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L’UDIENZA GENERALE, 23.01.2013


L’UDIENZA GENERALE

CATECHESI DEL SANTO PADRE IN LINGUA ITALIANA

SINTESI DELLA CATECHESI NELLE DIVERSE LINGUE  

SALUTI PARTICOLARI NELLE DIVERSE LINGUE

APPELLO DEL SANTO PADRE

L’Udienza Generale di questa mattina si è svolta alle ore 10.30 nell’Aula Paolo VI dove il Santo Padre Benedetto XVI ha incontrato gruppi di pellegrini e fedeli provenienti dall’Italia e da ogni parte del mondo.

Nel discorso in lingua italiana il Papa ha continuato il ciclo di catechesi dedicato all’Anno della fede.

Dopo aver riassunto la Sua catechesi in diverse lingue, il Santo Padre ha rivolto particolari espressioni di saluto ai gruppi di fedeli presenti. Quindi ha rivolto un appello per la popolazione di Giacarta, in Indonesia, colpita da una devastante alluvione.

L’Udienza Generale si è conclusa con il canto del Pater Noster e la Benedizione Apostolica.

CATECHESI DEL SANTO PADRE IN LINGUA ITALIANA  

Cari fratelli e sorelle,

in quest’Anno della fede, vorrei iniziare oggi a riflettere con voi sul Credo, cioè sulla solenne professione di fede che accompagna la nostra vita di credenti. Il Credo comincia così: "Io credo in Dio". E’ un’affermazione fondamentale, apparentemente semplice nella sua essenzialità, ma che apre all’infinito mondo del rapporto con il Signore e con il suo mistero. Credere in Dio implica adesione a Lui, accoglienza della sua Parola e obbedienza gioiosa alla sua rivelazione. Come insegna il Catechismo della Chiesa Cattolica, «la fede è un atto personale: è la libera risposta dell’uomo all’iniziativa di Dio che si rivela» (n. 166). Poter dire di credere in Dio è dunque insieme un dono – Dio si rivela, va incontro a noi – e un impegno, è grazia divina e responsabilità umana, in un’esperienza di dialogo con Dio che, per amore, «parla agli uomini come ad amici» (Dei Verbum, 2), parla a noi affinché, nella fede e con la fede, possiamo entrare in comunione con Lui.

Dove possiamo ascoltare Dio e la sua parola? Fondamentale è la Sacra Scrittura, in cui la Parola di Dio si fa udibile per noi e alimenta la nostra vita di "amici" di Dio. Tutta la Bibbia racconta il rivelarsi di Dio all’umanità; tutta la Bibbia parla di fede e ci insegna la fede narrando una storia in cui Dio porta avanti il suo progetto di redenzione e si fa vicino a noi uomini, attraverso tante luminose figure di persone che credono in Lui e a Lui si affidano, fino alla pienezza della rivelazione nel Signore Gesù.

Molto bello, a questo riguardo, è il capitolo 11 della Lettera agli Ebrei, che abbiamo appena sentito. Qui si parla della fede e si mettono in luce le grandi figure bibliche che l’hanno vissuta, diventando modello per tutti i credenti. Dice il testo nel primo versetto: «La fede è fondamento di ciò che si spera e prova di ciò che non si vede» (11,1). Gli occhi della fede sono dunque capaci di vedere l’invisibile e il cuore del credente può sperare oltre ogni speranza, proprio come Abramo, di cui Paolo dice nella Lettera ai Romani che «credette, saldo nella speranza contro ogni speranza» (4,18).

Ed è proprio su Abramo, che vorrei soffermarmi e soffermare la nostra attenzione, perché è lui la prima grande figura di riferimento per parlare di fede in Dio: Abramo il grande patriarca, modello esemplare, padre di tutti i credenti (cfr Rm 4,11-12). La Lettera agli Ebrei lo presenta così: «Per fede, Abramo, chiamato da Dio, obbedì partendo per un luogo che doveva ricevere in eredità, e partì senza sapere dove andava. Per fede, egli soggiornò nella terra promessa come in una regione straniera, abitando sotto le tende, come anche Isacco e Giacobbe, coeredi della medesima promessa. Egli aspettava infatti la città dalle salde fondamenta, il cui architetto e costruttore è Dio stesso» (11,8-10).

