schafe (vgl. Joh 10,15). Dies gilt vor allem für den Nachfolger Petri, den Hirten der universellen Kirche. Denn je höher und universeller das Amt des Hirten ist, desto größer muss seine Liebe sein. Deshalb sind im Herzen jedes Nachfolgers Petri immer die Worte erklungen, die der Göttliche Meister eines Tages an den einfachen Fischer aus Galiläa gerichtet hat: „Diligis me plus his? Pasce agnos meos … pasce oves meas. Liebst Du mich mehr als diese? Weide meine Lämmer… weide meine Schafe" (vgl. Joh. 21, 15-17).

In der Nachfolge in diesem Liebesdienst an der Kirche und der ganzen Menschheit haben die letzten Päpste viel Gutes getan für die Völker und die Weltgemeinschaft und haben sich unablässig für Gerechtigkeit und Frieden eingesetzt. Beten wir dafür, dass der zukünftige Papst dieses Werk unermüdlich weltweit fortführen möge.

Dieser Liebesdienst gehört im Übrigen zum innersten Wesen der Kirche. Papst Benedikt XVI. hat uns daran erinnert, als er sagte: „Auch der Dienst der Liebe ist ein konstitutives Element der kirchlichen Sendung und unverzichtbarer Ausdruck ihres eigenen Wesens." (Apostolisches Schreiben in Form eines Motu proprio Intima Ecclesiae natura, 11. November 2012, proemio; vgl. Enzyklika Deus caritas est, 25.)

Es ist eine Sendung der Liebe, die der Kirche eigen ist, insbesondere der römischen Kirche, die, nach dem schönen Wort des Heiligen Ignatius von Antiochien, die Kirche ist, die "der Liebesgemeinschaft vorsteht"; "praesidet caritati" (vgl. Ad Romanos, praef.; Lumen gentium, 13.)

Liebe Mitbrüder, beten wir, damit der Herr uns einen Oberhirten schenkt, der großmütig diese vornehme Sendung erfüllt. Darum bitten wir durch die Fürsprache der Heiligen Maria, Königin der Apostel, und aller Märtyrer und Heiligen, die im Lauf der Jahrhunderte diese römische Kirche ruhmreich gemacht haben. Amen!

[00365-05.01] [Originalsprache: Italienisch]

! TRADUZIONE IN LINGUA SPAGNOLA

Santa Misa "por la elección del Sumo Pontífice"

Homilía del Cardenal Angelo Sodano

Decano del Colegio Cardenalicio

(Basílica Vaticana 12 de marzo de 2013)

Queridos concelebrantes,
Distinguidas autoridades,
Hermanos y hermanas en el Señor:

"Cantaré eternamente las misericordias del Señor". Es el canto que una vez más ha resonado en la tumba del Apóstol Pedro, en esta hora importante de la historia de la Santa Iglesia de Cristo. Son las palabras del salmo 88 que han florecido en nuestros labios para adorar, agradecer y suplicar al Padre que está en los Cielos. "Misericordias Domini in aeternum cantabo". Es el bello texto en latín que nos ha introducido en la contemplación de Aquel que siempre vigila con amor sobre su Iglesia, sosteniéndola en su camino a través de los siglos y vivificándola con su Santo Espíritu.

También nosotros hoy con esta actitud interior queremos ofrecernos con Cristo al Padre que está en los Cielos, para agradecerle la amorosa asistencia que siempre reserva a su Santa Iglesia, y en particular el luminoso Pontificado que nos ha concedido con la vida y las obras del 265 Sucesor de Pedro, el amado y venerado Pontífice Benedicto XVI, al cual en este momento renovamos toda nuestra gratitud.

Al mismo tiempo queremos implorar del Señor que a través de la solicitud pastoral de los Padres Cardenales, quiera pronto conceder a su Santa Iglesia otro Buen Pastor. Cierto, nos sostiene en esta hora la fe en la promesa de Cristo sobre el carácter indefectible de su Iglesia. Jesús, en efecto, dijo a Pedro: "Tú eres Pedro y sobre esta piedra edificaré mi Iglesia y las puertas del infierno no prevalecerán contra ella" (Mt 16,18).

Hermanos, las lecturas de la Palabra de Dios que acabamos de escuchar nos pueden ayudar a comprender mejor la misión que Cristo ha confiado a Pedro y a sus Sucesores.

