Sala Stampa

www.vatican.va

Sala Stampa Back Top Print Pdf
Sala Stampa


SANTA MESSA NELLA SOLENNITÀ DI MARIA SS.MA MADRE DI DIO E NELLA XLVI GIORNATA MONDIALE DELLA PACE, 01.01.2013


Alle ore 9.30 di questa mattina, nella Basilica Vaticana, il Santo Padre Benedetto XVI presiede la Celebrazione della Solennità di Maria Santissima Madre di Dio nell’ottava di Natale e nella ricorrenza della 46a Giornata Mondiale della Pace sul tema: Beati gli operatori di pace.
Concelebrano con il Papa il Card. Tarcisio Bertone, Segretario di Stato; il Card. Peter Kodwo Appiah Turkson, Presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace; S.E. Mons. Giovanni Angelo Becciu, Arcivescovo tit. di Roselle, Sostituto della Segreteria di Stato; S.E. Mons. Dominique Mamberti, Arcivescovo tit. di Sagona, Segretario per i Rapporti con gli Stati; S.E. Mons. Mario Toso, S.D.B., Vescovo tit. di Bisarcio, Segretario del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace e S.E. Mons. Beniamino Stella, Presidente della Pontificia Accademia Ecclesiastica.
Pubblichiamo di seguito l’omelia che il Papa pronuncia nel corso della Santa Messa:

OMELIA DEL SANTO PADRE

Cari fratelli e sorelle!

«Dio ci benedica, su di noi faccia splendere il suo volto». Così abbiamo acclamato, con le parole del Salmo 66, dopo aver ascoltato nella prima Lettura l’antica benedizione sacerdotale sul popolo dell’alleanza. E’ particolarmente significativo che all’inizio di ogni nuovo anno Dio proietti su di noi, suo popolo, la luminosità del suo santo Nome, il Nome che viene pronunciato tre volte nella solenne formula della benedizione biblica. E non meno significativo è che al Verbo di Dio – che «si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi» come la «luce vera, quella che illumina ogni uomo» (Gv 1,9.14) – venga dato, otto giorni dopo il suo natale – come ci narra il Vangelo di oggi – il nome di Gesù (cfr Lc 2,21).

E’ in questo nome che siamo qui riuniti. Saluto di cuore tutti i presenti, ad iniziare dagli illustri Ambasciatori del Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede. Saluto con affetto il Cardinale Bertone, mio Segretario di Stato, e il Cardinale Turkson, con tutti i componenti del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace; ad essi sono particolarmente grato per il loro impegno nel diffondere il Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace, che quest’anno ha come tema «Beati gli operatori di pace».

Nonostante il mondo sia purtroppo ancora segnato da «focolai di tensione e di contrapposizione causati da crescenti diseguaglianze fra ricchi e poveri, dal prevalere di una mentalità egoistica e individualistica espressa anche da un capitalismo finanziario sregolato», oltre che da diverse forme di terrorismo e di criminalità, sono persuaso che «le molteplici opere di pace, di cui è ricco il mondo, testimoniano l’innata vocazione dell’umanità alla pace. In ogni persona il desiderio di pace è aspirazione essenziale e coincide, in certa maniera, con il desiderio di una vita umana piena, felice e ben realizzata. L’uomo è fatto per la pace che è dono di Dio. Tutto ciò mi ha suggerito di ispirarmi per questo Messaggio alla parole di Gesù Cristo: Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio (Mt 5,9)» (Messaggio, 1). Questa beatitudine «dice che la pace è dono messianico e opera umana ad un tempo …E’ pace con Dio, nel vivere secondo la sua volontà. E’ pace interiore con se stessi, e pace esteriore con il prossimo e con tutto il creato» (ibid., 2 e 3). Sì, la pace è il bene per eccellenza da invocare come dono di Dio e, al tempo stesso, da costruire con ogni sforzo.

Ci possiamo chiedere: qual è il fondamento, l’origine, la radice di questa pace? Come possiamo sentire in noi la pace, malgrado i problemi, le oscurità, le angosce? La risposta ci viene data dalle Letture della liturgia odierna. I testi biblici, anzitutto quello tratto dal Vangelo di Luca, poc’anzi proclamato, ci propongono di contemplare la pace interiore di Maria, la Madre di Gesù. Per lei si compiono, durante i giorni in cui «diede alla luce il suo figlio primogenito» (Lc 2,7), tanti avvenimenti imprevisti: non solo la nascita del Figlio, ma prima il viaggio faticoso da Nazaret a Betlemme, il non trovare posto nell’alloggio, la ricerca di un rifugio di fortuna nella notte; e poi il canto degli angeli, la visita inaspettata dei pastori. In tutto ciò, però, Maria non si scompone, non si agita, non è sconvolta da fatti più grandi di lei; semplicemente considera, in silenzio, quanto accade, lo custodisce nella sua memoria e nel suo cuore, riflettendovi con calma e serenità. E’ questa la pace interiore che vorremmo avere in mezzo agli eventi a volte tumultuosi e confusi della storia, eventi di cui spesso non cogliamo il senso e che ci sconcertano.

Il brano evangelico termina con un accenno alla circoncisione di Gesù. Secondo la Legge di Mosè, dopo otto giorni dalla nascita, un bambino doveva essere circonciso, e in quel momento gli veniva dato il nome. Dio stesso, mediante il suo messaggero, aveva detto a Maria – e anche a Giuseppe – che il nome da dare al Bambino era «Gesù» (cfr Mt 1,21; Lc 1,31); e così avviene. Quel nome che Dio aveva già stabilito prima ancora che il Bambino fosse concepito, ora gli viene dato ufficialmente nel momento della circoncisione. E questo segna una volta per sempre anche l’identità di Maria: lei è «la madre di Gesù», cioè la madre del Salvatore, del Cristo, del Signore. Gesù non è un uomo come qualunque altro, ma è il Verbo di Dio, una delle Persone divine, il Figlio di Dio: perciò la Chiesa ha dato a Maria il titolo di Theotokos, cioè «Madre di Dio».

La prima Lettura ci ricorda che la pace è dono di Dio ed è legata allo splendore del volto di Dio, secondo il testo del Libro dei Numeri, che tramanda la benedizione usata dai sacerdoti del popolo d’Israele nelle assemblee liturgiche. Una benedizione che per tre volte ripete il nome santo di Dio, il nome impronunciabile, e ogni volta lo collega con due verbi indicanti un’azione a favore dell’uomo: «Ti benedica il Signore e ti custodisca. Il Signore faccia risplendere per te il suo volto e ti faccia grazia. Il Signore rivolga a te il suo volto e ti conceda pace» (6,24-26). La pace è dunque il culmine di queste sei azioni di Dio a nostro favore, in cui Egli rivolge a noi lo splendore del suo volto.

Per la Sacra Scrittura, contemplare il volto di Dio è somma felicità: «Lo inondi di gioia dinanzi al tuo volto», dice il Salmista (Sal 21,7). Dalla contemplazione del volto di Dio nascono gioia, sicurezza e pace. Ma che cosa significa concretamente contemplare il volto del Signore, così come può essere inteso nel Nuovo Testamento? Vuol dire conoscerlo direttamente, per quanto sia possibile in questa vita, mediante Gesù Cristo, nel quale si è rivelato. Godere dello splendore del volto di Dio vuol dire penetrare nel mistero del suo Nome manifestatoci da Gesù, comprendere qualcosa della sua vita intima e della sua volontà, affinché possiamo vivere secondo il suo disegno di amore sull’umanità. Lo esprime l’apostolo Paolo nella seconda Lettura, tratta dalla Lettera ai Galati (4,4-7), parlando dello Spirito che, nell’intimo dei nostri cuori, grida: «Abbà! Padre!». E’ il grido che sgorga dalla contemplazione del vero volto di Dio, dalla rivelazione del mistero del Nome. Gesù afferma: «Ho manifestato il tuo nome agli uomini» (Gv 17,6). Il Figlio di Dio fattosi carne ci ha fatto conoscere il Padre, ci ha fatto percepire nel suo volto umano visibile il volto invisibile del Padre; attraverso il dono dello Spirito Santo riversato nei nostri cuori, ci ha fatto conoscere che in Lui anche noi siamo figli di Dio, come afferma san Paolo nel brano che abbiamo ascoltato: «Che voi siete figli lo prova il fatto che Dio mandò nei nostri cuori lo Spirito del suo figlio, il quale grida: Abbà! Padre!» (Gal 4,6).