L’autore della Lettera agli Ebrei fa qui riferimento alla chiamata di Abramo, narrata nel Libro della Genesi, il primo libro della Bibbia. Che cosa chiede Dio a questo patriarca? Gli chiede di partire abbandonando la propria terra per andare verso il paese che gli mostrerà, «Vattene dalla tua terra, dalla tua parentela e dalla casa di tuo padre, verso la terra che io ti indicherò» (Gen 12,1). Come avremmo risposto noi a un invito simile? Si tratta, infatti, di una partenza al buio, senza sapere dove Dio lo condurrà; è un cammino che chiede un’obbedienza e una fiducia radicali, a cui solo la fede consente di accedere. Ma il buio dell’ignoto – dove Abramo deve andare – è rischiarato dalla luce di una promessa; Dio aggiunge al comando una parola rassicurante che apre davanti ad Abramo un futuro di vita in pienezza: «Farò di te una grande nazione e ti benedirò, renderò grande il tuo nome… e in te si diranno benedette tutte le famiglie della terra» (Gen 12,2.3).

La benedizione, nella Sacra Scrittura, è collegata primariamente al dono della vita che viene da Dio e si manifesta innanzitutto nella fecondità, in una vita che si moltiplica, passando di generazione in generazione. E alla benedizione è collegata anche l’esperienza del possesso di una terra, di un luogo stabile in cui vivere e crescere in libertà e sicurezza, temendo Dio e costruendo una società di uomini fedeli all’Alleanza, «regno di sacerdoti e nazione santa» (cfr. Es 19,6).

Perciò Abramo, nel progetto divino, è destinato a diventare «padre di una moltitudine di popoli» (Gen 17,5; cfr Rm 4,17-18) e ad entrare in una nuova terra dove abitare. Eppure Sara, sua moglie, è sterile, non può avere figli; e il paese verso cui Dio lo conduce è lontano dalla sua terra d’origine, è già abitato da altre popolazioni, e non gli apparterrà mai veramente. Il narratore biblico lo sottolinea, pur con molta discrezione: quando Abramo giunge nel luogo della promessa di Dio: «nel paese si trovavano allora i Cananei» (Gen 12,6). La terra che Dio dona ad Abramo non gli appartiene, egli è uno straniero e tale resterà sempre, con tutto ciò che questo comporta: non avere mire di possesso, sentire sempre la propria povertà, vedere tutto come dono. Questa è anche la condizione spirituale di chi accetta di seguire il Signore, di chi decide di partire accogliendo la sua chiamata, sotto il segno della sua invisibile ma potente benedizione. E Abramo, "padre dei credenti", accetta questa chiamata, nella fede. Scrive san Paolo nella Lettera ai Romani: «Egli credette, saldo nella speranza contro ogni speranza, e così divenne padre di molti popoli, come gli era stato detto: Così sarà la tua discendenza. Egli non vacillò nella fede, pur vedendo già come morto il proprio corpo – aveva circa cento anni – e morto il seno di Sara. Di fronte alla promessa di Dio non esitò per incredulità, ma si rafforzò nella fede e diede gloria a Dio, pienamente convinto che quanto egli aveva promesso era anche capace di portarlo a compimento»(Rm 4,18-21).

La fede conduce Abramo a percorrere un cammino paradossale. Egli sarà benedetto ma senza i segni visibili della benedizione: riceve la promessa di diventare grande popolo, ma con una vita segnata dalla sterilità della moglie Sara; viene condotto in una nuova patria ma vi dovrà vivere come straniero; e l’unico possesso della terra che gli sarà consentito sarà quello di un pezzo di terreno per seppellirvi Sara (cfr Gen 23,1-20). Abramo è benedetto perché, nella fede, sa discernere la benedizione divina andando al di là delle apparenze, confidando nella presenza di Dio anche quando le sue vie gli appaiono misteriose.