1. El mensaje del amor

La primera lectura nos ha vuelto a proponer un célebre oráculo mesiánico de la segunda parte del libro de Isaías, aquella parte llamada "el Libro de la consolación" (Is 40-66). Es una profecía dirigida al pueblo de Israel destinado al exilio en Babilonia. Para ellos Dios anuncia el envío de un Mesías lleno de misericordia, un Mesías que podrá decir: "El espíritu del Señor Dios está sobre mí… me ha enviado a traer el feliz anuncio a los pobres, para vendar los corazones rotos, a proclamar la libertad a los esclavos, la excarcelación de los prisioneros, a promulgar el año de misericordia del Señor" (Is 61,1-3).

El cumplimiento de dicha profecía se ha realizado plenamente en Jesús, venido al mundo para hacer presente el amor del Padre hacia los hombres. Es un amor que se hace particularmente notar en el contacto con el sufrimiento, la injusticia, la pobreza, con todas las fragilidades del hombre, tanto físicas como morales. Es conocida al respecto la célebre encíclica del Papa Juan Pablo II "Dives in misericordia", que añadía: "El modo y el ámbito en que se manifiesta el amor es llamado ‘misericordia’ en el lenguaje bíblico" (Ibid. n. 3).

Esta misión de misericordia ha sido luego confiada por Cristo a los pastores de su Iglesia. Es una misión que compromete a cada sacerdote y obispo, pero compromete aún más al Obispo de Roma, Pastor de la Iglesia universal. A Pedro, en efecto, Jesús dijo: "Simón de Juan ¿me amas tú más que éstos? … Apacienta mis ovejas" (Jn 21,15). Es conocido el comentario de san Agustín a estas palabras de Jesús: "Sea por lo tanto tarea del amor apacentar la grey del Señor"; "sit amoris officium pascere dominicum gregem" (In Iohannis Evangelium,123,5; PL 35,1967).

En realidad, es este amor que impulsa a los Pastores de la Iglesia a desarrollar su misión de servicio a los hombres de cada tiempo, desde el servicio caritativo más inmediato hasta el servicio más alto, aquel de ofrecer a los hombres la luz del Evangelio y la fuerza de la gracia.

Así lo ha indicado Benedicto XVI en el Mensaje para la Cuaresma de este año (cf. n. 3). Leemos, en efecto, en dicho mensaje: "A veces, de hecho, se tiene la tendencia a reducir el término «caridad» a la solidaridad o a la simple ayuda humanitaria. En cambio, es importante recordar que la mayor obra de caridad es precisamente la evangelización, es decir, el «servicio de la Palabra». Ninguna acción es más benéfica y, por tanto, caritativa hacia el prójimo que partir el pan de la Palabra de Dios, hacerle partícipe de la Buena Nueva del Evangelio, introducirlo en la relación con Dios: la evangelización es la promoción más alta e integral de la persona humana. Como escribe el siervo de Dios el Papa Pablo VI en la Encíclica Populorum progressio, es el anuncio de Cristo el primer y principal factor de desarrollo (cf. n. 16)".

2. El mensaje de la unidad

La segunda lectura está tomada de la Carta a los Efesios, escrita por el Apóstol Pablo precisamente en esta ciudad de Roma durante su primer encarcelamiento (años 62-63 d.C.). Es una carta sublime en la cual Pablo presenta el misterio de Cristo y de la Iglesia. Mientras la primera parte es más doctrinal (cap. 1-3), la segunda, donde se introduce el texto que hemos escuchado, es de índole más pastoral (cap. 4-6). En esta parte, Pablo enseña las consecuencias prácticas de la doctrina presentada antes y empieza con una incisiva invitación a la unidad eclesial: "Los exhorto pues yo, el prisionero del Señor, a comportarse de manera digna de la vocación que han recibido, con toda humildad, mansedumbre y paciencia, soportándose recíprocamente con amor, tratando de conservar la unidad del espíritu a través del vínculo de la paz" (Ef 4,1-3).

San Pablo explica luego que en la unidad de la Iglesia existe una diversidad de dones, según la multiforme gracia de Cristo, pero esta diversidad está en función de la edificación del único cuerpo de Cristo: "Es él el que ha establecido a algunos como apóstoles, otros como profetas, otros como evangelistas, otros como pastores y maestros, para hacer idóneos a los hermanos para cumplir el ministerio, a fin de edificar el cuerpo de Cristo" (4,11-12).

