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L’UDIENZA GENERALE, 13.06.2012


L’UDIENZA GENERALE

CATECHESI DEL SANTO PADRE IN LINGUA ITALIANA

SINTESI DELLA CATECHESI IN DIVERSE LINGUE  

SALUTI PARTICOLARI NELLE DIVERSE LINGUE  

APPELLO DEL SANTO PADRE

L’Udienza Generale di questa mattina si è svolta alle ore 10.30 nell’Aula Paolo VI dove il Santo Padre Benedetto XVI ha incontrato gruppi di pellegrini e fedeli giunti dall’Italia e da ogni parte del mondo.

Nel raggiungere l’Aula Paolo VI per l’Udienza generale, il Papa ha fatto una breve sosta in Piazza Santa Marta per la presentazione dei lavori di restauro della Basilica Vaticana.

Nel discorso in lingua italiana il Santo Padre ha ripreso la Sua catechesi sulla preghiera nelle Lettere di San Paolo.

Dopo aver riassunto la Sua catechesi in diverse lingue, il Papa ha rivolto particolari espressioni di saluto ai gruppi di fedeli presenti. Quindi ha pronunciato un appello per invitare i partecipanti all’udienza alla preghiera per i lavori del 50° Congresso Eucaristico Internazionale in corso di svolgimento a Dublino.

L’Udienza Generale si è conclusa con il canto del Pater Noster e la Benedizione Apostolica impartita insieme ai Vescovi presenti.

CATECHESI DEL SANTO PADRE IN LINGUA ITALIANA  

Cari fratelli e sorelle,

l’incontro quotidiano con il Signore e la frequenza ai Sacramenti permettono di aprire la nostra mente e il nostro cuore alla sua presenza, alle sue parole, alla sua azione. La preghiera non è solamente il respiro dell’anima, ma, per usare un’immagine, è anche l’oasi di pace in cui possiamo attingere l’acqua che alimenta la nostra vita spirituale e trasforma la nostra esistenza. E Dio ci attira verso di sé, ci fa salire il monte della santità, perché siamo sempre più vicini a Lui, offrendoci lungo il cammino luci e consolazioni. Questa è l’esperienza personale a cui san Paolo fa riferimento nel capitolo 12 della Seconda Lettera ai Corinzi, sul quale desidero soffermarmi oggi. Di fronte a chi contestava la legittimità del suo apostolato, egli non elenca tanto le comunità che ha fondato, i chilometri che ha percorso; non si limita a ricordare le difficoltà e le opposizioni che ha affrontato per annunciare il Vangelo, ma indica il suo rapporto con il Signore, un rapporto così intenso da essere caratterizzato anche da momenti di estasi, di contemplazione profonda (cfr 2 Cor 12,1); quindi non si vanta di ciò che ha fatto lui, della sua forza, delle sua attività e successi, ma si vanta dell’azione che ha fatto Dio in lui e tramite lui. Con grande pudore egli racconta, infatti, il momento in cui visse l’esperienza particolare di essere rapito sino al cielo di Dio. Egli ricorda che quattordici anni prima dall’invio della Lettera «fu rapito - così dice - fino al terzo cielo» (v. 2). Con il linguaggio e i modi di chi racconta ciò che non si può raccontare, san Paolo parla di quel fatto addirittura in terza persona; afferma che un uomo fu rapito nel «giardino» di Dio, in paradiso. La contemplazione è così profonda e intensa che l’Apostolo non ricorda neppure i contenuti della rivelazione ricevuta, ma ha ben presenti la data e le circostanze in cui il Signore lo ha afferrato in modo così totale, lo ha attirato a sé, come aveva fatto sulla strada di Damasco al momento della sua conversione (cfr Fil 3,12).