Ecco, cari fratelli, il fondamento della nostra pace: la certezza di contemplare in Gesù Cristo lo splendore del volto di Dio Padre, di essere figli nel Figlio, e avere così, nel cammino della vita, la stessa sicurezza che il bambino prova nelle braccia di un Padre buono e onnipotente. Lo splendore del volto del Signore su di noi, che ci concede pace, è la manifestazione della sua paternità; il Signore rivolge su di noi il suo volto, si mostra Padre e ci dona pace. Sta qui il principio di quella pace profonda - «pace con Dio» - che è legata indissolubilmente alla fede e alla grazia, come scrive san Paolo ai cristiani di Roma (cfr Rm 5,2). Niente può togliere ai credenti questa pace, nemmeno le difficoltà e le sofferenze della vita. Infatti, le sofferenze, le prove e le oscurità non corrodono, ma accrescono la nostra speranza, una speranza che non delude perché «l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato» (Rm 5,5).

La Vergine Maria, che oggi veneriamo con il titolo di Madre di Dio, ci aiuti a contemplare il volto di Gesù, Principe della Pace. Ci sostenga e ci accompagni in questo nuovo anno; ottenga per noi e per il mondo intero il dono della pace. Amen!

[00001-01.01] [Testo originale: Italiano]

TRADUZIONE IN LINGUA FRANCESE

Chers frères et sœurs !

« Que Dieu nous bénisse, qu’il fasse resplendir sur nous son visage ». C’est ainsi que nous avons acclamé, avec les paroles du Psaume 66, après avoir écouté dans la première lecture, l’antique bénédiction sacerdotale sur le peuple de l’alliance. Il est particulièrement significatif qu’au début de chaque nouvelle année, Dieu projette sur nous, son peuple, la lumière de son saint Nom, le Nom qui est prononcé trois fois dans la formule solennelle de la bénédiction biblique. Et il est non moins significatif qu’au Verbe de Dieu – qui « s’est fait chair et a habité parmi nous » comme la « vraie Lumière, qui éclaire tout homme » (Jn 1, 9.14) – soit donné huit jours après sa naissance le nom de Jésus, comme nous le raconte l’Évangile d’aujourd’hui (cf. Lc 2,21).

C’est dans ce nom que nous sommes réunis ici. Je salue cordialement toutes les personnes présentes, à commencer par les Ambassadeurs du Corps diplomatique accrédité près le Saint-Siège. Je salue avec affection le Cardinal Bertone, mon Secrétaire d’État, et le Cardinal Turkson, avec tous les membres du Conseil pontifical Justice et Paix ; je leur suis particulièrement reconnaissant pour leur engagement à diffuser le Message pour la Journée mondiale de la Paix, qui cette année, a pour thème « Bienheureux les artisans de paix ».

Bien que le monde soit malheureusement encore marqué par des « foyers de tension et d’opposition causés par des inégalités croissantes entre riches et pauvres, par la prévalence d’une mentalité égoïste et individualiste qui s’exprime également au travers d’un capitalisme financier sans régulation », en plus des différentes formes de terrorisme et de criminalité, je suis persuadé que «  les nombreuses œuvres de paix dont le monde est riche, témoignent de la vocation innée de l’humanité à la paix. En chaque personne, le désir de paix est une aspiration essentielle qui coïncide, d’une certaine façon, avec le désir d’une vie humaine pleine, heureuse et accomplie… L’homme est fait pour la paix qui est don de Dieu. Tout ce qui précède m’a conduit à m’inspirer, pour ce Message, des paroles de Jésus-Christ : « Heureux les artisans de paix, parce qu’ils seront appelés fils de Dieu » (Mt 5,9) (Message, n. 1). Cette béatitude « dit que la paix est à la fois don messianique et œuvre humaine… C’est la paix avec Dieu, en vivant selon sa volonté. C’est la paix intérieure avec soi-même et la paix extérieure avec le prochain et avec toute la création » (id. nn. 2 et 3). Oui, la paix est le bien par excellence à invoquer comme don de Dieu et, en même temps, à construire avec effort.

Nous pouvons nous demander : quel est le fondement, l’origine, la racine de cette paix ? Comment pouvons-nous sentir en nous la paix, malgré les problèmes, les obscurités, les angoisses ? La réponse nous est donnée par les lectures de la liturgie d’aujourd’hui. Les textes bibliques, surtout celui tiré de l’Évangile de Luc, qui vient d’être proclamé, nous proposent de contempler la paix intérieure de Marie, la Mère de Jésus. Pour elle s’accomplissent durant les jours où « elle mit au monde son fils premier-né » (Lc 2,7), tant d’événements imprévus : non seulement la naissance de son Fils, mais auparavant le voyage fatigant de Nazareth à Bethléem, le fait de ne pas trouver de place à l’auberge, la recherche d’un refuge de fortune dans la nuit ; et puis le chant des anges, la visite inattendue des bergers. En tout cela, cependant, Marie ne se trouble pas, elle ne s’agite pas, elle n’est pas bouleversée par des faits qui la dépassent ; elle considère simplement, en silence, ce qui arrive, le garde dans sa mémoire et dans son cœur, y réfléchissant avec calme et sérénité. C’est cela la paix intérieure que nous voudrions avoir au milieu des événements parfois tumultueux et confus de l’histoire, événements dont souvent nous ne saisissons pas le sens et qui nous déconcertent.

Le passage évangélique se termine avec une allusion à la circoncision de Jésus. Selon la Loi de Moïse, huit jours après la naissance, un petit garçon devait être circoncis et à ce moment lui était donné son nom. Dieu lui-même, par son messager, avait dit à Marie – et aussi à Joseph – que le nom à donner à l’Enfant était « Jésus » (cf. Mt 1, 21 ; Lc 1, 31) ; et ce fut ainsi. Ce nom que Dieu avait déjà établi avant que l’Enfant fut conçu, est donné maintenant officiellement au moment de la circoncision. Et cela marque aussi une fois pour toutes l’identité de Marie : elle est « la mère de Jésus », c’est-à-dire la mère du Sauveur, du Christ, du Seigneur. Jésus n’est pas un homme comme n’importe quel autre, mais il est le Verbe de Dieu, une des Personnes divines, le Fils de Dieu : par conséquent, l’Église a donné à Marie le titre de Theotokos, c’est-à-dire « Mère de Dieu ».

La première Lecture nous rappelle que la paix est don de Dieu et est liée à la splendeur du visage de Dieu, selon le texte du Livre des Nombres, qui transmet la bénédiction utilisée par les prêtres du peuple d’Israël dans les assemblées liturgiques. Une bénédiction qui par trois fois répète le saint nom de Dieu, le nom imprononçable, et chaque fois le relie à deux verbes indiquant une action en faveur de l’homme : « Que le Seigneur te bénisse et te garde. Que le Seigneur fasse briller sur toi son visage, qu’il se penche vers toi. Que le Seigneur tourne vers toi son visage, qu’il t’apporte la paix » (6, 24-26). La paix est donc le sommet de ces six actions de Dieu en notre faveur, dans lesquelles il tourne vers nous la splendeur de son visage.