Es propiamente por la unidad de su Cuerpo Místico que Cristo ha enviado luego su Santo Espíritu y al mismo tiempo ha establecido a sus Apóstoles, entre los cuales Pedro sobresale como el fundamento visible de la unidad de la Iglesia.

En nuestro texto, San Pablo nos enseña que también todos nosotros tenemos que colaborar para edificar la unidad de la Iglesia, ya que para realizarla es necesaria "la colaboración de cada articulación, según la energía propia de cada miembro(Ef 4,16). Todos nosotros, pues, estamos llamados a cooperar con el Sucesor de Pedro, fundamento visible de la unidad eclesial.

3. La misión del Papa

Hermanos y hermanas en el Señor, el Evangelio de hoy nos conduce a la última cena, cuando el Señor les dijo a sus Apóstoles: "Éste es mi mandamiento: que se amen los unos a los otros, como yo los he amado" (Jn 15,12). El texto también evoca la primera lectura del profeta Isaías a propósito del quehacer del Mesías, para recordarnos que la actitud fundamental de los Pastores de la Iglesia es el amor. Es ese amor el que nos impulsa a ofrecer la propia vida por los hermanos. Nos dice, en efecto, Jesús: "Nadie tiene un amor más grande que éste: dar la vida por los propios amigos" (Jn 15,12).

La actitud fundamental de cada buen Pastor es, pues, dar la vida por sus ovejas (cf. Jn 10,15). Esto vale sobre todo para el Sucesor de Pedro, Pastor de la Iglesia universal. Porque cuanto más alto y más universal es el oficio pastoral, tanto más grande tiene que ser la caridad del Pastor. Por esto, en el corazón de cada Sucesor de Pedro resuenan siempre las palabras que el Divino Maestro dirigió un día al humilde pescador de Galilea: "Diligis me plus his? Pasce agnos meos… pasce oves meas"; ¿me quieres más que éstos? Apacienta mis corderos… apacienta mis ovejas (cf. Jn 21,15-17).

En el ámbito de este servicio de amor a la Iglesia y a la humanidad entera, los últimos Pontífices también han sido artífices de muchas iniciativas benéficas en favor de los pueblos y la comunidad internacional, promoviendo sin cesar la justicia y la paz. Rogamos para que el futuro Papa pueda continuar esta incesante obra a nivel mundial.

Del resto, este servicio de caridad es parte de la naturaleza íntima de la Iglesia. Lo ha recordado el Papa Benedicto XVI diciéndonos: "También el servicio de la caridad es una dimensión constitutiva de la misión de la Iglesia y es expresión irrenunciable de su misma esencia" (Carta apostólica en forma de Motu proprio Intima Ecclesiae natura, el 11 de noviembre de 2012, proemio; cf. Carta Encíclica Deus caritas est, n. 25).

Es una misión de caridad que es propia de la Iglesia, y de modo particular es propia de la Iglesia de Roma, que, según la bella expresión de S. Ignacio de Antioquía, es la Iglesia que "preside en la caridad"; "praesidet caritati" (cfr. Ad Romanos, praef.; Lumen gentium, n. 13).

Hermanos, oremos para que el Señor nos conceda un Pontífice que desarrolle con corazón generoso esta noble misión. Se lo pedimos por intercesión de María Santísima, Reina de los Apóstoles, y de todos los Mártires y los Santos que a lo largo de los siglos han hecho gloriosa esta Iglesia de Roma. Amén.

[00365-04.01] [Texto original: Italiano]

! TRADUZIONE IN LINGUA PORTOGHESE

TRADUÇÃO NÃO OFICIAL

Santa Missa "pro eligendo Summo Pontifice"

Homilia do Card. Angelo Sodano,

Decano do Colégio Cardinalício

(Basílica Vaticana, 12 de março de 2013)

Queridos Concelebrantes, distintas Autoridades, Irmãos e Irmãs no Senhor!

"Cantarei, eternamente, as bondades do Senhor" é o canto que mais uma vez ressoou junto ao túmulo do Apóstolo Pedro nesta ora importante da história da Santa Igreja de Cristo. São as palavras do Salmo 88 que afloraram em nossos lábios para adorar, agradecer e suplicar ao Pai que está nos Céus. "Misericordias Domini in aeternum cantabo": é o bonito texto latino, que nos introduziu na contemplação d'Aquele que sempre vela com amor a sua Igreja, sustentado-a em seu caminho ao longo dos séculos e vivificando-a com o seu Espírito Santo.