San Paolo continua dicendo che proprio per non montare in superbia per la grandezza delle rivelazioni ricevute, egli porta in sé una «spina» (2 Cor 12,7), una sofferenza, e supplica con forza il Risorto di essere liberato dall’inviato del Maligno, da questa spina dolorosa nella carne. Per tre volte – riferisce – ha pregato insistentemente il Signore di allontanare questa prova. Ed è in questa situazione che, nella contemplazione profonda di Dio, durante la quale «udì parole indicibili che non è lecito ad alcuno pronunciare» (v. 4), riceve risposta alla sua supplica. Il Risorto gli rivolge una parola chiara e rassicurante: «Ti basta la mia grazia; la forza infatti si manifesta pienamente nella debolezza» (v. 9).

Il commento di Paolo a queste parole può lasciare stupiti, ma rivela come egli abbia compreso che cosa significa essere veramente apostolo del Vangelo. Esclama, infatti così: «Mi vanterò quindi ben volentieri delle mie debolezze, perché dimori in me la potenza di Cristo. Perciò mi compiaccio nelle mie debolezze, negli oltraggi, nelle difficoltà, nelle persecuzioni, nelle angosce sofferte per Cristo: infatti quando sono debole, è allora che sono forte» (vv. 9b-10), cioè non si vanta delle sue azioni, ma dell'attività di Cristo che agisce proprio nella sua debolezza. Soffermiamoci ancora un momento su questo fatto avvenuto durante gli anni in cui san Paolo visse in silenzio e in contemplazione, prima di iniziare a percorrere l’Occidente per annunciare Cristo, perché questo atteggiamento di profonda umiltà e fiducia di fronte al manifestarsi di Dio è fondamentale anche per la nostra preghiera e per la nostra vita, per la nostra relazione a Dio e alle nostre debolezze.

Anzitutto, di quali debolezze parla l’Apostolo? Che cosa è questa «spina» nella carne? Non lo sappiamo e non lo dice, ma il suo atteggiamento fa comprendere che ogni difficoltà nella sequela di Cristo e nella testimonianza del suo Vangelo può essere superata aprendosi con fiducia all’azione del Signore. San Paolo è ben consapevole di essere un «servo inutile» (Lc 17,10) - non è lui che ha fatto le cose grandi, è il Signore - , un «vaso di creta» (2 Cor 4,7), in cui Dio pone la ricchezza e la potenza della sua Grazia. In questo momento di intensa preghiera contemplativa, san Paolo comprende con chiarezza come affrontare e vivere ogni evento, soprattutto la sofferenza, la difficoltà, la persecuzione: nel momento in cui si sperimenta la propria debolezza, si manifesta la potenza di Dio, che non abbandona, non lascia soli, ma diventa sostegno e forza. Certo, Paolo avrebbe preferito essere liberato da questa «spina», da questa sofferenza; ma Dio dice: «No, questo è necessario per te. Avrai sufficiente grazia per resistere e per fare quanto deve essere fatto. Questo vale anche per noi. Il Signore non ci libera dai mali, ma ci aiuta a maturare nelle sofferenze, nelle difficoltà, nelle persecuzioni. La fede, quindi, ci dice che, se rimaniamo in Dio, «se anche il nostro uomo esteriore si va disfacendo, ci sono tante difficoltà, quello interiore invece si rinnova, matura di giorno in giorno proprio nelle prove» (cfr v. 16). L’Apostolo comunica ai cristiani di Corinto e anche a noi che «il momentaneo, leggero peso della nostra tribolazione ci procura una quantità smisurata ed eterna di gloria» (v. 17) In realtà, umanamente parlando, non era leggero il peso delle difficoltà, era gravissimo; ma in confronto con l'amore di Dio, con la grandezza dell'essere amato da Dio, appare leggero, sapendo che la quantità della gloria sarà smisurata. Quindi, nella misura in cui cresce la nostra unione con il Signore e si fa intensa la nostra preghiera, anche noi andiamo all’essenziale e comprendiamo che non è la potenza dei nostri mezzi, delle nostre virtù, delle nostre capacità che realizza il Regno di Dio, ma è Dio che opera meraviglie proprio attraverso la nostra debolezza, la nostra inadeguatezza all'incarico. Dobbiamo, quindi, avere l’umiltà di non confidare semplicemente in noi stessi, ma di lavorare, con l'aiuto del Signore, nella vigna del Signore, affidandoci a Lui come fragili «vasi di creta».