Che cosa significa questo per noi? Quando affermiamo: "Io credo in Dio", diciamo come Abramo: "Mi fido di Te; mi affido a Te, Signore", ma non come a Qualcuno a cui ricorrere solo nei momenti di difficoltà o a cui dedicare qualche momento della giornata o della settimana. Dire "Io credo in Dio" significa fondare su di Lui la mia vita, lasciare che la sua Parola la orienti ogni giorno, nelle scelte concrete, senza paura di perdere qualcosa di me stesso. Quando, nel Rito del Battesimo, per tre volte viene richiesto: "Credete?" in Dio, in Gesù Cristo, nello Spirito Santo, la santa Chiesa Cattolica e le altre verità di fede, la triplice risposta è al singolare: "Credo", perché è la mia esistenza personale che deve ricevere una svolta con il dono della fede, è la mia esistenza che deve cambiare, convertirsi. Ogni volta che partecipiamo ad un Battesimo dovremmo chiederci come viviamo quotidianamente il grande dono della fede.

Abramo, il credente, ci insegna la fede; e, da straniero sulla terra, ci indica la vera patria. La fede ci rende pellegrini sulla terra, inseriti nel mondo e nella storia, ma in cammino verso la patria celeste. Credere in Dio ci rende dunque portatori di valori che spesso non coincidono con la moda e l’opinione del momento, ci chiede di adottare criteri e assumere comportamenti che non appartengono al comune modo di pensare. Il cristiano non deve avere timore di andare "controcorrente" per vivere la propria fede, resistendo alla tentazione di "uniformarsi". In tante nostre società Dio è diventato il "grande assente" e al suo posto vi sono molti idoli, diversissimi idoli e soprattutto il possesso e l’"io" autonomo. E anche i notevoli e positivi progressi della scienza e della tecnica hanno indotto nell’uomo un’illusione di onnipotenza e di autosufficienza, e un crescente egocentrismo ha creato non pochi squilibri all’interno dei rapporti interpersonali e dei comportamenti sociali.

Eppure, la sete di Dio (cfr. Sal 63,2) non si è estinta e il messaggio evangelico continua a risuonare attraverso le parole e le opere di tanti uomini e donne di fede. Abramo, il padre dei credenti, continua ad essere padre di molti figli che accettano di camminare sulle sue orme e si mettono in cammino, in obbedienza alla vocazione divina, confidando nella presenza benevola del Signore e accogliendo la sua benedizione per farsi benedizione per tutti. È il mondo benedetto della fede a cui tutti siamo chiamati, per camminare senza paura seguendo il Signore Gesù Cristo. Ed è un cammino talvolta difficile, che conosce anche la prova e la morte, ma che apre alla vita, in una trasformazione radicale della realtà che solo gli occhi della fede sono in grado di vedere e gustare in pienezza.

Affermare "Io credo in Dio" ci spinge, allora, a partire, ad uscire continuamente da noi stessi, proprio come Abramo, per portare nella realtà quotidiana in cui viviamo la certezza che ci viene dalla fede: la certezza, cioè, della presenza di Dio nella storia, anche oggi; una presenza che porta vita e salvezza, e ci apre ad un futuro con Lui per una pienezza di vita che non conoscerà mai tramonto.

[00103-01.01] [Testo originale: Italiano]

SINTESI DELLA CATECHESI NELLE DIVERSE LINGUE  

Sintesi della catechesi in lingua francese

Sintesi della catechesi in lingua inglese  

Sintesi della catechesi in lingua tedesca  

Sintesi della catechesi in lingua spagnola  

Sintesi della catechesi in lingua portoghese

Sintesi della catechesi in lingua francese  

Chers frères et sœurs, je voudrais commencer aujourd’hui à méditer avec vous sur la profession solennelle de notre foi : le Credo. Dans la Bible, Abraham est la première grande figure de référence pour parler de la foi. Il obéit à Dieu qui l’appelle à tout quitter. Il part dans l’obscurité, sûr cependant de la promesse d’une nouvelle terre et d’une paternité, malgré la stérilité de sa femme. Abraham discerne au-delà des apparences le dessein de Dieu qui est bénédiction. C’est pourquoi il est béni et il est le père des croyants : ceux qui acceptent de marcher à sa suite dans l’obéissance à l’appel de Dieu. Quand nous affirmons : « Je crois en Dieu », nous disons comme Abraham : « j’ai confiance en toi ; je m’abandonne à toi, Seigneur ». Dire « Je crois en Dieu » signifie aussi fonder ma vie sur Dieu, laisser sa Parole m’orienter. Avec le don de la foi reçu au baptême, c’est toute ma personne qui doit se convertir. La foi nous rend pèlerins sur la terre, des porteurs de valeurs qui ne coïncident pas souvent avec la mode. Affirmer « Je crois en Dieu », nous pousse à sortir de nous-mêmes comme Abraham, pour porter dans la réalité quotidienne la présence de Dieu qui ouvre à une plénitude de vie qui ne finira jamais.