Também nós hoje com tal atitude interior queremos oferecer-nos com Cristo ao Pai que está nos Céus para agradecer-lhe pela amorosa assistência que sempre reserva à sua Santa Igreja e em particular pelo luminoso Pontificado que nos concedeu com a vida e as obras do 265º Sucessor de Pedro, o amado e venerado Pontífice Bento XVI, ao qual neste momento renovamos toda a nossa gratidão.

Ao mesmo tempo hoje queremos implorar do Senhor que mediante a solicitude pastoral dos Padres Cardeais queira em breve conceder outro Bom Pastor à sua Santa Igreja. Certamente, auxilia-nos nesta ora a fé na promessa de Cristo sobre o caráter indefectível da sua Igreja. De fato, Jesus disse a Pedro: "Tu és Pedro e sobre esta pedra edificarei a minha Igreja, e as portas do inferno não prevalecerão contra ela" (cfr. Mt 16,18).

Meus irmãos, as leituras da Palavra de Deus que acabamos de ouvir podem nos ajudar a compreender melhor a missão que Cristo confiou a Pedro e a seus Sucessores.

1. A mensagem do amor

A primeira leitura repropôs-nos um célebre oráculo messiânico da segunda parte do livro de Isaías, aquela parte que é chamada "o Livro da consolação" (Is 40-66). É uma profecia dirigida ao povo de Israel destinado ao exílio na Babilônia. Deus anuncia para o povo de Israel o envio de um Messias cheio de misericórdia, um Messias que poderá dizer: "O espírito do Senhor repousa sobre mim... enviou-me a levar a boa nova aos humildes, curar os corações doloridos, anunciar aos cativos a redenção, aos prisioneiros a liberdade, proclamar um ano de graças da parte do Senhor" (Is 61,1-3)

O cumprimento de tal profecia realizou-se plenamente em Jesus, vindo ao mundo para tornar presente o amo do Pai pelos homens. É um amor que se faz notar particularmente no contato com o sofrimento, a injustiça, a pobreza, com todas as fragilidades do homem, tanto físicas quanto morais. É conhecida, a esse propósito, a célebre Encíclica do Papa João Paulo II "Dives in misericordia", que acrescentava: "o modo e o âmbito em que se manifesta o amor são chamados na linguagem bíblica «misericórdia» (Ibidem, n. 3).

Esta missão de misericórdia foi confiada por Cristo aos Pastores da sua Igreja. É uma missão que empenha todo sacerdote e bispo, mas empenha ainda mais o Bispo de Roma, Pastor da Igreja universal. De fato, Jesus disse a Pedro: "Simão, filho de João, amas-me mais do que estes?... Apascenta os meus cordeiros" (Jo 21,15). É conhecido o comentário de S. Agostinho a essas palavras de Jesus: "seja, portanto, missão do amor apascentar o rebanho do Senhor"; "sit amoris officium pascere dominicum gregem" (In Iohannis Evangelium, 123, 5; PL 35, 1967).

Na realidade, é este amor que impele os Pastores da Igreja a realizar a sua missão de serviço aos homens de todos os tempos, do serviço caritativo mais imediato até o serviço mais alto, o serviço de oferecer aos homens a luz do Evangelho e a força da graça.

Assim o indicou Bento XVI na Mensagem para a Quaresma deste ano (cfr. N. 3). De fato, lemos em tal mensagem: "De fato, por vezes tende-se a circunscrever a palavra «caridade» à solidariedade ou à mera ajuda humanitária; é importante recordar, ao invés, que a maior obra de caridade é precisamente a evangelização, ou seja, o «serviço da Palavra». Não há ação mais benéfica e, por conseguinte, caritativa com o próximo do que repartir-lhe o pão da Palavra de Deus, fazê-lo participante da Boa Nova do Evangelho, introduzi-lo no relacionamento com Deus: a evangelização é a promoção mais alta e integral da pessoa humana. Como escreveu o Servo de Deus Papa Paulo VI, na Encíclica Populorum progressio, o anúncio de Cristo é o primeiro e principal fator de desenvolvimento (cf. n. 16)".

2. A mensagem da unidade

A segunda leitura é extraída da Carta aos Efésios, escrita pelo Apóstolo Paulo justamente nesta cidade de Roma durante a sua primeira prisão (anos 62-63 d.C.).