San Paolo riferisce di due particolari rivelazioni che hanno cambiato radicalmente la sua vita. La prima - lo sappiamo - è la domanda sconvolgente sulla strada di Damasco: «Saulo, Saulo, perché mi perseguiti?» (At 9,4), domanda che lo ha portato a scoprire e incontrare Cristo vivo e presente, e a sentire la sua chiamata ad essere apostolo del Vangelo. La seconda sono le parole che il Signore gli ha rivolto nell’esperienza di preghiera contemplativa su cui stiamo riflettendo: «Ti basta la mia grazia: la forza infatti si manifesta pienamente nella debolezza». Solo la fede, il confidare nell’azione di Dio, nella bontà di Dio che non ci abbandona, è la garanzia di non lavorare invano. Così la Grazia del Signore è stata la forza che ha accompagnato san Paolo nelle immani fatiche per diffondere il Vangelo e il suo cuore è entrato nel cuore di Cristo, diventando capace di condurre gli altri verso Colui che è morto ed è risorto per noi.

Nella preghiera noi apriamo, quindi, il nostro animo al Signore affinché Egli venga ad abitare la nostra debolezza, trasformandola in forza per il Vangelo. Ed è ricco di significato anche il verbo greco con cui Paolo descrive questo dimorare del Signore nella sua fragile umanità; usa episkenoo, che potremmo rendere con «porre la propria tenda». Il Signore continua a porre la sua tenda in noi, in mezzo a noi: è il Mistero dell’Incarnazione. Lo stesso Verbo divino, che è venuto a dimorare nella nostra umanità, vuole abitare in noi, piantare in noi la sua tenda, per illuminare e trasformare la nostra vita e il mondo.

L’intensa contemplazione di Dio sperimentata da san Paolo richiama quella dei discepoli sul monte Tabor, quando, vedendo Gesù trasfigurarsi e risplendere di luce, Pietro gli disse: «Rabbì, è bello per noi essere qui; facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia» (Mc 9,5). «Non sapeva infatti che cosa dire, perché erano spaventati» aggiunge san Marco (v. 6). Contemplare il Signore è, allo stesso tempo, affascinante e tremendo: affascinante perché Egli ci attira a sé e rapisce il nostro cuore verso l’alto, portandolo alla sua altezza dove sperimentiamo la pace, la bellezza del suo amore; tremendo perché mette a nudo la nostra debolezza umana, la nostra inadeguatezza, la fatica di vincere il Maligno che insidia la nostra vita, quella spina conficcata anche nella nostra carne. Nella preghiera, nella contemplazione quotidiana del Signore, noi riceviamo la forza dell’amore di Dio e sentiamo che sono vere le parole di san Paolo ai cristiani di Roma, dove ha scritto: «Io sono infatti persuaso che né morte né vita, né angeli, né principati, né presente né avvenire, né potenze, né altezza né profondità, né alcun’altra creatura potrà mai separarci dall’amore di Dio, che è in Cristo Gesù, nostro Signore» (Rm 8,38-39).

In un mondo in cui rischiamo di confidare solamente sull’efficienza e la potenza dei mezzi umani, in questo mondo siamo chiamati a riscoprire e testimoniare la potenza di Dio che si comunica nella preghiera, con la quale cresciamo ogni giorno nel conformare la nostra vita a quella di Cristo, il quale - come afferma - «fu crocifisso per la sua debolezza, ma vive per la potenza di Dio. E anche noi siamo deboli in lui, ma vivremo con lui per la potenza di Dio a vostro vantaggio» (2 Cor 13,4).