Pour la Sainte Écriture, contempler le visage de Dieu est le plus grand bonheur : «  Tu le réjouis de bonheur près de ta face », dit le psalmiste (Ps 21, 7). De la contemplation du visage de Dieu naissent joie, sécurité et paix. Mais que signifie concrètement contempler le visage du Seigneur, comment cela peut-il être compris dans le Nouveau Testament ? Cela veut dire le connaitre directement, pour autant qu’il est possible en cette vie, par Jésus Christ, en qui il s’est révélé. Jouir de la splendeur du visage de Dieu veut dire pénétrer dans le mystère de son Nom qui nous est manifesté par Jésus, comprendre quelque chose de sa vie intime et de sa volonté, afin que nous puissions vivre selon son dessein d’amour sur l’humanité. L’apôtre Paul l’exprime dans la seconde Lecture, tirée de la Lettre aux Galates (4, 4-7), en parlant de l’Esprit qui, dans l’intime de nos cœurs, crie : « Abba ! Père ! ». C’est le cri qui jaillit de la contemplation du vrai visage de Dieu, de la révélation du mystère du Nom. Jésus affirme : « J’ai fait connaître ton nom aux hommes » (Jn 17,6). Le Fils de Dieu qui s’est fait chair nous a fait connaître le Père, il nous a fait percevoir dans son visage humain visible le visage invisible du Père ; à travers le don de l’Esprit Saint répandu dans nos cœurs, il nous a fait connaître qu’en Lui nous sommes nous aussi enfants de Dieu, comme affirme saint Paul dans le passage que nous avons entendu : « Et voici la preuve que vous êtes des fils : envoyé de Dieu, l’Esprit de son Fils est dans nos cœurs, et il crie vers le Père en l’appelant ’Abba ! Père !’ » (Ga 4, 6).

Voici, chers frères et sœurs, le fondement de notre paix : la certitude de contempler en Jésus Christ la splendeur du visage de Dieu Père, d’être fils dans le Fils, et d’avoir ainsi, sur le chemin de la vie, la même sécurité que l’enfant éprouve dans les bras d’un Père bon et tout puissant. La splendeur du visage du Seigneur sur nous, qui nous donne la paix est la manifestation de sa paternité ; le Seigneur tourne vers nous son visage, se montre Père et nous donne la paix. C’est là le principe de cette paix profonde – « la paix avec Dieu » - qui est liée indissolublement à la foi et à la grâce, comme écrit saint Paul aux chrétiens de Rome (cf. Rm 5, 2). Rien ne peut ôter aux croyants cette paix, pas même les difficultés et les souffrances de la vie. En effet, les souffrances, les épreuves et les obscurités n’érodent pas mais accroissent notre espérance, une espérance qui ne déçoit pas parce que « l’amour de Dieu a été répandu dans nos cœurs par l’Esprit Saint qui nous a été donné » (Rm 5, 5).

Que la Vierge Marie, que nous vénérons aujourd’hui avec le titre de Mère de Dieu, nous aide à contempler le visage de Jésus, Prince de la Paix. Qu’elle nous soutienne et nous accompagne en cette nouvelle année ; qu’elle obtienne pour nous et pour le monde entier le don de la paix. Amen !

[00001-03.01] [Texte original: Italien]

TRADUZIONE IN LINGUA INGLESE

Dear Brothers and Sisters,

"May God bless us and make his face to shine upon us." We proclaimed these words from Psalm 66 after hearing in the first reading the ancient priestly blessing upon the people of the covenant. It is especially significant that at the start of every new year God sheds upon us, his people, the light of his Holy Name, the Name pronounced three times in the solemn form of biblical blessing. Nor is it less significant that to the Word of God – who "became flesh and dwelt among us" (Jn 1:14) as "the true light that enlightens every man" (1:9) – is given, as today’s Gospel tells us, the Name of Jesus eight days after his birth (cf. Lk 2:21).

It is in this Name that we are gathered here today. I cordially greet all present, beginning with the Ambassadors of the Diplomatic Corps accredited to the Holy See. I greet with affection Cardinal Bertone, my Secretary of State, and Cardinal Turkson, with all the officials of the Pontifical Council for Justice and Peace; I am particularly grateful to them for their effort to spread the Message for the World Day of Peace, which this year has as its theme "Blessed are the Peacemakers".

Although the world is sadly marked by "hotbeds of tension and conflict caused by growing instances of inequality between rich and poor, by the prevalence of a selfish and individualistic mindset which also finds expression in an unregulated financial capitalism," as well as by various forms of terrorism and crime, I am convinced that "the many different efforts at peacemaking which abound in our world testify to mankind’s innate vocation to peace. In every person the desire for peace is an essential aspiration which coincides in a certain way with the desire for a full, happy and successful human life. In other words, the desire for peace corresponds to a fundamental moral principle, namely, the duty and right to an integral social and communitarian development, which is part of God’s plan for mankind. Man is made for the peace which is God’s gift. All of this led me to draw inspiration for this Message from the words of Jesus Christ: ‘Blessed are the peacemakers, for they will be called children of God’ (Mt 5:9)" (Message, 1). This beatitude "tells us that peace is both a messianic gift and the fruit of human effort …  It is peace with God through a life lived according to his will.  It is interior peace with oneself, and exterior peace with our neighbours and all creation" (ibid., 2, 3). Indeed, peace is the supreme good to ask as a gift from God and, at the same time, that which is to be built with our every effort.

We may ask ourselves: what is the basis, the origin, the root of peace? How can we experience that peace within ourselves, in spite of problems, darkness and anxieties? The reply is given to us by the readings of today’s liturgy. The biblical texts, especially the one just read from the Gospel of Luke, ask us to contemplate the interior peace of Mary, the Mother of Jesus. During the days in which "she gave birth to her first-born son" (Lk 2:7), many unexpected things occurred: not only the birth of the Son but, even before, the tiring journey from Nazareth to Bethlehem, not finding room at the inn, the search for a chance place to stay for the night; then the song of the angels and the unexpected visit of the shepherds. In all this, however, Mary remains even tempered, she does not get agitated, she is not overcome by events greater than herself; in silence she considers what happens, keeping it in her mind and heart, and pondering it calmly and serenely. This is the interior peace which we ought to have amid the sometimes tumultuous and confusing events of history, events whose meaning we often do not grasp and which disconcert us.

The Gospel passage finishes with a mention of the circumcision of Jesus. According to the Law of Moses, eight days after birth, baby boys were to be circumcised and then given their name. Through his messenger, God himself had said to Mary – as well as to Joseph – that the Name to be given to the child was "Jesus" (cf. Mt 1:21; Lk 1:31); and so it came to be. The Name which God had already chosen, even before the child had been conceived, is now officially conferred upon him at the moment of circumcision. This also changes Mary’s identity once and for all: she becomes "the mother of Jesus", that is the mother of the Saviour, of Christ, of the Lord. Jesus is not a man like any other, but the Word of God, one of the Divine Persons, the Son of God: therefore the Church has given Mary the title Theotokos or Mother of God.

The first reading reminds us that peace is a gift from God and is linked to the splendour of the face of God, according to the text from the Book of Numbers, which hands down the blessing used by the priests of the People of Israel in their liturgical assemblies. This blessing repeats three times the Holy Name of God, a Name not to be spoken, and each time it is linked to two words indicating an action in favour of man: "The Lord bless you and keep you: the Lord make his face to shine upon you: the Lord lift up his countenance upon you, and give you peace" (6:24-26). So peace is the summit of these six actions of God in our favour, in which he turns towards us the splendour of his face.

For sacred Scripture, contemplating the face of God is the greatest happiness: "You gladden him with the joy of your face" (Ps 21:7). From the contemplation of the face of God are born joy, security and peace. But what does it mean concretely to contemplate the face of the Lord, as understood in the New Testament? It means knowing him directly, in so far as is possible in this life, through Jesus Christ in whom he is revealed. To rejoice in the splendour of God’s face means penetrating the mystery of his Name made known to us in Jesus, understanding something of his interior life and of his will, so that we can live according to his plan of love for humanity. In the second reading, taken from the Letter to the Galatians (4:4-7), Saint Paul says as much as he describes the Spirit who, in our inmost hearts, cries: "Abba! Father!" It is the cry that rises from the contemplation of the true face of God, from the revelation of the mystery of his Name. Jesus declares, "I have manifested thy name to men" (Jn 17:6). God’s Son made man has let us know the Father, he has let us know the hidden face of the Father through his visible human face; by the gift of the Holy Spirit poured into our hearts, he has led us to understand that, in him, we too are children of God, as Saint Paul says in the passage we have just heard: "The proof that you are sons is that God has sent the Spirit of his Son into our hearts: the Spirit that cries, ‘Abba, Father’" (Gal 4:6).