Je salue avec joie les pèlerins francophones, surtout les jeunes ! La foi est un don de Dieu et un engagement personnel. Elle insère le chrétien dans le monde et dans l’histoire. Fiers de votre foi, n’ayez pas peur d’aller à contre-courant ! Résistez à la tentation du conformisme ! Apportez Dieu là où existent les idoles, l’égocentrisme et l’illusion de la toute-puissance de l’homme.
Bon pèlerinage !

[00104-03.01] [Texte original: Français]

Sintesi della catechesi in lingua inglese  

Dear Brothers and Sisters,

In our catechesis for this Year of Faith, we now turn to the Creed, the solemn profession of our faith as Christians. At the beginning of the Creed, we say "I believe in God". Faith is our response to the God who first speaks to us, makes himself known and calls us to enter into communion with him. We hear God speaking to us in the Scriptures, which recount the history of his revelation, culminating in the coming of his Son, Jesus Christ. A central figure in this history of revelation is Abraham, the father and model of all believers (cf. Rom 4:11-12). Sustained by God’s blessing and trusting in his promises, Abraham set off into the unknown. Like Abraham, we too are called to let faith shape our thoughts and actions in accordance with God’s saving word, even when this runs contrary to the thinking and ways of this world. With the eyes of faith, we discern God’s presence and his promise of eternal life beyond the realities of this present existence. In opening ourselves to God’s blessing, we become in turn a blessing for others.

During this Week of Prayer for Christian Unity, I offer a warm welcome to the faculty and students of the Bossey Graduate School of Ecumenical Studies, with cordial good wishes for their studies. I also greet the military chaplains from the United Kingdom recently returned from Afghanistan. Upon all the English-speaking visitors present at today’s Audience, including the pilgrim and student groups from the United States, I invoke God’s blessings of joy and peace.

[00105-02.01] [Original text: English]

Sintesi della catechesi in lingua tedesca  

Liebe Brüder und Schwestern!

Im Rahmen der Mittwochskatechesen jetzt im »Jahr des Glaubens« möchte ich heute damit beginnen, das Glaubensbekenntnis zu besprechen. Es setzt mit dem bedeutsamen Satz ein: »Ich glaube an Gott.« Was heißt das? An Gott glauben heißt mit ihm verbunden sein, seine Offenbarung annehmen und mit Freude seinem Wort gehorchen und den Weg gehen, den es zeigt. Der Glaube ist ein personaler Akt. Gott kommt dem Menschen entgegen, der auf den Anruf antwortet. So ist der Glaube zugleich Geschenk und Aufgabe, göttliche Gnade und menschliche Antwort, ein Dialog der Liebe, in dem Gott zu den Menschen wie zu Freunden redet. Wie können wir das Sprechen Gottes hören? Die ganze Bibel berichtet davon, wie sich Gott dem Menschen mitteilt, und ist selbst Mitteilung Gottes an uns. Sie lehrt uns glauben, indem sie uns zeigt, wie Gott in der Geschichte oft verborgen, geheimnisvoll, unter Schmerzen sein Erlösungswerk fortführt. Sie erzählt von den Menschen, die er anrührt und die sich ihm anvertrauen, bis zur Fülle der Offenbarung in Jesus Christus. Als Beispiel eines solchen Menschen des Alten Bundes haben wir vorhin in der Schriftlesung vom Patriarchen Abraham gehört. Im Glaubensgehorsam verläßt er seine Welt, in der er geborgen ist, sein Zuhause hat, geht in ein fremdes, ihm unbekanntes Land, ins Dunkel hinein, in ein Land, das einmal seinen Nachkommen gehören soll, in dem er aber ein Fremder ist, dem nichts gehört. Ihm ist verheißen, daß er Vater vieler Völker sein wird, aber seine Frau ist unfruchtbar. In alledem bleibt er der Weisung Gottes treu und glaubt, daß das, was der Herr sagt, wahr ist und erfüllt wird. Das Leben Abrahams ist so reich an Prüfungen, aber er baut darauf, daß Gott die Grundlage seines Lebens ist, daß er dann recht geht, wenn er seinem Wort nachgeht. So ist er über die Jahrtausende hin zum »Vater der Glaubenden«, zum Bild auch für uns und für unseren Glauben inmitten einer Welt geworden, in der es oft widersprüchlich und unmöglich scheint zu glauben, Beispiel dafür, bei ihm zu bleiben und so wirklich der Zukunft entgegenzugehen.