Cari amici, nel secolo scorso, Albert Schweitzer, teologo protestante e premio Nobel per la pace, affermava che «Paolo è un mistico e nient’altro che un mistico», cioè un uomo veramente innamorato di Cristo e così unito a Lui, da poter dire: Cristo vive in me. La mistica di san Paolo non si fonda soltanto sugli eventi eccezionali da lui vissuti, ma anche sul quotidiano e intenso rapporto con il Signore che lo ha sempre sostenuto con la sua Grazia. La mistica non lo ha allontanato dalla realtà, al contrario gli ha dato la forza di vivere ogni giorno per Cristo e di costruire la Chiesa fino alla fine del mondo di quel tempo. L'unione con Dio non allontana dal mondo, ma ci dà la forza di rimanere realmente nel modo, di fare quanto si deve fare nel mondo. Anche nella nostra vita di preghiera possiamo, quindi, avere momenti di particolare intensità, forse, in cui sentiamo più viva la presenza del Signore, ma è importante la costanza, la fedeltà del rapporto con Dio, soprattutto nelle situazioni di aridità, di difficoltà, di sofferenza, di apparente assenza di Dio. Soltanto se siamo afferrati dall’amore di Cristo, saremo in grado di affrontare ogni avversità come Paolo, convinti che tutto possiamo in Colui che ci dà la forza (cfr Fil 4,13). Quindi, quanto più diamo spazio alla preghiera, tanto più vedremo che la nostra vita si trasformerà e sarà animata dalla forza concreta dell’amore di Dio. Così avvenne, ad esempio, per la beata Madre Teresa di Calcutta, che nella contemplazione di Gesù e proprio anche in tempi di lunga aridità trovava la ragione ultima e la forza incredibile per riconoscerlo nei poveri e negli abbandonati, nonostante la sua fragile figura. La contemplazione di Cristo nella nostra vita non ci estranea - come ho già detto - dalla realtà, bensì ci rende ancora più partecipi delle vicende umane, perché il Signore, attirandoci a sé nella preghiera, ci permette di farci presenti e prossimi ad ogni fratello nel suo amore. Grazie.

[00811-01.01] [Testo originale: Italiano]

SINTESI DELLA CATECHESI IN DIVERSE LINGUE  

Sintesi della catechesi in lingua francese

Sintesi della catechesi in lingua inglese  

Sintesi della catechesi in lingua tedesca  

Sintesi della catechesi in lingua spagnola  

Sintesi della catechesi in lingua portoghese  

Sintesi della catechesi in lingua francese  

Chers frères et sœurs,

la prière n’est pas seulement la respiration de l’âme, mais aussi l’oasis de paix où se nourrit notre vie spirituelle qui transforme notre existence. Ainsi Dieu nous attire à Lui, nous fait monter vers la sainteté. Quand l’apôtre Paul parle aux Corinthiens de son expérience d’avoir été saisi par Dieu jusqu’au troisième ciel, il ajoute que pour ne pas tirer orgueil des révélations reçues, il porte une « écharde » dans sa chair, une souffrance. À sa prière instante d’être libéré de cette épreuve et de Satan, le Ressuscité l’a rassuré : « Ma grâce te suffit ; car la puissance se déploie dans la faiblesse » (2 Co 12, 9). Ainsi, chaque difficulté éprouvée à suivre le Christ et à témoigner de son Évangile peut être surmontée en s’ouvrant à l’action du Seigneur avec confiance, en s’appuyant sur lui et par la prière. À ceux qui contestent la légitimité de son apostolat, Paul ne se vante pas de ce qu’il a fait, mais de l’action de Dieu en lui. Il a conscience d’être un serviteur inutile, en qui le Seigneur place la richesse et la puissance de sa grâce. Nous aussi, quand notre union à Dieu grandit par une prière plus intense, nous allons à l’essentiel et comprenons qu’il réalise des merveilles dans notre faiblesse même. La grâce du Seigneur est la force qui nous accompagne pour témoigner de l’Évangile. Comme Paul, ayons l’humilité de ne pas mettre notre confiance en nous-même, mais en Dieu seul.