Here, dear brothers and sisters, is the foundation of our peace: the certainty of contemplating in Jesus Christ the splendour of the face of God the Father, of being sons in the Son, and thus of having, on life’s journey, the same security that a child feels in the arms of a loving and all-powerful Father. The splendour of the face of God, shining upon us and granting us peace, is the manifestation of his fatherhood: the Lord turns his face to us, he reveals himself as our Father and grants us peace. Here is the principle of that profound peace – "peace with God" – which is firmly linked to faith and grace, as Saint Paul tells the Christians of Rome (cf. Rom 5:2). Nothing can take this peace from believers, not even the difficulties and sufferings of life. Indeed, sufferings, trials and darkness do not undermine but build up our hope, a hope which does not deceive because "God’s love has been poured into our hearts through the Holy Spirit which has been given to us" (5:5).

May the Virgin Mary, whom today we venerate with the title of Mother of God, help us to contemplate the face of Jesus, the Prince of Peace. May she sustain us and accompany us in this New Year: and may she obtain for us and for the whole world the gift of peace. Amen!

[00001-02.01] [Original text: Italian]

TRADUZIONE IN LINGUA TEDESCA

Liebe Brüder und Schwestern!

» Gott segne uns, er lasse sein Angesicht über uns leuchten. « So haben wir mit den Worten von Psalm 66 gerufen, nachdem wir in der ersten Lesung den alten Priestersegen über das Bundesvolk gehört haben. Es ist besonders bedeutsam, daß Gott zu Beginn jedes neuen Jahres auf uns, sein Volk, den leuchtenden Glanz seines heiligen Namens legt, dieses Namens, der in der feierlichen Formel des biblischen Segens dreimal ausgesprochen wird. Und nicht weniger bedeutsam ist, daß dem Wort Gottes – das » Fleisch geworden « ist und » unter uns gewohnt « hat als » Licht, das jeden Menschen erleuchtet « (Joh 1,9.14) – acht Tage nach seiner Geburt der Name Jesus gegeben wird, wie uns das heutige Evangelium berichtet (vgl. Lk 2,21).

In diesem Namen sind wir hier versammelt. Von Herzen begrüße ich alle Anwesenden, angefangen von den verehrten Botschaftern des beim Heiligen Stuhl akkreditierten Diplomatischen Korps. Herzlich grüße ich meinen Staatssekretär Kardinal Bertone und Kardinal Turkson mit allen Mitgliedern des Päpstlichen Rates für Gerechtigkeit und Frieden; ihnen bin ich besonders dankbar für ihren Einsatz bei der Verbreitung der Botschaft zum Weltfriedenstag, dessen Thema in diesem Jahr lautet: » Selig, die Frieden stiften. «

Obwohl die Welt leider noch durch » Spannungen und Konfliktherde, deren Ursache in der zunehmenden Ungleichheit zwischen Reichen und Armen wie in der Dominanz einer egoistischen und individualistischen Mentalität liegt, die sich auch in einem ungeregelten Finanzkapitalismus ausdrückt «, gekennzeichnet und außerdem durch verschiedene Formen von Terrorismus und Kriminalität bedroht ist, bin ich überzeugt, daß » die vielfältigen Werke des Friedens, an denen die Welt reich ist, die angeborene Berufung der Menschheit zum Frieden « beweisen. » Jedem Menschen ist der Wunsch nach Frieden wesenseigen und deckt sich in gewisser Weise mit dem Wunsch nach einem erfüllten, glücklichen und gut verwirklichten Leben. Mit anderen Worten, der Wunsch nach Frieden entspricht einem grundlegenden moralischen Prinzip, d. h. dem Recht auf eine ganzheitliche, soziale, gemeinschaftliche Entwicklung mit den dazu gehörenden Pflichten, und das ist Teil des Planes Gottes für den Menschen. Der Mensch ist geschaffen für den Frieden, der ein Geschenk Gottes ist. All das hat mich angeregt, für diese Botschaft von den Worten Jesu Christi auszugehen: Selig, die Frieden stiften; denn sie werden Söhne Gottes genannt werden (Mt 5,9) « (Botschaft zum Weltfriedenstag, 1). Diese Seligpreisung » besagt, daß der Friede messianisches Geschenk und zugleich Ergebnis menschlichen Bemühens ist … Er ist innerer Friede mit sich selbst, er ist äußerer Friede mit dem Nächsten und mit der gesamten Schöpfung « (ebd., 2 und 3). Ja, der Friede ist das Gute schlechthin, das als Geschenk Gottes erfleht und zugleich mit aller Anstrengung aufgebaut werden muß.

Wir können uns fragen: Was ist das Fundament, der Ursprung, die Wurzel dieses Friedens? Wie können wir in uns den Frieden verspüren trotz der Probleme, der Dunkelheiten, der Ängste? Die Antwort wird uns von den Lesungen der heutigen Liturgie gegeben. Die biblischen Texte, vor allem der eben vorgetragene Abschnitt aus dem Lukasevangelium, schlagen uns vor, den inneren Frieden Marias, der Mutter Jesu, zu betrachten. Für sie ereignet sich in den Tagen, in denen sie » ihren Sohn, den Erstgeborenen « (Lk 2,7) gebären sollte, viel Unvorhergesehenes: nicht allein die Geburt des Sohnes, sondern zuvor die anstrengende Reise von Nazareth nach Bethlehem, die Unmöglichkeit, einen Platz in der Herberge zu finden, die Suche nach einer Notunterkunft in der Nacht; und dann der Gesang der Engel, der unerwartete Besuch der Hirten. Bei alldem verliert Maria jedoch nicht die Fassung, sie gerät nicht in Aufregung und wird durch Tatsachen, die sie übersteigen, nicht erschüttert. Schweigend betrachtet sie einfach, was geschieht, bewahrt es in ihrem Gedächtnis und in ihrem Herzen, indem sie ruhig und gelassen darüber nachdenkt. Das ist der innere Friede, den wir haben möchten inmitten der manchmal stürmischen und wirren Ereignisse der Geschichte, deren Sinn wir häufig nicht erfassen und die uns erschüttern.

Der Evangelienabschnitt endet mit einer kurzen Erwähnung der Beschneidung Jesu. Nach dem mosaischen Gesetz mußte ein Knabe am achten Tag nach seiner Geburt beschnitten werden, und in diesem Moment wurde ihm der Name gegeben. Gott selber hatte durch seinen Boten zu Maria – und auch zu Joseph – gesagt, daß der Name für den Knaben » Jesus « sei (vgl. Mt 1,21; Lk 1,31); und so geschah es. Jener Name, den Gott schon bestimmt hatte, noch bevor der Knabe empfangen wurde, wird ihm jetzt im Moment der Beschneidung offiziell gegeben. Und das kennzeichnet ein für allemal auch die Identität Marias: Sie ist » die Mutter Jesu «, das heißt die Mutter des Retters, des Christus, des Herrn. Jesus ist nicht ein Mensch wie jeder andere, sondern er ist das Wort Gottes, eine der göttlichen Personen, der Sohn Gottes: Darum hat die Kirche Maria den Titel Theotokos, » Mutter Gottes « verliehen.