Von Herzen grüße ich die deutschsprachigen Pilger und Besucher. Besonders grüße ich natürlich die Delegation aus Hufschlag, wo ich meine schönen Jugendjahre verbracht habe. Danke für euren Besuch! Auch in unserem Leben gibt es immer wieder, wir wissen es, Prüfungen. Wenn wir dann sagen: Ich glaube an Gott!, dürfen wir zugleich mit Abraham sagen, Herr, ich vertraue dir, ich vertraue mich dir an! Durch den Glauben gründen wir unser Leben auf Gott. Der Herr selbst wird uns die Gnade schenken, ohne Angst, getreu und gerecht auf seinem Weg zu gehen. Danke.

[00106-05.01] [Originalsprache: Deutsch]

Sintesi della catechesi in lingua spagnola  

Queridos hermanos y hermanas:

La catequesis de hoy está dedicada al primer artículo del Credo «creo en un solo Dios», una afirmación fundamental, que parece sencilla pero que encierra un inmenso tesoro. Creer implica adhesión, acogida y obediencia; es un acto personal, una respuesta libre. Decir «creo» supone un don que se nos da y una responsabilidad que aceptamos; es una experiencia de diálogo con Dios que, por amor, nos habla como amigos. ¿Cómo escuchar su voz? Fundamentalmente en la Escritura, que nos habla de fe y nos narra una historia en la que el Señor cumple su proyecto de redención, a través de personas que creen y confían. Una de ellas es Abrahán, nuestro padre en la fe, porque es capaz de salir de su tierra, confiando sólo en Dios y en su promesa. A pesar de ver su cuerpo deteriorado y a su mujer anciana, y de vivir siempre como extranjero en una tierra habitada por otros, espera contra toda esperanza; por ello recibe la bendición de Dios, llena de vida y fecundidad, para hacer de él un gran pueblo. Para nosotros, Abrahán es ejemplo de libertad ante la opinión corriente, ante el juicio del mundo que busca un éxito aparente; Abrahán nos invita a responder también a Dios con un acto de confianza, que trasforme nuestra vida.

Saludo cordialmente a los peregrinos de lengua española, en particular a los grupos provenientes de España, México y los demás países latinoamericanos. Invito a todos a no tener miedo de seguir al Señor, olvidándonos de nosotros mismos y confiando en la bendición de Dios. Muchas gracias.

[00107-04.01] [Texto original: Español]

Sintesi della catechesi in lingua portoghese  

Queridos irmãos e irmãs,

Hoje quero começar a reflectir convosco sobre o Credo, a nossa Profissão de Fé, que inicia com estas palavras: «Creio em Deus»; um Deus, que Se revela e fala aos homens, convidando-os a entrar em comunhão com Ele. Assim no-lo mostra a Bíblia na vida de muitas pessoas. Uma delas é Abraão, chamado «o pai de todos os crentes». A fé leva-o a percorrer um caminho paradoxal, pois será abençoado, mas sem os sinais visíveis da bênção. Abraão, na fé, sabe discernir a bênção divina para além das aparências, confiando na presença do Senhor mesmo quando os seus caminhos são misteriosos. Os olhos da fé são capazes de ver o invisível. Também nós, quando dizemos «Creio em Deus», afirmamos como Abraão: «Entrego-Me nas vossas mãos! Entrego-me a Vós, Senhor!», para fundar em Vós a minha vida e deixar que a vossa Palavra a oriente nas opções concretas de cada dia.