Je salue les pèlerins francophones, en particulier les militaires venus de France, ainsi que les étudiants de l’Institut européen de Nice, les collégiens venus de Suisse, et les lycéens. Ouvrons notre cœur à l’amour du Seigneur pour qu’il transfigure notre vie et que nous puissions conduire les autres vers Lui. Bon séjour à tous !

[00812-03.01] [Texte original: Français]

Sintesi della catechesi in lingua inglese  

Dear Brothers and Sisters,

In our continuing reflection on prayer in the letters of Saint Paul, we now consider the Apostle’s testimony to his own experience of contemplative prayer. Defending the legitimacy of his apostolate, Paul appeals above all to his profound closeness to the Lord in prayer, marked by moments of ecstasy, visions and revelations (cf. 2 Cor 12:1ff.). Yet he speaks too of a trial which the Lord sent him lest he become conceited: a mysterious thorn in the flesh (v. 7). Paul therefore willingly boasts of his weakness, in order that the power of Christ might dwell in him (v. 10). Through this experience of mystical prayer, Paul realized that God’s Kingdom comes about not by our own efforts but by the power of God’s grace shining through our poor earthen vessels (cf. 2 Cor 4:7). We see that contemplative prayer is both exalting and troubling, since we experience both the beauty of God’s love and the sense of our own weakness. Paul teaches us the need for daily perseverance in prayer, even at times of dryness and difficulty, for it is there that we experience the life-changing power of God’s love.

I am pleased to greet the participants in the Twenty-first Intercoiffure World Congress. I also welcome the visitors from the Anglican Diocese of Southwark. My cordial greeting goes to the pilgrims from the Catholic Society of the Two Hearts of Jesus and Mary. I thank the Cantores Minores from Finland and the other choirs for their praise of God in song.

At this time, our thoughts and prayers are with all those taking part in the International Eucharistic Congress in Dublin, Ireland. I invite all of you to join me in praying that the Congress will bear rich spiritual fruit in a greater appreciation of our Lord’s gift of himself to us in the Eucharist and a deeper love of the mystery of the Church, which draws us into ever fuller communion with him and with one another through the daily celebration of the Eucharistic sacrifice.

Upon all the English-speaking pilgrims and visitors present at today’s Audience, including those from England, New Zealand, Samoa and the United States I invoke God’s blessings of joy and peace!

[00813-02.01] [Original text: English]

Sintesi della catechesi in lingua tedesca  

Liebe Brüder und Schwestern!