Die erste Lesung erinnert uns daran, daß der Friede – gemäß dem Text aus dem Buch Numeri, das die von den Priestern des Volkes Israel in den liturgischen Versammlungen angewendete Segensformel überliefert – ein Geschenk Gottes und an das Leuchten von Gottes Angesicht gebunden ist. Ein Segen, der dreimal den heiligen Namen Gottes, den unaussprechlichen Namen wiederholt und ihn jedesmal mit zwei Verben verbindet, die eine Handlung zugunsten des Menschen bezeichnen: » Der Herr segne dich und behüte dich. Der Herr lasse sein Angesicht über dich leuchten und sei dir gnädig. Der Herr wende sein Angesicht dir zu und schenke dir Heil « (6,24-26). Der Friede ist also der Höhepunkt dieser sechs Handlungen Gottes zu unseren Gunsten, in denen er uns das Leuchten seines Angesichtes zuwendet.

Für die Heilige Schrift ist das Schauen von Gottes Angesicht das höchste Glück: » Wenn du ihn anblickst, schenkst du ihm große Freude «, sagt der Psalmist (Ps 21,7). Aus der Betrachtung von Gottes Angesicht gehen Freude, Sicherheit und Friede hervor. Aber was bedeutet im Verständnis des Neuen Testaments konkret, das Angesicht des Herrn zu schauen? Es bedeutet, ihn durch Jesus Christus, in dem er sich offenbart hat, unmittelbar zu erkennen, so weit das in diesem Leben möglich ist. Sich des Glanzes von Gottes Angesicht zu erfreuen bedeutet, in das Geheimnis seines Namens einzudringen, der uns durch Jesus offenbart wurde, etwas von seinem Leben und seinem Willen zu verstehen, damit wir gemäß seinem Plan der Liebe für die Menschheit leben können. Das sagt der Apostel Paulus in der zweiten Lesung aus dem Brief an die Galater (vgl. 4,4-7), wenn er von dem Geist spricht, der im Innern unserer Herzen » Abbà! Vater! « ruft. Es ist der Ruf, der aus der Schau des wahren Angesichtes Gottes, aus der Offenbarung des Geheimnisses des Namens hervorgeht. Jesus sagt: » Ich habe deinen Namen den Menschen offenbart « (Joh 17,6). Der menschgewordene Sohn Gottes hat uns den Vater erkennen lassen, hat uns in seinem sichtbaren menschlichen Angesicht das unsichtbare Angesicht des Vaters wahrnehmen lassen; durch das Geschenk des Heiligen Geistes, der in unsere Herzen ausgegossen wurde, hat er uns erkennen lassen, daß in ihm auch wir Kinder Gottes sind, wie der heilige Paulus in dem Abschnitt betont, den wir gehört haben: » Weil ihr aber Söhne seid, sandte Gott den Geist seines Sohnes in unser Herz, den Geist, der ruft: Abba, Vater! « (Gal 4,6).

Das ist, liebe Brüder und Schwestern, das Fundament unseres Friedens: die Gewißheit, in Jesus Christus den Glanz des Angesichtes Gottes des Vaters zu schauen, im Sohn Kinder Gottes zu sein und so auf dem Lebensweg dieselbe Sicherheit zu besitzen, die das Kind in den Armen eines guten, allmächtigen Vaters empfindet. Das Leuchten des Angesichts des Herrn über uns, das uns Frieden schenkt, ist der Ausdruck seiner Vaterschaft; der Herr wendet uns sein Angesicht zu, er erweist sich als Vater und schenkt uns Frieden. Darin liegt der Ursprung jenes tiefen Friedens – » des Friedens mit Gott « –, der untrennbar mit dem Glauben und mit der Gnade verbunden ist, wie der heilige Paulus an die Christen Roms schreibt (vgl. Röm 5,2). Nichts kann den Christen diesen Frieden nehmen, nicht einmal die Schwierigkeiten und die Leiden des Lebens. Die Leiden, Prüfungen und Dunkelheiten zerstören nämlich unsere Hoffnung nicht, sondern sie stärken eine Hoffnung, die nicht zugrunde gehen läßt, denn » die Liebe Gottes ist ausgegossen in unsere Herzen durch den Heiligen Geist, der uns gegeben ist « (Röm 5,5).

Die Jungfrau Maria, die wir heute unter dem Titel der Mutter Gottes verehren, helfe uns, das Angesicht Jesu, des Friedensfürstes, zu betrachten. Sie unterstütze und begleite uns in diesem neuen Jahr; sie erwirke uns und der ganzen Welt das Geschenk des Friedens. Amen!

[00001-05.01] [Originalsprache: Italienisch]

TRADUZIONE IN LINGUA SPAGNOLA

Queridos hermanos y hermanas

«Que Dios tenga piedad y nos bendiga, ilumine su rostro sobre nosotros». Así, con estas palabras del Salmo 66, hemos aclamado, después de haber escuchado en la primera lectura la antigua bendición sacerdotal sobre el pueblo de la alianza. Es particularmente significativo que al comienzo de cada año Dios proyecte sobre nosotros, su pueblo, la luminosidad de su santo Nombre, el Nombre que viene pronunciado tres veces en la solemne fórmula de la bendición bíblica. Resulta también muy significativo que al Verbo de Dios, que «se hizo carne y habitó entre nosotros» como la «luz verdadera, que alumbra a todo hombre» (Jn 1,9.14), se le dé, ocho días después de su nacimiento – como nos narra el evangelio de hoy – el nombre de Jesús (cf. Lc 2,21).

Estamos aquí reunidos en este nombre. Saludo de corazón a todos los presentes, en primer lugar a los ilustres Embajadores del Cuerpo Diplomático acreditado ante la Santa Sede. Saludo con afecto al Cardenal Bertone, mi Secretario de Estado, y al Cardenal Turkson, junto a todos los miembros del Pontificio Consejo Justicia y Paz; a ellos les agradezco particularmente su esfuerzo por difundir el Mensaje para la Jornada Mundial de la Paz, que este año tiene como tema «Bienaventurados los que trabajan por la paz».

A pesar de que el mundo está todavía lamentablemente marcado por «focos de tensión y contraposición provocados por la creciente desigualdad entre ricos y pobres, por el predominio de una mentalidad egoísta e individualista, que se expresa también en un capitalismo financiero no regulado», así como por distintas formas de terrorismo y criminalidad, estoy persuadido de que «las numerosas iniciativas de paz que enriquecen el mundo atestiguan la vocación innata de la humanidad hacia la paz. El deseo de paz es una aspiración esencial de cada hombre, y coincide en cierto modo con el deseo de una vida humana plena, feliz y lograda… El hombre está hecho para la paz, que es un don de Dios. Todo esto me ha llevado a inspirarme para este mensaje en las palabras de Jesucristo: "Bienaventurados los que trabajan por la paz, porque serán llamados hijos de Dios" (Mt 5,9)» (Mensaje, 1). Esta bienaventuranza «dice que la paz es al mismo tiempo un don mesiánico y una obra humana …Se trata de paz con Dios viviendo según su voluntad. Paz interior con uno mismo, y paz exterior con el prójimo y con toda la creación» (ibíd., 2 y 3). Sí, la paz es el bien por excelencia que hay que pedir como don de Dios y, al mismo tiempo, construir con todas las fuerzas.

Podemos preguntarnos: ¿Cuál es el fundamento, el origen, la raíz de esta paz? ¿Cómo podemos sentir la paz en nosotros, a pesar de los problemas, las oscuridades, las angustias? La respuesta la tenemos en las lecturas de la liturgia de hoy. Los textos bíblicos, sobre todo el evangelio de san Lucas que se ha proclamado hace poco, nos proponen contemplar la paz interior de María, la Madre de Jesús. A ella, durante los días en los que «dio a luz a su hijo primogénito» (Lc 2,7), le sucedieron muchos acontecimientos imprevistos: no solo el nacimiento del Hijo, sino que antes un extenuante viaje desde Nazaret a Belén, el no encontrar sitio en la posada, la búsqueda de un refugio para la noche; y después el canto de los ángeles, la visita inesperada de los pastores. En todo esto, sin embargo, María no se descompone, no se inquieta, no se siente aturdida por los sucesos que la superan; simplemente considera en silencio cuanto sucede, lo custodia en su memoria y en su corazón, reflexionando sobre eso con calma y serenidad. Es esta la paz interior que nos gustaría tener en medio de los acontecimientos a veces turbulentos y confusos de la historia, acontecimientos cuyo sentido no captamos con frecuencia y nos desconciertan.