Amados peregrinos por rotas e caminhos diversos, mas hoje com paragem comum neste Encontro com o Papa que vos dá as boas-vindas e saúda, especialmente à tripulação da fragata «Liberal» do Brasil e à delegação de várias entidades eclesiais e civis comprometidas na Jornada Mundial da Juventude no Rio de Janeiro e guiadas pelo Arcebispo local, Dom Orani. Só de mãos dadas, podereis realizar a travessia… Agradecido pela visita, dou-vos a minha Bênção, extensiva às vossas famílias.

[00108-06.01] [Texto original: Português]

SALUTI PARTICOLARI NELLE DIVERSE LINGUE  

Saluto in lingua polacca

Saluto in lingua araba

Saluto in lingua italiana

Saluto in lingua polacca  

Witam serdecznie pielgrzymów polskich, a szczególnie Siostry Elżbietanki: Matkę Generalną, Zarząd oraz Ekonomki prowincjalne i regionalne. W piątek, w święto Nawrócenia Świętego Pawła zakończymy Tydzień Modlitw o Jedność Chrześcijan. Niech modlitwa ekumeniczna wiernych różnych kościołów i wspólnot wyznaniowych owocuje w Roku Wiary pogłębieniem dialogu, poszukiwaniem prawdy, poznaniem tradycji i gestami pojednania. Niech będzie pochwalony Jezus Chrystus.

[Saluto cordialmente i pellegrini Polacchi, in particolare le Suore di Santa Elisabetta, con la Madre Generale, il Consiglio e le Econome provinciali e regionali. Venerdì prossimo, con la Festa della Conversione di San Paolo chiuderemo la Settimana di Preghiera per l’Unità dei Cristiani. La preghiera ecumenica dei fedeli delle diverse chiese e comunità cristiane fruttifichi nell’Anno della fede con l’approfondimento del dialogo, della ricerca della verità, del riconoscimento delle tradizioni, e con gesti di riconciliazione. Sia lodato Gesù Cristo.]

[00109-09.01] [Testo originale: Polacco]

Saluto in lingua araba  

البَابَا يُصْلِي مِنْ أَجَلِ جَمِيعِ النَّاطِقينَ بِاللُّغَةِ العَرَبِيَّةِ. لِيُبَارِك الرَّبّ جَمِيعَكُمْ.

[Il Papa prega per tutte le persone di lingua araba. Dio vi benedica tutti.]

[00110-08.01] [Testo originale: Arabo]

Saluto in lingua italiana  

Rivolgo un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua italiana. Saluto le religiose, gli studenti e i gruppi parrocchiali. Saluto in particolare i fedeli di Frazzanò, accompagnati dal Vescovo di Patti, Mons. Ignazio Zambito, in occasione dell’Anno Giubilare per l’anniversario della morte del monaco San Lorenzo, vostro patrono. A tutti l’auspicio che la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani stimoli in ogni comunità l’impegno a chiedere con insistenza al Signore il dono dell’unità e a vivere la comunione fraterna.

Infine, un pensiero affettuoso ai giovani, ai malati e agli sposi novelli. Venerdì prossimo celebreremo la Festa della Conversione di San Paolo. Cari giovani, l’Apostolo Paolo sia per voi modello di integrità di vita e di radicalità nella fede. Cari ammalati, offrite le vostre sofferenze per la causa dell’unità della Chiesa di Cristo. E voi, cari sposi novelli, ispiratevi alla vita dell’Apostolo delle genti, riconoscendo il primato a Dio e al suo amore nella vostra vita familiare. Grazie e auguri a tutti voi.

[00111-01.01] [Testo originale: Italiano]

APPELLO DEL SANTO PADRE  

Seguo con preoccupazione le notizie giunte dall’Indonesia, dove una grande alluvione ha devastato la capitale Giacarta, provocando vittime, migliaia di sfollati e ingenti danni. Desidero esprimere la mia vicinanza alle popolazioni colpite da questa calamità naturale, assicurando la mia preghiera e incoraggiando alla solidarietà affinché a nessuno manchi il necessario soccorso.

[00112-01.01] [Testo originale: Italiano]

[B0037-XX.01]