In der heutigen Katechese möchte ich über einen weiteren Aspekt des Gebetes nach dem heiligen Paulus sprechen. Paulus weist darauf hin, daß, wenn wir beten, nicht nur wir etwas tun, sondern immer auch Gott handelt. Gott zieht uns zu sich hinauf. Im 2. Korintherbrief geht er tiefer darauf ein: Er spricht davon in dem Zusammenhang, als er sein Apostolat verteidigt, daß seine eigenen Leistungen gleichsam nebensächlich sind gegenüber dem, was Gott in ihm vollbracht hat. Das eigentliche, was geschehen ist, kam nicht von ihm, dafür war er zu schwach, sondern kam von Gott, der gerade durch ein scheinbar ungeeignetes Werkzeug gewirkt hat. Er erläutert das dann an einer mystischen Erfahrung, die ihm geschenkt wurde, bis in die Höhe, wie er sagt, des dritten Himmels hinauf. Aber zugleich hat er ein Leiden, einen Stachel im Fleisch erhalten, um nicht überheblich zu werden. Er bittet Gott natürlich, daß er davon befreit wird, weil ihn das hindert, ihm wehtut, ihm Schwierigkeiten macht, aber er wird nicht befreit, sondern der Herr sagt ihm: »Meine Gnade genügt dir; denn in der Schwachheit erweist sich meine Kraft« (12,9). Diese Haltung tiefer Demut und festen Vertrauens wird die Grundlage für sein Gebet und sein Leben. Daraus sehen wir: Diese tiefe Gottverbundenheit entfremdet ihn nicht der Welt, sondern gibt ihm den Mut, die Kraft, die innere Freiheit, in der Welt zu wirken und Gott in ihr präsent zu machen. So macht das Beispiel des heiligen Paulus auch für uns deutlich: Die Nachfolge Christi und das Zeugnis für das Evangelium sind von Schwierigkeiten begleitet, von Prüfungen. Wir sehen immer wieder, daß wir eigentlich ungeeignet sind, das Reich Gottes zu bauen, weil wir selber so weit entfernt sind von Gott. Und doch gerade darin, wenn wir uns Gott überlassen und uns frei lassen für ihn, erwächst das Große und das Reine und werden wir selbst umgestaltet. Im betrachtenden Gebet lernen wir so, nicht etwa uns zurückzuziehen, sondern die Situationen unseres Lebens anzunehmen und zu verstehen, daß darin Gott wirkt, daß er gerade in unseren Armseligkeiten uns zur Reife bringt und zu sich hinaufzieht und umwandelt. In einer Welt, die nur auf die Effizienz und auf die Macht der menschlichen Möglichkeiten vertraut, müssen wir wiederentdecken, daß das Menschliche allein nicht ausreicht, daß die Welt heil wird nur dann, wenn Gott in sie hereintritt, und er will durch uns hereintreten. Und er tritt durch uns herein, wenn wir uns im Gebet für ihn öffnen. Darum wollen wir uns mühen in dieser Zeit: daß wir offen stehen für den Herrn. Dann erfahren wir auch, daß in allen Mühsalen dieser Zeit Gott da ist, der Auferstandene da ist, und daß er durch uns wirkt und die Welt erneuert.

Sehr herzlich heiße ich die Pilger und Besucher aus den Ländern deutscher Sprache willkommen. Besonders grüße ich die Wallfahrer aus der Diözese von Bozen-Brixen mit Bischof Muser. Herzlich willkommen! Ich freue mich über eure Gegenwart. Die Worte und das Vorbild des heiligen Paulus laden uns ein, dem Gebet in unserem Alltag Raum zu geben. So wird sich unser Leben stets durch die Kraft der Liebe Gottes erneuern. Gott begleite euch alle Tage mit dem Licht seiner Gnade.

[00814-05.01] [Originalsprache: Deutsch]

Sintesi della catechesi in lingua spagnola  

Queridos hermanos y hermanas:

Deseo hablarles de la experiencia contemplativa y de la fuerza en la plegaria a la que hace referencia san Pablo para legitimar su condición de apóstol del evangelio. Él no presume de sus trabajos o esfuerzos, sino de la acción de Dios en él. Antes de anunciar a Cristo, ha vivido en silencio y contemplación. Su mística no se funda sólo en los eventos excepcionales que ha tenido, sino también en lo cotidiano y la intensa relación con el Señor. Contemplar al Señor es fascinante porque Él nos atrae y cautiva el corazón, experimentando paz, belleza, amor; pero es a su vez tremendo, porque se evidencia la debilidad humana, las incapacidades, la dificultad de vencer el mal. En un mundo en que se corre el riesgo de confiar solamente en la eficacia y la fuerza de los medios humanos, estamos llamados a descubrir y dar testimonio del valor de la plegaria. En la oración se dan momentos de especial intensidad, en los que se experimenta vivamente la presencia del Señor, pero es necesaria la constancia y la fidelidad, sobre todo en las situaciones de aridez, de dificultad, de sufrimiento.