El texto evangélico termina con una mención a la circuncisión de Jesús. Según la ley de Moisés, un niño tenía que ser circuncidado ocho días después de su nacimiento, y en ese momento se le imponía el nombre. Dios mismo, mediante su mensajero, había dicho a María –y también a José- que el nombre del Niño era «Jesús» (cf. Mt 1,21; Lc 1,31); y así sucedió. El nombre que Dios había ya establecido aún antes de que el Niño fuera concebido se le impone oficialmente en el momento de la circuncisión. Y esto marca también definitivamente la identidad de María: ella es «la madre de Jesús», es decir la madre del Salvador, del Cristo, del Señor. Jesús no es un hombre como cualquier otro, sino el Verbo de Dios, una de las Personas divinas, el Hijo de Dios: por eso la Iglesia ha dado a María el título de Theotokos, es decir «Madre de Dios».

La primera lectura nos recuerda que la paz es un don de Dios y que está unida al esplendor del rostro de Dios, según el texto del libro de los Números, que transmite la bendición utilizada por los sacerdotes del pueblo de Israel en las asambleas litúrgicas. Una bendición que repite tres veces el santo nombre de Dios, el nombre impronunciable, y uniéndolo cada vez a dos verbos que indican una acción favorable al hombre: «El Señor te bendiga y te proteja, ilumine el Señor su rostro sobre ti y te conceda su favor. El Señor te muestre su rostro y te conceda la paz» (6,24-26). La paz es por tanto la culminación de estas seis acciones de Dios en favor nuestro, en las que vuelve el esplendor de su rostro sobre nosotros.

Para la sagrada Escritura, contemplar el rostro de Dios es la máxima felicidad: «lo colmas de gozo delante de tu rostro», dice el salmista (Sal 21,7). Alegría, seguridad y paz, nacen de la contemplación del rostro de Dios. Pero, ¿qué significa concretamente contemplar el rostro del Señor, tal y como lo entiende el Nuevo Testamento? Quiere decir conocerlo directamente, en la medida en que es posible en esta vida, mediante Jesucristo, en el que se ha revelado. Gozar del esplendor del rostro de Dios quiere decir penetrar en el misterio de su Nombre que Jesús nos ha manifestado, comprender algo de su vida íntima y de su voluntad, para que vivamos de acuerdo con su designio de amor sobre la humanidad. Lo expresa el apóstol Pablo en la segunda lectura, tomada de la carta a los Gálatas (4,4-7), al hablar del Espíritu que grita en lo más profundo de nuestros corazones: «¡Abba Padre!». Es el grito que brota de la contemplación del rostro verdadero de Dios, de la revelación del misterio de su Nombre. Jesús afirma: «He manifestado tu nombre a los hombres» (Jn 17,6). El Hijo de Dios que se hizo carne nos ha dado a conocer al Padre, nos ha hecho percibir en su rostro humano visible el rostro invisible del Padre; a través del don del Espíritu Santo derramado en nuestros corazones, nos ha hecho conocer que en él también nosotros somos hijos de Dios, como afirma san Pablo en el texto que hemos escuchado: «Como sois hijos, Dios envió a nuestros corazones el Espíritu de su Hijo, que clama: "¡Abba Padre!"» (Ga 4,6).

Queridos hermanos, aquí está el fundamento de nuestra paz: la certeza de contemplar en Jesucristo el esplendor del rostro de Dios Padre, de ser hijos en el Hijo, y de tener así, en el camino de nuestra vida, la misma seguridad que el niño experimenta en los brazos de un padre bueno y omnipotente. El esplendor del rostro del Señor sobre nosotros, que nos da paz, es la manifestación de su paternidad; el Señor vuelve su rostro sobre nosotros, se manifiesta como Padre y nos da paz. Aquí está el principio de esa paz profunda -«paz con Dios»- que está unida indisolublemente a la fe y a la gracia, como escribe san Pablo a los cristianos de Roma (cf. Rm 5,2). No hay nada que pueda quitar a los creyentes esta paz, ni siquiera las dificultades y sufrimientos de la vida. En efecto, los sufrimientos, las pruebas y las oscuridades no debilitan sino que fortalecen nuestra esperanza, una esperanza que no defrauda porque «el amor de Dios ha sido derramado en nuestros corazones por el Espíritu Santo que se nos ha dado» (Rm 5,5).

Que la Virgen María, a la que hoy veneramos con el título de Madre de Dios, nos ayude a contemplar el rostro de Jesús, Príncipe de la Paz. Que nos sostenga y acompañe en este año nuevo; que obtenga para nosotros y el mundo entero el don de la paz. Amén.

[00001-04.02] [Texto original: Italiano]

TRADUZIONE IN LINGUA PORTOGHESE

Queridos irmãos e irmãs!

«Que Deus nos dê a sua graça e a sua bênção, e sua face resplandeça sobre nós». Assim aclamamos com as palavras do Salmo 66, depois de termos escutado, na primeira leitura a antiga bênção sacerdotal sobre o povo da aliança. É particularmente significativo que, no início de cada ano novo Deus projete sobre nós, seu povo, o brilho do seu santo Nome, o Nome que é pronunciado três vezes na fórmula solene da bênção bíblica. Não menos significativo é o fato de que seja dado ao Verbo de Deus - que «se fez carne e habitou entre nós», como «a luz de verdade que ilumina todo ser humano» (Jo 1, 9.14) -, oito dias depois seu natal - como nos narra o Evangelho de hoje - o nome de Jesus (cf. Lc 2, 21).

É nesse nome que nós estamos aqui reunidos. Saúdo cordialmente todos os presentes, a começar pelos ilustres Embaixadores do Corpo Diplomático acreditado junto da Santa Sé. Saúdo com afeto o Cardeal Bertone, meu Secretário de Estado e ao Cardeal Turkson, com todos os membros do Conselho Pontifício Justiça e Paz; sou-lhes particularmente grato por seus esforços na difusão da Mensagem para o Dia Mundial da Paz, que este ano tem como tema "Bem-aventurados os obreiros da paz".

Embora o mundo, infelizmente, ainda esteja marcado com «focos de tensão e conflito causados por crescentes desigualdades entre ricos e pobres, pelo predomínio duma mentalidade egoísta e individualista que se exprime inclusivamente por um capitalismo financeiro desregrado», além de diversas formas de terrorismo e criminalidade, estou convencido de que «as inúmeras obras de paz, de que é rico o mundo, testemunham a vocação natural da humanidade à paz. Em cada pessoa, o desejo de paz é uma aspiração essencial e coincide, de certo modo, com o anelo por uma vida humana plena, feliz e bem sucedida. Por outras palavras, o desejo de paz corresponde a um princípio moral fundamental, ou seja, ao dever-direito de um desenvolvimento integral, social, comunitário, e isto faz parte dos desígnios que Deus tem para o homem. Na verdade, o homem é feito para a paz, que é dom de Deus. Tudo isso me sugeriu buscar inspiração, para esta Mensagem, às palavras de Jesus Cristo: "Bem-aventurados os obreiros da paz, porque serão chamados filhos de Deus" (Mt 5, 9)» (Mensagem, 1). Esta bem-aventurança «diz que a paz é, simultaneamente, dom messiânico e obra humana.... é paz com Deus, vivendo conforme à sua vontade; é paz interior consigo mesmo, e paz exterior com o próximo e com toda a criação» (Ibid., 2 e 3). Sim, a paz é bem por excelência que deve ser invocado como um dom de Deus e, ao mesmo tempo, que deve ser construído com todo o esforço.