É uma leitura sublime na qual Paulo apresenta o mistério de Cristo e da Igreja. Enquanto a primeira parte é mais doutrinal (cap. 1-3), a segunda, onde se insere o texto que ouvimos, é de tom mais pastoral (cap. 4-6). Nesta parte Paulo ensina as conseqüências práticas da doutrina apresentada antes e começa com um forte apelo à unidade eclesial: "Exorto-vos, pois – prisioneiro que sou pela causa do Senhor – que leveis uma vida digna da vocação à qual fostes chamados, com toda a humildade, mansidão, e paciência. Suportai-vos caridosamente uns aos outros. Esforçai-vos por conservar a unidade do Espírito no vínculo da paz (Ef 4,1-3)".

S. Paulo explica em seguida que na unidade da Igreja existe uma diversidade de dons, segundo a multiforme graça de Cristo, mas essa diversidade está em função da edificação do único corpo de Cristo: "A uns ele constituiu apóstolos; a outros, profetas; a outros, evangelistas, pastores, doutores, visando o aperfeiçoamento dos cristãos, e o trabalho na obra da construção do corpo de Cristo" (cfr. 4,11-12).

É justamente para a unidade do seu Corpo Místico que Cristo em seguida enviou o seu Espírito Santo e, ao mesmo tempo, estabeleceu os seus Apóstolos, entre os quais Pedro tem a primazia como o fundamento visível da unidade da Igreja.

Em nosso texto São Paulo ensina-nos que também todos nós devemos colaborar para edificar a unidade da Igreja, porque para realizá-la é necessária "a colaboração de cada conexão, segundo a energia própria de cada membro" (Ef 4,16). Todos nós, portanto, somos chamados a cooperar com o Sucessor de Pedro, fundamento visível de tal unidade eclesial.

3. A missão do Papa

Irmãos e irmãs no Senhor, o Evangelho de hoje reconduz-nos à última ceia, quando o Senhor disse aos seus Apóstolos: "Este é o meu mandamento: que vós ameis uns aos outros, com eu vos amei" (Jo 15,12). O texto se une assim também à primeira leitura do profeta Isaías sobre o agir do Messias, para recordar-nos que a atitude fundamental dos Pastores da Igreja é o amor. É aquele amor que nos impele a oferecer a própria vida pelos irmãos. De fato, Jesus nos diz: "ninguém tem um amor maior do que este: dar a vida pelos próprios amigos" (Jo 15,12).

A atitude fundamental de todo bom Pastor é, portanto, dar a vida por suas ovelhas (cfr Jo 10,15). Isto vale, sobretudo, para o Sucessor de Pedro, Pastor da Igreja universal. Porque quanto mais alto e mais universal é o ofício pastoral, tanto maior deve ser a caridade do Pastor. Por isto no coração de todo Sucessor de Pedro sempre ressoaram as palavras que o Divino Mestre dirigiu um dia ao humilde pescador da Galileia: "Diligis me plus his? Pasce agnos meos... pasce oves meas"; "Amas-me mais do que estes? Apascenta os meus cordeiros... apascenta as minhas ovelhas!" (cfr. Jo 21,15-17).

No sulco deste serviço de amor pela Igreja e pela humanidade inteira, os últimos Pontífices foram artífices de muitas iniciativas benéficas também para os povos e a comunidade internacional, promovendo sem cessar a justiça e a paz. Rezemos para que o futuro Papa possa continuar esta incessante obra em nível mundial.

Ademais, este serviço de caridade faz parte da natureza íntima da Igreja. Recordou-nos isso o Papa Bento XVI dizendo-nos: "também o serviço da caridade é uma dimensão constitutiva da missão da Igreja e é expressão irrenunciável da sua própria essência" (Carta apostólica em forma de Motu proprio Intima Ecclesiae natura, 11 de novembro de 2012, proêmio; cfr. Carta Encíclica Deus caritas est, n.25).

É uma missão de caridade que é própria da Igreja, e de modo particular é própria da Igreja de Roma, que, segundo a bela expressão de S. Inácio de Antioquia, é a Igreja que "preside à caridade"; "praesidet caritati" (cfr. Ad Romanos, praef.: Lumen gentium, n. 13).

Meus irmãos, rezemos a fim de que o Senhor nos conceda um Pontífice que realize com coração generoso tal nobre missão. É o que Lhe pedimos por intercessão de Maria Santíssima, Rainha dos Apóstolos, e de todos os Mártires e Santos que ao longo dos séculos deram glória a esta igreja de Roma. Amém!

[00365-06.01] [Texto original: Italiano]

[B0145-XX.01]