Saludo a los peregrinos de lengua española, en particular a los grupos de España, México, Puerto Rico, Venezuela y otros países latinoamericanos. Invito a todos a dedicar más tiempo a la oración, para que nuestra vida sea transformada y animada por la fuerza concreta del amor de Dios, y así afrontar cada adversidad, convencidos de que todo lo podemos en Aquél que nos conforta. Muchas gracias.

[00815-04.01] [Texto original: Español]

Sintesi della catechesi in lingua portoghese

Queridos irmãos e irmãs,

São Paulo recorda-nos que não passamos de «vasos de barro», onde Deus coloca a riqueza e a força da sua graça. Na oração, abrimos o coração ao Senhor, para que Ele venha habitar na nossa fragilidade e faça dela uma força para o Evangelho. À medida que nos deixamos habitar pelo Senhor, a nossa oração torna-se mais intensa e leva-nos a fixarmo-nos no essencial, sabendo que é Deus que actua através da nossa fraqueza. Somente se nos deixarmos arrebatar e possuir pelo amor de Cristo é que seremos capazes de enfrentar qualquer adversidade, como Paulo, seguros de que tudo podemos em Cristo que nos dá força. Num mundo que sugere confiar só na eficiência e na força dos meios humanos, somos chamados a descobrir e testemunhar a força da oração, pela qual a nossa vida se configura cada vez mais à de Cristo, que «foi crucificado na sua fraqueza, mas vive pelo poder de Deus».

Amados peregrinos de língua portuguesa, de coração vos saúdo a todos, em particular ao grupo jovem de voluntariado animado pelos Salesianos de Macau e aos grupos brasileiros de Foz do Iguaçu e de Florianópolis: abri os vossos corações ao Senhor e dedicai as vossas vidas ao reino de Deus, que cresce na terra com o vosso serviço a favor dos mais desfavorecidos. O Senhor vos confirme no bem, com a sua graça! Em penhor da mesma, desça sobre vós, vossas famílias e comunidades cristãs a minha Bênção.

[00816-06.01] [Texto original: Português]

SALUTI PARTICOLARI NELLE DIVERSE LINGUE  

Saluto in lingua polacca

Saluto in lingua ceca  

Saluto in lingua slovacca  

Saluto in lingua italiana  

Saluto in lingua polacca  

Witam serdecznie obecnych na tej audiencji pielgrzymów polskich. Dzisiaj w liturgii wspominamy świętego Antoniego z Padwy, doktora Kościoła. Był wybitnym kaznodzieją, teologiem, spowiednikiem, orędownikiem ubogich i cierpiących. Swoim życiem, a szczególnie żarliwym apostolstwem, uczy nas ewangelicznej gorliwości. Jego wstawiennictwu zawierzam wasze intencje i pielgrzymowanie do grobów świętych Apostołów. Niech będzie pochwalony Jezus Chrystus.

[Do il mio caloroso benvenuto ai pellegrini polacchi presenti a quest’udienza. L’odierna liturgia celebra San Antonio di Padova, dottore della Chiesa. Fu insigne predicatore, teologo, confessore, protettore dei poveri e dei sofferenti. Con la sua vita e specialmente con il suo fecondo apostolato ci insegna lo zelo evangelico. Alla sua intercessione affido le vostre intenzioni e il vostro pellegrinaggio alle tombe degli apostoli. Sia lodato Gesù Cristo.]

[00822-09.01] [Testo originale: Polacco]

Saluto in lingua ceca  

Srdečně zdravím poutníky z České republiky. Ať tato pouť a setkání s Petrovým nástupcem rozvine vaši duchovní radost a věrnost Kristovu učení. Kéž vás provází mé požehnání.

[Rivolgo un cordiale saluto ai pellegrini della Repubblica Ceca. Questo vostro pellegrinaggio e l’incontro con il Successore di Pietro vi siano di incoraggiamento affinché progrediate sempre di più nella letizia spirituale e nella fedeltà agli insegnamenti di Cristo. Vi accompagni la mia Benedizione!]