Podemos perguntar-nos: qual é o fundamento, a origem, a raiz dessa paz? Como podemos sentir em nós a paz, apesar dos problemas, da escuridão e das angústias? A resposta nos é dada pelas leituras da liturgia de hoje. Os textos bíblicos, a começar pelo Evangelho de Lucas, há pouco proclamado, nos propõe a contemplação da paz interior de Maria, a Mãe de Jesus. Durante os dias em que «deu à luz o seu filho primogênito» (Lc 2,7), Maria deve de afrontar muitos acontecimentos imprevistos: não só o nascimento do Filho, mas antes a árdua viagem de Nazaré à Belém; não encontrar um lugar no alojamento; a procura de um abrigo improvisado no meio da noite; e depois o cântico dos anjos, a visita inesperada dos pastores. Maria, no entanto, não se perturba com todos estes fatos, não se agita, não se abala com acontecimentos que lhe superam; Ela simplesmente considera, em silêncio, tudo quanto acontece, guardando na sua memória e no seu coração, refletindo com calma e serenidade. É esta é a paz interior que queremos ter em meio aos acontecimentos às vezes tumultuosos e confusos da história, acontecimentos cujo sentido muitas vezes não conseguimos compreender e que nos deixam abalados.

A passagem do Evangelho termina com uma menção à circuncisão de Jesus. Conforme a Lei de Moisés, oito dias após o nascimento, o menino devia ser circuncidado, e nesse momento lhe era dado o nome. O próprio Deus, através de seu mensageiro, dissera a Maria - e também a José – que o nome a ser dado para a criança era "Jesus" (cf. Mt 1, 21; Lc 1, 31), e assim aconteceu. Aquele nome que Deus já tinha estabelecido antes mesmo que o Menino fosse concebido, lhe é dado oficialmente no momento da circuncisão. E isto marca definitivamente a identidade de Maria: ela é "a mãe de Jesus", ou seja a mãe do Salvador, do Cristo, do Senhor. Jesus não é um homem como qualquer outro, mas é o Verbo de Deus, uma das Pessoas divinas, o Filho de Deus: por isso a Igreja deu a Maria o título de Theotokos, ou seja, "Mãe de Deus".

A primeira leitura nos recorda que a paz é um dom de Deus e está ligada ao esplendor da face de Deus, de acordo com o texto do Livro dos Números, que transmite a bênção usada pelos sacerdotes do povo de Israel nas assembléias litúrgicas. Uma bênção que por três vezes repete o santo Nome de Deus, o nome impronunciável, ligando a cada repetição o santo Nome a dois verbos que indicam uma ação em favor do homem: «O Senhor te abençoe e te guarde. O Senhor faça brilhar sobre ti a sua face, e se compadeça de ti. O Senhor volte para ti o seu rosto e te dê a paz» (6, 24-26). A paz é, portanto, o ponto culminante dessas seis ações de Deus em nosso favor, em que Ele nos dirige o esplendor da sua face.

Para a Sagrada Escritura, a contemplar a face de Deus é a felicidade suprema: «o cobristes de alegria em vossa face», diz o salmista (Sl 21, 7). Da contemplação da face de Deus nascem alegria, paz e segurança. Mas o que significa concretamente contemplar a face do Senhor, tal como se entende no Novo Testamento? Significa conhecê-Lo diretamente, tanto quanto é possível nesta vida, através de Jesus Cristo, no qual Deus se revelou. Deleitar-se com o esplendor da face de Deus significa penetrar no mistério de seu Nome manifestado a nós por Jesus, compreender algo da sua vida íntima e da sua vontade, para que possamos viver de acordo com seu designio de amor para a humanidade. O apóstolo Paulo expressa justamente isso na segunda leitura, da Carta aos Gálatas (4, 4-7), afirmando que do Espírito, que no íntimo dos nossos corações, clama: «Abá! Ó Pai». É o clamor que brota da contemplação da verdadeira face de Deus, da revelação do mistério do Nome. Jesus diz: «Manifestei o teu nome aos homens» (Jo 17, 6). O Filho de Deus feito carne nos deu a conhecer o Pai, nos fez perceber no seu rosto humano visível a face invisível do Pai; através do dom do Espírito Santo derramado em nossos corações, nos fez conhecer que n’Ele nós também somos filhos de Deus, como diz São Paulo na passagem que escutamos: «Porque sois filhos, Deus enviou aos nossos corações o Espírito do seu Filho, que clama: Abá! Ó Pai» (Gal 4, 6).

Queridos irmãos e irmãs, eis o fundamento da nossa paz: a certeza de contemplar em Jesus Cristo o esplendor da face de Deus, de ser filhos no Filho e ter, assim, na estrada da vida, a mesma segurança que a criança sente nos braços de um Pai bom e onipotente. O esplendor da face do Senhor sobre nós, que nos dá a paz, é a manifestação da sua paternidade; o Senhor dirige sobre nós a sua face, se mostra como Pai e nos dá a paz. Aqui está o princípio daquela paz profunda - «paz com Deus» - que está intimamente ligada à fé e à graça, como escreve São Paulo aos cristãos de Roma (Rm 5, 2). Nada pode tirar daqueles que creem esta paz, nem mesmo as dificuldades e os sofrimentos da vida. De fato, os sofrimentos, as provações e a escuridão não corroem, mas aumentam a nossa esperança, uma esperança que não decepciona, porque "o amor de Deus foi derramado em nossos corações pelo Espírito Santo que nos foi dado" (Rm 5, 5).

Que a Virgem Maria, que hoje veneramos com o título de Mãe de Deus, nos ajude a contemplar a face de Jesus, Príncipe da Paz. Que Ela nos ajude e nos acompanhe neste novo ano; que Ela obtenha para nós e para o mundo inteiro o dom da paz. Amém!

[00001-06.01] [Texto original: Italiano]

TRADUZIONE IN LINGUA POLACCA

Drodzy bracia i siostry!

„Niech Bóg...nam błogosławi; niech nam ukaże pogodne oblicze". Te słowa Psalmu 67 wyśpiewaliśmy, wysłuchawszy w pierwszym czytaniu starożytnego błogosławieństwa kapłańskiego nad Ludem Przymierza. Szczególnie znamienne jest to, że na początku każdego Nowego Roku Bóg zsyła na nas, swój lud, jasność swego świętego imienia, imienia które jest wymawiane trzykrotnie w uroczystej formule biblijnego błogosławieństwa. Nie mniej znamienne jest to, że Słowu Bożemu – które „stało się ciałem i zamieszkało wśród nas" jako „światłość prawdziwa, która oświeca każdego człowieka" (J 1,14. 9) – zostaje nadane, jak nam mówi dzisiejsza Ewangelia, osiem dni po Jego narodzeniu imię Jezus (por. Łk 2,21).

To w tym imieniu jesteśmy tutaj zgromadzani. Pozdrawiam serdecznie wszystkich obecnych, poczynając od wybitnych przedstawicieli korpusu dyplomatycznego akredytowanego przy Stolicy Apostolskiej. Pozdrawiam serdecznie kardynała Tarcisio Bertone, mojego Sekretarza Stanu, kardynała Petera Turkson, wraz ze wszystkimi członkami i pracownikami Papieskiej Rady „Iustitia et pax". Jestem im szczególnie wdzięczny za ich zaangażowanie w upowszechnienie Orędzie na Światowy Dzień Pokoju, którego tegoroczny temat brzmi: „Błogosławieni pokój czyniący".

Pomimo, że świat jest niestety nadal naznaczony „zarzewiami napięć i konfliktów, spowodowanych przez rosnące nierówności między bogatymi a biednymi, dominację mentalności egoistycznej i indywidualistycznej, wyrażającej się również w pozbawionym reguł kapitalizmie finansowym", a także różnymi formami terroryzmu i przestępczości, jestem przekonany, że „wiele dzieł pokoju, w które bogaty jest świat, świadczy o wrodzonym powołaniu ludzkości do pokoju. Pragnienie pokoju jest istotnym dążeniem każdej osoby i łączy się ono w pewien sposób z pragnieniem pełnego, szczęśliwego i dobrze zrealizowanego życia. Innymi słowy, pragnienie pokoju odpowiada podstawowej zasadzie moralnej, czyli obowiązkowi-prawu do rozwoju integralnego, społecznego, wspólnotowego, co należy do Bożego planu w odniesieniu do człowieka. Człowiek jest stworzony do pokoju, który jest darem Boga. Wszystko to sprawiło, że inspiracją tego Orędzia stały się słowa Jezusa Chrystusa: « Błogosławieni, którzy wprowadzają pokój, albowiem oni będą nazwani synami Bożymi » (Mt 5, 9)" (Orędzie, 1). Błogosławieństwo to mówi, że „pokój jest darem mesjańskim i jednocześnie dziełem ludzkim... Jest to pokój z Bogiem przez życie zgodnie z Jego wolą. Jest to wewnętrzny pokój z samym sobą i pokój zewnętrzny z bliźnim i z całym stworzeniem" (tamże, 2 i 3). Tak, pokój jest dobrem par excellence, o które trzeba się modlić jako o Boży dar, a jednocześnie budować z całych sił.

Możemy postawić sobie pytanie: co jest fundamentem, źródłem, podstawą tego pokoju? Jak możemy odczuć w sobie pokój, pomimo problemów, ciemności i lęków? Odpowiedź dają nam czytania dzisiejszej liturgii. Teksty biblijne, zwłaszcza przed chwilą proklamowany, zaczerpnięty z Ewangelii św. Łukasza, proponują nam rozważenie pokoju wewnętrznego Maryi, Matki Jezusa. Dla niej w dniach, w których „porodziła swego pierworodnego Syna" (Łk 2,7), zachodzi wiele wydarzeń nieprzewidzianych: nie tylko narodziny syna, ale wcześniej męcząca podróż z Nazaretu do Betlejem, brak miejsca w gospodzie, poszukiwanie prowizorycznego schronienia w nocy, a potem śpiew aniołów, niespodziewana wizyta pasterzy. W tym wszystkim jednak Maryja nie traci rezonu, nie protestuje, nie burzy się wydarzeniami, które ją przerastają. Rozważa po prostu w milczeniu to, co zachodzi, strzeże w swojej pamięci i w swoim sercu, zastanawiając się nad tym ze spokojem i pogodą ducha. To właśnie jest pokój wewnętrzny, jaki pragniemy zachować pośród czasami burzliwych i niezrozumiałych wydarzeń historii, wydarzeń, których sensu często nie pojmujemy i które nas bulwersują.

Ewangeliczny fragment kończy się wzmianką o obrzezaniu Jezusa. Zgodnie z prawem Mojżesza, osiem dni po urodzeniu dziecko powinno być obrzezane i w tym momencie otrzymywało ono imię. Sam Bóg przez swego posłańca rzekł do Maryi, a także do Józefa, że imię, jakie należy nadać dziecku, to „Jezus" (por. Mt 1,21; Łk 1,31), i tak się dzieje. To imię, jakie ustalił Bóg zanim jeszcze dziecko zostało poczęte, jest teraz Jemu oficjalnie nadane w czasie obrzezania. Naznacza to także raz na zawsze tożsamość Maryi: jest „Matką Jezusa", to znaczy Matką Zbawiciela, Chrystusa, Pana. Jezus nie jest człowiekiem takim, jak każdy inny, ale jest Słowem Boga, jedną z Osób Boskich, Synem Bożym. Dlatego Kościół nadał Maryi tytuł Theotokos, czyli „Matka Boga".

Pierwsze czytanie przypomina nam, że pokój jest darem Boga i jest powiązany z blaskiem oblicza Boga, według tekstu Księgi Liczb, który przekazuje błogosławieństwo używane przez kapłanów ludu Izraela podczas zgromadzeń liturgicznych. Jest to błogosławieństwo, które po trzykroć powtarza święte imię Boga, imię, którego nie wymawiano. Za każdym razem łączy je z dwoma słowami wskazującymi działanie na rzecz człowieka: „Niech cię Pan błogosławi i strzeże. Niech Pan rozpromieni oblicze swe nad tobą, niech cię obdarzy swą łaską. Niech zwróci ku tobie oblicze swoje i niech cię obdarzy pokojem" (6, 24-26). Pokój jest zatem zwieńczeniem tych sześciu działań Boga na naszą rzecz, w których zwraca On ku nam blask Swojego oblicza.

Dla Pisma Świętego kontemplowanie oblicza Boga jest najwyższym szczęściem: „napełniasz go radością przed Twoim obliczem", mówi Psalmista (Ps 21,7). Z kontemplacji oblicza Boga rodzą się radość, bezpieczeństwo i pokój. Cóż to jednak znaczy konkretnie kontemplować oblicze Pana, tak jak może to być rozumiane w Nowym Testamencie? Znaczy to znać Go bezpośrednio, na ile jest to możliwe w tym życiu, przez Jezusa Chrystusa, w którym się objawił. Cieszyć się blaskiem oblicza Boga oznacza przeniknąć w tajemnicę Jego Imienia ukazaną nam przez Jezusa, zrozumieć nieco z Jego życia wewnętrznego i Jego woli, abyśmy mogli żyć zgodnie z Jego planem miłości wobec rodzaju ludzkiego. Wyraża to apostoł Paweł w drugim czytaniu, zaczerpniętym z Listu do Galatów (4, 4-7), mówiąc o Duchu, który w głębi naszych serc woła: „Abba! Ojcze!". Jest to wołanie, które rodzi się z kontemplacji prawdziwego oblicza Boga, z objawienia tajemnicy Imienia. Jezus mówi: „Objawiłem imię Twoje ludziom" (J 17, 6). Syn Boży, który stał się ciałem, sprawił, że możemy poznać Ojca, sprawił, że możemy widzialnie dostrzec w Jego ludzkim obliczu niewidzialne oblicze Ojca. Przez dar Ducha Świętego wlanego w nasze serca, sprawił, iż możemy poznać, że w Nim i my jesteśmy dziećmi Bożymi, jak mówi święty Paweł w przed chwilą usłyszanym fragmencie: „Na dowód tego, że jesteście synami, Bóg wysłał do serc naszych Ducha Syna swego, który woła: Abba, Ojcze!"(Ga 4, 6).

Oto, drodzy bracia, podstawa naszego pokoju: pewność, że w Jezusie Chrystusie kontemplujemy blask oblicza Boga Ojca, że jesteśmy synami w Synu, że w ten sposób na drodze życia jesteśmy tak bezpieczni, jak dziecko w ramionach Ojca dobrego i wszechmocnego. Blask oblicza Pana nad nami, który udziela nam pokoju, jest ukazaniem Jego ojcostwa. Pan kieruje ku nam swoje oblicze, ukazuje się jako Ojciec i obdarza nas pokojem. Na tym polega istota tego głębokiego pokoju, „pokoju z Bogiem" , który jest nierozerwalnie związany z wiarą i łaską, jak pisze święty Paweł do chrześcijan w Rzymie (por. Rz 5, 2). Nic nie może wierzącym zabrać tego pokoju, nawet trudności i cierpienia życiowe. W rzeczywistości, cierpienia, doświadczenia i ciemności nie niszczą, ale powiększają naszą nadzieję, nadzieję, która nie zawodzi, ponieważ „miłość Boża rozlana jest w sercach naszych przez Ducha Świętego, który został nam dany" (Rz 5, 5).

Dziewica Maryja, którą czcimy dzisiaj jako Matkę Boga, niech nam pomaga kontemplować oblicze Jezusa, Księcia Pokoju. Nich nas wspiera i towarzyszy nam w tym Nowym Roku; niech wyprasza dla nas i dla całego świata dar pokoju. Amen!

[00001-09.01] [Testo originale: Italiano]

[B0001-XX.03]