[00823-AA.01] [Testo originale: Ceco]

Saluto in lingua slovacca

Zo srdca vítam slovenských pútnikov, osobitne skupinu kňazov, ktorí slávia dvadsiatepiate výročie ich kňazskej vysviacky, vedených pánom arcibiskupom Cyrilom Vasiľom a pánom biskupom Petrom Rusnákom. Bratia, ďakujte Pánovi za veľký dar kňazstva a buďte horlivými služobníkmi podľa Srdca Ježišovho. S láskou žehnám vás i Boží ľud vám zverený. Pochválený buď Ježiš Kristus!

[Di cuore do il benvenuto ai pellegrini slovacchi, particolarmente ad un gruppo di sacerdoti che celebrano il venticinquesimo anniversario della loro Ordinazione sacerdotale, guidati dall’Arcivescovo Mons. Cyril Vasiľ e dal Vescovo Mons. Peter Rusnák. Fratelli, ringraziate il Signore per il grande dono del sacerdozio e siate ministri zelanti secondo il Cuore di Gesù. Con affetto benedico voi ed il popolo di Dio a voi affidato. Sia lodato Gesù Cristo!]

[00824-AA.01] [Testo originale: Slovacco]

Saluto in lingua italiana  

Rivolgo ora il mio saluto cordiale ai pellegrini di lingua italiana; in particolare, ai sacerdoti della Diocesi di Treviso, come pure a quelli della diocesi di Tortona che festeggiano il 40° anniversario di Ordinazione presbiterale e, mentre assicuro un particolare ricordo nella preghiera, auspico per ciascuno una rinnovata effusione di favori celesti, perché siano rafforzati i loro generosi propositi di fedeltà alla chiamata del Signore. Saluto i Legionari di Cristo che si apprestano a trascorrere un periodo di esperienza pastorale, ed incoraggio ciascuno a vivere questa tappa del cammino formativo come momento di grazia e di generosa disponibilità.

Saluto, infine, i giovani, gli ammalati e gli sposi novelli. Cari giovani, per molti vostri coetanei sono già iniziate le vacanze, mentre per altri questo è tempo di esami. Vi aiuti il Signore a vivere questo periodo con serenità, sperimentando la sua costante protezione. Invito voi, cari ammalati, a trovare conforto nel Signore, che continua la sua opera di redenzione grazie anche alla vostra sofferenza. E voi, cari sposi novelli, possiate scoprire il mistero di Dio che si dona per la salvezza di tutti, affinché il vostro amore sia sempre più vero, duraturo ed accogliente.

[00825-01.01] [Testo originale: Italiano]

APPELLO DEL SANTO PADRE  

Rivolgo ora il mio affettuoso pensiero e il mio benedicente saluto alla Chiesa in Irlanda, dove a Dublino, alla presenza del Cardinale Marc Oullet, mio Legato, si svolge il 50° Congresso Eucaristico Internazionale sul tema: «L’Eucaristia: Comunione con Cristo e tra di noi». Numerosi Vescovi, sacerdoti, persone consacrate e fedeli laici provenienti dai diversi Continenti prendono parte a questo importante evento ecclesiale.

È una preziosa occasione per riaffermare la centralità dell’Eucaristia nella vita della Chiesa. Gesù, realmente presente nel Sacramento dell’Altare con il supremo Sacrificio di amore della Croce si dona a noi, si fa nostro cibo per assimilarci a Lui, per farci entrare in comunione con Lui. E attraverso questa comunione siamo uniti anche tra di noi, diventiamo una cosa sola in Lui, membra gli uni degli altri.

Vorrei invitarvi ad unirvi spiritualmente ai cristiani di Irlanda e del mondo, pregando per i lavori del Congresso, perché l’Eucaristia sia sempre il cuore pulsante della vita di tutta la Chiesa.

[00826-01.01] [Testo originale: Italiano]

[B0351-XX.01]